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"La negoziazione assistita da avvocati per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio."

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO PRIMO “SEPARAZIONE,

DIVORZIO E AUTONOMIA PRIVATA

DEI CONIUGI/GENITORI PRIMA

DELLA RIFORMA”

1. Separazione e divorzio prima della riforma. 2. Gli accordi ex art. 144 del Codice Civile e i

regimi patrimoniali tra coniugi. 3. Accordi prematrimoniali ed accordi

predivorziali.

CAPITOLO SECONDO “CENNI SULLA

NEGOZIAZIONE ASSISTITA”

1. Nozione di negoziazione assistita. 2. Il procedimento.

2.1. L’invito.

2.2. La convenzione.

2.3. La negoziazione vera e propria ed i possibili esiti dell’attività.

3. La negoziazione assistita obbligatoria.

CAPITOLO TERZO “LA

NEGOZIAZIONE ASSISTITA PER LA

SEPARAZIONE E IL DIVORZIO”

1. Introduzione all’istituto. 2. Il ruolo degli avvocati.

3.

Procedimento di negoziazione assistita per la separazione e il divorzio.

(2)

2

3.1. Il procedimento in assenza di figli “deboli”.

3.2. Il procedimento in presenza di figli “deboli”. Considerazioni critiche sul ruolo svolto dal Presidente del

Tribunale.

4. Il ruolo del Pubblico Ministero.

5. - Il minore nella negoziazione assistita in tema di famiglia: i diritti d’ascolto e di rappresentanza.

6. Negoziazione assistita e filiazione fuori dal

matrimonio.

7. L’accordo e la sua efficacia.

7.1. Accordi tra coniugi e trasferimenti

immobiliari.

CAPITOLO QUARTO “IL

PROCEDIMENTO INNANZI

ALL’UFFICALE DI STATO CIVILE”

1. Linee introduttive e requisiti.

2. Lo svolgimento della procedura. 3. Il contenuto dell’accordo.

4. Gli effetti.

CAPITOLO QUINTO “GLI STRUMENTI ALTERNATIVI AL GIUDIZIO PER LA

GESTIONE DELLA CRISI CONIUGALE NEL PANORAMA EUROPEO”

1. Modelli a confronto 1.2. Il modello francese 1.3. Il modello spagnolo. 1.4. Il modello inglese.

2. Diritto processuale civile europeo e negoziazione assistita in materia familiare.

(3)

3

2.1. L’operatività della negoziazione assistita in materia familiare nello spazio giuridico europeo.

2.2. La possibilità di esperire la negoziazione assistita per addivenire ad un accordo di divorzio disciplinato da una legge sostanziale straniera secondo quanto stabilito dal regolamento Roma III.

2.3. Le modalità di circolazione dell’accordo di negoziazione assistita in materia familiare nello spazio giuridico europeo.

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

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4

Introduzione

Al fine di meglio comprendere la portata innovativa degli istituti che andremo ad analizzare con la presente trattazione, sembra necessario fornire qualche indicazione sul contesto in cui si trovano ad operare e sulle cause che hanno portato alla loro introduzione nell’ordinamento.

Come osserva Piero Schlesinger1 “il diritto di famiglia dall’entrata in vigore del codice del 1865 è rimasto invariato nei suoi tratti fondamentali per oltre sessant’anni, fino alla codificazione novecentesca. Nonostante diversi tentativi di riforma, il nucleo familiare rimane così per molto tempo legato ad un’arcaica tradizione patriarcale; il codice del 1942, elaborato in pieno regime, lungi dal proporre visioni innovative e moderne dell’unione familiare, incentra quest’ultima sul fondamentale ruolo del capo famiglia.

1

P. SCHLESINGER “La legge sulle unioni civili e la disciplina delle convivenze.” in “Legge 20 maggio 2016, n. 76 Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze.” AA. VV in Famiglia e Diritto ed. IPSOA 2016, pagg. 845 ss.

(5)

5

La riforma del 1975, attraverso una nuova ed aggiornata disciplina dell’istituto del matrimonio, in armonia con l’art 29 della Carta costituzionale, mirava al raggiungimento della pari dignità dei coniugi, recependo così le urgenze e i cambiamenti della società civile.

Successivamente, sempre sotto la spinta di istanze sociali, sono state elaborate svariate riforme settoriali della materia che spaziano dalla gestione della crisi matrimoniale all’introduzione dei nuovi strumenti di cui tratteremo.

Il mutamento dei rapporti interpersonali, un mondo sempre più globalizzato e secolarizzato ed il conseguente affievolirsi dei valori che avevano ispirato il modello tradizionale di nucleo familiare ha condotto al disgregamento dell’ “antico biunivoco

legame tra matrimonio e famiglia”2 e portato il

2

P. ZATTI, in “Tradizione e innovazione nel diritto di famiglia” in “Trattato di diritto di famiglia” dir. da Zatti II ed. Milano 2011, 5 citato da P. SCHLESINGER in “La legge sulle unioni civili e la disciplina delle convivenze.”, in “Legge 20 maggio 2016, n. 76 Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze.”, in Famiglia e Diritto cit.

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6

legislatore ad introdurre istituti di volontaria giurisdizione che mirino allo scioglimento del vincolo coniugale: dapprima la separazione personale ed in un secondo momento il divorzio.”

Il legislatore, nell’ottica di salvaguardare l’interesse pubblico riconduceva così la gestione della crisi di coppia nell’ambito di verifiche e regole fisse.

L’evolversi della società e la difficoltosa situazione in cui versa la giustizia civile italiana hanno poi condotto a sottrarre tali istituti e le modifiche alle relative condizioni alla competenza esclusiva ed inderogabile del tribunale. Il decreto legge n. 132 del 2014 convertito con modifiche nella legge n. 162 del 2014 ha previsto così una sostanziale modifica della normativa vigente anche in materia di separazione e di divorzio.

La principale peculiarità di questo provvedimento è la rimozione del giudice dalla posizione di ineluttabile protagonista della gestione della crisi coniugale attraverso l’introduzione di due nuovi strumenti capaci

(7)

7

di addivenire ad accordi che abbiano la medesima efficacia del decreto di omologa o della sentenza, superando così l’adagio secondo il quale per giungere alla modifica dello status è imprescindibile la pronuncia giudiziale.

I nuovi istituti introdotti dal decreto in materia di separazione e divorzio, e che sono l’oggetto della presente trattazione sono: La procedura di negoziazione assistita, così come disciplinata dall’articolo 6 DL 132/2014, il quale propone la possibilità di ricorrere ad una “Convenzione di

negoziazione assistita da un avvocato per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.” ed il procedimento di “Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio

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8

innanzi all'ufficiale dello stato civile.” Così come

disciplinato dall’articolo 12.

