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La definizione di sovraindebitamento nel codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: cosa resta e cosa cambia

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Academic year: 2021

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LA DEFINIZIONE DI SOVRAINDEBITAMENTO NEL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA: COSA RESTA E COSA CAMBIA

di

ENZA PELLECCHIA

(Professoressa nell’Università di Pisa)

Sommario: 1. Le novità del codice: cenni e delimitazione del campo di indagine. La

definizione di sovraindebitamento di cui all’art. 2 lett. c) – 2. Storia di una nozione: il differente trattamento dell’insolvenza civile e commerciale – 3. Dall’insolvenza al sovraindebitamento nella l. 3/2012: una questione non meramente terminologica – 4. Dal sovraindebitamento all’insolvenza (e alla crisi) nel codice della crisi e dell’insolvenza: conferma dell’esistente o prospettiva nuova? – 5. Prevenzione del sovraindebitamento e comportamenti delle parti. Ovvero: dove codice civile e codice della crisi si incontrano (e non si scontrano)

1. Le novità del codice: cenni e delimitazione del campo di indagine. La definizione di sovraindebitamento di cui all’art. 2 lett. c)

Il piano di riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza -avviato con l’istituzione, nel gennaio 2015, di apposita “commissione per l’elaborazione di proposte di interventi di riforma, ricognizione e riordino della disciplina delle procedure concorsuali” (c.d. commissione Rordorf)1 - è culminato (per il momento)2 con l'emanazione

del D.Lgs. n. 14/2019, che ha dato vita al Codice della crisi d'impresa e dell’insolvenza (Cci)3.

1 Alla “Rordorf 1” ha fatto seguito una “Rordorf bis” nominata il 5 ottobre 2017 con decreto del Ministero della

Giustizia per elaborare gli schemi dei decreti attuativi in termini rapidissimi (entro il 10 gennaio 2018, ma con sollecitazione a chiudere i lavori entro Natale 2017), stante l’imminente scioglimento delle Camere.

2 La possibilità di una “riforma della riforma” è già prospettata dalla legge 8 marzo 2019, n. 20, recante la

Delega al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, di cui alla legge 19 ottobre 2017, n. 155. Detto provvedimento stabilisce, all’art. 1, che «Il Governo, con la procedura indicata al comma 3 dell'articolo 1 della legge 19 ottobre 2017, n. 155, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui alla medesima legge n. 155 del 2017 e nel rispetto dei principi e criteri direttivi da essa fissati, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi».

3 Il Codice entrerà in vigore – dopo una vacatio particolarmente lunga, giustificata dalla complessità e vastità

della riforma - il 15 agosto 2020, per consentire ai destinatari della nuova disciplina di adottare le necessarie misure organizzative e di studiare adeguatamente il nuovo testo. Alcune disposizioni, però, sono già entrate in vigore il 16 marzo 2019: ad esempio l’art. 356, che istituisce l’Albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria a svolgere le funzioni di gestione e di controllo nelle procedure di risoluzione della crisi e dell’insolvenza; oppure l’art. 375, che impone all’impresa – che operi in forma societaria o collettiva – il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni

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Il codice4 esprime, nel suo complesso, un approccio al tema dell’insolvenza molto diverso dalla “legge fallimentare”, che è entrato in maniera graduale nel nostro sistema (si vedano gli interventi di riforma degli anni 2005-2006)5, anche su sollecitazione della

Raccomandazione 2014/135/UE6. La scomparsa delle parole “fallito” e “fallimento” – con il

carico di stigma sociale e giudizio di riprovevolezza che le accompagnava – certifica definitivamente “il fallimento del fallimento”7 ed esprime in maniera esemplare il cambio di

prospettiva e lo spostamento verso una cultura del risanamento e della emersione tempestiva della crisi8.

Le novità del codice sono numerose: molte di esse sono positive, ma non mancano le criticità9.

dell’impresa, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

4 Sul nuovo CCI, si possono segnalare, senza pretese di completezza: FAUCEGLIA, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2019; SANZO-BURRONI (a cura di), Il nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, Bologna, 2019; DELLA ROCCA-GRIECO, Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Primo commento al d. lgs. n. 14/2019, Padova, 2019; JORIO, La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, in Dir. fall., 2019, I, 283ss.; BARONCINI, Le novità in materia di sovraindebitamento alla luce della L. 19 ottobre 2017, n. 155 e del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, in Dir. fall., 2019, I, p. 401ss.;

LO CASCIO, Il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza: considerazioni a prima lettura, in Fall., 2019, p. 263ss.; BARTALENA, Le azioni di responsabilità nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Fall., 2019, p. 298ss.; PAGNI, L’accesso alle procedure di regolazione nel codice della crisi e dell’insolvenza, in

Fall., 2019, p. 549ss.; ABRIANI-ROSSI, Nuova disciplina della crisi d’impresa e modificazioni del codice civile: prime letture, in Società, 2019, p. 393ss.

5 Il d.lgs. 9 gennaio 2006, n.5 – emanato in attuazione della delega contenuta nell’art. 1, commi 5 e 6 della l.

80/2005 – ha modificato la disciplina del fallimento ed abrogato l’amministrazione controllata. Il fatto che la riforma delle procedure concorsuali sia avvenuta in due tempi – l. 80/2005 e d.lgs. 5/2006 – ha reso meno organico l’intervento del legislatore, tanto più che non si è avuta una integrale “riscrittura” della disciplina bensì l’innesto di nuove regole sul tessuto preesistente. Tuttavia gli elementi di novità sono significativi e possono così riassumersi: restringimento dell’ambito di operatività delle procedure concorsuali (sia tramite la revisione del requisito soggettivo sia con la preclusione di procedure fallimentari per dissesti di modesta entità); semplificazione e accelerazione di ogni fase delle procedure; ridimensionamento del ruolo dell’autorità giudiziaria in favore di una promozione del ruolo attivo di debitore e creditori nella gestione della crisi; spiccata preferenza per tecniche di conservazione delle strutture produttive. Una sintetica ed efficace visione d’insieme in PORTALE, La legge fallimentare rinnovata: note introduttive (con postilla sulla disciplina

delle società di capitali), in Banca, borsa e tit. cred., 2007, I, p. 369ss.

6 Approccio ribadito anche dalla recente direttiva UE 2019/1023, riguardante i “quadri di ristrutturazione

preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione”. Per una prima lettura v. MAROTTA, L’armonizzazione

europea selle discipline nazionali in materia di insolvenza: lanuova direttiva europea riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, in ilcaso.it, http://blog.ilcaso.it/news_785/17-04-19/L %E2%80%99armonizzazione_europea_delle_discipline_nazionali_in_materia_di_insolvenza

7 BIANCO–MARCUCCI, Procedure fallimentari ed efficienza economica: valutazioni teoriche e riflessioni per l’economia italiana, in Banca Impresa e Società, 2001, p. 19ss., per una sintetica esposizione delle ragioni

per le quali procedure concorsuali ordinate ed efficaci svolgono un ruolo fondamentale nello stimolare la crescita e la competitività delle imprese, dal momento che le modalità con cui vengono gestite le crisi hanno effetti sulle aspettative e sui comportamenti sia dei soggetti che gestiscono le imprese sia di coloro che forniscono i mezzi finanziari.

8 Per una critica alla “cultura del risanamento” – soprattutto quando perseguita tramite concordati preventivi

con continuità aziendale – v. però D’ALESSANDRO, Efficienza e giustizia distribuiva nelle procedure

concorsuali, in Riv. Dir. comm., II, 2018, p. 383ss.

9 Già in sede di primi commenti si segnalano luci e ombre dell’imponente articolato normativo: cfr. ad

esempio G. TERRANOVA, Prime impressioni sul progetto di codice della crisi d’impresa, in Riv. Dir. comm., II, 2018, p. 387ss.; LAMANNA, Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (I), Milano, 2019, p.

