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Valutazione d’azienda : descrizione dei metodi di valutazione aziendale e applicazione pratica al caso specifico di un’impresa attiva nel ramo della ristorazione in Ticino

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(1)

Valutazione d’azienda

Descrizione dei metodi di valutazione aziendale e applicazione pratica al

caso specifico di un’impresa attiva nel ramo della ristorazione in Ticino

Studente Relatore

Andrea Manni

Claudio Cereghetti

Corso di laurea Indirizzo di approfondimento

Economia aziendale

Accounting & Controlling

Progetto

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Valutazione d’azienda

Descrizione dei metodi di valutazione aziendale e applicazione pratica al caso specifico di un’impresa attiva nel ramo della ristorazione in Ticino

Autore: Andrea Manni Relatore: Claudio Cereghetti

Tesi di Bachelor in economia aziendale

Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale Manno, settembre 2016

(3)

“Le tre regole di lavoro:

1. Esci dalla confusione, trova semplicità. 2. Dalla discordia, trova armonia.

3. Nel pieno delle difficoltà risiede l’occasione favorevole.”

(4)

ABSTRACT

L’importanza di un procedimento di valutazione aziendale ben strutturato e credibile, che possa quantificare il valore economico reale di un’impresa, cresce col passare del tempo. Le aziende operano difatti in mercati che presentano un’intensità di forze competitive spesso elevata e per affrontarla il motto “L’unione fa la forza” sembra essere tornato particolarmente in auge. I processi di Mergers & Acquisitions sono diffusi in tutti i settori e permettono alle aziende di raggiungere obiettivi ai quali da sole non potrebbero ambire. Alla base di queste importanti operazioni di acquisizione e fusione si trova la determinazione del valore dell’impresa, il quale non può essere ricercato unicamente all’interno dei dati contabili già disponibili (e per questo retrospettivi) ma pure, e soprattutto, nelle prospettive future dell’impresa di potere generare ricchezza. Questo preambolo solo per citare quelli che sono, probabilmente, i due ambiti di decisione aziendale più importanti che poggiano sulla quantificazione del valore economico di un’impresa. La rilevanza di questo processo si può però riscontrare, ad esempio, anche nel caso in cui si stia decidendo in quali opportunità offerte dal mercato finanziario si preferisca investire oppure si stia tentando di capire come il valore della propria impresa possa modificarsi a causa di differenti scelte di finanziamento operabili e/o di diverse strategie di gestione adottabili.

I vari metodi di valutazione aziendale presentano, chi più chi meno, vantaggi e limiti che all’interno di questo lavoro si è tentato inizialmente di elencare nel modo più chiaro e intuitivo possibile. In un secondo tempo, grazie alla possibilità concessa dal titolare della Iaca SA, azienda attiva nel campo della ristorazione in Ticino, sono stati applicati i metodi di valutazione ad un’attività concreta alfine di determinarne il valore. A supporto del processo di valutazione è stata effettuata un’analisi dell’impresa e del settore in cui opera. Durante la fase di applicazione pratica si è ritenuto importante evidenziare ulteriormente le particolarità dei differenti approcci per meglio comprendere quale possa essere quello più attendibile, anche dal punto di vista della precisione della metodologia adottata.

(5)

INDICE

ABSTRACT ... I INDICE ... II INDICE DELLE FIGURE ...III INDICE DELLE TABELLE ... IV ABBREVIAZIONI ... V

1. Introduzione ... 1

2. Metodologia di ricerca ... 2

3. Quadro teorico sui metodi di valutazione aziendale ... 3

3.1. Obiettivi e motivi alla base della valutazione ... 3

3.2. Approcci alla valutazione ... 4

3.3. Tasso di attualizzazione ... 4

3.3.1. Tasso di rendimento atteso del capitale di rischio (Ke) ... 5

3.3.2. Tasso di rendimento atteso del capitale di debito (Kd) ... 7

3.3.3. Costo medio ponderato del capitale (WACC) ... 7

3.4. Metodo patrimoniale ... 8

3.5. Metodo reddituale ...10

3.6. Metodo pratico (o misto) ...10

3.7. Metodi finanziari ...11

3.8. Metodo Economic Value Added (EVA) ...14

3.9. Metodi basati su multipli di mercato e multipli di transazioni ...16

3.10. Vantaggi e limiti ...17

4. Descrizione dell’impresa e del suo ambiente esterno ...19

4.1. Storia dell’impresa ...19

4.2. Analisi contabile dell’azienda ...21

4.3. Definizione del settore ...28

4.4. Analisi del macroambiente ...28

4.5. Analisi delle forze competitive ...29

4.6. Analisi della domanda ...32

4.7. Analisi della concorrenza ...33

5. Pianificazione economica finanziaria ...35

6. Applicazione dei metodi di valutazione aziendale ...37

6.1. Definizione del tasso di attualizzazione ...37

6.2. Metodo patrimoniale ...38

6.3. Metodo reddituale ...39

6.4. Metodo misto...40

6.5. Metodo DCF ...40

7. Analisi di sensibilità per il metodo DCF ...42

7.1. Analisi di sensibilità in relazione a variazioni della cifra d’affari ...42

7.2. Analisi di sensibilità in relazione a variazioni del costo del capitale ...43

7.3. Analisi di sensibilità tramite i multipli di mercato ...44

8. Considerazioni sui risultati emersi e conclusione ...46

Bibliografia ...48

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INDICE DELLE FIGURE

Figura 1: Schema Du Pont ...26

Figura 2: Rendimento bond 10Y Confederazione Svizzera ...37

Figura 3: Risultati della valutazione aziendale ...46

(7)

INDICE DELLE TABELLE

Tabella 1: Tipologie di fattore Beta ... 6

Tabella 2: Fattori influenzanti il rendimento del capitale di rischio ... 7

Tabella 3: Determinazione dei multipli di mercato ...16

Tabella 4: Vantaggi e limiti dei metodi di valutazione ...17

Tabella 5: Conti economici soggettivi ...21

Tabella 6: Bilanci soggettivi ...21

Tabella 7: Conti economici soggettivi corretti ...22

Tabella 8: Bilanci soggettivi corretti ...22

Tabella 9: Calcolo costo del personale ...23

Tabella 10: Calcolo stipendio titolare e moglie ...23

Tabella 11: Conti economici oggettivi ...24

Tabella 12: Bilanci oggettivi ...24

Tabella 13: Indici di bilancio ...25

Tabella 14: Variazione sostanza circolante netta operativa ...27

Tabella 15: Evoluzione sostanza fissa ...27

Tabella 16: Analisi PEST del settore ...28

Tabella 17: Analisi delle forze competitive nel settore...29

Tabella 18: Popolazione residente nei comuni serviti con le consegne a domicilio ...32

Tabella 19: Stima numero clienti delle pizzerie take away e consegne a domicilio ...33

Tabella 20: Lista pizzerie concorrenti ...33

Tabella 21: Stima cifra d'affari del settore e quote di mercato ...34

Tabella 22: Stima dei cash flow del periodo di pianificazione esplicita ...35

Tabella 23: Stima del FCF Terminal Value ...36

Tabella 24: Calcolo unlevered Beta delle imprese comparabili ...38

Tabella 25: Calcolo relevered Beta della Iaca SA ...38

Tabella 26: Calcolo del patrimonio netto contabile ...38

Tabella 27: Calcolo del reddito medio prospettico ...40

Tabella 28: Calcolo valore attualizzato FCF e TV ...41

Tabella 29: Analisi di sensibilità per variazioni cifra d'affari - Scenario ottimistico ...42

Tabella 30: Analisi di sensibilità per variazioni cifra d'affari - Scenario pessimistico...43

Tabella 31: Calcolo valore attualizzato FCF e TV con tasso di sconto ridotto ...44

Tabella 32: Calcolo valore attualizzato FCF e TV con tasso di sconto aumentato ...44

Tabella 33: Calcolo multiplo di mercato P/E ...44

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ABBREVIAZIONI

AFC Amministrazione federale delle contribuzioni

CAPM Capital Asset Pricing Model

CE Conto economico

CF Ciclo finanziario

COIN Capitale operativo investito netto

DCF Discounted Cash Flow

DEFR Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca

EBIT Earnings Before Interest and Taxes

EBITDA Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization

EVA Economic Value Added

FCF Free Cash Flow

FINMA Autorità Federale per la Vigilanza sui Mercati Finanziari IPO Initial public offering