Come sopra accennato, tali strumenti, ispirati ai modelli francesi e nordamericani di collaborative law, spostando la risoluzione della controversia fuori dall’alveo giudiziale, mirano ad arginare, almeno parzialmente, i problemi del nostro sistema giustizia, ormai divenuto incapace di tutelare tempestivamente il cittadino.

Le nuove procedure stragiudiziali sono oggi una necessità volta a fronteggiare l’odierna situazione di inefficienza che pone l’Italia all’ultimo posto nell’Eurozona per la capacità di risoluzione delle controversie. Secondo le più recenti stime sulla durata dei processi nel nostro paese, effettuate dal CEPEJ (European Commission for the Efficiency of Justice) del Consiglio d’Europa, nel 2016 la durata media dei procedimenti che arrivano al terzo grado di giurisdizione era, nel Bel Paese, di 8 anni e 1 mese: tempi ben più lunghi rispetto alla media francese,

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9

spagnola e tedesca; i dati del Ministero della Giustizia, secondo cui la durata dei procedimenti trattati in prima istanza (e gli appelli contro le decisioni del Giudice di pace) era nel 2016 di 460 giorni, confermano le stime europee. Nonostante nel biennio 2016/2018 i tempi si siano ridotti, l’Italia è ancora molto lontana dalla media degli altri Paesi.3 Questa condizione è attualmente divenuta ancor più intollerabile poiché, oltre ad essere costosa, contrasta apertamente con il dettato dell’art 111, c. 2 della Costituzione il quale statuisce che “La giurisdizione si attua mediante il

giusto processo regolato dalla legge” e che “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale“ concludendo con “La legge ne assicura la ragionevole durata”. La nostra Carta fondamentale

tra l’altro, altro non fa che recepire un principio di matrice europea espresso nell’art 6 della CEDU secondo il quale “Ogni persona ha diritto a che la sua

causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed

3

Per un’analisi dettagliata dei riportati dati afferenti i procedimenti civili in Italia e in Europa V. M. BARBUTO, C.

COTTARELLI, A. DE NICOLA e L. D'URSO, “Come ridurre

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10

entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti.”

Occorre far notare fin da subito tuttavia, che la complessità della procedura di negoziazione assistita ed il suo elevato formalismo, nonché la necessità di farsi assistere da uno o più avvocati - che spesso trovano difficoltà ad assumere un atteggiamento collaborativo e non oppositivo, sicuramente diverso da quello richiesto dalla loro tradizionale professionalità - onde incorrere nella nullità del negozio, ha fatto sì che allo stato attuale i risultati sperati in quanto a risparmio della funzione giurisdizionale, riduzione delle tempistiche processuali e risparmio economico non siano stati raggiunti, se non proprio nel delicato contesto della crisi coniugale.4

4

Così anche G. A. PARINI, “La negoziazione assistita da avvocati – tecniche e linee evolutive della autonomia privata” 2017, pagg. 13 ss.

(11)

11

È doveroso segnalare che, nel gennaio di quest’anno è stato presentato in Senato un disegno di legge riguardante anche la “revisione della disciplina degli

strumenti di risoluzione alternativa delle controversie”, il quale purtroppo – ed inspiegabilmente - suggerisce soluzioni in netto contrasto con i dati sopra riportati: non prevede infatti incentivi al fine di incrementare l’utilizzo delle pratiche adr nonostante il successo da alcune di queste ottenuto negli ultimi anni.5 Sarebbe stato forse più opportuno apportare un correttivo alla normativa allo scopo di eliminarne le criticità e le lacune, e allo stesso tempo inserire agevolazioni per chi scegliesse la via stragiudiziale.

Nel testo, dopo aver brevemente descritto la disciplina della separazione, del divorzio e degli accordi tra coniugi nel periodo antecedente alla riforma, analizzeremo dapprima l’istituto della negoziazione assistita e il rapporto di questo con l’autonomia

5

V. M. BARBUTO, C. COTTARELLI, A. DE NICOLA e L.

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12

privata e la natura disponibile o indisponibile dei diritti oggetto della procedura, soffermandoci poi sull’analisi della definizione stragiudiziale della crisi matrimoniale esaminandone i presupposti e le forme, il contenuto dell’accordo, i diversi iter previsti dalla disciplina e l’efficacia dell’intesa.

Dati i particolari interessi coinvolti, verrà dato inoltre ampio spazio allo studio del ruolo che in quest’ambito svolge il pubblico ministero, ai poteri del Presidente del Tribunale e alle tutele che il sistema prevede nei confronti degli eventuali figli della coppia.

Passeremo poi all’analisi della normativa riguardante la separazione e il divorzio dinanzi all’ufficiale di stato civile, e all’esame degli effetti dell’accordo (e del mancato raggiungimento dello stesso) e delle impugnative degli accordi di negoziazione assistita.

Concluderemo infine con uno sguardo ai modelli europei di definizione stragiudiziale delle controversie in ambito matrimoniale, con particolare riferimento

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13

all’esperienza francese e al divorcio notarial spagnolo.

(14)

14

Capitolo primo

Separazione, divorzio e autonomia privata

dei coniugi/genitori prima della riforma.

1 – Separazione e divorzio prima della riforma.

L’articolo 150 del codice civile, nel prevedere l’istituto della separazione personale dei coniugi, distingue tra due diverse ipotesi della stessa: quella giudiziale, ossia contenziosa e quella consensuale.

La sentenza di separazione ottenuta attraverso il procedimento di separazione giudiziale non fa venir meno lo status di coniuge, modificando esclusivamente la disciplina degli obblighi derivanti dal vincolo matrimoniale. A titolo esemplificativo possiamo affermare che mentre alcuni di essi vengono eliminati, come gli obblighi di fedeltà e convivenza, altri continueranno a dover essere rispettati come quelli inerenti all’educazione dei figli ed altri ancora muteranno, come l’obbligo di assistenza materiale che

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15

si trasforma in obbligo al mantenimento del coniuge o di somministrazione di alimenti.

La separazione giudiziale può essere ottenuta su istanza di parte in seguito a violazione di doveri coniugali da parte del consorte, o quando si siano verificate circostanze oggettive che rendono insostenibile la prosecuzione della vita matrimoniale. Legittimati a chiedere la separazione giudiziale o l’omologazione di quella consensuale sono esclusivamente i coniugi secondo quanto stabilito dal comma 3 dell’articolo 150 del codice civile6

.7

“La separazione consensuale contrariamente, è lo strumento che la legge mette a disposizione dei coniugi che, malgrado la crisi di coppia, intendono separarsi di comune accordo riuscendo a stabilire insieme i diritti relativi al mantenimento per il coniuge debole e per gli eventuali figli, all’affidamento della prole, all’assegnazione della

6

Art. 150 c.c. Separazione personale.