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Senz’altro positiva è la razionalizzazione dell’intero sistema, perseguita attraverso l’elaborazione di principi generali, la considerazione in chiave unitaria dell’insolvenza civile e commerciale, la riunificazione dei diversi procedimenti per l’apertura delle singole procedure10, l’armonizzazione del sistema delle impugnazioni, il coordinamento tra

disciplina concorsuale e disciplina societaria11, l’attenzione alla tutela dell’occupazione. Tra

le innovazioni più significative (e anche controverse) vanno certamente segnalate l’introduzione delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, il ridimensionamento delle ipotesi di prededuzione e la riduzione della durata massima delle procedure concorsuali, l’impulso alla esdebitazione. Ma non possono tacersi lacune – alcune, come la mancata considerazione della disciplina dell’amministrazione straordinaria, così gravi da rischiare di compromettere la razionalità del disegno complessivo – né si può omettere di denunciare gli interventi modificativi (alcuni assai pesanti, come l’eliminazione di tutta la disciplina relativa all’istituzione dei tribunali dotati di competenza concorsuale territorialmente estesa a più circondari al fine di garantire una maggiore specializzazione dei giudici delegati12, e, ancora, l’eliminazione della innovativa

e rigorosa disciplina calmieratrice dei costi professionali e di consulenza) operati dall’Ufficio legislativo del Ministero di Giustizia dopo la fine dei lavori della Commissione13.

La riforma ha investito anche le procedure per la composizione delle crisi da sovraindebitamento, introdotte nel nostro ordinamento con la l. 3/201214 e articolate, com’è

9ss., chiama in causa anche la mancata predisposizione, da parte del Ministero, di regole interne di funzionamento della Commissione e di sintesi dei contributi dei vari componenti, nonché la mancata previsione di regole metodologiche di elaborazione dei testi, di sviluppo del processo decisionale per arrivare a soluzioni condivise o deliberate a maggioranza.

10 Ma v. MONTANARI, Profili processuali del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Nuove leggi civ. comm., 2019, p. …, secondo il quale non è stato centrato l’obiettivo della realizzazione di un

“contenitore processuale uniforme”, né c’è da dolersene.

11 V. al riguardo NIGRO, Il “diritto societario della crisi”: nuovi orizzonti?, in Riv. Soc., 2018, p. 1207ss., che

segnala il mutamento di atteggiamento del legislatore italiano rispetto alle specificità della crisi delle società, con il passaggio da un sostanziale disinteresse ad una particolare attenzione.

12 Molto critico sul punto RORDORF, Prime osservazioni sul codice della crisi e dell’insolvenza, in Contratti,

2019, p. 132.

13 Particolarmente severo il giudizio di LAMANNA, op. cit., p. 21ss., il quale sottolinea che – al di là della

scortesia verso la Commissione, alla quale non sono state segnalate in corso d’opera le modifiche che il Ministero riteneva opportune, con conseguente inutile dispendio di lavoro – in alcuni casi si è trattato di vera e propria inattuazione della legge delega, voluta e consapevole.

14 La l. 3/2012 è a sua volta il punto di approdo di un percorso lungo, accidentato e a tratti paradossale, avviato nel 2001 da un progetto di legge depositato dall’Adiconsum presso il CNEL, ripreso e poi interrotto in sede di riforma della legge fallimentare, rilanciato nel 2008 all’interno di un disegno di legge per la riforma della disciplina dell’usura (c.d. disegno Centaro, dal nome del senatore proponente), bruscamente accelerato dal Governo alla fine del 2011 con ricorso alla decretazione d’urgenza, giunto infine a compimento con la parallela e ravvicinata approvazione non di uno bensì di due provvedimenti: la l. 27 gennaio 2012, n. 3, recante «disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento » e il d.l. 22 dicembre 2011, n. 212 « recante disposizioni urgenti in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile ». In sede di conversione in legge il decreto è stato prima interamente riscritto – con un emendamento presentato dal Governo che si traduceva nella introduzione di una specifica normativa sul sovraindebitamento del consumatore da

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noto, in tre procedure: l’accordo del debitore15, il piano del consumatore16 e la liquidazione del patrimonio17.

La l. 3/2012 fin dalla sua entrata in vigore è risultata complicata e a tratti farraginosa, ma soprattutto si è rivelata - alla prova dei fatti - scarsamente efficace e quindi poco utilizzata, nonostante la difficile congiuntura economica giustificasse aspettative di maggiore applicazione18.

Non sorprende, allora, leggere - nella relazione di accompagnamento allo schema di legge delega licenziato dalla commissione Rordorf - che la riforma del sovraindebitamento si rendeva necessaria per un duplice ordine di motivi. Anzitutto perché occorreva armonizzarla con le modifiche delle procedure di regolamentazione dell’insolvenza e della crisi di impresa, nell’ottica di una rivisitazione sistematica della complessiva disciplina che regola il fenomeno dell’insolvenza: “anche la regolazione del sovraindebitamento dovrebbe perciò rispondere a criteri generali il più possibile comuni alle altre procedure liquidatorie e conservative; ed è quindi necessario che essa faccia riferimento, come tutte le altre, ad un nucleo essenziale e comune di regole generali, da cui differenziarsi solo per gli aspetti che richiedono un indispensabile adattamento alle peculiarità della fattispecie”19. In secondo luogo, la necessità d’intervenire sul corpo normativo attuale derivava dalla

coordinare con la disciplina generale dettata dalla l. n. 3/12 per tutti i debitori non assoggettabili alle procedure concorsuali – e poi amputato della parte relativa al sovraindebitamento, riproposta – da ultimo – con l’art. 18 del d.l. n. 179 del 18 ottobre 2012 (c.d. decreto sviluppo bis), convertito (con modifiche) nella l. 17 dicembre 2012, n. 221.

15 L’accordo, proponibile da tutti i soggetti “non fallibili” e avente per oggetto la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti sulla base di un piano approvato da una maggioranza qualificata di creditori, è vincolante anche per i dissenzienti. Lo strumento previsto dalla iniziale versione della legge 3/2012 era un

accordo con i creditori, su proposta del debitore, sulla base di un piano di ristrutturazione dei debiti – redatto

con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi costituiti ad hoc da enti pubblici e iscritti in apposito registro – che assicurasse il regolare pagamento dei creditori non aderenti all’accordo e dei titolari di crediti privilegiati. In sede di riforma si è avuta una radicale trasformazione del procedimento in chiave concordataria, con estensione degli effetti dell’accordo di ristrutturazione concluso con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti complessivi pure ai creditori che non aderiscono alla proposta di accordo, e con possibilità di soddisfacimento non integrale anche dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca (allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni sui quali insiste la causa di prelazione, avuto riguardo al valore di mercato ad essi attribuibile). Sono state inoltre anticipate le misure di protezione del patrimonio del debitore, con il blocco delle procedure esecutive individuali già a partire dal deposito della proposta di accordo.

16 Il piano del consumatore prevede anch’esso la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti, ma

è riservato al solo debitore persona fisica che abbia assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta: prescinde da un accordo con i creditori, essendo soggetto solo all’omologazione da parte del giudice.

17 La liquidazione può essere proposta da tutti i debitori non fallibili e consiste - sulla falsariga della

liquidazione fallimentare - nella liquidazione di tutti i beni del debitore, compresi quelli sopravvenuti nei quattro anni successivi, ad eccezione dei beni aventi carattere personale: viene eseguita da un liquidatore con il ricorso a procedure competitive e, come il piano del consumatore, prescinde da un accordo con i creditori, in quanto è soggetta soltanto all’omologazione da parte del giudice.

18 Per una rassegna della giurisprudenza v. BATTAGLIA, La crisi da sovraindebitamento nella giurisprudenza: lo stato dell’arte, in Fall., 2018, p. 233ss.

