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Studio multicentrico retrospettivo sulla gestione del paziente settico in Pronto Soccorso

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Academic year: 2021

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(1)

di Studi Universitari e di Perfezionamento

Settore di Scienze Mediche

Tesi di Licenza Magistrale

Studio multicentrico retrospettivo sulla

gestione del paziente settico in Pronto

Soccorso

Candidata:

Chiara Bertone

Relatori:

Prof. Lorenzo Ghiadoni

Dott.ssa Emanuela Sozio

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La sepsi costituisce una delle sindromi pi`u controverse, dibattute ed ete-rogenee della medicina; i meccanismi fisiopatologici ad essa sottostanti sono tuttora in gran parte ignoti, ed una delle poche certezze relative a questa patologia `e rappresentata dalla consapevolezza della sua intrinseca elevata le-talit`a e della possibilit`a di miglioramento dell’outcome del paziente mediante un pronto riconoscimento di tale condizione e l’inizio precoce del trattamento pi`u opportuno.

Nel 2016, una Task Force costituita da 19 esperti e sponsorizzata dalla Eu-ropean Society of Intensive Care Medicine e dalla Society of Critical Care Medicine ha definito la sepsi come una “disfunzione d’organo pericolosa per la vita causata da un’alterazione della risposta dell’ospite ad un’infezione”. Quale strumento di valutazione del danno d’organo, `e stato proposto il SOFA score (Sequential Organ Failure Assesment score), un sistema che indaga le funzionalit`a polmonare, renale, cardiocircolatoria, epatica, cerebrale ed ema-topoietica mediante 6 distinti parametri: la positivit`a al SOFA score, definita come incremento del punteggio totale di almeno due punti rispetto al basale, unita al riscontro di una infezione in atto, permetterebbe cos`ı di porre dia-gnosi di sepsi.

Dal momento in cui il SOFA score risulta piuttosto elaborato e richiede, per il suo calcolo, l’esecuzione di esami di laboratorio, per velocizzare la diagnosi di sepsi e permettere una tempestiva identificazione dei soggetti che ne sono affetti si `e deciso di fornire un altro strumento, denominato quick SOFA, stimabile semplicemente con un esame obiettivo e basato sulla valutazione di tre soli parametri: lo stato di coscienza, la pressione arteriosa sistolica e la frequenza respiratoria.

Gli studi intrapresi nei due anni successivi, tuttavia, hanno inesorabilmente dimostrato la scarsa capacit`a diagnostica del quick SOFA nei confronti della sepsi e ne hanno ridimensionato fortemente il ruolo e la potenziale utilit`a in un simile ambito. Nel frattempo, si `e consolidata, imperterrita, una destabi-lizzante mancanza di linee guida ed indicazioni precise riguardanti l’approccio diagnostico alla sepsi e la condotta pi`u opportuna da tenere nel corso della gestione e del monitoraggio di questa categoria di malati. Questo studio `e stato ideato con due obiettivi fondamentali: in prima istanza, individuare i principali fattori di rischio per mortalit`a in caso di sospetta infezione, sia essa complicata o meno da una compromissione d’organo, e, in seconda battuta, cercare un modello utile per stratificare in diversi livelli di gravit`a i pazienti

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che si presentano in un Pronto Soccorso con un sospetto di infezione in corso. A tale scopo, sono stati riuniti i dati inerenti 571 soggetti ammessi con una diagnosi di infezione nei dipartimenti di emergenza ed accettazione (DEA) di due diversi centri, Pisa e Livorno, nel periodo compreso fra il marzo 2017 ed il dicembre 2018.

Per la prima parte delle analisi, i soggetti sono stati suddivisi in due gruppi, sopravvissuti e non, ed `e stato effettuato un confronto fra di essi per scoprire se c’era una differenza significativa riguardante diverse variabili, sia continue a distribuzione non gaussiana sia dicotomiche, mediante, rispettivamente, i test di Mann- Whitney e del chi quadrato.

`

E stata quindi costruita la Receiver Operating Characteristic (ROC) ineren-te a diversi parametri quantificabili in maniera immediata al momento del triage (lattacidemia, quick SOFA, Modified Early Warning Score MEWS -e shock ind-ex) -e loro sp-ecifich-e combinazioni (lattati + shock ind-ex; lattati + quick SOFA; lattati + MEWS; MEWS + shock index).

In un secondo momento, si `e scelto il parametro per cui l’area sotto la curva risultava superiore, ovvero la somma di lattati e shock index, e si `e individua-to un punindividua-to della sua ROC corrispondente ad un buon valore di sensibilit`a, seppure al prezzo di una specificit`a sub ottimale, nell’identificare i pazienti considerati a pi`u elevato rischio di exitus. Si `e cos`ı individuata una sotto-categoria di pazienti in maggior pericolo di vita, e su di essa `e stata prose-guita l’analisi, al fine di scoprire ulteriori fattori utili a discriminare meglio i soggetti sopravvissuti da quelli andati incontro a decesso ed ultimare in questo modo la stratificazione del livello di gravit`a.

All’analisi univariata condotta sul campione generale, diversi fattori sono ri-sultati in qualche modo associati alla mortalit`a; degni di menzione i punteggi ottenuti al momento dell’ingresso in Pronto Soccorso al SOFA score, al quick SOFA ed al MEWS, ed il riscontro (sempre al Dipartimento di Emergenza) di un innalzamento dei livelli di creatinina, lattati e procalcitonina al di sopra del limite superiore di normalit`a.

Rilevante `e anche il ruolo dell’esecuzione delle emocolture prima della som-ministrazione della terapia antibiotica empirica quale fattore protettivo nei confronti di una evoluzione infausta della patologia infettiva.

Il miglior fattore predittivo per la mortalit`a si `e rivelata la combinazione di “lattati + shock index”, ottenuta mediante la somma cruda dei valori asso-luti di questi due parametri, con la sua AUROC di 0,8. Proprio utilizzando la variabile congiunta “lattati + shock index” `e stato individuata una cate-goria di soggetti a pi`u alto rischio, su cui proseguire le indagini. In questo sottogruppo, l’applicazione della regressione logistica ha permesso di indivi-duare nel SOFA score calcolato in PS un fattore di rischio indipendente per la mortalit`a, mentre l’innalzamento della temperatura corporea si `e rivelato

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protettivo nei confronti di un outcome sfavorevole.

In conclusione, sulla base dei valori di shock index, lattati e SOFA score `e possibile una stratificazione della gravit`a del paziente infetto o con sepsi in tre distinti livelli; il vantaggio di un simile modello risiede nella sua capa-cit`a di identificare i due gruppi a maggior rischio gi`a al momento del triage, mediante il dosaggio dei lattati ed il calcolo dello shock index, di semplice e rapida esecuzione.

Il monitoraggio del paziente va ovviamente proseguito anche nei momenti successivi, sia in Pronto Soccorso sia in un qualsiasi reparto di degenza ospe-daliera, mediante l’utilizzo di score di gravit`a quali il SOFA, il MEWS ed il NEWS. Utili in questo processo di monitoraggio periodico delle condizioni cliniche del paziente settico potrebbero anche rivelarsi i dosaggi seriati di procalcitonina e lattati.

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Indice

1 Introduzione 5

1.1 Definizioni della sepsi . . . 6

1.1.1 1991: Sepsis- 1 . . . 7

1.1.2 2001: Sepsis- 2 . . . 8

1.1.3 Sepsis- 3 . . . 12

1.2 SOFA score e quick SOFA alla prova . . . 18

1.3 Critiche mosse alla ”Sepsis- 3” . . . 26

1.4 Impiego degli score di gravit`a nel “percorso Sepsi” della Toscana 29 1.5 Lattati e sepsi . . . 35

1.5.1 Il metabolismo del lattato . . . 35

1.5.2 Il ruolo dei lattati nella sepsi . . . 37

2 Obiettivi dello studio 39 3 Materiali e metodi 41 3.1 Tipo di studio e selezione dei pazienti . . . 41

3.2 Raccolta dei dati . . . 41

3.3 Analisi statistica . . . 44

4 Risultati 47 4.1 Aspetti epidemiologici e clinici . . . 47

4.2 Fattori predittivi di mortalit`a . . . 51

4.3 Stratificazione del rischio di mortalit`a . . . 54

5 Discussione 61 5.1 Aspetti clinico- epidemiologici . . . 61

5.2 Il rischio di mortalit`a dei pazienti infetti . . . 62

5.2.1 Fattori predittivi di mortalit`a nel campione generale . . 63

5.2.2 Stratificazione del rischio di mortalit`a . . . 68

5.3 Punti di forza e limiti dello studio . . . 76

(6)
(7)

Elenco delle figure

4.1 Distribuzione dei pazienti nelle diverse decadi di vita . . . 47 4.2 Fattori di rischio per infezione riscontrati nella popolazione in

esame . . . 48 4.3 Tipi di intervento chirurgico effettuati dai pazienti nei 30

gior-ni precedenti l’accesso in Pronto Soccorso . . . 49 4.4 Diagnosi eziologica di sospetto posta in Pronto Soccorso; le

infezioni pi`u frequentemente chiamate in causa sono quelle a carico delle vie aeree ed urinarie . . . 50 4.5 Reparti di destinazione dei pazienti indirizzati al ricovero

ospe-daliero in seguito alla valutazione effettuata in Pronto Soccorso 51 4.6 Curve ROC delle variabili singole . . . 55 4.7 Curve ROC delle variabili aggregate . . . 56

(8)

