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Bois Noir/Auchenorrhynca: indagini biomolecolari in un vigneto del Chianti Classico

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e

Agro-Ambientali

Corso di Laurea in Produzione Agroalimentare e Gestione

dell’Agro-Ecosistema

Bois Noir/Auchenorrhyncha: indagini biomolecolari in

un vigneto del Chianti Classico

Candidato

Relatore

Luca Baldaccini

Dr. Alberto Materazzi

Correlatore

Prof. Andrea Lucchi

Anno Accademico

2018-2019

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Indice

Introduzione

1 Generalità pag. 3

1.1 Sintomatologia ed impatto economico pag. 6

2 I Giallumi della Vite pag. 7

2.1 Flavescenza Dorata pag. 8

3 Legno Nero pag. 10

3.1 Aspetti sintomatologici pag. 11

3.2 Aspetti diagnostici pag. 15

4 Vettori di Legno Nero pag. 17

4.1 Hyalesthes obsoletus pag. 17

4.2 Reptaus panzeri pag. 19

4.3 Reptalus quinquecostatus pag. 20

4.4 Neoaliturus fenestratus pag. 21

4.5 Philaenus spumarius pag. 21

Scopo del lavoro

pag. 24

Parte sperimentale

6 Materiali e metodi pag. 25

Risultati e discussione

7 Vitis vinifera varietà Sangiovese pag. 28

7.1 Auchenorrhyncha pag. 29

Conclusioni

pag. 34

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Introduzione

1 Generalità

Molteplici manifestazioni sintomatologiche macroscopiche, comunemente definite “Giallumi” e, inizialmente, attribuite ad infezioni virali, sono state, in seguito, correlate a stati infettivi sostenuti da microrganismi procariotici, morfologicamente riconducibili ai Micoplasmi, e per questo definiti Mycoplasma-like organism: (MLOs) (Doi et al., 1967). Ricerche condotte, all’inizio di questo secolo, sull’analisi delle sequenze nucleotidiche del gene 16S rDNA hanno consentito di assegnare gli MLO ad un taxon monofiletico specifico, Classe Mollicutes, Ordine Acholeplasmates (Lee et al., 2000), che, provvisoriamente, è stato denominato Candidatus Phytoplasma, “incertae familiae”, causa l’impossibilità di verificare la totale conformità ai postulati di Koch, in particolare la possibilità di allevarli in vitro (Firrao et al., 2004; Bertaccini et al., 2014). L’opportunità di condurre specifiche analisi sui patterns elettroforetici, mediante Restriction Fragment Lenght Polymorphism (RFLP) del gene 16S rDNA di agenti fitoplasmali già noti, ha consentito di suddividere, attualmente, i fitoplasmi in 33 gruppi ribosomali differenti (Bertaccini et al., 2014).

Essi sono parassiti intracellulari obbligati, con dimensioni variabili tra 200 e 800 nm, costituiti da cellule polimorfiche, prive di parete cellulare, in grado di diffondersi sistemicamente all’interno della pianta ospite. La membrana cellulare, di natura proteico-glucidica, è tri-stratificata e collassa facilmente nel caso venga variato l’equilibrio osmotico dell’ambiente circostante (Foto 1). La loro diffusione, a breve distanza, è operata da insetti vettori che, in seguito all’azione trofica su piante infette, consentono di trasmettere questi agenti patogeni, con le successive punture di assaggio, alle piante sane.

Nel dettaglio, i fitoplasmi attraversano la membrana del tratto intestinale del vettore, raggiungono le ghiandole salivari e, qui, si moltiplicano. Quando il vettore virulifero raggiunge una nuova pianta ospite, attraverso l’atto trofico, è in grado di inoculare il fitoplasma, generalmente in modo persistente-circolativo, all’interno dei vasi floematici, permettendo così la diffusione della malattia (Moriwaki et al., 2003; Kube et al., 2012). Gli insetti vettori appartengono alle famiglie Cicadellidae, Cixidae, Psyllidae, Delphacidae e Derbidae (Weintraub e Beanland, 2006) mentre lo spettro delle piante

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potenzialmente ospiti è molto più vasto, in funzione delle preferenze trofiche dell’insetto vettore stesso (Alma et al., 1997).

Ulteriori indagini hanno permesso di evidenziare, per alcuni fitoplasmi, la possibilità sia di trasmissione transovarica (Alma et al., 1997), sia per seme su erba medica, pomodoro e mais (Khan et al., 2002; Botti e Bertaccini 2006; Calari et al., 2011; Chung e Jeong 2014), nonché mediante innesto, chip-budding o qualsiasi altro metodo, che preveda la connessione tra tessuti floematici infetti e sani (Botti e Bertaccini 2006). I fitoplasmi sono responsabili di numerose infezioni sulle principali e più diffuse specie arboree e/o erbacee, dove sono in grado di indurre considerevoli perdite economiche quanti-qualitative (Maixner, 2011). Sono caratterizzati da una diffusione globale; essa è ascrivibile alla loro elevata adattabilità alle più disparate condizioni che consente la loro sopravvivenza all’interno dei tessuti floematici delle piante e/o degli insetti vettori, modificando l’espressione genica dell’ospite a suo favore (Mayer et al., 2008). Interessanti studi condotti nel 2001 da Oshima e collaboratori hanno dimostrato come, approssimativamente, il 33% dell’espressione genica degli ospiti viene modificata durante le interazioni con il fitoplasma. Le variazioni geniche osservate coinvolgono processi metabolici, quali la secrezione di proteine, molecole trasportatori e produzione di enzimi, con una specificità associata alla tipologia dell’ospite considerato.

Genoma

Il genoma dei fitoplasmi consiste, generalmente, in un doppio filamento di DNA circolare (Oshima et al., 2013). Numerosi plasmidi di differenti dimensioni sono stati riscontrati in tutti i membri del gruppo Aster Yellow (16SrI), in quello dello Stolbur (16SrXII) e in alcuni dei gruppi X-disease (16SrIII) e Clover proliferation (16SrVI). Analisi di alcune sequenze del gene 16S rDNA e di altri geni endogeni hanno, inoltre, mostrato un basso contenuto Guanina+Citosina (circa il 21-28%) suggerendo una similarità con micoplasmi e batteri endosimbionti (Wernegreen 2002; Gasparich et al., 2004). Le ridotte dimensioni del loro genoma, che variano tra le 680 e le 1600 kb, potrebbero essere state causate da processi selettivi conseguenti la perdita di geni associati in alcune vie biosintetiche, come Microbe/Pathogen-Associated Molecular patterns (MAMPs o PAMPs) (Jones e Dangl 2006). Come conseguenza, i fitoplasmi sono diventati strettamente dipendenti dal comparto metabolico della loro cellula ospite

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(Bai et al., 2006), conservando i geni per determinate funzioni cellulari quali la replicazione, trascrizione del DNA ed il trasporto di proteine (Kakizawa et al., 2001; Jung et al., 2003).

Il genoma fitoplasmale contiene, inoltre, numerosi trasposoni, elementi di inserimento di sequenze e geni codificanti sistemi di trasporto, nonché una struttura genica, responsabile della loro grande variabilità genomica. Queste caratteristiche, oltre a renderli altamente adattabili a differenti condizioni, come già sopra ricordato, favorisce, soprattutto, l’insorgenza di nuove linee fitoplasmali (Wei et al., 2008).