IR Investment rate

MRP Market risk premium

MVA Market Value Added

NOA Net operating assets

NOPAT Net operating profit after taxes

PEST Analisi politica, economica, sociale, tecnologica

PMI Piccole e medie imprese

PNC Patrimonio netto contabile

RO Riserve occulte

ROCT Rotazione del capitale totale

ROE Return on equity

ROI Return on investment

ROIC Return on invested capital

ROS Return on sales

SCNop Sostanza circolante netta operativa

SCop Sostanza circolante operativa

SF Sostanza fissa

TMPC Tempo medio di pagamento dei clienti

TMPF Tempo medio di pagamento ai fornitori

TV Terminal Value

UFAS Ufficio federale delle assicurazioni sociali UST Ufficio federale di statistica

(9)

1. Introduzione

Il processo di determinazione del valore di un’azienda si rende necessario in molteplici situazioni in cui si manifesta il bisogno di stimare il capitale economico dell’impresa stessa, il quale non è rappresentato semplicemente dal capitale rendicontabile in quel momento. Alcune delle circostanze necessitanti una valutazione aziendale sono ad esempio l’esigenza di cedere a terze persone tutta l’impresa o una parte di essa, la fusione, la scissione e la decisione di quotarsi in borsa. Non si tratta però di una valutazione legata unicamente ad eventi straordinari come quelli appena citati ma di un’utile attività di analisi in grado di fornire importanti dati a supporto dei classici indicatori di misurazione delle performance aziendali (De Muri, 2005).

L’analisi risulta tuttavia piuttosto complicata a causa della complessità dell’azienda che è difatti costituita da molteplici componenti come ad esempio il personale, i beni materiali, i beni immateriali (reputazione, immagine, marchio, …) e la posizione sul mercato. Alcune di queste risorse e competenze sono difficilmente quantificabili monetariamente e per questo l’obiettivo della valutazione d’azienda è quello di utilizzare metodi in grado di generare un valore monetario il più oggettivo possibile che possa poi fungere da riferimento per eventuali contrattazioni riguardo ad esempio la vendita dell’impresa stessa. È in ogni caso riscontrabile una certa dose di soggettività nel processo di valutazione in quanto alcune variabili dipendono da scelte discrezionali che possono anche comportare importanti modifiche sul valore finale calcolato (Luoni, 2015a, p. 3).

I vari metodi di valutazione aziendale esistenti presentano dei limiti anche se quelli più complessi (come i metodi finanziari) sono in grado di portare a valori piuttosto attendibili visto che considerano principalmente la capacità dell’impresa di generare flussi di cassa e non si basano unicamente su una valutazione patrimoniale delle varie tipologie di beni presenti in azienda.

Una valutazione credibile e in grado di fornire dati utili non è però il risultato di una mera applicazione rigorosa dei vari metodi esistenti ma sottintende anche la dimostrazione di capacità di analisi della domanda, del settore in cui opera l’impresa e delle strategie aziendali.

La valutazione aziendale è uno degli argomenti più complessi e interessanti trattato in alcuni moduli del Bachelor in economia aziendale, quantomeno riguardo ai corsi legati all’ambito contabile, e si è curiosi rispetto all’applicazione pratica dei concetti appresi.

(10)

2. Metodologia di ricerca

Il lavoro di ricerca svolto è di tipo qualitativo e quindi, come indicato da Willi-Piezzi, Lombardo & Francetic (2014), “ha come obiettivo principale quello di analizzare e capire a fondo un fenomeno in tutte le sue sfaccettature e/o di approfondire alcuni aspetti rilevanti dell’oggetto di studio” (p. 4). Gli obiettivi specifici del lavoro sono elencati nella “scheda di progetto tesi di Bachelor” consultabile in allegato, mentre la domanda di ricerca indagata è “Quale metodo di valutazione aziendale è più adatto a quantificare il valore dell’impresa scelta?”.

La struttura dell’elaborato scritto prevede inizialmente una descrizione dei vari metodi di valutazione aziendale e dei loro rispettivi vantaggi e svantaggi. In seguito, grazie all’occasione data dal titolare della Iaca SA, sarà possibile applicare concretamente i metodi al caso di un’azienda attiva nel settore della ristorazione in Ticino. Per contestualizzare al meglio la parte empirica della tesi si procederà anche ad un’analisi della domanda e del settore in cui opera l’azienda oggetto di valutazione.

La documentazione teorica consultata è elencata nella bibliografia e si compone principalmente di testi sull’argomento della valutazione aziendale e di materiale didattico di corsi universitari inerenti il tema. Per descrivere la storia dell’azienda valutata e stimare l’evoluzione futura dell’attività, sia a livello contabile che gestionale, è stato necessario raccogliere informazioni presso il titolare della Iaca SA, signor Giovanni Zinna. Una traccia degli elementi raccolti è visibile in allegato. Stessa cosa dicasi dei questionari usati per raccogliere i dati riguardo la domanda e la concorrenza nel settore analizzato.

(11)

3. Quadro teorico sui metodi di valutazione aziendale

La molteplicità di approcci possibili nel campo della valutazione d’azienda rende necessaria un’iniziale esposizione dei metodi esistenti e delle loro peculiarità. La valutazione è ad esempio possibile sulla base del patrimonio dell’impresa oppure sulla capacità dell’impresa di generare flussi di reddito. La combinazione di questi due metodi è possibile in quello che è chiamato metodo pratico. Altri approcci più complessi si sviluppano dai flussi di cassa generati dall’attività aziendale oppure dal valore economico creato annualmente. È bene chiarire che non esiste il metodo “perfetto” e che la scelta di quale utilizzare dipende dalla tipologia di impresa valutata (natura e caratteristiche) e dal motivo della valutazione (Luoni, 2015a, p. 6). Da notare che l’utilizzo simultaneo di più metodologie per valutare l’azienda permette di individuare un intervallo di valori ritenuti sensati e verosimili piuttosto che un valore preciso univoco. A tal proposito è utile citare Damodaran (2014), il quale sostiene che “alcuni analisti riconoscono esplicitamente che il valore da loro individuato rappresenta solamente una stima e cercano pertanto di identificare un intervallo di valutazione, sia attraverso modelli di simulazione, sia attraverso stime del valore effettuate introducendo possibili configurazioni dei dati di input nel caso di worst case e best case” (p. 6).

3.1. Obiettivi e motivi alla base della valutazione

Come già detto in precedenza, la complessità dell’impresa e degli elementi che la compongono ha reso indispensabile la ricerca di metodi i più precisi possibili per determinare il valore oggettivo dell’azienda ovvero il valore di mercato del capitale proprio, che non corrisponde semplicemente al prezzo delle azioni. Tale valore di mercato non deve essere condizionato, ad esempio nel caso di una cessione d’attività, dall’eventuale stato di urgenza riguardo la conclusione dell’operazione e non è quindi influenzato dalla situazione in cui si trovano le parti impegnate nella contrattazione. È chiaro che potranno esserci delle differenze tra il valore generato dal processo di valutazione aziendale e il prezzo che scaturirà in seguito, poiché questo è influenzato dalle condizioni soggettive dei partecipanti alle trattative (Luoni, 2015a, p. 3; Cereghetti, 2016, p. 5).

I principali motivi per svolgere una valutazione d’azienda sono i seguenti:  cessione di tutta l’azienda o di una parte di essa,

 conferimento di azienda,

 modifica della struttura economica o giuridica dell’azienda (fusione, scissione, scorporo o trasformazione),

 compravendita di quote e di pacchetti azionari,  recesso o ingresso di un socio,

 aumento di capitale sociale,  divisioni di eredità o matrimoniali,  donazione,

 privatizzazione,

 controllo dei valori di bilancio,

 conoscenza degli effetti di strategie e politiche di gestione adottate,  volontà di quotazione in borsa (IPO),

(12)

 … .

(Rutigliano, s.d.; Luoni, 2015a, p. 4; Cereghetti, 2016, p. 6)

Un’efficace valutazione deve svilupparsi secondo una metodologia razionale e rigorosa, deve basarsi su dati trasparenti e deve essere il più possibile oggettiva (De Muri, 2005).