Elenco delle tabelle

1.1 Sistema PIRO . . . 11

1.2 SOFA score . . . 15

1.3 NEW score . . . 31

1.4 NEWS e risposta clinica . . . 31

1.5 MEWS . . . 32

3.1 Punteggi attribuiti dal CCI per ciascuna voce . . . 43

4.1 Confronto delle variabili discrete fra i soggetti andati incontro a decesso e gli altri (popolazione generale) . . . 53

4.2 Confronto delle variabili continue ad andamento non gaussiano fra i soggetti andati incontro a decesso e gli altri (popolazione generale) . . . 54

4.3 ROC delle variabili singole . . . 55

4.4 ROC delle variabili aggregate . . . 56

4.5 Confronto delle variabili continue ad andamento non gaussiano fra i soggetti andati incontro a decesso e gli altri (gruppo ”ad alto rischio”) . . . 57

4.6 Confronto delle variabili discrete fra i soggetti andati incontro a decesso e gli altri (gruppo ”ad alto rischio”) . . . 58

4.7 OR crudi e corretti . . . 59

4.8 Hosmer-Lemeshow Test . . . 60

(9)

Capitolo 1

Introduzione

La sepsi `e una sindrome clinica gravata da un elevato tasso di mortalit`a e morbilit`a: da un lato, infatti, si stima che la mortalit`a intra- ospedalie-ra associata a tale condizione sia compresa fospedalie-ra il 20 ed il 40% [1], mentre dall’altro sta emergendo sempre pi`u prepotente la consapevolezza del fatto che i pazienti sopravvissuti ad un episodio settico soffrono spesso di sequele persistenti a lungo termine sui piani fisico, cognitivo e psicologico, con con-seguenze negative per la loro salute ed implicazioni sociali non indifferenti [2]. In particolare, `e stato calcolato che, dei soggetti sopravvissuti, il 30% va incontro a decesso nel corso dei 12 mesi seguenti [1] ed il 40% richiede un altro ricovero ospedaliero nei 3 mesi successivi a causa di problematiche quali infezioni ricorrenti, eventi cardiovascolari e danno renale acuto [3]; a questo si deve poi aggiungere l’aumento del rischio di andare incontro a nuovi eventi settici. Simili complicanze hanno probabilmente un’origine multifat-toriale e potrebbero essere imputabili alla persistenza, dopo l’evento acuto, di un danno d’organo e/o di una alterazione del sistema immunitario: questi ultimi due fattori, sia singolarmente sia insieme, contribuirebbero alla defi-nizione di un quadro di maggiore fragilit`a e predisposizione allo sviluppo di altre patologie. Tuttavia, le ragioni principali per cui la sepsi desta note-vole preoccupazione all’interno del mondo medico non risiedono tanto negli effetti a lungo termine da essa prodotti sulla salute individuale, quanto nelle ripercussioni immediate che pu`o avere sul piano clinico e nel pericolo di vita, misurato in ore o giorni, cui espone i pazienti. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, la medicina ha imparato a cronicizzare diverse patologie e a gestire le complicanze da esse derivanti, ma si trova ancora a dover affrontare situa-zioni critiche capaci di evolvere in maniera infausta nel volgere di un breve intervallo di tempo. La sepsi, responsabile del 10% dei ricoveri nelle Unit`a di Terapia Intensiva (UTI) e di un tasso di mortalit`a intra- ospedaliera supe-riore perfino a quello dell’infarto miocardico acuto e dello stroke, pu`o essere

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senza alcun dubbio collocata nella seconda categoria [4].

A fornire poi un’ulteriore spinta per uno studio approfondito e sistematico di questa sindrome ha molto probabilmente contribuito anche un dato squisita-mente epidemiologico: l’incidenza della sepsi `e infatti piuttosto elevata, pari a 270 casi ogni 100.000 abitanti per anno, ma soprattutto risulta essere in continuo aumento. Questo `e il risultato non soltanto di un maggiore grado di attenzione e sospetto da parte dei medici nei confronti di questa patolo-gia, e quindi di una sua pi`u corretta definizione diagnostica [5], ma anche dell’invecchiamento globale della popolazione e, di conseguenza, dell’incre-mento del livello di complessit`a e del numero di co- morbidit`a fra i soggetti potenzialmente a rischio [2].

Diversi studi hanno dimostrato come la sepsi rappresenti una sindrome tempo-dipendente: questo significa che `e possibile aumentare la sopravvivenza di chi ne `e affetto grazie ad un pronto intervento medico e ad un inizio precoce del trattamento pi`u opportuno ed efficace [6] [7]. Tale consapevolezza si `e logica-mente e ragionevollogica-mente tradotta nel tentativo di comprendere pienalogica-mente questa condizione clinica, analizzandone ogni aspetto in maniera approfon-dita ed esaustiva. In particolare, gli sforzi della comunit`a scientifica e degli studi sinora effettuati si sono concentrati principalmente su tre fronti distinti: innanzitutto, sulla messa a punto di una definizione esatta della patologia e, in secondo luogo, sulla ricerca del miglior metodo per giungere ad una dia-gnosi di certezza. Questi due aspetti sono intimamente ed indissolubilmente legati fra loro, anche perch´e una conoscenza precisa e puntuale di cosa sia la sepsi potrebbe rivelarsi di grande aiuto nell’individuare tempestivamente i pazienti che ne sono affetti. Ad oggi, purtroppo, non `e ancora stato in-dividuato un esame di riferimento utile per l’identificazione precoce di tale condizione; constatata la mancanza di un gold standard diagnostico, i ricer-catori si sono adoperati al fine di mettere a punto un sistema semplice e di facile applicazione per porre almeno il sospetto di sepsi e riconoscere il prima possibile i pazienti a pi`u elevato rischio di evoluzione infausta, bisognosi sia di un monitoraggio clinico pi`u stretto sia di interventi terapeutici rapidi e mirati.

1.1

Definizioni della sepsi

La definizione di sepsi `e oggetto di un acceso dibattito e di saltuarie re-visioni da circa tre decenni; i cambiamenti apportati nel corso degli anni costituiscono il riflesso della acquisizione di nuove conoscenze in merito alla fisiopatologia ed alla gestione ottimale di tale condizione [2]. Risulta possibi-le identificare e sottolineare due caratteristiche chiave inerenti questa entit`a

(11)

nosologica su cui si `e sempre trovato un consenso unanime: in primo luogo, come gi`a asserito nel paragrafo precedente, essa viene intesa come una pa-tologia tempo- dipendente, in cui le possibilit`a di sopravvivenza diventano tanto maggiori quanto pi`u precoci sono la diagnosi e l’inizio del trattamento opportuno. Il secondo punto fermo `e invece di natura prettamente eziologica e sostiene come la sepsi possa svilupparsi soltanto in relazione ad un’infezione [5]. Se si trascurano questi due elementi innegabili, tale condizione clinica resta tuttora un mistero da svelare in buona parte, un terreno piuttosto in-certo su cui da tempo ci si avventura nel tentativo di imbattersi in altri saldi appigli e di scoprire nuovi attributi inconfutabili. Si possono riconoscere ed analizzare tre tappe fondamentali nel complesso percorso di studio della sepsi sinora tracciato: la prima risale al 1991, la seconda al 2001 e la terza al 2016. Come affermato dagli stessi autori di quest’ultimo lavoro, la definizione pro-posta pi`u recentemente non deve essere necessariamente l’ultima ed `e anzi auspicabile che essa venga perfezionata in futuro grazie alla comprensione sempre pi`u dettagliata ed esauriente dei meccanismi cellulari, biochimici ed immunologici coinvolti in questa patologia [2].

1.1.1

1991: Sepsis- 1

Il merito di aver elaborato una definizione iniziale della sepsi spetta al Con-sensus Conference del 1991, formato da esponenti appartenenti sia all’Ameri-can College of Chest Physicians sia alla Society of Critical Care Medicine. In tale occasione, la sepsi `e stata interpretata come il frutto di una risposta in-fiammatoria sistemica dell’ospite all’infezione ed `e stata ben distinta da altre due condizioni ad essa correlate, ma pi`u gravi: la sepsi severa e lo shock set-tico. Secondo gli esperti riunitisi in tale occasione, si poteva parlare di sepsi in presenza di un’infezione accompagnata da almeno due dei segni caratteri-stici della sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS), elencati di seguito:

• Temperatura corporea maggiore di 38oC o inferiore a 36oC; • Frequenza cardiaca superiore a 90 battiti al minuto;

• Frequenza respiratoria superiore a 20 atti al minuto, oppure una pres-sione parziale dell’anidride carbonica inferiore a 32mmHg;

• Conta dei globuli bianchi superiore a 12.000/ml o inferiore a 4.000/ml, oppure presenza nel sangue periferico di una percentuale di forme im-mature (a banda) maggiore del 10%.

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Si doveva invece definire grave (severa) una sepsi complicata dalla compar-sa di disfunzione d’organo, ipoperfusione tissutale o ipotensione responsiva alla somministrazione di fluidi. Lo shock settico, infine, veniva interpretato come una condizione di ipotensione indotta dalla sepsi e non pi`u responsiva ad una adeguata e corretta infusione endovenosa di fluidi, dove per ipoten-sione si intendeva il riscontro di una presipoten-sione arteriosa sistolica inferiore a 90mmHg o di una pressione arteriosa media inferiore a 60mmHg, oppure un abbassamento della pressione arteriosa sistolica maggiore di 40mmHg rispet-to al valore basale. `E implicito, ma allo stesso tempo piuttosto evidente, come le tre condizioni sopraddette (sepsi, sepsi severa e shock settico) risul-tino strettamente collegate fra loro e rappresenrisul-tino le tappe successive di un processo continuo che dalla sepsi porta gradatamente verso condizioni sem-pre pi`u complesse e critiche, caratterizzate da un maggiore tasso di mortalit`a e da un livello superiore di impegno per il paziente [8].