Da un punto di vista olistico, l’unicità genetica e le caratteristiche biologiche dei fitoplasmi li rendono particolarmente avvincenti, e lo sviluppo di specifici substrati artificiali di crescita potrebbe favorire l’apertura di nuove linee di ricerca sia per gli aspetti genetici che per quelli fisiologici (Contaldo et al., 2013; Contaldo et al., 2016).

A B

Foto 1: Microfotografie al TEM di tessuto fogliare di C. roseus infetto: nel floema sono visibili

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1.1 Sintomatologia ed impatto economico

Le piante infette da malattie ad eziologia fitoplasmale, generalmente, oltre ad evidenziare un ampio spettro di sintomi caratteristici, come ad esempio: (1) alterazioni cromatiche del lembo fogliare; (2) fenomeni di virescenza o di filloidia; (3) sterilità dei fiori e (4) perdita di dominanza apicale e produzione anomala di internodi, possono manifestare altre alterazioni macroscopiche, derivanti da stress della pianta ospite (Bertaccini, 2007). Alcune informazioni possono illustrare la presenza di caratteristici sintomi: come, ad esempio, l’alterazione cromatica delle foglie, indotta dall’inibizione del sistema fotosintetico II, con ripercussioni negative sulla sintesi dei carboidrati e del loro trasporto (Bertamini e Nedunchezhian, 2001). La produzione di scopazzi è strettamente dipendente dalla perdita di dominanza apicale, provocata dall’alterazione delle vie biosintetiche regolanti la produzione di auxine. I fitoplasmi sono associati a stati infettivi di numerose specie vegetali, e molto spesso il loro pesosulla produzione, in termini economici, è rilevante. Ad esempio, i giallumi della vite (Grapevine Yellows, GY) (Foto 2) sono largamente diffusi in Europa, Australia, Nord e Sud America, Sud Africa e Asia, mentre la proliferazione del melo e la moria del pero sono malattie che arrecano severi danni economici nel continente Europeo (Bertaccini e Duduk, 2009). Foto 2: pianta di Vitis vinifera con sintomatologia associata ad infezioni ad eziologia

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2 I Giallumi della Vite

Attualmente, con il termine “Giallumi della Vite (Grapevine Yellows, GYs)” viene identificato un insieme di malattie ad eziologia fitoplasmale interessanti il genere Vitis, ed indotte da agenti patogeni diversi tra loro, sia a livello eziologico che epidemiologico. Questi stati infettivi sono caratterizzati da espressioni sintomatologiche macroscopiche sovrapponibili, rendendoli, perciò, pressoché indistinguibili a livello visivo (Belli et al., 2010). Essi, inoltre, rappresentano, ad oggi, una delle più importanti emergenze fitosanitarie che interessano la filiera viti-vinicola mondiale.

Lo sviluppo e l’applicazione, a partire dalla fine del secolo scorso, di tecniche innovative di natura biomolecolare, anche per gli aspetti diagnostici e di caratterizzazione genetica, hanno permesso una più precisa definizione dei singoli agenti appartenenti ai GY e di inserirli in gruppi tassonomici differenti (Bianco et al., 1993; Davis et al., 1993; Maixner et al., 1995; Bertaccini et al., 2014; Zanbon et al., 2018). In Tabella 1, sono riportate, schematicamente, le principali malattie ad eziologia fitoplasmale segnalate su vite, gli agenti responsabili, i loro gruppi ribosomiali di appartenenza e le aree vitivinicole interessate.

Tabella 1. – I principali Giallumi della vite attualmente segnalati a livello mondiale.

Malattia Acronimo Gruppo

ribosomiale Diffusione Flavescenza dorata Flavescence Dorée (FD) 16SrV (C, D) Europa

Giallume del Palatinato

Palatinate Grapevine

Yellow (PGY) 16Sr V Germania

Legno Nero Bois Noir (BN) 16SrXII

Europa, Sud Africa, Nord e Sud America,

e Asia

Giallume dell’Astro Aster Yellow (AY) 16SrI (A) Italia, Croazia

Western-X diseases W-X 16SrIII (B) Italia, USA

Giallume della Valle

di “Buckland” Buckland Valley Grapevine Yellow (BVGY) 16SrI Australia

Giallume australiano Tomato Big Bud (TBB) 16SrII Australia

Tra queste, quelle che maggiormente interessano il continente europeo sono il Legno Nero (BN), di cui tratteremo ampiamente nel capitolo successivo, e la Flavescenza Dorata (FD), che sarà brevemente illustrata qui di seguito.

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2.1 Flavescenza Dorata

L'areale di diffusione di questa malattia è ristretto a parte della Francia, della Spagna ed all’Italia settentrionale, Toscana compresa. Recentemente, la presenza di FD è stata osservata anche nell’Est Europa.

In Italia, dopo le prime segnalazioni in Veneto e in Lombardia (Refatti et al., 1998), FD si è diffusa rapidamente in Piemonte e Liguria (Bianco et al., 2002), in Friuli-Venezia-Giulia (Frausin, 2002), nel Trentino (Bianco et al., 2002), in Emilia-Romagna e Marche (Credi et al., 2002). Nel 2003 la sua presenza è stata accertata anche in Toscana (Botti e Bertaccini, 2003). Per FD è nota una specie spontanea ospite-alternativo, Clematis vitalba, (Angelini et al., 2003), il cui ruolo nell'epidemiologia della malattia è ancora sconosciuto. Per l'agente di FD sono stati identificati sottogruppi ribosomiali diversi (Martini et al., 1999) a cui sembra corrispondere una differente distribuzione geografica. FD appare, quindi, ancora in fase di diffusione epidemica, sia in Italia che in Europa, come, d’altra parte, il suo vettore S. titanus. Oltre alla sua recente segnalazione in Portogallo (Quartau et al., 2001), è da ricordare che la cicalina è stata rinvenuta nel 2002 anche in provincia di Potenza (Viggiani, 2002), quindi ben al di sotto della latitudine considerata ottimale per l'insetto.

L'areale di diffusione di FD è indubbiamente ridotto, se paragonato a quello di LN, e coincide in pratica con quello del suo vettore.

Questa malattia, caratterizzata da alti livelli di epidemicità, rappresenta un grave rischio per la viticoltura, perché, a differenza di LN, la sua trasmissione avviene da vite a vite; la pianta funge, quindi, sia da sorgente di inoculo che da ospite ricevente. Queste conoscenze epidemiologiche hanno permesso di impostare programmi di lotta che prevedono il monitoraggio di FD e del suo vettore. I trattamenti insetticidi mirati in funzione del ciclo biologico di S. titanus hanno il duplice scopo di ridurre la pressione di infezione e di evitare le reinoculazioni delle piante, facilitando così il fenomeno del "recovery" e l'eradicazione dei focolai di infezione. In alcuni casi, come per la varietà Prosecco nella zona di Valdobbiadene (Treviso), l'abbassamento della pressione di infezione ha permesso il "recovery" in aree totalmente infette (Osler et al., 2002). Inoltre, è da ricordare che FD, nella Comunità europea, è una malattia da quarantena e perciò oggetto di un Decreto di Lotta Obbligatoria.

