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Ambienti Virtuali per la sperimentazione di nuovi percorsi didattici basati sulla tecnologia

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione...4

Capitolo 1: La Realtà Virtuale...7

1.1 Classificazioni...14

1.2 Realtà Virtuale e interattività: le origini...21

1.3 I musei virtuali...26

Capitolo 2: I Paesaggi d'Informazione...31

2.1 La nascita degli Information Landscapes...35

2.2 L' Information Landscapes “Storia dei Tre Pomi”...38

2.3 Il nuovo software per la creazione di Information Landscapes...47

Capitolo 3: Paesaggi d'Informazione ed Edutainment: il caso studio di H. H. Lilienskiold...53

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3.2 La creazione dell'Information Landscape e la sua architettura...59

3.3I tre livelli dell'Information Landscape...63

3.4Conclusioni del progetto...68

Capitolo 4: Il progetto didattico “La scuola ideale”...70

4.1 Impostazione del progetto...73

4.2 Lezioni non convenzionali...76

4.3 Realizzazione del sito web dedicato al progetto...85

4.4L'esperienza all'interno del CAVE e i test...87

4.5I risultati dei test...89

Conclusioni e sviluppi futuri...92

Bibliografia...94 Appendice 1...100 Appendice A...105 Appendice B...109 Appendice C...113 Appendice D...121

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Introduzione

Molti sostengono che senza una base di divertimento non possa esserci apprendimento. A tal proposito negli ultimi anni è nata una nuova forma di intrattenimento denominata edutainment1, letteralmente “divertimento educativo”, il cui scopo ultimo è quello di

educare e divertire allo stesso tempo. Con il termine edutainment ci si riferiva inizialmente a forme di comunicazione finalizzate alla didattica.

Successivamente, questa forma d'intrattenimento si è estesa grazie all'utilizzo di nuove tecnologie: i libri infatti sono stati sostituiti da nuovi percorsi sperimentali, come quello della realtà virtuale. Quest'ultima permette di apprendere con maggiore facilità attraverso un approccio più coinvolgente e stimolante.

L'apprendimento infatti non deve essere indirizzato unicamente ad una nozione teorica, ma deve fornire gli strumenti per meglio comprendere la realtà che ci circonda.

Come è stato accennato, uno dei campi in cui l'edutainment è presente è quello della realtà virtuale, intesa come l'insieme di tecnologie che permettono di ricreare simulazioni di ambienti sia reali che astratti.

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Lo scopo di questa tesi è quello di approfondire inizialmente gli aspetti teorici e pratici della realtà virtuale applicati alla didattica e all'apprendimento e successivamente di utilizzare il know-how acquisito durante il percorso di studi universitari, progettando alcuni tipi di ambienti virtuali a scopo didattico e divulgativo.

In particolare, verranno presi in considerazione due casi studio.

Il primo che verrà descritto è la progettazione e la realizzazione di un Paesaggio di Informazione dedicato all'esploratore norvegese Hans Lilienskiold.

Un information landscape (o “Paesaggio di Informazione”), è un ambiente virtuale astratto in cui è possibile visualizzare ed apprendere una vasta quantità di informazioni. Questo ambiente è stato sviluppato nell'ambito del progetto MUBIL, con la collaborazione del Laboratorio di Robotica Percettiva PERCRO dell'Istituto Tecip della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e della Norwegian University of Science and Technology di Trondheim. Lo scopo di questo progetto interdisciplinare è quello di utilizzare le nuove tecnologie come strumento di divulgazione culturale, rendendo fruibili in modo virtuale ed interattivo gli antichi volumi della biblioteca universitaria norvegese Gunnerus.

Il secondo caso di studio invece presenta un progetto nato in collaborazione con la Scuola Media “Galileo Galilei” di Cecina. Gli studenti delle classi 3° M e 3° L sono stati coinvolti nella ricostruzione virtuale della loro aula e successivamente nella progettazione e nello sviluppo della loro scuola ideale attraverso strumenti di modellazione 3D.

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Questo progetto è nato allo scopo di avvicinare alle nuove tecnologie anche bambini e ragazzi in età scolare: è possibile quindi comprendere come le tecnologie virtuali riescano attualmente ad attrarre una grande e differenziata fetta di pubblico, che spazia dalle persone adulte ai più piccoli.

Entrando nel merito, inizialmente, nel primo capitolo, sarà effettuata una panoramica generale sulla realtà virtuale come nuova forma di interattività e potenziale supporto per l'apprendimento, evidenziandone le particolari caratteristiche nonchè gli aspetti di interesse.

Successivamente, nel secondo capitolo della tesi, si illustreranno gli aspetti tipici di un Information Landscape, con la descrizione di alcuni esempi di questa particolare tipologia di ambiente virtuale.

Nel terzo capitolo verrà descritto il processo di creazione del paesaggio d'informazione dedicato ad un testo del 1670, scritto da Hans Hansen Lilienskiold e conservato presso la Gunnerus Library dell'Università di Trondheim.

Nel quarto ed ultimo capitolo si analizza il processo di sviluppo del progetto “La Scuola Ideale”, descrivendo come gli studenti abbiano partecipato attivamente alla ricostruzione virtuale dei due tipi di aula (quella reale e quella ideale), e come successivamente abbiano sperimentato i risultati del loro lavoro all'interno del CAVE, particolare struttura all'avanguardia presente presso il Laboratorio PERCRO di Pisa.

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Capitolo 1

La realtà virtuale

“È un fatto importante, ancor che comunemente noto, che le apparenze molto spesso ingannano.” Guida Galattica per Autostoppisti

Cos'è la realtà virtuale? Un ambiente? Un'interfaccia? Una tecnologia?

Definire il termine “realtà virtuale” in modo univoco è complesso in quanto si tratta di una macrodisciplina che racchiude al suo interno molti altri campi di studio, come l'informatica, la psicologia, ma anche la storia, l'arte e la sociologia.

Il termine “realtà virtuale” (in inglese virtual reality) venne coniato per la prima volta a fine anni Ottanta dall'informatico Jaron Lanier, per indicare uno strumento che permette non tanto di ricreare la realtà nella sua interezza, quanto di simularne alcuni aspetti: in particolare quelli connessi al particolare compito che deve essere eseguito all'interno di uno specifico contesto.

Il fine della realtà virtuale non è quindi quello di ricostruire autenticamente la realtà, bensì di convincere l'utente di essere nella realtà, in modo che possa eseguire con naturalezza il task a lui assegnato.

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La realtà virtuale ovviamente non è la realtà, ma una situazione simulata che mira a sostituire la connessione esistente tra utenti ed eventi reali. L’utente deve quindi percepire che non vi sia differenza tra il mondo reale e il mondo virtuale.

Ad ogni modo, le due realtà vengono sempre percepite entrambe attraverso i nostri sensi ed il nostro apparato cerebrale, quindi la soggettività dell'utente diviene il giudizio fondamentale per valutare la credibilità del mondo virtuale.

“La realtà è una tecnologia usata per sintetizzare una realtà condivisa. Ricrea la nostra relazione con il mondo fisico in un nuovo piano. Non influisce sul mondo soggettivo e non ha niente a che fare direttamente con ciò che è nel cervello. Ha a che fare solo con cosa i nostri organi sensoriali percepiscono. Nella realtà virtuale non c’è bisogno di una singola metafora, come accade per il computer. Siamo abituati a cambiare contesto nella vita reale: è normale comportarsi diversamente in luoghi diversi”.2

Attualmente, anziché “realtà virtuale”, si preferisce utilizzare il termine “ambienti virtuali”. Oggi le tecnologie per creare questi ambienti si sono molto evolute, ma già dagli anni Sessanta centri universitari prestigiosi come il MIT (Massachusetts Institute of Technology) e altri vari istituti di ricerca avanzata, avevano iniziato a progettare e sperimentare tecniche di restituzione grafica computerizzata.

Queste tecniche permettevano di visualizzare dati ed immagini in ambienti tridimensionali creati al computer e di ricreare simulazioni che permettessero, ad esempio, di addestrare i piloti dell'aeronautica militare prima di effettuare l'addestramento

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Per definire meglio il concetto di realtà virtuale si fa spesso ricorso ad alcune parole-chiave: esse sono immersione, realismo, presenza, interattività.

