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Sintesi e caratterizzazione di polieteri azidati a blocchi

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Academic year: 2021

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(1)

Università di Pisa

Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale Tesi di Laurea Magistrale in INGEGNERIA CHIMICA

sintesi e caratterizzazione

di polieteri azidati a blocchi

Relatori:

Prof. ing. Giovanni Polacco Dott.ssa Sara Filippi

Controrelatore:

Prof. ing. Maurizia Seggiani

Candidato: Leonardo Mori

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I N D I C E

1 stato dell’arte 1

1.1 Propellenti Liquidi 1

1.2 Propellenti Solidi Compositi 2

1.3 Componenti del propellente solido 3

1.3.1 Combustibile 3

1.3.2 Ossidante 4

1.3.3 Legante 4

1.3.4 Plastificante 5

1.4 Scelta del propellente solido 5

1.4.1 Energia 6

1.4.2 Velocità di combustione 6

1.4.3 Proprietà meccaniche 7

1.4.4 Proprietà reologiche 8

1.4.5 Scia e impatto ambientale 9

1.5 Panoramica su leganti e polimeri energetici 10

1.6 Polimeri azidici 11

1.6.1 GAP 11

1.6.2 Miscele e copolimeri GAP/HTPB 11

1.7 Scopo della tesi 12

2 apparato sperimentale 14

2.1 Materiali 14

2.2 Sintesi del GAP 15

2.3 Mesilazione di HTPB e GAP 15

2.4 Sintesi dei copolimeri a blocchi 16

2.4.1 Mediante HDI 16

2.4.2 Mediante AdCl 17

2.4.3 Mediante precursori mesilati 17

2.5 Caratterizzazioni 18

3 risultati e discussioni 20

3.1 HDI come estensore di catena 23

3.2 AdCl come estensore di catena 24

3.3 Spettroscopia FT-IR 24

3.4 Cromatografia a permeazione di gel 27

3.5 Microscopia a fluorescenza 29

3.6 Chemical imaging 36

4 conclusioni 37

bibliografia 39

(3)

E L E N C O D E L L E F I G U R E

Figura 1 Razzo a propellente liquido 2

Figura 2 Razzo a propellente solido 3

Figura 3 Andamento della spinta 7

Figura 4 Diagramma sforzo-deformazione 8

Figura 5 Scia di un razzo 9

Figura 6 Schema completo di sintesi del GAP 15

Figura 7 Schema di reazione con AdCl 17

Figura 8 Schema di reazione con precursore mesilico 18

Figura 9 Schema della sintesi dei blocchi 20

Figura 10 Possibili prodotti di reazione 21

Figura 11 Schema di reazione 22

Figura 12 Spettro FTIR con estensori di catena 25

Figura 13 Spettro FTIR degli omo- e co- polimeri mesilati 26

Figura 14 Spettro FTIR GAPOMs-PB 27

Figura 15 GPC estensori di catena 28

Figura 16 GPC mesilati 28

Figura 17 MB HTPB/GAP a diversi rapporti in peso 30

Figura 18 Morfologie e compatibilizzazioni 31

Figura 19 Miscele meccaniche e copolimeri da mesili 32

Figura 20 Miscela meccanica compatibilizzata con mesili 33

Figura 21 Compatibilizzazioni a phr crescenti 34

Figura 22 MB compatibilizzate con PB-GAP-PB 35

Figura 23 Chemical imaging 36

E L E N C O D E L L E T A B E L L E

Tabella 1 Valori di riferimento 8

Tabella 2 Specifiche dell’HTPB 15

Tabella 3 GAP non reagito e rese 18

Tabella 4 Risultati delle GPC 27

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S O M M A R I O

Il poliglicidil azide (GAP) è una alternativa energetica al polibutadiene idrossiterminato (HTPB) nell’ambito delle formulazioni come legante nei propellenti solidi compositi per l’industria aerospaziale. Il GAP, tuttavia, pre-senta scarse proprietà meccaniche rispetto all’HTPB. Poiché le miscele mec-caniche HTPB-GAP risultano fortemente bifasiche, l’utilizzo di copolimeri a blocchi potrebbe essere una soluzione percorribile per ottenere il duplice vantaggio energetico e meccanico. I copolimeri sono stati sintetizzati dagli omopolimeri utilizzando due estensori di catena: l’esametilen diisocianato (HDI) e l’adipoil cloruro (AdCl). Entrambi i reagenti portano all’ottenimen-to di polimeri stabili ed omogenei; tuttavia, nel caso della reazione con HDI c’è il rischio di gelazione in fase di sintesi. Pertanto, il prodotto ottenuto con AdCl risulta essere il miglior candidato per l’utilizzo come legante o come compatibilizzante nelle miscele meccaniche HTPB-GAP. I copolimeri a blocchi glicidil azide-butadiene sono stati poi ottenuti mediante reazione dei due omopolimeri attraverso precursori mesilici. La reazione è semplice e non presenta gli inconvenienti riscontrati ad esempio nel caso di sintesi mediante HDI.

A B S T R A C T

Glycidyl azide polymer (GAP) is an “energetic” alternative to hydroxyl-terminated polybutadiene (HTPB), but has poorer mechanical properties. Since HTPB-GAP mechanical blends are markedly biphasic, the use of block copolymers may be the solution to join the advantages of both. The copoly-mers were synthesized from the homopolycopoly-mers by using two chain exten-ders: hexamethylene diisocyanate (HDI) and adipoyl chloride (AdCl). Both reagents gave homogeneous and stable polymeric mixtures, but with HDI there are risks of gelation during reaction. Therefore, the product obtained with AdCl is the best candidate to be used as binder or as compatibilizer in GAP-HTPB mechanical blends. Glycidyl azide-butadiene block copolymers were also produced by mesylation of one homopolymer, followed by reac-tion with the OH terminal groups of the second proposed here. The reacreac-tion is simple and does not show the drawbacks of the previously suggested alternatives.

(5)

1

S T A T O D E L L ’A R T E

I propellenti sono miscele di composti chimici capaci di sviluppare rapi-damente, una volta innescata la reazione di combustione, grandi quantità di gas caldi ad alta pressione. Tali gas vengono espulsi attraverso un ugello, in tal modo la loro energia termica e di pressione viene trasformata in energia cinetica: l’accelerazione che subiscono è responsabile della spinta propulsiva che forniscono. Essi non necessitano di apporto di ossigeno per la reazione di combustione, per tale ragione si prestano per sistemi di lancio in ambito aerospaziale. La loro formulazione è strettamente legata alle specifiche ri-chieste dalla particolare applicazione. I propellenti possono essere liquidi o solidi; tutti devono comunque soddisfare le seguenti caratteristiche:

• avere un contenuto energetico sufficiente per l’applicazione richiesta;

• avere sufficiente stabilità, ovvero non devono decomporsi o reagire prima del loro utilizzo;

• non devono essere particolarmente corrosivi o dannosi per il razzo vettore;

• nel caso di piccoli razzi, devono avere una densità la più elevata pos-sibile, in modo da garantire il minimo ingombro a parità di contenuto energetico;

• la reazione di combustione all’interno della camera deve avvenire ad una velocità controllata.

1.1

propellenti liquidi

Il motore tipico di un razzo a propellente liquido è costituito da un sistema di iniezione, da una camera di combustione e da un ugello. Una rappresenta-zione schematica è riportata in figura1; il sistema di iniezione ha la funzione

di miscelare le quantità opportune di combustibile e ossidante, inviandole alla camera di combustione, all’interno della quale essi reagiscono energica-mente, sviluppando gas caldi ad alta pressione i quali, passando attraverso l’ugello, fuoriescono ad una velocità elevata, dando così al razzo vettore la spinta necessaria.

Nei propellenti liquidi, combustibile e comburente sono stoccati separa-tamente e miscelati solamente all’ingresso della camera di combustione; re-golando il flusso in ingresso alla camera è possibile modulare la reazione di combustione, fino anche allo spegnimento e alla successiva riaccensione della stessa. Tale possibilità di modulazione porta i motori a propellente

(6)

1.2 propellenti solidi compositi 2

Figura 1: Rappresentazione schematica di un razzo a propellente liquido

liquido ad essere piuttosto versatili. Oltre al combustibile e al comburen-te, il propellente liquido può contenere agenti catalitici che incrementano la velocità di reazione.

Le principali caratteristiche richieste per un propellente liquido sono:

• reperibilità delle materie prime;

• elevato calore di combustione per unità di miscela di propellente, al fine di avere un’elevata temperatura nella camera;

• produzione di gas a basso peso molecolare;

• basso punto di congelamento, per poter operare in un vasto range di condizioni;

• elevata densità, la quale comporta un minore volume dei serbatoi di stoccaggio e della camera di combustione;

• bassa tossicità e corrosività;

• bassa tensione di vapore e stabilità allo stoccaggio.