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Appare quindi chiaro come, alla luce delle pericolose potenzialità di queste malattie, il monitoraggio ed il controllo di GY svolgano un ruolo fondamentale per la prevenzione di una loro diffusione epidemica, sia nelle aree storiche di coltivazione della vite (Italia, Francia, ecc) sia in quelle di recente introduzione. L’utilizzo di insetticidi volti a controllare le popolazioni degli insetti vettori, insieme alla rimozione delle piante infette possono rappresentare delle valide pratiche per limitare il propagarsi delle fitoplasmosi a livello epidemico. In alcune nazioni è possibile anche l’utilizzo di antibiotici o di particolari agenti chimici (Bertaccini, 2007), ma queste pratiche presentano numerosi svantaggi. In particolare, l’utilizzo di antibiotici viene associato ad alti costi d’impiego, oltre alla possibilità di promuovere fenomeni di resistenza. Tuttavia, è apparso recentemente in modo chiaro come il contenimento delle fitoplasmosi nel mondo stia lentamente fallendo; infatti, se da un lato dobbiamo prendere atto che l’utilizzo di prodotti chimici per il controllo degli insetti vettori rappresenta un metodo sufficientemente valido per limitare la diffusione delle fitoplasmosi, dall’altro deve essere considerato il forte impatto ambientale che un utilizzo massiccio di pesticidi può determinare a livello ambientale (Firrao et al 2007).

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3. Il Legno Nero

Come già ricordato nel capitolo precedente, il Legno Nero, in francese Bois Noir (BN), rappresenta la fitoplasmosi della vite maggiormente diffusa a livello mondiale (Foto 4). In particolare, questa malattia, inizialmente segnalata in Francia alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, si è rapidamente diffusa con la commercializzazione di materiale di propagazione infetto, dapprima nell’area mediterranea, per poi raggiungere il Sud Africa ed il continente americano e, infine, l’Asia (Choueiri et al., 2002; Rott et al., 2007; Gajardo et al., 2009; Belli et al., 2010; Duduk et al., 2010; Salem et al., 2013; Mirchenari et al., 2015).

Foto 4: illustrazione dell’attuale areale di diffusione di BN

La presenza di BN, nella nostra nazione, è, ormai, a livello ubiquitario, isole comprese, rappresentando, perciò, la fitoplasmosi più dannosa a livello economico. L’agente di BN, appartenente alla specie Candidatus Phytoplasma solani (Ca. P. solani), è caratterizzato da una marcata variabilità genetica (Quaglino et al., 2013); la sua trasmissione, all’interno dello stesso vigneto e/o in impianti contigui, avviene grazie all’attività trofica di insetti vettori, il principale dei quali è il Cixiide Hyalesthes obsoletus, nonostante che una progressiva diffusione di questa fitoplasmosi sia stata segnalata anche in aree dove questo insetto è assente, lasciando, perciò, ritenere l’intervento di altre specie vettrici (Belli et al., 2010; Maixner et al., 2011). Di particolare interesse, sotto questo aspetto, sono stati i risultati ottenuti, nel 2014, da

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Cvrkovic e collaboratori che hanno accertato come un altro Cixiidae, il Reptalus panzeri, sia in grado di trasmettere naturalmente BN.

E’, inoltre, da considerare come BN, al contrario di FD, non possa essere trasmesso direttamente da vite a vite, ma la sua diffusione su questo genere deve sempre avvenire attraverso un ospite erbaceo intermedio; tra questi, i principali attori coinvolti nella sua trasmissione sono l’ortica (Urtica dioica) e il convolvolo (Convolvulus arvensis).

Successive ricerche, inoltre, hanno permesso di individuare ulteriori specie erbacee spontanee che intervengono direttamente nella trasmissione e diffusione di BN, indicando come Ca. P solani possieda un numeroso bacino di piante ospiti alternative, che gli consentono un’estrema adattabilità all’ambiente in cui si trova ad agire (Berger et al., 2009; Cvrkovic et al., 2014; Landi et al., 2015; Marchi et al., 2015; Mori et al., 2015; Oliveri et al., 2015; Chuche et al., 2016; Kosovac et al., 2016).

Conseguentemente, l’elevata diversità genetica rilevata tra i numerosi, accertati, ceppi di BN potrebbe essere frutto di molteplici processi selettivi, presumibilmente influenzati da complesse interazioni fitoplasma/pianta ospite/insetto vettore, nonché dalle diverse condizioni climatiche e geografiche (Quaglino et al., 2017).

3.1 Aspetti sintomatologici

Anche per BN, come per tutte le malattie ad eziologia fitoplasmale che interessano il genere Vitis, la comparsa delle prime sintomatologie macroscopiche avviene, nel nostro areale climatico, a partire dal mese di luglio per poi manifestarsi appieno dalla tarda estate fino ad ottobre inoltrato, con un’intensità sintomatologica strettamente correlata a numerosi fattori quali, ad esempio, le condizioni climatiche, la localizzazione erratica del patogeno all’interno dell’ospite e la sua concentrazione nei tessuti infetti (Hren et al., 2009; Riedle-Bauer et al., 2010; Landi e Romanazzi, 2011; Murolo et al., 2014). Le diverse espressioni sintomatologiche, che possono interessare l’apparato fogliare, i grappoli ed i tralci, nonché la loro intensità risultano, inoltre, fortemente variabili in funzione della virulenza dei singoli ceppi presenti e del livello di suscettibilità della varietà di vite infetta (Quaglino et al., 2016); esse sono visibili, generalmente, a partire dall’anno successivo all’inoculazione di BN.

Apparato fogliare. L’aspetto sintomatologico più evidente dell’avvenuta infezione

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lembo fogliare, colorazioni antocianiche per le varietà a bacca rossa (Foto 5) oppure ingiallimenti marcati per quelle a bacca bianca, che possono interessare tutto il lembo fogliare, comprese le nervature, o interessare solo alcuni settori della foglia stessa. Con il progredire della stagione vegetativa le foglie sintomatiche tendono ad accartocciarsi verso il basso, assumendo, nelle varietà più sensibili, una conformazione tipica, detta a “tricorno”; a questa fase possono seguire intensi fenomeni necrotici che provocano una precoce filloptosi, lasciando, però, il picciolo connesso al tralcio. Inoltre, le foglie interessate da queste manifestazioni sono caratterizzate dal presentare una marcata fragilità (frattura vitrea), a causa dell’accumulo di sostanze amilacee.

Infiorescenze e grappoli. Sulle piante infette è possibile assistere, nelle manifestazioni

precoci e più gravi, a fenomeni di disseccamento delle infiorescenze oppure, più comunemente, durante il periodo estivo, ad appassimento degli acini (minor sostanze zuccherine, incremento di quelle tanniche e alti livelli di acidità), con conseguente disseccamento.

Foto 5: arrossamenti fogliari su pianta di V. vinifera con infezione da Bois Noir (BN)

Tralci. Le piante infette possono essere soggette a ritardi nella ripresa vegetativa ed i

giovani germogli tendono a svilupparsi irregolarmente, con frequenti necrosi degli apici vegetativi. Con il progredire della stagione (agosto-settembre) i tralci evidenziano

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irregolari processi di lignificazione (Foto 6), che nei casi più eclatanti fanno sì che la vite assuma un aspetto prostrato (Foto 7). In alcune varietà, come ad esempio il Sangiovese, è possibile osservare, in prossimità dei nodi, numerose pustole. Tutto ciò si riflette, negativamente, sulle successive operazioni di potatura invernale, rendendo estremamente difficoltoso l’individuazione di nuovi capi a frutto per la stagione successiva.

