Capitolo 1
Generalità sul problema dell’interferenza a radiofrequenza
nei dispositivi medici elettronici
1.1) L’interferenza elettromagnetica a radiofrequenza nei dispositivi
medici.
Una sedia a rotelle alimentata elettricamente devia improvvisamente dalla sua traiettoria; un monitor di apnea non riesce ad allarmare in caso di necessità; un ventilatore cambia improvvisamente il relativo alito-rate. Questi sono alcuni esempi di problemi che potrebbero verificarsi quando l’energia elettromagnetica (EM) irradiata (specialmente a RF) interferisce (EMI) con l’elettronica sensibile compresa in molti dispositivi medici. La conseguenza dell’EMI con i dispositivi medici può consistere soltanto in ’’un blip’’ transitorio sul video di un monitor o può rivelarsi un problema ben più serio quando impedendo un allarme, il sondaggio, il movimento inadeguato del dispositivo stesso, conduca alla ferita o alla morte del paziente. Nel corso degli anni sono stati documentati molti avvenimenti di interferenza elettromagnetica con i dispositivi medici. In più, udienze congressuali recenti hanno intensificato la preoccupazione per l’uso efficace e sicuro delle apparecchiature sanitarie in presenza di EMI. In figura 1.1 sono visibili alcune delle possibili tipologie di sorgente ( nella maggior parte dei casi a RF ) che possono interferire con un dispositivo medico in ambiente ospedaliero o anche in ambiente esterno [1].
In seguito al rapido avanzamento tecnologico possiamo prevedere un uso sempre crescente di elettronica e di microprocessori in strumentazioni di tipo medico: dai dispositivi relativamente semplici come gli stimolatori elettrici del nervo fino ad apparati di formazione dell’immagine di risonanza magnetica (MRI). Nell’industria medica vi è inoltre una tendenza sempre più spinta verso la miniaturizzazione del dispositivo (con conseguente abbassamento del livello di alimentazione) e verso la multifunzionalità dello stesso. Parallelamente a queste innovazioni in ambito industriale sanitario, vi è una proliferazione di nuova tecnologia di comunicazione: sistemi di comunicazione personali (pc), telefoni cellulari, collegamenti senza fili del calcolatore (Bluetooth), sistemi di comunicazione wireless di tipo indoor (anche all’interno degli ospedali). Con questi avanzamenti di tipo tecnologico stanno nascendo alcuni problemi imprevisti: le interazioni tra i dispositivi che emettono energia radiata EM e le apparecchiature mediche sensibili (inoltre tali apparecchiature possono emettere energia EM che può interagire con altri dispositivi sanitari). Una breve descrizione di alcune tipologie di interferenza radio (RFI) può contribuire ad illustrare alcune delle variabili che rendono alla fine il fenomeno dell’interferenza a RF nei confronti del dispositivo medico di complessa trattazione. In generale l’intensità del campo EM radiato è direttamente proporzionale alla potenza emessa dalla sorgente radiante e inversamente proporzionale alla distanza dalla stessa. Nella seguente figura 1.2 è riportato un esempio di emissione da parte di 4 tipologie di sorgenti diverse; sull’asse verticale per ogni dispositivo si possono leggere le distanze alle quali vengono rilevati 3 valori di campo di riferimento ((3, 10 ,20) V/m), ove abbiamo considerato come potenze alla sorgente quelle emesse mediamente dai vari modelli considerati di ciascun tipo di radiatore.Il telefono cellulare, di potenza relativamente bassa, genera un campo di 3 V/m a 1 m di distanza, mentre un ricetrasmettitore portatile genera un campo di 10 V/m a 2 m di distanza. Un trasmettitore TV ad alta alimentazione genera un campo di 10 V/m alla distanza di 500 m. Con questi valori di campo in prossimità del dispositivo medico, anche se questo è protetto nel modo migliore (ha un’elevata immunità) può essere suscettibile di EMI .
Figura 1.2: distanze relative ai valori di riferimento del campo ( 3,10 e 20 V/m )
per varie tipologie di sorgenti a radiofrequenza
Nella realtà comunque, ciascun dispositivo medico è in genere suscettibile soltanto su un particolare range di frequenza (a volte molto piccolo) che varia con la tipologia del dispositivo stesso e col modello (da qui la complessità della trattazione del problema tenendo conto dell’enorme quantitativo di apparecchiature mediche presenti sul mercato). Il livello di riferimento per l’immunità elettromagnetica dei dispositivi medici (cioè il livello di campo al di sotto del quale tali strumenti devono risultare immuni) è stabilito in 3 V/m dalla normativa internazionale IEC 60601-1-2 che prevede l’ utilizzo di campi a tutte le frequenze comprese tra 26 Mhz e 1 Ghz con una modulazione in ampiezza dell’80%. La normativa IEC 60601-1-2
bis (2003) invece mantiene il livello di 3 V/m nel range di frequenza di [80-2500] Mhz per i
dispositivi medici di non sostentamento delle funzioni vitali e fissa a 10 V/m il livello minimo di immunità per i dispositivi di sostentamento delle funzioni vitali. Nonostante la norma Europea IEC 60601-1-2 e la versione bis abbiano fissato i limiti per la suscettibilità elettromagnetica dei dispositivi medici su un range frequenziale globale pari a [26-2300] Mhz, numerose industrie di strumentazioni sanitarie non hanno ottemperato al rispetto di tali normative nella fase di progettazione delle apparecchiature mediche di competenza. Questo spiega perché tra il 1979 e il 1995 secondo il rapporto della FDA (Food and Drug
Administration) sono stati registrati almeno un centinaio di problemi di funzionamento a
livello di strumentazioni sanitarie sicuramente imputabili al fenomeno dell'EMI. Negli ospedali quindi, saranno sicuramente presenti apparecchiature mediche che sono suscettibili per valori di campo inferiori a quelli previsti dalle normative vigenti.