La realtà virtuale si basa su un ambiente sintetico, generato dal computer, il più simile possibile a quello reale. L’immersione è quindi definita come la sensazione fisica di essere altrove. Essa dipende dalla percezione dell'utente, da quanto egli sente di essere “assorbito” da questo mondo sintetico virtuale. Tutte le informazioni che il sistema crea devono arrivare in modo corretto ai sensi dell'utente, per renderlo maggiormente coinvolto.

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Uno dei fattori fondamentali a questo proposito è ricreare quel tipo di visione stereoscopica che normalmente sperimentiamo tutti i giorni attraverso i nostri occhi: questi infatti forniscono due prospettive diverse, una destra ed una sinistra.

Unendole, esse ci forniscono informazioni sulla tridimensionalità del mondo. In un ambiente virtuale questa prospettiva deve essere riproposta fedelmente, in modo da far rivivere all'utente un'esperienza il più possibile naturale.

I sistemi stereoscopici possono essere attivi o passivi. La prima modalità prevede l'utilizzo di un solo proiettore e di speciali occhiali (shutter-glasses) in cui le immagini vengono proiettate sequenzialmente ad alta freqenza (120Hz). Gli occhiali sono sincronizzati con la proiezione, in modo che ogni lente sia aperta quando viene proiettata l’immagine dell’occhio corrispondente. In questo modo una sola immagine per volta viene inviata agli occhi, ma lo scambio avviene così rapidamente che il cervello reputa di vederle contemporaneamente.

I sistemi stereoscopici passivi invece utilizzano due proiettori, ognuno dotato di una lente che polarizza la luce in una direzione per l’immagine sinistra e in quella opposta per l’immagine destra. Utilizzano inoltreuno schermo che mantenga la polarizzazione e degli speciali occhiali dotati di analoghe lenti di polarizzazione, in modo che all’occhio destro arrivi solo l’immagine destra e all'occhio sinistro arrivi solo quella sinistra.

In questo modo etrambe le immagini vengono dunque proiettate, ma una sola arriva ad ogni occhio.

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Con realismo si intende invece quanto può essere considerato plausibile e verosimile ciò che l'utente sperimenta nell'ambiente virtuale. L'illusione fisica e mentale deve risultare molto convincente, anche se ovviamente il sistema non potrà “funzionare”

completamente fino a quando lo stesso utente non sentirà di “credergli”, grazie a quella che un tempo Coleridge3 chiamava sospensione dell'incredulità.

L'interattività indica che l'utente non è passivo, ma agisce sul sistema. L'interazione deve essere il più possibile simile a quella che l'utente farebbe nel mondo reale.

La presenza spaziale è il grado con cui l’utente percepisce di essere coinvolto nel mondo virtuale in modo realistico. La sensazione di presenza, fondamentale per un’esperienza virtuale efficace, è a sua volta profondamente influenzata dal livello di interattività e dalla libertà di movimento nell’ambiente.

La sensazione di presenza, chiamata anche “being there”, è essenzialmente determinata dalla qualità delle informazioni sensoriali, dal controllo che si ha sull'ambiente e della mobilità dei sensori. Oltre a questo però, un altro fattore importante è dato dal contesto, e dalla dipendenza che si ha verso di esso.

Un esempio per capire meglio questo concetto è fornito dall'esperimento effettuato nel 2006 dai ricercatori dell'University College di Londra, che hanno riproposto in modo virtuale il famoso “Esperimento Milgram”, ideato negli anni Sessanta dallo psicologo sociale americano Stanley Milgram.

3 Samuel Taylor Coleridge, nato in Inghilterra, nel 1772, è stato un poeta e filosofo, celebre per aver coniato in una sua opera del 1817 il termine “Sospensione dell'incredulità”, che consiste nella volontà, da parte del lettore o dello spettatore, di sospendere le proprie facoltà critiche allo scopo di ignorare le incongruenze secondarie e godere di un'opera di fantasia.

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Lo scopo dell'esperimento originale era quello di studiare le reazioni di soggetti messi di fronte ad un'autorità che imponeva loro di compiere azioni e prendere decisioni che non rispettavano propriamente l'etica comune: i soggetti in questione dovevano infatti dare scosse elettriche ad un'altra persona.

Il risultato dell'esperimento fu sconcertante, poichè evidenziò come la maggior parte delle persone messe alla prova decise di seguire il comando dell'autorità, nonostante questo arrivasse persino a causare la morte del soggetto.

Nella versione dell'esperimento eseguita nel 2006, metà dei soggetti sono stati messi di fronte ad una ricostruzione virtuale della scena, che presenta un personaggio femminile che deve rispondere a delle domande. L'altra metà invece ha interagito con il personaggio esclusivamente in modo testuale.

Nel caso in cui il personaggio risponda alle domande in modo errato, i soggetti partecipanti al test, tenuti sotto controllo attraverso elettrocardiogramma e misurazione del respiro durante il suo svolgimento, sono obbligati a dare una scossa.

Dai risultati del test è emerso che i soggetti che hanno interagito con il personaggio in modalità virtuale si sono sentiti maggiormente coinvolti nell'esperimento, dimostrando quindi che il senso

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Figura 2: Rappresentazione grafica dei livelli di presenza. Maggiori saranno i livelli di interazione ed immersione, maggiore sarà il senso di presenza percepito dall'utente.

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1.1 Classificazioni

Esistono diversi tipi di ambienti virtuali. Una prima categoria identificabile è quella della realtà virtuale testuale, che può essere anche fortemente interattiva, ma non immersiva. Si può parlare di ambienti virtuali testuali già dalla nascita dei primi giochi di ruolo (RPG)4 e dei Multi User Dungeon (MUD)5.

Questi ambienti non sono costituiti da descrizioni grafiche, ma testuali.

Nonostante fosse nata come gioco, oggi questa tipologia di realtà virtuale testuale viene utilizzata anche per scopi educativi, poichè permette una maggiore esplorazione delle varie dinamiche di un gruppo sociale e allo stesso tempo promuove la lettura e la scrittura.

L'unico difetto è dato dall'assenza di feedback sensoriale, che rende spesso questi ambienti incompleti.

Ovviamente agli albori della nascita di questa disciplina, l'interazione era molto limitata e si è sviluppata progressivamente con il passare degli anni.

Gli ambienti virtuali più avanzati oggi sono quelle immersivi, che donano all'utente una forte sensazione di presenza grazie alla visione stereoscopica ed alle proprietà e scale riportate in maniera pressoché fedele.

4 Gli RPG sono giochi in cui i giocatori assumono il ruolo di un personaggio immaginario in un contesto narrativo che può ispirarsi ad un romanzo, ad un film, ad una fonte storica o di pura invenzione.

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Queste tecnologie sono costituite da sistemi che prevedono l'utilizzo di depth cues (ovvero indizi di profondità, informazioni che ci fanno percepire la tridimensionalità del mondo) e di vari strumenti hardware come wired gloves (dispositivi di input per interazione uomo-computer indossati come un guanto), interfacce aptiche (che coinvolgono il senso del tatto per il feedback tattile), sensori, sistemi di tracking e motion capture per il rilevamento del corpo umano e dei suoi movimenti ed head-mounted display6.

Due esempi commerciali di head-mounted display sono costituiti da Virtual Boy e Oculus Rift.

Il primo risale all'anno 1995, quando la famosa azienda videoludica nipponica Nintendo introdusse sul mercato la prima console che permetteva agli utenti di vedere il paesaggio di gioco non sullo schermo della tv, ma attraverso degli occhiali speciali.

Questi contenevano infatti un complesso sistema di specchi oscillanti, lenti e led per proiettare direttamente negli occhi degli utenti le immagini tridimensionali dei videogiochi. Tale sistema consisteva in una singola linea di duecentoventiquattro led che faceva scorrere orizzontalmente i fotogrammi, sincronizzata con le oscillazioni dello specchio per proiettare agli occhi immagini complete e stereoscopiche. La console Virtual Boy ebbe però scarso successo: i tempi non erano ancora maturi, basti pensare che le immagini generate erano monocromatiche (l'unico colore visibile era il rosso).

6 Gli hmd sono dispositivi di visualizzazione indossati sulla testa o come parte di un casco, con un piccolo display di fronte agli occhi.

Il primo hmd è stato inventato da Ivan Sutherland nel 1969 all'Università dello Utah. Era costituito da due piccoli monitor, uno per ogni occhio, installati su un dispositivo appeso al soffitto e fermato sulla testa dell'utente. Un computer collegato al dispositivo rielaborava i movimenti della testa per generare la giusta prospettiva.