Foto 6: irregolari processi di lignificazione su tralcio di vite affetto da fitoplasmosi.

Remissione dei sintomi

È noto che i ceppi infetti dai GY sono soggetti, indipendentemente dalle condizioni climatiche, ad una possibile remissione spontanea dei sintomi (recovery), ovvero a eventuali fluttuazioni delle sintomatologie macroscopiche, che possono attenuarsi e/o scomparire temporaneamente oppure, più raramente, definitivamente, se non esposte nuove infezioni (Margaria et al., 2014).

Attualmente, i meccanismi coinvolti in questo fenomeno sono ancora poco noti. Mirate ricerche hanno evidenziato come nelle piante “recovered” si possano evidenziare modificazioni nel metabolismo dei carboidrati, nella produzione di polifenoli, di

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zucchero e di amido (Constable et al., 2003; Hren et al., 2009), mentre indagini, incentrate sulle presenza e determinazione di batteri endofiti in V. vinifera, hanno rilevato significative differenze tra le varie comunità microbiche individuate, in relazione alla loro presenza in piante infette, “recovered” o sane, ipotizzando, perciò, un loro possibile ruolo nel controllo di eventuali re-infezioni (Bulgari et al., 2012; Bulgari et al., 2014).

Precedenti studi, invece, avevano rivolto la loro attenzione sulla possibile funzione svolta da comunità fungine endofitiche. Queste indagini hanno consentito l’isolamento e l’identificazione di ben 94 specie diverse di funghi, tra cui Epicoccum nigrum e Aureobasidium pullulans, già noti agenti di biocontrollo e di induzione di resistenza. Le ricerche in questione hanno permesso di rilevare come entrambe le specie fungine, sopra ricordate, siano maggiormente presenti, in misura significativa, nei tralci e nei tessuti fogliari dei ceppi “recovered”, a conferma di un possibile coinvolgimento di determinate specie micotiche nel fenomeno di risanamento della pianta.

Foto 7: portamento prostrato di un tralcio mostrante una evidente sintomatologia da infezione

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Caratterizzazione genica

Le indagini condotte sul gene 16S rDNA dei fitoplasmi hanno permesso di identificare e classificare numerose, diverse specie e, al contempo, hanno consentito di ottenere ulteriori, innovative informazioni di natura biologica e/o ecologica.

La caratterizzazione molecolare, a livello globale, di numerosi ceppi di Ca. P. solani, individuati su differenti piante ospiti e/o insetti vettori, ha rivelato una inconsueta variabilità genetica, che ha consentito di ipotizzare come questo patogeno sia in grado di adattarsi a molteplici nicchie ecologiche.

Negli ultimi anni, le indagini volte ad una più accurata caratterizzazione dei vari ceppi di BN si sono concentrate, principalmente, su tre sequenze geniche denominate: Tuf (elongation factor Tu) (Schneider et al., 1997), Stamp (antigenic membrane protein) (Fabre et al., 2011) e Vmp1 (variable membran protein) (Cimerman et al., 2009). Ciascuna di esse controlla interazioni ben definite: tutte e tre, infatti, codificano per la produzione di proteine di membrana, ma la differenza sostanziale consiste nel fatto che le regioni Stamp e Vmp1 intervengono nelle interazioni fitoplasma/insetto vettore, mentre Tuf, agisce su quelle fitoplasma/pianta ospite.

A seguito di numerosi studi sulla sequenza Tuf è stato possibile accertare come questa sia suddivisibile in 2 diversi sottogruppi: (i) Tuf a, strettamente associato a U. dioica;

(ii) Tuf b, correlato a Convolvulus arvensis.

3.2 Aspetti diagnostici

Sulla base della sola osservazione sintomatologica, come in precedenza affermato, non è possibile correlare una determinata malattia fitoplasmale ad un agente eziologico specifico (Belli et al., 2010). I primi metodi di identificazione e diagnosi dei fitoplasmi si avvalevano, anche a causa dell’impossibilità di isolarli e conservarli in colture axeniche, di microscopi sia ottici, attraverso la tecnica colorimetrica DAPI, sia elettronici a trasmissione che consentivano l’osservazione dei tessuti floematici e la rilevazione di questi procarioti.

Solo alla fine del XX° secolo, metodi diagnostici più sensibili, basati sulla Polymerase Chain Reaction (PCR) e seguiti da Restriction Fragment Lenght Polymorphism (RFLP) hanno permesso l’identificazione degli specifici agenti fitoplasmali e la loro correlazione con una determinata malattia (Bertaccini e Duduk, 2009). Il primo

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requisito per poter ottenere risultati affidabili con queste tecniche biomolecolari è l’estrazione di un DNA di buona qualità, pur tenendo conto di alcune considerazioni: (i) il DNA del fitoplasma è meno dell’1% del DNA totale, estratto dai tessuti vegetali (Bertaccini e Duduk, 2009), (ii) la concentrazione fitoplasmale è fortemente variabile tra le varie parti della pianta (Angelini et al., 2007) e (iii) i tessuti delle piante di vite contengono significative concentrazioni di sostanze inibitrici dei processi di PCR (Boudon-Padieu et al., 2003).

Diversi protocolli diagnostici che prevedono l’utilizzo della nested-PCR, amplificando sequenze universali o gruppo-specifiche del gene 16S rDNA e seguite da RFLP, sono stati sviluppati per la classificazione dei sottogruppi (Deng e Huruki 1991; Schaff et al., 1992; Lee et al., 1994; Gibbs et al., 1995; Schneider et al., 1995; Gundersen e Lee, 1996; Daire et al., 1997; Lee et al., 1998; Martini et al., 1999; Boudon Padieu et al., 2003; Clair et al., 2003; Duduk et al., 2004). Al fine di ridurre i vari passaggi e rendere le analisi più veloci, nell’ultima decade, sono stati messi a punti protocolli di Real Time PCR. Il sistema di PCR Real Time è stato sviluppato da Galetto et al., (2005) su piante e insetti infetti da fitoplasmi, ed ha consentito di ridurre notevolmente le tempistiche di laboratorio.

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4 Vettori di Legno Nero

Il principale insetto vettore associato a Ca. P. solani, agente di BN, è il Cixiide Hyalesthes obsoletus, anche se in diversi vigneti è stato osservato come, ad una alta percentuale di piante infette da BN, non sia associabile una corrispondente elevata presenza di questa cicalina. Inoltre, più di 20 specie di Auchenorrinchi sono già note come vettori di Ca. P. solani, ed un altro cospicuo numero è stato, ad oggi, diagnosticato infetto (positivo) da questo fitoplasma. Queste osservazioni fanno ipotizzare che H. obsoletus non sia l’unico vettore di BN, ma, bensì, che altre specie di cicaline possano contribuire attivamente alla diffusione di questa malattia. I risultati conseguiti dalle indagini sulla presenza di BN in piante spontanee hanno consentito di evidenziare questa infezione, accertando, quindi, la sua elevata variabilità intraspecifica (Riolo et al., 2007; Maixner et al., 2007). I numerosi processi selettivi a cui il fitoplasma è stato sottoposto potrebbero essere la causa di questa importante variabilità, ed entrambi questi fattori si interfacciano con l’interazione tra BN/pianta ospite/insetto vettore, oltre che con le varie condizioni geografiche ed ambientali. Per poter essere trasmesso, il fitoplasma deve attraversare l’apparato digestivo del vettore, passare nell’emolinfa e, infine, raggiungere le ghiandole salivari e qui moltiplicarsi (Weintraub e Beanland, 2006).

