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Cateterismo perineurale continuo nella protesi di ginocchio

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Academic year: 2021

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INDICE

1.

Introduzione………..2

2.

Blocco periferico continuo del nervo femorale…………..4

Anatomia………....4

Procedura………...7

Vantaggi………11

Complicanze……….14

3.

Analisi casi clinici………...16

4.

Conclusioni………..22

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Introduzione

L’anestesia regionale ha vissuto un periodo di enorme sviluppo in questi ultimi decenni, specialmente nell’ambito della chirurgia ortopedica.

L’elevato grado di sicurezza e la migliore analgesia offerta da tale tecnica ha consolidato il proprio ruolo nel far fronte alla crescente richiesta di prestazioni chirurgiche anche da effettuare in regime di day-hospital.

L’interesse per i blocchi periferici, nell’ambito delle tecniche di anestesia regionale, rispetto ai blocchi centrali è derivato dalla capacità di garantire la stessa efficacia nel controllo del dolore generato dall’atto chirurgico, accostato da una analgesia postoperatoria più specifica e selettiva, e sopratutto, una minor incidenza

di effetti indesiderati e complicanze1.

Diversi studi clinici2,3,4 sottolineano l’utilità e l’efficacia dei blocchi periferici

continui, sia per i loro effetti benefici sul controllo del dolore postoperatorio, sia per il loro impiego nella successiva fase di riabilitazione e recupero funzionale, data la loro possibilità di prolungare mediante l’infusione perineurale continua di

anestetico locale, l’analgesia postoperatoria5

.

I vantaggi dell’anestesia regionale6

confrontati con la tradizionale anestesia generale sono stati apprezzati negli ultimi anni anche dai chirurghi ortopedici che ne hanno potuto valutare gli effetti positivi, e si ritrovano oggi, a preferire una tecnica di anestesia regionale con analgesia regionale continua soprattutto per pazienti che in ambulatorio presentano condizioni generali precarie o semplicemente perché sono i pazienti stessi, sempre più attenti ed informati dei progressi e sviluppi della medicina, che lo richiedono.

Alla luce di queste considerazioni, è possibile prevedere come il cateterismo periferico per analgesia prolungata possa costituire una valida alternativa non solo a gran parte dei blocchi periferici single-shot, ma anche all’analgesia epidurale

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Si può affermare quindi, che il blocco continuo periferico si configura come metodica affidabile, senza evidenti effetti collaterali, preferibile dal paziente rispetto all’anestesia generale; che le patologie articolari possono ottenere il massimo vantaggio dalla mobilizzazione immediata senza dolore e, in ultima istanza, la tecnica di blocco periferico continuo contribuisce alla riduzione dei costi sociali delle patologie ortopedico-traumatologiche.

Tra le patologie traumatiche-ortopediche, la maggior parte può essere trattata con blocchi periferici; in particolar modo le forme articolari sono le principali candidate a questo tipo di trattamento e ottengono un migliore risultato funzionale grazie alla mobilizzazione precoce supportata da una valida analgesia regionale prolungabile al bisogno dopo l’intervento.

Rispetto all’analgesia sistemica convenzionale e ai blocchi centrali, i blocchi continui degli arti inferiori garantiscono una migliore analgesia con minori effetti collaterali, migliorano i risultati perioperatori e possono accelerare le dimissioni

ospedaliere dopo gli interventi di protesi a carico delle articolazioni maggiori8.

In particolare in questa analisi ci occuperemo degli interventi di protesi articolare del ginocchio trattati con il blocco periferico continuo del nervo femorale, che costituisce insieme ai blocchi del plesso lombare e quelli prossimali posteriori del nervo sciatico, senza dubbio uno dei più grossi capitoli dell’anestesia locoregionale periferica dell’arto inferiore.

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Blocco continuo periferico del nervo femorale

Anatomia

Il nervo femorale è il più voluminoso ramo del plesso lombare, è un nervo misto e nasce generalmente con tre radici che provengono dai rami anteriori del II, III e IV nervo lombare. Contiene anche fibre del I nervo lombare. (Fig.1)

Figura 1:

Le tre radici si dirigono in basso e lateralmente nello spessore del muscolo grande psoas e si fondono in un unico tronco a livello del processo trasverso della V vertebra lombare.

