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MODELLI DIFFERENZIALI

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(1)

MODELLI DIFFERENZIALI

Dobbiamo considerare lo stato presente dell’universo come effetto del suo stato anteriore e come causa del suo stato futuro. Una intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze di cui `e animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se per di pi` u fosse abbastanza grande da sottoporre i dati all’analisi, [...] l’avvenire come il passato sarebbe presente ai suoi occhi.

Pierre-Simon marquise de Laplace (1749-1827): ”Essai philosophique sur les probabilit´es”.

Una causa piccolissima che sfugge alla nostra attenzione determina un effetto considerevole che non possiamo mancare di vedere, ed allora diciamo che l’effetto `e dovuto al caso. Se conoscessimo esattamente le leggi della natura e la situazione dell’universo all’istante iniziale,potremmo prevedere esattamente la situazione dello stesso universo in un istante successivo. Ma se pure accadesse che le leggi naturali non avessero pi` u alcun segreto per noi, anche in tal caso potremmo conoscere la situazione iniziale solo ap- prossimativamente. Se questo ci consentisse di prevedere la situazione finale con la stessa approssimazione non occorrerebbe di pi` u e potremmo dire che il fenomeno `e stato previsto [...]. Ma non `e sempre cos`ı: pu` o accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali ne producano di grandissime nei fenomeni finali. [...] La previsione diviene impossibile.

Jules Henri Poincar´e (1854-1912): ”Science et m´ethode”

Date : March 19, 2014.

1

(2)

1. Successioni per ricorrenza (Ricorsioni) 1.1. Tre esempi semplici di dinamica di popolazioni.

Esempio 1.1. [Modello di Malthus] Consideriamo una popolazione iso- lata (es. batteri). Indichiamo con P (t) il numero di individui presenti al tempo t e supponiamo che gli unici fattori che influenzano l’evoluzione della popolazione siano il tasso di fertilit`a λ ed il tasso di mortalit` a µ per unit` a di popolazione e unit` a di tempo. Quindi la variazione della popolazione in un tempo h sar` a

P (t + h) − P (t) = λhP (t) − µhP (t).

Supponiamo di studiare P (t) ad intervalli discreti di tempo: t = 0, 1, 2, . . . e supponiamo h = 1 si ha

P (n + 1) = (1 + λ − µ)P (n), per n = 0, 1, 2, . . . .

Quale `e l’andamento della funzione P n al crescere di n? Dipende da:

• i valori dei coefficienti λ e µ. In particolare dal numero q := 1+λ−µ;

• dalla consistenza iniziale della popolazione: P (0) := α.

Studiamo quindi in generale l’andamento di una successione definita dalla legge di ricorrenza P n+1 = qP n e dalla condizione iniziale P 0 = α.

 P 0 = α,

P n+1 = qP n , per n ≥ 0.

q > 0 e α sono numeri reali assegnati. In questo caso si possono calcolare esplicitamente i valori di P n e si ottiene

P n = αq n , per ogni n ≥ 0.

Una successione di questo tipo si dice successione esponenziale. Per quanto riguarda l’andamento asintotico si presentano tre casi a seconda che q sia uguale a 1, maggiore o minore di 1.

q = 1: la successione `e costante, cio`e P n = α, per ogni n.

0 < q < 1: la successione si avvicina a 0, qualsiasi sia il valore iniziale α. Cio`e lim n→+∞ P n = 0 per ogni α reale.

q > 1: i termini della successione diventano arbitrariamente grandi,

con segno positivo o negativo a seconda del segno di α. Cio`e lim n→+∞ P n =

+∞ se α > 0 e lim n→+∞ P n = −∞ se α < 0.

(3)

0 2 4 6 8 10 2

4 6 8

0 2 4 6 8 10

1 2 3 4

Figure 1. I primi termini di P

1

= 0.5, P

n+1

= 1.5P

n

e P

1

= 4, P

n+1

= 0.2P

n

.

Osservazione 1. Le leggi di ricorrenze del tipo del primo esempio definis- cono, o meglio caratterizzano, successioni di tipo esponenziale. Una funzione esponenziale, per esempio

t 7→ f (t) := 2 t

`e caratterizzata dalla propriet`a

f (t + 1) ≡ 2 t+1 = 2 2 t ≡ 2 f (t), per qualsiasi t.

Esempio 1.2. [Modello di Malthus modificato] Dinamica di una popo- lazione in presenza di un flusso migratorio costante in entrata o in uscita.

 P 0 = α,

P n+1 = qP n + b.

q > 0, b e α sono numeri reali assegnati.

Allora, se q = 1 segue che P n = nb; invece, se q 6= 1, P 1 = qα + b,

P 2 = q(qα + b) + b = q 2 α + b(q + 1),

P 3 = q(q 2 α + qb + b) + b = q 3 α + b(q 2 + q + 1), . . .