1.2

propellenti solidi compositi

I propellenti solidi sono costituiti da una miscela solida di ossidante e combustibile, tenuta insieme da un legante, in genere un polimero reticola-to, il quale fornisce le proprietà meccaniche richieste durante il lancio. Il legante, inoltre, reagendo con l’ossidante, funge anch’esso da combustibile. L’ossidante e il combustibile più comuni sono, rispettivamente, il perclorato d’ammonio e l’alluminio; i leganti più diffusi sono dei poliuretani derivan-ti dalla rederivan-ticolazione di polibutadieni a basso peso molecolare per reazione con isocianati. Alla miscela solida possono essere aggiunte altre sostanze, come plastificanti, stabilizzanti, catalizzatori negativi, esplosivi. I motori a propellente solido, a differenza degli analoghi a propellente liquido, consi-stono nel solo booster, ovvero un involucro, in genere d’acciaio o composito

(7)

1.3 componenti del propellente solido 3

in fibra di carbonio, all’interno del quale viene posto il propellente solido; uno schema di un booster è mostrato in figura 2. A differenza dei motori

a propellente liquido, in questo caso una volta innescata la reazione, essa parte dal centro della carica solida e si propaga verso l’esterno, senza possi-bilità di arresto: per tale ragione i motori a propellente solido non hanno la versatilità di quelli a propellente liquido.

Figura 2: Rappresentazione schematica di un razzo a propellente solido composito I propellenti solidi, rispetto a quelli liquidi, hanno il vantaggio di ave-re una maggioave-re densità, sono quindi adatti per razzi compatti, di piccole e medie dimensioni. Inoltre, se opportunamente stoccati, presentano una minore pericolosità.

1.3

componenti del propellente solido

I principali componenti del propellente solido sono: 1. Combustibile

2. Ossidante

3. Legante

4. Plastificante

1.3.1 Combustibile

Il combustibile solido più utilizzato nella propulsione dei razzi vettori è l’alluminio, poiché la sua reazione di ossidazione è fortemente esotermica. Altri materiali, come il boro elementare, l’idruro di alluminio e l’idruro di berillio, possiedono un impulso specifico maggiore, ma il loro utilizzo non è diffuso per via del loro costo elevato, della loro tossicità e instabilità a lun-go termine. Il contenuto di alluminio influenza la temperatura di fiamma e la densità della carica solida: in particolare queste ultime aumentano al-l’aumentare del contenuto di combustibile. I massimi valori di temperatura di fiamma, come anche di impulso specifico, si ottengono utilizzando un rapporto stechiometrico tra combustibile, ossidante e legante.

(8)

1.3 componenti del propellente solido 4

1.3.2 Ossidante

Le caratteristiche dell’ossidante influenzano le proprietà meccaniche e ba-listiche del propellente solido, così come la sua processabilità. La scelta dell’ossidante viene effettuata in modo da ottenere il miglior compromes-so tra contenuto di ossigeno disponibile, elevata densità, bascompromes-so calore di formazione e massimo volume di gas sviluppato durante la reazione di com-bustione. Così come per il combustibile, un maggior contenuto di ossidante all’interno del propellente, porta ad una densità, temperatura di fiamma ed impulso specifico maggiori. Come accennato, l’ossidante più diffuso nell’in-dustria aerospaziale è il perclorato di ammonio, il quale ha una velocità di combustione appropriata per le applicazioni in questo settore. Inoltre, la sua velocità di combustione è influenzata dalla granulometria del sale; in partico-lare più è fine la polvere, maggiore risulta la velocità. Allo stesso modo però, aumenta anche la sensibilità all’impatto e alla frizione, quindi la probabilità di detonazione. Il principale svantaggio nell’uso del perclorato d’ammonio risiede nei prodotti di combustione, in particolar modo l’acido cloridrico, il quale corrode il razzo vettore e presenta un elevato impatto ambientale. Un altro composto utilizzato come ossidante è il nitrato d’ammonio, il quale non sviluppa acido cloridrico durante la combustione, ma presenta una ci-netica di reazione piuttosto lenta; per tale ragione viene utilizzato solo per particolari applicazioni. Inoltre, essendo altamente igroscopico, deve essere stoccato in un ambiente privo di umidità.

1.3.3 Legante

I propellenti solidi vengono classificati in base al tipo di legante polimerico utilizzato, poiché le caratteristiche di quest’ultimo determinano le proprietà finali del propellente. Il legante ha la funzione di garantire l’integrità struttu-rale della carica e, insieme al plastificante, migliorarne le condizioni di sicu-rezza durante la lavorazione, lo stoccaggio e l’impiego; risulta evidente quin-di che la loro struttura deve essere tale da riuscire ad assorbire e quin-dissipare l’energia prodotta da sollecitazioni che possono verificarsi accidentalmente. I leganti più comuni sono prepolimeri che subiscono reticolazione durante il processo di cura; il grado di reticolazione deve essere strettamente control-lato per garantire resistenza ad elevate temperature, ma anche elasticità a temperatura ambiente. Affinché il polimero abbia il comportamento elastico desiderato, esso deve presentare le seguenti caratteristiche chimico-fisiche:

• bassa temperatura di transizione vetrosa (Tg < −35◦C), tale da garan-tire un comportamento viscoelastico a temperatura ambiente;

• basso grado di cristallinità, affinché le macromolecole abbiano maggio-re entropia, che si traduce in maggiomaggio-re elasticità;

• presenza di gruppi funzionali in numero sufficiente da reagire con l’agente reticolante, per garantire il grado di reticolazione desiderato;

(9)

1.4 scelta del propellente solido 5

• peso molecolare non troppo elevato, tale da evitare un’elevata viscosità durante la fase di processo e la formazione di domini cristallini che por-terebbero ad un prodotto finale troppo rigido, inadatto all’applicazione richiesta.

Per essere impiegato come legante, un polimero deve inoltre presentare stabilità chimica per un lungo periodo di tempo e inerzia chimica verso gli altri componenti del propellente, a temperatura ambiente. Il polimero più usato come legante per propellenti solidi è il polibutadiene idrossiter-minato (HTPB), il quale in seguito a reticolazione con isocianati, porta alla formazione di un network poliuretanico.

1.3.4 Plastificante

Il plastificante viene addizionato al legante per migliorarne la processa-bilità a basse temperature e aspetti concernenti la sicurezza; esso deve ave-re una bassa temperatura di fusione, aveave-re un’ottima compatibilità chimica con il polimero e, ove possibile, contribuire all’impulso specifico del propel-lente. Generalmente i plastificanti sono oligomeri con un peso molecolare compreso tra 200Da − 2000Da, in modo da presentare una bassa volatilità ed una viscosità non troppo elevata. I composti tipici utilizzati con leganti basati sull’HTPB, sono l’isodecil pelargonato, l’isoottil adipato e il diottil azela-to (DOZ). Esisazela-tono inoltre dei plastificanti ai quali vengono aggiunti gruppi energetici, come -nitro e -azide, i quali partecipano all’ossidazione del com-bustibile aumentando l’energia sviluppata durante la combustione; fanno parte di questa famiglia di composti la nitroglicerina, il butantriolo trinitrato e il trimetiletano trinitrato. Sfortunatamente, l’aumento dell’energia chimica della miscela dovuta all’aggiunta di tali composti al plastificante, si tradu-ce in un forte incremento della sensibilità del propellente alle sollecitazioni meccaniche.

1.4

scelta del propellente solido

La scelta del propellente solido viene effettuata in base a considerazioni riguardanti i seguenti ambiti:

1. energia;

2. velocità di combustione;

3. proprietà meccaniche;

4. proprietà reologiche;

(10)

1.4 scelta del propellente solido 6

1.4.1 Energia

Nella scelta di un propellente solido va tenuto conto dell’energia totale richiesta e la velocità con cui il propellente riesce a sviluppare i gas cal-di. L’energia prodotta per unità di massa è funzione dell’energia chimica dei componenti del propellente, della natura dei prodotti di combustione, degli equilibri chimici relativi ai prodotti di reazione e dall’efficienza con cui il sistema converte l’energia termica in energia cinetica. Inoltre, mag-giore è il contenuto energetico del propellente, maggiori saranno il volume di gas sviluppati per unità di peso di propellente e la temperatura di fiam-ma. I propellenti più performanti sono quelli che hanno un’alta densità e una composizione tale da dar vita a reazioni di combustione fortemente eso-termiche e prodotti chimicamente stabili, di basso peso molecolare, che si dissociano poco alle pressioni operative del razzo. Il contenuto energetico del propellente può essere espresso tramite l’Impulso volumetrico, ovvero:

Ivol= Isp· d (1)

con Ispimpulso specifico e d densità del propellente. L’impulso specifico, in linea teorica, può essere calcolato conoscendo la concentrazione, l’entalpia di formazione e la densità dei componenti della miscela, la pressione all’in-terno e all’uscita della camera di combustione, le sezioni di ingresso e uscita dell’ugello. Considerando le equazioni fondamentali di flusso e la legge di conservazione dell’energia, sotto l’ipotesi di espansione isoentropica dei gas di combustione, l’impulso specifico può essere espresso come:

Isp= I g0

r R· TC

MW (2)

dove g0 rappresenta l’accelerazione gravitazionale terrestre, R la costante universale dei gas, TC la temperatura della camera di combustione e MW il peso molecolare dei prodotti di combustione. Poiché l’energia derivante dalla combustione del legante è trascurabile rispetto a quella derivante dalla combustione del combustibile, l’impulso specifico aumenterà all’aumentare della frazione di combustibile e al diminuire di quella del legante.

1.4.2 Velocità di combustione

La velocità di combustione corrisponde all’energia prodotta nell’unità di tempo e dipende dalle caratteristiche proprie della reazione di combustione del propellente, dalla superficie esposta alla combustione e da temperatura e pressione operative. Utilizzando dei grani di propellente con geometrie ap-propriate è possibile controllare la velocità di combustione, ottenendo quella desiderata. Ciò è dovuto al fatto che la combustione di un grano di pro-pellente è un fenomeno superficiale: in particolare procede su piani paralleli. La superficie del grano retrocede perpendicolarmente alla superficie iniziale, provocando una variazione di pressione proporzionale alla variazione della superficie di combustione, che si riflette sulla velocità totale di combustione.