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“quasi totale disapplicazione dell’istituto, che in Italia – a differenza che in altri paesi europei ed extraeuropei – non sembra ancora avere incontrato il favore degli operatori e dei soggetti destinatari, così fallendo il suo obiettivo di concorrere, attraverso la esdebitazione, alla ripresa dell’economia”20.

La Commissione aveva altresì richiamato l’attenzione sia sulla necessità di eliminare i costi superflui della procedura per renderla il più economica possibile (al fine di non ostacolarne l’accesso a coloro i quali hanno un patrimonio modesto o addirittura irrisorio), sia sull’esigenza di incrementare l’informazione circa la possibilità di avvalersi dell’istituto.

Semplificazione, implementazione dell’efficacia, riduzione dei costi, promozione e diffusione della conoscenza delle procedure sono state dunque le linee-guida specifiche (ulteriori rispetto a quelle generali volte a delineare un quadro organico di tutte le procedure in materia di crisi e di insolvenza) che hanno orientato la riforma del sovraindebitamento e che hanno ispirato l’art. 9 della l. 155/2017, dando vita ai seguenti principi e criteri direttivi: a) comprendere nella procedura i soci illimitatamente responsabili e individuare criteri di coordinamento nella gestione delle procedure per sovraindebitamento riguardanti più membri della stessa famiglia; b) disciplinare le soluzioni dirette a promuovere la continuazione dell'attività svolta dal debitore, nonchè le modalità della loro eventuale conversione nelle soluzioni liquidatorie, anche ad istanza del debitore, e consentendo, esclusivamente per il debitore-consumatore, solo la soluzione liquidatoria, con esclusione dell'esdebitazione, nel caso in cui la crisi o l'insolvenza derivino da colpa grave, malafede o frode del debitore; c) consentire al debitore meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno futura, di accedere all'esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l'obbligo di pagamento del debito entro quattro anni, laddove sopravvengano utilità; d) prevedere che il piano del consumatore possa comprendere anche la ristrutturazione dei crediti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno; e) prevedere che nella relazione dell'organismo di cui all'articolo 9, comma 3-bis, della legge 27 gennaio 2012, n. 3, sia indicato se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del richiedente, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l'importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita; f) precludere l'accesso alle procedure ai soggetti già esdebitati nei cinque anni precedenti la domanda o che abbiano beneficiato dell'esdebitazione per due volte, ovvero nei casi di frode accertata; g)

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introdurre misure protettive simili a quelle previste nel concordato preventivo, revocabili su istanza dei creditori, o anche d'ufficio in caso di atti in frode ai creditori; h) riconoscere l'iniziativa per l'apertura delle soluzioni liquidatorie, anche in pendenza di procedure esecutive individuali, ai creditori e, quando l'insolvenza riguardi l'imprenditore, al pubblico ministero; i) ammettere all'esdebitazione anche le persone giuridiche, su domanda e con procedura semplificata, purchè non ricorrano ipotesi di frode ai creditori o di volontario inadempimento del piano o dell'accordo; l) prevedere misure sanzionatorie, eventualmente di natura processuale con riguardo ai poteri di impugnativa e di opposizione, a carico del creditore che abbia colpevolmente contribuito all'aggravamento della situazione di indebitamento; m) attribuire anche ai creditori e al pubblico ministero l'iniziativa per la conversione in procedura liquidatoria, nei casi di frode o inadempimento.

Nell’esaminare la nuova disciplina del sovraindebitamento occorrerà naturalmente tenere conto del contesto in cui è inserita e dei principi generali enunciati nel capo II del titolo I, che delinea una cornice di regole di comportamento indirizzate ai “soggetti che partecipano alla regolazione della crisi o dell’insolvenza” (sez. I)21 e finalizzate allo svolgimento delle procedure secondo criteri di economicità (sez. II)22 e rapidità ed efficienza (sez. III)23. Pur con i suoi limiti, il Codice – nonostante autorevoli voci critiche

21 Doveri specifici – soprattutto obblighi di riservatezza sulle informazioni acquisite - sono previsti per i

componenti degli organismi e dei collegi preposti alle procedure di allerta e composizione assistita della crisi (art. 5, comma 1); criteri di trasparenza, rotazione ed efficienza devono essere rispettati nelle nomine dei professionisti da parte dell’autorità giudiziaria e degli organi da essa nominati (curatori, commissari, liquidatori: art. 5, comma 2), trasformando in “regola” le “buone prassi” verso cui molti tribunali si erano già orientati, in una graduale evoluzione in direzione del c.d. beauty contest: così LAMANNA, op. cit., p. 94, che segnala il fatto che il beauty contest – che realizza un meccanismo concorrenziale che porta i partecipanti a formulare la loro migliore proposta in termini di qualità dell’offerta legale e relativo costo – supera i limiti della tradizionale selezione basata esclusivamente su rapporti fiduciari, in qualche modo oggettivizzando e documentando le ragioni che hanno portato al conferimento di un incarico ad un professionista piuttosto che ad un altro.

22L’economicità delle procedure costituiva uno dei pilastri della legge delega, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett.l): “ridurre la durata e i costi delle procedure concorsuali, anche attraverso misure di responsabilizzazione degli organi di gestione e di contenimento delle ipotesi di prededuzione, con riguardo altresì ai compensi dei professionisti, al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l’attivo delle procedure”. L’economicità era coerentemente perseguita – nella bozza licenziata dalla Commissione Rordorf – attraverso una rigorosa e innovativa disciplina dei costi professionali e di consulenza, che stabiliva che i compensi complessivamente pattuiti per le prestazioni professionali e di consulenza rese a vario titolo dai professionisti e consulenti incaricati dal debitore in funzione o in occasione di una delle procedure disciplinate dal codice fossero proporzionalmente ripetibili nell’ambito delle procedure medesime e revocabili nella procedura di liquidazione giudiziale eventualmente aperta, per la parte eccedente gli importi per scaglioni indicati nel codice medesimo. Su questa parte della bozza è pesantemente intervenuto l’Ufficio legislativo del Ministero di Giustizia: nella versione finale dell’art. 6 rimane solo il ridimensionamento delle ipotesi di prededuzione.

23La realizzazione degli obiettivi di efficienza e rapidità delle procedure è affidata a principi di natura

prevalentemente processuale: riunione in caso di più domande e trattazione in via d’urgenza, con priorità (evidentemente ispirata alla “cultura del risanamento”) assegnata a quella diretta a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale o dalla liquidazione controllata (a condizione che nel piano sia espressamente indicata la convenienza per i creditori e che la domanda medesima non sia manifestamente inammissibile o infondata: art. 7); durata massima complessiva – 12 mesi – delle misure protettive (art. 8); inapplicabilità della sospensione feriale dei termini (art. 9 comma 1); obbligatorietà del

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sostengano trattarsi di mera novellazione24 piuttosto che di corpus normativo che accoglie

una nuova concezione dei rapporti tra individui e società25 - aspira ad una coerenza

interna e ad una impostazione sistematica che dovrebbero agevolare, in caso di dubbi o vuoti normativi, l’opera dell’interprete26, che era stata invece particolarmente difficile

rispetto ad alcune vistose lacune della legge 3/2012 (per esempio in ordine ai criteri di riparto delle somme derivanti dalla liquidazione dei beni del sovraindebitato ed alla possibilità di procedere a riparti parziali)27.

Nella sua nuova versione, la disciplina del sovraindebitamento va ricostruita28 individuando norme generali e norme specifiche ad essa riferibili29: all’art. 2 si trovano le

definizioni relative ai presupposti oggettivo e soggettivo di accesso (sovraindebitamento, impresa minore, consumatore); nel capo II sono disciplinati gli obblighi di tutti i soggetti che partecipano alla regolazione della crisi o dell’insolvenza; nel titolo IV - dedicato agli strumenti di regolazione della crisi - trovano collocazione sia le disposizioni di carattere generale relative alle sole procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (artt. 65 e 66), sia le due procedure lato sensu negoziali, cioè la ristrutturazione dei debiti del consumatore (artt. 67-73) e il concordato minore (artt. 74-83), che sostituisce l’attuale accordo di composizione della crisi. La liquidazione controllata - in luogo dell’attuale

patrocinio legale, salvo i casi espressamente esclusi (art. 9 comma 2); tempestività e celerità delle comunicazioni, da effettuare per via telematica (art. 10).