Il limite principale di una simile interpretazione della sepsi risiede nella sua ridotta specificit`a: l’utilizzo, quale criterio diagnostico, della compresenza di una infezione e di almeno due criteri della SIRS porta infatti inevitabilmente ad etichettare come settici soggetti che in realt`a sono semplicemente affetti da una infezione non complicata e non minacciosa per la loro sopravvivenza, e dunque destinati ad una terapia antibiotica domiciliare [2]. Possono inoltre soddisfare due o pi`u requisiti della SIRS non soltanto pazienti con un’infe-zione localizzata che non necessita di una terapia aggressiva da effettuarsi in regime di ricovero ospedaliero, ma anche individui niente affatto infetti: `

e il caso, ad esempio, delle vittime di ustioni estese o di pancreatite acuta. Talora pu`o risultare difficile discriminare i soggetti portatori di un’infezione dagli altri, in quanto gli strumenti clinici, radiologici e di laboratorio di cui si dispone non risultano dirimenti in proposito. Le stesse emocolture possono essere negative anche in caso di infezione, per due motivi principali: innanzi-tutto spesso i campioni ematici vengono prelevati dopo la somministrazione della terapia antibiotica empirica; in secondo luogo, la presenza di batteri circolanti non `e costante in corso di infezione [5].

1.1.2

2001: Sepsis- 2

Consapevole delle lacune e delle criticit`a ora sottolineate, una nuova Task Force costituita da diverse societ`a di terapia intensiva europee e nordameri-cane si `e riunita nel 2001 per modificare le definizioni sopraddette alla luce delle conoscenze acquisite nel frattempo in merito alla fisiopatologia di tale sindrome. Questo sforzo internazionale non si `e per`o tradotto in un cambia-mento sostanziale e radicale dello stato dell’arte: gli esperti riunitisi hanno infatti concluso come, per quanto gravati da una palese carenza in termini

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di specificit`a, i criteri precedentemente adottati siano utili in campo me-dico per il riconoscimento della sepsi e delle condizioni ad essa correlate, probabilmente in virt`u della loro elevata sensibilit`a. Tuttavia, per facilitare l’identificazione precoce di un paziente settico, si `e deciso di aggiornare la lista dei segni e sintomi suggestivi di una risposta infiammatoria sistemica all’infezione, includendovi, fra gli altri, la presenza di instabilit`a emodinami-ca, ipossiemia arteriosa, oliguria, alterazioni della funzionalit`a epatica e del sistema della coagulazione. La lista completa dei criteri definiti nel 2001 `e riportata di seguito: in corsivo sono elencati quelli gi`a individuati nel prece-dente Consensus Conference; essi sono suddivisi in cinque categorie distinte: “generali”, “infiammatori”, “emodinamici”, “di disfunzione d’organo” e “di ipoperfusione tissutale”.

1. Parametri generali

• Temperatura corporea maggiore di 38oC o inferiore a 36oC • Frequenza cardiaca superiore a 90 battiti al minuto (oppure, nel

paziente pediatrico, maggiore di 2 deviazioni standard rispetto al valore di riferimento per l’et`a)

• Frequenza respiratoria superiore a 30 atti al minuto • Alterazione dello stato mentale

• Edema significativo o bilancio dei fluidi positivo (>20ml/kg nelle 24 ore)

• Glucosio plasmatico maggiore di 110 mg/dl o 7,7 mM/l in assenza di diabete

2. Parametri infiammatori

• Conta dei globuli bianchi superiore a 12.000/ml o inferiore a 4.000/ml, oppure presenza nel sangue periferico di una percentuale di forme immature (a banda) maggiore del 10%

• Valore di proteina C reattiva (PCR) e/o procalcitonina (PCT) superiore di 2 deviazioni standard rispetto al normale

3. Parametri emodinamici

• Ipotensione arteriosa: definita dal riscontro di uno dei seguenti: – pressione arteriosa sistolica inferiore a 90mmHg (o, nel

pa-ziente pediatrico, inferiore al valore corrispondente a 2 devia-zioni standard rispetto alla media)

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– pressione arteriosa media inferiore a 70mmHg (o, nel paziente pediatrico, inferiore al valore corrispondente a 2 deviazioni standard rispetto alla media)

– abbassamento della pressione arteriosa sistolica maggiore di 40mmHg;

• Saturazione dell’emoglobina nel sangue venoso >70%; • Indice cardiaco superiore a 3,5l/m/m2.

4. Parametri di disfunzione d’organo

• Ipossiemia arteriosa: definita in presenza di un rapporto fra la pressione parziale di ossigeno nel sangue arterioso (PaO2) e la frazione di ossigeno inspirata (FiO2) inferiore a 300;

• Oliguria: diuresi inferiore a 0,5 ml/kg/h per almeno 2 ore; • Incremento della creatinina superiore a 0,5 mg/dl

• Anormalit`a del sistema della coagulazione: se ne pu`o parlare in presenza di uno dei seguenti criteri

– International normalized Ratio (INR) superiore a 1,5

– Tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT) superiore a 60 secondi;

• Ileo;

• Trombocitopenia (conta piastrinica inferiore a 100.000/µl); • Iperbilirubinemia (bilirubina totale plasmatica superiore a 4 mg/dl

o 70 mmol/l).

5. Parametri di ipoperfusione tissutale

• Incremento dei lattati sierici al di sopra di 3 mmol/l; • Riduzione del refilling capillare.

`

E importante puntualizzare come nessuno dei criteri indicati sia specifico per la sepsi; tuttavia, una valutazione complessiva condotta al letto del ma-lato e la positivit`a di alcuni dei parametri ora descritti pu`o allertare i medici ed aiutarli nell’identificazione precoce di un paziente settico.

Una seconda conclusione, pi`u incisiva e significativa, cui si `e giunti nel 2001 `e rappresentata dalla consapevolezza del fatto che i criteri sopracitati

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non hanno alcun valore prognostico e non permettono una corretta suddivi-sione dei soggetti settici in base alla gravit`a della risposta sistemica all’in-fezione e delle loro condizioni cliniche. Per questa ragione, la commissione riunitasi ha cercato di identificare gli elementi potenzialmente utili al fine di una stratificazione prognostica degli individui affetti da sepsi; nello specifico, ne sono stati identificati quattro: le co- morbidit`a presentate dal paziente; la natura, la localizzazione e l’estensione dell’insulto primitivo (ovvero l’infezio-ne); il tipo e l’entit`a della risposta dell’ospite all’infezione; infine, la severit`a della disfunzione d’organo manifestatasi nell’individuo infetto.

Tabella 1.1: Sistema PIRO

Categoria Fattori prognostici

suggeriti ad oggi

Fattori prognostici potenziali

Condizioni predisponenti

Co- morbidit`a che com-portano una riduzione dell’aspettativa di vita; et`a, sesso, convizioni religiose e culturali

Polimorfismi di geni coinvolti nella sinte-si di componenti del-la risposta immunitaria ed infiammatoria (re-cettori Toll- like, TNF, interleuchine, CD14)

Infezione Antibiotico resistenza

dei ceppi infettanti; estensione, tipo e loca-lizzazione dell’infezione primaria

profilo di trascrizio-ne genica dei batte-ri; dosaggio di prodot-ti microbici quali lipo-lisaccaride, mannano e DNA batterico

Risposta dell’ospite PCR e altri segni di sepsi e/o shock

Marcatori di flogosi e risposta alla terapia

Danno d’organo Numero di organi non

ben funzionanti; siste-mi di punteggio com-positi che tengano con-to del livello di disfun-zione dei vari organi

Misurazione dinamica della risposta cellula-re all’insulto: apoptosi, ipossia e stress cellulari

Il passo successivo `e stato quindi quello di delineare uno schema utile per la valutazione del grado di complessit`a e criticit`a di un malato di sepsi; ad es-so `e stato assegnato il nome “PIRO”, acronimo utile a ricordare e riassumere proprio le quattro categorie di fattori prognostici su cui si basa: le condizioni predisponenti (Predisposing conditions), le caratteristiche dell’infezione

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(In-fection), la risposta dell’organismo all’insulto esterno (host Response) e la gravit`a del danno d’organo (Organ dysfunction).

Il sistema cos`ı ideato `e riportato nella tabella soprastante (Tab. 1.1): per ciascuna delle 4 categorie sopra elencate, sono state indicate sia le varia-bili considerate di maggior valore prognostico al momento attuale (seconda colonna) sia quelle che in un prossimo futuro potrebbero acquisire un certo potere predittivo per quanto concerne l’evoluzione della patologia. Risulta indispensabile sottolineare come questa scaletta sia piuttosto rudimentale e necessiti di ulteriori modifiche ed aggiustamenti prima di divenire uno stru-mento affidabile, capace di identificare non solo i soggetti settici a maggior rischio di decesso, ma anche quelli pi`u responsivi alla terapia. Si tratta, in altri termini, non tanto di un modello fruibile nella pratica clinica, quanto di una bozza da perfezionare, un progetto in fieri da costruire e aggiornare con altri lavori; prima di essere adottato per la valutazione prognostica in corso di sepsi, deve essere infatti validato in successivi studi condotti su ampie coorti di pazienti [9].