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Scende così nel bacino, accollato al muscolo ileo psoas, decorrendo sotto la fascia iliaca che lo separa dal peritoneo parietale e dagli organi accolti nella fossa iliaca. Giunto al legamento inguinale (fig.2), esso prosegue con il muscolo ileo psoas nella lacuna dei muscoli ; medialmente ad esso, nella lacuna dei vasi, scende l’arteria femorale.

Figura 2:

In corrispondenza del Triangolo dello Scarpa, circa a 5 cm al di sotto del legamento inguinale, si divide nei suoi rami terminali, che sono classificati in superficiali e profondi; tra i superficiali si trova il nervo muscolo-cutaneo laterale,

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muscolo-cutaneo mediale, che si divide per innervare il muscolo pettineo, la superficie articolare dell’acetabolo e la cute della parte mediale della coscia.

Tra i rami profondi si ha il nervo safeno e la branca che innerva il muscolo quadricipite del femore.

Il nervo safeno è sensitivo e provvede all’innervazione della cute della parte

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Procedura del blocco

Il paziente è posto in posizione supina avendo cura di evitare extrarotazioni dell’arto da bloccare.

Viene tracciata idealmente una linea tra la spina iliaca anterosuperiore e il tubercolo pubico identificando il ligamento inguinale.

Il punto di inserimento dell’ago è a circa 1 cm lateralmente e 1 cm distalmente rispetto all’arteria femorale, palpata a livello del ligamento inguinale.

Si disinfetta la cute e si posiziona un telino sterile e si procede con l’infiltrazione con anestetico locale di 1-2 ml di lidocaina 2% a livello del punto di infissione dell’ago.

A questo livello si inserisce un ago di Tuohy facente parte del set (Fig.3) per anestesia locoregionale periferica continua (ad es. Contiplex Tuohy Continuous con raccordo valvolato, B Braun), isolato e connesso ad un ettroneurostimolatore (es. stimuplex HNS 12 B Braun) impostato con una corrente di 2 Hz di frequenza e 1-1.5 mA di intensità. La punta tipo Tuohy offre il vantaggio che la curvatura dell’ago facilita il passaggio del catetere all´interno del plesso nervoso orientandolo ed inoltre risulta essere estremamente atraumatica.

La membrana nervosa viene depolarizzata da un campo elettrico per tale motivo quando è stimolato un nervo sensitivo si provoca una parestesia (formicolio) e quando è stimolato un nervo motorio si ha contrazione muscolare (clonia o twitch). Le fibre motrici più grosse e più periferiche sono più facilmente stimolabili delle fibre sensitive più piccole e più centrali, per questo motivo gli stimolatori moderni sono tarati in modo da liberare una quantità di corrente in grado di stimolare solo le fibre motorie e ridurre il rischio di danni nervosi.

Importante è la polarità del sistema in cui il polo negativo è rappresentato dall’ago e quello positivo da un elettrodo posto sulla cute .

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La capacità di evocare la stimolazione nervosa dipende da : distanza ago/nervo, intensità della corrente, durata e frequenza dello stimolo, in quanto minore è la distanza tra ago e nervo, minore è l’intensità di corrente necessaria per stimolarlo. L’intensità è compresa tra 0,1 e 0,5 mA, il range terapeutico tra 0,2 e 0,5 mA. La frequenza ottimale è di 2 Hz per i nervi motori e 4 Hz per quelli sensitivi per

evitare che l’impulso cada nel periodo di refrattarietà del nervo10

.

L’ago viene introdotto con la punta diretta verso la via nervosa in direzione dell’ombelico con un angolo di circa 45° con la cute della coscia.

Per utilizzare l’elettrostimolatore si posiziona un elettrodo da elettrocardiografia ad almeno 20 cm dal sito di infissione dell’ago.

La comparsa di una parestesia o di una risposta motoria conferma la corretta posizione dell’ago.

L’ago va indirizzato leggermente più lateralmente e in profondità per incontrare il ramo posteriore del nervo femorale.

La stimolazione di questo è identificata sia dalla risalita della rotula che dalla contrazione del quadricipite.

A causa della vicinanza dell’arteria femorale sono possibili l’iniezione endovascolare e la formazione di un’ematoma .

Anatomicamente il nervo e l’arteria sono situati in guaine e distanti tra loro 1 cm. Nella maggior parte dei pazienti con anatomia normale l’arteria femorale può essere palpata facilmente, consentendo un corretto e sicuro posizionamento dell’ago, lateralmente alla pulsazione.