“E' ammessa la separazione personale dei coniugi. La separazione può essere giudiziale o consensuale. Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l'omologazione di quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi”.

7

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16

casa coniugale e al patrimonio comune.”8

Il consenso delle parti, il quale deve essere espresso, può essere originario qualora sia presentato da entrambi, o successivo quando espresso nelle more di una separazione giudiziale iniziata su istanza di un solo coniuge che diventa così consensuale in un secondo momento.9 “L’accordo, stipulato in privato con

l’assistenza di uno o due avvocati, per divenire efficace però deve essere omologato dal Tribunale con apposito provvedimento.”10

Il giudice tuttavia, può intervenire unicamente in riferimento alla disciplina inerente all’affidamento e al mantenimento dei figli minori. Questo, quando ritiene che le statuizioni dell’accordo non siano coerenti con gli interessi dei figli, procede a convocare i coniugi suggerendo loro le modifiche da adottare; nel caso questi ultimi persistessero nel voler mantenere inalterata la soluzione prospettata nell’accordo proposto in precedenza, il giudice può solamente

8

“Separazione consensuale”, in www.studiocataldi.it

9

A. CONCAS, “Gli effetti patrimoniali della separazione consensuale e della separazione giudiziale”, 2019 in

www.diritto.it

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17

negare l’omologazione che come prevede l’articolo 158 c.c.,11 è la sola possibilità di rendere efficace l’accordo.

“Il divorzio è lo strumento giuridico attraverso il quale è possibile sciogliere il matrimonio celebrato solo civilmente o far cessare gli effetti civili del matrimonio “concordatario””, con effetti ex nunc dal

momento in cui viene pronunciata la sentenza. La principale fonte di disciplina di tale istituto è la legge n. 898/1970 e successive modifiche ed integrazioni in quanto l’articolo 149 del codice civile si limita ad enunciazioni di principio.12

Come la separazione, anche il divorzio può seguire due diversi iter a seconda che i coniugi siano o meno concordi sulle questioni relative alla dissoluzione del vincolo coniugale. Quando questi non siano in grado

11

Art. 158 c.c.: Separazione consensuale.

“La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l'omologazione del giudice. Quando l'accordo dei coniugi relativamente

all'affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l'interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l'omologazione.”

12

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18

di giungere ad un accordo sulle condizioni da adottare, si procederà con l’iter del divorzio giudiziale instaurato con il ricorso presentato anche da un solo coniuge, mentre quando la coppia riesca a raggiungere un’intesa riguardo ogni aspetto, i coniugi presenteranno ricorso congiuntamente e si instaurerà così il procedimento di divorzio congiunto.

“La sentenza del giudice ex artt. 1 e 2 della l. 898/1970, accerta la cessazione della convivenza e dell’affectio maritalis e l’impossibilità di mantenere o ricostruire l’unione familiare stante l’esistenza di una delle cause tassativamente previste dall’art. 3 della legge tra cui vi sono: “la condanna dell’altro coniuge,

con sentenza passata in giudicato, intervenuta dopo il matrimonio ad alcune pene come l’ergastolo o ad una pena detentiva di durata superiore a quindici anni anche con più sentenze, oppure la condanna per alcuni delitti contro la famiglia, la moralità pubblica o il buon costume; il fatto che il coniuge cittadino straniero abbia contratto all’estero un nuovo matrimonio oppure abbia ottenuto (all’estero)

(19)

19

l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio; il fatto che il matrimonio non sia stato consumato e quando sia intervenuta sentenza passata in giudicato di rettificazione di attribuzione di sesso”.

La causa che però ricorre nella maggior parte dei casi di divorzio è senza dubbio quella prevista dal secondo capoverso della lett. b) del n. 2) dell’art. 3 della l. n. 898/1970 ossia quando “sia stata pronunciata, con

sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, o sia stata omologata la separazione consensuale o sia intervenuta separazione di fatto”.”13

Il giudice, in seguito alla domanda congiunta dei coniugi, stavolta dovrà procedere ad una doppia valutazione14: verificherà infatti da un lato che l’accordo raggiunto sia corrispondente agli interessi

13

Il Divorzio, in www.studiocataldi.it

14

Art. 4, comma 16, L 898/1070: “La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, è proposta con ricorso al tribunale in camera di consiglio. Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l'esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli, decide con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli sono in contrasto con gli interessi degli stessi, si applica la procedura di cui al comma 8.”

(20)

20

dei figli minori e dall’altro che vi siano i presupposti precedentemente richiamati per lo scioglimento del vincolo matrimoniale. L’art. 4 della legge inoltre prevede che “in caso il tribunale non ritenga

l’accordo idoneo a garantire gli interessi della prole, dapprima tenti una conciliazione ed in seguito alla mancata riuscita della stessa converta il rito da congiunto a contenzioso”15

.

Anche in questo caso, come per la separazione, il ricorso al giudice è quindi indispensabile per rendere efficace l’accordo raggiunto.

Le forme concordate di separazione e divorzio, come potremo notare presentano somiglianze con gli strumenti introdotti dal d.l. 132/2014 anch’essi caratterizzati da forme di risoluzione basate

15

Art. 4, comma 8, L 898/1970: “Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori, dà, anche d'ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l'articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.”

(21)

21

sull’accordo dei coniugi. Quello che rende peculiari ed innovativi tali istituti è però che per la loro efficacia non è necessario l’intervento del giudice16

.

2 – Gli accordi ex art. 144 del Codice Civile e i regimi patrimoniali tra coniugi.

L’articolo 144 c.c. rubricato “Indirizzo della vita

familiare e residenza della famiglia” dispone al primo

comma “i coniugi concordano tra loro l’indirizzo

della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia”e al secondo comma

prevede che “A ciascuno dei coniugi spetta il potere

di attuare l’indirizzo concordato”17. L’accordo è

quindi secondo l’ordinamento il modo con cui gli sposi regolano, in parità ed eguaglianza, la vita familiare.

16

C. CECCHELLA, “La negoziazione assistita nella separazione e divorzio”, in La nuova giustizia civile a cura di Claudio Cecchella, Milano, Gruppo24ore, 2015, p. 142-144.

17

Per le unioni civili si fa invece riferimento all'art. 1, comma 12 delle Legge n. 76 del 2016: “le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato” (Regolamentazione delle unioni civili dello stesso sesso e disciplina delle convivenze).