3.2. Approcci alla valutazione

Esistono due distinti approcci ai metodi di valutazione aziendale che sono particolarmente importanti da conoscere quando si utilizzano i metodi finanziari. Il primo sviluppa l’analisi in una dimensione di capitale proprio che già considera come l’azienda si è finanziata tramite capitale di terzi (metodo netto/equity side/levered), mentre il secondo si basa su una visione dell’impresa che non tiene conto della sua struttura finanziaria (metodo lordo/entity/asset side/unlevered). In questa seconda situazione una volta determinato il valore aziendale bisogna dedurre l’ammontare del finanziamento da parte di terzi (Cereghetti, 2016, pp. 17-18).

I due approcci si caratterizzano per una scelta di dati contabili considerati e di tassi di attualizzazione utilizzati differenti, ma se applicati correttamente portano allo stesso risultato (Cereghetti, 2016, p. 20).

3.3. Tasso di attualizzazione

Sia i metodi finanziari che quelli reddituali sono sottoposti alla definizione e all’utilizzo di un tasso di attualizzazione. Sul dizionario di economia e finanza Treccani, si può trovare una concisa descrizione in merito all’attualizzazione fornita da Ziani (2012) “In finanza, operazione con la quale si calcola il valore a oggi (o valore attuale) di uno o più importi esigibili o pagabili in epoche future. Si pone l’obiettivo di rendere omogenee e quindi confrontabili, riconducendole a un’unica epoca comune, grandezze economiche riferite a istanti temporali diversi”. Nel contesto della valutazione aziendale tale procedimento permette di scontare il valore dei redditi o dei flussi di cassa futuri dell’impresa al momento dell’esecuzione della stima. Secondo Rutigliano (s.d.) il suddetto tasso “[…]esprime il rapporto tra reddito e capitale che viene reputato conveniente per l’investimento nell’impresa”, mentre Damodaran (2014) da parte sua scrive “Una nozione fondamentale nella valutazione è che il tasso di attualizzazione da applicare ai flussi di cassa debba riflettere la rischiosità a essa associata: flussi di cassa con elevata rischiosità dovranno essere attualizzati a tassi maggiori rispetto a quelli con rischiosità più limitata” (p. 14). In relazione al concetto di rischio sempre Damodaran (2014) esplica che lo stesso “[…]è definibile come la probabilità che il rendimento effettivo di un investimento sia diverso dal rendimento atteso, in ciò includendo non solo eventi negativi (al di sotto del rendimento atteso), ma anche positivi (al di sopra del rendimento atteso)” (pp. 29-30).

Da notare che, come indicato da Rutigliano (s.d), “la scelta del tasso è un elemento soggettivo di valutazione che può creare effetti distorsivi notevoli sul risultato della valutazione stessa”.

(13)

3.3.1.

Tasso di rendimento atteso del capitale di rischio (Ke)

Il Ke, o costo dell’equity, esprime il rendimento minimo che si attende chi apporta capitale proprio nell’azienda. È il tasso che viene utilizzato per scontare i risultati netti o i flussi di cassa levered (approccio equity side). Nel concreto il Ke deve considerare il rendimento per delle attività prive di rischio (risk-free) unitamente ad un premio per il rischio specifico dell’impresa. Il tasso risk-free è spesso accostato a quello dei tassi di rendimento dei titoli statali a medio-lungo termine. La seconda componente del Ke riflette invece un rischio economico generale e introduce la remunerazione supplementare che una persona si attende per investire i propri soldi in un’azienda. La possibilità che l’impresa non realizzi utili sufficienti a remunerare il capitale messo a disposizione dagli investitori varia infatti a dipendenza della tipologia di business, del settore e di molti altri fattori che devono forzatamente essere considerati (Università degli Studi di L’Aquila, s.d., p. 11).

La stima del costo dell’equity è un argomento spinoso, lo stesso nel concreto potrebbe essere visto come il tasso d’interesse di mercato per investimenti sicuri a lungo termine sommato ad un supplemento per il rischio aziendale generale e ad un supplemento/riduzione per attività specifica (ad esempio supplemento per nuove startup/nuove tecnologie, riduzione per il ramo immobiliare, …). Eventualmente è possibile contemplare anche un premio per l’inflazione (Cereghetti, 2016, p. 33). Esistono però alcuni modelli che aiutano ad affinare questa stima e a renderla più verosimile, tra questi il più utilizzato è chiamato Capital Asset Pricing Model (CAPM). Il modello poggia sull’assunto che ogni tipologia di attività risente di due rischi distinti, uno è legato all’azienda specifica e risulta eliminabile grazie ad una diversificazione del portafoglio di investimenti, mentre il secondo non si può eliminare perché è relativo all’andamento economico generale. La formula per calcolare il Ke secondo il CAPM è la seguente:

rf) -(rm * + rf = Ke

dove:

Ke = tasso di rendimento atteso del capitale di rischio

rf = tasso di rendimento atteso di un’attività priva di rischio (risk-free)

β = Beta = coefficiente rappresentativo del rischio specifico della società oggetto di valutazione rm = tasso di rendimento medio espresso dal mercato azionario

(Università degli Studi di L’Aquila, s.d., p. 11-12)

La differenza tra il tasso di rendimento medio del mercato azionario e il tasso risk-free rappresenta concretamente il rischio economico generale di mercato citato in precedenza. Il coefficiente Beta esprime invece la variabilità del rendimento di una specifica azienda rispetto a quello del mercato azionario generale nello stesso periodo. In pratica permette di comprendere quanto sia sensibile un titolo specifico (e di riflesso l’attività dell’impresa) alle oscillazioni del mercato. Grazie a questo coefficiente si può misurare quanto un’attività sia più rischiosa rispetto ad altre. Beta può assumere valori che oscillano attorno al valore 1, nel dettaglio:

(14)

Tabella 1: Tipologie di fattore Beta

β = 1 Rischio dell’azienda allineato a quello del mercato.

β < 1 Rischio dell’azienda minore rispetto a quello del mercato. In questo caso un’oscillazione del mercato si ripercuote in misura ridotta sull’azienda.

β > 1 Rischio dell’azienda maggiore rispetto a quello del mercato. In questo caso un’oscillazione del mercato si ripercuote in misura amplificata sull’azienda.

Fonte: Elaborazione propria

(Rutigliano, s.d.; Università degli Studi di L’Aquila, s.d., p. 12)

Il Beta può assumere anch’esso la forma unlevered o levered. La prima riflette unicamente la rischiosità operativa insita nella tipologia di attività presa in esame, mentre la seconda tiene conto anche della struttura finanziaria dell’azienda. Per stimare questo coefficiente bisogna effettuare una distinzione tra le aziende quotate in borsa e quelle non quotate (Università degli Studi di L’Aquila, s.d., p. 14).

Le imprese quotate in borsa possono adottare un approccio statistico (top-down). In pratica si paragonano i rendimenti del titolo aziendale con quelli medi del mercato e grazie ad una regressione lineare si trova β, che in pratica non è altro che il coefficiente angolare della retta di regressione.

Le imprese non quotate in borsa devono adottare un approccio più pratico (bottom-up). Nel concreto si prende come riferimento il β di alcune società comparabili alla propria e, grazie ad una formula, si elimina l’influsso determinato dalla loro struttura finanziaria e dall’aliquota fiscale. La media di questi dati costituisce il β unlevered del “settore” al quale viene poi applicata la struttura finanziaria (indice di indebitamento o target di indebitamento) e l’aliquota d’imposta della propria impresa per giungere al β levered specifico dell’azienda. La formula per calcolare il β unlevered è la seguente: CP CT T levered unlevered

/1(1 )* /

dove:

β unlevered = β di un’impresa senza debiti β levered = β impresa comparabile

T = aliquota d’imposta dell’impresa comparabile

CT/CP = leva o struttura finanziaria dell’impresa comparabile

La formula per calcolare il β levered della propria azienda, anche detto relevered, è la seguente: CP CT T unlevered relevered

*1(1 )* /

dove:

β relevered = β della propria impresa

(15)

T = aliquota d’imposta della propria impresa

CT/CP = leva o struttura finanziaria della propria impresa

(Università degli Studi di L’Aquila, s.d., pp. 14-15)

Da notare infine che molteplici fattori hanno un potenziale influsso sul rendimento del capitale di rischio. I principali sono i seguenti:

Tabella 2: Fattori influenzanti il rendimento del capitale di rischio

Fattori esterni Fattori interni

 Andamento generale dell’economia

 Andamento economico attuale e prospettico del settore attuale

 Concorrenza nel settore

 Tipologia e dimensione dell’impresa

 Efficienza ed efficacia nei processi lavorativi aziendali

 Qualità del management

 Debt capacity e grado di indebitamento  Continuità degli utili nel tempo

 Tipologia e qualità dei prodotti/servizi  Ampiezza della gamma

 Grado di innovazione

Fonte: Rutigliano, s.d.