24 NIGRO, Osservazioni sul codice della crisi, cit., p. 446.

25 G. TERRANOVA, op. cit., p. 444, aggiunge che “un codice, per avere successo, oltre a rispecchiare i

modelli sociali propri dell’epoca in cui viene emanato (in questo caso, nell’ordine: economie agrarie, mercantili, industriali e finanziarie), deve anche aspirare a una qualche forma di armonica bellezza”.

26 Va peraltro segnalato che la via dell’applicazione analogica degli istituti era già stata indicata dalla Cassazione: cfr. ad es. Cass. 12 aprile 2018, n. 9087 secondo cui “dovrebbe prendersi atto che la sfera della concorsualità può essere oggi ipostaticamente rappresentata come una serie di cerchi concentrici, caratterizzati dal progressivo aumento dell’autonomia delle parti man mano che ci si allontana dal nucleo (la procedura fallimentare) fino all’orbita più esterna (gli accordi di ristrutturazione dei debiti), passando attraverso le altre procedure di livello intermedio, quali la liquidazione degli imprenditori non fallibili, le amministrazioni straordinarie, le liquidazioni coatte amministrative, il concordato fallimentare, il concordato preventivo, gli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento degli imprenditori non fallibili, gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari e le convenzioni di moratoria (…). Restano invece all’esterno di questo perimetro immaginario solo gli atti interni di autonoma ri-organizzazione dell’impresa, come i piani attestati di risanamento e gli accordi di natura esclusivamente stragiudiziale, che non richiedono nemmeno un intervento giudiziale di tipo meramente omologatorio”.

27 Con riguardo alla disciplina transitoria, l’art. 390 stabilisce che le domande di accesso alle procedure

depositate prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, sono regolate – come anche le procedure già pendenti – dalla l. 3/2012.

28 Critico LEUZZI, La liquidazione del patrimonio dei soggetti sovraindebitati fra presente e futuro, in ilcaso.it,

7, secondo il quale la nuova normativa mostra una funzionalità non eccelsa, poiché “non è intercalata unitariamente nell’ordito normativo, cosicchè si presta ad essere ricercata in tutta la sua articolazione lungo l’intero provvedimento, con riverberi opachi sul piano del coordinamento e dell’organicità” mentre “un accorpamento totalizzante delle regole di gestione delle crisi e delle insolvenze da sovraindebitamento avrebbe amalgamato in nuce il sistema”: http://www.ilcaso.it/articoli/cri.php?id_cont=1082.php

29 Per una valutazione moderatamente positiva v. VATTERMOLI, La disciplina del sovraindebitamento nel

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liquidazione del patrimonio – è regolata nel titolo V, negli artt. 268-277 in un apposito capo, il IX, in coda alla trattazione della liquidazione giudiziale. Il successivo capo X disciplina l’esdebitazione (sia nella liquidazione giudiziale che nella liquidazione controllata) e introduce la radicale novità della esdebitazione immediata del debitore incapiente.

Le novità - oltre all'appena richiamata esdebitazione dell'incapiente - non sono ovviamente limitate ad una ridenominazione delle procedure. Intanto, vengono definiti con maggiore chiarezza i requisiti soggettivi (e ampliati, con la considerazione del socio illimitatamente responsabile e una apertura - in verità solo sul piano del coordinamento processuale - per le c.d. procedure familiari). Vengono ridotte le opzioni a disposizione del consumatore (che non potrà proporre un concordato minore, salvo che nell’ambito di una procedura familiare in cui uno dei componenti sia professionista o imprenditore: in questo caso dovrà essere presentato un concordato minore per tutti i componenti della famiglia che intendono accedere alla procedura di composizione della crisi), ma ampliata la possibilità di accesso al piano di ristrutturazione, escludendola solo in presenza di condizioni ostative e non più subordinandola alla presenza di ulteriori requisiti positivi (la cd. meritevolezza del consumatore, recuperata - in un ruolo concreto a ben guardare assai residuale - solo ai fini dell’esdebitazione dell’incapiente)30. Alcune modifiche codificano (facendo opportunamente chiarezza) soluzioni giurisprudenziali formatesi in applicazione della l. 3/2012 (ad esempio la possibilità di falcidia in funzione di ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio e del trattamento di fine rapporto, oppure il rimborso alla scadenza convenuta delle rate del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore, sempre che esso fosse regolarmente adempiuto al momento di presentazione della domanda). Non è stata invece colta l’occasione per fare chiarezza sulla disciplina dell’esecuzione del piano di ristrutturazione e del concordato minore, così come nebuloso rimane lo statuto degli Organismi di composizione della crisi.

Quanto al sovraindebitamento – cui è dedicato in maniera specifica questo contributo -l’art. 2 lett. c) del codice della crisi lo definisce come “lo stato di crisi o di insolvenza del

30 CONCA, La gestione del sovraindebitamento, in Questione Giustizia, 2/2019, p. 281, considera più

apparente che reale il favor per la persona fisica sovraindebitata e incapiente, ove si consideri che anche l’esdebitazione “ordinaria” non è più vincolata ad una percentuale di soddisfacimento dei creditori ed è conseguibile con il solo decorso del tempo, ma soprattutto non è prevista una clausola come quella dell’art. 283, che impone la destinazione al soddisfacimento dei creditori delle utilità sopravvenute entro quattro anni in misura non inferiore al dieci per cento: con la conseguenza che una società di capitali – oggi ammessa anch’essa al beneficio dell’esdebitazione – può esdebitarsi prima, definitivamente e senza alcun vincolo sulle utilità sopravvenute e in assenza di alcuno scrutinio di meritevolezza, se non in termini meramente negativi (reati di bancarotta, insolvenza fraudolenta, ecc.)

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consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza”.

Il legislatore del codice ha dunque conservato la nozione di sovraindebitamento ma, diversamente da quello della l. 3/2012, ha rinunciato – opportunamente, secondo alcuni31 -a definire in m-anier-a -autonom-a il sovr-aindebit-amento, rinvi-ando -alle nozioni di insolvenz-a e di crisi di cui alle lett. a) e b) del medesimo art. 232.

La scelta è motivata nella Relazione affermando che “si è mantenuta la nozione di sovraindebitamento, ormai invalsa nell’uso comune (anche a livello del diritto euro-unitario), sia perché essa include tanto lo stato di crisi quanto quello di insolvenza, sia per evitare confusioni terminologiche sul piano penale, volendosi distinguere chiaramente la posizione dell’imprenditore insolvente, assoggettabile alla liquidazione giudiziale e quindi alle fattispecie delittuose di bancarotta, da quella dell’imprenditore sovraindebitato, assoggettabile alla liquidazione controllata, il quale invece non risponde di quei reati, in quanto titolare di un’impresa agricola o di un’impresa minore”.