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Inoltre, un altro fattore che scoraggiò i potenziali compratori era determinato dal senso di fastidio e di nausea che l'apparecchio avrebbe potuto causare.

Oculus Rift è invece molto recente (2012), ed è un caschetto dotato di tre diverse lenti e di un sensore (chiamato head tracker) che permette di girare la testa per guardare intorno nel mondo virtuale come fossimo nel mondo reale. Il tracker analizza costantemente i movimenti della testa e riproduce senza nessuna latenza gli spostamenti, così da consentire un naturale modo di osservare l’ambiente, cosa fondamentale per un senso di presenza credibile.

Oculus Rift è inoltre dotato di un visore stereoscopico con un campo visivo di circa novanta gradi: la vista al suo interno sembra quasi circondare completamente l’utente. Il display nel visore è da sette pollici ed utilizza una risoluzione di 1280×800 con 221 ppi.

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Oltre ai sopracitati, esistono poi sistemi ancora più immersivi, come i powerwall, i workbench e soprattutto i CAVE (acronimo di cave automatic virtual environment).

I primi sono grandi schermi ad alta risoluzione utilizzati per la proiezione di immagini stereoscopiche generate da computer.

I secondi, simili ai powerwall ma dalle dimensioni più contenute, sono solitamente disposti in modo orizzontale o inclinato e vengono utilizzati in contesti in cui non è necessaria l'immersione totale, ma si desidera calare alcuni contenuti virtuali in contesti reali.

Gli ultimi invece sono vere e proprie stanze in cui le pareti sono costituite da schermi a retro-proiezione.

Nel 1992, durante il SIGGRAPH7 di Chicago, la conferenza più importante a livello

internazionale sulle ricerche nel campo della grafica computerizzata, alcuni ricercatori presentarono questo nuovo sistema di realtà virtuale denominato CAVE. Nel documento conclusivo della manifestazione, si legge:

“The CAVE is a cube with display screen face surrounding viewer. It is similar to

surround systems such as OMNIMAX theaters and early flith simulators. Its more recent instance is coupled with a head- tracking device. As the viewer moves within the bound of the CAVE, the correct perspective and stereo projections of the environments appear on the display screens.8

7 SIGGRAPH è acronimo di Special Interst Group on Graphics and Interactive Tecniches, ed è una manifestazione annuale organizzata negli Stati Uniti dall'ACM Siggraph organization. Il SIGGRAPH è occasione di numerose anteprime nel campo della grafica computerizzata, ed è un importante vetrina, per ricercatori ed artisti del settore, che hanno la possibilità di discutere e presentare le loro opere.

8 C.Cruz-Neira, D.J.Sandin, T.A.DeFanti, R.V.Kenyon, J.C.Hart, The CAVE. Audio visual experience automatic environment, cit., p.67.

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Ovviamente il nome “CAVE” si può ricongiungere metaforicamente al famoso mito platonico della Caverna, e la stessa struttura cubica della stanza rievoca l'immagine descritta dal filosofo greco nel settimo libro de “La Repubblica”, in cui i progionieri, tenuti all'oscurità all'interno di una caverna, vivevano in un mondo fittizio.

Oggi al Laboratorio PERCRO della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa si trova l'X-Cave, uno dei sistemi più grandi d'Europa. Le immagini in 3D sono riprodotte da diciotto proiettori, controllati a loro volta da sei workstation grafiche ad alte prestazioni per una risoluzione complessiva di oltre sedici milioni di pixel.

La complessità di questi ambienti virtuali e le varie interfacce utilizzate per manipolare ed operare all'interno di essi, rende l'interazione molto realistica

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Poiché i sistemi immersivi come i CAVE sono molto costosi, spesso oggi il termine “realtà virtuale” viene utilizzato in senso lato, accogliendo al suo interno anche i più tradizionali sistemi desktop.

La realtà virtuale desktop utilizza quindi interfacce limitate, come mouse, joystick e tastiera, ed ha un'interazione variabile e un' immersività di solito scarsa. I risultati sono spesso simulazioni quasi passive di scarso dettaglio.

Nonostante attualmente la realtà virtuale venga spesso mitizzata, anche e soprattutto a livello cinematografico, ha pur sempre i suoi limiti. Tra questi si annotano problematiche connesse alla sicurezza: le persone temono le novità e le situazioni di cui non hanno mai avuto una esperienza. Inoltre una prolungata esposizione a particolari dispositivi può effettivamente causare un eccessivo affaticamento e disturbi come nausea ed irritabilità. Oltre al notevole costo dell'hardware già accennato in precedenza, quest'ultimo dovrà essere migliorato ulteriormente, diventando più veloce e meno complesso, meno ingombrante e maggiormente sofisticato, regalando una maggiore risoluzione in termini di pixel.

Un'altra limitazione attuale della realtà virtuale è che, nonostante la sua natura interattiva, essa resta pur sempre “monoutente”, a differenza invece di altri medium compartecipativi quali cinema e televisione che, nonostante siano passivi, possono comunque essere fruiti da gruppi più o meno vasti di persone nello stesso momento.

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Altri limiti di tipo più squisitamente tecnico riguardano l'attuale scarsa capacità di ricreare altri stimoli fisici. Alcuni sensi, come il gusto e l'odore, sono tutt'ora esclusi dall'esperienza virtuale: uno dei pochi metodi è quello sviluppato dalla Tsukuba University, la quale ha progettato il “food simulator”, costituito da un'interfaccia aptica che riproduce le stimolazioni associate alla masticazione, ed utilizza una combinazione di gusti basilari (salato, aspro, dolce, amaro e umami) per ricreare sotto forma di liquido il sapore desiderato.

Nonostante questi sviluppi, resta ancora abbastanza complesso ingannare i nostri sensi, soprattutto nella attuale quotidianità: oggi siamo sempre invasi da novità e siamo ormai abituati a non lasciarci più stupire da niente.

La realtà virtuale si pone comunque delle sfide da realizzare nel prossimo futuro. L'interazione dovrà diventare sempre più realistica e naturale per tutti i sensi: per il tatto ed il movimento, ad esempio, le interfacce dovranno essere migliorate al fine di permettere una maggiore sensibilità sensoriale; per quanto riguarda l'olfatto, dovranno essere sviluppate soluzioni adeguate atte a riprodurre gli odori, senza però invadere eccessivamente l'utente e compromettere la sua esperienza.

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1.2 Realtà virtuale e interattività: le

origini

Gli ambienti ricreati mediante le tecnologie di realtà virtuale possono rappresentare un contesto di interazione innovativo, attraverso il quale è possibile sperimentare nuove azioni ed emozioni. Inoltre possono costituire un nuovo modello di comunicazione che permette di personalizzare proposte e percorsi culturali.

Per questo motivo, attualmente queste tecnologie non sono rimaste legate prettamente al campo tecnico-scientifico, ma si sono estese ben presto anche a diversi altri campi: psicologia (per la cura di ansia e fobie), medicina (ad esempio per il training chirurgico), ma anche didattica, arte e beni culturali (tra cui lo sviluppo di musei virtuali, che sarà analizzato successivamente).

Una delle prime applicazioni innovative fu quella sviluppata nel 1956 da Morton Heiling9: “Sensorama”. Questa installazione era una sorta di simulatore passivo di un

motociclo, dove sedile e manubrio potevano vibrare e lo schermo visualizzava un filmato stereoscopico che riproduceva il grande traffico delle strade della città di New York.

9 Leonard Morton Heilig (1926 - 1997) fu regista, artista ed inventore. Applicò la sua esperienza di direttore della fotografia nel campo della realtà virtuale e nel 1956 sviluppò “Sensorama”, brevettandolo nel 1962.

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Al suo interno venivano riprodotte verosimilmente altre caratteristiche, come il vento e gli odori del gas. Qualsiasi evento veniva proposto nei momenti più appropriati. Sensorama è stata la prima forma di installazione ideata per il grande pubblico, tuttavia, non può considerarsi appartenente propriamente alla realtà virtuale, in quanto l'esperienza non era interattiva.

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Nei primi anni settanta, possiamo rintracciare le origini dell’arte interattiva attraverso le opere di Myron Krueger10, a cui viene riconosciuto il merito di aver ideato il termine

“realtà artificiale”. Krueger viene considerato un pioniere in questo senso, perchè ha sperimentato le prime forme di convergenza tra esperienza artistica e ricerca di interfacce tra uomo e computer, sviluppando ambienti di risposta in tempo reale controllati dal computer.