P n = q n α + b(q n−1 + q n−2 + · · · + q + 1) = q n α + b 1 − q n 1 − q . Quindi, se q 6= 1,

P n = α − b 1 − q

 q n + b

1 − q , per ogni n ≥ 0.

Si presentano due casi a seconda che q sia maggiore o minore di 1.

Se 0 < q < 1 la successione si avvicina a 1−q b , qualsiasi sia il valore iniziale α, in formula

n→+∞ lim P n = b

1 − q , se 0 < q < 1, α qualsiasi.

Osservate che anche in questo caso il valore limite non dipende dal valore iniziale α.

3

(4)

Se 1 < q i termini della successione possono diventare arbitrariamente grandi, con segno positivo o negativo a seconda del segno di α − 1−q b .

Figure 2. s

n+1

= (0, 95)s

n

+ 1. I primi 80 termini di s

n

con s

0

= 2

Alcune considerazioni generali su questi esempi.

Ciascuno di questi esempi `e costituito da

(1) una legge di ricorrenza o legge di evoluzione del sistema s n+1 = f (s n )

che rappresenta la traduzione in linguaggio matematico della legge fisica o biologica o ... che governa l’evoluzione del sistema studiato;

(2) un dato iniziale,

s 0 = α

cio`e un’informazione completa sullo stato del sistema in un determi- nato istante.

Vari problemi possono essere naturali:

(1) Quale `e lo stato del sistema in ogni istante successivo. Questo si- gnifica calcolare una formula che dia il valore s n come funzione es- plicita di n. ` E di solito molto difficile (e.g. impossibile).

(2) Quale `e l’andamento asintotico del sistema: per esempio, se aspet- tiamo abbastanza tempo il sistema raggiunge una posizione di equili- brio o no?

(3) Studiare se e come l’andamento del sistema dipende dal dato ini- ziale. Infatti spesso il dato iniziale `e un elemento su cui `e possibile intervenire.

(4) Studiare se e come l’andamento del sistema dipenda da parametri presenti nella legge di ricorrenza.

Nel prossimo esempio alcune di queste problematiche appaiono chiaramente e nella loro possibile complessit`a.

Esempio 1.3. [Modello logistico] Il modello di Malthus che implica per

esempio una crescita esponenziale della popolazione `e non realistico in tutti

(5)

quei casi in cui lo sviluppo della popolazione non avvenga in presenza di

‘risorse infinite’. Certamente sia il tasso di natalit` a λ che il tasso di mortalit` a µ dipendono da molti fattori fra cui le risorse a disposizione: `e ragionevole aspettarsi che all’avvicinarsi della popolazione ad una soglia ci sia una riduzione di λ ed un aumento di µ. Nel 1845 Verhulst propone il seguente modello di evoluzione

P n+1 − P n = (λ − µ)P n

 1 − P n

M

 .

In questa formula M > 0 `e un numero che rappresenta uno stato di equilibrio della popolazione. Infatti si vede che se per un certo ¯ n P n ¯ = M allora la successione rimane costante (in equilibrio) per tutti gli istanti successivi. Se P n ¯ > M allora 1 − P M

n



< 0 e la popolazione all’istante successivo cala. Se P n ¯ < M allora 1 − P M

n



> 0 e la popolazione all’istante successivo cresce.

Analogamente all’Esempio 1.1 P n+1 = (1 + λ − µ)P n



1 − λ − µ (1 + λ − µ)M P n



= qP n



1 − q − 1 qM P n



dove abbiamo posto q := 1 + λ − µ. Per semplificare le costanti facciamo il cambio di variabile

s n := q − 1 qM P n e otteniamo la legge di evoluzione

 s 0 = α,

s n+1 = qs n (1 − s n ), n ≥ 0.

Non `e facile scrivere esplicitamente il valore della successione come funzione di n. Se supponiamo che il valore iniziale α sia un numero nell’intervallo [0, 1] e che 0 < q < 4 allora continua ad essere vero che 0 ≤ s n ≤ 1.

E sempre vero che se α = 0 allora s ` n = 0 per ogni n. Per tutti gli altri valori iniziali il comportamento della successione dipende fortemente dal valore del parametro q. Facciamo alcuni esempi.

Se 0 < q ≤ 1 allora per qualsiasi dato iniziale la successione s n converge a 0.

Figure 3. k = 0.2, s 0 = 0.8

5

(6)

Se 1 < q ≤ 3 allora le successioni non hanno pi`u limite 0. Per qualsiasi valore iniziale α 6= 0 il limite dipende solo dal parametro q e si pu`o calcolare esplicitamente:

n→+∞ lim s n = 1 − 1 q .