(11)

1.4 scelta del propellente solido 7

Figura 3: Effetto della forma del grano sull’andamento della pressione in funzione del tempo di combusione

Nella figura3si può osservare come varia l’andamento della pressione in

funzione del tempo di combustione, al variare della forma del grano di pro-pellente. Generalmente, per una stessa famiglia di propellenti, sotto l’ipotesi di espansione isoentropica, la relazione tra la velocità di combustione e la pressione è:

v = a· Pn (3)

in cui a è un parametro geometrico ed n una costante tipica del siste-ma. La velocità di combustione dipende anche dalla superficie di contat-to tra l’ossidante e il combustibile; è possibile quindi raggiungere la ve-locità di combustione desiderata scegliendo una opportuna granulometria dell’ossidante.

1.4.3 Proprietà meccaniche

Il propellente solido deve essere preparato in modo da assicurare al pro-dotto finito un’ottima resistenza alle sollecitazioni meccaniche ed una bassa sensibilità all’urto. Tali proprietà sono determinanti per l’integrità struttura-le del propelstruttura-lente durante tutto il suo tempo di vita, compreso lo stoccaggio, l’ignizione e la combustione. Le principali proprietà meccaniche vengono de-terminate tramite prove di trazione, grazie alle quali si ottiene il diagramma sforzo-deformazione (σ − ε); un tipico andamento al variare del contenuto di legante è riportato in figura 4. In esso si nota un ampio tratto iniziale

lineare, il quale rappresenta la zona di elasticità in cui vale la legge di Hoo-ke, per cui è possibile calcolare il modulo di elasticità mediante la ben nota espressione:

(12)

1.4 scelta del propellente solido 8

Figura 4: Diagrammi sforzo-deformazione di propellenti solidi in funzione del contenuto di legante

E = σ

ε (4)

Altri parametri importanti dal punto di vista meccanico sono il carico massimo a rottura, σR , e l’allungamento a rottura, εR.

I parametri meccanici di un propellente solido, generalmente, rientrano nei seguenti intervalli, tipici di un materiale con comportamento elastomeri-co:

Tabella 1: Valori di riferimento per un propellente solido

min max

E[MPa] 3.5 7

σr[MPa] 0.6 1.1

r 0.25 0.4

Come già detto, le proprietà meccaniche del propellente sono influen-zate dalle caratteristiche meccaniche del legante, dalla percentuale di soli-di soli-dispersi e dalla loro soli-distribuzione granulometrica. Ciò rende possibi-le controllare, entro certi limiti, il modulo di Young, variando il rapporto polimero/reticolante e scegliendo una opportuna quantità di plastificante.

1.4.4 Proprietà reologiche

Un’analisi reologica del propellente permette di determinare le sue pro-prietà viscoelastiche dall’inizio alla fine della reazione di reticolazione. Poi-ché da tali proprietà dipendono molti parametri di processo, uno studio completo del comportamento reologico del materiale durante la fase di cu-ra è fondamentale per stabilire le condizioni ottimali alle quali deve essere condotta. La reticolazione viene effettuata utilizzando un isocianato come agente reticolante; esso, insieme al catalizzatore e alla temperatura di cura, influenza la velocità di reticolazione dalla quale dipendono:

(13)

1.4 scelta del propellente solido 9

• l’assenza di difetti nel bulk del propellente.

La rimozione di eventuali difetti, come per esempio bolle o vuoti, viene spesso effettuata ponendo la miscela sottovuoto. La cinetica di reticolazione può essere studiata utilizzando le seguenti tecniche:

• acquisizioni reometriche in funzione del tempo, con il modulo complesso, G?, come output;

• misurazione della viscosità a diversi tempi di reazione;

• misurazione della durezza a diversi tempi di reazione.

La prima tecnica permette di analizzare la totalità delle reazioni di retico-lazione, a differenza della seconda che può essere applicata nel caso di visco-sità superiori a 6000 Pa · s. Le misure di durezza vengono invece utilizzate per monitorare l’andamento della reticolazione, eseguite fino ad ottenere un valore costante

1.4.5 Scia e impatto ambientale

I principali responsabili della scia visibile dei razzi sono i fumi prodotti dalla reazione di combustione del propellente. Tali fumi sono costituiti da particelle solide di allumina, Al2O3, che sono legate al contenuto di allumi-nio nella formulazione iniziale del propellente. Un altro contributo è dovuto alla possibile condensazione di alcuni gas emessi, come ad esempio l’acido cloridrico, HCl, il cui effetto sull’ambiente non è trascurabile, poiché un’e-levata concentrazione di HCl nell’atmosfera gioca un ruolo fondamentale nella riduzione dell’ozono e nella formazione delle piogge acide.

(14)

1.5 panoramica su leganti e polimeri energetici 10

1.5

panoramica su leganti e polimeri energetici

Come accennato, il polimero largamente usato con la funzione di legante è l’HTPB, il quale non contribuisce alla spinta propulsiva del propellente, anzi, ne riduce le performance, a meno che esso non venga caricato con un’elevata quantità di solidi; d’altro canto, un elevato contenuto di particelle solide di ossidante e combustibile porta a problemi di sicurezza. L’obiettivo della ricerca in questo campo è quello di trovare la giusta formulazione del propellente in modo da ridurne la vulnerabilità e la sensibilità all’urto, senza pregiudicarne le prestazioni.

Un primo approccio è stato quello di modificare l’HTPB introducendo di-rettamente su di esso dei gruppi con un elevato contenuto energetico. L’HT-PB nitrato (NHTL’HT-PB) è stato sintetizzato inizialmente tramite una nitromer-curazione - demernitromer-curazione, descritte da Chien et al. 1980; successivamen-teColclough et al. 1993hanno suggerito una reazione di epossidazione del-l’HTPB e successiva reazione con N2O5, ottenendo così esteri dinitrati. Il grado di nitrazione influenza la stabilità termica e le proprietà meccaniche; un grado di nitrazione pari al 10% delle insaturazioni dell’HTPB sembra por-tare ad un buon compromesso tra energia prodotta, proprietà meccaniche e miscibilità con i plastificanti energetici.

Un altro possibile approccio è quello di sostituire l’HTPB con dei polime-ri che abbiano un elevato contenuto energetico; i più studiati sono quelli che contengono gruppi -nitro o -azide. I prepolimeri sono generalmente dei poliossetani o poliossirani aventi basso peso molecolare e gruppi −OH ter-minali, i quali sono coinvolti nella successiva fase di reticolazione. Sono per-corribili due strade diverse per la sintesi di un polimero energetico: la prima consiste nella polimerizzazione di un monomero energetico: tale strada è stata ampiamente utilizzata e studiata in passato, ma presenta non pochi problemi di gestione e di sicurezza, dovuti all’elevata sensibilità a frizione ed impatto dei composti energetici di basso peso molecolare. Se tale limite può essere superato a livello di scala di laboratorio, esso diventa un proble-ma di grande rilevanza qualora lo si inquadri nell’ottica della produzione su scala industriale. La seconda via percorribile è la modifica di polimeri preesistenti: consiste nella sintesi di un precursore polimerico contenente un buon gruppo uscente (alogenato, tosilato o mesilato), il quale funge da substrato per l’introduzione di gruppi energetici, tramite reazione di sosti-tuzione nucleofila. Tale via porta ad un processo facilmente gestibile e con bassi rischi (Barbieri, Polacco, Paesano et al. 2006).

In entrambi i casi, la reazione di polimerizzazione è di tipo cationico: una volta iniziata la catena, la fase di propagazione può procedere tramite due meccanismi diversi, in competizione tra loro:

• ACE (Active Chain End);

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1.6 polimeri azidici 11

La differenza tra i due meccanismi consiste nella specie attivata; nel pri-mo caso, ACE, la specie attivata si trova sulla catena in crescita, mentre nel secondo è il monomero ad essere la specie attivata. Il meccanismo di pro-pagazione delle catene è determinante per le proprietà finali del polimero, poiché da esso dipendono il peso molecolare, l’indice di polidispersione, il numero di funzionalità idrossiliche per catena, nonché la riproducibilità del processo. Tra i due meccanismi è preferibile il secondo. Nell’AMM i po-limeri idrossiterminati reagiscono con dei monomeri “attivati”, rendendo possibile un maggiore controllo del peso molecolare e della sua distribuzio-ne (agendo per esempio sul tempo e sulla temperatura della reaziodistribuzio-ne) da cui ne segue la riproducibilità. Inoltre, con l’AMM le reazioni secondarie, inclu-se le ciclizzazioni, sono fortemente ridotte, portando così alla formazione di polimeri lineari (Gaur et al. 2003). È importante tenere presente la difficoltà nel condurre la reazione verso il meccanismo desiderato; sebbene agendo su vari fattori, quali ad esempio il tipo di iniziatore, la temperatura e le condi-zioni operative, sia possibile far prevalere l’uno o l’altro, spesso entrambi i meccanismi sono presenti contemporaneamente.

1.6

polimeri azidici

1.6.1 GAP

Il GAP (Glycidyl Azide Polymer) è stato sintetizzato la prima volta nel 1972da Vandenburg facendo reagire la poliepicloridrina (pECH) con la so-dio azide NaN3 in DMF; più tardi Frankel et al. 1992 sintetizzarono un GAP idrossiterminato utilizzando il glicerolo come iniziatore. Lo schema di reazione è riportato in figura6.