“La realtà artificiale consiste nella partecipazione, con tutto il corpo, agli eventi del computer, così convincente da farli accettare come una esperienza reale”.11

L'intento della realtà artificiale non è quella di riprodurre la realtà convenzionale, bensì costituisce l’opportunità di creare realtà sintetiche di cui non esistono corrispondenze reali.

Nell'opera “Videoplace” del 1975, ad esempio, l'utente si muove in uno spazio percepito dal computer ed osserva su uno schermo la propria immagine che interagisce con immagini di altri utenti o rappresentazioni astratte. L'azione della comunicazione condivisa crea uno spazio unico, grazie allo scambio di informazioni messo in atto in un preciso istante dagli utenti.

L'arte interattiva ha avuto modo di esprimersi anche su Internet. Un esempio a tal proposito è “Aspect of Gaia” di Roy Ascott12, che collega centinaia di utenti di tutto il

10 Myron Krueger, nato 1942, è un computer artist americano, celebre per aver realizzato i primi progetti interattivi attraverso la realtà virtuale.

11 M. Krueger, Artificial Reality 2, Addison-Wesley Professional, 1991.

12 Roy Ascott, nato nel 1934, è un artista inglese che lavora con la cibernetica e la telematica, il cui lavoro si concentra sull'impatto delle reti digitali sulla coscienza umana. E' presidente del Planetary Collegium dell'università di Plymouth e fondatore della rivista scientifica Technoetic Arts.

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mondo e consente loro di inviare ad una unità centrale una propria elaborazione sull'aspetto della Terra; queste elaborazioni personali interagiscono tra loro dando vita ad una vera e propria opera collettiva aperta. Il fascino di queste opere è l'intreccio di differenti idee e forme che di fatto possono modificarsi all'infinito sulla base dei dati che vengono continuamente inviati all'unità operativa centrale.

L'interazione può essere minore o maggiore. Nel primo caso (più superficiale), l'utente ha la possibilità di seguire un percorso sulla base dei propri interessi, ma non può modificare nè trasformare l'opera. In altre parole, la sua azione è limitata a parametri predefiniti. Questa tipologia di interattività è stata studiata a fondo dalla net art13, descrivendo con

forte ironia i limiti che emergono. L'interattività maggiore è quella partecipata, in quanto l'apporto dell'utente diviene fondamentale per la trasformazione dell'opera. Non solo, l'opera prende forma grazie alle idee degli utenti che comunicano ed interagiscono reciprocamente per un maggiore sviluppo del progetto iniziale.

Nello stesso periodo in cui Krueger lavorava sulla realtà artificiale, il MIT Media Lab (laboratorio di ricerca interdisciplinare specializzato in tecnologia, design e multimedia) produsse l' “Aspen Movie Map”, una visita simulata della città di Aspen, in Colorado, in cui i partecipanti potevano percorrere una strada virtuale ed entrare ed esplorare edifici virtuali. Tre erano le procedure previste per l'esplorazione della città da parte degli utenti: d'inverno, d'estate, oppure in modalità “poligoni”. I primi due sistemi si basavano su immagini reali scattate dai ricercatori. Il terzo invece era un modello 3D.

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“Aspen Movie Map” utilizzava la tecnologia videodisc14, che permetteva un accesso non

sequenziale alle immagini in modo da poter selezionare quella corretta a seconda del punto di vista.

Figura 6: Immagine dell'Aspen Movie Map.

In conclusione, l'interattività crea un nuovo tipo di rapporto tra l'opera e il suo fruitore, in cui è l’utente stesso a definire il contenuto della creazione artistica ed il suo significato, attraverso un intervento attivo e diretto. La necessaria consapevolezza dell’utente crea, definisce ed estende il significato dell’opera attraverso la propria personale e multisensoriale esperienza.

14 Con il termine “videodisc” si intende un disco ad accesso casuale, laser o stilo-leggibile, che contiene sia segnali video che audio registrati in forma analogica. Tipicamente, con “videodisc” ci si riferisce a tutti i supporti che hanno preceduto il formato DVD.

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1.3 I musei virtuali

I musei, così come tutti gli istituti di ricerca per la conservazione e divulgazione del patrimonio storico-culturale, sono spazi diversi dalle aule scolastiche e lontani dalle regole e dalle limitazioni degli ambienti accademici: per questo vengono spesso ritenuti luoghi particolarmente adatti ad innescare processi di apprendimento e dove è più facile acquisire conoscenze.

Ma nonostante ciò, spesso ancora oggi il concetto di “museo” viene associato a qualcosa di noioso e soprattutto di nicchia. Le nuove tecnologie virtuali possono aiutare a

sovvertire questa relazione, e possono essere utilizzate per realizzare nuove tipologie di attività educative e didattiche al fine di attrarre e riconquistare un pubblico sempre più vasto e migliorare l'efficacia stessa della comunicazione con esso.

A tale proposito, negli ultimi anni il museo ha abbandonato progressivamente la vecchia forma di semplice “contenitore”, trasformandosi sempre di più in una realtà viva e ricca. Grazie all'elevata componente di interattività insita nelle tecnologie di realtà virtuale descritte nei capitoli precedenti, la cultura può finalmente raggiungere una fetta di pubblico più ampia e differenziata, non più passiva ma attiva e partecipativa.

Il museo ha modificato così la sua abituale struttura, divenendo non più uno strumento a senso unico, ma offrendo uno scambio culturale reciproco che costituisce un valore aggiunto alla fruizione tradizionale.

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innovazione. Per questo, figure professionali solitamente non in relazione tra loro (storici dell'arte, archeologi, ingegneri, informatici, ecc.), cooperano con l'intento di creare percorsi diversificati che possano adattarsi alle varie tipologie di utente.

Questi percorsi possono essere costituiti ad esempio da installazioni virtuali integrate all'interno dello spazio museale stesso. Nel Museo Nazionale di San Matteo di Pisa nel 2011, durante la fase di restaurazione del Polittico di Simone Martini, è stata realizzata un'installazione touch-screen multimediale che, attraverso un grande schermo, fornisce al pubblico informazioni riguardanti l'opera ed il suo restauro, la sua storia, l’iconografia e la tecnica, semplicemente attraverso dei punti sensibili distribuiti sull’immagine virtuale che richiamano a loro volta schede arricchite da fotografie, fonti e animazioni.

In questo modo, ai visitatori è stata offerta la possibilità di condurre un’esplorazione interattiva, mostrando dettagli non visibili ad occhio nudo e permettendo loro di scoprire l’opera sotto la superficie dipinta.

Naturalmente, affinché simili progetti abbiano successo, occorre stimare diversi parametri: il target di riferimento, gli spazi in cui sarà posizionata l'installazione, le sue finalità.

Per parlare invece più specificatamente di “musei virtuali”, ci si riferisce a quei tipi di musei che non esistono concretamente nella realtà, ma che sono stati creati attraverso veri e propri ambienti virtuali.

Essi rispondono a più esigenze, di cui forse la più importante è la conservazione dei beni culturali. La realtà virtuale può infatti fornire un forte supporto nel restauro delle opere, o

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può costituire una valida testimonianza di oggetti che non esistono più o che normalmente non si potrebbero toccare.

Un esempio a questo proposito è il “Museo delle Pure Forme15”, creato dal Laboratorio

PERCRO della Scuola Superiore Sant'Anna in collaborazione con l’University College di Londra e l’Università di Uppsalanegli anni 2002/2004.

Il Museo delle Pure Forme si presenta come un progetto innovativo che utilizza le tecnologie virtuali per restituire alla percezione della forma il suo ruolo di centralità nella fruizione dell’opera d’arte.

I musei coinvolti in questi progetto sono stati il Museo dell’Opera del Duomo di Pisa e il Museo Galego de Arte Contemporanea di Santiago de Compostela (Spagna).

Nell'ambiente virtuale creato per il Museo delle Pure Forme, una vera e propria galleria virtuale di opere scultoree digitali, l'utente può interagire fisicamente, attraverso stimoli sensoriali visivi e tattili, con modelli tridimensionali di sculture reali.