La presenza di protesi vascolare femorale è una controindicazione relativa all’esecuzione di questo blocco. Con questa tecnica è raro provocare un danno nervoso11.

Si procede facendo avanzare l’ago stimolante, fino a elicitare la contrazione muscolare, individuata la quale si riduce l’intensità della corrente stimolante, regolando la posizione dell’ago con fini movimenti così da poter ottenere una

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valida clonia muscolare fino al raggiungimento di una corrente stimolante di 0.3-0.4 mA.

A questo punto è possibile iniettare la soluzione anestetica, in boli da 5 ml intervallati da manovre di aspirazione, onde evitare la possibilità di un’iniezione intravascolare accidentale.

Con l’iniezione della dose iniziale di anestetico locale, effettuata attraverso l’ago stimolatore, si crea un varco nel grasso perineurale tale da rendere più facile e sicuro il posizionamento del catetere.

Si procede quindi all’introduzione del catetere che viene inserito non oltre 3-4 cm dalla punta dell’ago quindi poi fissato alla cute. Il catetere è un 20G in poliammide a punta chiusa con tre fori laterali.

Esistono anche cateteri dotati di stimolatore che hanno il vantaggio di confermare il posizionamento del catetere stesso vicino al nervo durante l’avanzamento.

Alcuni studi hanno confermato che tra le due tecniche non sussistono particolari

differenze ed entrambe permettono un valido posizionamento del catetere12,13,14..

Per fissare il catetere in maniera stabile esistono dei sistemi di fissaggio alla cute tramite apposite pinze per catetere e medicazioni con garze al di sopra (es.: Lockit 16 o 18G, SIMS Portex).

La pinza viene montata sul catetere, senza rimuovere la protezione dalla parte adesiva, e si collega l’estremità del catetere, mantenuta in perfetta sterilità, ad un connettore per il filtro antibatterico, allo scopo di evitarne l’inquinamento nel compiere le successive manovre di fissaggio.

Per favorire la stabilità e la durata dell’ancoraggio della parte adesiva sulla cute si pulisce con soluzione alcolica e si asciuga accuratamente la cute intorno al punto di ingresso del catetere.

A questo punto si impugna la pinza tra pollice, indice e medio; si rimuove la protezione dall’adesivo e si fissa la pinza alla cute, prestando attenzione a non fare inginocchiare il catetere.

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In seguito si mette sopra la pinza una piccola garza di circa 1-2 cm di lato, umidificata con disinfettante e fissata con medicazione a piatto che lasci traspirare (esempio: Mefix).

Il filtro del Contiplex Tuohy Continuous si fissa alla cute tramite un comune

elettrodo da elettrocardiografia15.

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Vantaggi

Il blocco continuo del nervo femorale può essere anche combinato a blocco continuo del nervo sciatico, a blocco del nervo otturatorio e del nervo femoro- cutaneo per garantire un’anestesia chirurgica ed un’analgesia postoperatoria negli interventi su femore e ginocchio; può essere integrato con un’anestesia generale per garantire una buona analgesia postoperatoria dopo interventi sulla coscia e sul ginocchio16.

Le tecniche di blocco continuo garantiscono gli stessi vantaggi del single-shot ma ovviamente danno la possibilità di avere un’analgesia nel periodo postoperatorio più lunga.

Lo stesso blocco del nervo femorale è un comune metodo di analgesia per il controllo del dolore dopo interventi di protesi di ginocchio, tuttavia fino ad oggi non vi sono particolari studi diretti a stabilire, quale tra le due tecniche determini risultati migliori17.

I progressi tecnologici delle attrezzature incluso lo sviluppo di aghi e cateteri stimolatori e pompe portatili che permettono l’infusione di anestetico locale anche

dopo la dimissione dall’ospedale18

hanno aumentato la percentuale di successo e la popolarità del blocco periferico continuo, sebbene esista ancora la preoccupazione riguardo il corretto posizionamento e la manutenzione del catetere.

I rischi di infezione, anestesia ed analgesia inadeguate e di accumulo di anestetico locale, con tossicità sistemica sono gli svantaggi maggiori, mentre la dislocazione, l’inginocchiamento o l’arrotolamento del catetere e le lesioni nervose si verificano

raramente19, come verrà trattato a seguire.

