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Italiani e jugoslavi nell'Adriatico

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FRANCO CARURI

Italiani e Jugoslavi

n ell’Adriatico

Se mai risorgesse la questione della nazionalità, e le guerre portassero a modificare la carta geografica di Eu­ ropa, non sarebbe 1* Italia quella che dovrebbe temere, perchè noi nulla ab­ biamo a dare, molto potremmo avere a raccogliere.

Ma r c o Mi n g h e t t i.

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UADERNI DELLA GUERRA, n. 72.

ITALIANI E JUGOSLAVI NELL’ADRIATICO.

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i

D E L M E D E S I M O A U T O R E :

L ’A ustria e VItalia. Note e appunti di un gior­

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franco

c a bu ri

Italiani e J u g o sla v i

neirAflriatico

Se mai risorgesse la questione della nazionalità, e le guerre portassero a modificare la carta geografica di Eu­ ropa, non sarebbe l’ Italia quella che dovrebbe temere, perchè noi nulla ab­ biamo a dare, molto potremmo avere a raccogliere. Marco Mi n g h e t t i. B i b l i o t e c a r i o

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PROPRIETÀ LETTERARIA.

I d iritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tu tti i paesi, compresi la Svezia, la Norvegia e l ’Olanda.

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ITALIANI E JUGO SLAVI

i.

L’Italia, la Germania e l'Adriatico.

Il problem a dèiPAdriatico h a p e r noi u n ’im ­ po rtanza decisiva. Tutte le nostre passate con­ tese con l’A ustria si sono fondate sulla no­ stra sciagurata situazione nell’antico Golfo di Venezia e ciò che ci h a trascin ati fatalmente! < alla g u e rra è stata in p rim a linea la necessità di risolvere questo problem a in modo confor- | me ai nostri più vitali interessi.

Il T re n tin o h a p e r noi u n ’im po rtan za n a­ zionale e m ilitare. Il suo possesso ci è indispefn- sabile non solo p e r com pletare la nostra u n ità nazionale, m a sopratutto p er m ettere il nostro Paese in condizione di avere assicurate le suq frontiere contro qualsiasi insidia' futura. Se non riusciam o a togliere questo cuneo conficcato nel cuore dell’Italia settentrionale, non p o tre­ mo m ai provvedere sufficientemente alla difesa del Veneto e della Lom bardia.

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2 l‘ IT A L IA , LA GERM ANIA E L ! ADRIATICO

L a soluzione del p ro b lem a d e ll’A driatico ha invece non soltanto u n ’im p o rta n z a strategica, m a anche u n a econom ica, che non dobbiam o m ai p e rd e re di vista nel g iu d icare gli scopi d ella n o stra g u e rra ; e guai a noi, se non sa p re m o evitare che alla conclusione della pace ab b ia a p o te r so stitu irsi a ll’A u stria su ll’a ltra sp o n d a q ualche nuovo Stato, cap ace — com e lei — di m in a c cia re il nostro P aese alle sp alle e di o staco lare la su a esp an sio n e com m erciale,' togliendogli o g n i lib e rtà di m ovim ento nel Me­ d ite rra n e o .

Per l’Italia, come si disse giustamente a suo tempo a proposito della rivalità austriaca, il Tirreno e l’Adriatico sono i suoi due polmoni, dei quali ha assoluto bisogno per respirare. Se non vogliamo vederci condannati a dover morire di etisia o nella migliore ipotesi a do­ ver condurre una vita affannosa e stentata, dob­ biamo ottenere che lo sforzo odierno abbia al­ meno il risultato di ridarci il posto che ci spetta sul mare.

Solo in questo caso alla nostra generazione potrà spettare il vanto di aver assicurato alla Patria un lieto avvenire; solo in questo caso i nostri figli potranno benedire l’opera dei pa­ dri e, raccogliendo i frutti di ciò che noi avre­ mo saputo seminare, potranno provvedere con la necessaria sicurezza al benessere economico dell’Italia, aprendole nuove strade ai suoi

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coni-l’ ITALIA, LA GERMANIA E L’ADRIATICO 3

m erci e nuovi m ercati ai prodotti delle sue industrie e della sua agricoltura.

Non isi tra tta di sogni im perialistici, come vanno afferm ando m alignam ente i nostri ne­ mici; a noi prem e soltanto di po ter g aran tire alla n ostra Nazione resistenza c u n avvenire de­ gno dei suoi sacrifizi passati e presenti.

L a g u e rra europea è scoppiata, non perchè l’A ustria aveva bisogno di vendicare la tra ­ gedia di Sarajevo o perchè la G erm ania e ra obbligata ad a rrisc h iare la p ro p ria esistenza p e r fare il tornaconto della sua alleata; m a p e r­ chè i tedeschi ritennero giunto il momento di rom pere gli ostacoli, che si opponevano al loro sm isurato sogno di predom inio nel mondo.

Lo spirito di in trap ren d en za della G erm ania aveva saputo p en etrare nel cuore dell'Asia Mi­ nore, spingendosi fino alle ricche e vaste regio­ ni ancora inesplorate delT Eufrate e del Tigri, e ambiva di poter sfru tta re indisturbato quei paesi. L ’Oriente lo attraeva, perchè è Tunica p a rte del mondo, che non è s ta ta ancora rip a r ­ tila fra le grandi potenze coloniali e che rac ­ chiude ricchezze incalcolabili. Solo avendo p re ­ sente questa circostanza possiamo com prendere la lunga e paziente azione spiegata con tenace

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4 L ’ IT A L IA , LA GERM ANIA E L ’ADRIATICO

assiduità d a lla diplom azia teclesca p e r legare a sè la T u rch ia e p e r spingere l’A ustria verso la stra d a che doveva to rn are in p rim a linea van­ taggiosa agli interessi tedeschi.

L ’A ustria, costretta dallo stesso suo infelice assetto in tern o oltre che dai m olti pericoli ester­ ni a farsi schiava della politica tedesca, spin­ gendosi fino all’Egeo, doveva diventare il grande ponte di unione fra la T u rc h ia intedescata e la grande G erm ania, p ad ro n a del mondo. T rieste e possibilm ente anche Salonicco dovevano diven­ tare i due scali p rin c ip ali del com m ercio a u ­ stro-tedesco nel Levante.

Questo era ed è tu ttora il grande sogno della G erm ania, che si stizzì e strepitò inferocita, quando noi andam m o a T ripoli, perchè quella no stra im presa distu rb ava i suoi piani e la m etteva in im barazzo di fronte alla T u rchia, come si stizzì e strepitò quando noi, d u ran te le trattativ e che precedettero la no stra g uerra, dichiaram m o di non p o ter accontentarci di u n a m agra correzione della fro n tie ra trid entin a e pretendem m o che fosse m igliorata anche la no­ stra posizione nell’Adriatico.

Se la G erm ania fosse stata veram ente anim ata dal sincero proposito di evitare u n a ro ttu ra fra l’Ita lia e l’A ustria, avrebbe potuto im p o rre con ­ ia su a au torità al Gabinetto di Vienna il sa­ crifizio richiestogli. Il vantaggio, che avreb ­ bero ricavato gli im peri centrali dal m

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antelli-I,’ IT A LIA , LA GERMANIA E l’ADRIATICO

m ento della n eu tra lità italiana, sarebbe stato enorm e, perchè m entre avrebbe assicurato loro la vittoria schiacciante e decisiva avrebbe of- ferto aH’À ustria la possibilità di trovare altrove adeguati com pensi alle rinunce, che noi le chie­ devamo. P ro p rio alla vigilia della nostra guer­ r a le condizioni deH’A ustria erano tali che as­ sai diffìcilmente il vecchio im perato re avrebbe potuto p ersistere nel suo rifiuto di fronte a u n a seria pressione da parte della sua alleata.

Invece questa seria pressione m ancò com ple­ tam ente e il p rin c ip e di Bùlow, come risu lta dal 'L ib ro Verde, p e r incarico del suo Governo spiegò tu tto lo zelo possibile p e r ten tare di convincere l’Italia a rin u n ziare aH’im m ediala esecuzione delle sue pretese.

