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Interstiziopatia polmonare nei pazienti affetti da Sindrome di Sjogren primaria: identificazione di nuovi marcatori sierici.

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

S

CUOLA

T

OSCO

-U

MBRA DI

S

PECIALIZZAZIONE IN

R

EUMATOLOGIA

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE

DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE

SOD DI REUMATOLOGIA

Interstiziopatia polmonare nei pazienti con

Sindrome di Sjögren primaria:

identificazione di nuovi marcatori sierici.

Relatore:

Tesi di Specializzazione

Prof. Marco Matucci Cerinic Dr.ssa Martina Orlandi

Correlatore:

Dr.ssa Chiara Baldini

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INDICE

PRIMA PARTE:

 LA SINDROME DI SJÖGREN: UP TO DATE 2017 Epidemiologia

• Patogenesi • Clinica

• Morbidità e mortalità

• Misure di outcome: ESSDAI e ESSPRI • Criteri classificativi e Criteri diagnostici • Diagnosi

• Terapia

SECONDA PARTE:

1. ILCOINVOLGIMENTO POLMONARE NELLA SINDROME DI SJÖGREN

• Epidemiologia

• Profilo clinico e biologico dei pazienti con pSS e coinvolgimento polmonare

• Manifestazioni cliniche respiratorie in corso di Sindrome di Sjögren

• alte vie aeree • basse vie aeree

• interstiziopatia polmonare

• manifestazioni polmonari non comuni 2. INTERSTIZIOPATIA POLMONARE IN CORSO DI SINDROME DI SJÖGREN

• Definizione e classificazione • Epidemiologia

• Diagnosi di interstiziopatia polmonare

• Pattern morfologici di interstiziopatia in corso di Sindrome di Sjögren

• Polmonite interstiziale non usuale • Polmonite interstiziale linfocitaria • Polmonite interstiziale usuale • Polmonite organizzata

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TERZA PARTE:

BIOMARCATORI DI INTERSTIZIOPATIA POLMONARE: Le Proposte 1. KREBS VON DEN LUNGEN-6 (KL-6)

• La molecola: caratteristiche e significato clinico • KL-6 come marker diagnostico di presenza di ILD • KL-6 come marker prognostico di malattia

• KL-6 nelle connettiviti : ruolo diagnostico e prognostico 2. CATELICIDINA (LL-37)

• La molecola: caratteristiche e significato clinico • Ruolo di LL- 37 nella fibrosi polmonare

• Ruolo di LL-37 nella sclerosi sistemica 3. INTERLEUCHINA 8 (IL-8)

• La molecola: caratteristiche e significato clinico • Ruolo di IL-8 nelle interstiziopatie polmonari 4. RANTES (CCL5)

• La molecola: caratteristiche e significato clinico • Ruolo di RANTES nelle interstiziopatie polmonari

QUARTA PARTE:

STUDIO CLINICO

1. SCOPO E DISEGNO DELLO STUDIO 2. MATERIALI E METODI

• Pazienti • Metodi

- Dosaggio di KL-6 e LL-37

- Dosaggio di IL-8, RANTES e MCP-1 • Analisi statistica

3. RISULTATI

• Caratteristiche cliniche dei pazienti • Livelli sierici di KL-6

• Livelli sierici di LL-37 • Livelli sierici di IL-8 • Livelli sierici di MCP-1 • Livelli sierici di RANTES

4. CONCLUSIONI & PROSPETTIVE FUTURE

BIBLIOGRAFIA.

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4

PRIMA PARTE

LA SINDROME DI SJÖGREN: UP TP DATE 2017

La sindrome di Sjögren (SS) e una malattia cronica, sistemica di natura autoimmune. E' caratterizzata da infiltrazione linfocitaria del tessuto esocrino ghiandolare, specialmente salivare e lacrimale e da una iperattivita dei linfociti B che si manifesta con ipergammaglobulinemia e con la presenza nel siero di anticorpi, inclusi anticorpi anti Ro/SS-A e La/SS-B, ANA, fattore reumatoide e immunoglobuline crioprecipitabili. Nonostante la SS abbia principalmente una localizzazione nelle ghiandole esocrine a livello orale e oculare, presenta un’ampia serie di manifestazioni sistemiche cliniche che possono interessare altre ghiandole, come pancreas, ghiandole della mucosa del tratto gastrointestinale, respiratorio e ginecologico. Ma il suo carattere sistemico le consente di manifestarsi praticamente in tutti gli organi del nostro corpo (1). Le complicanze più gravi sono la comparsa di fibrosi polmonare e l'insorgenza di un linfoma Non-Hodgkin (2). La prognosi della malattia è generalmente una prognosi buona e non è segnalato un aumento della mortalità rispetto alla popolazione generale. Va però considerato che in caso di linfoma o coinvolgimento polmonare severo la prognosi è negativa.

Epidemiologia.

La SS e la seconda malattia reumatica autoimmune, con una prevalenza stimata compresa fra 0,1 e 4,8% in diversi studi (3), colpisce maggiormente le donne rispetto gli uomini in un rapporto di 9:1 con il picco massimo d’insorgenza durante la menopausa. L’incidenza reale non è ancora ben chiara, ma si ritiene che la SS sia piuttosto comune, sia perchè per molti pazienti rimane non diagnosticata a causa della sintomatologia spesso non specifica, sia perchè esistono criteri classificativi ma non veri e propri criteri diagnostici e quindi gli studi mondiali riportano diversi dati di prevalenza ed incidenza a seconda dei vari criteri di inclusione usati.

La malattia si può presentare in due forme: si parla di SS primitiva (pSS) quando la malattia si sviluppa in assenza di altre malattie autoimmunitarie; si parla invece di SS secondaria (sSS)quando invece la malattia insorge in pazienti che hanno già una

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5 malattia autoimmunitaria (artrite reumatoide (AR), lupus eritematoso sistemico (LES), sclerosi sistemica (SSc), morbo di Basedow, tiroidite di Hashimoto, miastenia gravis, epatite cronica attiva, malattia celiaca).

Patogenesi.

Gli esatti meccanismi fisiopatologici della pSS non sono ancora completamente noti, anche se risulta essere certa la natura multifattoriale della patologia, alla quale concorrono sia fattori genetici che ambientali (4,5). La teoria più conosciuta per la genesi della SS è quella della “epitelite autoimmne” (6) secondo la quale le ghiandole salivari rappresentano il sito in cui avviene la presentazione antigenica e quindi l'inizio della risposta immunitaria in corso di pSS. E’ stato infatti dimostrato che il caratteristico infiltrato linfocitario è a livello dell'epitelio delle ghiandole salivari. Le cellule epiteliali ghiandolari esprimono numerose molecole immunomodulanti come citochine, chemochine, molecole di adesione, molecole MHC, molecole costimolatorie B7 e CD40, molecole correlate con l'apoptosi coì come autoantigeni e recettori funzionali dell'immunità innata. Le cellule dell'epitelio ghiandolare sembra che possano funzionare come cellule presentanti l'antigene e quindi mediare l'esposizione degli autoantigeni intracellulari con il sistema immunitario. Una ipotesi è che questo meccanismo sia scatenato da un insulto iniziale diretto contro l'epitelio ghiandolare, come una infezione virale, ma ad oggi non è stato individuato un singolo virus (7).

Genetica ed epigenetica

Esiste una forte associazione tra pSS e il sistema HLA che è contrassegnato dagli alleli DRB1, DR2 e DR3, conosciuti anche per dare suscettibilità per pSS (8). Questa associazione sembra essere specifica per gli autoanticorpi: DR2 è associato solo agli anticorpi anti-Ro e il DR3 è associato agli anticorpi anti-Ro e anti-La (9,10). Questo suggerisce che la presenza o l'assenza di specifici anticorpi distingue i pazienti in due subsets con differenti caratteristiche genetiche, cliniche e sierologiche (11. Recenti studi genomici (GWAS) hanno sottolineato l'importanza della disregolazione della risposta immunitaria innata ed adattativa nella patogenesi della SS (12,13). Tali studi GWAS hanno avvalorato i risultati di altri studi sull’associazione tra pSS e alcuni geni chiave nell’omeostasi del sistema immunitario come il fattore 5 di regolazione dell’interferone (IRF5), il segnale di trasduzione e attivazione della trascrizione 4 (STAT4), l’interleuchina (IL) 12A, e