Nello specifico, il visitatore ha la possibilità di toccare le sculture che si trova di fronte grazie ad un sistema percettivo indossabile costituito da un esoscheletro16 e da guanti, in

grado di sfruttare gli input cutanei. Inoltre, il realismo della simulazione virtuale è potenziato dalla visualizzazione stereoscopica dei modelli digitali. Così, si conferisce all'utente la sensazione reale di contatto con la superficie visualizzata e collocata nello spazio sotto la propria mano.

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Figura 7: Interazione all'interno del Museo delle Pure Forme.

I visitatori dei musei virtuali si sentono maggiormente coinvolti poichè questi nuovi paradigmi di comunicazione consentono una fruizione e un'interazione più piacevole, permettendo di apprendere più efficacemente e velocemente.

Non si deve dimenticare però che alcuni dispositivi possono anche spaventare gli utenti: per questo si cerca sempre di andare incontro ad una maggiore usabilità ed efficienza, ed in futuro è prevista sempre meno interazione fisica.

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Non solo, l'appeal del dispositivo non deve oscurare in nessun modo il contenuto culturale o informativo che si vuole comunicare: quest'ultimo deve essere sempre privilegiato rispetto al contenitore.

E' una lotta tra spettacolarità e rigorosità che potrà essere vinta solo grazie alla cooperazione tra mondo umanistico e mondo tecnologico.

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Capitolo 2

I Paesaggi d'Informazione

Non sempre i mondi virtuali sono una simulazione di quelli reali.

Nella realtà virtuale esistono infatti diversi livelli di astrazione e gli ambienti possono essere rappresentati in differenti modalità, passando da mondi realistici fino ad arrivare a scenari digitali totalmente astratti.

Tra questi ultimi si collocano i “paesaggi di informazione” (o Information Landscape, abbreviato IL), ambienti tridimensionali in cui una grande quantità di informazioni (ad esempio testi, suoni, immagini, modelli 3D) viene rappresentata su superfici diverse, spazialmente organizzate e collegate.

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Il fine di un IL non è quello di rappresentare esattamente la realtà, bensì di accompagnare l'utente in un percorso di conoscenza all'interno di un mondo completamente astratto. Al suo interno le informazioni sono presentate sotto la forma di paesaggio (da qui il termine “paesaggio di informazione”), consentendo al fruitore una interpretazione immediata del corretto raggruppamento nello spazio delle informazioni stesse.

L' idea è quella di posizionare l'utente direttamente all'interno delle informazioni, così il suo apprendimento proviene dall'esplorazione di quel mondo.

Un esempio di questa tipologia di paesaggio è l'Inferno della Divina Commedia di Dante sviluppato dal Laboratorio PERCRO.

L'inferno è costituito da gironi, una sorta di tunnel verticale all'interno del quale l'utente può salire o scendere. Le pareti del tunnel riportano le celebri cantiche dell'opera.

Di conseguenza, l'utente percepisce immediatamente di trovarsi all'interno dell'Inferno di Dante.

Tuttavia le informazioni di un determinato spazio possono essere raggruppate in altre modalità di costruzione grafica (corridoi, stanze cubiche, ecc.), sulla base del contesto narrativo. Nel caso specifico dell'Inferno, l'aspetto del tunnel facilita sensibilmente la percezione dell'utente.

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Figura 9: Information Landscape “Inferno di Dante”

Altri esempi di paesaggi di informazione creati dal Laboratorio PERCRO sono:

 Il Piccolo Principe (http://www.mnemosine-culturadigitale.it/#/percorsi-didattici);  Favole di Fedro (http://www.mnemosine-culturadigitale.it/#/percorsi-didattici);  Galileo Galilei (http://brunelleschi.imss.fi.it/pencil/index.html);

 Giovanni Fattori (http://percro.sssup.it/~marcello/fattori/Fattori.htm);  Cubi Space: Lucca art's collections.

L'esplorazione/interazione dell'utente con il paesaggio può avvenire attraverso una navigazione libera oppure attraverso una navigazione vincolata ed attivata da link, i quali consentono al lettore di comprendere l'organizzazione logica dei contenuti. I link sono movimenti predefiniti dal creatore del paesaggio, finalizzati alla correlazione di

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differenti parti del testo. Il designer può personalizzare i link modificandone colore, velocità di transazione e curva della linea di collegamento.

Gli IL possono essere fruiti e “navigati” sia in modalità desktop (tramite apposito software), sia all'interno di strutture come i CAVE, in modo quindi immersivo.

Inoltre, rispetto ad altri mezzi di comunicazione digitali come i tradizionali ipertesti, i paesaggi di informazione possono essere considerati come un' evoluzione di questi ultimi, poichè permettono di mantenere sempre una visione del contesto in cui si colloca una specifica informazione, e permettono inoltre di raggiungere una vera e propria "non sequenzialità" piuttosto che una "multi-sequenzialità".

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2.1 La nascita degli Information

Landscape

L'espressione “Information Landscape” è stata coniata nel 1994 da Muriel Cooper, ricercatrice americana del MIT Media Lab di Cambridge. Con questa locuzione si riferiva ad ambienti virtuali in cui le informazioni testuali venivano poste su superfici collocate in uno spazio tridimensionale in cui l’utente poteva navigare pur mantenendo una piena percezione del contesto.

Nel 1988 Muriel Cooper aveva fondato il Visibile Language Workshop, un laboratorio dove si portavano avanti progetti legati alla tecnologia e al design.

Con la collaborazione degli studenti Suguru Ishizaki e David Small, Cooper si era posta l’obiettivo di estendere le tecniche tipografiche caratteristiche del design grafico

tradizionale bidimensionale in ambito tridimensionale, analizzando i problemi nell’uso della grafica interattiva come nuovo mezzo di comunicazione.

Fu così che nel 1994 nacque "Typographic Space", che può essere definito uno dei primi esempi di software per la gestione di paesaggi di informazione (Small et al.,1994).

Questo strumento permette la visualizzazione di testi collocati in uno spazio

tridimensionale navigabile e tra le sue funzionalità vi è anche la possibilità di cambiare particolari attributi dei testi, allo scopo di sperimentare vari aspetti della tipografia tridimensionale.

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Il tool fornisce una semplice interfaccia per l'interazione dell'utente, costituita da mouse e tastiera. Il mouse viene utilizzato per cambiare la view distance, mentre otto tasti sono assegnati al settaggio della rotazione e della traslazione del punto di vista all'interno dell'ambiente virtuale.

Figura 10: ambiente virtuale realizzato con il Typographic Space di Muriel Cooper. (immagine tratta dal video: https//www.youtube.com/watch?v=Qn9zCrIJzL)

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Cooper morì poco dopo la realizzazione di Typographic Space, ma la sua idea venne portata avanti da David Small, che ha progettato con il tool un ambiente virtuale denominato “Virtual Shakespeare17”.

In questo paesaggio di informazione, sono collezionate tutte le opere di William Shakespeare: una vastissima quantità di informazione da gestire (circa un milione di parole) strutturata secondo diversi livelli di dettaglio.

Per ogni opera, gli atti vengono visualizzati in colonne ed ogni colonna è suddivisa in scene. Quando l'utente si trova vicino al testo, esso risulta leggibile, ma man mano che si allontana la visualizzazione mostra le scene, gli atti, fino a mostrare tutta l'opera

perdendo però il dettaglio sullo scritto.

Inoltre, le varie parti che compongono l'opera, per esempio i dialoghi dei diversi

personaggi, sono differenziate attraverso l'uso di font e colori differenti che consentono di percepire con uno rapido sguardo informazioni di diversa natura, come l'importanza di un personaggio all'interno di una scena.

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2.2 L' Information Landscape

“Storia dei Tre Pomi”

Un altro esempio di information landscape è quello relativo alla “Storia dei Tre Pomi”. Per il progetto d'esame del “Seminario di Cultura Digitale”, la tesista si è occupata dell'ideazione e della creazione di questo particolare paesaggio di informazione, con lo scopo di esaminarne i principali aspetti in termini di efficacia, qualità dell'esperienza, ma soprattutto di usabilità, aspetto su cui i paesaggi d'informazione non erano ancora stati testati.

Il progetto è stato svolto presso il Laboratorio PERCRO, sotto la supervisione dei docenti Chiara Evangelista e Marcello Carrozzino, e per poter misurare il grado di facilità di uso del paesaggio di informazione creato, è stato ideato anche un test finale di comprensione su un gruppo di utenti, sulla base delle cui risposte è stato possibile pianificare sia vari miglioramenti da apportare al paesaggio di informazione stesso ed anche proposte per un migliore e più efficace utilizzo degli ambienti virtuali per finalità culturali.