Il 17 m arzo 1915 l’on. Sonnino telegrafava ai nostri am basciatori a Vienna e a Berlino: «Il prin cip e di Bùlow venuto a vederm i il 15 cor­ rente si m ostrò molto preoccupato p e r le noti­ zie giuntegli dello stato delle nostre trattative con Vienna e delle condizioni preventive da noi esposte al barone Burian. L a condizione che sopratutto lo im pensierisce, perchè la ritiene tale da ren d ere im possibile u n accordo, è quella intorno alla im m ediata esecuzione da d arsi alla cessione dei territo ri che venisse accordala. Non crede si possa esigere questo d all’A ustria. Nella storia non esservi un precedente consimile.... •La consegna im m ediata dei te rrito ri ceduti

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prò-6 L’ ITALIA, LA GERMANIA E L’ADRIATICO

vocherebbe u n a rivoluzione a V ienna (!). Oc­ corre p e r le cessioni di te rrito ri l’approvazione dei P arlam en ti e oggi u n P arlam en to austro- ungarico reagirebbe contro ogni p ro p o sta sim i­ le.... Il p rin cip e di Bùlow soggiunse che egli era m oralm ente convinto che all’infuori di que­ sta condizione dell’im m ediata esecuzione si a r ­ riverebbe ad un accordo ,lra F A ustria-U ngheria e l’Ita lia relativam ente alla questione territo ­ ria le; m a non rite n ere possibile l’intesa su que­ sto punto. Accennò a tutte le terrib ili conse­ guenze, nell’avvenire prossim o e lontano, di u n a ro ttu ra fra l’Italia e la Germ ania.... »

In un altro telegram m a, spedito lo stesso giorno d a ll’on. Sonnino ai due suddetti am ba­ sciatori, è detto: «Il p rin cip e di Bùlow venuto oggi a vederm i h a com inciato col rilevare il grave pericolo che le trattativ e fra FA ustria- U ngheria e l’Italia abortissero p e r effetto della condizione da noi ap p o sta della im m ediata ese­ cuzione. H a detto poi che l’im p erato re di Ger­ m an ia potrebbe anche g aran tire l’esecuzione dello accordo p e r dopo la guerra. »

O ra si sa dalle dichiarazioni fatte recente­ m ente con m olta franchezza dal conte Tisza alla C am era di B udapest da quali propositi erano anim ati in re a ltà i due im peri cen trali e come — nonostante la pretesa garan zia dell’im p e ­ rato re di G erm ania — la pensassero i due Ga­ binetti di Vienna e di Berlino a proposito delle

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l’ IT A LIA , LA GERM ANIA E L’ADRIATICO

concessioni da farsi all’Italia p e r in d u rla a m antenere la sua neutralità.

Ed era n atu rale che fosse cosi. La Mittel-

E uropa, che i tedeschi si proposero di istituire

con questa guerra, doveva com prendere anche l’Italia, la quale però doveva essere m an ten uta in condizione di non poter o p po rsi all'asser- Vimenlo alla Germania. Se si fosse accettata l’idea di appoggiare l’Italia e di a iu ta rla a m i­ gliorare la sua posizione strategica ed economica nell’Adriatico, sarebbe stato molto più difficile di rid u rla poi a dover ch in are il capo alla p rep on d eranza tedesca in E u rop a e ad adattarsi a diventare cieco strum ento della politica dei due im peri centrali.

Se ben si esam ina la condotta della G erm ania fin dall’istituzione della triplice alleanza, si vede subito la tendenza a voler fare anche del­ l’Italia quello che i tedeschi, p e r ragioni fa­ cilmente com prensibili, sono riusciti a fare m ol­ lo presto dell’Austria.

La vittoria tedesca di Sadowa e più ancora quella di Sedan distrusse il sogno dell’A ustria di riconquistare il perduto predom inio in Ger­ mania. L a sm ania degli Absburgo di p ro cu rarsi u n adeguato com penso alle perdite subite nel 1859 e nel 1866 facilitò il com pilo di B ism arck, clic non volle abusare troppo della vittoria, um i­ liando eccessivam ente l’A ustria, ap p u n to p e r­ chè calcolava di poterla costringere in seguito

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8 L IT A LIA , LA GERMANIA E L ADRIATICO

a resta re attaccata al c a rro della politica te­ desca. Il com penso alle p erd ite passate poteva essere ricercato solo nei Balcani, dove l’A ustria si sarebbe trovala di fronte alla R ussia e p e r p o ter afferm arsi avrebbe avuto bisogno del­ l’assistenza della Germ ania.

Di più il dualism o, accettato d a F rancesco Giuseppe nel 1867, doveva g aran tire l’egemo­ nia dell’elem ento tedesco in A ustria e di quello m agiaro in U ngheria a danno delle stirp i slave e questi due elem enti predom inanti, p e r poter conservare la loro posizione privilegiata con­ tro tutte le m inacce in tern e, dovevano p u r fa­ vorire a qualunque costo l’influenza della Ger­ m ania nella politica in te rn a ed estera della mo­ n arc h ia danubiana.

F u così che l’asservim ento deJl’A ustria-U n- gheria all’im pero germ anico potè com piersi più facilm ente e più rapidam ente.

Il Governo tedesco, dopo che fu conclusa la triplice alleanza, potè fingere talvolta di voler appoggiare l’Italia nelle sue lam entazioni con­ tro la scarsa inclinazione dell’A ustria a voler risp e tta re i nostri interessi; e la finzione ebbe quasi sem pre lo scopo di tenere a bada gli ele­ m enti feudali e clericali della m o n arch ia ab- sburghese, ai quali il nuovo orientam ento della politica au striaca non garbava e i quali fino ad u n ’epoca recentissim a m an ten nero la sp eran za di poter ric u p e ra re con l’aiuto degli slavi la

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l’ ITA LIA , LA GERMANIA E i/A D R IA T IC O 9

p erd u ta posizione non solo in Italia, m a anche in Germania. In re a ltà il Governo tedesco nei nostri conflitti con l’A ustria si schierò sem pre dalla p a rte di quest’ultim a, incoraggiando sen­ za alcun riguardo p e r i nostri interessi tutte le ambizioni del Gabinetto austro-ungarico nel- l’A driatico e nei Balcani.

E come avrebbe potuto tenere u n ’a ltra con­ dotta senza dover sacrificare le sue p ro p rie ambizioni?

L a conflagrazione europea venne provocala dalla cricca tedesco-m agiara p e r istigazione del Gabinetto di Berlino, a cui essa doveva in so­ stanza il suo predom inio in seno alla duplice m onarchia. O ra a questa cricca e più ancora ni suoi padroni di G erm ania prem eva troppo la posizione deH’A ustria nell’Adriatico p e r poter tollerare che fosse m utata a vantaggio dell’Ita ­ lia, della quale i tedeschi non si sono m ai fidati, per la quale in fondo hanno avuto sem ­ pre un sacro disprezzo e la quale perciò do­ veva essere m an ten u ta in condizione di non poter spiegare u na politica indipendente e m a­ gari anche co n traria agli interessi tedeschi.

La no stra debolezza nell’Adriatioo offriva ai tedeschi la m igliore garanzia p e r la loro desiderata penetrazione economica nel nostro Paese.

Di più le nostre aspirazioni sull’a ltra sponda erano in contrasto con le m ire della politica

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10 L ’ IT A LIA , LA GERMANIA E L’ADRIATICO

tedesca, che non poteva so p p ortare u n 'Ita lia capace di tagliare alla G erm ania la stra d a al M editerraneo. P e r la stessa ragione, p er la quale i tedeschi si schierarono ap ertam en te dalla p a r ­ te dell’A ustria contro la Serbia, non a p p e n a co­ stei tentò di em anciparsi dalla schiavitù poli­ tica ed econom ica della vicina m onarchia, la G erm ania doveva trovarsi indotta a m ettersi in conflitto anche con noi il giorno in cui decidem ­ mo di im p o rre all’A ustria u n m iglioram ento delle nostre condizioni nell’Adriatico.

La Serbia, em an cip ata d all’A ustria, era un ostacolo all’espansione tedesca sulla stra d a di Salonicco e di Costantinopoli; l’Italia, p ad ro n a dell’A driatico, avrebbe privato la M ittel-Europa dell’a ltra sua p o rta a p e rta nel M editerraneo.

Quando nel 1860 il signor Lorenzo Valerio, Regio Com m issario strao rdinario nelle M arche, pubblicò nel giornale ufficiale II Corriere delle

M arche un decreto p e r conferm are al Lloyd au­

striaco i privilegi accordati a suo tem po dal Governo pontificio a quella società trie stin a di navigazione, essendosi egli richiam ato, p e r mo­ tivare questa m isura, anche al c a ra tte re italiano della città di T rieste e alle sue rip etu te prove di attaccam ento allT talia, il Governo p ru ssian o si sdegnò di ciò oltremodo'' e si affrettò a in ca­ ricare il p ro p rio m in istro a Torino di p ro te­ stare contro quel linguaggio del Regio Com m is­ sario delle Marche.