La reazione di produzione della pECH è stata ampiamente studiata; va-riando il tipo di catalizzatore e di iniziatore e i loro rapporti rispetto al mo-nomero, è possibile ottenere un polimero lineare, a stella o ramificato, con un peso molecolare e un numero di funzionalità idrossiliche per catena ben definiti, caratteristiche che si riflettono sul relativo polimero azidato e che sono fondamentali per l’applicazione finale.

L’azidazione della pECH è stata condotta sia in vari solventi organici sia in acqua. Nel primo caso, il miglior candidato è risultato essere il DMSO (dimetisolfossido), nel quale la reazione avviene a 90 − 95◦C in 12 − 18 h. Per la reazione in acqua è necessario la presenza di un trasferitore di fase. La reazione risulta più lenta; alle stesse temperature richiede qualche giorno per arrivare a completezza. In entrambi i casi si ottiene un polimero amorfo con caratteristiche simili.

1.6.2 Miscele e copolimeri GAP/HTPB

Una strategia per migliorare le prestazioni di un propellente solido è quel-la di unire l’HTPB ai leganti energetici. Data quel-la diversa natura chimica tra

(16)

1.7 scopo della tesi 12

l’HTPB e i polieteri azidici, risulta facilmente prevedibile un’incompatibilità tra i due componenti, i quali, una volta miscelati, danno separazione di fa-se. Studi su miscele di HTPB e GAP sono stati condotti daManu, Varghese et al. 2009; la temperatura di transizione vetrosa di tali miscele, dopo esse-re state sottoposte a esse-reticolazione con isocianati, è stata determinata tramite analisi al DSC, portando a concludere che esse risultano eterogenee a livello miscroscopico. Tale risultato è in accordo con caratterizzazioni meccaniche e termiche effettuate da Mathew et al. 2008bsu network di GAP/HTPB re-ticolati con isocianati . Recentemente sono stati condotti studi variando il metodo di reticolazione, in particolare in un lavoro di Ding et al. una misce-la, composta da GAP e un polibutadiene con dei gruppi propargili terminali, è stato reticolata mediante un triazolo, al posto degli usuali isocianati, uti-lizzando cloruro di rame come catalizzatore a temperatura ambiente (Ding et al. 2014).

Per quanto detto finora, una semplice miscela di HTPB e GAP porta ad un prodotto finale disomogeneo, il quale risulta non adatto all’applicazione finale del propellente solido. Possibili soluzioni a tale problema potrebbero essere l’utilizzo di un compatibilizzante e la produzione di copolimeri a blocchi in cui si abbiano dei legami covalenti tra i due componenti, HTPB e GAP.

I copolimeri a blocchi GAP/HTPB sono stati sintetizzati e caratterizzati da alcuni gruppi di ricerca.Ero ˘glu et al. 1996. per primo descrisse il grafting del GAP sull’HTPB, per via radicalica, usando un GAP “macroiniziatore” ottenuto facendo reagire il polimero azidico con il cloruro di 4,4’-azobis(4-cianopentanoile). Più tardi,Mohan e K. M. Raju 2005, ha utilizzato la stessa procedura e, con una caratterizzazione più dettagliata, hanno trovato per esso due distinte temperature di transizione vetrosa a −74◦Ce −36◦C, cor-rispondenti rispettivamente ai blocchi di polibutadiene e GAP. Un’altra stra-da, seguita quasi contemporaneamente da Vasudevan e Sundararajan 1999

e Subramanian 1999 consiste nell’utilizzare l’HTPB come iniziatore in una reazione di polimerizzazione di opportuni monomeri; in particolare nei la-vori citati il monomero utilizzato è l’ECH. Entrambi hanno così ottenuto un copolimero a tre blocchi in cui il blocco centrale era costituito dalla catena polibutadienica e i blocchi laterali erano costituiti da pECH idrossiterminati. In entrambi i casi lo step di azidazione ha seguito quello di polimerizzazio-ne ed è stata utilizzata la sodio azide come reagente. La differenza tra i due metodi consiste nel solvente utilizzato: DMSO nel primo caso e una miscela di Toluene e DMAc nel secondo.

1.7

scopo della tesi

In un precedente lavoro di tesi, sviluppato nei laboratori del DICI da Cap-pello 2015, durante la fase di sintesi a partire dai monomeri e successive reazioni di azidazione sono stati riscontrati problemi legati alla presenza del

(17)

1.7 scopo della tesi 13

blocco polibutadienico. La scelta del solvente, della temperatura e del tempo di reazione di polimerizzazione costituiscono un aspetto critico, dovuto alla possibilità del verificarsi di reazioni di cross-linking, le quali portano alla formazione di un materiale di tipo gel, incompatibile con l’utilizzo propo-sto. Le condizioni operative appropriate sono state trovate, ma la procedura è relativamente tediosa e comunque non del tutto senza rischi di gelazio-ne. Per questo motivo, nel presente lavoro di tesi, la sintesi dei copolimeri GAP-PB-GAP viene effettuata mediante semplice reazione tra i prepolimeri. Differentemente da quanto precedentemente descritto daEro ˘glu et al. 1996, quelle proposte non sono reazioni di grafting, ma una sorta di estensione di catena operata tramite la presenza di gruppi −OH terminali presenti in entrambi i prepolimeri.

Due differenti estensori di catena sono stati investigati: l’esametilen dii-socianato (HDI) e l’adipoil cloruro (AdCl). I copolimeri ottenuti sono stati caratterizzati mediante spettrometria all’infrarosso in trasformata di Fourier (FT-IR) e cromatografia a permeazione di gel (GPC). La stabilità della fase è stata studiata mediante tecniche FT-IR Chemical Imaging e microscopia a fluorescenza e comparate alle relative miscele meccaniche (MB - mechanical blends).

Viene poi proposta una procedura alternativa alla precedente: GAP e HT-PB vengono uniti mediante reazione di un gruppo −OH terminale con un gruppo -mesile. Differentemente dalla precedente, tale reazione avviene in due step: il primo consiste nella mesilazione dei gruppi −OH terminali del-l’HTPB, mentre il secondo è la reazione di PB mesilato con GAP, per dare GAP-PB-GAP copolimero. Anche in questo caso le condizioni operative de-vono essere scelte in maniera opportuna, essenzialmente per essere in grado di ottenere un prodotto finale ad elevato grado di purezza. Come descritto in seguito, infatti, per questo schema reattivo le condizioni operative sono molto meno restrittive rispetto a quelli proposti in precedenza.

(18)

2

A P P A R A T O S P E R I M E N T A L E

2.1

materiali

Tutti i reagenti, tranne quando differentemente specificato, sono stati ac-quistati presso la Sigma Aldrich.

• N,N-dimetilformammide (DMF) - (99.8%);

• Tetraidrofurano (THF) - (99.8%);

• Dietiletere (99.9%);

• Sodia Azide (> 99.5%);

• Metansolfonil Cloruro (MsCl) - (> 99.7%);

• Boro Trifluoruro tetraidro-furanato (BTF·THF);

• Trietilammina (TEA) - (> 99%);

• Metanolo (99%);

Esametilene Diisocianato (HDI) - (> 98%); • Sodio Cloruro (> 99%); • Magnesio Solfato (> 99.5%); • Pentossido di difosforo (P2O5); • Dibutyltin Dilaurato (BDTL); • Diclorometano (DCM); • Acetone; • Epicloridrina (ECH) - (98%); • 1,4-butandiolo (BDO) - (99.9%); • Polibutadiene idrossiterminato (HTPB);

Il polibutadiene è “Poly bd c R-45HTLO” reperito presso la Cray Valley, con le seguenti proprietà riportate in tabella2:

Il DCM è stato essiccato a 40◦C e 1 atm su P2O5; AdCl, ECH e BDO distillati sotto pressione ridotta. Tutti gli altri reagenti e composti sono stati utilizzati tal quali.

(19)

2.2 sintesi del gap 15

Tabella 2: Specifiche dell’HTPB

specifica unità valore

viscosità [mPa · s a 23◦C] 8000

gruppi −OH [meq/g] 0.84

funzonalità [−OH/catena] 2.4 - 2.6

Tg [◦C] −75

2.2

sintesi del gap

Il GAP viene preparato a con una sintesi a due step: polimerizzazione dell’epicloridrina (pECH) e successiva azidazione della pECH.

Figura 6: Schema completo di sintesi del GAP

In un pallone a tre colli, a cui sono collegati un condensatore a ricadere, una pipa per il flussaggio dell’azoto e uno libero per l’introduzione dei rea-genti, posto su agitatore magnetico, viene alimentato DCM, il catalizzatore (BTF·THF) e BDO e viene mantenuto in agitazione per 2 h a temperatura am-biente. Successivamente viene gocciolato il monomero, sotto costante flus-saggio di azoto per evitare l’inquinamento dell’atmosfera mediante umidità, e mantenuto in costante agitazione; trascorse 20 h dall’aggiunta di mono-mero, viene unita alla miscela di reazione una soluzione acquosa di cloruro di sodio. La fase organica viene lavata con una soluzione acqua/metano-lo e con la soluzione salina, essiccata per una notte su Mg2SO4, filtrata ed il solvente viene rimosso per distillazione sotto vuoto in Rotavapor per il recupero della pECH.