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6 varie citochine tutte coinvolte nella via di segnale dell'interferone (INF). Inoltre tale associazione è stata descritta anche per B-lymphocyte kinase (BLK) e per il recettore delle chemochine tipo 5 (CXCR5), che sono importanti sia per la funzione dei linfociti B sia per la produzione anticorpale; e per il gene TNFAIP3 proteina interattiva 1 (TNIP1) ce è coinvolto nella regolazione della via del nuclear factor kappa B (NF-kB) (14,15). Se la combinazione di tali fattori di rischio genetici possa o meno costituire uno strumento diagnostico, o predittivo, e ancora da valutare. Negli ultimi anni la ricerca di base, ed in particolare l’epigenetica e la proteomica salivare, hanno permesso di identificare alcuni biomarcatori salivari, la cui determinazione in un prossimo futuro potrebbe entrare nella pratica clinica. La saliva e apparsa come uno dei fluidi biologici con più alte potenzialità per l’identificazione di biomarcatori specifici per la pSS in considerazione della non invasività con cui può essere raccolta e dello stretto rapporto anatomico e funzionale con la sede dell'infiammazione cronica. Sono stati descritti due meccanismi: la metilazione del DNA, che può ridurre o aumentare l’espressione di vari geni e i microRNA che sono in grado di inibire specificatamente vari RNA messaggero (mRNA). Nei pazienti affetti da pSS, la metilazione totale del DNA nelle cellule epiteliali delle ghiandole salivari e ridotta. Questa anomalia e associata ad una disregolazione degli enzimi chiave nella regolazione della metilazione del DNA, come la DNA metiltransferasi di mantenimento, fondamentale nel mantenere i pattern di metilazione durante la replicazione in quanto in grado di metilare filamenti di DNA emimetilati (DNMT1) e la proteina Gadd45-alpha che promuovendo il processo di riparazione del DNA, sembra causare la rimozione della metilazione del DNA e quindi potenzialmente l’attivazione della trascrizione di certi geni. Altorok et al. in uno studio epigenetico di metilazione del DNA hanno identificato alcuni geni che erano ipo o ipermetilati in cellule naive T CD4 + di pazienti con pSS rispetto ai controlli sani (16). I geni ipometilati erano principalmente coinvolti nell’attivazione dei linfociti e nella risposta immunitaria, mentre i geni ipermetilati erano coinvolti nell’espressione dell’antigene (14). I microRNA sono piccoli RNA (20-22 nucleotidi) che possono diminuire l’espressione di un gene specifico sia attraverso la degradazione del mRNA o l’interruzione della traduzione (regolazione post-trascrizionale). Un singolo microRNA puo avere come target diversi mRNA di geni coinvolti in una determinata funzione. Sono stati sviluppati diversi microarrays per studiare

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7 l’espressione di tutti microRNAs in un tipo di cellule o tessuto, allo scopo di stabilire un profilo di espressione. Nelle ghiandole salivari dei pazienti con pSS, questo profilo di espressione di microRNAs è alterato rispetto ai controlli sani, e può rappresentare un elemento distintivo. Tali biomarkers potrebbero rappresentare pertanto il target di nuovi kit-diagnostici utilizzabili nella pratica clinica quotidiana per la diagnosi e l’inquadramento prognostico dei pazienti (17).

Immunità innata

Circa il 50% del pazienti con pSS mostrano l'attivazione del sistema legato all' IFN tipo 1 sia a livello del sangue che delle ghiandole salivari “IFN signature”. L'attivazione dell'IFN di tipo 1 fa parte della normale risposta innata nei confronti delle infezioni virali che infatti potrebbero determinare la produzione dell'IFN in corso di pSS. Comunque ci sono evidenze che dimostrano l'attivazione dell'INF come risposta a legame tra complessi immuni (contenenti ad esempio materiale apopototico e necrotico e anticorpi anti Ro e La) e i toll-like receptor (TLR)- 7 e TLR-9 sulle cellule dendritiche plasmacitoidi, che sono le maggiori produttrici di IFN (18). Questo è il meccanismo tramite cui gli anticorpi associati alla pSS promuovono il processo infiammatorio autoimmune tramite un circolo vizioso che aumenta la produzione di anticorpi e quindi di induttori endogeni dell'IFN. La risposta dell'IFN è diversa nei pazienti con pSS, l'elevata risposta dell'INF si associa a un fenotipo più severo della malattia (19). Oltre al TLR-7 e TLR-9, anche il TLR-3, espresso costituzionalmente nelle cellule epiteliali delle ghiandole salivari, potrebbe giocare un ruolo nella patogenesi della pSS in quanto il segnale indotto da TLR-3 induce l'espressione di molecole immunomodulanti, di IFN e di altre molecole che risultano nell' upregolazione dell'espressione di autoantigeni come Ro52/TRIM21 (6).

Il ruolo delle chemochine

Le citochine sono dei piccoli peptidi solubili usati dall’immunità innata per la comunicazione cellulare. Sono rilasciate da molte cellule dopo stimoli appropriati e esplicano la loro funzione sia in maniera paracrina che autocrina ed endocrina. Il ruolo delle citochine nella patogenesi della SS è stato dimostrato ampiamente e quasi tutte le citochine del sistema Th1 e Th2 sono state dimostrate nel siero dei pazienti con SS. Le chemochine rappresentano le citochine con la capacità di richiamare ed attivare le cellule infiammatorie nel sito di flogosi. Nella SS sono stati descritti livelli incrementati di molte chemochine a livello delle ghiandole

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8 salivari minori sia nei pazienti con pSS sia in modelli animali: MCP-1 (CCL-2), CCL-3, CCL-4, CXCL-8(IL-8) e CXCL-10. L’epitelio dei dotti delle ghiandole salivari minori presenta livelli aumentati di CCL-3, CCL-4, CCL-5, CXCL-8, CXCL-13, CCL-21, CXCL-12. Queste citochine sono responsabili dell’homing dei linfociti a livello delle ghiandole salivari e quindi del perpetuarsi dello stimolo flogistico. Rappresentano in questo senso anche il legame tra l’immunità innata e l’attivazione dell’immunità cellulo-mediata.

Immunità acquisita

Sia le cellule T che le cellule B svolgono un ruolo importante nello sviluppo della pSS. Riguardo ai linfociti T, la ricerca si è concentrata sui diversi subsets dei linfociti T (14). Le cellule Th17 CD4+ sono aumentate sia nel sangue che nella saliva e sono associate ad elevati livelli sistemici di IL-17 che è una citochina proinfiammatoria coinvolta in molti processi autoimmuni e infiammatori. Un altro dato riguarda le cellule T regolatorie (Treg) o T soppressor, una sottopopolazione specializzata di linfociti T capaci di sopprimere l’attivazione del sistema immunitario regolandone l’omeostasi e la tolleranza verso auto-antigeni. Le Treg derivano da diversi tipi cellulari, alcune esprimono la glicoproteina di membrana CD3+, altre CD4+CD25+ e Foxp3+ (fattore di trascrizione fondamentale per la differenziazione a Treg). Sono state ipotizzate varie caratterizzazioni delle cellule Breg, l’espressione di CD24 e CD38, l’espressione di CD5 e la produzione di Interleuchina 10 (IL-10). Nel sangue dei pazienti con pSS e stato descritto un aumento di varie popolazioni di cellule Breg, mentre le popolazioni cellulari Treg non sono diverse da quelle dei controlli sani (17).

L'importanza dei linfociti B nella patogenesi della SS è dimostrata dalla iperattività delle cellule B in corso di SS. L'iperattività dei linfociti B è dimostrata dalla presenza di ipergammaglobulinemia, produzione di autoanticorpi, alterazione delle sottopopolazioni B, formazione dei centri germinativi nelle ghiandole salivari e l'associazione con lo sviluppo di linfomi. I livelli circolanti di Fattore di attivazione delle cellule B (BAFF) sono marcatamente elevate nella pSS (20). Una eccessiva produzione di BAFF, che è principalmente indotto dall'INF di tipo 2, potrebbe contribuire alla patogenesi della SS con diversi meccanismi (21): BAFF è un fattore di sopravvivenza per i plasmablasti umani generati dalle cellule B della memoria e può fornire un ambiente adatto per la produzione di anticorpi e BAFF può

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9 costimolare la proliferazione e la secrezione di citochine dalle cellule T CD4+ attivate. Visto che i pazienti con neoplasie B correlate hanno elevati livelli di BAFF circolanti, BAFF può contribuire non solo allo sviluppo delle manifestazioni autoimmunitarie ma anche delle neoplasie B correlate.

Clinica.

Il quadro clinico della SS comprende sintomi ghiandolari di secchezza e manifestazioni extra ghiandolari.

Manifestazioni ghiandolari: la Sindrome Sicca.