Il blocco continuo del nervo femorale nelle protesi di ginocchio fornisce una valida alternativa all’analgesia epidurale in quanto quest’ultima può avere effetti avversi comuni quali nausea, vomito, prurito, vertigini e ipotensione, effetti che sono assenti o presenti in misura minore nel blocco, inoltre la sensibilità e la

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comportare dei ritardi sull’inizio della fisioterapia, pertanto tale tecnica garantisce un migliore risultato e ne guadagna il paziente in termini di soddisfazione e di

recupero dopo l’intervento20.

La protesi di ginocchio è associata ad un dolore significativamente maggiore di quello della protesi d’anca, specie nei primi due giorni postoperatori e ad esacerbarlo contribuiscono proprio i dispositivi di mobilizzazione passiva o la mobilizzazione precoce del ginocchio.

Il blocco femorale continuo consente la rieducazione precoce grazie ad un

controllo efficace del dolore21.

L’uso di tecniche di analgesia regionale periferica quale l’infusione continua tramite cateteri periferici posti vicino al fascio nervoso o l’analgesia periferica controllata dal paziente possono fornire un’analgesia superiore rispetto alla terapia

sistemica con oppioidi22 e migliorare anche diversi fattori che fanno parte della

prognosi23.

Sebbene siano disponibili numerosi dati24, i parametri ottimali per l’analgesia

periferica non sono stati ancora ampiamente esaminati, parametri quali il tipo di

anestetico locale, sua concentrazione25, volume, oppioidi , farmaci adiuvanti,

infusione continua contro PCA con boli intermittenti.

Una combinazione di un’analgesia periferica continua e di farmaci adiuvanti sistemici, quali il paracetamolo e il ketorolac può essere usata per avere un regime analgesico postoperatorio senza oppioidi.

Tra gli altri vantaggi connessi all’utilizzo di blocchi periferici in continuo c’è l’attiva collaborazione del paziente per il suo posizionamento sul letto operatorio evitando possibili danni da cattiva e prolungata postura, una riduzione dei rischi per i pazienti affetti da patologie sistemiche come le patologie respiratorie, un minor impatto farmacologico sull'organismo in toto, un’azione preventiva sullo stress chirurgico (pre-emptive analgesia), l’eliminazione dei problemi di recupero postoperatorio (autosufficienza postoperatoria), un minor impegno per l'assistenza

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precocemente, con riduzione del disagio dovuto al digiuno o all’eventuale presenza di nausea e dalla necessità di terapia infusionale e un miglior recupero psicofisico specie nei pazienti anziani.

L’analgesia regionale dovrebbe essere utilizzata anche nei pazienti critici per ridurre il consumo di sedativi e di oppiacei.

Negli ultimi anni si è diffuso l’utilizzo dell’ ultrasonografia nei blocchi periferici, tale pratica ha cercato di migliorare la sicurezza e l’efficacia dell’utilizzo di queste tecniche anestesiologiche, per esempio con l’impiego degli ultrasuoni sembrano ridursi i tempi per il posizionamento del catetere a livello femorale, con una

riduzione del dolore legato alla procedura26, ma sono necessari ulteriori ampi studi

clinici che confermino i potenziali vantaggi nell’uso degli ultrasuoni, dato che per quanto riguarda le complicanze sia il danno nervoso che l’accidentale iniezione

intravascolare si sono presentati per entrambe le tecniche27,28, in più

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Complicanze

Le tecniche di blocco periferico non sono esenti da complicanze ed effetti collaterali dovuti alla tecnica di blocco, agli anestetici locali e/o adiuvanti e alle condizioni patologiche preesistenti.

Le complicanze comuni a tutte le tecniche di blocco possono essere le lesioni di strutture vascolari con conseguente sviluppo di ematomi, anche in soggetti sani esenti da squilibri coagulativi.

Rare ma sempre possibili sono le lesioni nervose complesse con danni permanenti alle strutture nervose interessate dal blocco ; o lesioni transitorie irritative, dolori, parestesie, disestesie perduranti per qualche tempo dopo l’esecuzione del blocco

(giorni, settimane)16.

Gli anestetici locali possono anche indurre reazioni tossiche di tipo locale o sistemico.

Le reazioni tossiche locali sono sostanzialmente reazioni di tipo allergico.

Raramente si possono evidenziare reazioni tossiche locali a livello dell’ organo

bersaglio cioè della struttura nervosa che si vuole bloccare.