Il polimero viene successivamente azidato con NaN3 in DMF. Il prodotto viene lavato con soluzione acquosa di NaCl e la fase organica di nuovo essic-cata su Mg2SO4, filtrata ed il solvente viene rimosso per distillazione sotto vuoto (30◦C, 20 mbar).

La struttura e la purezza di pECH e GAP è stata indagata con spettrosco-pia FT-IR. Il contenuto di gruppi −OH terminali, pari a 0.929 meq · g−1, è stato misurato con la procedura in accordo con la normativa di riferimento “ASTM E1899-08”.

2.3

mesilazione di htpb e gap

La mesilazione è stata condotta secondo la procedura descritta da Naka-bayashi et al. 1966.

(20)

2.4 sintesi dei copolimeri a blocchi 16

Un pallone a due colli, del volume di 250 mL, equipaggiato con una pipa per il flussaggio dell’azoto e agitatore meccanico a 180 rpm, viene alimentato con 7g (5.88 · 10−3 mol) di HTPB in 50 mL di THF. Altre due soluzioni vengono preparate in due beute:

(a) 0.819 mL di TEA (5.88 · 10−3mol) in 25 mL di THF; (b) 0.456 mL di MsCl (5.88 · 10−3mol) in 20 mL di THF.

Le tre soluzioni sono condizionate a −15◦C; la soluzione (a) viene unita all’HTPB, e successivamente la soluzione (b) viene gocciolata, mantenendo il sistema sotto una costante blanda agitazione. Al termine del gocciolamento del MsCl, l’agitazione viene interrotta e il sistema mantenuto a −15◦C per 48 h. Successivamente, la soluzione viene filtrata sotto vuoto, per rimuovere il complesso T EA · HCl, e idrolizzata con acqua. La fase organica è estrat-ta mediante una soluzione dietiletere/THF 2:1, essiccaestrat-ta su Mg2SO4 e il solvente rimosso mediante distillazione in Rotovapor (40◦C, 20 mbar) per ottenere il PB mesil-terminato (di seguito MsO-PB).

La mesilazione del GAP viene effettuata con la medesima procedura, e porta alla formazione del GAP mesil-terminato (di seguito MsO-GAP); l’esi-to della reazione è stal’esi-to verifical’esi-to mediante analisi FT-IR.

2.4

sintesi dei copolimeri a blocchi

2.4.1 Mediante HDI

Nel caso dell’HDI, sono stati condotti studi a diverse condizioni operative al fine di ottimizzare la reazione. La procedura di reazione tipica è descritta di seguito.

HTPB e GAP vengono disciolti in THF precedentemente anidrificato e riu-niti in un pallone a tre colli, equipaggiato con una pipa per il flussaggio dell’azoto e agitatore meccanico. Tutte le operazioni di carico del pallone, preparazione dei reagenti e conduzione della reazione devono essere effet-tuate in atmosfera controllata, per evitare che il sistema venga inquinato dalla presenza di umidità. Tenendo in mente la stechiometria della rea-zione, volendo ottenere un copolimero a blocchi del tipo GAP-PB-GAP, i prepolimeri devono essere alimentati secondo il rapporto molare:

{gruppi OH di HTPB} {gruppi OH di GAP} =

1

2 (5)

L’HDI viene aggiunto in rapporto stechiometrico rispetto all’HTPB: {gruppi OH di HTPB}

(21)

2.4 sintesi dei copolimeri a blocchi 17

Successivamente si unisce alla miscela reattiva il catalizzatore, DBTL. Il sistema è sotto costante agitazione alla temperatura di 30◦C e soggetto a campionamenti periodici, atti al monitoraggio del gruppo −NCO tramite FT-IR, la cui scomparsa è indice del completamento della reazione.

Al termine della reazione, l’HDI non reagito viene rimosso mediante la-vaggi in dietiletere e soluzione acquosa di NaCl; la fase organica viene essiccata su Mg2SO4, filtrata ed il solvente rimosso in Rotovapor.

2.4.2 Mediante AdCl

L’operazione preliminare alla sintesi dei copolimeri a blocchi mediante reazione con cloruri alchilici è la distillazione sotto vuoto spinto degli stessi. I cloruri alchilici sono composti estremamente reattivi verso l’umidità dell’a-ria, nonché molto sensibili alle radiazioni luminose, per cui, sebbene stoccati e manipolati in atmosfera controllata e in assenza di fonti luminose, la loro degradazione pressoché istantanea obbliga a tali operazioni.

Figura 7: Schema di reazione con AdCl

La reazione si svolge nelle esatte condizioni e mediante medesima proce-dura sopra citate. La sostanziale differenza tra i due sistemi reattivi sta nella velocità di reazione, praticamente istantanea nel caso di sintesi mediante AdCl; l’utilizzo di DBTL, in questo caso, è superfluo.

2.4.3 Mediante precursori mesilati

La reazione tra MsO-PB e GAP viene condotta con tre differenti rapporti molari tra i gruppi terminali: Ms/OH = 1:2, 1:4 e 1:8. La procedura di se-guito riportata, è descritta nel caso di rapporto molare 1:2, ma equivalente agli altri due casi.

Un pallone da 250 mL, equipaggiato con una pipa per il flussaggio dell’a-zoto e con agitatore meccanico settato a 180 rpm, viene alimentato con 3.9g di GAP (2.78 · 10−3mol di OH) disciolto in 100 mL di THF, insieme a 3.06 mL di una soluzione acquosa di NaOH 1M, corrispondente ad un eccesso del 10% rispetto agli −OH nel GAP, a temperatura ambiente. Dopo 1 h e sotto costante agitazione, vengono aggiunti 1.76g di MsO-PB disciolti in 25 mL di THF, e la reazione viene portata a termine in 120 h.

(22)

2.5 caratterizzazioni 18

Figura 8: Schema di reazione con precursore mesilico

La soluzione viene dunque filtrata e idrolizzata con una soluzione acquo-sa di HCl al 5%. La formazione delle due fasi viene incentivata mediante l’aggiunta di una miscela dietiletere/THF in rapporto di 2:1; la fase organica è essiccata su Mg2SO4, filtrata ed il solvente rimosso in Rotovapor a 40◦Ce 20 mbar.

Indipendentemente dal rapporto Ms/OH, il copolimero ottenuto è circa il 90% in peso rispetto ai polimeri alimentati; alla fine della reazione, il GAP viene allontanato dal prodotto di reazione mediante lavaggi in dietiletere (nell’ordine di 1 mL per ogni grammo di prodotto); il copolimero GAP-PB-GAP viene solubilizzato e successivamente recuperato mediante rimozione del solvente per distillazione alle solite condizioni.

La percentuale di GAP non reagito e la resa di reazione sono riportate in tabella3

Tabella 3: GAP non reagito e rese

stechiometria GAP non reagito [%] resa [%]

1:2 39.6 75

1:4 57.6 79

1:8 72.1 85

2.5

caratterizzazioni

La spettroscopia IR in trasformata di Fourier è stata effettuata mediante “Bruker Tensor 27”. Le analisi morfologiche sono state condotte con un microscopio a fluorescenza “LEICA DM LB”. Le analisi chimiche e l’FT-IR Chemical Imaging sono stati effettuati mediante “Spectrum Spotlight FT-IR

(23)

2.5 caratterizzazioni 19

Imaging System” della “Perkin-Elmer”. La distribuzione dei pesi molecolari dei polimeri è stata misurata a partire da soluzioni in THF (4mg · mL−1) usando un apparato Cromatografico a Permeazione di Gel (GPC) “Jasco PU-1580”, equipaggiato con una colonna “PL Mesopore”, calibrata con standard di polistirene monomodali.

(24)

3

R I S U L T A T I E D I S C U S S I O N I

Poiché l’HTPB commerciale è una miscela di catene lineari bi- e tri- funzio-nali, il copolimero finale GAP-PB-GAP potrebbe essere lineare o “a stella”, come mostrato in figura 9 nel caso di estensione di catena mediante HDI;

nel caso di estensione mediante AdCl, lo schema reattivo sarà analogo, con formazione di legami esterei al posto di quelli uretanici.

Figura 9: Sintesi di copolimeri a blocchi da HTPB bi- e tri- funzionale Ovviamente, le reazioni parallele possibili sono molte, per cui il modo migliore di ottenere il copolimero a blocchi di interesse è quello di procedere mediante reazione in due passaggi. Considerando ad esempio l’HDI uno schema reattivo potrebbe essere:

(a) reazione dell’HTPB con HDI per ottenere un PB O=C=N-terminato (di seguito OCN-PB);

(b) reazione dell’ OCN-PB con il GAP.

Come già sottolinato, dal punto di vista stechiometrico, il primo step di reazione deve essere in rapporto −OH/ − NCO 1:2, mentre nel secondo step reattivo si deve avere un rapporto molare tra i gruppi −OH del GAP e gli −NCOresidui di 2:1. É comunque ovvio che in entrambi i casi, alimentare i reagenti in quantità stechiometriche non garantisce una resa del 100% nel prodotto desiderato. Nel primo step l’HDI agisce parzialmente anche come estensore, portando all’ottenimento di un PB con un peso molecolare mag-giore; inoltre, per la presenza di molecole trifunzionali, si avrà la formazione di un certo numero di catene ramificate e di strutture dendritiche. Analoga-mente, nel secondo step, si avrà certamente la formazione di vari copolimeri con differenti sequenze di blocchi PB e GAP, come mostrato nella figura10.