3.3.2.

Tasso di rendimento atteso del capitale di debito (Kd)

Il Kd, o costo del debito, esprime il rendimento minimo che si attende chi apporta capitale di debito nell’azienda. È il tasso che viene utilizzato ad esempio per scontare i flussi di cassa to debt. Si calcola dividendo i costi degli interessi per il capitale di terzi oneroso. Il tasso trovato deve essere defiscalizzato poiché la deducibilità fiscale degli interessi fa sì che il costo del capitale di debito sia in realtà meno oneroso per l’azienda.

La formula è la seguente: T) -(1 * iCT = Kd dove:

Kd = tasso di rendimento atteso del capitale di debito iCT = costo del capitale di terzi non defiscalizzato T = aliquota d’imposta

(Chiesi, s.d., pp. 12-13)

3.3.3.

Costo medio ponderato del capitale (WACC)

Il WACC, acronimo di Weighted Average Cost of Capital, esprime il costo che l’azienda deve sostenere per finanziarsi sia tramite capitale proprio che tramite capitale di debito. È il tasso che viene utilizzato ad esempio per scontare i flussi di cassa unlevered (approccio asset/entity side).

(16)

La formula è la seguente: CP CT CT T Kd CP CT CP Ke WACC      * *(1 )*

(Università degli Studi di L’Aquila, s.d., p. 16)

In pratica si ponderano le due tipologie di costi del capitale tramite la struttura finanziaria dell’impresa. Quest’ultima può essere problematica da definire ma questo sarà spiegato più avanti nella parte dedicata al metodo Discounted Cash Flow (DCF). Come già detto il capitale preso a prestito da terzi presenta il vantaggio dato dalla deducibilità fiscale degli interessi, difatti pagando interessi remuneratori l’utile prima delle imposte sarà più basso e l’azienda può beneficiare di uno sgravio sulle imposte da pagare rispetto ad una situazione in cui si finanzi unicamente tramite capitale proprio. Questo aspetto gioca un ruolo fondamentale nella scelta della modalità di finanziamento di un’attività; in quanto il capitale preso a prestito da terzi ha sempre un costo minore rispetto a quello immesso con mezzi propri nella società (Luoni, 2015c).

3.4. Metodo patrimoniale

Si tratta del metodo più intuitivo da applicare poiché si basa unicamente su una valutazione della situazione patrimoniale netta dell’azienda. Il metodo patrimoniale semplice prevede di valutare i vari assets che compongono l’attivo circolante (crediti, scorte, …), l’attivo fisso (immobilizzi finanziari e materiali) e il passivo nel modo più oggettivo possibile e dunque a valori di mercato anziché contabili, nella chiara ipotesi di continuità gestionale futura. Quando si utilizza il termine “a valori di mercato” si intende il valore di sostituzione (cioè il costo di riacquisto o di riproduzione) per quanto riguarda gli elementi dell’attivo, mentre per gli elementi del passivo si intende il valore di rinegoziazione (o valore di presunta estinzione). Per gli elementi dell’attivo patrimoniale destinati allo scambio (attivo circolante) si può considerare il valore di presumibile realizzo (Rutigliano, s.d.; Università degli Studi di L’Aquila, s.d., pp. 25-26; Potenza, 2012).

Le rettifiche a valori di mercato creano plusvalenze/minusvalenze che devono essere tassate in modo figurativo. Il carico fiscale latente è fissato di norma al 50% rispetto all’aliquota fiscale utilizzata usualmente, poiché considera che queste imposte siano solo “potenziali” e che l’aliquota stessa potrebbe variare nel tempo. L’applicazione di un’aliquota ridotta è dunque prassi comune (Soana, s.d.; Potenza, 2012). A tal proposito è utile citare per chiarezza Bianchi (2008) “Le rivalutazioni (o svalutazioni) rilevate […] non possono essere prese in considerazione nel loro intero ammontare. Non possono cioè essere sommati algebricamente al patrimonio netto risultante dal bilancio. Per essi dovrà essere scontato il presumibile effetto fiscale. […] Nella pratica l’effetto fiscale non si considera mai pieno, cioè commisurato all’aliquota corrente. Per il fatto che l’imposta verrà sostenuta in un periodo futuro non determinabile, si tiene conto dell’effetto di attualizzazione del relativo carico fiscale, che ne riduce, a valori presenti, l’impatto e si sconta anche la possibilità che nel frattempo possano intervenire norme agevolative di rivalutazione, che riducano l’imposta effettiva. Per queste ragioni si prendono in considerazione aliquote di imposta che possono variare a seconda delle circostanze tra il 40% e il 60% dell’aliquota piena” (p. 144).

(17)

Il metodo patrimoniale complesso prevede la possibilità di valutare anche quegli elementi intangibili presenti in azienda ma non iscritti a bilancio come ad esempio il marchio e il know-how (Rutigliano, s.d.; Potenza, 2012). È possibile valorizzare anche il goodwill generato internamente, il quale non è altro che l’espressione delle capacità acquisite nel tempo dall’azienda in grado di permetterle di registrare un reddito superiore alla media del settore (in pratica rappresenta i vantaggi competitivi di cui dispone l’impresa). In generale, tutti questi elementi intangibili secondo lo Swiss Gaap Fer (2014) sono descritti come “valori non monetari e non tangibili […] essi possono essere acquisiti oppure generati internamente. I valori immateriali, nella misura in cui possono essere identificati e attivati, possono essere designati quali immobilizzi immateriali” (p. 49).

L’approccio alla valutazione secondo questo metodo prevede un’iniziale raccolta dei bilanci degli ultimi anni e un’analisi delle norme contabili applicate (principi di contabilizzazione e valutazione). In seguito avviene l’eventuale rettifica a valori di mercato e la conseguente determinazione del carico fiscale latente (Cereghetti, 2016, p. 24).

La formula da applicare per il metodo patrimoniale semplice è la seguente:

W I ttifiche

PNCRe  

dove:

PNC = patrimonio netto contabile Rettifiche = rettifiche a valori di mercato I = carico fiscale latente

W = valore aziendale

Nel caso si utilizzi il metodo patrimoniale complesso la formula da applicare è la seguente:

W VI I ttifiche

PNCRe   

dove la nuova variabile significa:

VI = valore degli elementi intangibili non iscritti a bilancio

(Potenza, 2012; Rutigliano, s.d.; Soana, s.d.)

Idealmente il valore che emerge dovrebbe corrispondere all’investimento necessario per avviare una nuova attività dotata di struttura patrimoniale identica a quella dell’impresa oggetto della valutazione (Potenza, 2012; Rutigliano, s.d.). Considerate le particolarità del metodo, che non tiene conto della capacità dell’impresa di generare reddito, è ritenuto adatto per valutare aziende caratterizzate da un importante patrimonio immobilizzato come possono ad esempio essere le aziende attive in campo immobiliare o le holding pure (Luoni, 2015a, p. 10; Rutigliano, s.d.).