Il sovraindebitamento, come presupposto oggettivo, si risolverebbe in apparenza in un mero rinvio alle nozioni di insolvenza e di crisi, rinominandole – come sovraindebitamento, appunto - allorchè riferibili ai soggetti di cui all’art. 2 lett.c), sicchè sembrerebbe avere, più che una funzione autonoma, una funzione servente rispetto al presupposto soggettivo e giustificata principalmente da un uso linguistico: in altre parole, alla crisi e all’insolvenza dei soggetti che in passato venivano definiti “non fallibili” (e che il codice, invece, individua principalmente “in positivo” e non più solo per esclusione) si attribuisce il nome

31 V. ad es. LEUZZI, La liquidazione del patrimonio dei soggetti sovraindebitati fra presente e futuro, in ilcaso.it, 25 (http://www.ilcaso.it/articoli/cri.php?id_cont=1082.php); PASQUARIELLO, Le procedure di

sovraindebitamento alla vigilia di una riforma, in Le nuove leggi civ. comm., 2018, p. 732ss. Per una

posizione critica rispetto alla sopravvivenza stessa di un’autonoma disciplina per le crisi da sovraindebitamento v. NIGRO, Osservazioni sul codice della crisi, in Riv. Dir. comm., 2018, II, p. 451, secondo il quale – in un’ottica di semplificazione – si sarebbe dovuto procedere ad un “accorpamento” nelle procedure tradizionali, eventualmente con la previsione di particolari misure per il debitore consumatore.

32 Per una valutazione positiva della nuova definizione v. DELLE MONACHE, Sovraindebitamento del “debitore civile” e riforma del diritto della crisi d'impresa, in giustiziacivile.com, 2/2019, p. 12, per la larghezza

con cui sono – a loro volta - definite le nozioni di stato di crisi e insolvenza, che presentano “la sostanza, in pratica, di altrettante clausole generali”, poichè “estremamente duttili e flessibili: dunque funzionali a sollecitare l'esercizio, da parte del giudice, di una discrezionalità piuttosto larga. Quella discrezionalità nel cui ambito sembra possano trovare posto, rispetto ai fenomeni di sovraindebitamento, anche valutazioni di meritevolezza su ulteriori profili (rispetto a quelli già scrutinabili) della condotta del debitore, valutazioni capaci eventualmente di condurre, se di esito negativo, ad una dichiarazione d'inammissibilità, in particolare, della proposta di composizione della crisi da lui avanzata”.

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“sovraindebitamento” perché ormai il termine è di uso corrente e per poter meglio comunicare anche in Europa, oltre che per evitare confusioni – ancora una volta terminologiche – sul piano penale, dove il sovraindebitato non risponde di una serie di reati33.

La questione – come si argomenterà – sembra invero assai più complessa e, soprattutto, più interessante: non siamo in presenza di una semplice continuità – un “aggiustamento” all’insegna della razionalizzazione terminologica – bensì di una progressione non riducibile ad un semplice gioco di rinvio spiegabile nei termini ”il sovraindebitamento è la crisi o l’insolvenza quando riguarda determinati soggetti”.

Per cogliere il senso di questa progressione – in cui ad ogni passaggio successivo si incrementa il livello di complessità e di novità delle questioni coinvolte, anche nel rapporto con le regole generali del rapporto obbligatorio – sarà utile ricostruire la “storia” della nozione di sovraindebitamento: una storia che muove dal differente trattamento dell’insolvenza civile e commerciale; prosegue – con la l. 3/2012 – con l’emersione, a fianco degli interessi dei creditori, anche dell’interesse del debitore sovraindebitato alla ristrutturazione dei debiti e all’esdebitazione; si arricchisce – nel codice della crisi – di sfumature nuove proprio per effetto delle definizioni di insolvenza e di crisi e, soprattutto, per il rilievo che nel disegno del codice assume la logica della prevenzione e della tempestiva emersione della crisi. Una logica declinabile non solo nell’ottica dei soggetti che svolgono attività d’impresa, ma di tutti i soggetti che possono utilizzare i diversi strumenti contemplati dal cci: una logica che molto può dire su quella fase che si colloca tra il già indebitamento e il non ancora sovraindebitamento, che è poi la zona dove il codice civile e il codice della crisi si incontrano.

2. Storia di una nozione: il differente trattamento dell’insolvenza civile e commerciale

Il sovraindebitamento è, in certa misura (ma non solo), il volto nuovo di un tema antico, vale a dire quello del differente trattamento dell’insolvenza del debitore civile e del debitore commerciale: il primo, soggetto alla disciplina delle procedure esecutive individuali, il secondo, ammesso alle procedure concorsuali34. Nell’ordinamento italiano il differente regime giuridico dell’insolvenza civile e commerciale si è consolidato passando attraverso i codici di commercio del 1882 e del 1865, per confluire successivamente nel codice civile

33 Cfr. LAMANNA, op. cit., p. 54, secondo il quale l’art. 2 focalizza l’attenzione sulla riferibilità soggettiva di

tale stato.

34 Per affinità e differenze tra procedure esecutive individuali e procedure concorsuali v. il chiaro quadro

delineato da A. NIGRO, La disciplina delle crisi patrimoniali delle imprese. Lineamenti generali, in Trattato di

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del 1942 (art. 2221 c.c.) ed approdare infine alla legge fallimentare dello stesso anno35, superando poi indenne sia il vaglio di costituzionalità36 sia le critiche anche autorevoli formulate rispetto alla scelta del nostro legislatore37, per lo più giustificata con argomentazioni che rinviano a ragioni di efficienza processuale (stante il maggior numero e la maggiore entità dei debiti dell’insolvente commerciale) e di salvaguardia del sistema economico (necessità di una celere eliminazione dell’impresa insolvente)38.

La dottrina rileva la presenza di punti di contatto tra l’insolvenza del codice civile39 e l’insolvenza della legge fallimentare, ma esclude che esse coincidano.

Mentre l’insolvenza civile esprime la sua essenza nel deterioramento della garanzia patrimoniale, l’insolvenza commerciale la esprime nella perdita del credito40, che ancora oggi rappresenta una sorta di “bocciatura da parte del mercato finanziario”41, che nega il credito allorché l’imprenditore non riesce a convincere i potenziali finanziatori della convenienza dell’operazione, nel rapporto tra livello di rischio e rendimento atteso.

All’originaria unità concettuale dell’insolvenza come dissesto patrimoniale42 ha dunque fatto seguito una differente disciplina degli effetti, che rispecchia la valutazione di differenti tipologie di rischio e di interessi43.

35 Per una ricostruzione storica v. SANTARELLI, voce Fallimento (storia del), in Digesto delle discipline privatistiche–Sez. comm., vol. V, Torino, 1990, p. 366ss.

36 Cfr. Corte cost. 16 giugno 1970, n. 94, in Foro it., 1970, I, 1857; v. anche Corte cost. 27 luglio 1982, n.

145, in Foro it., 1982, I, 3006.

37 In senso critico si sono espressi, ad esempio, VIDARI, Corso di diritto fallimentare, Milano, 1886, p. 90;

VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, I, Milano, 1902, p. 323ss.; A. ROCCO, Il fallimento. Teoria

generale ed origine storica, Milano, 1962 (ristampa), p. 95ss.

38 PORRECA, L’insolvenza civile, in Le riforme della legge fallimentare, a cura di A. Didone, t. 2, Torino,

2009, p. 2081ss.

39 Nel codice civile, l’insolvenza è menzionata in una pluralità di articoli e con significato non univoco, tanto

più che manca una definizione di insolvenza . Quella degli artt. 1186, 1461, 1626, 1833, 1868 e 1943 va tenuta distinta da quella cui fanno riferimento gli artt. 1274, 1299, 1313 e 1954: le regole del secondo gruppo riguardano situazioni già consumate ed esauritesi nell’inutile escussione del patrimonio del debitore (sicché più appropriato parrebbe il termine insolvibilità), mentre comune al primo gruppo di regole è un sopravvenuto mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore – sia pure variamente graduato – tale da mettere in pericolo il conseguimento della prestazione da parte del creditore.

40 BONELLI, Del fallimento, I, Vallardi, Milano, 1938–39, p. 7.

41 STANGHELLINI, Le crisi di impresa fra diritto ed economia. Le procedure di insolvenza , Bologna, 2007, p.

123.