(25)

risultati e discussioni 21

Figura 10: Possibili prodotti di reazione

Per evitare questi problemi, lo step uno dovrebbe essere condotto goccio-lando lentamente l’HTPB in un forte eccesso di HDI in modo da inibire tutte le reazioni parallele, da un punto di vista statistico; al secondo step, l’OCN-PB dovrebbe essere aggiunto lentamente in un grande eccesso di GAP. In entrambi gli step reattivi, una rimozione del reagente in eccesso si rende necessaria; detta purificazione, tuttavia, non è realizzabile poiché, sebbene l’HTPB risulti insolubile in solventi polari, come ad esempio l’acetone, al contrario dell’HDI che invece in tali solventi è molto solubile, l’OCN-PB si scioglie volentieri in acetone. Gli stessi risultati sono stati ottenuti cercan-do altri solventi selettivi; l’utilizzo di altri diisocianati, come ad esempio il toluene diisocianato, non hanno risolto il problema, proprio in ragione dei gruppi funzionali che si affacciano al solvente.

Per questo motivo si è scelto l’AdCl come estensore di catena alternativo, il quale reagisce analogamente all’HDI, ma porta alla formazione di un gruppo estereo anziché uno uretanico. Il prodotto è un PB acilato, indicato di seguito come OCCl-PB.

Per neutralizzare l’HCl formato, la reazione è stata condotta in presenza di una quantità stechiometrica di TEA, che ha portato alla formazione del suo sale clorurato. Diversamente da OCN-PB, OCCl-PB risulta essere insolu-bile in acetone, il che ha permesso il recupero del polimero ottenuto mediate estrazione e la sua successiva purificazione mediante lavaggi con tale solven-te. L’inconveniente principale nell’utilizzo di acilati, come precedentemente accennato, sta nella grande reattività del gruppo −COCl. Sebbene l’acetone fosse stato anidrificato, si fosse lavorato in atmosfera inerte ed il reagente fosse sempre distillato prima della reazione, dopo purificazione il prodot-to è sempre staprodot-to trovaprodot-to con un numero di gruppi terminali minore del previsto. Una soluzione alternativa, come potrebbe essere l’utilizzo di un acido dicarbossilico, non avrebbe questo inconveniente, ma aggiungerebbe altre difficoltà legate alla bassa cinetica della reazione tra i gruppi ossidrile e carbossile, il che renderebbe necessario l’utilizzo di un catalizzatore, com-plicando non poco la procedura messa a punto. Per tutti questi motivi, le reazioni di sintesi dei copolimeri a blocchi mediante estensori di catena HDI e AdCl sono state condotte in un singolo stadio.

HTPB, GAP e HDI (o AdCl) sono stati aggiunti contemporaneamente in quantità stechiometriche. Ci si aspettava quindi di ottenere il copolimero di interesse, insieme a copolimeri a due blocchi e catene estese di GAP e PB.

(26)

risultati e discussioni 22

Inoltre è possibile la formazione di copolimeri a più blocchi a distribuzione random GAP-r-PB e, naturalmente, saranno presenti GAP e HTPB non rea-giti. Poiché tutte le specie presenti sono idrossiterminate, questa complessa miscela finale può essere utilizzata come legante energetico alternativo alla semplice miscela meccanica; inoltre, ci si aspetta che i blocchi GAP-PB legati tramite legami covalenti possano agire come compatibilizzanti tra gli omo-polimeri non reagiti.

L’idea di ricorrere alla mesilazione di un gruppo −OH terminale di uno dei due omopolimeri vuole essere per superare le difficoltà nella separazio-ne incontrate separazio-nella copolimerizzazioseparazio-ne con estensori di catena. Lo schema reattivo è mostrato in figura11.

Figura 11: Schema di reazione

Questo percorso reattivo ha due vantaggi principali: il primo è che dopo la mesilazione, l’unica reazione che può avvenire è quella che porta alla formazione di GAP-PB, mentre con HDI e AdCl l’estensione della catena non è selettiva rispetto alla reazione tra i blocchi GAP e PB avendo tutti gli stessi gruppi terminali. Il secondo vantaggio è che Il passaggio reattivo (b) in figura 11 può essere eseguito gocciolando lentamente il PB mesilato

in un forte eccesso di GAP; questo è possibile poiché il GAP non reagito può essere rimosso agevolmente dopo la reazione. Tale accortezza Inibirà la formazione di copolimeri a blocchi del tipo PB-GAP-PB o con unità terminali PB. Perciò, sebbene questa tecnica sia molto più lunga operativamente in quanto si compone di due reazioni seguite da una fase di separazione, questa procedura riduce la formazione di sottoprodotti indesiderati: questo porta ad un forte aumento delle prestazioni sia nelle applicazioni come legante energetico, sia come compatibilizzante In miscele meccaniche GAP/HTPB.

(27)

3.1 hdi come estensore di catena 23

3.1

hdi come estensore di catena

La reazione è analoga alla cura dei leganti con −OH terminali (dopo aggiunta degli ingredienti del propellente), che di solito viene eseguita a 4 − 60◦C in presenza di una catalizzatore, come ad esempio il DBTL; l’iso-cianato utilizzato in quei casi ha funzionalità > 2 e l’obiettivo finale è la formazione di un cross-linked network. Al contrario, qui è necessario evita-re la gelazione, ma anche lavorando con un isocianato bifunzionale, questo rimane un aspetto critico, in quanto il mezzo di reazione ha mostrato un’al-ta tendenza alla gelazione. Questo potrebbe accadere a causa delle unità trifunzionali presenti nel HTPB. Per chiarire questo punto, si ricorre alla teoria della gelazione proposta daFlory 1953 eStockmayer 1943; sebbene il modello consideri una serie di reazioni, come ad esempio quelle di cicliz-zazione, che svolgono un ruolo importante per la cinetica della transizione sol-gel (Dusˇek et al. 1978), in questo lavoro è sufficiente limitare l’analisi alla semplice relazione suggerita da Flory: la gelazione di verifica quando α(f − 1) > 1. Questo è utile all’individuazione di un valore critico αc:

αc = 1

f − 1 (7)

in cui f è la funzionalità dell’unità di ramificazione e α il “coefficiente di ramificazione”, definito come:

α = rp

2ρ

1 − rp2(1 − ρ) (8)

Definendo r il rapporto tra le funzionalità −OH di HTPB e GAP, p la conversione delle funzionalità di HTPB, e ρ il rapporto di −OH appartenenti alle unità di ramificazione rispetto al numero totale di −OH in HTPB, si trova per il caso in esame r = 1/2, ρ = 4/13. Al termine della reazione p = 1, che porta ad ottenere un α = 4/17, molto inferiore al valore critico αc = 1/2, corrispondente a f = 3 nell’equazione7: pertanto, il cross-linking non può

essere attribuito in modo univoco alla trifunzionalità dell’HTPB.

Un’altra fonte di legami covalenti intercatena può essere imputata alla formazione di allofanati (Chattopadhyay e K. V. S. N. Raju 2007): tale fe-nomeno è favorito dalla presenza del DBTL. Gli allofanati possono essere individuati mediante spettroscopia FT-IR (Kogon 1957) o, ancora meglio, me-diante NMR (Lapprand et al. 2005); tuttavia, in entrambi i casi il segnale in uscita piuttosto debole e non di facile Individuazione, tanto da non poter dimostrare indubbiamente la loro presenza.

La terza possibile spiegazione è una reazione coinvolgente i gruppi -azide;

Reshmi et al. 2015ha recentemente descritto l’accoppiamento intermolecola-re azide-isocianato che porta alla formazione di una tetrazolina, mentintermolecola-re la reazione con i doppi legami del PB è possibile attraverso la cicloaddizione 1,3-dipolare diHuisgen 1962.

La spiegazione più probabile è una commistione di tutti le tre teorie sopra citate, tuttavia non è lo scopo principale di questo lavoro capire la natura dei cross-link, che a questo stadio sono indesiderati. Poiché in genere le reazioni

(28)

3.2 adcl come estensore di catena 24

di reticolazione divengono prevalenti a tempi “lunghi”, la reazione è stata interrotta prima del consumo completo di tutti i gruppi isocianati, in mo-do da poter recuperare un promo-dotto pre-gel. La reazione è stata conmo-dotta a 30◦C, sono stati prelevati campioni ogni 30 minuti e soggetti a spettroscopia IR: non appena la cinetica della reazione mostrava un rallentamento, il siste-ma è stato “quenchato” mediante aggiunta di alcune gocce di acido acetico glaciale, in modo da arrestare l’efficienza catalitica del DBTL.

3.2

adcl come estensore di catena

Come già sottolineato, in questo caso la reazione è molto veloce, non si ha bisogno di alcun catalizzatore e a temperatura ambiente Il picco corri-spondente alle funzionalità di −COCl scompare In appena 15 minuti. Il problema principale è evitare qualsiasi contaminazione; a tale scopo i poli-meri, i solventi e l’AdCl sono stati usati immediatamente dopo le procedure di essiccazione e distillazione e la reazione è stata condotta in atmosfera inerte di argon. Non sono stati osservati problemi di gelazione: questo sug-gerisce che utilizzando l’HDI, il cross-link avviene principalmente a causa di reazioni coinvolgenti i gruppi isocianato, uretanico o entrambi.