(18)

3.5. Metodo reddituale

Questo metodo pone in primo piano la redditività dell’azienda e considera, al fine della quantificazione del valore dell’impresa stessa, unicamente la capacità di generare reddito. L’approccio è tipicamente equity side e la base per la valutazione si chiama “reddito medio prospettico”, il quale consiste in un reddito medio normalizzato e pertanto epurato da tutte quelle componenti che hanno carattere estraneo e/o straordinario. Si tratta dunque di quantificare quale sarà l’utile costante generato dall’esercizio dell’attività principale dell’impresa. Il valore aziendale è calcolato tramite l’attualizzazione dei risultati economici attesi (si utilizza la formula matematica della rendita perpetua). La formula da applicare nell’ipotesi di vita aziendale illimitata è la seguente:

R i =W

dove:

R = reddito medio prospettico

i = tasso di rendimento atteso del capitale di rischio (Ke) W = valore aziendale

(Cereghetti, 2016, pp. 28-31; Rutigliano, s.d.; Università degli Studi di L’Aquila, s.d., p. 16)

Il processo di normalizzazione che permette di trasformare l’utile di bilancio in un reddito permanente prospettico comprende l’identificazione e l’eliminazione dei ricavi/costi straordinari unitamente a quelli concernenti la gestione estranea nonché la neutralizzazione delle politiche di bilancio (come ad esempio la creazione o meno di riserve occulte). L’obiettivo finale è quello di individuare l’effettiva e stabile capacità dell’impresa di generare reddito senza considerare situazioni e elementi casuali, non ripetibili e non pertinenti alla gestione caratteristica (Rutigliano, s.d.). Il criterio di proiezione dei flussi di reddito può variare in modo discrezionale. Nella parte pratica della tesi si esplicherà quale criterio si è deciso di utilizzare.

Le aziende che non presentano un patrimonio elevato e che non possono contare sul valore aggiunto da beni immateriali, dovrebbero preferire questo metodo. Si pensa principalmente ad aziende di intermediazione finanziaria, aziende di servizi e aziende commerciali nelle quali la significatività degli aspetti reddituali è maggiore rispetto a quelli patrimoniali (De Muri, 2005).

3.6. Metodo pratico (o misto)

Il metodo prevede di considerare contemporaneamente sia la situazione patrimoniale sia quella reddituale. È data maggiore importanza alla capacità dell’impresa di generare reddito e per questo motivo il valore aziendale calcolato col metodo reddituale pesa di base 2/3 sulla valutazione complessiva, mentre il valore calcolato col metodo patrimoniale pesa il restante 1/3. È così possibile attenuare gli svantaggi dei precedenti metodi che per differenti ragioni non sono in grado di esprimere al meglio il valore di una società se considerati singolarmente. Da notare che il peso

(19)

da attribuire ai due valori rimane di per sé una scelta soggettiva. La formula da applicare è la seguente: VS+(VR * 2) 3 =W dove: VS = valore di sostanza VR = valore di reddito W = valore aziendale (Cereghetti, 2016, pp. 36-37)

Risulta sensato utilizzare questo metodo perché unisce l’obiettività e la verificabilità intrinseci del metodo patrimoniale con l’aspetto reddituale. Solitamente si applica alle valutazioni relative ad aziende commerciali o ad aziende quotate in borsa. In Svizzera è molto applicato nelle società di piccole dimensioni ed è utilizzato dall’Amministrazione Federale delle Contribuzioni (AFC) per la valutazione dei titoli senza valore di mercato, cioè non quotati in borsa (Rutigliano, s.d.; Luoni, 2015a, p. 12; Cereghetti, 2016, p. 36).

3.7. Metodi finanziari

“La ragione per la quale decidiamo di acquistare un’attività è rappresentata dal fatto che ci aspettiamo che questa genererà flussi di cassa in futuro” (Damodaran, 2014, p. 11). La valutazione con i metodi finanziari mette l’accento su tali flussi di cassa futuri a disposizione degli investitori e, come già riportato in precedenza, può essere effettuata a livello equity (levered), quindi considerando i cash flow a disposizione dei soli azionisti e attualizzandoli tramite un tasso di sconto che rifletta unicamente il costo dell’equity. Altrimenti si può agire a livello entity (unlevered), in questo caso considerando i flussi di cassa a disposizione di tutti gli investitori (azionisti e non) e attualizzandoli tramite un tasso di sconto che rifletta il costo medio del capitale ponderato. Nella seconda situazione i cash flow sono calcolati al lordo degli interessi passivi da pagare per remunerare il capitale preso a prestito da terzi (Cereghetti, 2016, p. 40; Rutigliano, s.d.).

Il Discounted Cash Flow è il più utilizzato metodo finanziario e si sviluppa da un’ottica di flussi di cassa unlevered. Il punto di partenza è il Free Cash Flow (FCF) e cioè il flusso di cassa generato dall’attività tipica dell’azienda (inclusi gli investimenti di mantenimento) senza considerare le modalità di finanziamento (e dunque senza dedurre il costo del capitale preso a prestito). Il metodo si basa sull’assunto che il valore di un’azienda possa essere rappresentato dal valore attuale di tutte le somme di liquidità future a disposizione dell’impresa dopo aver effettuato gli investimenti necessari a garantire la continuità della gestione e l’equilibrio finanziario. La caratteristica principale del DCF è quella di mostrare la capacità dell’impresa di retribuire i suoi investitori grazie ai flussi monetari disponibili dopo aver effettuato tutti gli investimenti necessari a garantire il proseguo dell’attività aziendale in condizioni di economicità (De Muri, 2005, pp. 38-39; Luoni, 2015a, pp. 13-14; Cereghetti, 2016, p. 40).

(20)

Il procedimento prevede di considerare un cosiddetto periodo di pianificazione esplicita (3-7 anni nel futuro rispetto al momento della valutazione) che stimi i futuri Free Cash Flow dell’impresa (Cereghetti, 2016, p. 93). La società in questo periodo dovrebbe raggiungere una posizione di equilibrio sul mercato (stabilità degli affari) che è così caratterizzata:

 Presenza di margini di utile lordo costanti,

 Tasso di rotazione del capitale investito costante,  Tasso di rendimento sul capitale investito costante,  Crescita costante,

 Tasso di reinvestimento nell’attività operativa costante,  Tasso di rendimento costante su tutti i nuovi investimenti. (Cereghetti, 2016, p. 61)

Queste condizioni sono alla base della determinazione del valore residuo, chiamato Terminal Value (TV), il quale aggrega gli infiniti FCF che saranno generati dall’attività aziendale oltre il suddetto periodo di pianificazione, ipotizzando appunto investimenti a livello di sostanza circolante pari a zero ed un evoluzione degli investimenti/ammortamenti ad un livello 1:1 (ad esempio si ammortizza 100 e si investe 100). Tutti i FCF sono poi scontati tramite il WACC al momento in cui viene effettuata la valutazione aziendale. Per stabilire i Free Cash Flow a disposizione dell’azienda si può utilizzare il seguente procedimento:

EBIT

- Imposte teoriche sul reddito operativo .

= Reddito operativo netto dopo le imposte (NOPAT)

+ Ammortamenti e svalutazioni .

= Cash flow lordo da attività operativa

+/- Variazione sostanza circolante netta operativa

-/+ Investimenti/disinvestimenti nell’attività operativa .

= Free Cash Flow unlevered (Cash flow netto da attività operativa)

(Rutigliano, s.d.; Università degli Studi di L’Aquila, s.d., p. 6; Cereghetti, 2016, p. 43)

Visto l’utilizzo del WACC, teoricamente la struttura finanziaria dell’impresa dovrebbe rispecchiare i valori di mercato sia del debito che del capitale azionario. Questo è complicato perché la valutazione aziendale ha come obiettivo proprio quello di quantificare il valore di mercato del capitale azionario. Per superare questo loop metodologico è possibile utilizzare, per calcolare il WACC, una struttura finanziaria obiettivo oppure basarsi semplicemente sui valori di bilancio (Rutigliano, s.d.).