1.1.3

Sepsis- 3

La Task Force del 2001 aveva lasciato sostanzialmente invariata la definizione di sepsi; `e solo nel 2016, a distanza di 25 anni dalla sua prima formulazione, che si assiste ad un radicale cambiamento di prospettiva e ad una sostan-ziale modifica della chiave di lettura ed interpretazione di questa sindrome.

`

E infatti questo l’anno in cui si `e riunito il Terzo Consensus Internazionale sulla sepsi, sponsorizzato dall’European Society of Intensive Care Medicine e dalla Society of Critical Care Medicine, e composto da una commissione di 19 specialisti in terapia intensiva, malattie infettive, chirurgia e pneumologia. Esso si `e rivelato foriero di novit`a importanti riguardanti non solo la stessa definizione della sindrome in questione, ma anche la sua diagnosi e gestione clinico- terapeutica.

Il primo, cruciale messaggio lanciato da questi esperti risiede nella necessit`a di allentare il legame che ancorava cos`ı indissolubilmente la sepsi alla sindro-me da risposta infiammatoria sistemica per intendere questa patologia cosindro-me una disfunzione d’organo pericolosa per la vita causata da un’alterazione della risposta dell’ospite ad un’infezione. In linea con quanto asserito in pre-cedenza, si sottolinea cos`ı chiaramente come la sepsi possa svilupparsi solo in conseguenza di un’infezione; allo stesso tempo, per`o, si svela un nuovo, inedito meccanismo fisiopatologico alla base dell’insorgenza di tale sindro-me. Abbandonando definitivamente i criteri della SIRS, infatti, si prendono le distanze da una scuola di pensiero che interpretava la sepsi come il frut-to di una esagerata risposta infiammafrut-toria nei confronti di un’infezione, per

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puntualizzare come la sua patogenesi possa implicare sia meccanismi pro-ed anti- infiammatori, sia reazioni non immunologiche. Significativa, a tale proposito, `e la scelta dell’attributo “alterata” in riferimento alla risposta nei confronti dell’infezione messa in atto in un soggetto settico; tale aggettivo lascia infatti spazio a diverse precisazioni e pi`u opzioni percorribili: l’altera-zione di cui si parla pu`o essere di tipo immunologico oppure no, e nel primo caso `e possibile che avvenga sia in un senso (eccessiva attivazione della flo-gosi) sia nell’altro (marcata depressione dei meccanismi infiammatori) [2]. Sostanzialmente, l’attenzione viene in questo modo spostata dalla reazione pro- infiammatoria eccessiva dell’ospite nei confronti dell’infezione agli effetti generalizzati che quest’ultima produce sull’organismo, ovvero il danneggia-mento di uno o pi`u organi e tessuti, anche non coinvolti direttamente nel processo infettivo [10].

La seconda novit`a apportata nel 2016 `e costituita dall’eliminazione della ca-tegoria della sepsi grave: essa viene ritenuta ridondante e superflua, in quanto tutti i pazienti settici si trovano in una situazione critica e potenzialmente fatale. Restano cos`ı solo pi`u due entit`a nosologiche: la sepsi e lo shock set-tico. Quest’ultimo viene definito come uno stato in cui la sepsi si associa a una disfunzione cardiovascolare e del metabolismo cellulare che si manifesta con una ipotensione persistente nonostante una adeguata infusione di fluidi e determina un significativo incremento del tasso di mortalit`a. Per poter porre diagnosi di shock settico in un paziente infetto, `e necessario che questi soffra di un’ipotensione non responsiva alla terapia di infusione di cristalloidi (la cosiddetta “fluid resuscitation”) e la concentrazione di lattati nel suo plasma sia superiore a 2mmol/l. `E lecito parlare di ipotensione in caso sia richiesta l’infusione di farmaci vasoattivi per riuscire a mantenere la pressione arterio-sa media al di sopra del valore di 65mmHg [2].

Tale affermazione si differenzia dalle precedenti definizioni di shock settico in due aspetti: in primo luogo, per porre la diagnosi devono essere soddisfatti contemporaneamente entrambi i criteri sopraddetti, e non soltanto uno di es-si; inoltre, il valore- soglia per la concentrazione di lattati `e inferiore rispetto a quello sancito in passato (4 mmol/l) [11]. La condizione di shock settico risulta ancor pi`u grave di quella della sepsi da sola, in quanto associata ad una mortalit`a pari al 54% [12].

Una volta abbandonata la vecchia definizione operativa di sepsi a favore di una pi`u aggiornata, di ampio respiro, e constata l’inadeguatezza, ai fini dia-gnostici, dei criteri della SIRS, occorreva pertanto proporre un nuovo stru-mento capace di permettere un riconoscistru-mento preciso e precoce dei pazienti affetti da tale sindrome. In linea teorica, questo metodo avrebbe dovuto possedere una serie di requisiti ideali: innanzitutto, tenere conto di tutti gli elementi sopraddetti, ovvero la presenza di un’alterazione della risposta

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dell’ospite all’infezione e di una disfunzione d’organo, in maniera tale da po-ter discriminare i pazienti con infezione non complicata da quelli settici. In secondo luogo, avrebbe dovuto essere economico, semplice ed ampiamente fruibile in diversi contesti; infine, essere in grado di individuare, fra tutti i pazienti con sospetto di infezione e/o di danno d’organo, quelli a maggior rischio di sviluppare una condizione potenzialmente pericolosa per la loro vita. Quest’ultimo fattore risulta particolarmente cruciale se si ripensa a tutti gli studi sinora condotti in cui si `e chiaramente dimostrato come un intervento terapeutico tempestivo ed opportuno possa migliorare significati-vamente l’esito di un evento settico. Il problema del riconoscimento precoce di un episodio potenzialmente fatale `e tuttavia alquanto ostico: da un la-to, in pazienti portatori di un’infezione sospetta o certa il danno d’organo pu`o essere latente, occulto, difficile da individuare; dall’altro, di fronte ad un quadro di conclamata disfunzione tissutale generalizzata non `e sempre facile ed immediato dimostrare la presenza di un’infezione, n´e (tanto meno) di una relazione causale fra quest’ultima e le manifestazioni sistemiche osservate. La conclusione cui `e giunta la commissione di esperti `e stata un po’ amara: non esiste infatti al giorno d’oggi un test unico, validato su ampia scala e dotato delle caratteristiche appena descritte, che possa ambire al ruolo di “gold standard” per la diagnosi di sepsi. Nonostante questa consapevolezza, si `e comunque cercato di fornire ai medici uno strumento adatto allo scopo; coerentemente con la nuova definizione di sepsi incentrata sulla disfunzione d’organo, si `e optato per un sistema mirato proprio all’identificazione precoce di tale condizione. Fra tutti i metodi disponibili nella pratica clinica per la valutazione del danno d’organo, si `e scelto il Sequential Organ Failure Asse-sment score (SOFA score), gi`a utilizzato regolarmente nelle terapie intensive per stratificare la severit`a dei pazienti. Esso prende in considerazione 6 dif-ferenti parametri, ognuno riferito ad un organo distinto e ritenuto un buon indicatore della sua funzionalit`a:

• per indagare la funzione respiratoria si calcola il rapporto fra la pressio-ne parziale di ossigeno pressio-nel sangue (PaO2, ottenuta con l’emogasanalisi arteriosa) e la frazione di ossigeno inspirata dal paziente (FiO2); • per la funzione ematologica, si prende in considerazione la conta

pia-strinica;

• per la funzione epatica, si considerano i valori di bilirubina totale nel plasma;

• per la funzione cardiovascolare, si considerano i valori di pressione ar-teriosa media e la dose di sostanze vasoattive eventualmente necessarie per mantenerla al di sopra del cut- off di 65mmHg;

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• per la funzione cerebrale, si calcola il Glasgow Coma Scale (GCS); • per la funzione renale: si valutano creatinina e diuresi.

Per ognuna di queste variabili quantificabili viene assegnato un punteggio variabile da 0 a 4 in base al valore ottenuto, come riportato nella tabella sottostante (Tab. 1.2):

Tabella 1.2: SOFA score

Variabili 0 1 2 3 4 PaO2/FiO2 >400 < 400 <300 <200 <100 PAM ≥70mmHg <70mmHg DA ≤5 DA >5 o NA ≤0.1 o A ≤0.8 DA >15 o NA >0.1 o A >0.8 Bilirubina (mg/dl) <1.2 1.2-1.9 2.0-5.9 6.0-11.9 >12 Creatinina (mg/dl) <1.2 1.2-1.9 2.0-3.4 3.5-4.9 >5.0 Piastrine (*103/mm3) ≥150 <150 <100 <50 <20 GCS 15 13-14 10-12 6-9 <6

DA = dopamina; NA = noradrenalina; A = adrenalina Le dosi dei farmaci sono espresse in mcg/kg/min

`

E possibile notare come questi 6 parametri siano gli stessi annoverati fra gli indici di “disfunzione d’organo” proposti nel 2001 con il Consensus “Sepsis- 2”; si finisce cos`ı per creare un importante distacco rispetto al pas-sato per quanto riguarda il concetto di sepsi, ma al medesimo tempo ci si riallaccia in qualche modo ai lavori precedenti. Si considera significativa ed indicatrice di danno d’organo un’alterazione del SOFA score di almeno 2 pun-ti rispetto al valore basale; in un soggetto in precedenza sano, il punteggio basale del SOFA `e pari a zero.