42 Si presentano entrambe come situazioni di dissesto patrimoniale, ma è affermazione ricorrente che ai fini

del fallimento non sia necessaria una effettiva eccedenza del passivo rispetto all’attivo, assumendo invece rilevanza decisiva il fatto che il debitore sia costretto a ricorrere a mezzi anormali per far fronte ai propri impegni. Una situazione di “sbilancio economico” – cioè di squilibrio tra gli elementi attivi e passivi – sembrerebbe invece sufficiente, ad esempio, agli effetti della decadenza del debitore dal beneficio del termine.

43 Tale diversità viene per lo più argomentata richiamando quella che un’importante e risalente dottrina

riteneva essere la differenza tra garanzia dell’obbligazione commerciale e garanzia dell’obbligazione civile: “la guarentigia delle obbligazioni di un commerciante è principalmente nel credito personale di cui gode (…) mentre il credito del non commerciante è misurato dalla potenzialità di garanzia che offre il patrimonio”: MORTARA, Disposizioni generali sull’esecuzione forzata, in Commentario del codice e delle leggi di

procedura civile, vol. V, Milano, s.d., p. 10ss. V. inoltre SANTARELLI, Mercanti e società tra mercanti,

Torino, 1989, p. 61ss., per la ricostruzione del rapporto – nella società mercantile – tra mercatura, fiducia e credito: “il fallimento – che vanificava il credito e rendeva inutile e financo dannosa la fiducia che nel

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Il rischio preso in considerazione dal codice civile nelle norme in cui si fa riferimento all’insolvenza è l’incapienza della garanzia patrimoniale: l’obiettivo è rendere proficua l’esecuzione forzata. Il rischio preso in considerazione dall’art. 5 l. fall. è invece l’eventualità che il debitore alla scadenza non paghi.

Il dibattito che ha preceduto e accompagnato la “prima stagione” di riforma delle procedure concorsuali ha contribuito a riaprire la discussione circa la eventuale estensione di quelle procedure ai non imprenditori o la previsione di procedure apposite, e ha fatto al contempo risaltare la sopravvenuta iniquità dell’esclusione dei piccoli imprenditori dall’accesso alle procedure concorsuali, proprio in ragione della mutata filosofia di fondo emersa in quel contesto, con lo spostamento dalla concezione afflittiva e punitiva del fallimento alla attenzione sulla funzione di composizione e gestione delle crisi dell’impresa.

Rispetto ai debitori civili, in particolare, sono state avvertite in maniera crescente – in caso di indebitamenti plurimi – l’esigenza di concorsualità e l’inadeguatezza delle procedure esecutive individuali, per il loro potenziale stigmatizzante e per il loro livello di efficienza assai basso con riguardo alla capacità di consentire al creditore il soddisfacimento in via coattiva delle sue ragioni, sia in termini di tempi necessari sia in termini di percentuale di quanto recuperato.

La riflessione su vecchie e nuove questioni non è stata tuttavia infruttuosa e, unita al rapido peggioramento della situazione economica nazionale e internazionale, è sfociata nell’adozione della normativa in materia di sovraindebitamento44.

3. Dall’insolvenza al sovraindebitamento nella l. 3/2012: una questione non meramente terminologica

La l. 3/2012 sancisce il passaggio del sovraindebitamento dal lessico socio-economico a quello giuridico, fornendo la definizione di cui all’art. 6, comma 2: “si intende per sovraindebitamento una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.

Parte della dottrina ha rilevato che “sotto il profilo economico, i termini di ‘crisi’ e ‘sovraindebitamento’ tendono ad occupare un’area comune, ricoperta nel mondo giuridico

mercante poi fallito tutti avevano riposto – si palesava evento e comportamento che contraddiceva in radice le ragioni fondanti di quella società”.

44 Per i primi contributi monografici sul tema v. MODICA, Profili giuridici del sovraindebitamento, Napoli, 2012

e E. PELLECCHIA, Dall’insolvenza al sovraindebitamento. Interesse del debitore alla liberazione e

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dal termine maggiormente preciso di ‘insolvenza’”45. Altra dottrina ha individuato – nella nozione di “perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte” – una “visione statica delle condizioni economiche in cui versa il debitore (…), con la precisazione che quello da considerare, ai fini della procedura, è il ‘patrimonio prontamente liquidabile’, cioè quella parte di patrimonio che consentirebbe di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni”46: ma a questa visione statica – stante la “tendenza dell’ordinamento ad ampliare quanto più possibile il raggio d’azione della normativa” – si affianca la componente prospettica (tipica dell’insolvenza commerciale) dell’incapacità di adempiere con regolarità47.

Vero è che uno “sforzo ermeneutico volto a interpretare il significato delle espressioni adoperate dal legislatore” potrebbe essere superfluo, dal momento che “il motore” della procedura è l’iniziativa del debitore, che si autoqualifichi come sovraindebitato, né si vede ”la ragione di pretendere che il Tribunale svolga un rigoroso controllo sulla sussistenza dei presupposti – al di là di quello soggettivo (…) – rimanendo allo stesso comunque la decisione in sede di omologazione, alla luce degli altri elementi nel frattempo acquisiti”48. E tuttavia la nozione di sovraindebitamento – al di là dell’apparente sincretismo tra insolvenza civile e commerciale – ha disegnato un perimetro diverso sotto il profilo degli interessi tutelati e sotto il profilo della individuazione degli indici sintomatici della situazione di sovraindebitamento (rilevante difficoltà di adempiere e definitiva incapacità di adempiere regolarmente).

Insolvenza commerciale e insolvenza civile pur nella loro diversità (lo si è visto sopra) trovano un punto d’incontro nella preminenza attribuita dall’ordinamento agli interessi dei creditori. La crescita del fenomeno del sovraindebitamento – legata all’aumento della vulnerabilità economica dei soggetti per il concorrere di una molteplicità di fattori – impone un allargamento della prospettiva di indagine. Le questioni da affrontare nel complesso scenario del sovraindebitamento mal si prestano ad essere inquadrate nella logica – che sta a fondamento dell’insolvenza civile e commerciale – della esclusiva salvaguardia degli interessi dei creditori. Giustamente è stato detto che “la nozione di insolvenza tributa troppo, nei presupposti e negli esiti, alla logica interindividuale del singolo rapporto

45 DI MARZIO, Introduzione alle procedure concorsuali in rimedio del sovraindebitamento, in DI MARZIO,

MACARIO, TERRANOVA (a cura di), La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, Milano, 2013, p. 9.

46 MACARIO, Finalità e definizioni, in DI MARZIO, MACARIO, TERRANOVA (a cura di), La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, cit., p. 19.

47 MACARIO, op. loc. ult. cit. 48 MACARIO, op. ult. cit., p. 20.

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creditore/debitore su cui di volta in volta ricade, perché la si possa mutuare ove si abbia riguardo ai problemi del sovraindebitamento”49.

Il sovraindebitamento impone uno spostamento o quanto meno un ampliamento del punto di osservazione, con la considerazione – anche - dell’interesse del debitore.

La l. 3/2012 – pur con molte imperfezioni, ambiguità, incompletezze – ha sancito proprio l’emergere dell’interesse del debitore alla ristrutturazione dei debiti e lo ha collocato in relazione dialettica con un più ampio interesse generale alla soluzione delle situazioni di sovraindebitamento, anche in funzione del superamento della crisi economica.

La novità della l. 3/2012 sta principalmente nell’aver guardato alla condizione debitoria non in maniera atomistica ma nella prospettiva della pluralità dei rapporti che fanno capo al debitore: il dato quantitativo50 produce un cambiamento qualitativo che si traduce nell’evoluzione di un paradigma, con significative ricadute anche sulla percezione della fisionomia tradizionale del rapporto obbligatorio.

La somma di più incapacità di adempiere trascende i singoli rapporti da cui origina e sposta il rimedio su un differente livello, dove la mera giustapposizione di singoli rapporti isolati e non comunicanti lascia il posto alla interdipendenza e dove gli strumenti di tutela rispetto al rischio di insolvenza, la responsabilità per inadempimento e l’esecuzione forzata – pensati nella logica del rapporto isolato – cedono il passo alla logica plurale della ristrutturazione dei debiti, mentre il pilastro della responsabilità patrimoniale vacilla per effetto dell’esdebitazione e la difficoltà di adempiere passa da condizione soggettiva irrilevante a indice sintomatico di una situazione di sovraindebitamento.