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l’ ITA LIA . LA GERM ANIA E L’ADRIATICO 11

Nella nota rim essa al conte di Cavour dal Ga­ binetto di B erlino è detto che la P ru ssia consi­ dera T rieste come u n a città tedesca e che p e r­ ciò è riso lu ta ad opporsi «à ce que le mouve- m ent italien p ren n e u n développem ent qui ten- d rait à ne plus resp e c le r les frontières alle- m andes ».

In seguito, dopo l’esclusione dell’A ustria dal­ la Confederazione germ anica, il Gabinetto di Berlino, desideroso di fa r dim enticare agli Ab- sburgo l’am arezza di Sadowa, ebbe c u ra di non sottolineare troppo questo suo punto di vista, non fosse altro p e r non alim entare i sospetti dei circoli viennesi di Corte contro la P ru ssia; m a negli ultim i anni, quando il pericolo che l’A ustria-U ngheria potesse sottrarsi all’influen­ za germ anica e ra orm ai quasi com pletam ente elim inato, la G erm ania si studiò in tutti i modi di assecondare la tendenza dei tedeschi dell’Au­ stria ad a p p ro fittare delle contese fra italiani e slavi sull’a ltr a sponda dell’A driatico p e r au ­ m entarvi la loro influenza m orale ed econo­ mica.

Un po’ alla volta le più forti società di n a ­ vigazione e le m aggiori im prese in du striali nelle regioni adriatiebe passarono in m ano del ca­ pitale tedesco' c le banche tedesche diventarono padrone di quasi lutto il com m ercio m arittim o dell’Austria. Grado, Sistiana, Porto Bose, Brioni, Abbazia, Lussili piccolo, Bagusa furono

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trasfor-12 l’ IT A L IA , LA GERMANIA E L’ADRIATICO

m ale in a ltre tta n te stazioni b aln eari ad uso esclusivo dei tedeschi, che vi istituirono p ro p ri alberghi e p ro p rie case di cu ra, im ponendovi la loro lingua e i loro costum i. Anzi, dopo essersi p ian tati sulla spo n da orientale, i tede­ schi p assaro n o a qu ella occidentale e i Lidi di Venezia, R im ini e Cattolica p a rv e ro destinati a diventare i nuovi p u n ti di appoggio dell’in­ vasione tedesca nell’Adriatico.

Vi fu u n m omento, in cui italian i e slavi, com prendendo la gravità del com une pericolo che li m inacciava, m anifestarono l’intenzione di accordarsi p e r far cessare u n a lotta, che poteva tornare vantaggiosa soltanto al loro o p ­ pressore; disgraziatam ente gli slavi anche al­ lo ra non sep p ero im p o rre a sè stessi la neces­ sa ria m oderazione e accam parono p e r questo accordo pretese esagerate, con le quali doveva essere p e rp etu ato nelle regioni adriatiche uno stato di cose, creato d a ll’A ustria con la vio­ lenza e con la com plicità dei croati a tutto danno dell’elem ento italiano.

Il pericolo tedesco e ra grave p e r gli slavi m eridionali non m eno che p e r gli italiani; ma i prim i erano ancora troppo accecati dal loro odio contro di noi, alim entato con m olta c u ra p e r tan ti anni d a ll’altro nostro nemico, di cui i croati della vicina m o narch ia sono stati sem ­ p re lo strum ento più fidato e che i loro odierni protettori in F ra n c ia e in In g h ilte rra si

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osti-l’ ITA LIA, LA GERMANIA E L ’ADRIATICO 13

nano a voler ignorare, c non vollero cap ire che nell'in evitab ile conflitto con i tedeschi avrebbero avuto nell’Ita lia la loro alleata n a­ turale, che aveva lutto 1’inte resse di difenderli contro la m inaccia della G erm ania e clic li avrebbe aiutati con tutte le sue forze a com­ piere la loro u n ità nazionale, esigendo in com ­ penso il riconoscim ento leale e com pleto dei nostri interessi nell’Adriatico.

Ogni osservatore im parziale degli avvenim enti di questi due u ltim i anni deve riconoscere che l’esito della g u e rra europea sarebbe stato molto diverso, se diversa fosse stata la condotta del­ l'Italia. E non m ancarono le lusinghe da p arte della G erm ania p e r indurci p rim a a p rendere le arm i in difesa della sua causa e poi a m an ­ tenere alm eno u n a benevola neutralità.

Noi ben sappiam o clic in politica la g rati­ tudine non è u n a virtù molto a p p rezzata e siam o anche disposti ad am m ettere, d ’accordo con certi nostri amici inglesi, che sch ieran ­ dosi d alla p a rte dell’Intesa l’Italia h a avuto di m ira in p rim o luogo la tutela dei suoi vi­ tali interessi, che risiedono precisam ente nel­ l’Adriatico. Ma allora tanto più assurda è l'o­ dierna agitazione degli jugo-slavi, i quali avreb­ bero la p retesa che noi rinunziassim o in loro favore a ciò che dovrebbe essere il prem io dei nostri sacrifizi.

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14 L’ ITALIA, LA GERMANIA E L’ADRIATICO

e so p ra tu tto non si cerchi di tira re in ballo 11 prin cipio di nazionalità, clic p u re è ignoralo con m olta disinvoltura dai nostri odierni op­ positori, quando non può essere messo d ’ac­ cordo con le loro afferm azioni, perchè anche se noi dovessimo essere tanto ingenui da r i ­ conoscere come definitivo e irre p a ra b ile uno stato di cose creato con la violenza a nostro danno su ll’a ltra sponda, resterebbe ancora da decidere se l’Italia può ad attarsi senza com pro­ m ettere i p ro p ri interessi e il p ro p rio prestigio a tollerare che regioni, che han n o u ii’im por- tanza così decisiva p e r la n o stra posizione neb l’A driatico, vengano assegnate a gente, che ha sem pre m anifestato u n ’invincibile avversione p e r noi, che fino a ieri e ra al servizio del nostro più feroce nemico e che tuttora, m en­ tre il nostro paese com batte p e r il trionfo della causa com une, non esita a sparg ere nei paesi alleati il veleno del suo odio im placabile con­ tro il nome italiano.

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Il nostro nemico.

Nella m onarchia d an ubiana andarono affer­ m andosi negli anni, che precedettero la confla­ grazione europea, due correnti egualm ente forti, e pericolose p e r la pace. L ’una era al se r­ vizio delle ambizioni della Corte, l'a ltra al se r­ vizio di quelle della G erm ania; 1’una m irava all’ingrandim ento dell'im pero in omaggio alle antiche tradizioni degli Absburgo, l’a ltra m a­ nifestava le sLesse tendenze in omaggio alle nuove tradizioni degli H ohenzollern e dell'im ­ perialism o tedesco; l’u na contava fra i suoi più caldi fautori il p artito m ilitare, quello conser-r valore e clericale e in generale tutti gli ele­ m enti tenacem ente devoti alla dinastia, l’a ltra era ra p p re se n ta ta dai p artigiani del dualismo,, che aveva assicurato a Una cricca tedesco­ m agiara di banchieri, industriali e grossi ca­ pitalisti l’indegno sfruttam ento politico ed eco­ nomico delle altre nazionalità dell'im pero. L a prim a, tem endo che la politica dualistica

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po-16 IL NOSTRO NEMICO

tesse m in are col tempo le basi della m onarchia, provocando un forte m alcontento fra le altre stirp i, cercava ogni tanto di correggerne le asprezze, facendo gli occhi di trig lia o ra agli czechi e ora ai croati, o ra ai polacchi e o ra ai rom eni, senza accontentare m ai alcuno e ottenendo in p ra tic a l ’unico risu lta to di p ro ­ vocare sem pre nuovi conflitti interni.

Le preoccupazioni della d inastia erano spie­ gabili e da u n certo punto di vista anche fon­ date. L a com pagine della m onarch ia poliglotta poteva re sta re unita, finché si e ra in grado di m an ten ere nelle m asse l’illusione che la d in a ­ stia e risp ettivam en te il potere esecutivo dello Stato stessero al di fuori e al di so p ra di ogni com petizione nazionale, m entre il prestigio del­ la Corona, che dell’indipendenza dello Stato era il più solido sostegno, sarebbe stato sfe- riam ente com prom esso il giorno in cui il p re ­ dom inio di u n a nazionalità sulle altre avreb­ be incoraggiato le influenze stran iere negli af­ fari in tern i, come è avvenuto ap p u n to o ra in v irtù del grande attaccam ento dei partigiani del dualism o all’alleanza con la Germania.