Tali complicanze sono estremamente rare se si usano gli anestetici a concentrazioni e dosaggi adeguati, ma posso determinare gravi lesioni permanenti in caso di iniezioni intraneurali di anestetico locale.

Reazioni tossiche sistemiche possono intervenire quando si iniettano dosi maggiori di quelle consigliate, ma anche quando l’anestetico locale viene iniettato accidentalmente in un vaso sanguigno.

La tossicità sistemica degli anestetici locali è legata all’azione di blocco dell’attività elettrica in cellule eccitabili, altre rispetto a quelle dei nervi periferici, quali le cellule del sistema nervoso centrale e le fibrocellule muscolari cardiache. Uno degli obiettivi del trattamento iniziale di una manifestazione tossica da anestetico locale deve essere comunque quello di mantenere un’adeguata

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quanto è stato ampiamente dimostrato che l’ipercapnia, l’acidosi e l’ipossiemia tendono a potenziare gli effetti inotropi negativi e cronotropi negativi di tutti gli anestetici locali.

Manifestazioni tossiche sistemiche per le alte concentrazioni ematiche di anestetico locale dovute a rapido riassorbimento da iniezione intravasale prevedono come trattamento il rapido utilizzo di farmaci sedativi anticonvulsivanti e le tecniche di rianimazione cardiorespiratoria.

I pazienti con grave insufficienza epatorenale possono manifestare più

precocemente di altri i sintomi da intossicazione da anestetico locale10.

Tra le complicanze della procedura si deve ricordare la possibilità che il catetere durante il posizionamento possa creare degli inginocchiamenti o arrotolamenti evenienze queste rare, o si possa dislocare. In tali casi il catetere dovrebbe essere rimosso.

Altra problematiche a carico di questa procedura è rappresentata dalla presenza di infezione a livello del sito di iniezione del catetere che ne determina una controindicazione. Come del resto rappresenta una controindicazione la presenza di un’infezione sistemica e il rifiuto della procedura da parte del paziente.

Sono stati svolti studi che hanno valutato l’incidenza di colonizzazione batterica del catetere e di complicanze sia vascolari che neurologiche causate dalla procedura di cateterismo periferico del nervo femorale, ed è stato visto che il rischio di complicazioni batterica è basso, sebbene l’incidenza di colonizzazione

sia frequente come del resto pochi erano gli effetti avversi29,30.

Il rischio di infezione può essere minimizzato dalla stretta aderenza alle linee guida sulla sterilità, come guanti sterili, campo sterile, soluzione antisettica per disinfettare la cute, etc.

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Analisi dei dati clinici

La protesi di ginocchio è uno degli interventi ortopedici più dolorosi e l’effettiva eliminazione del dolore è essenziale per la precoce mobilizzazione e dimissione dall’ospedale dei pazienti sottoposti a questa procedura chirurgica.

Lo scopo di questa analisi era quello di valutare nell’intervento suddetto, se l’analgesia postoperatoria data con il blocco periferico continuo del nervo, in questo caso specifico del nervo femorale, poteva provvedere in maniera migliore e più efficace al controllo del dolore postoperatorio, rispetto al sistema tradizionale basato sull’utilizzo degli oppioidi in infusione continua.

Per valutare tale efficacia sono stati valutati e monitorizzatii seguenti parametri clinici:

-Dolore valutato mediante scala verbale,questa si avvale di 5 livelli ai quali è associatala descrizione dell’ intensità del dolore ,nell’immediato post operatorio,e successivamentein 1,2,3 giornata.I controlli antalgici sono stati eseguiti ad orari fissi , e preferenzialmente in corrispondenza delle sedute di fisioterapia.La valutazione del dolore è stata eseguita in condizioni di riposo e durante movimento dell’ articolazione.

-Eventuale richiesta di farmaci rescue.

Oltre a questo si è constatata la presenza o meno di altri effetti avversi come nausea, vomito e prurito in entrambe le tecniche ed infine se la degenza ospedaliera poteva essere compromessa o meno dall’utilizzo di tale tecnica.

Per tale analisi sono stati presi in considerazione i dati registrati nelle cartelle cliniche sull’intervento e sul ricovero dei pazienti sottoposti elettivamente ad intervento di artroprotesi di ginocchio monolaterale.