La Sindrome Sicca è la forma più comune di presentazione della pSS, nello studio di prevalenza eseguito sul numero maggiore di pazienti con pSS (n=6110), il 98% dei pazienti riferiva xerostomia o xeroftalmia e l'89 % dei pazienti riportava entrambi i sintomi (22)

La xerostomia è la sensazione di “bocca asciutta” legata alla riduzione delle secrezioni delle ghiandole salivari. I pazienti avvertono sensazione di bruciore sulla lingua, arrossamento e secchezza della mucosa orale e linguale, fessurazioni delle labbra e del cavo orale, disfagia, alterazione del gusto. Le complicanze sono infezioni ricorrenti, candidosi orali, formazioni di carie, alitosi, ulcere orali, gengivite, piorrea, atrofia delle papille fino alla perdita totale del gusto. Obiettivamente la mucosa orale risulta asciutta, iperemica ed atrofica. Le alterazioni non riguardano solamente il flusso salivare ma anche la composizione della saliva. La tumefazione cronica o episodica delle ghiandole salivari maggiori è frequente nell'anamnesi dei pazienti con pSS, l'82 % dei pazienti riferisce coinvolgimento delle parotidi al momento della diagnosi (23). La tumefazione ghiandolare a volte può essere unilaterale ma generalmente è bilaterale. La tumefazione ghiandolare rappresenta un criterio di attività e di severità di malattia e il rapido ingrossamento di una ghiandola deve essere valutato con attenzione in quanto potrebbe indicare l'insorgenza di un linfoma a cellule B.

La xeroftalmia è la sensazione di “occhio secco” legata alla riduzione delle secrezioni delle ghiandole lacrimali. I pazienti riferiscono sensazione di un corpo estraneo, “sabbia negli occhi”, aumentata frequenza nell’ammiccamento, sensazione di bruciore e fotofobia, arrossamento della congiuntiva, accumulo di secrezione o filamenti spessi a livello del canto mediale. Le complicanze sono infezioni ricorrenti, ulcere corneali, formazione di cicatrici, compromissione della

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10 vista. La cheratocongiuntivite sicca si verifica quando si ha una completa disepitelizzazione oculare e si caratterizza con arrossamento della congiuntiva, diminuzione della lacrimazione, prurito, aumentata sensibilità alla luce e nelle forme più gravi si sviluppano lesioni corneali. Un'altra espressione della disfunzione ghiandolare è la secchezza genitale che si esprime come secchezza vaginale e vulvare, sensazione di fastidio, bruciore, prurito, dolore, dispareunia, candidosi vaginale, aumentate infezioni genitali e urinarie ed ulcerazioni.

Per xerosi cutanea si intente la “secchezza cutanea” legata alla ridotta secrezione delle ghiandole sudoripare e sebacee. La secchezza cutanea si manifesta come prurito, pelle che si sfalda, maggior tendenza alle eruzioni cutanee e alle sovra-infezioni. La secchezza coinvolge anche le alte vie respiratorie: la secchezza nasale si esprime con irritazione nasale, dolore mucosa nasale, formazione di croste e sinusite cronica; la xerotrachea è caratterizzata da tosse stizzosa cronica e l'iperattività bronchiale da tosse produttiva. Sono coinvolte anche le ghiandole esocrine del pancreas. Il paziente può manifestare steatorrea, dolore addominale, perdita di peso, aumento delle amilasi pancreatiche e mancato assorbimento delle vitamine liposolubili A, D, E, K.

Manifestazioni extra ghiandolari.

Le manifestazioni extra ghiandolari sono riportate in una percentuale variabile tra il 20% ed il 40% dei pazienti. Recentemente è stato confermato che la giovane età del paziente, i bassi livelli di C3 e C4 e la presenza di crioglobuline sono associate a manifestazioni extra ghiandolari (24, 25).

Dall'analisi di questi ultimi risultati è emerso inoltre che la pSS può esistere anche come solo coinvolgimento extra ghiandolare sistemico con e senza sindrome sicca. In tal caso altre malattie autoimmuni (autoimmunità organo specifica, LES, SSc, Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, vasculiti, Sindrome da iper-IgG4) e processi non autoimmuni come malattie cardiovascolari, DM, malattie neurovegetative e tumori vanno escluse.

Sintomi costituzionali come febbre, malessere e perdita di peso sono spesso riportati dai pazienti con pSS. Uno dei sintomi più frequenti (circa 70%) è la fatigue che è anche una delle cause di disabilita funzionale. Negli ultimi anni ci sono stati numerosi studi che hanno cercato di spiegare la causa della severa fatigue riferita dai pazienti affetti da SS. Tra le ipotesi vi sono i disturbi del sonno che, impedendo

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11 un sonno ristoratore, determinano stanchezza durante il giorno, anche i disturbi dell'umore peggiorano la stanchezza così come i disturbi disautonomici.

Manifestazioni cutanee.

Le manifestazioni cutanee in corso di pSS comprendono: fenomeno di Raynaud, la porpora ipergammaglobulinemica, la porpora palpabile leucocitoclastica, l’orticaria recidivante, le ulcerazioni cutanee. Le manifestazioni vasculitiche comprendono la vasculite leucocitoclastica dei vasi di piccolo calibro, la vasculite necrotizzante dei vasi di medio calibro, l'endoarterite obliterante in pazienti con malattia di lunga durata (26).

Manifestazioni muscolo scheletriche.

Sono presenti nel 50-75 % dei pazienti e sono caratterizzati principalmente da artromialgie, poliartrite cronica non erosiva.

Manifestazioni epatiche.

Sono presenti nel 25% dei pazienti come aumento delle transaminasi, AMA positività con CBP.

Manifestazioni gastriche.

Generalmente si ha una gastrite cronica atrofica con anticorpi antimucosa gastrica positivi

Manifestazioni renali.

In corso di pSS il coinvolgimento renale è asintomatico in 1/3 dei pazienti, si possono verificare quadri di nefrite tubulo-interstiziale associata con acidosi tubulare renale tipo I clinicamente si manifesta con l’acidosi tubolare renale o altri difetti della funzione renale (27).

Manifestazioni neurologiche.

Il disturbo più frequente è una polineuropatia, riportata nel 64% dei pazienti con pSS (25) include la polineuropatia sensitivo-motoria (la più frequente), le mononeuriti multiple, la neuropatia sensoriale pura e la neuropatia delle piccole fibre. E' interessante che un recente studio ha riportato una elevata frequenza di neuropatia delle piccole fibre in pazienti, la maggior parte di questi pazienti non aveva una diagnosi di pSS al momento della diagnosi della malattia neurologica e avevano bassi livelli di anti Ro (28). In alcuni pazienti sono stati osservati casi di meningite asettica e sclerosi multipla (29).

Negli ultimi anni sono stati descritti anche numerose alterazioni psichiatriche e disturbi della personalità con nevrosi, psicoticismo, ossessività, ipocondria,

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12 ideazione paranoica, somatizzazione, sintomi ossessivo-compulsivi, disturbi del sonno (30). Le alterazioni più frequenti in questo ambito sono comunque ansia e depressione.

Disordini linfoproliferativi.

I pazienti con pSS primitiva hanno un elevato rischio di sviluppare un linfoma rispetto alla popolazione sana (31,32). Rappresenta la complicazione più grave e anche la causa di aumento della mortalità (33). L’attivazione della popolazione B linfocitaria e inizialmente di tipo policlonale successivamente evolve in senso monoclonale esitando in una malattia monoclonale maligna. La forma di linfoma più comune nei pazienti con SS è il linfoma associato alle mucose (MALT) e la sede più tipica sono le ghiandole salivari (parotide e sottomandibolare). Altre sedi coinvolte possono essere le orbite, il naso-faringe, lo stomaco, la tiroide ed il polmone (34). Un altro tipo di linfoma descritto è il linfoma linfoplasmocitoide e sono generalmente linfomi della zona marginale.

Negli ultimi anni sono stati eseguiti numerosi studi con lo scopo di identificare dei marcatori predittivi di sviluppo di LNH, una revisione delle letteratura ha identificato la linfoadenopatia, tumefazione ghiandolare, porpora palpabile, bassi livelli di C4 e la presenza di crioglobuline , come maggiori fattori prognostici per LNH o altre malattie linfoproliferative (35).Alcuni studi identificavano come fattori prognostici anche la presenza di splenomegalia, bassi livelli di C3, linfopenia e neutropenia. La presenza di centri germinativi alla biopsia delle ghiandole salivari è un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo di LNH (36).

Morbidità e mortalità

pSS è associata a fatigue, depressione, riduzione della qualità di vita e riduzione della funzione fisica. Il dolore, la depressione, l'ansia, il BMI e la fatigue sono i fattori che influenzano in maniera più significativa la qualità della vita misurata tramite il noto questionario health-related quality of life (HRQoL) (37). Un fatto interessante è che recentemente uno studio ha mostrato che la qualità della vita del paziente con SS è ridotta al pari dei pazienti affetti da AR e LES, malattie normalmente considerate più gravi (38).