D’altronde questo attaccam ento e ra naturale, visto che gli interessi della cricca tedesco-m a­ giara eran o intim am ente legati a quelli della Germ ania. Qhi avrebbe potuto meglio dell’im ­ pero tedesco servire di valido appoggio al p re­ dominio tedesco-m agiaro nella m on archia

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da-IL NOSTRO NEMICO 17

nubiana? L a politica tedesca — come abbiam o notato nel precedente capatolo — aveva gettato da tem po gli occhi su ll’im pero ottom ano, vi aveva investito capitali enorm i e sognava di poter spingere la sua espansione fino al Golfo Persico; m a la stra d a p e r Bisanzio e Bagdad passava attraverso l’A ustria-U ngheria, che p e r­ ciò bisognava p oter legare u n po’ alla volta al c a rro della politica tedesca. Chi meglio delle co rren ti dualistiche avrebbe potuto favorire que­ sto graduale asservim ento? L a d inastia degli Absburgo, m em ore del passalo, seguiva con dif­ fidenza la politica m aglarizzatrice del Gover­ no di B udapest e ne ostacolava i piani. Chi me­ glio degli alleali di B erlino avrebbe potuto re ­ care u n efficace soccorso ai m agiari nella loro lotta contro il m ondo serbo-croato, che tagliava loro la s tra d a all’A driatico e quella dei B al­ cani? Il Governo austriaco, più ligio alla vo­ lontà della dinastia, non sem pre si preoccupava abbastanza delle suscettibilità dei circoli b er­ linesi e non sem pre con la sua condotta faci­ litava la penetrazione tedesca nelle provincie slave e sulla sponda orientale dell’Adriatico. Chi meglio dei fautori del dualism o poteva in questo caso assecondare i p ian i reconditi della politica tedesca?

P rim a della g u e rra la cricca tedesco-m agia­ r a aveva u n nemico im placabile nella persona dell’arciduca ereditario Francesco F erdinando,

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18 IL NOSTRO NEMICO

intorno al quale si erano raccolti lutti i fau­ tori delle corren ti dinastiche. Egli odiava tutte le innovazioni introdotte nella m on archia con le leggi del 1867, perchè vedeva che esse in ­ debolivano la com pagine in te rn a e nello stes­ so tempo facilitavano l’asservim ento dell’A ustria alla G erm ania, e p e r com batterle cercò di o r­ ganizzare l’elem ento conservatore, ra g g ru p p a n ­ dolo intorno ai cristiano-sociali, e di cattivarsi le sim patie degli slavi cattolici p e r farsene uno strum ento nella lotta contro l’egem onia dei te­ deschi e dei m agiari.

Certo il defunto arciduca e ra un nemico della costituzione a u striaca ed ungherese, come i fautori del dualism o erano nemici del suffragio universale, che egli aveva cercato di im porre anche agli ungheresi p e r d isarm are il nazio­ nalism o m agiaro; certo egli sp erava p e r lo stesso motivo di p o ter distruggere u n giorno le leggi del 1867. D’altro canto però accordava tutto il suo appoggio a coloro che si m ostravano fedeli alla din astia e alle tradizioni dell’im pero.

Egli odiava gli italiani, perchè li considerava come u n elem ento meno attaccato allo Stato au­ striaco, e desiderava la g u erra con Tllalia, p e r­ chè sp erav a di poter ricon qu istare agli Absburgo la L om bardia e il Veneto e distruggere l’u n ità italiana, che riteneva pericolosa agli interessi e all’esistenza stessa della m o n arch ia d anubia­ na; e in ciò e ra com battuto dai fautori del

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IL NOSTRO NEMICO 19

dualismo non por am ore verso di noi, m a p er­ chè a Berlino si pensava che l’idea della tri­ plice alleanza avesse in Italia radici pili p ro ­ fonde e clic perciò all’asservim enlo dell’Au- slria si sarebbe pollilo aggiungere un po’ alla volta anche quello dell’Italia.

Un funzionario autorevole dell’am basciata di Germania a Vienna mi disse u n giorno: — Il valore della triplice alleanza p e r noi risiede nel fatto che essa sotto a ltra form a ristab ili­ sce il Sacro Romano Im pero di nazione ger­ manica. — E dicendo questo credette di avermi fatto u n com plim ento e di aver lusingato il mio orgoglio d ’italiano, riconoscente alla Ger­ m ania, clic si degnava di p o rre il nostro paese sotto la su a alta protezione.

A questa sm isurata ambizione degli Ilohenzol- lern Francesco F erdin an do opponeva quella più vasta ancora degli Absburgo. P e r Guglielmo II l’ideale poteva essere il Sacro Romano Im pero, per Francesco F erdinand o l’ideale era invece l’im pero di Carlo Y, nei cui dom ini il sole non tram o n tav a mai.

Queste due ambizioni e ra n o troppo in con­ trasto fra di loro p er poter sussistere u n a a fianco dell’a ltra e p e r spian are la stra d a alle ambizioni tedesche bisogna sopprim ere il lon­ tano nipote di Carlo V.

La tragedia di Sarajevo fu preceduta di po­ che settim ane dal convegno delle rose nel

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stello di Konopischt. Chi sa che u n giórno non si riesca a scoprire u n nesso fra questi due avvenim enti!

L ’uccisione dell’arciduca ereditario ebbe luo­ go in circostanze cosi stra n e da ren d ere fon­ d ato il sospetto di coloro, che afferm ano do­ versi ric e rc a re le origini della tragedia non già a Belgrado, come vollero sostenere gli im peri cen trali p e r giustificare la loro aggressione con­ tro la Serbia, m a nei circoli della cricca te­ desco-m agiara, desiderosa di fa r sp a rire alla vigilia della g u e rra eu ro p ea u n personaggio tanto incomodo.

L a notizia della m orte di Francesco F e rd i­ nando fu accolta con visibile soddisfazione dai fautori del dualism o, m en tre recò lo sgomento nelle file dei clericali e dei conservatori, r i ­ m asti im provvisam ente acefali. I p rim i, che fino allora si erano m ostrati gravem ente p reoc­ cupali della politica guerrafondaia dell’arciduca, non esitarono più a gettare la m aschera e a pro clam are ap ertam en te la necessità della guer­ r a ; gli altri, che la g u e rra avevano predicato p rim a con tu tta insistenza, non com prendendo la ragione di questo voltafaccia degli avversari, non esitarono ad u n irsi a costoro nell’illusione di poter vendicare così la m orte del loro capo e di realizzare il suo progranpna.

In questo ibrido connubio delle due opposte tendenze era n atu rale che dovesse p ren d ere il

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sopravvento la corrente germ anofila dei fan- lori del dualism o; e quanto maggiori e più clamorose si facevano le sconfitte dell’esercito, tanto più aum entava l’auto rità della cricca te­ desco-m agiara e dim inuiva il prestigio del p a r ­ tito m ilitare. La p rim a poteva richiam arsi al fallo indiscutibile clic solo l’aiuto della Ger­ m ania aveva potuto evitare lo sfacelo dell’Au­ stria; il secondo p e r giustificare i d isastri sui cam pi di battaglia non aveva a ltra scusa p lau ­ sibile all’infuori della resistenza passiva delle nazionalità slave, alle quali la g u e rra e ra stala imposta. Così e gli uni e gli altri furono an ­ cora d’accordo nel chiedere u n a politica di fe­ roci repressio ni nell’interno. P e r gli uni le di­ serzioni degli czechi e i loro frequenti am m u­ tinam enti furono il pretesto p e r ottenere l’in- ledcscamenfo della Boemia e della Moravia c la spoliazione degli slavi di tutti i diritti ac­ quistati dopo lunghe lotte tenaci, m entre gli altri, m antenendosi nel loro antico ordine di idee, erano ben lieti di p o ter far funzionare la forca, persuasi nella loro m en talità che i me­ todi terroristici avrebbero potuto m utare ancora la situazione interna.

Questa è tuttora la situazione dell’A ustria dopo quasi tre anni di g uerra; m a hanno torlo coloro clic nei paesi alleati si ostinano a r i ­ tenere definitivam ente liquidata la cam arilla di Corte.