5 10 15 20

0.2 0.4 0.6 0.8

5 10 15

0.2 0.4 0.6 0.8

Figure 4. Limiti 6= 0 per q = 1.5 e q = 2.5

Quando q si avvicina a 3 la successione impiega molto pi` u tempo per stabilizzarsi al valore limite e tipicamente si verificano oscillazioni smorzate nell’avvicinamento al valore limite.

Figure 5. q = 2.9, s

0

= 0.9

Se 3 < q ≤ 1 + √

6 = 3.449499 . . . allora le successioni non hanno pi` u

limite unico. Si presentano delle oscillazioni.

(7)

5 10 15 0.2

0.4 0.6 0.8

5 10 15 20

0.2 0.4 0.6 0.8

Figure 6. Oscillazioni di periodo 2 e di periodo 4 per q = 3.1 e q = 3.55.

Se 1 + √

6 < q l’andamento delle oscillazioni pu` o essere completamente caotico.

Figure 7. q = 3.65, s

0

= 0.2

1.2. Calcolo di soluzioni approssimate di un’equazione. Se f : (a, b) → R `e una funzione continua e se (e.g.) f (a) < 0 e f (b) > 0 allora esiste un’unica soluzione z ∈ (a, b) dell’equazione

f (x) = 0.

Il calcolo effettivo dell’esatto valore numerico di z potrebbe presentare gravi difficolt` a. Esistono vari metodi per ottenere valori approssimati di z. In particolare se f fosse derivabile e per esempio crescente e convessa in (a, b) un efficiente metodo per ottenere approssimazioni successive di z `e il metodo di Newton. Con questo metodo z `e ottenuto come limite di una successione definita per ricorrenza nel modo seguente

(1) x 0 `e un punto arbitrario di (a, b);

(2) noto x n il punto successivo x n+1 si ottiene come punto di intersezione della retta tangente al grafico di f in (x n , f (x n )) con l’asse delle ascisse. Poich`e l’equazione della tangente `e y = f (x n )(x − x n ) + f (x n ) allora

x n+1 = x n − f (x n ) f (x n ) .

7

(8)

Si pu` o dimostrare che, per esempio nelle ipotesi indicate sopra,

n→+∞ lim x n = z.

Inoltre la convergenza `e molto ‘veloce’, tipicamente, se si `e sufficientemente vicini, si raddoppiano le cifre decimali esatte ad ogni passo. Lo vediamo in concreto nel prossimo esempio.

Esempio 1.4. Se x 7→ f (x) := x 2 − 2 per 0 < x allora z = √

2 e il metodo di Newton produce la seguente successione approssimante

x 0 > 0 arbitrario;

x n+1 = x n 2 + 1

x n .

Pur partendo da un valore iniziale x 0 = 10 lontano dal valore di √

2, otteni- amo termini molto rapidamente vicini al valore, ‘esatto’ qui scritto fino alla ventesima cifra decimale, √

2 = 1.4142135623730950488 . . .

x 0 10

x 1 5.1

x 2 2.74608

x 3 1.73719

x 4 1.4442380948662321 x 5 1.4145256551487377 x 6 1.4142135968022693 x 7 1.414213562373095

1.3. Metodi grafici per lo studio dei punti limite. Gli esempi 1.1, 1.2, 1.3 e anche i successivi 1.5, 1.6, sono tutti del tipo

 y 0 = α, α `e un numero assegnato, y n+1 = f (y n ), per n ≥ 0,

e f `e una funzione continua. Per esempio nei primi casi era f (y) := qy oppure f (y) := qy + b e nell’ultimo f (y) := qy(1 − y). Vedremo anche i casi f (y) := √y, f (y) := √y 1 .

Un numero ℓ per cui vale

f (ℓ) = ℓ

si chiama punto fisso o punto di equilibrio della ricorsione. Infatti in questo caso, se scegliamo ℓ come valore iniziale la successione risultante `e costante cio`e

y n = ℓ per tutti gli n ≥ 0.

Geometricamente i punti di equilibrio sono i punti di intersezione fra il

grafico di f ed il grafico della bisettrice del primo-terzo quadrante.

(9)

0.2 0.4 0.6 0.8 0.2

0.4 0.6

Figure 8. Il punto di equilibrio di y

n+1

=

14

(1 − y

n

+ (y

n

− 1)

2

)

`e ℓ = 0.3.

Studiamo pi` u in dettaglio i due esempi seguenti.

Esempio 1.5.

 y 0 = α, α `e un numero non negativo a scelta, y n+1 = √ y n , per n ≥ 0.

I valori y n della successione possono essere calcolati esplicitamente. Essi sono

y n = α 1/2

n

.