Una recente revisione sistematica della letteratura ha documentato una sopravvivenza a 5 anni del 96% e a 10 anni del 90% (39) senza alcun aumento della mortalità rispetto alla popolazione generale. Alcuni studi mostrano risultati diversi,

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13 ma hanno il grosso bias di aver arruolato pazienti con malattia più severa. La malattia cardiovascolare, le infezioni, i tumori solidi ed i linfomi sono le cause più comuni di morte nei pazienti con pSS.

Misure di outcome.

Negli ultimi anni, a livello internazionale, sono stati elaborati e validati indici di stato specificamente finalizzati a misurare per la pSS l’ attività di malattia, il danno nonché la percezione del paziente dei sintomi chiave legati alla malattia (40-42). Tali indici sono fondamentale per il monitoraggio dei pazienti con pSS nel follow-up sia nella pratica clinica che nella ricerca.

Identificare precocemente i pazienti destinati a sviluppare un linfoma rimane una delle sfide aperte nel follow-up della pSS. Tradizionalmente nell’ambito della pSS si riconoscono due principali fenotipi di malattia in relazione al rischio di sviluppo di complicanze linfoproliferative. Il fenotipo più a rischio per lo sviluppo di linfoma e quello rappresentato dai soggetti che presentano tumefazione ricorrente delle ghiandole salivari maggiori, bassi valori della componente C4 del complemento, crioglobuline e manifestazioni cliniche riconducibili alla vasculite crioglobulinemica (porpora, impegno renale, neuropatia periferica). Nonostante tali fattori di rischio siano stati individuati e confermati in numerosi studi, di fatto non è possibile ad oggi identificare precocemente i soggetti destinati a sviluppare un linfoma. Uno degli elementi prognostici più importanti è rappresentato dalla presenza di centri germinativi ectopici, ovvero di aggregati formati dalle cellule B CD20+ nell’infiltrato ghiandolare, infatti è stata associata allo sviluppo successivo di linfoma (43). La loro assenza costituisce un elemento “prognostico favorevole” per il paziente.

Il gruppo di studio EULAR sulla SS (European League Against Rheumatism

(EULAR) international collaborative study group (EULAR-SS Task Force)) ha

sviluppato due indici di misurazione di attività di malattia nella SS: un questionario amministrato al paziente riguardo alla sintomatologia percepita: EULAR Sjögren’s

Syndrome Patient Reported Index: (ESSPRI) e un questionario sulle manifestazioni

sistemiche del paziente: EULAR Sjögren’s Syndrome Disease Activity Index (ESSDAI) (44,45). Nell' ESSPRI al paziente viene chiesto di dare un punteggio da 1 -10 riguardo alla gravità della secchezza, della fatigue e del dolore nelle ultime

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14 due settimane. Il punteggio totale deriva dalla media delle tre scale. Questo nuovo sistema di valutazione si è mostrato correlare molto bene con le misurazioni precedentemente usate (PRO, PROFADSSI, PGA) e anche con EuroQOL,una misura del HRQoL. Inoltre ESSPRI mostra una sensibilità al cambiamento che lo rende utilizzabile nei trial clinici.

ESSDAI è nato per aiutare il medico a definire l'attività sistemica di malattia nel paziente affetto da pSS. Include 12 domini che corrispondono alle manifestazioni sistemiche (costituzionale, linfoadenopatia, ghiandolare, articolare, cutaneo, polmonare, renale, muscolare, neurologico periferico, neurologico centrale, ematologico e biologico). Il punteggio è dato dalla somma dei punteggi dei diversi domini. Il confronto tra ESSDAI e gli altri indici di misurazione di attività sistemica da parte del medico ha mostrato una modesta correlazione. Il dominio biologico dell'ESSDAI include i markers di attivazione delle cellule B: amento delle gamma globuline, o delle IgG nel siero, bassi valori del complemento, presenza di crioglobuline e presenza di gammopatia monoclonale. Questo però potrebbe falsare i risultati dello score. Per questo, in questo ultimo anno, l'EULAR-SS Task Force ha proposto il clinical El'EULAR-SSDAI (ClinEl'EULAR-SSDAI), una nuova misura di outcome ottenuta togliendo il dominio biologico dell' ESSDAI e pesando in maniera diversa gli altri items. Rimuovendo questo dominio l'attività clinica della malattia può essere misurata indipendentemente dalla risposta delle cellule B (46). E' stato inoltre sviluppato un indice di valutazione del danno nella pSS : Sjögren's

Syndrome Disease Damage Index (SSDDI) e Sjögren's syndrome Damage Index

(SSDI). Il SSDDI è stato ideato in una coorte italiana e validato come indice di danno da malattia (47). SSDI invece è stato ideato in una coorte inglese e misura il danno oculare, orale e sistemico ma non è ancora stato validato (48).

L'identificazione al momento della diagnosi di markers prognostici negativi è importante al fine di identificare quei pazienti a maggior rischio di complicanze in cui eseguire un follow up più stretto. Nell'ultimo anno è stata studiata una grande coorte di pazienti pSS tramite ESSDAI e si è visto che i pazienti al baseline valutati tramite ESSDAI possono essere divisi in due gruppi. Un primo gruppo costituito da pazienti con un coinvolgimento di malattia prettamente ghiandolare (sindrome sicca, fatigue, dolore) senza coinvolgimento sistemico (ESSDAI <5) che, essendo considerati a basso rischio, richiedono una valutazione annuale. Un secondo gruppo costituito da pazienti che invece presentano subito una certa attività sistemica di

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15 malattia con ESSDAI ≥14 e/o markers immunologici predittivi: (soprattutto se più di uno); questi pazienti sono considerati a rischio e quindi richiedono un follow up più stretto con valutazioni ogni 3-6 mesi (49).

Nell'ultimo anno l' EULAR Sjögren’s Task Force ha cercato di standardizzare la valutazione dei pazienti da arruolare ai clinical trial e anche di standardizzare la valutazione della risposta alla terapia. Innanzitutto sono stati definiti 3 livelli di attività di malattia: bassa attività (ESSDAI<5), attività moderata (5≤ESSDAI≤13) e alta attività di malattia (ESSDAI≥14). Per la valutazione delle complicanze sistemiche nei clinical trial gli autori hanno proposto di includere i pazienti con attività moderata (5≤ESSDAI≤13) e di definire la risposta al trattamento ad un miglioramento dell' ESSDAI di almeno 3 punti. Per quanto riguarda ESSPRI gli autori suggeriscono l'inclusione ai clinical trial di pazienti con ESSPRI≥5 e definiscono la risposta clinica in caso di miglioramento dell' ESSPRI di almeno 1 punto o del 15% (50).

Criteri classificativi e Criteri diagnostici.

L’eterogeneità nella presentazione clinica della pSS e la non specificità dei sintomi d’esordio (come xerostomia e xeroftalmia) che sono presenti, dopo la menopausa in una percentuale molto alta di donne anche in assenza di malattia, rendono ragione della complessità dell’iter diagnostico della malattia. La diagnosi di pSS si basa infatti tradizionalmente sulla combinazione dei sintomi clinici riferiti dal paziente e di esami strumentali, sierologici ed istologici.

Nel corso degli ultimi decenni sono stati proposti numerosi criteri classificativi senza però trovare il pieno consenso da parte dell'intero mondo scientifico. Degli 11 criteri classificativi/diagnostici proposti tra il 1965 e il 2002 nessuno ha avuto l'approvazione ed il supporto da parte de l’American College of Rheumatology (ACR) o da EULAR. Nel 1993 sono stati validati i criteri europei preliminari per la SS e sono stati largamente usati per molti anni (51). Questi criteri, che si concentravano soprattutto sulle tre caratteristiche cliniche della SS (Sindrome sicca, esocrinopatia cronica e autoimmunità sistemica), rischiavano però di classificare come pSS quei pazienti che non avevano sindrome autoimmune ma presentavano secchezza soggettiva e oggettiva. Per risolvere questo bias, sono stati elaborati i criteri dell'American– European Consensus Group (AECG), 2002 (52). Questi

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16 criteri richiedono l'evidenza di autoimmunità sierica o istopatologica (positività degli anticorpi anti LA o anti Ro) e/o positività della biopsia) per poter diagnosticare pSS. Inoltre sono state elaborate 6 domande per individuare i pazienti affetti da sindrome sicca. Questi criteri sono stati usati per molti anni e considerati il gold standard con una sensibilità del 93.5% e una specificità del 94%. Nel 2012 è stato fondato un registro internazionale Sjögren’s International Collaborative