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22

L’art 145 c.c. prevede invece che in caso di disaccordo, su istanza informale di un coniuge e sentite le parti ed i figli conviventi che abbiano compiuto il sedicesimo anno, intervenga il giudice tentando di raggiungere una decisione concordata. Nel caso poi i coniugi non siano in grado di addivenire ad un accordo riguardante la fissazione della residenza comune o altre questioni essenziali per lo svolgimento della vita domestica, ciascuna parte potrà adire il giudice che potrebbe disporre mediante sentenza la soluzione che ritiene più adeguata.18

L’attuale disciplina che vede l’accordo quale fondamentale modalità di attuazione dell’indirizzo della vita familiare è senza dubbio un notevole passo avanti per quanto riguarda la pari dignità dei coniugi ed è uno strumento necessario per attuare il principio d’uguaglianza costituzionalmente garantito. La versione dell’art. 144 c. c. antecedente alla riforma del 1975 rubricato “Potestà maritale” disponeva infatti

18

Riguardo l’analisi degli accordi “sulla vita familiare” v. G. DOSI, “Il diritto contrattuale della famiglia: le funzioni di consulenza e negoziazione dell’avvocato”, Torino 2016, pagg. 10 ss.

(23)

23

“il marito è capo della famiglia; la moglie segue la

condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno fissare la sua residenza”.

Occorre tuttavia far notare che la regola dell’accordo, prevista come ricordato anche per le unioni civili tra persone dello stesso sesso, non trova riscontro invece nei rapporti di convivenza. Per le unioni di fatto non si applica quindi neppure il procedimento di ricorso al giudice in caso di disaccordo od incapacità di stabilire un indirizzo concordato riguardante la vita familiare.19 Per quanto riguarda la rilevanza degli “accordi nel corso della vita familiare” non riferiti all’aspetto patrimoniale, la giurisprudenza ritiene che questi abbiano contenuto sostanzialmente personale e siano destinati solamente a regolare le attività familiari (si pensi alla scelta della residenza, del luogo delle vacanze, delle attività che dovranno svolgere i figli). Tale natura meramente personale non viene persa

19

Critico sul punto G. DOSI “Il diritto contrattuale della famiglia: le funzioni di consulenza e negoziazione dell’avvocato”, cit., pag. 10.

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24

neanche quando vi siano risvolti patrimoniali inerenti per esempio l’acquisto di beni. Non è data a questi accordi quindi nessuna rilevanza nei confronti dei terzi, come avviene al contrario in altri ordinamenti in cui il coniuge non può alienare i mobili della casa familiare senza il consenso dello sposo. “Relegandoli

alla sfera dell’intimità domestica quindi, di fatto ciascuna parte è capace di disattenderli liberamente senza incorrere in sanzioni o altre conseguenze disincentivanti”.20

L’art. 316 c.c.21

riferendosi agli accordi sui figli in caso di famiglia unita, attribuisce ad entrambi i genitori la responsabilità genitoriale, prevedendo

20 Sul punto G. DOSI, “Il diritto contrattuale della famiglia: le

funzioni di consulenza e negoziazione dell’avvocato”, cit., pag. 10.

21

Art 316 c.c.: Responsabilità genitoriale.

“Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto della capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.” Dispone poi “in caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei. Il giudice, sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio.

(25)

25

anche l’intervento del giudice su istanza informale di uno dei genitori quando vi sia disaccordo su questioni fondamentali.

Gli accordi di cui trattiamo quindi valgono solamente per le parti, non hanno valore obbligatorio, come invece hanno i contratti e la loro corretta attuazione è rimessa ai coniugi. Sono quindi etichettati come “accordi deboli” in quanto sono privi di sanzione in caso di violazione. In riferimento a ciò si espressa la Cassazione con la sentenza n. 5415 del 7 maggio 1992 che a riguardo dell’incoercibilità dell’accordo nota che “il rispetto dell’intesa coniugale non può mai essere

imposto al coniuge recedente, posto che dalla costrizione all’osservanza di un’intesa non più accettata, potrebbe scaturire un senso d’intollerabilità della convivenza nocivo alo stesso permanere dell’unità familiare” la sentenza afferma altresì che22

“non è configurabile, in costanza di matrimonio,

alcun potere in capo al coniuge non proprietario sull’immobile adibito a residenza familiare di

22

GIANFRANCO DOSI, “Il diritto contrattuale della famiglia: le funzioni di consulenza e negoziazione dell’avvocato”, cit., pagg. 14 e 15.

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26

appartenenza esclusiva dell’altro, ove questi intenda, senza il consenso del primo, alienare il bene e trasferire altrove l’abitazione della famiglia; e ciò anche nell’eventualità in cui l’atto di disposizione concretizzi la violazione di un preesistente accordo”.

L’art. 144 c. c. sembra essere così una norma esclusivamente programmatica.

Ciascuna parte può contrarre autonomamente obbligazioni per dare liberamente attuazione agli accordi presi con il partner. La giurisprudenza23 ha quasi sempre ritenuto che l’obbligazione assunta da un coniuge per soddisfare i bisogni familiari, non implichi che l’altro diventi debitore solidale, ferma

23

La Cassazione con la sentenza n. 19947 del 6 ottobre 2004, in riferimento al caso in cui la moglie, per l’attuazione dell’accordo col marito in merito ad un trasloco aveva preso accordi autonomamente con il traslocatore restando in seguito inadempiente sul pagamento dovuto, chiesto poi dal traslocatore all’altro coniuge, affermava che la moglie è di regola responsabile in proprio per le obbligazioni da lei contratte nell’interesse della famiglia; il marito, tuttavia, è responsabile delle obbligazioni contratte in suo nome dalla moglie oltre che nei casi in cui le abbia conferito, in forma espressa o tacita, una procura a rappresentarlo, tutte le volte in cui sia stata posta in essere una situazione tale da far ritenere, alla stregua del principio dell’apparenza giuridica, che la moglie abbia contratto una determinata obbligazione non già in proprio ma in nome del marito; in G. DOSI “Il diritto contrattuale della famiglia, le funzioni di consulenza e negoziazione dell’avvocato”, cit. pag. 15.

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27

restando la possibilità di dimostrare che il coniuge contraente abbia conferito all’altro una procura a rappresentarlo in forma espressa o tacita, o si possa desumere che l’onere sia assunto in nome di entrambi.

Una disciplina particolare è prevista dall’art. 186 c.c.24. il quale dispone che i beni della comunione rispondono non solo di ogni obbligazione contratta congiuntamente, ma anche di ogni obbligazione contratta dalle parti separatamente nell’interesse della famiglia. Quando poi i beni della comunione non risultino sufficienti a soddisfare i debiti, i creditori, in virtù dell’art. 190 c.c.25

possono rivalersi sui beni personali di ciascuna parte nella misura della metà del credito. Le obbligazioni contratte da un coniuge nell’interesse della famiglia attuative di accordi tra le parti hanno quindi una particolare rilevanza esterna consistente nel fatto che il creditore della comunione è

24

Art. 186 c.c.: Obblighi gravanti sui beni della comunione. “I beni della comunione rispondono ...c) delle spese per il mantenimento della famiglia ed in specie di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell’interesse della famiglia.”