Il TV ha un peso sulla valutazione complessiva molto importante (oltre il 70%) ma rappresenta pur sempre una stima ed è quindi sottoposto ad una componente di soggettività elevata e possibilmente fuorviante (Cereghetti, 2016, p. 102). Il calcolo del Terminal Value può variare a dipendenza se l’azienda si trovi in una situazione di crescita o meno. In condizioni di stabilità la formula prevede semplicemente di dividere il FCF seguente il periodo di pianificazione esplicita per il WACC. Qualora sia presumibile una crescita costante questo tasso di crescita (g) deve essere

(21)

dedotto dal WACC prima di dividere il FCF e così si tiene conto della crescita nel calcolo del TV. La formula appena descritta è chiamata “Growing Perpetuity Formula”:

TV

g

WACC

FCFt

1

dove:

FCFt+1 = Free Cash Flow dell’anno seguente la fine del periodo di pianificazione esplicita WACC = costo medio ponderato del capitale

g = tasso di crescita TV = Terminal Value

(Cereghetti, 2016, pp. 61-63)

Il tasso di crescita può essere calcolato moltiplicando il tasso di reinvestimento (IR), che rappresenta la percentuale di reddito operativo netto che viene investita in nuovi progetti e attività, per il tasso di ritorno sul capitale investito (ROIC). In questo modo si stabilisce quanto il reinvestimento degli utili generati dall’attività caratteristica dell’azienda può permettere ai profitti di crescere l’anno seguente. Il fattore di crescita ha un peso importante nel calcolo del TV perché significa che ipoteticamente reinvestendo continuamente parte del valore creato dall’impresa si può continuare ad accrescere i futuri cash flow ad un tasso costante e quindi ad aumentare il valore della propria azienda. Questa situazione deve essere dunque per forza considerata nel calcolo del TV (Wessels, 2011).

Esiste una seconda formula che può essere utilizzata per calcolare il valore del Terminal Value in situazione di crescita ed è chiamata “Key Value Driver Formula”. La stessa si basa proprio sui concetti appena introdotti e considera direttamente le determinanti della crescita che sono l’IR e il ROIC. Si parte dall’assunto che il FCF sia quanto residua del NOPAT dopo gli investimenti, per cui il numeratore della formula diventa NOPAT*(1-IR). Come già detto, IR*ROIC = g e la formula può perciò essere riscritta nel seguente modo:

TV

g

WACC

ROIC

g

NOPATt

1

*

(

1

)

dove le nuove variabili significano:

NOPATt+1 = reddito operativo netto dopo le imposte dell’anno seguente la fine del periodo di pianificazione esplicita

ROIC = return on invested capital = tasso di ritorno sul capitale investito

(22)

La formula da applicare per calcolare il valore aziendale con il metodo DCF è la seguente:

W

F

L

N

i

i

FCFn

i

FCFt

n n t t

(

1

)

1

)

1

(

1 dove:

FCF = Free Cash Flow

n = ultimo anno di pianificazione esplicita FCFn+1 = Terminal Value all’istante n i = tasso di attualizzazione (WACC)

N = valore di mercato degli attivi estranei all’attività aziendale L = liquidità in eccesso rispetto alle necessità correnti

F = debiti finanziari W = valore aziendale

(Cereghetti, 2016, p. 42)

È un metodo da preferire nelle aziende che presentano flussi di cassa importanti come aziende commerciali (sia all’ingrosso che al dettaglio) e aziende di servizi. Difficilmente si potrà applicare ad imprese che sono dotate quasi esclusivamente di patrimonio, come le società di gestione immobiliare (Luoni, 2015a, p. 15).

3.8. Metodo Economic Value Added (EVA)

È un metodo che considera il valore aggiunto alla società dal reddito che residua per differenza tra il rendimento del capitale investito e il costo dello stesso. Un’impresa che realizza utili contabili non necessariamente crea valore economico per i suoi investitori, difatti questo avviene solamente nel caso in cui il reddito derivante dal capitale investito operativo (NOPAT) sia superiore al costo del capitale investito operativo (WACC*COIN). Nel caso contrario si verifica una distruzione di valore aziendale. Il calcolo dell’EVA è il seguente:

EVA COIN

WACC

NOPAT( * )

dove:

NOPAT = reddito operativo netto dopo le imposte WACC = costo medio ponderato del capitale COIN = capitale operativo investito netto EVA = Economic Value Added

(23)

Il procedimento per calcolare il NOPAT è parte integrante di quanto già mostrato in precedenza per identificare i Free Cash Flow e in modo semplificato, considerando un’azienda che non dispone di una gestione estranea, può essere così descritto:

Ricavi operativi

- Costi operativi .

= EBITDA (Reddito operativo lordo)

- Ammortamenti e svalutazioni .

= EBIT (Reddito operativo netto)

- Imposte teoriche sul reddito operativo .

= NOPAT (Reddito operativo netto dopo le imposte)

(Rutigliano, s.d.; Università degli Studi di L’Aquila, s.d., p. 5)

Il capitale operativo investito netto (COIN oppure NOA in inglese, Net Operating Assets) rappresenta la somma della sostanza circolante netta operativa e della sostanza fissa netta operativa (Rutigliano, s.d.).

Dopo aver stabilito il periodo di pianificazione esplicito, si procede all’attualizzazione di tutti gli EVA (compreso il TV), determinando in questo modo il cosiddetto Market Value Added (MVA) e cioè tutto il valore aggiunto che l’azienda sarà in grado di creare in futuro tramite il capitale investito. La formula da applicare per calcolare il Market Value Added è la seguente:

MVA

WACC

EVAt

n t t

1

(

1

)

dove: EVAt (1+WACC)t t=1 n

å = sommatoria EVA attualizzati

MVA = Market Value Added

In seguito, sommando il MVA al COIN e deducendo i debiti finanziari, è possibile stabilire il valore aziendale. La formula da utilizzare diventa:

W F MVA

COIN  

dove:

COIN = capitale operativo investito netto MVA = Market Value Added

F = debiti finanziari W = valore aziendale

(24)

Tale metodo è poco applicato nella pratica delle valutazioni aziendali e per questo motivo si rinuncia ad utilizzarlo nella parte empirica della tesi.

3.9. Metodi basati su multipli di mercato e multipli di transazioni

In relazione alla valutazione tramite multipli Damodaran (2014) scrive “Sebbene l’approccio dei flussi di cassa attualizzati sia quello maggiormente considerato sia a livello accademico che didattico, a livello operativo, la maggior parte delle attività viene valutata attraverso i metodi di valutazione relativa, con la quale il valore di un’attività viene stimato sulla base dei prezzi correnti assegnati dal mercato ad attività simili” (p. 17). L’utilizzo di questi metodi trova la sua utilità in fase di controllo delle valutazioni effettuate con gli altri approcci sopraesposti. Risultano essere di facile applicazione e sono pertanto piuttosto diffusi soprattutto in contesti aziendali di piccole e medie dimensioni (Rutigliano, s.d.). Una semplice spiegazione in merito ci viene fornita da De Muri (2005) “i metodi basati su multipli di mercato partono dall’assunto che il valore di un’azienda si possa determinare assumendo a riferimento le indicazioni fornite dal mercato per società con analoghe caratteristiche. La logica è quella di individuare le relazioni che esistono tra prezzi di mercato e variabili economiche aziendali. Il multiplo così calcolato viene poi <<applicato>> alla medesima variabile economica dell’azienda da valutare in modo da giungere per moltiplicazione al valore cercato”. La scelta delle società da comparare è influenzata da più fattori che devono essere simili a quelli della società oggetto di valutazione, tra i tanti si possono citare:

 Settore di appartenenza,  Dimensioni,

 Rischi finanziari,  Redditività,

 Brand image e identity,

 Capacità di distribuzione di dividendi,

 …

(Rutigliano, s.d.)

Il procedimento da attuare può essere suddiviso in tre principali fasi:

1) Identificazione di un insieme di aziende quotate in borsa e confrontabili secondo i fattori suddetti.

2) Determinazione della relazione (multiplo) tra il prezzo di mercato delle varie aziende comparabili e alcune grandezze economiche delle imprese stesse.

Tabella 3: Determinazione dei multipli di mercato

Azienda Prezzo/Valore di mercato Grandezza economica (es.

utile netto)

Multiplo

1 10'000’000 1'000’000 10x

2 5'000’000 400’000 12.5x

3 1'000’000 120’000 8.3x

Fonte: Elaborazione propria

(25)

3) Applicazione del multiplo alla grandezza economica equivalente dell’azienda oggetto della valutazione. Nell’esempio proposto un’impresa con un utile netto di 200'000 franchi dovrebbe avere un valore che si aggiri attorno a 2'000'000 di franchi.