Clinical Alliance (SICCA) che ha pubblicato i criteri classificativi ACR disegnati

per definire l'arruolamento ai trial clinici (53). La popolazione inclusa in questi criteri non è la popolazione generale ma sono applicabili solo ad individui con segni e sintomi suggestivi per SS (Sindrome Sicca). Le differenza con i criteri AECG è nell'inclusione della positività del FR e degli ANA tra i criteri immunologici, l'introduzione di un nuovo score per la valutazione del danno oculare e l'uso del verde di Lissamina al posto della Fluorescina. Analisi successive di confronto tra i criteri ACR e AECG hanno rilevato un elevato grado di concordanza (54). Entrambi i criteri includono simili items. I criteri ACR si applicano solo su pazienti con sindrome sicca quindi si basano solo su tests oggettivi. Alla luce degli studi clinici e delle nuove opportunità terapeutiche, è necessario validare dei criteri diagnostici che siano comuni all'interno del mondo scientifico e che consentano di definire in maniera precisa e standardizzata la diagnosi di SS (che potrebbe giovare di terapia biologica) escludendo una sindrome sicca non autoimmune (dove la scelta del farmaco biologico, seppure in presenza di grave sintomatologia, sarebbe da escludere) Nel 2012 i ricercatori del gruppo SICCA e dell' EULAR Sjögren’s Task Force hanno istituito un gruppo internazionale di lavoro “The International Sjögren’s Syndrome Criteria Working

Group” con l'obiettivo di sviluppare dei criteri classificativi per la pSS che

combinino le caratteristiche dei criteri ACR e quelli del AEGC. I criteri che ne derivano sono i criteri classificativi ACR–EULAR per la pSS del 2016. I nuovi criteri sono applicabili a tutti quei pazienti che hanno almeno un segno o un sintomo di secchezza orale o oculare, valutati tramite le domande del questionario AECG o che hanno un forte sospetto per pSS in base al punteggio ESSDAI. La diagnosi di pSS si basa sulla somma pesata di 5 items oggettivi: positività degli anticorpi anti-SSA/Ro e del FS ≥1/4 mm2 (ognuno dei quali ha score uguale a 3); un alterato Ocular Staining Score (OSS) di ≥5 (o van Bijsterveld score ≥4), un test di Schirmer’s ≤5 mm/5 min e un flusso salivare non stimolato ≤0.1 mL/min

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17 (ognuno con score di 1). Si ha diagnosi di pSS quanto lo score totale è ≥ 4. Novità rispetto ai criteri ACR del 2002 includono l'inserimento del test di Schirmer e del flusso salivare non stimolato, l'uso del OSS, l'eliminazione del FR e degli ANA tra gli items. Rispetto ai criteri AECG del 2002 questi criteri considerano la presenza di secchezza oculare o orale un criterio di eleggibilità, includono l'OSS ed elimina la scialografia e la scintigrafia. Ma un dato importantissimo che emerge da questi criteri è la valutazione del coinvolgimento sistemico della malattia determinato tramite l'uso dell'ESSDAI. Tra i criteri di esclusione è stata inserita la S da iper-IgG4. La sensibilità di questi nuovo criteri è del 96% e la specificità del 95% (55). Diagnosi.

Anti-Ro/SSA e anti-La/SSB

Gli anticorpi anti-Ro e anti-La sono i marcatori immunologici della pSS. La loro prevalenza però può variare a seconda del metodo usato per il loro dosaggio (ELISA, doppia immunodiffusione e Western blot). In generale si considera che pazienti con pSS hanno gli anti-SSA (Ro) positivi nel' 60-85% e gli anti-SSB (La) positivi nel 50-65%. Gli ANA risultano positivi nel 50-90% dei pazienti e si può documentare anche positività degli ACA e degli AMA (14). La presenza di anticorpi diretti contro gli antigeni Ro/SS-A e La/SS-B è correlata ad un esordio più precoce della malattia, ad un maggiore coinvolgimento delle ghiandole salivari che risulteranno maggiormente aumentate di volume e ad un maggiore coinvolgimento extra ghiandolare. E' stato dimostrato inoltre che questi anticorpi possono comparire anche molti anni prima dell'esordio vero e proprio della malattia.

Tra gli esami di laboratorio associati a SS la citopenia è tipica così come l'aumento degli indici di flogosi, soprattutto della VES, l' ipergammaglobulinemia, la diminuzione del livello della componente C4 del complemento e la presenza di crioglobuline (14).

Biopsia delle ghiandole salivari minori

Il gold standard per la diagnosi di SS rimane la positività della biopsia delle ghiandole salivari minori, necessaria per la diagnosi in quei pazienti con anticorpi negativi. L'indicazione alla biopsia rimane un tema molto discusso e crescono le evidenze che suggeriscono di eseguirla in tutti i pazienti con sospetta pSS, anche perché può fornire preziose informazioni prognostiche sul coinvolgimento

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18 sistemico della malattia. La procedura è mini-invasiva in quanto consiste in una piccola incisione praticata in anestesia locale sulla parte centrale della mucosa interna apparentemente sana del labbro inferiore, con la raccolta di circa 5-10 ghiandole salivari minori. Se eseguita da personale esperto il rischio di complicanze della procedura è ridottissimo. Anche l'analisi del preparato va eseguito da patologi esperti e, anche se l'unico studio che ha valutato la variabilità inter-individuale e la riproducibilità li ha definiti accettabili, rimane difficile la standardizzazione della lettura del preparato. La caratteristica più comune e più specifica (specificità >80%) è la presenza di una scialoadenite linfocitaria focale (FLS) che è definita dalla presenza di aggregati linfocitari (foci) di ≥ 50 cellule mononucleati (soprattutto linfociti a localizzazione periduttale o perivascolare. Per poter essere usato nei criteri classificativi il pezzo deve contenere almeno 4 lobuli ghiandolari, su questo pezzo si definisce il focus come cluster di almeno 50 linfociti e il Focus score (FS) come numero di foci linfocitari per 4 mm². Si definisce positiva una biopsia che riporta un FS > I. Il grado del FS riflette la severità dell'autoimmunità nella SS e correla con le caratteristiche sierologiche, sintomi oculari, sistemici ed il rischio di linfoma (56).

Il gruppo SICCA ha pubblicato un protocollo per standardizzare la preparazione e l'analisi del FS nel sospetto di una SS, specificando che i foci devono essere adiacenti ad acini apparentemente sani e che il rilievo di scialoadenite cronica non specifica (atrofia dei dotti, dilatazione dei dotti) è comune nella popolazione generale e può coesistere anche in pazienti con pSS (57). Il protocollo SICCA suggerisce inoltre l'approfondimento del referto con la descrizione dei centri germinativi (GCs) la cui presenza è associata a manifestazioni extra ghiandolari e alla linfomagenesi, la segnalazione delle lesioni linfoepiteliali e la loro descrizione che può avere significato prognostico. Lo scorso anno sono state proposte delle linee guida per standardizzare la valutazione delle biopsia che comprende oltre a ciò che già era inserito nel protocollo SICCA, la valutazione per CD3, CD20 e CD21 e la specifica della proporzione linfocitaria dei foci.(58)

La valutazione oculare

La valutazione oculare consiste in 3 tests che consentono una valutazione globale dell'occhio comprendendo un'indagine Quantitativa del flusso lacrimale (Test di Schirmer), un'indagine qualitativa del film lacrimale (BUT) e una indagine

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19 sull'eventuale danno (Verde di Lissamina). Il test di Schirmer valuta la secrezione lacrimale tramite una striscia di carta assorbente messa a contatto con la ghiandola lacrimale inferiore. Il test risulta positivo se, dopo 5 minuti, la striscia e imbibita meno di 5 mm. Il Break-up time test (BUT) o tempo di rottura del film lacrimale si esegue colorando il film corneale con la fluoresceina e osservando la sua rottura con lampada a fessura. Un tempo di rottura inferiore a 10 secondi e da considerarsi patologico. Il Test al rosa bengala (che usava come colorante il rosa Bengala) è stato adesso sostituito dal verde di Lissamina ed è impiegato per valutare l'integrità della congiuntiva e quindi identificare i danni della superficie oculare.

La valutazione orale

La scialometria è un semplice test che consente di misurare il flusso di saliva stimolato o spontaneo, raccogliendo la saliva prodotta in una provetta calibrata per 15 minuti. Un volume di 1.5mL è considerato patologico. La scialografia parotide prevede l’incanulamento del dotto di Stenone e l'introduzione di un mezzo di contrasto per evidenziare le alterazioni anatomiche a livello del sistema duttale. Infine la scintigrafia consente una valutazione funzionale tramite l'iniezione di un tracciante (Tc-99m pertecnetato).