La scelta effettuata dalla commissione non `e stata casuale, ma ragionata e fondata sulla base di dati consistenti gi`a presenti in letteratura e soprattutto di studi condotti negli Stati Uniti nei due anni di dibattito antecedenti la pubblicazione dell’articolo. Fra il 2014 ed il 2015, infatti, sono stati raccolti i dati inerenti a quasi 150.000 pazienti ricoverati per sospetta infezione in 12 ospedali distinti di Pittsburgh e della Pensilvania, con particolare attenzione ai parametri inclusi nel SOFA e nei criteri SIRS; `e stato quindi confrontato il potere predittivo di questi ultimi due parametri nei confronti di due eventi:

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la mortalit`a intra- ospedaliera e la necessit`a di ricovero in un’unit`a di terapia intensiva per almeno 3 giorni.

Per quanto riguarda i pazienti ricoverati in terapia intensiva, la presenza di 2 o pi`u punti nel SOFA score ha dimostrato di avere un potere predittivo per la mortalit`a intra- ospedaliera significativamente maggiore rispetto a quello dei criteri della sindrome da risposta infiammatoria sistemica, con un’area sotto la curva ROC pari a 0,74, ben superiore rispetto a quella di 0,64 dei criteri SIRS.

Analoghi risultati non si sono tuttavia ottenuti per i pazienti ricoverati in reparti diversi dalla terapia intensiva: in questo caso, infatti, la positivit`a al SOFA score e quella per i criteri SIRS si sono rivelate parimenti predittive di eventi fatali, con aree sotto la curva ROC pari a 0,79 e 0,76, rispettiva-mente. Pur non significativamente migliore rispetto ai criteri SIRS, il SOFA score pare comunque essere un buon fattore prognostico anche per soggetti portatori di infezione che non necessitano di cure intensivistiche [2].

Seymour ed i suoi colleghi hanno stimato che il riscontro, in un paziente, di un punteggio SOFA maggiore o uguale a 2 si associ ad un rischio globale di decesso pari approssimativamente al 10%, un tasso preoccupante e maggiore di quello dello stesso infarto miocardico acuto con innalzamento del segmento ST (STEMI) [13].

Gli stessi membri della Task Force hanno notato come nella realt`a clinica siano noti dei marcatori molto pi`u precoci di danno a carico del sistema della coagulazione, del fegato e del rene rispetto a quelli inclusi nel SOFA; tutta-via, questi non sono mai stati oggetto di studi approfonditi e prima di poter assurgere al ruolo di criteri diagnostici di sepsi dovrebbero essere validati su ampie coorti di soggetti.

Il limite principale derivante dall’utilizzo del SOFA score risiede nel fatto che esso richiede tempo per essere calcolato; semplice e di basso costo, impone tuttavia il rilievo di alcuni parametri di laboratorio i cui risultati spesso si ottengono dopo ore, ritardando magari in questo modo il riconoscimento di una disfunzione tissutale e quindi di una sepsi. Per tale ragione, `e stato proposto anche un secondo sistema di valutazione del danno d’organo in un soggetto con sospetta infezione, denominato quick SOFA (qSOFA), molto pi`u rapido e semplice da calcolare rispetto al SOFA in quanto basato esclu-sivamente su parametri calcolabili in pochi minuti al letto del paziente. Il quick SOFA prende in considerazione 3 soli aspetti: la presenza di una al-terazione dello stato di coscienza (intesa come un valore di Glasgow coma scale inferiore a 15), il riscontro di una pressione arteriosa sistolica inferiore o uguale a 100mmHg ed un innalzamento della frequenza respiratoria al di sopra del valore di 22 atti per minuto. La positivit`a di almeno due di questi tre criteri permette di identificare in maniera immediata i soggetti con

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so-spetta infezione che vanno poi incontro con maggiore probabilit`a a mortalit`a intra- ospedaliera o lunghi periodi di degenza in reparti di terapia intensiva [2].

Tuttavia, il potere predittivo per eventi avversi del qSOFA `e risultato infe-riore rispetto a quello del SOFA; nemmeno la combinazione del qSOFA con il dosaggio dei lattati `e riuscita a superare il SOFA score in quanto a capacit`a di discriminazione dei pazienti infetti a maggior rischio di esito infausto [2] [4].

Il suggerimento avanzato dagli esperti partecipanti alla terza conferenza in-ternazionale sulla sepsi `e quello di impiegare il quick SOFA come sistema di allerta e monitoraggio clinico, utile per indicare la necessit`a di una corre-zione della terapia in atto o dell’adocorre-zione di cure intensivistiche, di una pi`u accurata indagine circa le condizioni del paziente, con particolare riferimento alla disfunzione tissutale sistemica, e perfino di considerare la possibilit`a di infezione in pazienti in cui tale opzione non era stata presa in considerazione [2].

Le stesse associazioni che avevano sponsorizzato la riunione di una com-missione di esperti per la revisione del concetto di sepsi (ovvero la Society of Critical Care Medicine e l’Euripean Society of Intensive Care Medicine), hanno provveduto, nello stesso anno, ad incentivare la stesura di nuove li-nee guida per il trattamento della sepsi, aggiornate e coerenti con le nuove definizioni emerse proprio nel 2016. In tale occasione, `e stato ribadito come sepsi e shock settico costituiscano due emergenze mediche, ragion per cui il loro trattamento deve essere iniziato il prima possibile (cit. Surviving Sepsis Campaign).

Le definizioni e le affermazioni contenute nell’articolo pubblicato in segui-to al terzo consenso internazionale sulla sepsi e lo shock settico non hanno alcuna pretesa di validit`a universale o inoppugnabilit`a; sono anzi aperte a critiche, obiezioni e perfezionamenti. Gli stessi autori riconoscono infatti co-me la comprensione di queste sindromi rappresenti ancora un processo in fieri ed incentivano la comunit`a scientifica ad intraprendere ulteriori studi in proposito, al fine, da un lato, di approfondire le attuali conoscenze in ambito fisiopatologico e, dall’altro, di confermare o eventualmente confutare il ruolo di SOFA score e quick SOFA quali fattori predittivi di un outcome infausto nei soggetti con sospetto di infezione [2].

Appare quindi ragionevole e comprensibile che negli ultimi due anni siano stati pubblicati diversi lavori il cui obiettivo principale era stabilire se effet-tivamente i parametri indicati dagli esperti della “Sepsis- 3” fossero migliori dei vecchi criteri SIRS nel discriminare ed individuare i pazienti infetti a maggior rischio di evoluzione infausta. In generale, prima di procedere ad una disamina pi`u dettagliata di ciascuno di essi, si pu`o affermare come il

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pro-cesso di verifica e validazione su casistiche di popolazione sempre pi`u ampie abbia portato ad un notevole ridimensionamento del ruolo del quick SOFA in fase sia diagnostica sia di stratificazione prognostica degli individui con sospetto di infezione e sepsi.

Nel frattempo, parallelamente a chi cercava di fornire ai criteri proposti dal-la commissione di esperti del 2016 un ulteriore supporto scientifico e prove sperimentali di efficacia e validit`a, alcuni prendevano le distanze dalla nuova definizione di sepsi, mettendo in risalto tutte le criticit`a ed i rischi derivanti dall’abbracciare una simile concezione della malattia, dall’accettare i nuovi criteri diagnostici e dall’adottare le misure terapeutiche proposte.

1.2

SOFA score e quick SOFA alla prova

A partire dal 2016, in seguito alla stesura della terza definizione di sepsi, diversi clinici e ricercatori hanno accolto la richiesta degli stessi artefici della “Sepsis- 3” e cercato di validare, mediante studi retrospettivi e meta- analisi, la capacit`a diagnostica dei nuovi criteri proposti ed il loro potere predittivo di un outcome sfavorevole in corso di sepsi.

I primi risultati in proposito si sono rivelati piuttosto incoraggianti: alme-no quattro lavori distinti, condotti parallelamente e separatamente fra Stati Uniti d’America, Europa ed Asia nel biennio 2016- 2017, hanno infatti con-fermato il valore prognostico dei nuovi criteri, fornendo cos`ı un supporto al lavoro di rivisitazione della definizione e dei criteri diagnostici della sepsi ul-timato l’anno precedente.

Una prima evidenza della validit`a del quick SOFA come fattore prognostico `e stata fornito da Singer e dai suoi colleghi, grazie ad uno studio retrospettivo condotto su una popolazione piuttosto ampia di soggetti adulti presentatisi in un pronto soccorso fra il gennaio 2014 e il marzo 2015. Sono stati esclusi dallo studio solo i pazienti successivamente indirizzati ad un odontoiatra op-pure a reparti di psichiatria, ginecologia ed ostetricia; si sono dunque raccolti i dati inerenti pi`u di 20.000 pazienti, infetti e non, e per ciascuno di essi `e stato calcolato retrospettivamente il quick SOFA. A questo punto, gli autori si sono focalizzati sul tentativo di verificare se la positivit`a al quick SOFA potesse risultare significativamente correlata con un’evoluzione meno favore-vole della condizione clinica dei singoli malati, ed in particolare con eventi quali il decesso durante il ricovero (outcome primario), la necessit`a di indi-rizzamento verso una struttura ospedaliera o di cure in un’unit`a di terapia intensiva, ed una pi`u duratura degenza in ospedale (outcome secondari). Il potere prognostico negativo del quick SOFA `e stato testato sia globalmente, su tutta la popolazione arruolata nello studio, sia sui soli pazienti portatori

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di un’infezione, sia, infine, sul sottogruppo dei non infetti. I risultati del-l’analisi cos`ı condotta hanno rivelato che una positivit`a del quick SOFA si associa significativamente a tutti gli indicatori di esito sfavorevole presi in considerazione: mortalit`a intra- ospedaliera, necessit`a di ricovero in terapia intensiva o in un altro reparto ospedaliero, e durata superiore della degenza. Questa affermazione `e valida per tutte le categorie di malati prese in consi-derazione, ovvero sia per i soggetti portatori di un’infezione, sia per quelli presentatisi in pronto soccorso per altre ragioni.