Analizzando un arco temporale di circa 4 mesi sono stati presi in considerazione i dati di 40 pazienti, che presentavano un ASA tra II-III, di età compresa fra 60 anni

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oppiodi, storie precedenti di nausea e vomito postoperatorio, controindicazione all’anestesia locoregionale, come pregressi interventi alla colonna, problemi di sanguinamento, disturbi neurologici, o controindicazioni al blocco del nervo, come infezioni nel sito di iniezione.

A nessun paziente e stata data una premedicazione prima dell’intervento, ogni paziente ha ricevuto un monitoraggio standard in sala operatoria: monitoraggio elettrocardiografico, della pressione non invasiva, della pulsiossimetria, ed è stata praticata un’anestesia spinale per la procedura chirurgica.

Di questi 40, 20 avevano posizionato il catetere femorale, dal lato da operare, prima di effettuare l’anestesia spinale.

Il catetere del set (Contiplex Tuohy Continuous set, b braun) è stato spinto

attraverso l’introduttore e posizionato a circa circa 5 cm dalla cute, il posizionamento effettuato una volta individuata la contrazione del quadricipite femorale a 0,4-0,3 mA, confermato dallo scorrimento rotuleo, sotto controllo dell’elettro neurostimolatore (stimuplex HNS 12, b braun), senza guida ecografica, il blocco viene quindi indotto iniettando 15 ml di soluzione anestetica (naropina 0,6%) con iniezioni di piccoli boli di 5 ml con ripetute manovre di aspirazione tra un bolo e l’altro, onde evitare la possibilità di un’iniezione intravascolare.

A fine intervento l’analgesia post operatoria è stata garantita attraverso infusione continua nel catetere perineurale,posto sul femorale, di Naropina (0,2%) in un volume di 5ml/h ,mediante pompa elastomerica.Contemporaneamente è stata somministrata per i primi 3 giorni post operatori una analgesia orale con Oromorpfh 10 mg ogni 12h in base all’ età del paziente a copertura del dolore nella loggia posteriore dell’articolazione,di competenza dello sciatico,non coperto dalla analgesia perineurale continua.

La durata dell’infusione è di circa 36 ore, con rimozione del catetere in terza quarta giornata postoperatoria e farmaci analgesici come ketorolac 30 mg o paracetamolo 1 gr, da somministrare secondo necessità del paziente .

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Gli altri 20 pazienti hanno effettuato la spinale e per il controllo del dolore postoperatorio a fine intervento è stato connesso per via endovenosa un elastomero della durata di 48 h, a 2 ml/h contenente 4fl morfina (40 mg ) in circa 90 ml di soluzione fisiologica e ketorolac 30 mg e perfalgan 1 gr come farmaci supplementari in caso di dolore.

Per l’anestesia spinale i 40 pazienti sono stati posti in posizione seduta, e la puntura durale è stata effettuata al livello L3-L4, o L4-L5 con un ago da spinale 25 gauge pencil point con introduttore, dopo aver praticato un’anestesia locale con lidocaina al 2%.

Per la locoregionale è stata usata naropina allo 0,5%.

Durante l’intervento è stato somministrato ondasetron (4 mg) e soldesam (8mg) a tutti i pazienti per via endovenosa come misura profilattica per episodi di PONV. Dei 40 pazienti sottoposti ad artroplastica totale di ginocchio 20 sono trattati con elastomero nella fase postoperatoria e 20 con catetere perinervoso. Dei 20 pazienti con catetere perinervoso, due sono stati esclusi per l’ accidentale rimozione dello stesso a poche ore dalla fine dell’intervento, pertanto i risultati sono stati analizzati usando 18 pazienti anziché 20.

I dati presi in esame per l’analisi sono: il dolore valutato mediante scala verbale (o=assente,1=lieve,2= moderato,3=forte,4=atroce ) nell’ immediato post operatorio e successivamente in1,2,3 giornata,sia in condizioni di riposo che durante il movimento dell’articolazione ,il numero di dosi supplementari di farmaci analgesici somministrati, il tempo di degenza ovvero la giornata postoperatoria di dimissione, le giornate in cui il paziente è stato messo a sedere e quando ha deambulato ed infine la presenza di effetti avversi (nausea e/o vomito durante le giornate postoperatorie).