4.1 Hyalesthes obsoletus

I primi studi condotti nel 1994 da Maixner hanno consentito di accertare come il principale vettore di BN fosse la cicalina H. obsoletus (Foto 9). L’insetto si presenta con

dimensioni nella media (3-4 mm per il maschio e 5 mm per la femmina), le ali sono membranose e trasparenti, il corpo è di color grigio-nero e gli occhi di rossi. Il vertice e la fronte sono neri, bordati da una banda bianco avorio che li caratterizza. L’addome è molto più corto rispetto alle ali, che quindi sporgono nella parte terminale dell’addome, che, nelle femmine, risulta tronco. Le dimensioni delle neanidi sono variabili dagli 0,5 mm delle forme giovanili neo sgusciate ai 3,4 mm delle ninfe di ultima età. In Italia svolge una sola generazione annuale, la forma adulta è presente esclusivamente durante i mesi estivi (Lucchi, 2014). Questo insetto solo di rado conduce la sua attività trofica su vite, preferendo piante spontanee, sia erbacee che arboree. Nello specifico, le essenze botaniche più strettamente associate a questo Cixiide sono ortica e convolvolo, il cui ruolo nel ciclo vitale della cicalina è molto importante (Bagnoli et al., 2005; Alma et al.,

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2008; Mori et al., 2015; Kosovac et al.,2019;). Infatti, H. obsoletus svolge il suo ciclo giovanile nel terreno, sviluppandosi a carico dell’apparato radicale delle 2 specie vegetali sopra citate. In aree viticole di altri paesi, la presenza e diffusione di questa cicalina è stata associata anche ad altre dicotiledoni, tra cui Artemisia vulgaris, Cirsium arvensis, Lentodon autumnalis.

Foto 9: adulto di Hyalesthes obsoletus

L’acquisizione del fitoplasma da parte dell’insetto è di tipo persistente-propagativo, e si può suddividere in tre fasi distinte:

➢ acquisizione vera e propria; ➢ latenza;

➢ trasmissione.

L’insetto assimila il fitoplasma nutrendosi su piante infette, e diventa virulifero dopo un periodo di latenza di 2-3 settimane e, quindi, in grado di trasmettere BN. La capacità di acquisire il fitoplasma da piante infette spontanee è maggiore nelle forme giovanili (neanidi e ninfe) che negli adulti; la ritenzione dell’infettività non è influenzata da eventuali mute, ed il vettore rimane infettivo per tutta la vita. Il fitoplasma, infatti, si

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localizza nello spazio intracellulare e si moltiplica all’interno del vettore, garantendo la persistenza della carica patogena.

Essendo H. obsoletus un ampelofago casuale, si spiega la natura tipicamente endemica di BN (Kosovac et al.,2019). Infatti, la cicalina è in grado di trasmette il fitoplasma in senso “verticale” (da piante erbacee a piante di vite), ma non in “orizzontale” (da piante di vite a piante di vite). V. vinifera è quindi l’ospite finale, e non agisce da fonte di inoculo per altre piante.

4.2 Reptalus panzeri

È un Cixiide molto simile a R. quinquecostatus, sia per aspetto che per ciclo biologico. Tuttavia, la sostanziale differenza tra le due specie consiste nel fatto che R. panzeri (Foto 10) è vettore accertato di fitoplasmi su mais, dove è responsabile della malattia nota come “Maize redness” (Jovic et al., 2007). Recentemente, è stata provata anche la sua capacità di trasmettere BN su vite, con percentuali di tasso d’infezione anche elevate (Cvrkovi et al., 2014).

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4.3 Reptalus quinquecostatus

Il riconoscimento di R. quinquecostatus (Foto 11) e la sua distinzione da R. panzeri sono basati, esclusivamente, su aspetti morfologici quali la struttura del gonostilo e l’apertura anale (Taszakowski et al 2015).

Le informazioni inerenti comportamento e ciclo biologico sono piuttosto scarse. Gli adulti vivono, generalmente, su piante erbacee, di rado su quelle arboree, nutrendosi a spese dei fluidi contenuti nel mesofillo delle foglie. Il ciclo di vita di questo insetto è intimamente associato alla pianta ospite; infatti questa, oltre al nutrimento, fornisce riparo dai predatori ed un luogo sicuro per l’ovideposizione. Gli individui appartenenti a questa specie sono polifagi, associati a diverse specie quali Prunus cerasus, P. domestica, P. persica, Medicago sativa, Convolvolus sp., Rubus sp., Ulmus sp., ecc. Le femmine adulte ovidepongono in prossimità dell’apparato radicale in modo che, durante tutto il loro processo di sviluppo, lungo cinque stadi ninfali, la prole possa cibarsi a spese delle radici. In ambito viticolo, R. quinquecostatus ha destato molto interesse nel modo della ricerca, in quanto numerosi individui sono risultati positivi a Ca. P. solani. Tali percentuali, in alcuni casi, possono raggiungere anche valori significativi (circa 50%) nei mesi di giugno e luglio (Trivellone et al., 2005). Recenti ricerche, condotte nel 2014 da Cvrkovi e collaboratori, hanno evidenziato come questa positività a BN non sia, però, correlata ad una reale capacità di trasmissione di BN da parte di questo insetto.

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4.4 Neoaliturus fenestratus

N. fenestratus (Foto 12) è una cicalina Deltocephalinae di piccole dimensioni (< 4 mm) ed è stata riscontrata di frequente durante vari campionamenti di vigneti. Del ciclo vitale di N. fenestratus non si conosce molto; le poche informazioni disponibili suggeriscono che si nutra su cartamo (Carthamus trinctorius) (Klein, 1992) ed altre numerose Asteraceae, e che svolga un ciclo polivoltino. La positività di questa cicalina a Aster Yellow (AY) e a Stolbur è stata rilevata più volte in diversi areali (Güclü e Ozbek, 1991; Klein, 1992; Bosco et al., 1997; Orenstein et al., 2003). Inoltre, correlazioni spaziali condotte da Orenstein et al. (2003) hanno accertato come le popolazioni di N. fenestratus siano molto mobili all’interno del vigneto, sempre in cerca di nuove piante ospiti, in grado di soddisfare le loro necessità trofiche. Tutte queste caratteristiche portano ad ipotizzare come N. fenestratus potrebbe essere una possibile specie vettrice di BN.