Alcuni dei moltiplicatori più utilizzati sono i seguenti:

 P/E = prezzo/utile netto. È influenzato dalle politiche di bilancio;

 P/EBIT. Non è influenzato dalla struttura finanziaria e fiscale della società;

 P/EBITDA. Non è influenzato dalla politica di ammortamento adottata dalla società;  P/Vendite. Non è influenzato dalle politiche di bilancio.

È pure possibile calcolare i multipli a partire dai prezzi pagati per l’acquisizione di aziende non quotate in borsa.

(De Muri, 2005; Rutigliano, s.d.; Cereghetti, 2016, pp. 81-83)

3.10.

Vantaggi e limiti

Di seguito sono sintetizzati alcuni aspetti positivi e negativi legati ai vari metodi applicabili:

Tabella 4: Vantaggi e limiti dei metodi di valutazione

Metodi Vantaggi Limiti e criticità

Patrimoniali  Producono una valutazione più oggettiva rispetto ad altri metodi poiché non richiedono né stime su redditi o flussi di cassa futuri né l’utilizzo di tassi di sconto.

 Non considerano la capacità

dell’impresa di generare reddito o flussi di cassa in futuro.

 Il processo di valutazione degli elementi patrimoniali a valori correnti

di mercato, anziché di

funzionamento, può essere

complesso e dispendioso.

 Il metodo patrimoniale semplice non

tiene conto di eventuali beni

immateriali presenti in azienda ma non attivati a bilancio.

Reddituali  L’utilizzo di un reddito medio

prospettico permette di considerare

nella valutazione quella che

dovrebbe essere la stabile capacità futura dell’azienda di generare utili.

 Margine di errore, più o meno ampio, causato dalla soggettività nella definizione del tasso di attualizzazione e nella stima dei flussi di reddito futuri.

 Il reddito è sensibile a numerose manipolazioni come, ad esempio, la creazione di riserve occulte.

Misti  Riducono il margine di errore del

metodo reddituale, rafforzando la

valutazione tramite una

quantificazione del valore degli

 La scelta del peso da attribuire alle due componenti (patrimoniale e reddituale) è soggettiva.

(26)

elementi oggettivi del patrimonio. soggettività introdotta dalla parte reddituale e risentono comunque della poca razionalità scientifica dei metodi patrimoniali.

Finanziari  Razionalità elevata legata al fatto che si basano sulla logica di definizione del prezzo delle attività finanziarie e riflettono la teoria economica sulla corretta valutazione degli investimenti.

 Evidenziano la capacità dell’azienda di generare cash flow e di metterli a disposizione dei propri investitori.

 Denotano una soggettività elevata legata alla stima dei flussi di cassa aziendali futuri.

 Per le aziende non quotate in borsa

si presentano difficoltà nella

determinazione di un Ke verosimile,

principalmente a causa della

difficoltà del processo di stima del coefficiente Beta.

Multipli  Semplicità di utilizzo perché si

basano su dati contabili e parametri economici oggettivi.

 Costituiscono un parametro di

comparazione dei valori che

scaturiscono dagli altri metodi di valutazione.

 Scarsa razionalità scientifica

generale e in particolare, differenza tra concetto di prezzo e valore nel caso di valutazione effettuate tramite multipli di transazioni comparabili.  Per le PMI è difficile identificare

società realisticamente comparabili.  Le quotazioni in borsa delle aziende

sono influenzate da variabili

soggettive e fenomeni straordinari.

Fonte: Elaborazione propria

(27)

4. Descrizione dell’impresa e del suo ambiente esterno

Le informazioni necessarie a definire con che tipo di impresa ci si confronta sono principalmente di tre tipi. Le prime sono informazioni interne che hanno lo scopo di chiarire la storia dell’azienda, la sua struttura e il suo modello di business. Le seconde sono informazioni contabili orientate sia al passato che al futuro. Da ultime troviamo le informazioni esterne le quali rivestono un’importanza cruciale per contestualizzare l’ambiente in cui opera l’azienda e che sono informazioni sul mercato, sulla clientela, sui fornitori, sulla concorrenza e quindi in generale sul settore (De Muri, 2005).

4.1.

Storia dell’impresa

La società Iaca SA ha iniziato la propria attività nel mese di ottobre 2010. Nello specifico si occupa della gestione della pizzeria “Pizzarella” di Arbedo. Secondo quanto riportato dal Registro di commercio del cantone Ticino (ultima modifica 2010) lo scopo della società è il seguente “La gestione di esercizi pubblici in particolare di bar, ristoranti e pizzerie. La preparazione e la consegna a domicilio di cibi, pietanze, dolci e bevande. La società potrà effettuare anche servizi catering su richiesta. La società potrà effettuare qualsiasi operazione finanziaria e commerciale in relazione al suo scopo e necessaria alla sua realizzazione. Potrà partecipare ad altre imprese simili”.

Il titolare, signor Giovanni Zinna, è da tempo attivo come imprenditore nel settore della ristorazione in quanto già co-proprietario in passato di un esercizio pubblico molto conosciuto nella zona del Bellinzonese. La sua competenza in tale ambito è supportata dal fatto che è sia presidente dell’Associazione pizzaioli ticinesi, sia docente presso la GastroTicino. L’esperienza ventennale del titolare nel settore della ristorazione, nello specifico nella preparazione di pizza, è stata determinante per permettere al nuova pizzeria “Pizzarella” di farsi velocemente conoscere e apprezzare dalla clientela. Nei primi mesi di attività era possibile solamente ritirare pizza d’asporto e ricevere consegne di pizza a domicilio, ma in seguito ad un accordo con il proprietario dello stabile è stato poi possibile ampliare il locale e avere a disposizione anche un sala da circa trenta posti per la consumazione in loco. Inizialmente il carico di lavoro era suddiviso tra il titolare, sua moglie, un pizzaiolo e un’autista per le consegne. Nel corso degli ultimi sei anni per far fronte all’aumento del carico di lavoro è stato necessario assumere un pizzaiolo e un aiuto pizzaiolo nonché quattro autisti che potessero inter cambiarsi per coprire i vari turni di lavoro. Il signor Zinna riferisce che ad oggi la pizzeria dispone di un bacino di clienti di circa 5’000 unità. Nel 2014 è stata aperta una seconda pizzeria a Giubiasco e nel 2015 una terza a Lamone, le quali utilizzano lo stesso brand “Pizzarella” ma sono difatti delle società a sé stanti. La Iaca SA fornisce la pasta per la pizza alle due società così da garantire che il prodotto venduto sotto lo stesso marchio sia identico. Tale aspetto è interessante, perché si generano ricavi supplementari limitando il costo marginale alle materie prime utilizzate per la pasta.

Serietà, costanza, professionalità e presenza sul territorio sono i valori su cui punta il titolare, il quale ritiene inoltre che ogni pizza infornata debba essere curata come se fosse sempre la prima perché ogni cliente merita di ricevere questo tipo di attenzione e un prodotto costantemente di alta qualità.

(28)

La società ha effettuato una serie di investimenti iniziali per dotarsi delle attrezzature necessarie (forno, banco da lavoro refrigerato, impastatrice, celle frigorifere, lavastoviglie, affettatrice, …) e per la sistemazione del locale. Tali spese ammontarono a circa 80'000 franchi. Alcuni lavori per cui sarebbe potuto intervenire il proprietario dello stabile sono stati eseguiti dal signor Zinna per avere poi la possibilità di pagare un importo di locazione dei locali piuttosto contenuto. Non sono previsti nei prossimi anni particolari investimenti se non per mantenere la capacità produttiva sul livello attuale che è già praticamente sfruttata al massimo. Per poter eventualmente aumentare la capacità produttiva sarebbe necessario acquistare, ad esempio, un secondo forno o un bancone da lavoro più grande. Per motivi di spazio non si ritiene attualmente possibile questa eventualità.