Questi dati sono stati poi raccolti ed inseriti in tabelle distinte: la tabella 1e 1a si riferisce ai dati dei pazienti con elastomero e la tabella 2e 2a si riferisce ai pazienti con catetere perinervoso. Per ogni parametro preso in esame (esclusa la presenza di

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standard; questi dati sono mostrati negli istogrammi in figura 4 e 5e 6e7: in figura 4 è presentato il VAS medio a riposo nei pazienti con catetere perineurale e in quelli con elastomero ,in figura 5 il VAS medio al movimento nei due gruppi di pazienti,in figura 6 i parametri relativi alle dosi supplementari di farmaci analgesici, in figura 7 le giornate post operatorie.

Il controllo del dolore nei pazienti con catetere perineurale è stato più che soddisfacente sia nelle primissime ore del post-operatorio,sia successivamente in 1 giornata quando l’ effetto analgesico della sub aracnoidea era del tutto scemato,sia in 2/3 giornata, sia durante le varie fasi della riabilitazione effettuata mediante l’ ausilio del fisioterapista.I punteggi VAS infatti si sono mantenuti notevolmente bassi(in media non superiori a VAS 2 durante il movimento ed a VAS 1 a riposo).I pazienti con elastomero hanno presentato uno scarso controllo del dolore a partire dalla 1 giornata post operatoria,quando l’ effetto analgesico della sub aracnoidea era svanito e soprattutto durante mobilizzazione attiva e passiva nelle successive giornate post operatorie. Ha conferma di cio vi è anche il fatto che

le dosi supplementari di farmaci analgesici per i pazienti trattati con elastomero risultano mediamente maggiori rispetto a quelle di pazienti trattati con catetere perinervoso; in particolare, le differenze tra i due gruppi di pazienti risultano significative per le dosi di Toradol e Perfalgan supplementari.

Per quanto riguarda la degenza ospedaliera media e i tempi di recupero funzionale dei pazienti (fig. 7), con il ritorno alla deambulazione non c’è una significativa differenza, a sostegno del fatto che l’utilizzo del blocco continuo non compromette i tempi di degenza, semmai può favorire il recupero funzionale rispetto ad altre tecniche di analgesia.

Durante le giornate post operatorie, la percentuale di eventi avversi alla terapia analgesica, come nausea e/o vomito, è pari al 16 % per i pazienti trattati con elastomero e 0 % per pazienti trattati con catetere. C’è quindi una maggiore incidenza di eventi avversi nel gruppo di pazienti trattati con elastomero rispetto

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Tab1(elastomero)

Paziente

Dosi supplementari Giornate postoperatorie Nausea/ vomito Perfalgan Toradol Morfina Seduto Deambula Dimissione

1 0 3 1 2 3 8 2 2 3 0 3 4 8 Si 3 0 4 0 2 3 7 4 4 0 0 2 4 8 5 3 0 1 2 3 7 6 0 4 0 2 4 7 7 0 4 0 2 3 9 8 4 3 0 2 3 8 9 2 3 0 1 3 8 Si 10 4 0 0 3 4 9 11 4 0 0 2 3 7 12 3 0 0 3 3 6 13 1 3 0 2 5 6 14 4 0 1 2 3 7 Si 15 3 0 0 2 3 8 16 3 0 1 2 3 7 17 4 2 0 2 3 8 18 4 0 0 2 4 7 19 0 2 0 2 3 6 20 4 6 0 1 2 6 Si Media 2,45 1,85 0,2 2,05 3,3 7,35

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Tab2(catetere)

Paziente

Dosi supplementari Giornate postoperatorie Nausea/ vomito Perfalgan Toradol Morfina Seduto Deambula Dimissione

1 2 2 0 2 3 6 2 2 1 0 1 3 7 3 4 0 0 1 5 9 4 1 0 0 3 4 7 5 1 0 1 2 3 8 6 0 0 0 2 4 8 7 0 2 0 3 4 8 8 2 0 0 2 4 9 9 1 0 1 2 3 7 10 2 0 0 2 5 7 11 0 0 0 2 3 6 12 0 3 0 2 3 6 13 1 1 0 2 3 7 14 3 0 0 2 3 8 15 0 0 0 1 2 4 16 1 1 0 2 3 6 17 1 0 0 2 3 6 18 0 0 0 1 2 7 Media 1,17 0,56 0,11 1,89 3,33 7,00