4. Dal sovraindebitamento all’insolvenza (e alla crisi) nel codice della crisi e dell’insolvenza: conferma dell’esistente o prospettiva nuova?

L’art. 2 lett. c) del codice della crisi – si diceva in premessa – rinuncia ad una definizione autonoma di sovraindebitamento, qualificandolo come lo stato di crisi – cioè “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate” - o di insolvenza – cioè “lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non

49 MODICA, op. cit., p. 54.

50 Non è tuttavia indispensabile la sussistenza di una pluralità di creditori, essendo possibile una situazione di

sovraindebitamento anche in presenza di una sola obbligazione: BERTACCHINI, sub art. 7, Disposizioni in

materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento, in MAFFEI

ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, p. 2033, fa l’esempio della “persona fisica – consumatore o privato – che non riesce più a rispettare le scadenze di un mutuo”.

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è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni” - riferito a determinati soggetti51.

Osservato in prospettiva, quello che viene dai più presentato come una presa d’atto dell’esistente - l’essere cioè il sovraindebitamento già declinabile, vigente la l.3/2012, come comprensivo sia dell’insolvenza che della crisi - offre invece degli spunti interessanti di riflessione.

Nella l. 3/2012, crisi e insolvenza (assumendo che siano implicitamente contemplate entrambe) si prestano ad essere collocate su una traiettoria di incremento “quantitativo” che va dalla difficoltà alla definitiva incapacità di adempiere: in qualche modo, una variazione di intensità.

Nel Codice della crisi, l’esplicitazione del concetto di crisi assegna rilevanza anche al fattore temporale, in termini di giudizio prognostico rivolto al futuro: in questo senso, il concetto “ha una valenza chiarificatoria propizia, consentendo al debitore il ricorso alla disciplina del sovraindebitamento prima che la sua esposizione passiva si sia smisuratamente aggravata, il che è in piena sintonia con la Raccomandazione della Commissione UE n. 135 del 12 marzo 2014”52. La possibilità di anticipare il ricorso alle procedure potrebbe giocare un ruolo importante sul piano della prevenzione del sovraindebitamento, colmando una lacuna nelle strategie di gestione del fenomeno. A questa novità se ne accompagna un’altra, che discende dal ruolo cruciale che la nozione di crisi assume nella filosofia della riforma e che è dimostrato anche dal fatto che sulla sua base si struttura tutto il sistema del monitoraggio e dell’allerta, nonché quello delle misure finalizzate ad affrontare tempestivamente le situazioni di crisi reversibile. Questa valenza parrebbe estranea alle procedure di sovraindebitamento, dal momento che l’ambito di applicazione delle misure di allerta e composizione assistita della crisi non si estende ai soggetti che possono usufruire delle procedure per il sovraindebitamento, ai quali difetta quella complessità organizzativa indispensabile ad intercettare i segnali di crisi e ad attivare i percorsi per la sua gestione. E tuttavia, da un lato, questa esclusione non riguarda le imprese agricole e le imprese “minori” – entrambe soggette alla disciplina del sovraindebitamento – per le quali l’art. 12 comma 7 stabilisce l’applicazione degli strumenti di allerta sia pure compatibilmente con la loro struttura organizzativa; dall’altro, la ratio della tempestiva emersione della crisi a cui il cci è ispirato, essendo uno dei tratti qualificanti dell’intero disegno riformatore, non è estranea al sovraindebitamento: anzi,

51 AMBROSINI, Crisi e insolvenza nel passaggio tra vecchio e nuovo assetto ordinamentale: considerazioni problematiche, in ilcaso.it, http://www.ilcaso.it/articoli/cri.php?id_cont=1071.php

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recuperarla e valorizzarla può giocare un ruolo importante sul piano, ancora una volta, della prevenzione del sovraindebitamento.

Degni di nota, in questa prospettiva, sono gli obblighi organizzativi che l’art. 3 pone a carico del debitore-imprenditore, con intensità che varia in ragione dell’esercizio in forma individuale o collettiva dell’attività d’impresa. L’imprenditore individuale dovrà infatti adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte, mentre all’imprenditore collettivo si chiede l’adozione di un vero e proprio “assetto organizzativo adeguato” ai sensi dell’art. 2086 c.c., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative (art. 3). Queste misure organizzative di “pre-allerta” (pur nella loro diversa intensità calibrata sull’esercizio in forma individuale o collettiva) prescindono dal tipo di attività e dalle dimensioni, nonché dall’entità del passivo e riguardano quindi tutti gli imprenditori, dal momento che “la prevenzione della crisi è fenomeno che può riguardare qualunque imprenditore, e quindi anche quello assoggettabile – in via alternativa – alle procedure compositive da sovraindebitamento”53. Ma, si può aggiungere, la prevenzione e la tempestiva emersione della crisi orientano le condotte di tutte le parti coinvolte: il debitore e tutti creditori. A questa conclusione può giungersi ponendo mente al fatto che grava sul debitore e sui creditori il dovere di comportarsi secondo correttezza. Al di là dello specifico richiamo ad essa contenuto nell’art. 4 e declinato in una serie di “doveri delle parti” rilevanti in fase di trattative e in fase di esecuzione – ex latere debitoris: doveri di informazione, tempestività, considerazione dell’interesse dei creditori; ex latere creditoris: doveri di collaborazione con il debitore e con gli organi della procedura, di riservatezza sulla situazione del debitore e sulle informazioni acquisite – non può dubitarsi del fatto che ad essa, quale regola di valutazione delle condotte ispirata al principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost.54, spetti un ruolo preminente, soprattutto nella zona nella quale l’indebitamento non è ancora sovraindebitamento. Questa zona, che traccia anche il confine, in termini di normativa applicabile, tra le regole del codice civile e le regole del codice della crisi, è tutta da esplorare. La sua esistenza – e rilevanza – è attestata anche dal legislatore, ad esempio con la modifica – ad opera dell’art. 375 cci – dell’art. 2086 c.c., al quale viene aggiunto un comma che stabilisce che “l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e

53LAMANNA, op. cit., p. 86, e p. 52 con riguardo agli indicatori di crisi: il fatto che gli indicatori di cui all’art. 13 siano previsti solo per le imprese, non esclude che analoga esigenza si ponga anche per il debitore non imprenditore.

54 V. per tutti BIGLIAZZI GERI, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. disc. priv., sez. civ., II, Torino, 1988,

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contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. Indagare quell’area di confine è importante, anche per verificare se è possibile una coesistenza “non conflittuale” – se non proprio armoniosa – tra il codice civile e il codice della crisi.

5. Prevenzione del sovraindebitamento e comportamenti delle parti. Ovvero: dove codice civile e codice della crisi si incontrano (e non si scontrano)

È diffusa, specialmente tra i civilisti, la sensazione che la disciplina del sovraindebitamento – soprattutto quella applicabile al consumatore - stia forzando oltre i limiti immaginabili la duttilità del rapporto obbligatorio.

Numerose analisi, in tempi recenti, mettono in evidenza frizioni e attriti, componendo un affresco ricco di immagini assai vivide: si è così parlato, con espressioni incisive e talvolta provocatorie, di un “debito che cambia pelle”55, di “un’eccezione che si fa regola”56, di un art. 2740 c.c. ridotto a “norma sforacchiata”57, di “inadempimento di necessità”58. Voci autorevoli hanno invitato alla prudenza, sottolineando che “destrutturare l’assetto civilistico dei rapporti tra creditore e debitore senza averne elaborato un altro, che bilanci adeguatamente gli interessi coinvolti, non è strada da percorrere”59.