Negli ultimi anni c'è stato un interesse crescente verso l'ecografia delle ghiandole salivari che consente di valutare l'omogeneità del parenchima ghiandolare e l'attività di malattia con l'uso del power doppler. E' una metodica non invasiva, rapida, ripetibile e relativamente poco costosa. Le ghiandole salivari maggiori meglio valutabili con l’indagine ultrasonografica sono le ghiandole parotidi e sottomandibolari, che possono esser visualizzate nella loro interezza, fatta eccezione per la porzione di ghiandola parotide oscurata dalla mandibola. Alcuni studi hanno dimostrato la sensibilità nel diagnosticare la pSS e che l'inclusione dell'ecografia nei criteri AECG 2012 e ACR ne aumentava il valore diagnostico, nonostante questo non è stata aggiunta come valutazione strumentale negli ultimi criteri. Le alterazioni ecografiche rilevabili in corso di pSS sono la disomogeneità del parenchima con multiple aree focali ipo o anegogene, rotondeggianti. Nell'ultimo anno una revisione sistematica della letteratura ne ha confermato l'utilità clinica con elevata sensibilità e specificità comparata ad altre tecniche diagnostiche. Tuttavia non può sostituire la biopsia delle ghiandole salivari che rimane il gold standard (59).

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20 Non esiste una terapia specifica e risolutiva della pSS. Il trattamento di base consiste nell’uso di prodotti sostitutivi delle iposecrezioni ghiandolari (salivari e oculari), analgesici e parasimpatico-mimetici come la cevimelina (non in commercio in Italia) e la pilocarpina nei pazienti con funzione ghiandolare residua. L’utilizzo di pilocarpina (10-30 mg/die) ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo della secchezza (orale, oculare, nasale vaginale, della pelle) e del flusso salivare. L’uso di cevimelina (30 mg 3volte al giorno) e stato associato con un miglioramento della sintomatologia soggettiva orale e oculare, aumento del flusso salivare e miglioramento dei sintomi oculari oggettivi. Un recente studio retrospettivo ha dimostrato che la cevimelina ha un miglior profilo di efficacia e tollerabilità rispetto alla pilocarpina. La terapia sintomatica per la secchezza delle mucose viene effettuata per alleviare i sintomi/migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da pSS e prevenire a eventuali complicazioni (carie dentarie, disfagia e candidosi orale).

Accanto a questa terapia sintomatica deve esserci un adeguato stile di vita: dovrebbero essere evitati alcool, fumo, aria condizionata, uso di lenti a contatto e dovrebbero essere evitati tutti quei farmaci che determinano iposalivazione ghiandolare (farmaci diuretici, antistaminici e antidepressivi). Le opzioni terapeutiche per le manifestazioni cliniche extra-ghiandolari/sistemiche della malattia sono principalmente empiriche. Pazienti con complicazioni extra-ghiandolari severe sono solitamente trattati con steroidi sistemici e immunosoppressori, ma le prove scientifiche di efficacia sono scarse. Numerosi studi controllati e randomizzati hanno fallito nel provare l’efficacia di vari farmaci come prednisone, azatioprina e farmaci anti-TNF. Un recente studio clinico randomizzato ha dimostrato che l’idrossiclorochina, farmaco molto usato per trattare le affezioni articolari dei pazienti con pSS, non e più efficace del placebo nel migliorare la secchezza delle mucose, il dolore e la stanchezza in un’ampia coorte di pazienti. Nel corso degli ultimi anni si è diffuso rapidamente l’uso di agenti biologici come opzione terapeutica per trattare i pazienti con pSS. Sono stati condotti numerosi trial clinici con terapia mirate contro i linfociti B che svolgono un ruolo cruciale nella patogenesi della pSS. Un farmaco recentemente molto studiato è il rituximab, un anticorpo monoclonale anti-CD20 in grado di indurre la deplezione delle cellule B attraverso diversi meccanismi. Il rituximab è stato testato in diversi studi open-label che hanno dimostrato la sua efficacia nel

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21 miglioramento dei sintomi della secchezza e di alcune manifestazioni extraghiandolari. I dati evidence-based relativi al beneficio della somministrazione del rituximab nei pazienti con pSS sono ad oggi discordanti. Sono stati condotti due studi in doppio cieco, controllati con placebo: lo studio TEARS (tolleranza e l’efficacia di Rituximab nella sindrome di Sjögren primaria) in Francia, ha arruolato 122 pazienti, e nonostante non abbia raggiunto il suo endpoint primario (miglioramento di almeno 30 mm in 2 delle 4 scale analogiche visive che valutano l’attività globale, la stanchezza, il dolore e la secchezza, a 24 settimane), ha riportato un miglioramento statisticamente significativo di alcuni criteri secondari di valutazione (punteggi singoli per secchezza o fatica, flusso salivare). Questi dati suggeriscono che, nonostante ci sia un moderato miglioramento della sintomatologia soggettiva e oggettiva, l’efficacia del rituximab in pazienti con pSS non è sufficiente a consentirne una prescrizione su un’ampia popolazione di pazienti. Lo studio TRACTISS (terapia anti-cellule B in pazienti con sindrome di Sjögren primaria) è ancora in corso. Un altro farmaco considerato è il Belimumab, un anticorpo monoclonale specifico per la proteina solubile umana che stimola i linfociti B (BLyS). Il B-cell activating factor (BAFF o BLyS) e il proliferation-inducing ligand (APRIL) sono elementi della superfamiglia del TNF-alfa, implicati a vari livelli nella produzione, maturazione e funzione dei linfociti B. Un’iperespressione di BAFF è stata descritta nelle secrezioni delle ghiandole salivari di pazienti affetti da pSS. In tali pazienti è stata dimostrata una correlazione tra BAFF ed APRIL con i livelli di gammaglobuline, con il titolo degli anticorpi anti-SSA e con i livelli di fattore reumatoide. Attraverso il legame con BLyS, il belimumab inibisce la sopravvivenza delle cellule B, incluse le cellule B autoreattive, e riduce la differenziazione delle cellule B a cellule plasmatiche producenti immunoglobuline. Nel corso degli ultimi anni è stato confermato anche il ruolo dei linfociti T nella patogenesi della malattia: le cellule T sono coinvolte nella formazione degli infiltrati infiammatori nelle ghiandole salivari e aumentano l’attivazione delle cellule B. Abatacept è un'altra delle molecole studiate, è una proteina di fusione costituita dal dominio extracellulare dell’antigene 4 associato al linfocita T citotossico umano (CTLA-4) legato alla porzione Fc modificata della Immunoglobulina G1 umana (IgG1). Abatacept modula selettivamente un segnale chiave di costimolazione necessario per la piena attivazione dei linfociti T che esprimono il CD28 cioè il legame delle molecole CD80 e CD86 sulla superficie

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22 delle cellule presentanti l’antigene al recettore CD28 sui linfociti T. Abatacept inibisce selettivamente questa via di costimolazione attraverso il legame specifico al CD80 ed al CD86. Le cellule staminali mesenchimali (MSC) sono cellule staminali multi potenti caratterizzate dalla loro capacita di differenziarsi in linee cellulari diverse (osteoblasti, condrociti, adipociti, cellule neurali) (60,61,14).

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23

SECONDA PARTE

1. IL

COINVOLGIMENTO

POLMONARE

NELLA

SINDROME DI SJÖGREN

Il coinvolgimento polmonare rappresenta una complicanza della SS, riportato in una percentuale di pazienti che va dal 9 al 20%, e quando è presente in forma severa, determina un aumento della mortalità (62). La SS può colpire sia le alte che le basse vie aeree e le manifestazioni che si possono avere includono le alterazioni delle prime vie aeree, ILD e i disordini linfoproliferativi. Molto spesso è presente sia un coinvolgimento delle prime vie aeree, sia ILD. Mentre in corso di infiammazione delle vie aeree il paziente appare asintomatico o pauci sintomatico, generalmente ILD è sintomatico e determina alterazioni strumentali (63). In genere si manifesta precocemente (entro i primi 4 anni), nel 25% dei casi il coinvolgimento polmonare precede la diagnosi di SS e solo nel 10% dei casi si manifesta contemporaneamente agli altri sintomi extra toracici (64) (Schema 1).

Epidemiologia.

La letteratura pubblicata nel corso degli anni a proposito del coinvolgimento polmonare in corso di SS mostra dati molto diversi tra loro, sia riguardo alla prevalenza di malattia, sia della gravità, prognosi e tipo di coinvolgimento. La ragione risiede nell'estrema eterogeneità che contraddistingue la SS anche quando coinvolge il polmone.

La prevalenza di malattia polmonare clinicamente manifesta in corso di SS è riportata in una percentuale di pazienti che va dal 9 al 20% (65), con una predominanza nel sesso femminile (66). Quando invece la prevalenza viene studiata in maniera sistematica nella SS la percentuale aumenta raggiungendo un intervallo tra 43% e il 75% (67). Alterazioni alla TC sono invece rilevate nel 34– 50% dei pazienti (68).