Foto 12: Neoalturus fenestratus (adulto)

4.5 Philaenus spumarius

P. spumarius, noto anche come sputacchina, è un insetto emittero Aphrophoridae di grandi dimensioni (fino ai 7 mm). È estremamente polifago ed ubiquitario, riscontrabile

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comunemente su piante spontanee sia all’interno che all’esterno del vigneto, come pure direttamente su vite. Presenta un ciclo univoltino, con svernamento allo stadio di uovo e una spiccata presenza giovanile nei mesi di aprile-maggio, con gli adulti che possono essere ritrovati fino ad autunno inoltrato. Il principale agente patogeno associato, in Italia, a P. spumarius è Xylella fastidiosa subsp. pauca, responsabile della malattia nota come Disseccamento Rapido dell’Olivo o Co.Di.Ro (Saponari et al., 2014), anche se recenti prove sperimentali condotte da Quaglino e collaboratori (2019) hanno evidenziato come questa sputacchina sia in grado di trasmette Ca P. solani su V. vinifera. Qui di seguito vengono riportate due tabelle: la prima, riguardante gli insetti la cui capacità di trasmettere BN attraverso attività trofica è stata accertata attraverso prove sperimentali di trasmissione (Tabella 2); la seconda, elenca gli insetti risultati positivi a Legno Nero, ma la cui capacità di trasmissione non è stata ancora verificata, o incerta (Tabella 3)

Tabella 2: elenco degli insetti risultati vettori di Ca. P. solani oltre a H. obsoletus

Famiglia Sottofamiglia Specie Pianta

Aphrophoridae Philaenus spumarius Vitis vinifera

Cicadellidae

Agalliinae Anaceratagallia

ribauti Vicia faba

Aphrodinae Aphrodes bicinctus

V. vinifera, Callistephus chinensis, T. hybridens, T. repens

Deltocephalinae

Cechenotettix

quadrinotatus Lavandula x intermedia Euscelidius variegatus V. vinifera

Euscelis obsoletus V. vinifera Euscelis plejebus

T. hybridens, T. repens, Senecio vulgaris, Vinca rosea

Hardya tenuis Catharanthus roseus Macrosteles

quadripunctulatus

C. roseus, Daucus carota, Solanum lycopersicum, V. vinifera

Cixiidae Cixiinae

Pentastiridius

leporinus Beta vulgaris, C. roseus Reptalus panzeri V. vinifera., Zea mays Issidae Issinae Issus sp. V. vinifera

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Tabella 3: insetti risultati positivi a Ca. P. solani, ma di cui non è stata accertata la capacità

vettrice.

Famiglia Sottofamiglia Specie positive a LN

Cicadellidae

Agallinae Agallia laevis, Anaceratagallia venosa Austragallia

sinuata, Dryodurgades reticulatus.

Aphrodinae Aphrodes spp.

Cicadellinae Cicadella viridis.

Deltocephalinae

Adarrus taurus, Anoplotettix fuscovenosus, A. putoni, Balclutha spp., Cicadula divaricata, Ciculifer

haematoceps complex, Errastunus ocellaris, Euscelidius variegatus, Euscelis spp., Exitianus capicola, Goniagnathus guttulinervis, Macrosteles quadripunctulatus, M. sardus, M. sexnotatus, M. cristatus, M. laevis, Mocuellus collinus, Mocydia crocea, Neoaliturus fenestratus, Psammotettix alienus,

P. cephalothes, P. confinis, P. kolosvarensis, Thamnotettix zelleri.

Typhlocybinae Emelyanoviana mollicula, Eupteryx atropunctata,

Zyginidia scutellaris

Cixiidae Cixiinae Hyalesthes luteipes, H. scotti, Reptalus cuspidatus, R.

quinquecostatus

Delphacidae Delphacinae Laodelphax striatellus, Toya propinqua

Dictyopharidae Dictyopharinae Dictyophara europaea

Membracidae Smiliinae Stictocephala bisonia

Miridae Mirinae Lygus spp

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Scopo del lavoro

Il Legno Nero della vite rappresenta attualmente, insieme a Flavescenza Dorata, la principale ampelopatia ad eziologia fitoplasmale presente in Europa. Questa condizione -associata alla sua diffusione pressoché ubiquitaria in Italia, anche in impianti viticoli dove non è stata mai segnalata la presenza di H. obsoletus- ha stimolato indagini specifiche per individuare nuove possibili, potenziali specie vettrici.

Scopo del presente lavoro è stato quello di indagare la condizione fitoplasmale dell’entomofauna Auchenorrinca presente in un vigneto, ubicato nel Chianti Classico, caratterizzato da un elevata percentuale di ceppi infetti da BN e, al contempo, dall’assenza delle sue due principali specie vettrici ad oggi conosciute: H. obsoletus e R. panzeri.

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Parte sperimentale

6 Materiali e metodi

La ricerca condotta può essere suddivisa in due parti distinte: (a) la prima, di pieno campo; (b) la seconda, incentrata sulle attività diagnostiche di laboratorio.

Le indagini di pieno campo, condotte nel periodo luglio-settembre 2019, hanno interessato un vigneto storicamente infetto da LN, ubicato nel comune di Greve in Chianti (FI), area Chianti Classico e già oggetto di precedenti indagini svolte da questa Unità di Ricerca (Pierro et al., 2018; Pierro, 2019).

Le piante di V. vinifera appartengono alla varietà Sangiovese, clone I-SS F9 A5 48. L’impianto, messo a dimora nel 1997 e circondato da bosco, è allevato a cordone speronato, in regime biologico, con un sesto d’impianto di 230 cm tra la fila e 80 cm sulla fila. Nel vigneto è stato identificato un appezzamento, in posizione centrale e rappresentato da 8 filari adiacenti, all’interno del quale sono stati individuati 70 ceppi, su cui condurre le attività sperimentali.

A luglio sono state collocate, nell’appezzamento individuato e in posizione strategica, 9 trappole cromotropiche -8 all’interno dei filari ed una al limite del bosco, al fine di rilevare l’entomofauna presente nel vigneto e nelle zone adiacenti - mentre, durante il mese di settembre, sono state condotte osservazioni sintomatologiche sulle 70 viti allo scopo di rilevare sintomatologie riferibili ad infezioni fitoplasmali e, attraverso l’utilizzo di una scala patometrica, determinare, per ciascuna pianta, la severità delle stesse.

Materiale vegetale

Per ognuna delle 70 piante prescelte sono stati condotti, nel mese di settembre, i rilievi sui sintomi; la loro severità è stata valutata utilizzando una scala patometrica, parzialmente modificata, già adottata in precedenti lavori (Pierro et al., 2018; Pierro, 2019) e descritta da Riedle–Bauer e collaboratori nel 2010. In particolare, questa scala comprende 4 classi differenti, qui di seguito riportate: classe 0: nessun sintomo; classe

1: un tralcio con sintomi fogliari; classe 2: 2-3 tralci sintomatici; classe 3: almeno 4

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Da ogni ceppo individuato, indipendentemente dalla classe di appartenenza, sono state prelevate 10-15 foglie rappresentative; in laboratorio, da ogni campione sono stati recuperati 1,5-2 grammi di nervature centrali, che sono stati conservati a -20°C, fino all’estrazione degli acidi nucleici totali (TNA).

Trappole cromotropiche

Durante il mese di agosto, le trappole, dopo il loro recupero, sono state trasportate presso i laboratori di Entomologia Agraria di questo Dipartimento e, con la supervisione dei Dott. Loni e Prof. Lucchi, è stato effettuato il riconoscimento degli insetti presenti; gli individui, appartenenti al sottordine Homoptera, sezione Auchenorrhyncha, dopo il prelievo dalle trappole, la loro immersione in petrolio bianco -al fine di eliminare i residui della colla presenti-, sono stati lavati in acetone ed, infine, conservati, singolarmente, in una soluzione di etanolo al 70% a 4°C.

Estrazione del DNA

I campioni, provenienti sia dai 70 ceppi selezionati sia dagli Auchenorrinchi recuperati, sono stati sottoposti, singolarmente, alle procedure di estrazione dell’acido desossiribonucleico (DNA) utilizzando protocolli specifici, che vengono, qui di seguito, riportati.