3.3

spettroscopia ft-ir

Gli spettri IR sono stati ottenuti per i polimeri puri, HTPB e GAP, i due estensori di catena, HDI e AdCl, e i prodotti di reazione. I picchi a 3080 cm−1 in figura 12 corrispondono a ν(=C-H) nella catena polibutadienica, e sono

quindi caratterizzanti l’HTPB; i picchi a 2100 cm−1corrispondono al gruppo azide, ν(N3) e caratterizzano quindi il GAP.

Lo stretching dell’isocianato, ν(N=C=O), visibile a 2274 cm−1nello spettro dell’HDI, scompare dopo la reazione, mentre due nuovi picchi a 1710 cm−1 e a 3340 cm−1, corrispondenti rispettivamente a ν(C=O) e ν(N-H) conferma-no la formazione del copolimero GAP-PB-GAP. Analogamente, nel caso di AdCl, lo stretching del carbonile, ν(C-C=O), a 1800 cm−1 è sostituito dallo stretching del legame estereo ν(O-C=O), a 1735 cm−1. Pertanto, in entrambi i casi, la spettroscopia testimonia che gli estensori di catena prescelti funzio-nano nel legare blocchi di PB e GAP, almeno parzialmente; la presenza di GAP non reagito e di catene allungate di PB non può essere valutata dall’a-nalisi dagli spettri.

La figura 13 mostra gli spettri IR dei polimeri puri, HTPB e GAP, il

poli-mero mesilato, PB, il copolipoli-mero a blocchi ottenuto con rapporto MsO-PB/GAP 1:8, prima e dopo la separazione della frazione insolubile in etere. I picchi a 3080 cm−1 e a 2100 cm−1 sono evidenziati lungo tutta la figura. Il picco a 1640 cm−1, stretching del C = C, appartiene all’HTPB, mentre il segnale tra 3150 e 3500 cm−1 corrisponde allo stretching degli −OH. Nello

(29)

3.3 spettroscopia ft-ir 25

Figura 12: Spettro FTIR degli omo- e co- polimeri con estensori di catena

spettro del MsO-PB, le due nuove bande di frequenza corrispondenti allo stretching simmetrico (1175 cm−1) e asimmetrico (1360 cm−1) del legame S(= O)2, unite alla scomparsa dello stretching degli −OH, confermano la mesilazione dei gruppi terminali. Dopo la reazione tra MsO-PB e GAP, i pic-chi del mesile scompaiono a causa della reazione con gruppi ossidrilici del GAP; ciò conferma la formazione del copolimero a blocchi. Dopo l’estrazio-ne della fraziol’estrazio-ne solubile in etere, lo spettro è qualitativamente simile, ma con una visibile riduzione dei segnali del GAP: un confronto con lo spettro di quest’ultimo conferma che la frazione insolubile in etere è proprio il GAP non reagito, come supposto in precedenza. Tuttavia, va sottolineato che il GAP è parzialmente solubile in dietiletere, questo fa si che un piccolo quan-titativo di polimero rimanga miscelato al copolimero.

Come sopra menzionato, poiché sia l’HTPB, sia il GAP possiedono grup-pi terminali −OH, la mesilazione può essere eseguita su entrambi. Volendo mesilare il GAP per poi utilizzarlo come precursore, i copolimeri a blocchi che si otterranno saranno del tipo PB-GAP-PB. É interessante confrontare

(30)

3.3 spettroscopia ft-ir 26

Figura 13: Spettro FTIR degli omo- e co- polimeri mesilati

questo copolimero con il GAP come blocco centrale, all’altro ottenuto finora, che presenta al centro il blocco polibutadienico, e studiarne il comportamen-to sia come legante, sia come compatibilizzante.

Vale la pena notare che in questo caso non è stato possibile far reagire il GAP-OMs con un eccesso di HTPB, dal momento che è possibile sepa-rare l’HTPB non reagito dalle miscele di reazione. Pertanto, il reattore è stato alimentato con un rapporto HTPB/MsO-GAP pari a 2 su base di unità terminali, e la miscela finale utilizzata tal quale.

In figura14sono riportati gli spettri IR di MsO-GAP e del copolimero

ot-tenuto, confrontati al solito con gli omopolimeri di partenza. In particolare, per l’MsO-GAP non compare la banda degli −OH, mentre ci sono i picchi caratteristici del mesile 1175 cm−1 e 1373 cm−1 (quest’ultimo leggermente spostato dal suo valore trovato per l’MsO-PB, pari a 1360 cm−1). Tali picchi scompaiono per reazione con l’HTPB, indice della formazione del legame covalente tra gli omopolimeri.

(31)

3.4 cromatografia a permeazione di gel 27

Figura 14: Spettro FTIR degli omopolimeri prima e dopo mesilazione e formazione del copolimero

3.4

cromatografia a permeazione di gel

Ulteriori conferme della presenza di copolimeri a blocchi vengono dalla analisi GPC dei campioni ottenuti, i cui risultati sono riportati in tabella4

Tabella 4: Risultati dell’analisi GPC per omopolimeri, copolimeri e MB

Polimero Mn Mw Mw/Mn HTPB 5350 11600 2.2 GAP 1100 2500 2.3 MB 1700 6600 3.9 GAP-PB-GAP (HDI) 1850 7600 4.1 GAP-PB-GAP (AdCl) 1750 15500 8.9

In figura 15, le linee tratteggiate corrispondono agli omopolimeri e alla

miscela meccanica (MB), mentre le linee continue sono relative ai copolimeri a blocchi ottenuti per reazione con HDI e AdCl.

Il GAP omopolimero ha peso molecolare medio Mw inferiore rispetto al-l’HTPB, e mostra un picco di basso peso molecolare tipico degli oligomeri ciclici; la miscela meccanica è stata preparata mescolando GAP e HTPB nello stesso rapporto in peso utilizzato per le reazioni, e mostra l’andamento pre-visto, derivante dalla combinazione lineare degli omopolimeri di partenza. Anche se diversi tra di loro, entrambi i copolimeri mostrano distribuzioni e pesi molecolari medi compatibili con l’estensione della catena. Comparato con la MB, il copolimero ottenuto dall’HDI ha pesi molecolari medi legger-mente più alti e la curva della GPC qualitativalegger-mente simile, ma con una “spalla”, che denota la formazione di catene lunghe; al contrario, il copoli-mero ottenuto dall’AdCl ha pesi molecolari notevolmente più alti ed una ben definita distribuzione bimodale. Questo sembra indicare che la reazione con

(32)

3.4 cromatografia a permeazione di gel 28

Figura 15: Analisi GPC dei prepolimeri, copolimeri e MB con estensori di catena

AdCl porta ad una resa superiore in copolimero, ed una minore percentuale di HTPB non reagito.

Come sopra menzionato, la procedura di purificazione non rimuove com-pletamente il GAP non reagito; pertanto, la spettrometria GPC non può es-sere utilizzata per valutare quantitativamente il peso molecolare medio del copolimero, data l’impossibilità di separare i due contributi. Tuttavia, l’ana-lisi GPC fornisce un’ulteriore conferma della formazione del copolimero a blocchi.

Figura 16: Analisi GPC dei prepolimeri e di copolimeri ottenuti da mesilati La figura16mostra gli spettri di MsO-PB, GAP e dei prodotti ottenuti

ali-mentando il reattore con un rapporto PB/GAP 1:4, prima e dopo l’estrazione del GAP. L’omopolimero GAP ha un peso molecolare medio inferiore

(33)

rispet-3.5 microscopia a fluorescenza 29

to a MsO-PB, e mostra il tipico picco di peso corrispondente agli oligomeri ciclici, picco che rimane visibile nei prodotti di reazione. Dopo la reazione tra GAP e MsO-PB è possibile notare la presenza di una spalla verso gli alti pesi molecolari, sebbene di piccola magnitudine, a causa della presenza del copolimero. Dopo l’estrazione del GAP, la curva segue l’andamento previ-sto: il picco principale corrispondente al GAP non reagito scompare, mentre il massimo della curva si sposta a destra rispetto al massimo mostrato nella curva dell’MsO-PB. Nella curva del copolimero a blocchi, inoltre, la coda sulla destra denota la presenza di catene ad alti pesi molecolari.

3.5

microscopia a fluorescenza

Le immagini acquisite tramite microscopia a fluorescenza permettono di distinguere facilmente le due fasi polimeriche dal momento che l’HTPB resti-tuisce un’immagine scura, mentre il GAP è altamente fluorescente e appare di colore giallo acceso.

Sulla base dei risultati precedenti che indicano una tendenza alla gelazione dei prodotti della reazione da HDI, è stata investigata la stabilità di fase del solo copolimero ottenuto mediante AdCl. Al fine di operare una analisi corretta, risulta utile osservare il comportamento delle miscele meccaniche degli omopolimeri.

Le MB sono state preparate a partire da una soluzione contenente i due omopolimeri e successiva evaporazione del solvente; segue la fase di omoge-neizzazione tramite vigorosa agitazione mediante una spatola e l’immediato trasferimento su apposito vetrino da microscopio. La figura17 mostra MB

con diversi rapporti in peso HTPB/GAP in cui il carattere bifasico delle mi-scele è evidente. Nella miscela 25/75 l’HTPB risulta disperso in una matrice di GAP, mentre la situazione è invertita nella miscela 75/25; nella MB 50/50 si distinguono due fasi co-continue. Le immagini mostrano fasi ben distinte, con forma irregolare delle zone di interfaccia: questo perché le immagini sono state acquisite prima che si raggiungesse la morfologia di equilibrio.