25

Art.190 c.c.: Responsabilità sussidiaria dei beni personali. “I creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su essa gravanti.”

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28

creditore anche della parte non stipulante potendo rivalersi su di essa in via sussidiaria. La Cassazione afferma, nella sentenza n. 6118 del 18 giugno 1990 che ex art. 177 lett. a)2627, che oggetto della comunione sono gli accordi compiuti dai coniugi anche separatamente ed i beni per l’acquisto dei quali uno dei coniugi ha assunto obbligazioni autonomamente. Tali beni oggetto della comunione potranno in un futuro diventare proprietà individuale di uno dei due partners in seguito a divorzio, separazione o mutamento del regime patrimoniale.

Vi è quindi una sostanziale differenza tra gli atti attuativi degli accordi ex art. 144 c. c. e quelli attuativi di accordi in regime di comunione dei beni, in quanto il creditore che volesse rivalersi nei confronti del coniuge non stipulante potrebbe farlo nel primo caso esclusivamente dimostrando che il coniuge stipulante abbia agito anche in nome e per conto del partner; nel

26

Art 177 c.c.: Oggetto della comunione.

“Costituiscono oggetto della comunione: a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli personali...”

27

G. DOSI, “Il diritto contrattuale della famiglia: le funzioni di consulenza e negoziazione dell’avvocato, cit, pag. 18.

(29)

29

secondo caso dovrebbe dimostrare unicamente che il convenuto è coniuge dello stipulante, che i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare il suo credito, che il coniuge stipulante non ha adempiuto e che l’obbligazione è stata assunta nell’interesse della famiglia.

Occorre altresì far notare che nel matrimonio il regime patrimoniale legale della famiglia è proprio quello della comunione dei beni e che per assumerne uno differente occorre stipulare una diversa convenzione ex art. 162 c.c. Questo prevede al comma 1 che le convenzioni matrimoniali “debbano essere stipulate

con atto pubblico sotto pena di nullità” e non possono

essere opposte ai terzi se non risultano annotate a margine dell’atto di matrimonio, obbligo questo a carico del notaio che deve provvedervi entro trenta giorni (art 34-bis disp. att. c.c.). Anche se tali convenzioni vengono di solito stipulate contestualmente o successivamente al matrimonio l’art 163 c.c., comma 1 recita “Le modifiche delle

(30)

30

matrimonio, non hanno effetto se l’atto pubblico non è stipulato con il consenso di tutte le persone che sono state parti nelle convenzioni medesime o dei loro eredi” lasciando così intuire che possano essere

stipulate anche prima del rito nuziale e successivamente annotate a richiesta del notaio quando questo avrà luogo. Nel caso non si avesse il matrimonio, la convenzione non avrà efficacia atteggiandosi questa a patto prematrimoniale.

Il regime ad oggi più utilizzato risulta essere tuttavia quello della separazione dei beni e non quello legale della comunione.

3 – Accordi prematrimoniali ed accordi predivorziali.

Possiamo definire gli accordi prematrimoniali come quei “patti stipulati prima del matrimonio che

intendano disciplinare preventivamente l’eventuale futura crisi coniugale”, specialmente per quanto

riguarda i loro reciproci rapporti economici (prenutial

(31)

31

poi parlare di accordi predivorziali in senso stretto quando intendiamo riferirci a quei “patti stipulati tra i

coniugi nel corso del matrimonio in vista dell’eventuale divorzio (postnuptial agreements in contemplation of divorce).28

È necessario innanzitutto notare che non è presente nel nostro ordinamento una specifica normativa che disciplini la redazione e sottoscrizione da parte dei coniugi di questo tipo di accordi e che vi sia difficoltà nel riconoscerne la validità da parte di dottrina e giurisprudenza. L’orientamento maggioritario29 ritiene infatti che i patti prematrimoniali siano nulli anche perché il contenuto di questi potrebbe influenzare le libere scelte di uno dei coniugi riguardo il proseguo o meno della vita coniugale. Si sottolinea in particolare l’importanza, nel delicato ambito della crisi di coppia, di lasciar libere mentalmente le parti nella scelta di accedere alle tutele loro specificatamente offerte dalla

28 G. DOSI, “Accordi (prematrimoniali e nel matrimonio) in

vista del divorzio”, in Lessico di diritto di famiglia in

www.icodidirittodifamiglia.com

29

Vedi. P. ZATTI – M. MANTOVANI, “La separazione personale”, Padova 1983, pag. 387 e M. FINOCCHIARO “Diritto di famiglia”, I, Milano 1984, pag. 691.

(32)

32

legge. Il citato principio di nullità degli accordi in senso ampio predivorzili è affermato anche dalla Cassazione con la sentenza n. 3777 dell’11 giugno 198130. Tali accordi sarebbero contrari al principio di indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale espresso dall’art 160 c. c. a tutela del coniuge debole. Gli atti dispositivi poi, intervenendo in un momento anteriore alla separazione o al divorzio investirebbero un diritto non ancora sorto ed inoltre, avendo detti accordi natura permanente è possibile ravvisarne una violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. La stipula di un accordo prematrimoniale potrebbe poi, disciplinando aspetti patrimoniali unitamente ad aspetti personali, portare ad una mercificazione dello status di coniuge attraverso pattuizioni che leghino il

30

In Foro.it., 1982, I, 184, nota di DI PAOLA: L’assegno di divorzio è indisponibile prima dell’inizio del relativo giudizio tanto nella sua parte assistenziale quanto nella parte risarcitoria e compensativa: pertanto vanno considerati invalidi gli accordi dei coniugi separati intesi a stabilire il regime economico non solo per il contestuale periodo di separazione ma anche per quello successivo al giudizio di divorzio. Lo scioglimento del matrimonio non dipende dalla mera volontà delle parti, non esistendo un divorzio consensuale: e pertanto per il suo corretto funzionamento, deve essere assicurata ai soggetti la libertà di invocare, pur nei limiti del sistema, l’inderogabilità dei diritti e dei doveri connessi con il matrimonio, indipendentemente da accordi fatti in vista di promesse sistemazioni future o di vantaggi patrimoniali.

(33)

33

consenso ad un corrispettivo. Essendo contrari all’ordine pubblico inoltre, tali contratti sarebbero inoltre nulli per illiceità della causa.