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22 I L NOSTRO NEMICO

L a vecchia A ustria potrebbe ancora rialzare il capo, sop ratu tto se la g u e rra dovesse c h iu ­ dersi con u n com prom esso, che offrisse all’im ­ pero degli Absburgo il modo di uscire con m inor danno dagli odierni im barazzi. Le cor­ ren ti, che oggi sopportano rassegnate la p a ­ d ro nan za Ideila G erm ania, dom ani non esite­ rebbero a valersi della forza di certe tra d i­ zioni p e r rico nqu istare il perduto prestigio e fa r rivivere l’antico spirito austriaco, che se da u n lato potrebbe avere un ca ra tte re anti-te- desco -e to rn are quindi gradito ad alcuni circoli inglesi e francesi, d all’altro insorgerebbe, for­ se ancora più pron tam en te e più im petuosa­ m ente contro di noi p e r m inacciare i nostri in ­ teressi e a d d irittu ra la n ostra esistenza.

Quei nostri amici inglesi e francesi, che p re ­ stano troppo facilm ente ascolto alle proteste di alcuni elem enti jugo-slavi contro l'Ita lia e le sue aspirazioni nell’A driatico, hanno il torio di inon sa p e r ren d ersi conto di ciò e di di­ m enticare ch e questi clem enti fino a ieri sono stali i sostenitori più tenaci degli A bsburgo e che oggi, passati nel cam po degli Alleati, non vi han n o saputo p o rtare che il loro sp irito italo- fobo, di cui si sono n u triti fin poco fa pro p rio p e r istigazione del Governo di Vienna.

I nostri amici di L o n d ra e di P arigi devono riflettere che l’Italia non h a come la F ra n cia e l’In g h ilte rra il suo unico nemico nella

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m ania c clic p e r noi il problem a non si riduce alla isoppressione degli elem enti responsabili della g u e rra attuale. P e r noi il .problem a è ,molto più complesso. Noi disgraziatam ente abbiam o un altro nemico, forse più pericoloso p er noi della stessa G erm ania, un nemico che pesa come u n incubo su tutto il nostro passato, un nemico che si è trovato sem pre sulla nostra strada, quando abbiam o cercato di occupare nel consorzio delle nazioni il posto clic ci spel­ lava, e che dopo aver com battuto con tutti i mezzi la nostra u n ità nazionale, quando non potè più im pedirla, tentò con u n a politica in ­ sidiosa di distruggere il nostro avvenire.

Questo nostro nemico p artico lare è l’A ustria clericaleggiante e reazionaria, l'A ustria di Ra- detzky e di H aynau, l’A ustria di F rancesco Giuseppe e di Francesco Ferdinando. E que­ st’A ustria, che è m olto diversa d a quella che oggi è asservita alla Germ ania, può p e r cal­ colo o p e r necessità sop portare le m om enta­ nee umiliazioni^ che le sono im poste dai devoti servitori del Governo di Berlino; m a se do­ m ani avesse il modo di rigu ad ag nare l’influen­ za p erduta, non esiterebbe ad appoggiarsi sugli oppressi di oggi p e r sbarazzarsi delle correnti germanofile. E allora anche il problem a del- l’A driatico avrebbe una soluzione disastrosa per noi e grad ita invece a u na p a rte alm eno di que­ gli agitatori, clic nel nome della Jugo-Slavia

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24 IL NOSTRO NEMICO

cercano di sem inare la discordia in seno al­ l’Intesa.

Delle idee e dei sentim enti di questo nostro nemico verso l’Ita lia m i sono occupato diffu­ sam ente ,alla vigilia della n o stra guerra, d i­ scorrendo dei passati ra p p o rti fra l’A ustria e l’I ta lia .1) Le cose dette allora tornano di a t­ tu alità od è op portuno di rico rd arle u n ’a ltra volta, affinchè il lettore possa farsi u n esatto concetto della v era origine delle agitazioni jugo­ slave.

L ’A ustria nella sua politica ad riatica si è sem pre atteggiata ad erede di Venezia e i c ir ­ coli ufficiali di V ienna hanno fatto sem pre d e ri­ v are da questa prem essa il loro intenso desi­ derio Idi p o ter assicu rare alla m o n arch ia d a­ nubian a l ’incontestabile diritto al predom inio nell’A driatico e la Albania.

Ricordo che all’epoca dell’annessione della Bosnia l ’ufficioso F rem denblatt, l’organo più au­ torevole del m inistero austro-ungarico degli este­ ri, Rispondendo b ruscam ente alle nostre p ro ­ teste contro il danno che derivava al nostro paese dal gesto a rb itra rio dell’A ustria, non esi­ tò a d ich iarare ap ertam en te quanto segue:

«Noi siam o i veri eredi della R epublica di San Marco. L ’Italia certam ente oggi è

pa-a) L ’Austria e VItalia. Xote ed appunti di un giornalista italiano a Vienna. — Milano, Fratelli Treves, 1915.

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drona di Venezia; m a i più im p o rtan ti dom ini della Serenissim a nell’A driatico, e p ro p rio quelli che posero a suo tem po Venezia in condi­ zione di p o ter avere u n a p a rte dom inante in O riente, isono in nostre mani. Q uindi a noi, e non all’Italia, sp etta la m issione di ricalcare le orm e di Venezia p e r conferire alla no stra m onarchia la potenza e la gloria della de­ funta Republica».

L ’eredità di Venezia è stala dunque la m èta della politica che l’A ustria ha condotto a no­ stro danno in O riente e p e r la quale oggi è in g u e rra ; e noi dobbiam o avere presente tutto il program m a di conquista, che si può ria s­ sum ere in questa frase, p er poter afferrare nel suo giusto valore l’eterno dissidio del Gabi­ netto di V ienna con la Serbia e p e r p o ter com prendere esattam ente il vero significato del­ le sue ambizioni in A lbania e della sua poli­ tica italofoba su ll’a ltra sponda di quel m are clic p e r noi è stato finora tanto am aro.

Nella p rim a m età del secolo scorso l’Au­ stria non ebbe cam po di accentuare queste sue m ire, perchè molto gravi erano allora i g rat­ tacapi, che le andava procurando il m alcontento nell’in tern o e s o p ra tu tto , p roprio nelle pro v in ­ c e venete, che — secondo gli intendim enti del Governo austriaco — avrebbero dovuto ad at­ tarsi a diventare cicco strum ento della sua nuo­ va politica. Bisognava quindi attendere che ogni

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26 IL NOSTRO NEMICO

ricordo della gloriosa D efunta si spegnesse nel­ l’anim a delle popolazioni adriatiche e che co­ storo cessassero di guard are con diffidenza la b an d iera gialla e nera, in alb e ra ta al posto di quella di San Marco, che la pietà dei devoti sudditi della Serenissim a aveva rip ieg ato e n a­ scosto religiosam ente sotto l’altare maggiore del­ le vetuste catted rali istria n e e dalm ate.

Ma l’A ustria aveva fatto m ale i suoi conti. Il breve periodo della sua dom inazione in Ita­ lia, contrassegnato dagli atti di violenza del suo Governo tirannico e brutale, anziché spe­ gnere nel cuore degli italiani il ricordo del passato, vi rafforzò il desiderio di u n a p ro n ta riscossa. Nel 1866 Venezia rito rn ò a far p a rte della ,grande fam iglia italian a e potè fa r sven­ tolare di nuovo il vessillo della R epublica col Leone a,lato, simbolo delle sue glorie p a s­ sate, accanto al tricolore nazionale, simbolo del m artirio dei nostri p ad ri, del loro sacri­ fizio, della nostra riconoscenza e delle nostre speranze.

P u rtro p p o le regioni venete dell’a ltra spon­ da, quelle che erano state le più fedeli e le più devote fra tutte le terre della Serenissim a, rim asero sotto la dom inazione au striaca e dopo l’o n ta di L issa quei nostri fratelli dovettero rassegnarsi a rip ieg are anche, il tricolore, col quale si erano a p p re stati a salu tare i lib e ra ­ tori, e a subire in silenzio i nuovi torm enti,

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mollo pili am ari c più strazian ti che non fu­ rono quelli che avevano fatto accorrere alle b arricate il popolo di Milano e di Venezia.

P rim a del 1866 l’A ustria, p u r calpestando le lib e rtà politiche nei paesi italiani, rispettò almeno la n o stra lingua c spesso anzi cercò di proteggerla c di divulgarla, perchè contava di potersene giovare nella sua politica di con­ quista; quando invece ebbe p erd uto il Veneto, cam biò lattica e assoggettò a nuovo strazio i nostri fratelli su ll’a ltra sponda, com batten­ doli insidiosam ente anche sul terreno ''na­ zionale, col ferm o proposito di far sp a rire len­ tam ente da quelle contrad e ogni traccia di italianità.