Dal test inoltre si desiderava far emergere un confronto a livello qualitativo tra fruizione del testo attraverso il paesaggio di informazione e lettura del testo attraverso semplici pagine web create appositamente per l'occasione.

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ottenere una formazione pratica sulla costruzione di paesaggi di informazione, inizialmente sono stati creati vari paesaggi di prova.

Successivamente alla formazione, il passaggio fondamentale ai fini del progetto è stato quello di cercare un testo ad hoc su cui poter sviluppare un paesaggio di informazione. La scelta di un testo adatto è infatti un processo strategico, in quanto è interessante sfruttare la struttura intrinseca di un information landscape ai fini del test. Essendo il paesaggio di informazione costituito da informazioni correlate tra loro, è stato deciso di adottare un racconto ricco di collegamenti interni.

A tal proposito, noto per la sua ricchezza di analessi, il racconto “Storia dei Tre Pomi”, tratto dai racconti delle “Mille e Una Notte”, è stato adottato come testo su cui progettare il paesaggio. Contestualmente alla creazione del paesaggio, il testo è stato adattato alla fruizione online su sito web.

La storia quindi è stata suddivisa in dieci sequenze (identiche per entrambe le tipologie di fruizione), di cui le prime quattro costituiscono la Storia dei tre pomi, e le altre sei la Storia della dama trucidata.

Riassumendo in breve, la storia inizia con la scoperta del cadavere di una giovane donna da parte del Califfo, il quale ordina al suo Visir di trovare l'assassino; in seguito,

l’assassino si confessa e racconta le ragioni del misfatto attraverso il flashback di una catena di eventi che portano poi alla scoperta del corpo senza vita, ritrovato all’inizio della storia. Si scoprirà così che l'assassino è lo stesso marito della giovane donna, che l'ha uccisa perchè ha trovato in tasca ad uno schiavo una mela che le aveva regalato ed aveva pensato che quest'ultimo fosse l'amante di sua moglie.

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Le pagine HMTL da mostrare su browser sono state progettate in modo volutamente scarno, con sfondo bianco, per attirare l'attenzione dell'utente sulle parole chiave della storia, colorate in modo diverso, e che costituiscono i link attraverso cui l'utente può muoversi (oltre ai necessari “avanti” e “indietro” alla fine di ogni sequenza).

A differenza dei collegamenti “avanti” e “indietro” che permettono il naturale

scorrimento della lettura, i link consentono un salto da una sequenza ad un'altra che non necessariamente segue l'intreccio del racconto. Le pagine web sono consultabili

all'indirizzo: http://www.starlightdesign.it/tre_pomi/1seq.html.

Le parole chiave sono colorate dello stesso colore, pertanto il colore segue sempre lo stesso soggetto. In questo modo l'utente, pur esulando dalla cronologia del racconto attraverso l'utilizzo dei link, ritrova nel colore un riferimento immediato su cui rivolgere la propria attenzione.

Oltre a questi link, ne sono stati creati altri cinque di “approfondimento” che non portano ad altre sequenze del racconto, ma spiegano il significato di alcuni termini presenti nel racconto. Questi “extra” evidenziano in maniera approfondita il modo in cui l'utente decide di muoversi all'interno del paesaggio. Ad esempio, un utente curioso ed “esploratore” può decidere non solo di seguire passo passo la storia, ma anche di esplorare lo spazio intorno in modo più approfondito.

Per facilitare l'esplorazione, l'interazione, la comprensione e la ricerca di informazioni da parte dell'utente, occorre organizzare con attenzione le informazioni nell'IL e la loro

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relativa visualizzazione. L'accesso alle informazioni da parte dell'utente deve infatti risultare semplice ed intuitivo.

A questo proposito, la struttura a link colorati dello stesso colore e la divisione in sequenze sono state mantenute anche all'interno dell'information landscape.

E' stato stabilito di trasformare la storia in un paesaggio di informazione costituito da una “stanza” a forma di quadrato (dove le quattro pareti sono costituite dalle prime quattro sequenze della storia) e da una a forma di esagono (le altre sei sequenze).

L'information landscape è stato creato e testato per mezzo di due strumenti: il 3D

Typographic Environment Editor, utilizzato per la costruzione del paesaggio, e l'ILViewer, per la visualizzazione delle evoluzioni del progetto e del risultato finale.

Per quanto riguarda la prima fase di progettazione, con l'editor è stata creata la “radice”, ovvero la base di tutto il paesaggio che contiene sotto di sé tutti gli altri elementi.

All'interno della radice troviamo tre “siti”: i primi due siti costituiscono le due stanze del paesaggio, rispettivamente il quadrato e l'esagono. Il terzo rappresenta gli

approfondimenti, disposti di fronte all'utente.

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Figura 11: Struttura del paesaggio d'informazione “Storia dei Tre Pomi”.

All'interno dei siti troviamo anche i link. Tutti i collegamenti infatti non fanno parte delle sequenze di testo, ma costituiscono porzioni di testo a se stanti.

Proprio come per le pagine web, ogni sequenza di testo contiene al suo interno parole chiave colorate che costituiscono i link che collegano tra loro le sequenze, e che permettono all'utente di navigare nel paesaggio di informazione. L'utente è comunque libero di navigare e di esplorare il paesaggio anche in modo autonomo, attivo e libero, a

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Questo rappresenta uno dei punti di forza dell'information landscape, il quale permette di fornire all'utente una maggiore quantità di soluzioni per la fruizione di un testo rispetto alla lettura tramite pagine web. Già all'interno della prima stanza, l'utente, attraverso una libertà di movimento che i sistemi tradizionali non possiedono, ha la chiara percezione di tutte le informazioni contenute all'interno del paesaggio di informazione.

Ad esempio, con una esplorazione di 180°, l'utente passa da una sequenza ad un'altra, pur rimanendo all'interno della medesima stanza. Per una migliore comprensione di quanto espresso, di seguito si riporta una immagine dell'editor utilizzato per la creazione del paesaggio.

Figura 12: screenshot dell'editor per information landscape.

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La colonna in alto a sinistra mostra invece il diagramma ad albero del paesaggio: la radice (la prima voce dell'albero) contiene i siti che a loro volta contengono le sequenze di testo e i link. Attraverso il doppio click su una qualsiasi entità presente nel diagramma ad albero, in basso sulla stessa colonna si apre uno spazio all'interno del quale è possibile effettuare varie modifiche su parametri: colore del testo e dei link, camera (punto di vista dell'utente all'ingresso nella stanza e all'arrivo dal trasferimento del link), assi x, y e z (posizionamento del testo all'interno dell'ambiente tridimensionale), velocità di trasferimento da un link all'altro, ecc.

Come accennato in precedenza, contestualmente alla creazione del paesaggio, è stato elaborato un test. Questo è stato sottoposto ad un campione di dieci persone (divisi in due gruppi di cinque).

Attraverso il confronto tra il testo dell'information landscape (tramite il visualizzatore ILViewer su pc) e quello nella versione web (tramite browser Mozilla Firefox su pc), si è voluto effettuare una valutazione comparativa al fine di determinare quale delle due tipologie di visualizzazione faciliti maggiormente la comprensione del testo.

Un gruppo di cinque persone ha fruito il testo attraverso le pagine web, mentre l'altro gruppo di cinque ha letto il testo su pc tramite ILViewer.

In seguito ad una breve introduzione in merito al test ed al suo scopo, ai tester sono stati concessi venti minuti di tempo massimo di lettura.

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Le domande chiuse sono inerenti alla comprensione del testo, e il loro obiettivo principale è quello di valutare l'efficacia di un sistema rispetto all'altro. Attraverso la domanda aperta, invece, si intendeva misurare la facilità di uso con cui l'utente è entrato in relazione con il sistema.

In via generale, tutti i test hanno riportato un numero limitato di risposte errate. Il testo della Storia dei Tre Pomi è semplice ed entrambi i sistemi sono risultati quindi efficaci per la comprensione di base della storia, ma le due differenti tipologie di visualizzazione hanno di fatto creato due diverse modalità di fruizione.

Dalle risposte sono emerse infatti differenti aspetti legati alla esplorazione “attiva” o “passiva” della narrazione.