Nervature centrali

Il DNA vegetale è stato estratto in accordo con il protocollo descritto da Li et al. (2008), con opportune modifiche. In particolare, 1 gr di nervature è stato omogeneizzato, utilizzando buste di plastica per estrazione (Bioreba, CH), in 7 mL di tampone di estrazione (2% CTAB, 2,5% PVP-40, 2 M NaCl, 100 mM Tris H-Cl pH 8.0, 25 mM EDTA pH 8.0) ed incubato a 65°C per 15 minuti. Successivamente, è stato aggiunto, in ugual volume, cloroformio-isoamilico (CIA 24:1) e centrifugato a 15000g per 20 minuti. Il surnatante è stato trasferito in una provetta da 1,5 ml, contenente 350 μl di isopropanolo, e centrifugato a 15000g per 10 minuti. Il pellet, così ottenuto, è stato lavato con etanolo al 70%, attraverso una centrifugazione a 15000g per 5 minuti, asciutto sotto cappa e risospeso in 80 μl di acqua deionizzata e, infine, stoccato in congelatore a -20°C.

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Auchenorrhyncha

In questo caso è stato applicato il protocollo proposto da Marzachì e collaboratori (1998). I singoli insetti sono stati processati, all’interno di una provetta da 1,5 ml, utilizzando un tampone, precedentemente portato a 65°C, di CTAB (2,5% CTAB, 2,5% PVP-40, 2 M NaCl, 100 mM Tris H-Cl pH 8.0, 25 mM EDTA pH 8.0 e 2% di acido ascorbico, aggiunto poco prima dell’utilizzo). Successivamente, le singole provette, dopo una incubazione per 20 minuti in un termo-blocco a 65°C, sono state centrifugate, per 5 minuti, a 10000g. Al surnatante è stato aggiunto 0,5 ml di CIA (24:1); la provetta è stata agitata per 20 minuti e centrifugata a 10000g per 5 minuti. Al termine di questa operazione, si ottengono due fasi separate da un’interfaccia proteica; con molta attenzione si preleva la fase superiore, che viene trasferita in una provetta da 1,5 ml. In seguito, dopo aver aggiunto isopropanolo freddo, in ugual volume, la provetta è sottoposta ad agitazione per 20 minuti a -20 °C. Quindi, dopo un’ulteriore centrifugazione a 12000g per 30 minuti, si recupera il pellet, si aggiungono 0,5 ml di etanolo al 70% e si effettua una nuova centrifugazione a 10000g per 5 minuti. Infine, il pellet, così ottenuto, viene asciutto sotto cappa, risospeso in 50 μl di acqua deionizzata e mantenuto a -20°C.

Diagnosi molecolare

La diagnosi di LN per i campioni di vite ed insetti è stata condotta seguendo il protocollo illustrato da Fabre et al. (2011). Questo protocollo consente l’amplificazione di markers molecolari specifici, fra cui quello del gene stamp, codificante una proteina antigenica di membrana responsabile nell’interazione fitoplasma/vettore.Come controlli endogeni, per una corretta valutazione dell’amplificabilità dei DNA estratti, sono stati utilizzati, rispettivamente per il materiale di origine vegetale e per quello di natura entomologica, il gene 21, associato alla produzione della chaperonina (Angelini et al., 2007), e il gene 18S universale (Ioos et al., 2009). Il processo di amplificazione per il gene stamp prevede un primo ciclo di PCR diretta, seguito da una Nested PCR (Fabre et al.2011). I primers utilizzati erano StampF/StampR0 e StampF1/StampR1, rispettivamente per la PCR diretta e la Nested PCR. La presenza degli eventuali ampliconi ottenuti era evidenziata attraverso una corsa elettroforetica su gel di agarosio all’1,0% e all’1,2% per i campioni vegetali e per gli insetti, rispettivamente.

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Risultati e Discussione

7 Vitis vinifera varietà Sangiovese

Rilievi sintomatologici

Le indagini di pieno campo, condotte nel mese di settembre, hanno permesso di accertare la presenza di sintomatologie ad eziologia fitoplasmale su 46 (65,7%) delle 70 piante individuate, mentre i restanti 24 (34,3%) ceppi sono risultati asintomatici.

Relativamente alle diverse classi di intensità sintomatologica, l’impiego della scala patometrica ha consentito di rilevare, nei ceppi oggetto delle osservazioni, la presenza di tutte le 4 classi considerate (Figura 1).

In particolare, delle 70 piante osservate, ben 26 (37,1%) di queste hanno evidenziato la presenza di 4 o più tralci sintomatici, risultando, perciò, incluse in classe 3; la classe 2 era, invece, rappresentata da 11 (15,7%) ceppi, mentre solo 9 (12,9%) viti hanno mostrato foglie sintomatiche in un solo tralcio; le restanti 24 piante, che non hanno manifestato alcun sintomo, sono state inserite in classe 0.

Figura 1: classi patometriche e relative percentuali di appartenenza delle 70 piante oggetto

dell’indagine visiva. Classe 3 37,1% Classe 2 15,7% Classe 1 12,9% Classe 0 34,3%

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Indagini diagnostiche

Le analisi biomolecolari, condotte su tutte le piante identificate, hanno permesso di accertare, oggettivamente, la presenza del marker genico stamp, e quindi la presenza dello stato infettivo sostenuto da BN, solo nei 46 ceppi sintomatici.

Al fine di verificare la qualità del DNA estratto, è stata eseguita una prova preliminare di amplificabilità dell’acido nucleico utilizzando la tecnica qPCR, attraverso l’impiego del gene endogeno, codificante per la ciaperonina; i singoli 70 campioni vegetali analizzati hanno tutti evidenziato valori di Ct-Ciaperonina compresi tra 24,7 e 32,8, che comprovavano la buona qualità del DNA estratto.

In tabella 4 sono riportate le diverse classi di severità, il numero di piante appartenenti alla classe sintomatica, il relativo valore medio del Ct-Ciaperonina e la presenza/assenza di stamp.

Tabella 4: classi di severità, numero di piante appartenenti alla classe sintomatica, valore medio

del Ct-Ciaperonina e diagnosi del gene stamp.

Severità (classe) Piante (n.) Ciaperonina (Ct) stamp 0 24 26,8 no 1 9 27,0 si 2 11 26,0 si 3 26 26,4 si Totale 70 26,6 7.1 Auchenorrhyncha Identificazione tassonomica

Il riconoscimento degli insetti individuati sulle trappole cromotropiche è stato effettuato, come già riportato nel capitolo Materiali e metodi, in collaborazione con la sezione di Entomologia Agraria di questo Dipartimento; questa attività ha permesso di individuare, riconoscere e classificare 146 insetti Auchenorrinchi, appartenenti a 5 diverse specie (Tabella 5)

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In particolare, le specie maggiormente presenti sono risultate N. fenestratus e R. quinquecostatus, rappresentate, rispettivamente da 78 (53,4%) e 56 (38,4%) individui. Relativamente ai restanti 12 insetti recuperati, 10 (6,8%) individui appartenevano a P. spumarius, mentre le restanti 2 specie, Z. rhamni e D. europea, erano costiuite da un solo insetto. È da sottolineare che, nel corso di questa indagine, non sono mai stati individuati e recuperati individui appartenenti alle specie H. obsoletus e R. panzeri.

Tabella 5: specie di Auchenorrhyncha identificate nel corso dell’indagine e loro

consistenza numerica.

Famiglia Genere Specie Insetti (n.)