Chi h a avuto occasione di visitare con oc­ chio di studioso i paesi dell’Ionijo e dell’Egeo ha certam ente notato che tuttora, nonostante la nostra debolezza p assata e nonostante l’im pos­ sibilità n ostra di rip re n d ere , subito dopo aver com piuta la n o stra un ità nazionale, la tutela efficace dei nostri interessi e delle tradizioni del nostro passato nelle te rre e nei m ari, che un giorno furono dominio quasi esclusivo delle genti italiche, si conservano tracce, sia p u re assai pallide e sia pu re assai rare , della g ran ­ de diffusione avuta a suo tempo dal nostro idioma in lutto il Levante. Ebbene, se l'A u­ stria avesse potuto im pedire il com pim ento dell’unità italiana, questo stato di cose, che

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28 IL NOSTRO NEMICO

subito dopo la caduta della R epublica veneta doveva esistere in m isu ra molto più im p on en­ te, avrebbe potuto essere di grande giovamento alla politica orientale del Gabinetto di Vienna. I governanti austriaci p rim a del 1866 le com ­ presero esattam ente e perciò ap p u n to favoriro­ no in tutti i modi la diffusione della n o stra lingua sopralutto in A lbania, la protessero in D alm azia e la vollero conservata persino nella m a rin a d a guerra, che delle nuove am bizioni doveva diventare lo strum en to più valido.

Dopo il 1866 questa politica parve troppo pericolosa. Il nuovo Regno d ’Italia avrebbe c e r­ cato indubbiam ente di giovarsi con maggiore diritto delle antiche tradizioni italiane in O rien ­ te e l’A ustria continuando a favorire la diffu­ sione d e ll’ita lia n ità avrebbe arrisch ialo di fare il tornaconto della su a fu tu ra rivale. Di più l’elem ento italiano in A ustria, o ltre ad essere diventalo troppo scarso p e r poter fo rn ire la base o il p retesto a u n a sim ile politica im p e ­ ria listic a da p a rte di u n a potenza com posta in m aggioranza di slavi, di tedeschi e di m a­ giari, si era m ostrato tro pp o infido allo Stato austriaco e quindi bisognava sostituirlo con un altro più fidato, più num eroso e più dispo­ sto a fare da sgabello alle nuove velleità di conquista.

L ’eredità di Venezia doveva essere raggiunta non più col soccorso dei veneti, ancora soggetti

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IL NOSTRO NEMICO 29

all’A ustria, bensì dei croati, che fino allora erano vissuti in buona arm onia con l'elem ento italiano e avevano accettato senza opposizione la sua m illen aria coltura, ‘ ricordando anzi con vanto di essere stati an ch ’essi u n giorno p a r ­ tecipi delle glorie di San Marco.

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III.

La caccia airitaliano nell’Adriatico.

Il Governo di Vienna, p er raggiungere il suo intento, ebbe c u ra di instillare u n po’ alla volta nei croati l’odio contro gli italiani, servendosi a tal uopo del clero cattolico, che nella m o n ar­ ch ia danu biana è stato sem pre devoto alla vo­ lontà dei governanti e pronto ad assecondare con la sua au torità e con la sua influenza tutti i* loro intrighi.

Speculando sulla diversità di razza e di n a­ zionalità gli organi del Governo incom incia­ rono col provocare gelosie fra le due stirp i, accordando ai croati d iritti e privilegi, che co­ storo non si eran o inai sognati di chiedere, destando nella loro coscienza sogni ed am bi­ zioni, che non avevano m ai conosciuto, e m a­ nifestando in vario modo la p ro p ria an tip a tia p e r l’elem ento italiano, p er la lingua italiana e p er la cu ltu ra italiana. E quando l’am biente fu bene avvelenato e le orde del popolo croato, fanatizzato dai preti, furono pronte a sostenere

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LA CACCIA ALL’ ITALIANO NELL’ADRIATICO 31

la lotta sul terreno am m inistrativo, il Gover­ no p er ogni buon conto m andò loro in aiuto all­ eile i suoi gendarm i e p ersino le sue coraz­ zale, clic coi cannoni p u n tati contro le città dalm ate (assistettero alla scalata di quegli an ti­ chi Comuni italiani.

Ogni form a di terrorism o, di violenza e di sopraffazioni venne adottata dai funzionari del Governo p e r vincere la resistenza degli italiani, p er tenere a bada i più audaci, p e r spaven­ tare à più fiacchi, p e r corrom pere i più vili e così u n a alla volta caddero nelle m ani dei croati tutte le riden ti città venete della D al­ mazia.

L a p rim a fu Sebenico, la p a tria di Niccolò Tommaseo, che venne conquistata dai croati nel 1870; nel 1883 cadde Spalato dopo una tenace resistenza, organizzata con fede incrol­ labile e con sublim e spirito di sacrifizio dal suo [ultimo podestà Antonio Baiam onti; nel 1897 dovette capitolare anche Catturo e nel 1899 Ragusa.

Z ara soltanto resistette eroicam ente e della grandezza del suo eroismo possono avere u n ’i­ dea solo coloro, che hanno potuto seguire gior­ no p er giorno le tristi vicende della sua lotta senza tregua, i suoi sacrifizi sopportati con tra n ­ quilla rassegnazione e le infam ie, onde è stata sem pre torm entata dalla ignobile viltà dei suoi oppressori.

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32 LA CACCIA A LL’ ITALIANO NELL’ADRIATICO

Non è in verità senza sdegno, che si possono ric h iam a re alla m em oria tutte le insidie, alle quali è stata esposta sinora p e r o p era dei go­ v ern an ti austriaci quella piccola cittadinanza generosa, che non si è lasciata m ai im pressio ­ n are dal num ero soverchiante dei suoi nemici, dalla loro audacia e dalla loro potenza, ed è rim asta sem pre concorde sulla breccia, soste­ nendo a costo di gravi privazioni e di in d i­ cibili torm enti u n a lotta im p ari p e r la difesa del suo antico Comune.

M an m ano che i vari cen tri di resistenza venivano conquistati dai croati, i conquistatori, p e r istigazione del Governo austriaco, si af­ frettavano a chiu d ere le scuole italiane, p er togliere all’ita lia n ità anche questo essenziale ali­ m ento dello spirito.

L'Idea D em ocraticax) in un in teressan te n u ­

m ero, dedicato quasi com pletam ente alle r e ­ gioni dell’a ltra sponda dell’Adriatico, cita una serie di fatti che costituiscono la più eloquente sm entita a tutti gli argom enti po rtati in cam ­ po dai nostri avversari p er negare alla D alm a­ zia il suo c a ra tte re italiano.

L a D alm azia è te rra ad riatica e a p p artien e al sistem a oroidrografico dell’Italia.

D all’im a all’a ltra delle innum erevoli isole del suo arcipelago essa si ricongiunge, p e r c

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LA CACCIA ALL’ ITALIANO NELL’ADRIATICO 33

Ieri geologici e morfologici, all’Istria. D alla p e­ nisola balcanica essa è nettam ente sep arata da u n ’alta c a te n a m ontuosa clic so rp assa quasi d a p ­ pertutto i 1500 metri.

Gli studi com piuti dal prof. Dainelli di F i­ renze sulla flora e sulla faun a della D alm azia dim ostrano che le Alpi D inariche separano due regioni diversissim e e che la D alm azia conser­ va lutti i ca ra tte ri delle regioni italiche.

La D alm azia, sep arata dalla B alcania dai m onti, è congiunta all’Italia dal m are. Anzi alcune p a rtico la rità studiate con molto in te­ resse dai geologi fanno sup p o rre che l’A dria­ tico, p rim a di essere u n m are, fosse la contin ua­ zione della p ian u ra padana. Oggi stesso l’A dria­ tico, piuttosto che u n m are, sem b ra un g ran lago entro il territorio che ha p e r confini orien ­ tali le Alpi Giulie e le Alpi D inariche, e per confine occidentale l’A ppennino.

U na sola p o rta si a p re in questa b a rriera , ed è la N arenta. Ma non p e r questo la N aren ta deve necessariam ente essere u n confine. A mez­ zodì idi questo fiume l’Erzegovina giunge in due punti al m are: nella baia di Neum -K lek, al nord di Ragusa, e a Sutorina, nelle Bocche di Cattaro. Chi possederà l’Erzegovina p otrà avere dunque un o o due sbocchi nell’A driatico m e­ ridionale.