Tuttavia, questa destrutturazione è in atto: qualcuno ha parlato di “fallimentarizzazione del codice civile”60, altri ha sottolineato l’incompiutezza della scelta politica della disciplina italiana che non riesce ad esprimere un chiaro orientamento61; c’è chi critica la pretesa di autoreferenzialità del diritto concorsuale62 e chi invece, al contrario, esalta la “razionalità sistematica del diritto del sovraindebitamento”, il suo porsi come “sviluppo naturale dei

55 PAGLIANTINI, Il sovraindebitamento del consumatore. Studio critico dell’esdebitazione, Torino, 2018, p. 3. 56 PAGLIANTINI, op. loc. cit.

57 PAGLIANTINI, Debito e responsabilità nella cornice del XXI secolo: note minime, in Riv. Dir. civ., 2018, p.

1074.

58 GRISI, Note in margine ad inadempimento e responsabilità, in Eur. e Dir. priv., 2017, p. 545ss.

59 CAMARDI, Il sovraindebitamento del consumatore e il diritto delle obbligazioni. Alcune riflessioni ai confini del diritto civile, in D’AMICO (a cura di), Sovraindebitamento e rapporto obbligatorio, Torino, 2018, p. 145

60 SPIOTTA, Riflessioni sulle deroghe al codice civile contenute nella legge fallimentare, in Giur. it., 2016,

61 DI RAIMO, Debito, sovraindebitamento ed esdebitazione del consumatore: note minime sul nuovo diritto

del capitalismo postmoderno, in AA.VV., Il sovraindebitamento del consumatore tra diritto interno e ordinamenti stranieri, Napoli, 2018, 34.

62 MACARIO, La tutela del creditore garantito nell’evoluzione della disciplina sull’insolvenza e sulla crisi d’impresa, in Contratti, 2018, p. 129.

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principi e delle regole della responsabilità patrimoniale”63; c’è anche chi valuta positivamente la configurazione di un “diritto per la crisi” e auspica il perfezionamento dei suoi strumenti, se non proprio una rilettura del codice civile in questa chiave64.

Più in generale, si avverte forte il rischio di una “consumerizzazione” del diritto delle obbligazioni: per garantire il rapido recupero al circuito del consumo di un consumatore si interviene scompostamente sulla fisionomia stessa dell’essere debitore. Le esigenze del mercato premono affinché il soggetto abbandoni al più presto la sua condizione di debitore per poter essere sempre più consumatore: anche sacrificando gli interessi dei creditori. Non v’è dubbio che i punti di frizione tra le norme generali sul rapporto obbligatorio e la disciplina del sovraindebitamento siano numerosi, anche se “il diritto del sovraindebitamento” è pur sempre – è stato detto - un diritto di debitori e creditori, esattamente come il diritto privato generale delle obbligazioni65: la specialità si gioca soprattutto sulla concorsualità, sull’esdebitazione, sulla rilevanza della qualità soggettiva dei debitori, sullo spazio guadagnato dalla incapacità di adempiere.

In questa nuova logica il rapporto obbligatorio cambia fisionomia e il cambiamento si riverbera sulle posizioni del debitore e del creditore.

Il debitore: il suo interesse alla liberazione dalla singola obbligazione si trasforma nell’interesse alla liberazione dal complesso dei debiti. Per dare voce a questo interesse – che è un interesse individuale a cui però, come già detto, fa da sfondo un più ampio

interesse generale anche in funzione del superamento della crisi economica – la l. 3/2012

attribuisce al debitore in stato di sovraindebitamento la possibilità di aprire alcune procedure.

Il creditore: da sempre considerato il fulcro del rapporto obbligatorio, perde la sua centralità. Per vero, già nel 1930 Carnelutti, nel suo noto saggio sull’Espropriazione del

creditore, sottolineava alcuni aspetti fondamentali: premetteva che “quando i rimedi contro

il semplice inadempimento si applicano all’insolvente, aggravano il male” e concludeva che “mentre il trattamento dell’inadempienza mette capo, inesorabilmente, alla espropriazione del debitore, il trattamento dell’insolvenza può risolversi nella espropriazione del creditore”. In sintesi: “gli interessi privati dell’uno e dell’altro sono tutelati nella misura che richiede l’interesse superiore alla produzione”66.

63 DI MARZIO, L’insolvenza civile nel diritto delle procedure concorsuali, in D’AMICO (a cura di), Sovraindebitamento e rapporto obbligatorio, cit., p. 215.

64 PADOVINI, Indebitamento e sovraindebitamento, in Benessere e regole dei rapporti civili. Lo sviluppo oltre la crisi, Napoli, 2015, p. 421.

65 DI MARZIO, op. cit., p. 238.

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Il legislatore del 2012 ha fatto sue, in qualche modo, queste valutazioni e le ha condotte alle estreme conseguenze67. Basti pensare all’esdebitazione, che com’è noto può essere implicita, cioè a valle di un piano di ristrutturazione, o disposta con esplicito provvedimento a valle di una procedura di liquidazione del patrimonio: in entrambi i casi, si giunge – è stato osservato - ad una progressiva esternalizzazione degli effetti negativi dell’indebitamento eccessivo dal debitore ai suoi creditori e poi da costoro - è immaginabile - a loro volta sui loro creditori, e così via68.

Infine, il rapporto obbligatorio. Nella prospettiva del codice civile – di dominante tutela delle ragioni del credito – quando il mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore mette in pericolo il soddisfacimento del credito, la risposta del sistema è chiara e univoca: la concessione di strumenti che rafforzano la tutela o aprono al creditore la possibilità di forme di autotutela.

Nella prospettiva della l. 3/2012, l’impotenza economica del debitore passa dall’essere condizione irrilevante – nell’ottica della responsabilità per inadempimento che governa il singolo rapporto obbligatorio – a presupposto di accesso ad una procedura per la gestione di una situazione complessiva di difficoltà che investe tutti i rapporti di cui è parte il debitore.

La legge speciale restituisce all’interprete un’immagine dissonante rispetto a quella a cui la storia delle obbligazioni ci aveva abituati69: alla chiara fisionomia dell’adempimento esatto – cui il debitore è tenuto, nell’ottica della regolare attuazione del rapporto obbligatorio – si affianca l’immagine mutevole70 di un adempimento “come, quando e quanto possibile”. Queste contraddizioni vengono esasperate dal codice della crisi e dell’insolvenza: basti pensare all’introduzione della esdebitazione di diritto, in concomitanza con il provvedimento di chiusura della liquidazione o anteriormente, decorsi tre anni dalla sua apertura e alla radicale novità della esdebitazione immediata del debitore incapiente71.

67 Sulla stessa linea v. FEMIA, Esdebitazione, responsabilità, estinzione parziale, in AA.VV., Il consumatore e la riforma del diritto fallimentare, Napoli, 2019, 245.

68 CAMARDI, op. cit., p. 144.

69 V. per tutti G. CIAN, La figura generale dell’obbligazione nell’evoluzione giuridica contemporanea fra

unitarietà e pluralità degli statuti, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 493ss., che sottolinea il tecnicismo

dell’obbligazione, definendola “conquista concettuale già della giurisprudenza romana classica”, rispondente a “criteri di economicità del pensiero nella trattazione di una materia”

70 Ma v. già BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 1991, p. 1, che nel prendere atto delle

“vistose metamorfosi” in atto nell’area dei debiti e degli adempimenti pecuniari, rileva che il “diritto delle obbligazioni” è “la materia nella quale meglio hanno avuto modo di esprimersi, nella storia delle ricerche giuridiche, i due atteggiamenti fondamentali dei giuristi: l’uno rivolto alla creazione di schemi razionali capaci di tramandarsi nel tempo; l’altro sensibile alla forza economica dei fatti”

71 PAGLIANTINI, L’esdebitazione tra normativa vigente e codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d. lgs. N. 14/19), in Le nuove leggi civ. comm., 2019, 684ss.

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