Da questo lavoro `e tuttavia emerso che il quick SOFA `e piuttosto specifico, ma poco sensibile, nel discriminare i soggetti a rischio di evoluzione clinica infausta. Gli stessi autori ammettono e riconoscono l’esistenza di sistemi pi`u accurati per la stratificazione prognostica del paziente ammesso in pronto soccorso, ma difendono l’utilit`a del quick SOFA in virt`u della sua semplicit`a di utilizzo: non dipendendo da alcun dato laboratoristico, risulta rapido da calcolare ed immediatamente disponibile [14].

Oltre ad essere unicentrico e retrospettivo, dunque soggetto a tutti i limiti derivanti da simili caratteristiche, lo studio appena descritto presenta l’im-portante difetto di non aver affatto considerato i criteri SIRS, n´e, ovviamente, cercato di capire se il potere predittivo di questi ultimi fosse superiore o in-feriore rispetto a quello del quick SOFA. A questo hanno posto rimedio e provveduto altri lavori, pubblicati lo stesso anno, in cui si `e cercato esplici-tamente un confronto fra i criteri SIRS ed i nuovi parametri proposti dalla Terza Conferenza Internazionale sulla sepsi, quick SOFA e SOFA, nel tenta-tivo di comprendere quali fossero i migliori criteri diagnostici e prognostici per questa sindrome.

Un secondo studio, uscito sul Journal of Critical Care a pochi mesi di distan-za dal precedente, `e stato infatti appositamente concepito con l’intento di stabilire quale strumento, fra criteri SIRS, SOFA e quick SOFA calcolati en-tro le prime 24 ore dall’ingresso in UTI, fosse migliore in termini di capacit`a di previsione di un’evoluzione sfavorevole della sepsi. A tale scopo, `e stata portata a termine un’analisi retrospettiva su un totale di 2350 soggetti adulti settici ricoverati nell’unit`a di terapia intensiva di un ospedale universitario thailandese nell’arco di 10 anni, fra il 2007 ed il 2016. Risulta necessario sot-tolineare come la diagnosi di sepsi sia stata posta con i vecchi criteri del 1991; se si fossero considerati quelli pi`u recenti, circa 100 dei pazienti arruolati in questo lavoro avrebbero dovuto esserne esclusi. Quali indicatori di progno-si sfavorevole sono stati utilizzati la mortalit`a in terapia intensiva e pi`u in generale quella intra- ospedaliera, oltre che l’insorgenza di un’insufficienza d’organo, intesa come il riscontro, nel corso della degenza, di un aumento minimo di 2 unit`a del punteggio parziale assegnato a ciascuno dei parame-tri inclusi nel SOFA score. I risultati ottenuti hanno permesso di giungere

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a due importanti conclusioni: in prima istanza, il SOFA score `e il fattore prognostico pi`u affidabile in caso di sepsi, in quanto rappresenta, fra i tre, il sistema dotato del pi`u alto potere predittivo di mortalit`a intra- ospedaliera e di comparsa di insufficienza d’organo. In secondo luogo, il quick SOFA si `e rivelato significativamente migliore rispetto ai criteri SIRS nell’individuare i soggetti a pi`u elevato rischio di andare incontro a decesso durante il ricovero oppure ad una insufficienza d’organo (p< 0, 0001) [15].

Coerentemente con quanto gi`a osservato da altri [4], l’uso di un sistema inte-grato in cui ai 3 punti al massimo ottenibili con il qSOFA si va ad aggiungere un quarto punto in caso la concentrazione sierica dei lattati sia pari o supe-riore a 2mmol/l non `e riuscito a superare il SOFA score in quanto a capacit`a di discriminazione dei pazienti settici a maggior rischio di esito infausto [15]. Le tesi sostenute da questi autori si riallacciano in parte a quelle di Raith e dei suoi colleghi australiani e neozelandesi, i quali soltanto pochi mesi pri-ma avevano dimostrato come la presenza di un punteggio SOFA superiore o uguale a due abbia un potere prognostico di gran lunga superiore rispetto ai criteri SIRS e al quick SOFA per la mortalit`a intra- ospedaliera di pazienti ricoverati in terapia intensiva con un sospetto di infezione [16].

Forti del consenso e delle conferme ai loro risultati gi`a presenti in letteratura, gli autori thailandesi ribadiscono l’importanza dell’utilizzo del SOFA score come strumento di screening e monitoraggio dei soggetti sottoposti a cure di tipo intensivo a causa di una sospetta infezione [15], confermando in questo modo quanto suggerito dagli stessi esperti della “Sepsis- 3” [2].

Si rende tuttavia necessario ricordare che questo studio `e stato condotto esclusivamente su pazienti inviati in un’unit`a di terapia intensiva, per cui le conclusioni cui `e giunto non possono essere immediatamente estese al di fuori di tale contesto. `E infatti possibile che il potere predittivo per la mortalit`a intra- ospedaliera del SOFA score (cos`ı come quella del quick SOFA) sia tanto maggiore quanto pi`u critiche sono le condizioni del malato: di conseguenza, la sua validit`a quale fattore prognostico in terapia intensiva non implica ne-cessariamente una analoga accuratezza ed utilit`a in un reparto differente [2]. Prima di estendere l’applicabilit`a del SOFA score ad una cerchia pi`u vasta di unit`a di degenza, occorrevano ulteriori indagini e ricerche mirate; `e stata forse questa consapevolezza a spingere Freund ed altri medici statunitensi ad ideare un progetto di pi`u ampio respiro, che includesse tutti i pazienti recatisi in ospedale per un sospetto di infezione e non soltanto quelli destinati alle cure intensivistiche. Il loro studio ha annoverato 879 pazienti con sospetta infezione e sintomi sistemici o alterazione dei parametri vitali presentatisi al Dipartimento di Emergenza ed Accettazione di diversi ospedali francesi, spagnoli, belgi e svizzeri nei mesi di maggio e giugno 2016. In questo modo, si `e riusciti a dimostrare che il SOFA ed il quick SOFA score sono, rispetto ai

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vecchi criteri diagnostici di sepsi e sepsi severa, dotati di un pi`u elevato pote-re ppote-redittivo di mortalit`a intra- ospedaliera, necessit`a di ricovero in un’unit`a di terapia intensiva e permanenza in quest’ultima per pi`u di 72 ore [4]. Que-sto risultato si pone in linea con quanto provato da due studi retrospettivi pubblicati all’incirca nel medesimo periodo, in cui il quick SOFA risultava essere uno strumento affidabile per discernere i pazienti settici destinati al decesso o al ricovero in terapia intensiva [17] [18].

Come gi`a discusso in precedenza, Freund ed i suoi colleghi hanno consta-tato come la combinazione fra il rilievo di un valore anomalo dei lattati all’emogasanalisi e il calcolo del quick SOFA non migliori in alcun modo la capacit`a di quest’ultimo di individuare i soggetti settici che andranno succes-sivamente incontro a decesso. Rispetto ai lavori precedenti, questo presenta l’indubitabile vantaggio di essere prospettico e multicentrico, addirittura in-ternazionale: questo, tuttavia, non `e riuscito ad impedire che alcuni dei dati di laboratorio utili al calcolo del SOFA risultassero irreperibili, ragion per cui questo potrebbe non essere stato preciso ed accurato per tutti i pazienti. Lo studio presenta poi altri due limiti, forse ancora pi`u importanti: innan-zitutto, considera soltanto la mortalit`a intra- ospedaliera e non quella a do-micilio nei giorni immediatamente successivi la dimissione; in secondo luogo, ai fini dell’analisi statistica, ha scelto il punteggio pi`u alto del quick SOFA mai registrato nel corso del ricovero, e non quello calcolato al momento del-l’ammissione al dipartimento di emergenza ed accettazione. Quest’ultimo punto risulta particolarmente cruciale: dal momento in cui il quick SOFA pu`o cambiare repentinamente nel volgere di poche ore, il risultato ottenuto da Freund e dai suoi colleghi pare suggerire la necessit`a di un attento mo-nitoraggio della frequenza respiratoria, della pressione arteriosa e dello stato di coscienza del paziente nel corso dell’intero ricovero, ma non ne autorizza l’impiego al momento del triage quale strumento di screening dei pazienti infetti in maggior pericolo di vita o pi`u suscettibili allo sviluppo successivo di complicanze [4].

Un secondo lavoro ha tentato di mettere alla prova il quick SOFA al di fuori di un contesto intensivistico, con apparenti buoni risultati. Finkelsztein ed i suoi collaboratori hanno infatti provato che, se paragonato ai criteri SIRS, il quick SOFA risulta avere un potere predittivo significativamente pi`u alto per quanto riguarda la mortalit`a intra- ospedaliera e la durata della degenza in terapia intensiva, anche se un discorso analogo non vale per la durata della ventilazione meccanica e della alterazione funzionale dei vari organi.