Le persone che hanno letto il testo attraverso le pagine web hanno avuto una maggiore comprensione del testo rispetto a coloro che hanno fruito la storia attraverso il paesaggio di informazione. Ciò è confermato dal numero di risposte esatte relative alla

comprensione del racconto. Il motivo è piuttosto chiaro: attraverso le pagine web, la tendenza degli utenti è quella di seguire la storia secondo la sua costruzione naturale (probabilmente attraverso un maggiore utilizzo dei link “avanti” e “indietro”, a discapito degli altri collegamenti e degli approfondimenti).

Con l'utilizzo di link che consentono un salto spesso “innaturale” del racconto, l'utente percepirebbe il rischio di perdere il filo conduttore della narrazione; di conseguenza, la comprensione risulterebbe parziale.

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Per riassumere, gli utenti che hanno letto il testo attraverso le pagine web hanno avuto una discreta comprensione generale del testo, senza però avere un approfondimento delle parole chiave del testo stesso.

Coloro che, invece, hanno usufruito del testo dal paesaggio di informazione, hanno avuto un comportamento più “esplorativo”, probabilmente alimentato anche dalla curiosità di sperimentare un nuovo mezzo di fruizione. Questo si nota dal maggior numero di riposte esatte date alle domande riguardanti i link di approfondimento rispetto agli utenti che hanno letto il testo sulle pagine web.

Invece, per quanto riguarda le domande relative alla comprensione generale, hanno spesso risposto in modo errato o parziale, proprio perchè hanno prediletto l'esplorazione; pertanto il senso della storia è venuto meno.

Per quanto concerne il commento finale (ovvero la domanda aperta), il giudizio degli utenti che hanno fruito il testo dal paesaggio di informazione ha messo in rilievo la scarsa intuibilità del sistema, nello specifico lo spostamento con il mouse ed il click su ogni link sono risultati difficoltosi e lenti.

Per risolvere le difficoltà emerse da queste critiche, i ricercatori del Laboratorio PERCRO hanno elaborato e sviluppato un nuovo software per la creazione di information

landscape, in cui l'interazione risulta essere maggiormente user-friendly.

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2.3 Il nuovo software per la creazione

di Information Landscapes

Il design di un information landscape è un processo che si articola in quattro fasi: - identificazione delle entità (oggetti da inserire nel paesaggio);

- selezione del layout;

- connessione tra le entità (link); - personalizzazione dell'interazione.

Per facilitare l'esplorazione, l'interazione, la comprensione e la ricerca di informazioni da parte dell'utente, occorre organizzare con attenzione le informazioni nell'IL e la loro relativa visualizzazione. L'accesso alle informazioni da parte dell'utente deve infatti risultare semplice ed intuitivo.

Il nuovo software per la creazione di un IL è dotato principalmente di due funzionalità, separate tra loro: quella per costruire il paesaggio (il vero e proprio editor) e quella per visualizzarlo (viewer), che permette di verificare ogni volta i progressi ed i cambiamenti apportati. Il software deve essere supportato da un ambiente client-server, quindi è necessario installare sul proprio computer un programma come EasyPHP, che consente di visualizzare i paesaggi d'informazione sul browser Internet Explorer.

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Per quanto riguarda l'editor, è possibile vedere al centro della pagina web la finestra di visualizzazione della scena. Essa mostra tridimensionalmente il paesaggio che si sta realizzando, che può essere navigato liberamente all'interno della stessa attraverso il mouse.

Di default, al momento dell'apertura la finestra mostra un semplice paesaggio costituito da un solo elemento testuale, ovvero la scritta "Hello World from ILViewer". Questo information landscape può essere utilizzato come base di partenza per la creazione di qualsiasi altro paesaggio.

Altrimenti, se si vuole caricare un paesaggio preesistente, è possibile utilizzare il bottone “Load IL” posto in alto subito prima della finestra di visualizzazione della scena.

In alto, accanto alla finestra, viene visualizzata in modo testuale la struttura gerarchica del paesaggio d'informazione. Un paesaggio è infatti costituito da una radice chiamata “ILWORLD” che può contenere uno o più “ILSITE”, che a loro volta possono contenere più “ILPAGE”. All'interno delle ILPAGE è possibile inserire dei livelli di dettaglio, chiamati ILLEVEL, che conterranno gli oggetti che andranno a comporre il paesaggio finale. Essi possono essere di tipo audio, video, immagine o testo (ILTEXT, ILAUDIO, ILIMAGE, ILMODEL).

Sotto questa finestra sono presenti quattro bottoni utili per la navigazione all'interno del paesaggio. Essi permettono di navigare velocemente alla posizione iniziale, raggiungere automaticamente l'oggetto selezionato, oppure tornare all'ultimo elemento visitato.

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Sulla destra sono presenti inoltre tre checkbox che consentono di attivare la visualizzazione degli assi globali della scena e la visualizzazione della mappa.

Ancora più in basso, sotto la finestra della struttura del paesaggio e i vari bottoni, viene visualizzata anche un'apposita interfaccia di editing, utile per modificare i parametri e le proprietà degli oggetti selezionati.

Facendo un doppio click su un oggetto, esso verrà infatti selezionato e comparirà automaticamente un box di colore verde al suo esterno.

Figura 13: l'immagine mostra l'editor per IL. E' possibile osservare il bottone “Load IL”, la struttura gerarchica del paesaggio, i bottoni per la navigazione, la mappa del paesaggio (nell'angolo in basso) e

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Si può eliminare un oggetto attraverso il pulsante “DeleteObj”. Le altre operazioni disponibili variano a seconda del tipo di oggetto: ad esempio è possibile modificare il font ed il colore di un oggetto testuale, oppure la sua posizione nello spazio attraverso le coordinate x, y, e z.

Inoltre, tra due oggetti è possibile creare un link e stabilire quindi un collegamento.

Questo può essere definito il comando principe di ogni paesaggio d'informazione, dato che le relazioni tra oggetti costituiscono il punto di forza di questo particolare ambiente virtuale. Attraverso i collegamenti è possibile quindi non solo più navigare liberamente nel pesaggio, ma anche navigare seguendo un particolare percorso deciso in precedenza dallo sviluppatore del paesaggio.

Per creare un link è necessario per prima cosa selezionare i due oggetti che si vogliono collegare: il primo (che sarà identificato da un box di colore verde) si seleziona attraverso un doppio click su di esso nella finestra della scena, il secondo (box di colore blu) dovrà essere selezionato con lo stesso metodo, ma tenendo premuto il tasto SHIFT della tastiera. Una volta selezionati i due oggetti, sarà necessario premere il pulsante per creare la connessione.

Una volta creato il link, si vedrà comparire all'interno del paesaggio una sorta di “corda”, per default di colore giallo, che rappresenta il legame esistente tra i due oggetti. Cliccando su essa, è possibile modificare vari parametri: il tempo di percorrenza (cioè quanto secondi si impiegano per arrivare da un oggetto all'altro), il grado della sua curva,

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Figura 14: l'immagine mostra l'editor per IL.

E' possibile notare il link di colore giallo tra due oggetti di tipo testuale.

Per salvare il paesaggio d'informazione creato, è possibile utilizzare il pulsante “Save IL”, che salverà automaticamente sul server, all'interno di una cartella zip, sia il file che descrive la struttura del paesaggio, sia tutte le altre risorse necessarie (immagini, modelli 3D, ecc.).

L'editor è inoltre corredato da una funzione di ricerca testuale, di modo da assistere l'utente nella ricerca di informazioni all'interno del paesaggio.

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La modalità “viewer” non contiene ovviamente le funzioni presenti nel pannello di editing dell'editor, ma si limita a mostrare la sola finestra di visualizzazione del paesaggio.

Per passare da una modalità all'altra si utilizza la check-box “viewer mode” presente il alto a destra.

Figura 15: l'immagine mostra il paesaggio in modalità viewer, la casella “viewer mode” è infatti spuntata.

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Capitolo 3

Paesaggi

d'Informazione

ed

Edutainment: il caso studio di H.H.