P e r quanto rig u a rd a la storia della

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34 LA CACCIA AL L’ ITALIANO NELL’ADRIATICO

zia convien notare clic essa, dopo essere stata illirica con qualche colonia greca sulla coslà, fu ro m a n a dal secondo secolo a. C.y fino alla c ad u ta d ell’Im pero d’Occidente. D alm ati furo­ no q u a ttro im p eratori rom ani e fra questi Dio­ cleziano, il fondatore di Spalato.

Caduta Roma, l’Im pero Occidentale so p rav ­ visse p e r qualche decennio p ro p rio in D alm a­ zia. Le città dalm ate, fiorenti com unità latine, si ressero liberam ente anche dopo la caduta di Roma, con p ro p rie leggi e statuti di tipo p re t­ tam ente rom ano-italico, senza infiltrazioni di feudalism i .g erm an ici, p rim a sotto il protetto­ rato d e irim p e ro Rom ano d’O riente, poi da sole, come piccole rep u b lich e secondo l’esempio dei liberi Comuni italici. Nel 1409 furono sotto­ messe definitivam ente a Venezia, alla quale r i ­ m asero fino al 1797, conservando però sem ­ p re la loro autonom ia.

Venezia, come Roma, conquistò la D alm a­ zia p e r l’assoluta necessità di dom inare l’A d ria­ tico, indispensabile alla vita d’Italia.

Soltanto Ragusa rim ase rep u b lica in d ip e n ­ dente fino al 1808. L a storia della piccola re- publica rag usea è veram ente gloriosa p e r la p ro sp e rità dei com m erci m arittim i e p e r lo splendore delle a rti e delle lettere; m a anche questa è storia p rettam en te italiana, benché tra il popolo fosse andato diffondendosi da tem ­ po un caratteristico dialetto italo-slavo: «il

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ra-LA CACCIA ALL’ ITALIANO NELL’ADRIATICO 35

guseo». T u tta la vita publica di Ragusa fu sem ­ pre, fino al 1898, italiana.

Nelle cam pagne dalm ate dell’interno sorsero, verso il 1000, alcuni piccoli p rin cip ati slavi, che però non estesero m ai la loro signoria alle città della costa, rim aste perciò sem pre libere e italiane. Anzi ben presto anche code­ ste esigue signorie slave diventarono italiane col tempo e così Venezia potè dom inare senza contrasto su tu tta la Dalmazia.

Nel 1815 la D alm azia cadde sotto la dom i­ nazione (austriaca dopo aver fatto p arte del Re­ gno italico di Napoleone.

1 francesi trattarono la D alm azia come terra italiana anche quando la unirono alle P ro v in ­ cie illiriche di corta durata.

L ’A ustria — come abbiam o detto più sopra — risp ettò l’italian ità dalm atica fino al 1860; m a dopo aver p erduto la L o m bardia e il •Veneto, cominciò u na politica tendente a croatizzare la regione.

Certo p er in au gurare questa politica il te r­ reno in D alm azia era più propizio, non fosse altro perchè ivi i croati erano molto più nu ­ merosi ch e nelle altre regioni adriatiche. E solo quando «il m assacro degli ita lia n i,in quella disgraziata provincia», come disse con fra se molto esp ressiva un mio egregio collega, fu compiuto, l ’A ustria volle spingere gli slavi al- rassalto anche dellT stria, di T rieste e del F riuli Orientale.

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36 LA CACCIA ALL' ITALIANO NELL’ADRIATICO

B andito l ’italiano d alla m a rin a di guerra, l’A m m iragliato di Fola diventò il più valido e più zelante sostenitore della p ro p ag anda cro a­ ta in Istria. Un rin n egato italiano, l’am m ira- glio conte Montecuccoli, si pose alla testa di questa p ro p ag an d a e, nella sua q u alità di co­ m andante della m arin a, si prestò a divulgare l’odio contro gli italiani, fece dei suoi ufficiali, calati d a lla Boemia e dalla Croazia, i più arditi e più insolenti divulgatori del verbo slavo, p ro ­ clam ò ap ertam ente essere com pilo della m arin a austro -ung arica la distruzione com pleta d e lli- talian ità nell’Adriatico, cattivandosi con questi suoi scatli di furore italofobo le sim patie e il plauso della sta m p a e dei circoli viennesi; e ai delegati del P arlam en to au striaco e di quello ungherese, recatisi a Pola p e r visitare le opere di fortificazione e p e r constatare sul posto i progressi fatti dalla m arin a da g u erra, p ro n u n ­ ciò un discorso dicendo fra il resto che biso­ gnava p o rta re la flotta a u n grado tale di po­ tenza da re n d e rla capace di poter «scovare il nemico nell’A driatico e ferirlo nel cuore».

L ’A ustria h a avuto sem pre c u ra di affidare ai rin neg ati il triste incarico di to rm en tare i nostri connazionali, ben sapendo che da costoro poteva a sp ettarsi m aggiore zelo, m aggiore co­ noscenza dell’am biente e maggiore asLuzia nel­ l’adem pim ento della loro infam e missione.

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LA CACCIA A LL’ ITALIANO NELL’ADRIATICO 37

sono siati im bastiti a Trieste e- nelle altre re ­ gioni italiane dell’A ustria a preferenza da fun­ zionari italiani, che dopo aver rin n eg ata la loro p a tria e la loro origine si vendettero al Governo austriaco, assum endosi l’orrib ile com ­ pito di perseg uitare i loro fratelli in qu alità di d iretto ri di polizia, di p ro cu rato ri di Stato e di giudici istruttori, disposti sem pre a sch er­ nire le loro vittim e e a m enare spavaldam ente vanto del loro tradim ento p e r provocare i cit­ tadini a nuove e più audaci im prudenze e quindi fa r pesare m aggiorm ente su di essi la m inaccia del carcere e della forca.

Chi non ha vissuto la vita piena di insidie e di pericoli dei nostri fratelli su ll'altra sponda non può com prendere in tu tta la sua bellezza e in tu tta la sua grandezza la loro m agnifica resistenza e la loro tenace e inflessibile forza di volontà.

In lutti i ram i della publica am m inistrazione il Governo austriaco ha cercato di p e n e trare p er daryi la caccia all’italiano infrangendo le leggi, calpestando sfacciatam ente gli statuti, da lui stesso a suo tempo sanzionati. Nelle scuole, nelle chiese, nei tribunali, in tutti gli/ uffici dello Stato impose l’uso della lingua slava, costrinse i suoi impiegati a p re fe rirla in ogni occasione, perseguitò coloro che non obbedi­ vano prontam ente alle sue ingiunzioni, impedì con la più brutale violenza ogni m anifestazione

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di italian ità, ostacolò sul terren o economico ogni iniziativa italian a, favorì con tutti i mezzi, le­ citi e illeciti, la penetrazione dell’in d u stria c del cap itale slavo, istigò i capi dei p a rtiti slavi ad in su ltare in ogni ric o rre n z a solenne il nome italiano, la ban d iera italiana, le cose più sacre della Nazione italiana, e rep re sse con tutto il rigore, di cui sa essere capace, ogni reazione della cittad in an za offesa e provocata.

Contro T rieste si co ncentrarono negli ultim i anni tutti gli sforzi della p ro p ag an d a slava,, appoggiata dal Governo.

Il p rin cip e H ohenlohe venne m andalo in q u a ­ lità di luogotenente a T rieste app u n to p e r a n ­ n ientare il p artito nazionale italiano, e p e r con­ d u rre a term ine questa sua m issione egli si valse di qualunque mezzo; approfittò di tutti i piccoli dissidi in tern i, patteggiò segretam ente coi socialisti p e r distruggere d'accordo con essi l’autonom ia com unale c nello stesso tem ilo in ­ coraggiò assiduam ente la penetrazione slava, cercando di dirigere gli attacchi là dove più debole poteva essere la resistenza.

Trieste, il m aggior centro di italian ità sulla sponda orientale dell’Adriatico, doveva passare in potere degli slavi,, perchè solo così sarebbe stato possibile di fa r cadere anche gli altri Comuni italian i dell’Istria e del F riu li O rien­ tale, che nelle loro lotte han n o tratto sem pre il maggior sostegno m orale d all’indom abile

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rezza e dall’audace resistenza della cittad in an ­ za triestina.