Sarebbe quindi auspicabile che le aziende produttrici di dispositivi medici provvedessero a testare le loro strumentazioni in modo da rendere trasparenti all'ambiente sanitario i livelli di suscettibilità delle stesse in corrispondenza dei range di frequenza in cui sono state applicate le sorgenti di prova. Vediamo adesso i risultati del test svolto dall’ FDA che aveva come obiettivo finale quello di determinare le distanze alle quali diverse tipologie di sorgenti a radiofrequenza producono un campo elettrico di valore efficacie pari a 3 V/m (livello limite massimo di non suscettibilità per un dispositivo medico sul range [26-1000] Mhz secondo la
IEC 60601-1-2).
Sia E(r) il valore efficace del campo elettrico misurato in V/m e P(r) la densità di potenza in W/m², tali grandezze sono legate dalla seguente equazione i):
inoltre, la densità di potenza P(r) è legata al valore della potenza puntuale a distanza r [ p(r) ] dalla relazione ii):
ove a denominatore troviamo la superficie della sfera di raggio r.
Alla fine avremmo il valore efficace del campo elettrico a distanza r in funzione della potenza puntuale a distanza r, iii):
Nella seguente Tabella 1.A possiamo osservare i risultati del test (alle distanze specificate è stato misurato un campo elettrico di valore efficace pari a 3 V/m) [2].
2
4
)
(
P(r)
r
r
p
π
=
)
(
120
E(r)
=
⋅
π
⋅
Ρ
r
2)
(
30
E(r)
r
r
p
⋅
=
Tabella 1.1 : distanze di riferimento per un campo elettrico di 3 V/m
I walkie-talkie sono di uso assai frequente negli ospedali e dovrebbero essere posizionati alla distanza di almeno 4 metri da qualsiasi dispositivo medico mentre i telefoni cellulari alla distanza di circa un metro e mezzo. Un altro aspetto che di solito non viene considerato in ambiente ospedaliero è l'orientamento dei cavi che si dipartono dai monitor e che hanno collocati alle loro estremità trasduttori remoti quali per esempio elettrodi per ECG, trasduttori di pressione,etc... Questi cavi con i relativi trasduttori possono comportarsi come antenne a dipolo ed essendo connessi ad amplificatori differenziali sensibilissimi (posti in ingresso allo strumento al fine di amplificare il segnale proveniente dal trasduttore) possono quindi interferire con gli stadi di amplificazione di questi ultimi. In realtà quanto detto non costituisce un problema quando le strumentazioni vengono testate in camera anecoica perché i cavi verranno orientati ad hoc al fine di minimizzare l'interferenza prodotta sul dispositivo. Il problema nasce poi negli ospedali laddove, venendo i cavi orientati in modo casuale, in certe situazioni potrebbero configurarsi come antenne molto efficienti in presenza di sorgenti a radiofrequenza. E’ stato osservato che questo tipo di interferenza non ha come effetto primario quello di abbassare le prestazioni del monitor del dispositivo ma produce un certo tipo di rumore che potrà ’’disperdere’’ più o meno significativamente i parametri misurati attraverso la parte sensibile del dispositivo stesso.
Cellular Phone (900 Mhz) 1.4 m UHF Walkie-Talkie (470 Mhz) 4.1 m Mobile Radio 8.2 m Amateur Radio 4.1 m
1.2) Categorie dei livelli di rischio basate sugli effetti dell’interferenza
elettromagnetica a RF nei dispositivi medici.
Abbiamo visto in 1.1) che a causa della suscettibilità elettromagnetica individuale degli apparati medici, in seguito all’interferenza a RF con gli stessi, possono presentarsi effetti indesiderati (che verranno descritti quantitativamente nel capitolo 2 quando analizzeremo i singoli dispositivi). Tali effetti possono riguardare sia la fase di monitoraggio del paziente con conseguenti possibilità di diagnosi e quindi di trattamento sbagliati, sia nei casi più gravi l’incolumità del paziente stesso con esiti anche fatali. Nella Tabella 1.B vengono illustrate le categorie dei livelli di rischio (crescenti con la numerazione) basate sugli effetti dell’EMI nei dispositivi medici [3] :
Tabella 1.2 : definizione delle categorie di rischio nei dispositivi medicali
Categoria 1 Non è osservabile alcun tipo di problema
Categoria 2 Il problema è reversibile, può causare una diagnosi sbagliata.
Categoria 3 Il problema è reversibile e causa una diagnosi o un trattamento sbagliati. O, in altri casi, il problema è irreversibile è può causare una diagnosi errata. Categoria 4 Il problema è irreversibile e causa una diagnosi e un
trattamento sbagliati, devono essere quindi adottate procedure di emergenza.
Categoria 5 Il problema è reversibile, ma può portare ad una fatalità se persiste.
Categoria 6 Il problema è irreversibile e può portare ad una fatalità se non sono adottate procedure di emergenza .