La giurisprudenza, tuttavia, a determinate condizioni inerenti all’elemento causale, ammette una tipologia di accordo mostrando apertura – talvolta esaltandola - nei confronti dell’autonomia negoziale dei coniugi. Gli sposi possono infatti validamente stipulare contratti che non dipendano dalla qualità di coniuge e non riguardino il regime di separazione. La Cassazione ha affrontato la questione con due pronunce31, entrambe dall’esito positivo, stabilendo che la crisi può essere contemplata dai coniugi in un accordo a patto che no rientri nell’elemento causale di questo ma ne sia soltanto una condizione. Tali accordi per la Corte non implicano disposizione dei diritti dei coniugi conseguenti al matrimonio, ma hanno ad

31

(Cass. n. 23713/12 e Cass n. 19304/13) le due pronunce prendono in esame casi simili: nella prima i futuri sposi concludevano un contratto a prestazioni corrispettive una delle quali sottoposta alla condizione sospensiva del fallimento matrimoniale; nel secondo caso, similmente, era prevista la medesima condizione sospensiva in relazione alla restituzione di somme date a mutuo; in M. MICHELON, “Gli accordi patrimoniali tra coniugi: limiti all’autonomia privata e aperture verso gli accordi prematrimoniali, 31/10/2017, in

(34)

34

oggetto prestazioni patrimoniali all’interno di un contratto. L’eventuale scioglimento del vincolo coniugale rileva quale ipotetico evento futuro a cui le parti collegano un effetto giuridico e va quindi valutato come fatto storico.

Questo nuovo indirizzo giurisprudenziale tuttavia non legittima in alcun modo l’utilizzo di escamotage per far passare come leciti patti contrari a norme imperative o all’ordine pubblico, né avalla l’utilizzo degli accordi prematrimoniali. Per introdurre i

prenutial agreements nel nostro ordinamento risulta

necessaria quindi una riforma legislativa. A firma Morani – D’Alessandro era stata presentata il 15 ottobre 2014, la proposta di legge n. 2669 che mirava a fornire ai futuri coniugi una più ampia autonomia negoziale nel momento antecedente alle nozze dando loro la possibilità di disciplinare, con un’apposita convenzione, i reciproci rapporti personali e patrimoniali in vista di un’eventuale separazione. Si prevedeva l’introduzione di un articolo 162-bis per la disciplina di tali accordi, di appositi richiami nel testo

(35)

35

dell’art 156 c.c. e l’inserimento di un articolo 6-bis nella l. 898/70 che obbligasse i Tribunali a tener di conto di tali accordi nella sentenza.32

Dopo anni di attesa, nei primi mesi del 2019, il Governo aveva approvato un disegno di legge con delega al Governo per la revisione del Codice Civile avente ad oggetto anche il tormentato argomento dei patti prematrimoniali: l’esecutivo sembrava quindi aver recepito quanto fosse sentita l’urgenza di introdurre anche nell’ordinamento italiano questo importante strumento di autonomia negoziale.33 Con rammarico segnaliamo che tale proposta di legge è attualmente arenata presso la Commissione Giustizia in attesa di consultazioni.

Con la legge istitutiva delle unioni civili 20 maggio 2016, n. 76, il legislatore ha tipizzato ai commi 50 e seguenti il contratto di convivenza finalizzato a regolare gli aspetti patrimoniali derivanti dalla vita di

32

M. MICHELON, “Gli accordi patrimoniali tra coniugi: limiti all’autonomia privata e aperture verso gli accordi prematrimoniali, cit.

33

V. CIANCIOLO, “L’adozione degli accordi prematrimoniali nel diritto italiano. Aspettando Godot”, 10/06/2019, in

(36)

36

coppia con la possibilità di introdurvi anche eventuali clausole in funzione della cessazione della convivenza. Pare quindi che, nel rispetto dell’istituto delmatrimonio tutelato dall’art. 29 Cost., sia insensato non equiparare l’autonomia negoziale delle coppie sposate con quella delle coppie conviventi.34

34

In tal senso sempre M. MICHELON, “Gli accordi patrimoniali tra coniugi: limiti all’autonomia privata e aperture verso gli accordi prematrimoniali, cit.

(37)

37

Capitolo secondo Cenni sulla negoziazione assistita

1 – Nozione di negoziazione assistita.

La procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati è stata introdotta nel nostro ordinamento dal Decreto legge n. 132/2014 recante “Misure urgenti di

degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile” convertito poi con modificazioni in legge n.

162/2014.35 Stante la grave situazione di sovraccarico in cui versava il sistema italiano di giustizia civile, il legislatore aveva il proposito di favorire, grazie a questo istituto innovativo, la soluzione in via stragiudiziale delle controversie. Si tratta quindi di uno strumento di alternative dispute resolution – ADR che ha come obiettivo quello di “risolvere in via

amichevole”36

una controversia civile,

decongestionando così le aule giudiziarie. L’obiettivo è di poter ridurre la mole dei processi civili pendenti

35

A proposito G. SPINA, “Negoziazione assistita: primo commento sul nuovo istituto”, in www.altalex.com

36

(38)

38

nelle aule dei tribunali e consentire alle parti di poter arrivare alla definizione più rapida, economica ed efficace possibile di controversie generalmente non molto complesse o dal valore piuttosto ridotto. Alla disciplina della c. d. negoziazione assistita è dedicato il capo II del citato decreto legge, rubricato

“procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati”.

La procedura è composta da due fasi: la prima consiste essenzialmente nella sottoscrizione da parte delle parti in lite di un accordo (denominato convenzione di negoziazione) attraverso il quale esse convengono di cooperare37 per risolvere in via amichevole una controversia che ha come oggetto diritti disponibili attraverso l’assistenza di avvocati; la seconda comporta l’attività di negoziazione vera e propria che può portare alla sottoscrizione da parte degli avvocati e dei loro assistiti di un accordo il quale costituisce titolo esecutivo valido per l’iscrizione di

37

L’art. 2, comma 1 del decreto a tal proposito aggiunge “in buona fede e con lealtà”.

(39)

39

ipoteca giudiziale38. Nel nostro ordinamento sono previste due ipotesi di negoziazione assistita: la procedura facoltativa o volontaria e la procedura obbligatoria. Molte disposizioni dettate a riguardo di questo istituto risultano simili a quelle previste in tema di mediazione dal d. lgs. n. 28 del 2010, soprattutto in riferimento ai rapporti tra questa e il processo civile39. Del tutto peculiari e specifiche sono però le disposizioni dettate dal legislatore con riferimento alla c. d. negoziazione assistita in tema di famiglia40, che costituisce l’oggetto di questa trattazione. Le norme in tema di lavoro sono state invece eliminate in sede di conversione in legge.