L'incidenza delle manifestazioni respiratorie nei pazienti con SS è stimata del 10% (±3%) ad un anno dalla diagnosi ma aumenta a 20% (±4%) dopo 5 anni di malattia (62).

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24 Profilo clinico e biologico dei pazienti con pSS e coinvolgimento polmonare. La letteratura suggerisce che i principali fattori di rischio per coinvolgimento polmonare sono rappresentati dal sesso maschile, esposizione tabagica, esordio tardivo di malattia e lenta evoluzione della malattia (69-71,64).

I pazienti affetti da pSS complicata da manifestazioni polmonari hanno una ridotta qualità di vita (72) con ridotta funzionalità fisica, una prognosi peggiore con aumento della mortalità (70).

Dal punto di vista clinico i pazienti con altre manifestazioni sistemiche di malattia hanno un rischio maggiore di sviluppare anche complicanze a livello respiratorio e dal punto di vista bioumorale, i pazienti con coinvolgimento polmonare presentano spesso ipergammaglobulinemia, anti-SSA e anti-SSB, ANA e FR positivi (67, 69, 73-75).

Manifestazioni cliniche respiratorie in corso di Sindrome di Sjögren.

La tosse è il sintomo principale in caso di coinvolgimento sia delle alte che delle basse vie respiratorie. Si osserva nel 41-61% dei pazienti con SS (76,77). La presenza di tosse secca può precedere anche di molti anni la diagnosi di SS e riduce la qualità della vita nel 50% dei pazienti con SS (78). Sono state fatte molte ipotesi per spiegare l'origine della tosse tra cui la secchezza delle vie aeree, specialmente della trachea (79), alterazioni della clearance mucociliare (80,81) infiammazione bronchiale o bronchiolare, iperresponsività bronchiale e anche il reflusso gastroesofageo. La terapia per questo sintomo non è stata codificata ma spesso pilocarpina e soluzione salina nebulizzata possono servire.

Un altro segno clinico importante è rappresentato dalle infezioni delle vie respiratorie che possono avvenire a più livelli, nel 10-35% dei pazienti con SS infatti sono riportate le infezioni respiratorie recidivanti, in particolare polmoniti (80). Le cause sospettate per questa suscettibilità alle infezioni sono: l'alterata clearance mucociliare (81), alterazione dei setti, deficit della immunità locale, reflusso gastroesofageo, bronchiectasie, paradontopatie (82)e l'uso di farmaci immunosoppressori.

La dispnea invece è un sintomo più tardivo che si ha principalmente per il coinvolgimento del parenchima polmonare.

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Schema 1. Le manifestazioni toraciche in corso di Sindrome di Sjögren.

Figura da: Egashira et al. (87).

Alte vie aeree

La formazione di croste nasali, l'epistassi e la secchezza nasale con prurito e bruciore sono sintomi comuni in corso di SS, come è comune il rilievo di secchezza nasale e di crostosità nasali all'esame obiettivo (circa nel 50% dei pazienti). Frequenti sono le sinusiti come complicanza della mancata secrezione nasale. La tosse, il sintomo più comune in corso di coinvolgimento respiratorio in SS è stata classicamente riferita alla secchezza a livello della trachea e dei bronchi e con il termine di xerotrachea si intendeva proprio la tosse stizzosa persistente in assenza di alterazioni rilevabili con esami strumentali. In realtà sembra che più che un problema di atrofia ghiandolare alla base della tosse ci sia un problema funzionale della clearance mucociliare. Questo comporta la perdita della protezione rispetto alle strutture più basse.

Basse vie aeree

Dal punto di vista anatomopatologico il danno a questo livello è dovuto per la disfunzione delle ghiandole esocrine presenti nelle vie aeree che quindi determinano una sindrome sicca o dall'infiltrazione cellulare. Sono stati condotti molti studi che hanno caratterizzato le alterazioni istopatologiche in corso di SS ed è interessante notare come anche in pazienti asintomatici e in assenza di alterazioni

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26 radiografiche, siano stati ritrovati infiltrati cellulari nella mucosa bronchiale o bronchiolare (76). Tali infiltrati sono costituiti da linfociti T CD4 positivi (83). I lavaggi broncoalveolari (BAL) hanno confermato la presenza di alveolite linfocitica CD4 nel 55% dei pazienti con SS (84,85). Il danno a livello dei bronchi periferici e dei bronchioli includono bronchioectasie (5–54%), attenuazione a mosaico (22%), ispessimento della parete bronchiale (8–68%), ed opacità nodulari (6–29%) (86-90).

Iperresponsività bronchiale

Ad eccezione di ciò che avviene nelle altre connettiviti (ad eccezione della sclerodermia), l'iperesponsività bronchiale è frequentemente riportata nella SS con una percentuale che varia dal 42 al 60% dei pazienti (79, 91-93). Clinicamente si caratterizza con comparsa od aumento della tosse all'esposizione ad agenti irritanti come il fumo di sigaretta, lo smog ecc.. I pazienti con SS mostrano infatti una elevata risposta al test di provocazione alla metacolina ma bassa risposta al freddo all'adenosina monofosfato e all'iperventilazione (94). Il meccanismo implicato è ancora sconosciuto; sembra che m a differenza dell'asma, gli eosinofili non contribuiscano a questa risposta esagerata dei bronchi. La gravità dell'iperresponisività bronchiale non è correlata all'intensità dell'infiltrazione delle ghiandole salivari (94). Non è stata trovata alcuna differenza riguardo l'atrofia delle ghiandole bronchiali tra i pazienti con SS ed i controlli (95). La secchezza tracheobronchiale è stata valutata indirettamente mediante la misurazione della clearance mucociliare (81). Questo dato suggerisce che la secchezza tracheale è conseguente più ad una alterazione funzionale della secrezione piuttosto che alla distruzione ghiandolare. L'iperesponsività bronchiale sembra non rispondere ai cortisonici inalatori nel 40-60% dei casi (79).

Bronchioliti

Le bronchioliti sono manifestazioni molto frequenti in corso di SS, possono essere isolate oppure associate a polmonite interstiziale (75). Le biopsie polmonari effettuate in SS hanno mostrato la presenza di bronchioliti nel 12% dei pazienti. Questa frequenza aumenta a 24% se si considerano i nuovi criteri anatomici e radiologici (96). Sono stati descritte diversi tipi di bronchiolite, la più comune è la bronchiolite follicolare la cui frequenza è di circa 29% (97). La bronchiolite follicolare è caratterizzata dalla presenza di follicoli linfoidi iperplastici con centri germinativi reattivi distribuiti lungo i fasci broncovascolari (figure 1d) (98,99).

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27 L'infiltrato linfocitario è confinato ai bronchioli o nell'interstizio immediatamente peribronchiale ma risparmiando il parenchima polmonare; questo dato la differenzia dalla polmonite interstiziale linfocitica. Meno frequentemente si osservano invece gli altri tipi di bronchioliti tra cui la bronchiolite cronica, la bronchiolite obliterativa, la bronchiolite linfocitica, la bronchiolite costrittiva associata a distruzione bronchiolare, e la panbronchiolite (100-103, 97). Nonostante il decorso della bronchiolite nella SS sia descritto come tipicamente benigno, sono stati descritti anche casi di bronchioliti severe.

Bronchiettasie

La frequenza delle bronchiectasie nei pazienti con SS, valutata tramite TC varia dal 7 al 54% (104,105). Nella maggior parte dei casi si tratta di bronchiectasie cilindriche.

ILD in corso di SS (vedi capitolo successivo)

Manifestazioni polmonari non comuni. Amiloidosi polmonare

Anche se non comunemente il coinvolgimento polmonare in SS si può identificare anche come amiloidosi polmonare, è soprattutto una amiloidosi polmonare nodulare cioè costituita da noduli amiloidei (calcificati o no) ritrovati, anche casualmente, alla radiografia del torace, a localizzazione periferica e subpleurica dei lobi inferiori, bilateralmente. I noduli amiloidei si possono associare a LIP e lesioni cistiche. La forma sistemica di amiloidosi è rarissima. Una revisione della letteratura ha documentato 37 casi di amiloidosi polmonare, nel 96.5% dei pazienti erano donne e lamentavano tosse, dispnea, stanchezza, emottisi, dolore polmonare pleuritico. La biopsia polmonare chirurgica è necessaria per escludere la presenza di un linfoma (106). Non esiste una terapia specifica ma spesso è usato il cortisone.