Questa indagine, tuttavia, presenta due importanti limiti, che ne riducono drasticamente la potenza statistica e la validit`a scientifica: in primis, `e stata condotta su una popolazione piuttosto esigua, composta di soli 152 pazienti con sospetto di infezione definito clinicamente, in base ai sintomi/ segni, ai

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reperti radiologici e di laboratorio, e alla conseguente somministrazione di una terapia antibiotica. In seconda istanza, al pari dello studio thailandese, ha coinvolto solo soggetti in condizioni critiche e di elevata complessit`a: tut-ti sono infattut-ti finitut-ti in UTI, seppur in tempi diversi (il 67% entro 24 ore, i rimanenti in un momento successivo) [19].

Sebbene inficiate da alcune pecche e lacune, le analisi ora riportate pare-vano piuttosto incoraggianti e lasciapare-vano spazio alla speranza che i risultati ottenuti potessero essere a breve confermati da studi prospettici condotti su pi`u larga scala. Nel corso degli ultimi due anni, invece, una serie di osser-vazioni sperimentali e meta- analisi ha contribuito a restringere sempre pi`u l’utilit`a del quick SOFA nell’ambito del complesso processo diagnostico- te-rapeutico del paziente affetto da sepsi.

Askim ed i suoi colleghi sono stati fra i primi ad insediare qualche dubbio, fondato su solide evidenze sperimentali, circa la reale efficacia del quick SO-FA quale fattore prognostico in caso di sepsi. Il loro studio, prospettico, ha arruolato 662 soggetti di et`a superiore ai 16 anni ammessi con la diagnosi di sepsi al dipartimento di emergenza ed accettazione di un ospedale universi-tario norvegese nel periodo compreso fra il 1 gennaio ed il 31 dicembre del 2012. Quali misure di outcome, si sono scelte l’insorgenza di una sepsi severa nel corso della degenza, oltre che la mortalit`a a 7 giorni e quella a 30 giorni dal momento dell’ingresso in ospedale. Considerati l’intervallo di tempo uti-lizzato per l’arruolamento dei pazienti e lo stesso uso del termine di “sepsi severa”, si comprende come le diagnosi siano state poste coerentemente con le definizioni della “Sepsis- 2”.

Sono due le conclusioni cruciali cui questo progetto ha condotto i suoi idea-tori: innanzitutto, il quick SOFA rappresenta uno strumento dotato di una bassissima sensibilit`a per la diagnosi di sepsi; soltanto un numero esiguo dei pazienti diagnosticati come settici, infatti, soddisfa gi`a al momento del triage due dei tre criteri che lo compongono [20].

Questa discrepanza `e probabilmente almeno in parte imputabile alla diversa concezione alla base delle definizioni di sepsi date nel 2001 e nel 2016, e, da sola, non ha certamente la pretesa di negare qualsivoglia utilit`a del quick SOFA in quel complesso campo che `e il riconoscimento precoce di una pato-logia potenzialmente fatale. Se si accetta e si `e consapevoli della mancanza di chiarezza circa cosa realmente la sepsi sia, e ci si focalizza sul tentativo di individuare, fra tutti i pazienti infetti, quelli in maggiore pericolo di vita, allora avere a disposizione un sistema economico, semplice e veloce, ma allo stesso tempo in grado di selezionare i soggetti a rischio di evoluzione infausta potrebbe rivelarsi estremamente utile. Il problema risiede nel fatto che, se-condo gli autori, il quick SOFA manca di questo sese-condo, cruciale requisito:

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il loro lavoro ha infatti dimostrato che la sua capacit`a predittiva degli eventi sopraddetti (sviluppo di sepsi severa, mortalit`a a 7 e a 30 giorni) `e piuttosto basso, oltre che significativamente inferiore rispetto a quello dei criteri della SIRS [20].

Questi risultati trovano una conferma ed un sostegno nelle conclusioni cui sono giunti, mediante uno studio del tutto indipendente effettuato nei dipar-timenti di emergenza ed accettazione australiani, Williams ed i suoi collabo-ratori. Questi ultimi hanno infatti concluso come il quick SOFA rappresenti uno strumento altamente specifico, ma poco sensibile, per la diagnosi di sep-si.

Rispetto ai nuovi indici proposti dalla Sepsis- 3, i criteri della SIRS risultano pi`u sensibili nell’individuazione del danno d’organo e capaci di identificare meglio i pazienti in cui la sopravvivenza `e messa maggiormente a rischio; secondo gli autori, il SOFA score potrebbe essere rivisto e ricalibrato in ma-niera tale da fornire informazioni pi`u accurate circa la tipologia di danno tissutale presente ed il numero di organi coinvolti nel processo infettivo [21]. Quest’ultima affermazione si discosta in parte dalla tesi sostenuta da un altro lavoro pubblicato lo stesso anno da un gruppo di medici scandinavi: l’analisi, condotta su 866 pazienti con infezione sospetta o accertata dopo il triage, ha infatti dimostrato come sia i criteri SIRS per la sepsi e la sepsi severa sia il quick SOFA costituiscano indicatori sub ottimali e limitati della gravit`a delle condizioni del paziente; tutti e tre possiedono un potere predittivo piuttosto scarso di evoluzione infausta della patologia, valutata in termini di mortalit`a a 48 ore, necessit`a di ricovero in un’unit`a di terapia intensiva e permanenza in quest’ultima per un periodo superiore a 3 giorni [22].

Il confronto fra i criteri SIRS ed il quick SOFA rappresenta il tema e l’obiettivo principale di altri due studi di coorte, uno portato a termine a Singapore e l’altro a Chicago, pubblicati nel 2017 rispettivamente su Jour-nal of Critical Care e su American JourJour-nal of respiratory and critical care medicine. In questi ultimi due lavori, tuttavia, viene aggiunto un terzo ter-mine di paragone, rappresentato dai cosiddetti Early Warning Scores (EWS), strumenti di allerta rapidi che tengono in considerazione diversi aspetti: pa-rametri vitali quali la frequenza respiratoria e cardiaca, la pressione arteriosa sistolica, la temperatura corporea, la saturazione d’ossigeno; il livello di co-scienza e l’eventuale necessit`a di ossigenoterapia [23] [24].

Il primo, opera di Siddiqui e dei suoi collaboratori, ha analizzato un gruppo piuttosto ristretto di pazienti: 58 soggetti ricoverati in UTI con un sospetto di sepsi. Esso ha concluso come tutti e tre i parametri sopraddetti, ovvero l’Early Warning Score, i criteri SIRS ed il quick SOFA, calcolati sulla base dei parametri e dati di laboratorio ottenuti prima dell’ingresso in UTI,

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cor-relino con la mortalit`a intra- ospedaliera ed una maggiore lunghezza della degenza in terapia intensiva, ma il primo possa vantare, rispetto agli altri due, un potere predittivo significativamente superiore per quanto riguarda gli eventi considerati. Questo lavoro, pur sottolineando e facendo emerge-re la pemerge-resenza di sistemi di valutazione prognostica pi`u affidabili rispetto a quelli proposti dai tre consensus conference sulla sepsi, in effetti non demo-lisce completamente il ruolo del quick SOFA quale fattore predittivo di un outcome sfavorevole in corso di sepsi. Va tuttavia tenuto presente che esso presenta due importanti limiti: innanzitutto fa affidamento su una casistica di popolazione estremamente esigua, ragion per cui la sua potenza statistica `

e piuttosto bassa e certamente inferiore a quella degli studi citati prima. In secondo luogo, come gi`a osservato nei paragrafi precedenti a proposito delle indagini di Khwannimit e Finkelstzein [15] [19], si `e concentrato unicamente su soggetti critici, sottoposti a cure intensivistiche: ci`o significa che le con-clusioni cui giunge sono applicabili unicamente in questo contesto specifico, e non estendibili al di fuori di esso [23].

Questo limite `e stato superato dal secondo degli studi cui si accennava, il quale ha incluso pi`u di 30.000 pazienti ammessi in un dipartimento di emer-genza ed accettazione con il sospetto di infezione. L’obiettivo degli autori era il medesimo di Siddiqui e dei suoi collaboratori: confrontare fra loro il SOFA, il quick SOFA ed i sistemi di allerta rapida (Modified Early Warning Score e National Early Warning Score, abbreviati con gli acronimi MEWS e NEWS rispettivamente), calcolati al momento dell’accesso in ospedale, in modo tale da comprendere quale di questi fosse dotato del maggior potere prognostico in caso di infezione. L’analisi statistica portata a termine ha permesso di concludere come, rispetto a SOFA e quick SOFA, i sistemi di allerta rapidi (MEWS e NEWS) siano associati in maniera significativamente pi`u stretta sia alla mortalit`a intra- ospedaliera sia alla necessit`a di ricovero in un’unit`a di terapia intensiva.

In effetti, solo un quinto dei pazienti andati incontro a decesso o trasferiti in UTI aveva un quick SOFA positivo al momento dell’ingresso al dipartimento di emergenza ed accettazione. Inoltre, la maggioranza dei soggetti non so-pravvissuti e/o ricoverati in terapia intensiva aveva soddisfatto almeno due dei criteri della SIRS pi`u di 17 ore prima della precipitazione della situazio-ne, mentre pi`u della met`a di essi aveva ancora un quick SOFA negativo al momento del verificarsi dell’evento cruciale.