38

Art. 5 del decreto.

39

G. SPINA, Incostituzionalità della mediazione obbligatoria: la mediazione non è morta!, in Osservatorio Mediazione civile, n. 119/2012.

40

Art. 6, D.L. n. 132/2014, Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

(40)

40 2 – Il procedimento

2.1 L’invito.

La normativa prevede che sia obbligo dell’avvocato, all’atto di conferimento dell’incarico, informare il cliente della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita (la c. d. informativa)41. Quando questo opti per la nuova via stragiudiziale il legale formula alla controparte un invito a stipulare una convenzione di negoziazione. L’invito in questione deve necessariamente indicare l’oggetto della controversia che può solo riguardare diritti disponibili42 e non deve attenere alla materia di lavoro; deve contenere l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio, della condanna al

41

A norma dell’art. 2, c. 7 del decreto si tratta di un “dovere deontologico”.

42

Art. 2, c. 2 del decreto. I diritti indisponibili sono particolari diritti soggettivi con riferimento ai quali al titolare non è consentito disfarsene, trasferirli o rinunziarvi: TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 1999, pag. 74.

(41)

41

risarcimento per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.4344 e di esecuzione provvisoria ex art. 642, c. 1 c.p.c.45; altro contenuto necessario dell’invito è la certificazione dell’autografia della firma ad opera dell’avvocato. La comunicazione dell’invito (ovvero la sottoscrizione della convenzione) produce sulla prescrizione i medesimi effetti46 della domanda giudiziale ed è inoltre impedita, per una sola volta, la decadenza, tuttavia in caso l’invito sia rifiutato o non sia accettato entro trenta giorni47, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata

43

Art. 96 c. 1, c.p.c. Responsabilità aggravata.

“Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.”

44

Sul punto anche P. FARINA, “La negoziazione assistita dagli avvocati: Da praeambolum ad litem ad outsourcing della decisione del giudice”, in Leggi D' Italia, Riv. Dir. Proc., 2015, 2, 514 (commento alla normativa).

45

Art. 642, c. 1 c.p.c.: Esecuzione provvisoria.

“Se il credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o un atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice, su istanza del ricorrente, ingiunge al debitore di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando in mancanza l’esecuzione provvisoria del decreto e fissando il termine ai soli effetti dell’opposizione.”

46

Art. 8 del decreto.

47

(42)

42

accettazione nel termine o dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati.

2.2 La convenzione.

La convenzione di negoziazione è definita come

“l’accordo attraverso il quale le parti convengono di “cooperare in buona fede e con lealtà” per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati”48. A norma dell’art. 2 del d.l. n. 132/2014

questa “deve indicare il termine concordato dalle

parti per l’espletamento della procedura che deve necessariamente essere non inferiore ad un mese e non superiore a tre mesi, prorogabile per ulteriori trenta giorni su accordo tra le parti.” Deve essere

inoltre indicato l’oggetto della controversia, il quale non deve riguardare diritti indisponibili né, come aggiunto in sede di conversione, vertere sulla materia di lavoro. Occorre altresì sottolineare che i difensori non possono essere nominati arbitri a norma dell’art.

48

L’art. 2 precisa che possa trattarsi anche di avvocati iscritti all’albo ai sensi dell’art. 6 del d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, sull’esercizio della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale.

(43)

43

810 c. p. c. “nelle controversie aventi il medesimo

oggetto o connesse”.49

La convenzione deve essere redatta in forma scritta a pena di nullità e va sottoscritta dalle parti e dagli avvocati i quali certificano l’autografia delle sottoscrizioni.

“L’assistenza degli avvocati è quindi – con particolare riferimento all’efficacia esecutiva dell’accordo e alla disciplina della negoziazione assistita obbligatoria ex art. 3 – uno degli elementi essenziali dell’ADR in questione.”50

49

Per un’analisi critica della procedura v. G. VASSALLO, “Separarsi e divorziare oggi: negoziazione assistita e soluzioni consensuali”, 2015, in www.altalex.com

50

(44)

44

2.3 La negoziazione vera e propria ed i possibili esiti dell’attività.

Nel procedimento di negoziazione assistita è richiesto agli avvocati e alle parti di comportarsi con lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute. L’art. 9, c. 2 del decreto in particolare dispone che “le

dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso dell’attività di negoziazione non possano essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto”; “i difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono inoltre essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite”.

Sempre in riferimento all’obbligo di riservatezza è previsto che “a tutti coloro che partecipano

all’attività si applicano le disposizioni dell’art. 200 c. p. p. sul segreto professionale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’art. 103 c. p. p. in quanto applicabili”.51

A

51

Per un’analisi dei compiti dei difensori v. “Cos’è e come funziona la negoziazione assistita”, in Consiglio Nazionale Forense – Osservatorio nazionale permanente per la giurisdizione, pag. 5 ss.

(45)

45

seguito dell’attività di negoziazione può esservi un risultato positivo, ossia il raggiungimento di un accordo, o un risultato negativo in caso sia impossibile addivenire ad una definizione condivisa della controversia. In caso di mancato accordo, a norma dell’articolo 4, comma 3 del decreto, i difensori debbono redigere la dichiarazione di mancato accordo, nel caso invece che l’accordo sia raggiunto lo stesso deve essere sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che li hanno seguiti nel corso della procedura, i quali inoltre certificano sia l’autografia delle firme che la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico dello stesso52. L’accordo così formatosi costituisce titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’art. 480, c. 2 c.p.c. Viene poi previsto che “se le parti concludono uno dei contratti

52

Ciò è precisato dall’art. 5 del decreto. L’articolo inoltre prevede che i difensori che sottoscrivono l’accordo raggiunto dalle parti a seguito della convenzione sono tenuti a trasmetterne copia al Consiglio dell’ordine circondariale del luogo ove l’accordo è stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell’ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati. Il Consiglio nazionale forense provvede poi, con cadenza annuale, al monitoraggio delle procedure di negoziazione assistita, trasmettendone i dati al Ministero della giustizia;

(46)

46

o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”. Occorre notare infine che l’avvocato che

impugni l’accordo alla cui redazione ha partecipato commette illecito deontologico.

3 – La negoziazione assistita obbligatoria.

L’ordinamento, accanto alla negoziazione facoltativa prevede anche l’ipotesi di negoziazione assistita obbligatoria53. Il legislatore in particolare la dispone per le azioni riguardanti “il risarcimento del danno da

circolazione di veicoli e natanti”54 e per le “domande

di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50000 euro” e non riguardanti controversie

assoggettate alla disciplina della c.d. “mediazione

obbligatoria”55,56. In questi casi secondo l’art. 3 del d.