Coinvolgimento pleurico

Molto raramente si può trovare un coinvolgimento pleurico caratterizzato da versamento pleurico. In questi casi il liquido pleurico contiene elevati livelli di anticorpi anti -SSA e anti -SSA e bassi livelli di complemento. E' comunque sempre da escludere ovarlap con altre connettiviti ad esempio LES e AR.

Linfoma polmonare

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28 linfomi a cellule B della zona marginale e linfomi del tessuto linfoide associato alle mucose.

Il linfoma polmonare primitivo è una evenienza rara ma possibile in corso di SS, con una prevalenza intorno a 1-2% è generalmente un linfoma associato alla mucosa bronchiale (BALT), chiamato anche pseudolinfoma, nel 20% dei casi invece si localizza a livello polmonare e radiologicamente si presenta come multipli noduli o masse con aree di consolidazione o aree a vetro smerigliato, linfoadenopatia e versamento pleurico. La prognosi è generalmente buona con una sopravvivenza a 5 anni del 65–90% (107-110).

Tromboembolismo polmonare ed ipertensione polmonare

La letteratura descrive 28 casi di ipertensione polmonare in corso di SS con prognosi pessima e scarsa sopravvivenza (111). Come è noto esiste un aumentato rischio di tromboembolismo venoso e polmonare nelle malattie autoimmunitarie e alcuni studi hanno confermato questo dato anche nella SS (112,113).

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29 2. INTERSTIZIOPATIA POLMONARE IN CORSO DI SINDROME DI

SJÖGREN

Definizione e Classificazione

Le interstiziopatie polmonari diffuse o pneumopatie infiltrative diffuse (ILD) comprendono un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate dal coinvolgimento immuno-infiammatorio dell’interstizio polmonare comprendente l'epitelio alveolare, l'endotelio dei capillari polmonari, la membrana basale, i tessuti perivascolari e perilinfatici. In realtà il processo immuno-flogistico non coinvolge solo l'interstizio polmonare ma si associa anche una diffusa alterazione dell’architettura alveolare e delle vie aeree (114)

Le interstiziopatie polmonari sono classificate a seconda del pattern morfologico descritto alla TC ad alta risoluzione del torace: polmonite interstiziale usuale (UIP); polmonite interstiziale non specifica (NSIP); polmonite organizzata (OP) e polmonite interstiziale linfocitaria (LIP).

La prima associazione tra SS e ILD è stata descritta nel 1973 ed era una LIP (115) ma la forma di ILD più comunemente rilevata alle biopsie polmonari nei pazienti con pSS è la NSIP (116,117). Una recente review di 146 casi istologici di ILD in corso di pSS ha documentato NSIP nel 45%, UIP nel 16%, polmonite organizzata nel 7%, LIP nel 15% e nel 17% dei casi altre patologie (25).

Epidemiologia

La prevalenza di ILD nei pazienti con pSS nei diversi studi varia dal 9 al 75% (118,119,67, 62, 70,64). La letteratura degli ultimi anni riporta che la diagnosi di ILD avviene nella maggior parte dei casi dopo la diagnosi di pSS o eventualmente in concomitanza (74, 75). A questo riguardo, una recente revisione della letteratura ha documentato che la diagnosi di pSS precedeva quella di ILD nel 74,4 % dei casi mentre la diagnosi era successiva a quella di ILD solo nel 25, 5% dei pazienti (120). Roca et al 2016 (121) hanno valutato il coinvolgimento polmonare interstiziale in 263 pazienti affetti da pSS attraverso uno studio retrospettivo riportando una prevalenza dell’8%. Il periodo di insorgenza del coinvolgimento polmonare era variabile ma nel 25% dei casi l'insorgenza di ILD era precedente a quella di pSS, la mediana dell'intervallo era di circa 15 mesi. In questi pazienti la

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30 ricerca degli anticorpi anti SSA e anti SSB era utilissima per la diagnosi di pSS (111). La presenza di ILD è associata ad elevata e prematura mortalità (62)

La diagnosi di ILD in corso di Sindrome di Sjögren

Mentre in corso di coinvolgimento infiammatorio delle vie aeree il paziente appare asintomatico o pauci sintomatico, la presenza di ILD determina alterazioni strutturali che rendono il paziente più spesso sintomatico e con alterazioni strumentali rilevabili.

I sintomi principali dell'ILD sono la dispnea e la tosse. La dispnea compare soprattutto durante lo sforzo e si associa a ridotta tolleranza all’esercizio fisico. Altri sintomi meno comuni sono la febbre, il dolore toracico e la presenza di crepitii inspiratori all’auscultazione del torace (122).

La presenza di ILD va sospettata ed indagata in corso di pSS soprattutto in caso di dispnea e tosse di nuova insorgenza, di infezioni polmonari recidivanti o lente a guarire e di peggioramento delle condizioni generali. Inoltre vanno escluse infezioni polmonari in atto, effetti collaterali da farmaci, cause respiratorie diverse da ILD e cause extra-respiratorie (es cardiovascolari). Andranno quindi eseguiti accertamenti pneumologici in particolare con le prove di funzionalità respiratoria con DLCO, la TC ad alta risoluzione del torace ed eventualmente il lavaggio brancoalveolare (BAL).

La presenza degli anti-SSA rappresenta un fattore predisponente per ILD (123). Le forme di ILD associate a SS sono meno severe rispetto a quelle idiopatiche. Parambil et al (66) hanno valutato un follow up di 38 mesi e hanno riportato che il 39% dei pazienti moriva e il 16% aveva una riacutizzazione della ILD (124 ). La comparsa di nuove ed estese aree di consolidazione o aree a ground-glass alla TC potrebbero essere considerate un probabile segno di riacutizzazione acuta di polmonite interstiziale. Questi pazienti hanno elevati livelli di gammaglobuline, maggior frequenza di FR, e di ANA, maggior necessità di terapia ed elevata mortalità anche se non vi è un certo sviluppo di malattia polmonare (129, 125,126).

Le prove di funzionalità respiratoria.

Le prove di funzionalità respiratoria (PFR) rappresentano un metodo sensibile, non invasivo e poco costoso per la valutazione del coinvolgimento polmonare in corso di SS, sia perchè permette di rilevare alterazioni del parenchima polmonare (sindrome restrittiva), sia delle vie aeree (sindrome ostruttiva) (96).

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31 Va però sottolineato che la maggior parte dei pazienti con SS ha PFR nella norma (67, 70, 76) e quando sono anormali generalmente si ha un quadro di sindrome restrittiva. I pazienti che invece hanno alterazioni polmonari dimostrate alla TC mostrano anche alterazioni alle PFR (66). Riguardo al ruolo della capacità di diffusione del monossido di carbonio (DLCO) i dati in letteratura sono contrastanti. Sebbene alcuni autori abbiano affermato che la riduzione della DLCO sia relativamente poco sensibile per identificare una malattia polmonare subclinica (74) in quanto si ridurrebbe nei primi 4 anni di SS per poi rimanere costante, la riduzione della DLCO in molti studi è dimostrata essere l'alterazione più frequente (70,97).

La radiografia del torace

La radiografia del torace è un esame poco sensibile per l’individuazione di ILD in corso di SS. In genere mostra un pattern reticolo-nodulare soprattutto alle basi polmonari bilateralmente. Le alterazioni più caratteristiche sono infiltrati polmonari bilaterali con opacità reticolari e lineari nel 10–30% dei casi (66, 68, 96) ma le alterazioni radiologiche non sono correlate con le PFR né con la clinica (127). La letteratura è quindi concorde nel preferire PFR con DLCO, HRTC e BAL per la diagnostica polmonare.

La TC ad alta risoluzione del torace.

La TC ad alta risoluzione del torace (HRTC) rappresenta la metodica più sensibile per evidenziare le alterazioni polmonari e la frequenza con cui si ritrovano va dal 31 al 90 %. Le principali alterazioni interstiziali polmonari che si rilevano alla TC sono rappresentate dalla presenza di opacità a vetro smerigliato nel 92% dei pazienti, opacità lineari non settali nel 75% dei casi, ispessimenti settali interlobulari nel 55% e formazioni cistiche nel 30% dei casi, noduli, reticolazioni e fibrosi (71, 96). Il pattern rilevato alla TC sembra corrispondere a quello istologico, soprattutto per la NSIP (128,66). ILD si trova spesso associata a malattia delle vie aeree infatti noduli centrolobulari si trovano nel 78% dei pazienti con SS e ILD. Multiple cisti invece sono piuttosto caratteristiche di SS, rappresentano una forma severa di ILD in quanto la cisti rappresenta, come la fibrosi, un’alterazione irreversibile.

Molto spesso le alterazioni del parenchima polmonare in corso di SS sono localizzate a livello subpleurico e basale bilaterale, come nelle altre connettiviti sistemiche. Sono comunque descritte spesso delle lesioni a carico esclusivamente

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