Le immagini da 17d a 17i mostrano l’evoluzione nel tempo della

mor-fologia della MB 50/50; tutte le immagini sono state scattate nella stessa posizione nel vetrino. La prima immagine rappresenta il sistema immedia-tamente dopo la deposizione del campione sul vetrino, e mostra una sorta di emulsione instabile con pochi domini di dimensioni significative di GAP dispersi in una matrice di HTPB e GAP finemente dispersi uno nell’altro. Successivamente, le due fasi cominciano a separarsi, e le piccole gocce di GAP coalescono a formare gocce sferiche più grandi, disperse nella fase con-tinua polibutadienica. È inoltre possibile apprezzare la separazione di HTPB e GAP anche dall’aumento del contrasto con il tempo tra la fase continua e quella dispersa. I domini di GAP mostrano forme allungate o irregolari nel momento appena seguente la coalescenza di due o più gocce, poi tendono alla forma sferica, che garantisce la minima area interfacciale; l’ultima

(34)

imma-3.5 microscopia a fluorescenza 30

(a) MB 25/75 (b) MB 50/50 (c) MB 75/25

(d) (e) (f )

(g) (h) (i)

Figura 17: MB HTPB/GAP a diversi rapporti in peso. Da d a i MB 50/50 a tempi differenti.

gine corrisponde a una morfologia stabile. L’intero processo di separazione ha avuto luogo in circa 2.5 h, confermando così l’impossibilità di impiego delle miscele meccaniche HTPB/GAP come legante per propellenti solidi compositi.

Le figure18be18cmostrano un confronto della morfologia dopo la

reazio-ne con HDI e AdCl, rispetto alla MB di pari composizioreazio-ne (18a): mediante

entrambi gli estensori di catena indagati, sono state trovate morfologie omo-genee e stabili nel tempo. Nel caso di HDI (figura18b), una morfologia a

“buccia d’arancia” sta ad indicare che le unità PB e GAP sono intimamente disperse le une nelle altre, ma tendono a separarsi a livello microscopico; al contrario, la miscela con AdCl di figura18cmostra una matrice fluorescente

molto omogenea con dispersi alcuni domini più scuri e di forma irregolare. Tuttavia, in entrambi i casi non è stata osservata alcuna separazione macro-scopica di fase, nonostante la comprovata presenza di unità GAP e PB non reagite in miscela nel copolimero; questo significa che il copolimero a blocchi svolge funzione di compatibilizzante tra gli omopolimeri non reagiti, funzio-ne investigata funzio-nel corso del presente lavoro, limitatamente al caso dell’AdCl, per i motivi già citati.

Le quantità aggiunte sono indicate come phr - per hundred rubber, che è la quantità in peso riferita alla miscela meccanica di partenza che si vuole compatibilizzare. Ad esempio, la figura18dmostra la miscela HTPB/GAP

(35)

3.5 microscopia a fluorescenza 31

(a) MB 2:1 (b) PB-GAP-HDI (c) PB-GAP-AdCl

(d) MB 25/75 + 5 phr (e) MB 50/50 + 5 phr (f ) MB 75/25 + 5 phr

(g) + 10 phr HTPB (h) + 20 phr HTPB (i) + 30 phr HTPB

(j) + 10 phr GAP (k) + 20 phr GAP (l) + 30 phr GAP

Figura 18: Morfologia di MB 2:1, copolimero da HDI e AdCl. Compatibilizzazioni

HT PB − GAP 25/75 PB − GAP − AdCl = 100 5 w w (9)

Le immagini da18da18lmostrano l’effetto compatibilizzante di

PB-GAP-AdCl aggiunto alla MB (18d -18f) e le sue miscele meccaniche con gli

omo-polimeri HTPB (18g - 18i) e GAP (18j - 18l); in tutti i casi, si nota un forte

effetto compatibilizzante operato dal copolimero. Tra le MB, solo la 75/25 mostra una modesta segregazione di fase, con piccole goccioline di HTPB chiaramente visibili nella matrice di GAP (18d); la MB 50/50 (18e) e la 25/75

(18f) mostrano invece un aspetto stabile ed omogeneo, con le due fasi

stret-tamente unite a formare una trama dall’aspetto simile alla “carta vetrata”. L’aggiunta di HTPB alla miscela in ragione di 10 phr non ha prodotto alcu-na segregazione di fase, (18g), mentre si registra un inizio segregazione con

l’aggiunta di 20 phr (18h), ed una separazione classica con formazione di

gocce sferiche dopo un’ulteriore aggiunta di 10 phr di HTPB (18i). Al

con-trario, sembra che l ’aggiunta progressiva di GAP alla miscela ne aumenti l’omogeneità (18j- 18l): ciò può essere imputato all’elevata fluorescenza del

(36)

3.5 microscopia a fluorescenza 32

(a) MB 1:2 (b) MsO-PB-GAP 1:2 (c) estratto 1:2

(d) MB 1:4 (e) MsO-PB-GAP 1:4 (f ) estratto 1:4

(g) MB 1:8 (h) MsO-PB-GAP 1:8 (i) estratto 1:8

Figura 19: Miscele meccaniche e copolimeri prima e dopo estrazione a tre diversi rapporti stechiometrici.

GAP che in qualche modo potrebbe “nascondere" la formazione di piccoli domini di HTPB. Tuttavia, una comparazione con le MB mostra chiaramen-te che il copolimero possiede un forchiaramen-te effetto di compatibilizzanchiaramen-te, che porta alla stabilità anche in ragione di pochi phr aggiunti.

La figura19mostra le miscele ottenute mediante reazione tra GAP e

MsO-PB, alimentati in rapporto molare Ms/OH pari a 1:2, 1:4 e 1:8: minore è il rapporto, maggiore dovrebbe essere la resa nel copolimero GAP-PB-GAP ottenuto. Come riferimento, sono state preparate miscele meccaniche aventi rapporti HTPB/GAP comparabili ai rapporti molari delle reazioni; in questa figura e in quanto segue, tutte le MB e le miscele sono identificate sulla base del rapporto Ms/OH. Le tre righe di figura corrispondono, dall’alto al basso, rispettivamente ai rapporti 1:2, 1:4 e 1:8; la colonna a sinistra mostra le MB, le colonne centrale e destra mostrano rispettivamente il prodotto di reazione prima e dopo la rimozione del GAP.

Per quanto concerne le MB, uno dei due omopolimeri forma domini di-spersi nella matrice continua, costituita dall’altro componente: quale polime-ro rappresenta una fase dipende dalla composizione della MB: nel caso 1:2 il GAP è la fase dispersa, mentre per i rapporti 1:4 e 1:8 costituisce la fase con-tinua. Pertanto, le differenti morfologie riportate nelle figure19a,19de19g

sono facilmente spiegate. Per quanto riguarda i prodotti post-reazione, la miscela 1:2 mostra un aspetto molto omogeneo, essendo composta

(37)

essenzial-3.5 microscopia a fluorescenza 33

mente da copolimeri PB-GAP-PB, più una quantità relativamente piccola di GAP non reagito. Per rapporti OH/Ms più elevati si ha una maggiore pre-senza di GAP non reagito, che parzialmente segrega in piccoli domini sferici, evidenziati da una più spiccata fluorescenza; indipendentemente dalla com-posizione iniziale, dopo l’estrazione del GAP non reagito, la morfologia è stabile ed omogenea, confermando così la presenza del legame covalente tra i blocchi di omopolimeri.

(a) MB 50/50 (b) MB + estratto 1:2

(c) MB + estratto 1:4 (d) MB + estratto 1:8

Figura 20: Miscela meccanica 50/50 tal quale (a) e compatibilizzata con estratti 1:2, 1:4 e 1:8.

Al fine di valutare l ’effetto dell’eccesso di GAP sulle proprietà del co-polimero, sono state confrontate le capacità compatibilizzanti degli estratti ottenuti dalle tre diverse reazioni. Sono state preparate quattro MB 50/50, di cui tre miscelate a 5 phr dei diversi estratti (figura 20). L’effetto della

stechiometria di reazione appare evidente, in quanto nei tre casi si eviden-ziano notevoli differenze tra le morfologie. In figura20aè mostrata la MB tal

quale, in cui è possibile apprezzare grandi domini di GAP segregato nella matrice polibutadienica. Con l’utilizzo del copolimero 1:2, i domini di GAP restano ancora dispersi, ma il loro diametro medio risulta significativamen-te ridotto rispetto alla MB; ciò sta ad indicare una riduzione della significativamen-tensione interfacciale, tuttavia la miscela è ancora instabile. La situazione cambia completamente con l’estratto 1:4: il PB e il GAP risultano distribuiti in fasi co-continue, con un’interfaccia di forma sferica (figura20c). Questo indica

un buon grado di compatibilità e quindi una forte riduzione della tensione all’interfaccia. La miscela contenente 5 phr estratto 1:8 risulta lavorare in mo-do ancora migliore, essenmo-do in questo caso le due fasi quasi indistinguibili (figura20d).

Poiché l’estratto 1:8 ha dimostrato di funzionare bene come compatibiliz-zante, sono state condotte prove per identificare la quantità minima idonea a stabilizzare una MB 50/50. La figura21mostra la MB tal quale e con

quan-tità crescenti di estratto 1:8; per visualizzare la suddetta evoluzione delle morfologie durante le prime 24 ore, vengono riportate immagini alla fine

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