53

Per un’analisi dell’istituto G. SPINA, op. cit. in nota 1.

54

Tali controversie erano, originariamente, soggette alla disciplina della c.d. mediazione obbligatoria ed oggi, in seguito alla riforma del d.l. n. 69 del 2013 convertito in l. n. 98 del 2013, non sono più ricomprese nell’elenco ex art. 5 c. 1-bis, d.lgs. n. 28 del 2010.

55

Art. 5, c. 1-bis d.lgs. n. 28/2010 “chi intende esercitare in giudizio un’azione in materia di condominio, diritti reali,

(47)

47

l. n. 132/2014 “l’esperimento del procedimento di

negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’articolo prosegue

stabilendo che “l’improcedibilità deve essere eccepita

dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza”57

. Quando tale eccezione sia proposta da una delle parti la norma prevede che “il giudice, quando rileva che la

negoziazione assistita è già iniziata ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine previsto dalle parti nella convenzione per la durata della procedura”. Se invece la negoziazione

non è esperita, il giudice provvede allo stesso modo e contestualmente assegna alle parti il termine di quindici giorni per la comunicazione dell’invito a stipulare la convenzione. Il successivo comma 2 stabilisce che “se l’invito non è seguito da adesione o

divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento di danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione.”

56

Sono escluse le azioni previste dal codice del consumo (d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206) e quelle in cui la parte può stare in giudizio personalmente.

57

Per quanto riguarda il rito ordinario si tratta dell’udienza di cui all’art. 183 c. p. c.

(48)

48

è seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione ovvero quando è decorso il periodo di tempo previsto dalle parti nella convenzione la condizione di procedibilità si considera avverata”. La disciplina

descritta è esclusa nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione; in quelli di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite ex art. 696-bis c.p.c.; nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; nei procedimenti in camera di consiglio; nell’azione civile esercitata nel processo penale. Si noti che l’obbligatorietà dell’esperimento del procedimento di negoziazione assistita “non preclude

la concessione di provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale”. Infine

occorre evidenziare che data l’obbligatorietà dell’assistenza dell’avvocato, il compenso dello stesso in caso di negoziazione assistita obbligatoria, “non è

dovuto dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato”.58

58

Art. 76, D.P.R 30 maggio 2002 n. 115 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di

(49)

49

Occorre a tale proposito aggiungere che a maggio 2019 il Consiglio dei ministri ha presentato alla Camera un disegno di legge59 che mira a fornire il gratuito patrocinio anche a coloro che raggiungano un accordo mediante negoziazione assistita, quando questa sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale, al fine di dare attuazione all’art. 24, comma 3, della Costituzione. Il Ministro della Giustizia Bonafede a riguardo sottolineava come tale istituto

“permette di dare sostanza al principio, richiamato anche nel contratto di Governo, che sancisce che la giustizia deve essere accessibile a tutti i cittadini, in particolare se meno agiati, in ogni grado di giudizio”60

giustizia). L’art. 3, c. 6 del decreto precisa “la parte è tenuta a depositare all’avvocato apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo avvocato, nonché a produrre, se l’avvocato lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato”.

59

Disegno di legge n. 1881/2019 “Modifiche al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”

60

S. MARANI, “Gratuito patrocinio esteso anche alla negoziazione assistita”, 23/05/2019 in www.altalex.it

(50)

50

Capitolo terzo

La negoziazione assistita per la separazione e il divorzio.

1 – Introduzione all’istituto.

L’indiscussa portata innovativa della normativa in tema di negoziazione assistita è quella di offrire ai coniugi la possibilità di utilizzare tale procedura per addivenire alla soluzione concordata di separazione o di divorzio o per modificarne le condizioni.

Il Tribunale di Torino61, con un recente provvedimento ha a tal proposito chiarito che può farsi ricorso alla procedura di negoziazione assistita familiare avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili del matrimonio o lo scioglimento di esso solo

61

Tribunale di Torino, decreto 1° giugno 2018, in

www.ilfogliodelconsiglio.it

Si trattava di due coniugi argentini che intendevano sciogliere il loro matrimonio e che volevano far ricorso alla negoziazione assistita. A detta del tribunale, nonostante la normativa del paese comune ai coniugi consenta il divorzio diretto, gli stessi per poter ricorrere alla negoziazione assistita avrebbero prima dovuto domandare e ottenere la separazione personale. Applicare la normativa straniera per il giudice infatti comporta l’esame di questioni di non facile soluzione che non possono essere agevolmente affrontate in sede stragiudiziale né possono essere sottoposte a una semplice autorizzazione amministrativa.

(51)

51

nei casi previsti dall’articolo 3, comma 1, numero 2), lettera b), della legge numero 898/1970, ossia quando sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale o sia stata omologata la separazione consensuale e la separazione si sia protratta ininterrottamente per un anno nel primo caso o per sei mesi nel secondo caso. Gli altri casi previsti dallo stesso articolo 3 della legge sul divorzio non possono quindi essere oggetto di negoziazione assistita. Per il Tribunale di Torino si tratterebbe infatti di ipotesi che possono presentare difficoltà di accertamento e profili giuridici non semplici, che richiedono necessariamente il giudizio e la competenza del Collegio non essendo sufficiente la semplice autorizzazione da parte del p. m.

Il Decreto legge n. 132/2014, convertito con modifiche nella legge n. 162/2014, prevede agli articoli 6 e 12 due nuovi strumenti di degiurisdizionalizzazione: la procedura di negoziazione assistita ed il procedimento di

(52)

52

scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all’ufficiale dello stato civile”.

La forza rivoluzionaria di questi nuovi istituti è costituita dalla loro capacità di addivenire ad accordi che ben possono sostituirsi al decreto di omologa o alla sentenza, rendendo possibile così la fuoriuscita di un notevole settore di contenzioso dalle aule di tribunale. Il legislatore quindi, grazie a questo intervento normativo ha superato il limite della necessaria fase giudiziale introducendo due mezzi facoltativi ed alternativi di risoluzione della crisi matrimoniale62. I nuovi strumenti appaiono a chi scrive indispensabili per il raggiungimento del principale obiettivo cui il legislatore mirava, ossia quello di decongestionare il processo civile riducendo il numero di procedimenti in entrata. Favorendo l’utilizzo degli strumenti ADR e conferendo ai legali dei coniugi la possibilità di attribuire alle forme concordate di separazione e divorzio validità ed

62

M.N. BUGETTI, Separazione e divorzio senza giudice: negoziazione assistita da avvocati e separazione e divorzio davanti al sindaco, in Corriere Giur., 2015, 4, 515 (dottrina).

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