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G.O I GPO II GPO III GPO G.O I GPO II GPO III GPO 0,00 0,75 0 0 1,00 1,75 1,5 1,25 0,00 1,25 0,25 0 0,00 1,75 1,75 1,5 1,00 1,5 0 0,25 0,00 2 1,75 1 0,00 0,25 1 0 1,00 1 1,5 1,5 0,00 2 1 0,75 1,00 2,5 2 1,5 0,00 1 1 1 0,00 1,5 1,5 1,5 0,50 1,5 1 0,75 1,00 2,25 2,25 1,25 0,00 0,75 1 0,5 0,50 1,75 2,25 1,75 0,00 1 0,75 0,75 0,50 2,25 2,25 2 1,00 1 1 0,25 1,00 2 2 2 0,00 1 0 0 0,00 2 2 2 1,00 2 1 1 1,00 2,5 2 1,25 0,00 1 0 0 0,00 2 1,5 1,75 0,00 1,75 1 1 0,00 2,5 2 2 0,00 1,5 1 1 0,00 2,5 2 2 1,00 1 0,5 0,5 1,00 2,25 1,75 2 0,00 1 0,5 1 0,00 2 2,25 2 0,00 1,5 0,75 1 0,00 2,25 1,75 2 0,25 1,21 0,65 0,54 0,44 2,04 1,89 1,68 Tab2a

Media vas riposo pz con catetere media vas movimento pz con catetere

(23)

fig 5

(24)

fig7

Conclusioni

Gli interventi di chirurgia ortopedica maggiore sono gravati da dolore post-operatorio moderato-severo. L’inadeguato trattamento, soprattutto in pazienti ad elevato rischio peri-operatorio, è in grado di determinare sia alterazioni fisiopatologiche a carico di organi ed apparati vitali, sia sviluppo di dolore cronico. Qualsiasi stimolo doloroso infatti innesca una reazione detta da stress che è caratterizzata dalla increzione di amine simpatico, cortisolo , prolattina, aldosterone, glucacone, tutti ormoni che hanno un effetto catabolico e inducano sovraccarico di lavoro per organi come cuore,reni polmoni e fegato. Inoltre il dolore evoca reazioni spiacevoli di discomfort cui si associano inappetenza,,depressione dell’ umore,fattori che incidono negativamente sul recupero del paziente. Inoltre per il paziente ortopedico un adeguata terapia antalgica post operatoria diventa fondamentale per poter eseguire una fisiochinesiterapia e una mobilizzazione precoce ,necessarie per un ottimale recupero della funzionalità articolare . Il nostro studio ha messo in evidenza come le tecniche di blocco neurale continuo permettono di raggiungere fondamentali

(25)

tutte le fasi precoci e tardive del post operatorio,dimostrati da punteggi VAS sempre migliori , la possibilità di modulare l’ analgesia in base alle necessita del paziente ed alle varie fasi del percorso riabilitativo,tutto ciò favorisce la mobilizzazione precoce riducendo il rischio trombo embolico e tutti i problemi correlati alla sindrome da immobilizzazione.

E’ emerso inoltre che la sola somministrazione endovenosa di oppiodi maggiori,come la morfina,se da un lato riduce in modo adeguato il dolore a riposo non è sufficiente da sola per il trattamento del dolore durante movimento attivo e passivo,da qui la necessità di una terapia multimodale e multifarmacologia per la gestione del dolore severo che si sviluppa dopo chirurgia ortopedica maggiore. Inoltre il blocco continuo rispetto all’ anelgesia sistemica con oppiodi consente un minor consumo di farnaci analgesici rescue,come ketorolac e perfalgan determinando conseguentemente una riduzione di effetti avversi legati alla terapia endovenosa.

Concludendo possiamo affermare che pur non essendovi in letteratura un accordo su quale sia il trattamento analgesico migliore per gli interventi di chirurgia

ortopedica maggiore34,ciò che emerge con forza è che il trattamento deve

prevedere un’ analgesia loco regionale, e l’uso del blocco continuo periferico del nervo femorale ha dimostrato di essere una valida strategia terapeutica,associata trattamento farmacologico multimodale.

Dalla nostra esperienza emerge infine l’importanza di una nuova “medicina”, la ”medicina perioperatoria”basata sul dialogo e la collaborazione di professionisti diversi,l’anestesista ,l’ortopedico e il fisioterapista, in modo da ottenere sempre migliori risultati in termini di :qualità del recupero funzionale,riduzione dei tempi di degenza,riduzione dei costi e soprattutto guardando in modo globale alla “restituito ad intregrum” fisica e mentale del paziente.

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