Ora io mi dom ando: di fronte a queste p re ­ messe come possono alcuni circoli francesi e inglesi sostenere le pretese degli jugo-slavi con­ tro l’Italia nell’A driatico? Come possono am ­ m ettere clic il nostro Paese avrà il cuore, in queste circostanze, di decretare il sacrifizio di popolazioni, che tengono con tutte le fibre del­ l’anim o loro ad essere unite all’Italia? Come possono seriam ente afferm are che la D alm azia non è italiana, solo perchè un popolo fanatiz­ zalo da u n Governo senza scrupoli h a accettato di rendersi com plice delle più orribili o p p res­ sioni, tentando di distruggere con la violenza venti secoli di civiltà latina? Che direbbero i nostri amici francesi, se nostri scrittori di g ri­ do si m ettessero a proclam are che l’Alsazia e la Lorena non sono francesi, solo perchè q u a­ ran ta anni di regim e p russiano potrebbero es­ sere bastali a trasfo rm are la loro coscienza e a crearvi u n ’anim a tedesca?

E p p u re la Dalm azia, Fium e, l’Istria e T rie ­ ste non sono meno italiane che non sieno fra n ­ cesi l’Alsazia e la Lorena. E d io non so se dal punto di vista strategico ed economico, che in questi casi h a un ’im portanza capitale e si im pone ad ogni a ltra considerazione, io non so — dico — se le provincie che la F ra n c ia conta di poter riconquistare alla G erm ania con

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questa gu erra abbiano p e r la n ostra alleata il valore che h a n n o p e r il nostro avvenire, anzi a d d irittu ra p e r la nostra esistenza, le regioni adriatiche d ell’a ltra sponda.

In sostanza a noi p a re che la Serbia in questo m om ento dovrebbe avere cure ben più gravi e più im p o rtan ti e più degne della speciale attenzione di alcuni nostri amici inglesi e fra n ­ cesi che non sieno le oziose dispute su ll’italia- n ità dell’A driatico; a noi p a re che questi no­ stri amici invece di p erd ere il loro tempo a indagare se F ium e e la D alm azia sono più croate clic iLaliane, farebbero bene a rico rd are ai p ropagandisti jugo-slavi che nelle circostanze attuali, p e r la ricostituzione di u n a grande Ser­ bia, il pericolo di non poter so ttra rre a ll'Ita ­ lia alcune regioni della sponda orien tale del­ l’Adriatico dovrebbe ra p p re se n ta re un valore assolutam ente trascu rab ile, a m eno che non si voglia con questa insistenza far nascere l’im ­ pressione che tutto il problem a si riduce a conti fatti al desiderio di avere da sostituire al­ l’A ustria nell’A driatico qualche cosa di egual­ m ente pericoloso p e r noi.

Solo in questo caso noi, italiani, potrem m o spiegarci lo zelo di questi nostri amici nel voler tutelare contro le aspirazioni d ell'Italia gii interessi di coloro che finora, con le p a­ role e coi fatti, han n o p atrocinato nel nostro m are soltanto le am bizioni di conquista degli Absburgo.

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LA CACCIA A LL7 ITALIANO NELL’ADRIATICO 41

Il (molto della n o stra g u e rra è: Austria de-

lenda. Noi ci adoperiam o a prom uovere con

tutte le nostre forze la sparizione piena e com ­ pleta di questo vergognoso anacronism o nel cuore d ell’E u ro p a e dom ani, (piando la vittoria decisiva av rà coronato i nostri sforzi e quelli dei nostri alleati e quando si tra tte rà di stabi­ lire anche la sorte del popolo croato, noi po­ trem o stendere un velo sul passato e sul p re ­ sente e m ostrarci generosi anche verso gli jugo­ slavi in omaggio alle nostre tradizioni e dopo aver provveduto alla tutela dei nostri interessi; m a non siam o disposti a sopportare p er que­ sta nostra generosità pressioni di nessun ge­ nere e sopratutto non possiamo am m ettere clic 'per p ro cu ra rsi appoggi e aderenze nei paesi alleati questi novissimi fautori im provvisati del­ la causa dell’Intesa cerchino di fa r valere nella loro c a rta da visita la q ualità di nemici im p la­ cabili del nome italiano.

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I cosacchi dell’Austria.

Io ritengo che p e r sostenere la no stra lesi di fronte alle agitazioni palesi e occulte dei propag and isti jugo-slavi uno degli argom enti più tforli. più eloquenti e più persuasivi p er tutti è questo: i croati, che all’estero fanno tanto chiasso, perm ettendosi di accam pare di fronte a ll'Ita lia pretese esagerate e speculando sulla buona fede di alcuni troppo ingenui loro pro tetto ri, sono oggi, come nel 1818, come nel 1859, come nel 1866 e come in tutti i mo­ m enti più difficili nella storia della m onarchia degli, Absburgo i più zelanti paladini di quel p rincipio, che noi e i nostri alleati ci propo­ niam o di ab battere con q uesta g u e rra e clic ha nelle due potenze dell’E u ro p a cen trale il suo più solido sostegno.

Noi dobbiam o insistere su questa circostanza, perchè riten iam o che, se nei paesi alleati si avesse u n ’idea esatta del vero significato di certe agitazioni, del loro carattere, del loro

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I COSACCHI DELL’AUSTRIA 4 3

retroscena e sopratutlo del vivo contrasto clic esiste tra i discorsi e le azioni degli agitatori jugo-slavi dell’A ustria, si finirebbe p e r con­ cludere clic costoro abusano un po’ troppo del- l’ospitalità loro accordata in buona fede, spie­ gando u n ’azione d ire tta a coniproineltere gli interessi generali dell’Intesa.

T uttavia si potrebbe anche com prendere le loro lam entazioni e le loro proteste, se die­ tro à sò avessero un popolo pronto a sostenerli con la sua condotta,, coi suoi sacrifizi o al­ meno con la m uta e cosciente volontà di sba­ razzarsi da un giogo diventato orm ai insoppor­ tabile. Ma invece n u lla di lutto ciò avviene ora nella m onarch ia dan u b iana; anzi i croati nella loro strag ran d e m aggioranza ci tengono ad a p ­ p arire anche oggi, come sem pre, degni della loro fam a di cosacchi dell’Austria. h m entre gli agitatori jugo-slavi all’estero spiegano uno zelo insuperabile' nel diffam are il nostro Paese, non rispettan d o nei loro conciliaboli neanche le cose nostre più care e più sacre e diverten­ dosi a m anifestare in ogni occasione il loro stupido disprezzo p e r il m agnifico sforzo odier­ no del nostro popolo, i loro connazionali in p a tria si battono da leoni in difesa degli Ab- sburgo e non fanno p ro p rio nu lla che valga a giustificare la troppo facile sim p atia o il troppo largo appoggio di alcuni nostri amici inglesi.

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Omenti del popolo croato verso l’A ustria e la sua dinastia, sogliono ric h iam a rsi al m ostruoso processo p er alto tradim ento di Zagabria, al processo provocato dai famosi docum enti falsi del prof. F riedjung, all’assolutism o in Croazia e a tutte le più recenti infam ie, commesse du­ ran te la g u erra nei paesi jugo-slavi da coloro che h a n n o la grave resp o nsabilità di aver fatto scoppiare la conflagrazione europea.

Noi siam o ben lontani dal voler d im inuire il c a ra tte re odioso di quei sistem i, che abbiam o denunziato a suo tem po stigm atizzandoli come si conveniva, nonostante la scarsa sim patia, di­ m o strata sem pre dai croati p e r noi e p e r le cose nostre e nonostante le am arezze che h a n ­ no voluto infliggere ai nostri connazionali sul­ l’a ltra (sponda dell’A driatico, p restan d o ascolto alle lusinghe e alle false prom esse del nostro più im placabile nemico. Queste am arezze e que­ sti passati ran co ri non han no m ai offuscato il nostro giudizio ed anzi da nfoi la^ strag ran d e m aggioranza d e ll’opinione pnblica è stata sem ­ p re p ro n ta ad appoggiare con sincero e n tu ­ siasm o tutte le rivendicazioni nazionali degli jugo-slavi, p ersu asa che la rettitu d in e della no­ stra politica e so pratutto l’atteggi am ento del­ l’Italia di fronte all’aggressione p rem ed itata de­ gli im peri c e n trali a danno della Serbia do­ vessero b astare a rid u rre al silenzio anche i più arrab b iati p ro p ag an d isti croati e far loro

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