L’azienda punta molto sul marchio “Pizzarella” e sullo slogan “Sana, buona e bella” per il quale è piuttosto conosciuta nella regione del Bellinzonese. A livello di marketing, il titolare ha effettuato un importante lavoro a livello di packaging dei cartoni per le pizze in quanto tutte le tipologie (grandezze) sono personalizzate con la sua immagine caricaturale, il logo e lo slogan dell’azienda. Sono inoltre effettuate anche attività di sponsoring per club sportivi della regione. In futuro si pensa a migliorare le attività di pubblicità grazie al numericamente importante database clienti a disposizione. Già in passato è stato fatto tanto in questo senso, ad esempio all’inizio del 2016, per festeggiare i primi cinque anni di attività, è stata portata avanti una campagna promozionale che permetteva di ricevere una pizza ad un prezzo omaggio di 5 franchi. I contenitori per la pizza hanno la particolarità di essere rivestiti internamente di un materiale innovativo particolarmente adatto a mantenere il calore. Il vantaggio in termini di qualità è bilanciato da un costo unitario piuttosto elevato rispetto ai classici contenitori di cartone. Il titolare ritiene che questo sia un costo giustificato per potere offrire al cliente un prodotto in grado di mantenere la sua qualità anche nel caso in cui non possa essere consumato immediatamente appena sfornato. I fornitori della società sono la ditta Tipack di Agno per i cartoni, vari produttori locali ticinesi per gli ingredienti come farina, affettati e verdure, mentre per i prodotti caseari si fa capo alla rinomata ditta italiana Galbani.

Da un confronto effettuato personalmente, i prezzi dei prodotti sono in linea e in alcuni casi anche leggermente superiori a quelli della concorrenza e il titolare li ritiene giustificati, considerata sia la grande cura rivolta al procedimento di preparazione sia la qualità degli ingredienti utilizzati. Per ottenere un vantaggio competitivo sulla concorrenza, la società punta principalmente su una strategia di costo con alcuni elementi volti però alla differenziazione:

 ventennale esperienza nel settore del signor Zinna,

 alta qualità degli ingredienti utilizzati nella preparazione del prodotto finale,  utilizzo di un packaging di prodotto riconoscibile e di alta qualità,

 marchio conosciuto e apprezzato nella regione in cui opera,  costo contenuto dei locali e del canale di distribuzione,  posizione centrale per servire la regione del Bellinzonese.

L’apertura delle pizzerie di Giubiasco e Lamone utilizzanti lo stesso marchio, anche se giuridicamente separate dalla Iaca SA, garantisce lo sviluppo della presenza sul territorio ticinese che a sua volta permette la diffusione della riconoscibilità del marchio.

(29)

4.2.

Analisi contabile dell’azienda

I conti economici e i bilanci soggettivi degli anni 2011, 2012, 2013 e 2014 sono qui di seguito esposti in sintesi (cifre arrotondate e in CHF).

Tabella 5: Conti economici soggettivi

2011 % 2012 % 2013 % 2014 %

Ricavi 358’000 546’000 629’000 720’000

Costi della merce (124'000) 35 (180'000) 33 (210'000) 33 (244'000) 34

Costi del personale (150'000) 42 (170'000) 31 (226'000) 36 (302’000) 42

Altri costi d’esercizio (85'000) 24 (119'000) 22 (114'000) 18 (132'000) 18

Ammortamenti (20'000) (20'000) (19'000) (20’000)

Costi (379'000) - (489'000) 90 (569'000) 90 (698'000) 97

Ris. ante-imposte (21'000) 57’000 60'000 22'000

Imposte 0 (1'000) (23'000) 38 (13'000) 60

Ris. d’esercizio (21'000) - 56’000 10,3 37’000 5,9 9'000 1,25

Fonte: Conti economici 2011, 2012, 2013 e 2014

Tabella 6: Bilanci soggettivi

2011 2012 2013 2014

SOSTANZA CIRCOLANTE 42’000 120’000 110’000 64’000

Liquidità 28’000 111’000 87’000 43’000

Crediti da forniture e prestazioni 3’000 1’000 2’000 2’000

Anticipi e prestiti 0 0 11’000 16’000

Ratei e risconti attivi 11’000 8’000 10’000 3’000

SOSTANZA FISSA 76’000 77’000 69’000 152’000

Partecipazioni 0 0 0 80’000

Mobilio 3’000 15’000 12’000 13’000

Macchine e attrezzature 23’000 18’000 15’000 17’000

Macchine ufficio, informatica 25’000 24’000 19’000 23’000

Veicoli 3’000 2’000 10’000 10’000

Spese di costituzione 6’000 4’000 2’000 0

Spese di ristrutturazione 16’000 14’000 11’000 9’000

TOTALE ATTIVO 118’000 197’000 179’000 216’000

CAPITALE DEI TERZI 73’000 96’000 41’000 69’000

Debiti per forniture e prestazioni 33’000 63’000 22’000 44’000

Accantonamenti 0 1’000 9’000 0

Ratei e risconti passivi 20’000 12’000 10’000 25’000

Correntista 20’000 20’000 0 0 CAPITALE PROPRIO 45’000 101’000 138’000 147’000 Capitale sociale 100’000 100’000 100’000 100’000 Utile/Perdita riportata (34'000) (55'000) 1’000 38’000 Utile/Perdita d’esercizio (21'000) 56’000 37’000 9’000 TOTALE PASSIVO 118’000 197’000 179’000 216’000 Fonte: Bilanci 2011, 2012, 2013 e 2014

(30)

I vari costi concernenti la merce e il personale sono stati aggregati, mentre i restanti, ad eccezione degli ammortamenti, sono catalogati come “Altri costi d’esercizio”. I conti annuali originali possono essere trovati in allegato (1, 2 e 3) unitamente ad una rielaborazione intermedia (allegato 4). Nella colonna “%” sono esposti i rapporti percentuali tra le categorie principali di costi e i ricavi d’esercizio nonché l’aliquota d’imposta e la percentuale del risultato d’esercizio rispetto ai ricavi. Nell’anno 2012 la perdita riportata di 55'000 franchi è stata compensata con l’utile d’esercizio e per questo motivo è tassata solo la differenza.

Prima di potere iniziare l’analisi è necessario correggere il conto annuale, il quale presenta un errore e cioè l’attivazione a bilancio delle spese di ristrutturazione (Swiss Gaap Fer, 2014, p. 52). I costi sostenuti inizialmente per ristrutturare i locali sono da imputare unicamente a conto economico nell’anno 2011 e gli ammortamenti nei vari anni, concernenti tale voce errata di bilancio, sono da elidere. Momentaneamente le imposte non sono ricalcolate, questa correzione sarà apportata in sede di oggettivazione. Di seguito sono esposti i conti annuali rielaborati (i bilanci sono presentati in forma sintetica).

Tabella 7: Conti economici soggettivi corretti

2011 % 2012 % 2013 % 2014 %

Ricavi 358’000 546’000 629’000 720’000

Costi della merce (124'000) 35 (180'000) 33 (210'000) 33 (244'000) 34

Costi del personale (150'000) 42 (170'000) 31 (226'000) 36 (302’000) 42

Altri costi d’esercizio (85'000) 24 (119'000) 22 (114'000) 18 (132'000) 18

Ammortamenti (20'000) (18'000) (16'000) (18’000) Costi ristrutturazione (16'000) Costi (395'000) - (487'000) 89 (566'000) 90 (696'000) 97 Ris. ante-imposte (37'000) 59’000 63'000 24'000 Imposte 0 (1'000) (23'000) (13'000) Ris. d’esercizio (37'000) 58’000 40’000 11'000

Fonte: Elaborazione propria

Tabella 8: Bilanci soggettivi corretti

2011 2012 2013 2014

SOSTANZA CIRCOLANTE 42’000 120’000 110’000 64’000

SOSTANZA FISSA 60’000 63’000 58’000 143’000

TOTALE ATTIVO 102’000 183’000 168’000 207’000

CAPITALE DEI TERZI 73’000 96’000 41’000 69’000

CAPITALE PROPRIO 29’000 87’000 127’000 138’000

TOTALE PASSIVO 102’000 183’000 168’000 207’000

Fonte: Elaborazione propria

È stata così ristabilita una situazione più rispettosa dei principi di contabilizzazione true & fair. Il secondo passo da intraprendere, prima di analizzare i conti, è quello dell’oggettivazione. Secondo quanto comunicato dal titolare della società non sono state create riserve occulte tramite ammortamenti accelerati, i quali rispettano il limite imposto dal diritto fiscale, e neppure sono stati costituiti accantonamenti ingiustificati dal lato economico. Non esistono né scorte da sottovalutare né in sostanza crediti, quindi anche queste due modalità di creazione di RO non sono utilizzate. Il

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