Aphrophoridae Phylenus spumarius 10 Cicadellidae Zygina rhamni 1 Cixidae Reptalus quinquecostatus 56 Deltocepalinae Neoaliturus fenestratus 78 Dictyopharidae Dictyophara europea 1

Totale 146

Indagini diagnostiche

Analogamente a quanto già realizzato per V. vinifera, le analisi diagnostiche rivolte ad accertare l’eventuale presenza di BN all’interno degli insetti recuperati, sono state condotte utilizzando il marker genico stamp, attraverso l’adozione del protocollo diagnostico già applicato in precedenza (Fabre et,al 2011). L’amplificabilità del DNA estratto dai singoli campioni è stata verificata attraverso l’impiego del gene endogeno 18S; questa attività ha consentito di osservare come tutti i 146 campioni analizzati abbiano evidenziato valori di Ct-18S compresi tra 16,2 e 20,3, indicando, anche in questo caso, la bontà del materiale genetico estratto.

I risultati conseguiti hanno permesso di evidenziare come dei 146 auchenorrichi individuati, 30 (20,5%) insetti rilevassero la presenza del gene stamp e, perciò, avessero acquisito il fitoplasma (Tabella 6). In particolare, delle 5 differenti specie individuate solo 3 hanno evidenziato la presenza di individui positivi a BN e, precisamente, N. fenestratus, R. quinquecostatus e P. spumarius, seppure con diverse percentuali di

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infezione. In Tabella 6, vengono riportate le specie individuate, la loro consistenza numerica, quelli risultati positivi e le relative percentuali di infezione.

Tabella 6: specie di Auchenorrinchi identificate, loro numerosità totale e individui

positivi a BN.

Genere Specie Individui (n.) Totale Positivi (n.) % Neoaliturus fenestratus 78 20 25,7 Reptalus quinquecostatus 56 9 16,1 Phylenus spumarius 10 1 10,0 Dictyophara europea 1 0 0,0 Zygina rhamni 1 0 0,0 Totale 146 30 20,5

I risultati complessivamente ottenuti consentono di evidenziare quanto sotto riportato. Le osservazioni di pieno campo sulle 70 piante di Sangiovese selezionate e le relative indagini diagnostiche hanno evidenziato come, nel 2019, la classe sintomatologica preminente è quella ascrivibile all’intensità dei sintomi più elevata, confermando quanto già rilevato in precedenza nello stesso impianto (Pierro et al., 2018; Pierro, 2019). Relativamente alla diagnosi biomolecolare di BN, le analisi condotte hanno permesso di evidenziare la presenza di Ca P. solani in tutte le 46 piante sintomatiche, indipendentemente dalla classe patometrica di appartenenza.

Per quanto concerne gli aspetti entomologici, i risultati conseguiti hanno rilevato, nel vigneto oggetto della ricerca, la presenza di 5 diverse specie di Auchenorrinchi, ma non di H. obseletus e/o R. panzeri ovvero le 2 specie di Cixiidi maggiormente implicate nella trasmissione naturale di BN.

Le indagini diagnostiche, relative all’accertamento dell’eventuale presenza di BN nelle cicaline classificate, hanno evidenziato la presenza di Ca P. solani in 30 individui (Foto 13, 14 e 15), appartenenti a 3 specie differenti. Di particolare interesse, è risultata la determinazione di questo fitoplasma in P. spumarius, che solo recentemente è risultato, vettore di BN (Quaglino et al., 2019). Relativamente a N. fenestratus e R. quinquecostatus, per i quali sono stati individuati esemplari positivi a BN è da rilevare, come ambedue le specie sono considerate in letteratura vettori potenziali di questa

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fitoplasmosi su vite (cfr. Tab.3 Insetti potenziali, Cap. 4), ipotesi, però, non suffragata da prove sperimentali di trasmissione.

Foto 13: lastra di agarosio mostrante gli ampliconi ottenuti da campioni di R. quinquecostatus

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Conclusioni

Bois Noir (BN), come ampiamente ricordato in questa dissertazione, rappresenta, ad oggi, la più diffusa fitoplamosi della vite in Europa, anche se ciò non desta, all’interno della filiera viti-vinicola, livelli di preoccupazione simili a quelli associati a FD. Questo è dovuto, essenzialmente, da una parte all’impossibilità di V. vinifera di svolgere la funzione di pianta serbatoio e dall’altra, al fatto che gli insetti vettori di BN non siano strettamente ampelofagi, al contrario di S. titanus.

La disponibilità di usufruire di un impianto di Sangiovese “certificato”, caratterizzato da un’alta diffusione “storica” di BN, ha consentito, nel corso degli anni, di sviluppare ed approfondire aspetti epidemiologici e di caratterizzazione genica relativi a questa fitoplasmosi.

Le indagini, condotte nel 2019, oltre a confermare quanto già evidenziato negli anni precedenti, relativamente all’espressione sintomatologica di pieno campo e alla determinazione di sequenze geniche specifiche, utilizzabili anche con finalità diagnostiche, hanno permesso di avviare ricerche mirate sulle interazioni tra Ca. P. solani, agente eziologico di BN, e i suoi possibili insetti vettori.

In particolare, i risultati conseguiti hanno consentito di evidenziare come nell’impianto considerato siano assenti le 2 principali specie vettrici del fitoplasma sopra ricordato: H. obsoletus e R. panzeri.

L’insetto, presente in maggior misura nel vigneto indagato, è risultato il Deltocephalinae N. fenestratus. La sua non trascurabile percentuale di infezione (25,7%), associata all’elevato numero di individui recuperati, permette di ipotizzare come questa specie potrebbe svolgere un ruolo non indifferente nella diffusione di BN, in quanto, in letteratura, è possibile ritrovare ricerche specifiche che evidenziano un probabile ruolo svolto da N. fenestratus come vettore naturale di GY (Güclü & Ozbek, 1991; Klein, 1992; Bosco et al., 1997).

L’osservazione delle trappole cromotropiche installate ha consentito di accertare come la consistenza numerica di individui appartenenti alla specie R. quinquecostatus, nonostante rappresenti un’ampia porzione dell’entomofauna totale individuata, non sia quella numericamente predominante all’interno del vigneto. Inoltre, le indagini diagnostiche sulla presenza di BN nel vettore evidenziano un livello di infezione

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inferiore a quello riportato, seppure in un’altra zona della Toscana, dalle prove condotte da Trivellone et al., (2005) e da Pinzauti et al., (2008), nonostante che i risultati da noi ottenuti siano in linea con altre prove sperimentali condotte a livello europeo (Chuchè et al., 2016).

L’ultima specie, tra le 5 complessivamente classificate, risultata infetta da BN è l’Aphrophoridae Philaenus spumarius, per la quale, su un totale di 10 individui, soltanto uno ha evidenziato la presenza dell’amplicone nella corsa elettroforetica. Recenti studi, condotti da Quaglino et al., (2019), hanno mostrato la capacità di P. spumarius a trasmettere, sperimentalmente, Ca. P. solani su vite, e quindi essere, a tutti gli effetti, un vettore accertato di BN.

Rimanendo in accordo con tali risultati, tuttavia, considerata sia la bassa percentuale di individui di P. spumarius determinati sia il livello di infezione accertato -avendo avuto conferma dell’elevato tasso di infezione da BN nel vigneto indagato- è possibile ipotizzare come questa sputacchina, non possa essere, in questo caso, l’unico insetto responsabile della diffusione di BN.

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