Liliesnkiold

“Coloro che fanno distinzione fra intrattenimento ed educazione forse non sanno che

l'educazione deve essere divertente e il divertimento deve essere educativo” Marshall McLuhan

L'edutainment rappresenta una nuova frontiera della formazione: è un ambito che permette di sviluppare forme innovative, maggiormente dinamiche ed efficaci, di apprendimento. Esso, attraverso quello che viene chiamato “learning by doing” (apprendere facendo), riesce infatti a combinare le esigenze di apprendimento tradizionali all'interno di un nuovo sistema in cui divertimento, gioco ed intrattenimento sono inseriti simultaneamente nel percorso formativo.

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Divertimento ed intrattenimento rappresentano infatti degli strumenti molto potenti nel favorire l’apprendimento attraverso un forte coinvolgimento psicologico ed emotivo, che consente, grazie ad un approccio attivo, di progredire a un livello successivo di conoscenza in modo creativo e partecipativo.

In tale ottica attualmente vengono realizzati percorsi formativi che possono essere utili non solo per le nuove generazioni, ma per tutti quelli che desiderano apprendere autonomamente attraverso esperienze stimolanti, riscoprendo il piacere di imparare intervenendo attivamente.

Il progetto MUBIL (il nome deriva dall'unione delle due parole museo e biblioteca), nato da una collaborazione internazionale e interdisciplinare tra la Norwegian University of Science and Technology di Trondheim, il Laboratorio PERCRO della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e la Biblioteca Nazionale di Norvegia, si inserisce all'interno di questo contesto.

Esso è stato creato per utilizzare le nuove tecnologie come forma d'intrattenimento e strumento di divulgazione culturale ed il suo scopo è quello di sviluppare laboratori digitali ed ambienti virtuali in cui i visitatori potranno essere in grado di interagire in prima persona con le antiche collezioni della biblioteca universitaria norvegese Gunnerus.

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Con lo sviluppo di questi spazi virtuali di apprendimento, il progetto si propone di comunicare con nuovi gruppi di utenti, creando collegamenti dinamici tra il pubblico e le collezioni bibliotecarie, diffondendo impegno sociale e conoscenza.

L'esperienza consentirà l'interazione su più livelli di immersione, per questo saranno previsti diversi seminari in cui gli utenti per la prima volta non saranno più solo semplici lettori, ma potranno fruire dei libri tramite tecnologie di realtà aumentata o in ambienti virtuali come i CAVE, che permetteranno di arricchire e amplificare le informazioni relative non solo ai testi in sè, ma anche agli autori, ai periodi storici e molto altro.

Inoltre, il progetto prevede la raccolta di dati sul modo in cui gli utenti sperimentano i software e interagiscono con gli oggetti virtuali in questo nuovo tipo di biblioteca, al fine di apportare successivi miglioramenti che renderanno l'esperienza sempre più gradevole, non solo per esperti del settore ma anche e soprattutto per la gente comune.

E' stato illustrato come istituzioni culturali come musei e biblioteche si stiano sempre più muovendo nella direzione dell'utilizzo di nuove tecnologie come espediente per

avvicinare nuove fette di pubblico.

In tale contesto è di fondamentale importanza trovare la giusta soluzione per applicare le nuove tecnologie nella maniera più adatta a favorire la diffusione dei contenuti e

permettere di far interagire i visitatori direttamente con il patrimonio culturale esposto. A tale scopo, molte biblioteche moderne si rivolgono a informatici ed ingegneri per trovare soluzioni tecniche, come la digitalizzazione degli archivi. Questa viene utilizzata

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in primis come metodo di conservazione resistente e a lunga durata nel tempo, ma può essere anche rielaborata e potenziata per risultare più attraente verso il fruitore finale: ad esempio, un antico volume oltre a venire semplicemente digitalizzato, può anche essere trasformato in un vero e proprio ambiente virtuale interattivo.

Lo scopo principale è quello di rafforzare l'interesse pubblico verso l'arte e la cultura, attraverso la creazione di connessioni dinamiche tra contenuti e nuove tecnologie, piattaforme di comunicazione e nuovi percorsi educativi, consentendo così alle biblioteche di creare un nuovo spazio di contatto con i loro utenti, creando di fatto un nuovo livello di comunicazione con essi.

I libri utilizzati per il progetto MUBIL fanno parte della Biblioteca Gunnerus dell'Università di Trondheim, una delle biblioteche più antiche d'Europa.

La biblioteca è stata istituita dalla Royal Society norvegese di Scienze e Lettere, che è stata fondata nel 1760 dal vescovo Johan Ernst Gunnerus.

Le collezioni della Gunnerus Library, che oggi comprendono circa quattrocentomila documenti, costituiscono un patrimonio di grande valore poichè contengono manoscritti, volumi rari e antichi e materiale relativo alla storia culturale di tutta l'Europa.

In particolare, il ruolo della tesista nell'ambito del progetto MUBIL è stato quello di ideare e sviluppare un information landscape tratto da un antico volume di Hans Hansen Lilienskiold.

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3.1 La vita di Hans Hansen Lilienskiold

Nel progetto di laurea è stato analizzato un volume del 1670, scritto dall'esploratore Hans Hansen Lilienskiold.

L'autore è nato a Bergen, città costiera della Norvegia sud-occidentale, nel 1650.

Insieme al fratello Jonas, divenne studente dell'Università di Copenaghen nel 1668. Molto presto però, decise di lasciare la Danimarca per partire alla volta del Grand Tour che lo portò dalle fredde coste del nord in giro per tutta Europa: Germania, Svizzera, Francia, Belgio, Olanda, Inghilterra fino ad arrivare in Italia. Nel 1670 decise di tornare in patria per servire lo Stato. Divenne così funzionario pubblico, ricoprendo vari ruoli: segretario presso l' ambasciata danese-norvegese a Stoccolma nel 1672, vice-presidente del tribunale a Gulating nel 1673, governatore della contea di Finnmark nel 1684 e governatore distrettuale di Romsdal e Nordmøre nel 1702.

Lilienskiold è stato anche storico, autore e illustratore. Nel corso della sua vita ha scritto infatti diversi volumi, colorati ed illustrati da egli stesso: due volumi sono diari di viaggio, tratti dalla sua esperienza attraverso l'Europa, e altri volumi trattano in generale della storia nordica.

Tra questi ultimi, ricchi di raffigurazioni topografiche e illustrazioni raffiguranti le rotte commerciali scandinave dell'epoca, troviamo il manoscritto Speculum boreale, lo

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"specchio del nord". Qui Lilienskiold offre ai suoi lettori un ampio ritratto delle regioni settentrionali danesi-norvegesi: dalla contea di Finnmark alle zone di confine con Russia e Svezia. Il volume contiene anche capitoli informativi e descrizioni sulle condizioni di vita, il clima, la geografia, la flora e la fauna dei luoghi.

Attraverso i suoi manoscritti Hans Lilienskiold mostra un grande interesse verso le altre culture, ed anche una notevole capacità di osservare e descrivere la vita comune, gli usi e i costumi dei popoli, le lingue e l'arte.

Lilienskiold morì a Copenaghen il 12 gennaio 1703 ed è sepolto nella chiesa di Holmens.

Nel progetto di laurea è stato analizzato uno dei volumi che l'autore ha scritto nel periodo del suo viaggio in Europa. In particolare, è stata scelta la parte del manoscritto che descrive il suo arrivo in Italia, a Pisa, con lo scopo di trasformare il libro in un information landscape.

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3.2

La creazione dell'Information

Landscape e la sua architettura

Nella progettazione di un information landscape è di fondamentale importanza definire un’architettura che permetta all’utente finale di potersi muovere all'interno delle informazioni che gli verranno presentate in modo intuitivo e tale da garantire una interpretazione immediata del corretto raggruppamento nello spazio delle informazioni stesse.

Posizionando l'utente direttamente all'interno delle informazioni, il suo apprendimento scaturisce di fatto dalla fruizione e dall'esplorazione di quel mondo.

I contenuti da mettere a disposizione del pubblico erano: - un estratto della storia raccontata dall’autore;

- la collezione delle pagine originali del libro digitalizzate;

- un glossario che definisce ed approfondisce alcuni concetti narratti da Lilienskiold all'interno del suo volume.

Figura

Figura 1: L'utente percepisce l'ambiente virtuale attraverso gli stimoli sensoriali.
Figura 2: Rappresentazione grafica dei livelli di presenza. Maggiori saranno i livelli di interazione ed   immersione, maggiore sarà il senso di presenza percepito dall'utente.
Figura 6: Immagine dell'Aspen Movie Map.
Figura 7: Interazione all'interno del Museo delle Pure Forme.
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