Nel complesso, simili dati sembrano suggerire che neppure uno stretto mo-nitoraggio del quick SOFA in seguito all’inizio di un opportuno trattamento sia capace di prevedere in maniera accurata l’evoluzione dell’infezione, n´e di allertare i medici e gli infermieri circa l’imminenza di un rapido peggioramen-to delle condizioni generali del malapeggioramen-to [24]. Quest’ultimo lavoro, per quanpeggioramen-to

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retrospettivo e interamente svolto all’interno di un solo ospedale statuniten-se, pu`o vantare una numerosit`a campionaria invidiabile e sembra poggiare su solide basi statistiche. Di conseguenza, le conclusioni cui `e giunto parevano lasciare ben poco spazio per un proficuo impiego del quick SOFA da parte del personale medico- infermieristico quale semplice strumento di stratificazione prognostica del paziente con sospetta infezione al momento del triage.

Animati dalla volont`a di portare un po’ di chiarezza in un quadro tanto composito ed apparentemente contraddittorio, Serafim ed i suoi colleghi han-no ultimato un lavoro di meta- analisi riunendo 10 differenti studi, pubblicati fra il 23 febbraio 2016 ed il 30 giugno 2017, accomunati dal medesimo razio-nale: confrontare i criteri della SIRS ed il quick SOFA in termini di utilit`a ai fini diagnostici e prognostici in caso di sospetta sepsi. Pi`u in particolare, sono state innanzitutto calcolate la sensibilit`a e la specificit`a dei due metodi nel porre diagnosi di sepsi, ed in secondo luogo `e stata stimata la loro capacit`a predittiva di diversi eventi: mortalit`a intra- ospedaliera, necessit`a di ricovero in ospedale e di trasferimento in un reparto di terapia intensiva, e lunghezza complessiva della degenza. La revisione della letteratura cos`ı effettuata ha permesso di concludere che i criteri SIRS sono di gran lunga pi`u affidabili rispetto al quick SOFA nell’identificare correttamente i soggetti affetti da sepsi, mentre il secondo possiede un potere predittivo per la mortalit`a solo lievemente superiore al primo, per una differenza fra i due che non raggiunge la significativit`a statistica [25].

Inoltre, dal momento in cui, come dimostrato in precedenza, il quick SOFA rappresenta un buon predittore di mortalit`a all’interno delle terapie inten-sive [15] [19], la cospicua presenza, all’interno del campione analizzato, di soggetti ricoverati in tale reparto, potrebbe aver influito sull’esito delle ana-lisi, sovrastimando la capacit`a del quick SOFA di individuare, fra tutti i pazienti infetti, quelli in maggior pericolo di vita. Tenendo conto di simili risultati, sarebbe pertanto auspicabile un’associazione fra questi due criteri, al fine di creare un modello adeguato a fornire istruzioni precise riguardan-ti il momento pi`u opportuno per iniziare e per interrompere la terapia nei pazienti settici. I parametri della SIRS, molto sensibili, potrebbero essere utilizzati in prima battuta per individuare tutti i pazienti infetti con una compromissione d’organo, mentre il quick SOFA sarebbe pi`u utile in tempi successivi, per riconoscere i casi di malattia a prognosi migliore. Se efficace e valido, un simile approccio risulterebbe di cruciale importanza nella pratica clinica, in quanto capace innanzitutto di non trascurare soggetti affetti da una condizione clinica potenzialmente pericolosa per la sopravvivenza, ed in seconda istanza di evitare un uso eccessivo ed inappropriato di antibiotici nelle situazioni pi`u lievi, con conseguente risparmio in termini non soltanto

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schiettamente economici, ma anche di tossicit`a farmacologica ed insorgenza di resistenze multiple nei confronti delle molecole ad oggi disponibili [25].

Mentre da un lato i tentativi di fornire un solido supporto scientifico e sperimentale alle speranze, alle indicazioni ed ai nuovi criteri diagnostici for-niti dal terzo consensus conference internazionale sulla sepsi si risolvevano, di fatto, in un netto e inesorabile ridimensionamento del ruolo e della po-tenziale utilit`a del quick SOFA al di fuori di un contesto quale la terapia intensiva, dall’altro alcuni manifestavano apertamente il proprio scetticismo nei confronti del radicale cambiamento operato in tale ambito nel 2016.

1.3

Critiche mosse alla ”Sepsis- 3”

Sono due gli articoli principali scritti esplicitamente con l’intento di prende-re nette distanze ed esprimeprende-re un risoluto dissenso nei confronti di quanto concluso nel corso della Terza Assemblea Internazionale sulla Sepsi (“Sepsis-3”); entrambi americani, si sono rivelati piuttosto critici e decisi, per quanto ragionevoli, nelle loro posizioni [26] [27].

Il primo `e stato pubblicato su Chest nel maggio 2016, a pochi mesi di distanza dalla Consensus Conference della Society of Critical Care Medicine e dell’European Society of Intensive Care Medicine; esso `e opera dell’Ameri-can College of Chest Physicians (ACCP), che aveva partecipato alla stesura delle precedenti definizioni di sepsi, nel 1991 e nel 2001 [26].

La prima contestazione avanzata alle conclusioni tratte dalla terza Consensus Conference riguarda l’eliminazione del concetto di “sepsi severa” e, pi`u spe-cificatamente, la negazione dell’esistenza di un processo continuo che dalla sepsi porta allo shock settico attraversando stadi progressivamente maggiori di gravit`a clinica. Sebbene imperfetto, tale concetto si era rivelato fino ad allora molto utile nella pratica clinica per impostare correttamente la terapia e distinguere condizioni diverse, gravate da un tasso crescente di complicanze ed esito infausto [28] [29]; l’adozione di misure interventistiche precise dirette contro ciascuna di esse aveva inoltre portato ad una sensibile riduzione della mortalit`a ospedaliera nel corso degli anni precedenti [30] [31].

Il timore, implicito, degli autori dell’articolo `e da ricercarsi nella possibilit`a che, una volta eliminata la categoria di “sepsi severa”, si generi una certa confusione e sia pi`u difficile identificare, fra tutti i pazienti settici, quelli in maggiore pericolo di vita, che necessiterebbero di un monitoraggio pi`u at-tento e di un approccio terapeutico pi`u aggressivo. Dal momento in cui la fisiopatologia della sepsi non `e ancora chiara e conosciuta con esattezza,

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mo-dificare cos`ı radicalmente i concetti sanciti in precedenza senza una solida base scientifica e finire magari per trattare tutti i soggetti categorizzati come “settici” allo stesso modo, senza alcun riguardo particolare per quelli in con-dizioni pi`u critiche, potrebbe costituire solo un rischio e mettere a repentaglio vite umane [26].

Il secondo punto di disaccordo individuato dai clinici americani `e rap-presentato proprio dall’adozione, nella pratica clinica, del SOFA score e del quick SOFA. L’assemblea dei 19 membri della Sepsis- 3 aveva giustificato la propria scelta sulla base di studi che avevano retrospettivamente dimostrato come questi fossero dotati di un miglior potere predittivo nei confronti di eventi critici (mortalit`a intra- ospedaliera e necessit`a di ricovero in terapia intensiva per pi`u di 72 ore) rispetto ai criteri SIRS [2]. Tale conclusione `e incontestabile ed inoppugnabile, ma, se la si osserva da un punto di vista dif-ferente, si capisce come i nuovi criteri siano pi`u specifici (e non pi`u sensibili) rispetto a quelli vecchi: questo significa che essi presentano l’indubitabile vantaggio di etichettare come “settici” un numero inferiore di pazienti con un’infezione non complicata, ma, allo stesso tempo, potrebbero non essere in grado di riconoscere abbastanza in fretta una condizione potenzialmente fatale. In altri termini, abbandonare i criteri SIRS, molto sensibili ma poco specifici, a favore di altri strumenti dotati di maggiore specificit`a ma peggiori in termini di sensibilit`a, pare una tattica poco ragionevole e forse addirittura un po’ azzardata, in una patologia tempo- dipendente come la sepsi, in cui il sospetto e la diagnosi precoce si rivelano cruciali per consentire un tratta-mento adeguato e migliorare la sopravvivenza dei pazienti.

A proposito dell’adozione del SOFA score al posto dei criteri SIRS quale si-stema di valutazione del danno d’organo, gli autori americani sostengono che questa rappresenti una scelta poco sensata anche per un altro motivo: men-tre i criteri SIRS sono ben conosciuti e diffusi nella pratica clinica, il SOFA score `e utilizzato esclusivamente nelle terapie intensive e quindi meno noto, per cui un simile cambiamento potrebbe spiazzare e mettere in difficolt`a al-cuni medici [26]. Data la semplicit`a di calcolo del SOFA score, tuttavia, tale ragionamento pare debole e vagamente forzato.

Pi`u forte e strutturata `e invece l’ultima critica mossa all’approccio adottato nel corso della terza conferenza sulla sepsi: questa ha infatti voluto creare una drammatica frattura con il passato, rivoluzionando completamente i con-cetti definiti in precedenza ed annullando quasi venticinque anni di tentativi di perfezionamento della strategia terapeutica pi`u adatta in corso di infezioni complicate. Restituendo nuovi strumenti diagnostici la cui efficacia era stata provata solo su studi retrospettivi, si `e aperta la strada ad anni di ricerca volta esclusivamente alla validazione di questi stessi criteri. Gli autori

Figura

Tabella 1.1: Sistema PIRO
Tabella 1.2: SOFA score
Tabella 1.4: NEWS e risposta clinica
Tabella 3.1: Punteggi attribuiti dal CCI per ciascuna voce
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Riferimenti

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