In questo caso 0 e 1 sono i due soli punti fissi o punti di equilibrio della ricorsione. Infatti se α = 0 allora y n = 0 per ogni n. Se α = 1 allora y n = 1 per ogni n. Non ci sono altri valori con questa propriet`a infatti come si vede dalla figura

0.5 1.0 1.5

0.5 1.0 1.5

Figure 9. La funzione y 7→ √ y interseca la bisettrice nei punti 0 e 1.

Per` o i due punti di equilibrio sono molto diversi, infatti per tutti gli α 6= 0 la successione si avvicina a 1, indipendentemente dalla scelta di α.

Precisamente

se α > 0 allora lim

n→+∞ y n = 1 solo se α = 0 allora lim

n→+∞ y n = 0.

9

(10)

Figure 10. I primi 30 termini di y

n+1

= √y

n

con y

0

= 4

La seguente figura illustra un semplice metodo grafico che permette di capire e prevedere l’andamento di una successione vicino ad un suo punto di equilibrio.

0.5 1.0 1.5

0.5 1.0 1.5

Figure 11. Un semplice metodo grafico per intuire l’andamento dei termini di una successione per ricorrenza.

Esempio 1.6.

y 0 = α > 0, y n+1 = 1

√ y n , n ≥ 0.

(11)

0.5 1.0 1.5 2.0 0.5

1.0 1.5

Figure 12. La funzione y 7→ √y 1 interseca la bisettrice solo nel punto 1.

Se α = 1 allora y n = 1 per ogni n. In generale y n = α

2n1

se n `e dispari, y n = α

2n1

se n `e pari

Per tutti gli α la successione si avvicina a 1 oscillando eventualmente attorno al valore 1.

0.5 1.0 1.5 2.0

0.5 1.0 1.5 2.0

Figure 13. Costruzione grafica dei primi termini della successione.

0 5 10 15

0.5 1.0 1.5 2.0

Figure 14. I primi 15 termini della successione con dato iniziale y

0

= 1.9

11

(12)

Esercizio 1. Studiare ‘sperimentalmente’, utilizzando il metodo grafico in- dicato, il comportamento di una successione vicino ad un punto di equilibrio.

In particolare osservate la differenza fra i casi in cui

(1) il grafico di f interseca la bisettrice passando da ‘sotto a sopra’ pi- uttosto che da ‘sopra a sotto’;

(2) la pendenza (i.e il valore della derivata prima) del grafico di f nel punto di intersezione `e in valore assoluto piccola piuttosto che grande.

Esercizio 2. Studiare il comportamento della successione logistica utiliz- zando il metodo grafico appena introdotto.

1.4. Limiti, punti fissi e stabilit` a.

Definizione 1.7. Un punto di equilibrio ℓ pu` o essere

stabile: se per tutti i dati iniziali ‘vicini’ ad ℓ la successione si ‘allon- tana poco’ dal valore ℓ;

asintoticamente stabile: se per tutti i dati iniziali ‘vicini’ ad ℓ la successione non solo non si allontana dal valore ℓ, ma anzi si avvicina sempre di pi` u al valore ℓ;

instabile: se non `e stabile, cio`e se per dati iniziali anche ‘vicini’ ad ℓ

`e possibile che la successione si allontani arbitrariamente dal valore ℓ.

La nozione di stabilit` a `e fondamentale. Se un sistema dinamico nel suo

stato iniziale si trova vicino ad un punto di equilibrio instabile, `e impossi-

bile fare previsioni a lungo termine sul suo comportamento a meno che non

si conosca lo stato iniziale con precisione infinita. La precisione infinita `e

chiaramente una richiesta impossibile nelle applicazioni pratiche e, di con-

seguenza, sistemi dinamici che presentano una eccessiva sensibilit`a rispetto

alle condizioni iniziali sono difficilmente utilizzabili per fare previsioni sulla

realt` a (almeno a lungo termine).

(13)

1.5. Successioni per ricorrenza lineari.

Esempio 1.8 (Successioni lineari del primo ordine). ` E una generalizzazione dell’esempio 1.2. Supponiamo che i coefficienti q e b possano variare. Nel primo caso supponiamo che sia solo b variabile.

 y 0 = α,

y n+1 = qy n + b n+1 , per n > 1.

q > 0, α sono numeri reali assegnati e (b n ) n `e una successione assegnata.

Allora,

y 1 = qα + b 1 ,

y 2 = q(qα + b 1 ) + b 2 = q 2 α + qb 1 + b 2 , y 3 = q 3 α + q 2 b 1 + qb 2 + b 3 ,

. . .

y n = q n α + q n−1 b 1 + q n−2 b 2 + · · · + qb n−1 + b n . Quindi la legge di evoluzione individua la successione

n 7→ y n := q n α + X n j=1

q n−j b j , per n ≥ 0.

In questo caso `e di solito impossibile avere una formula esplicita che dia il limite di y n quando n → +∞. Vediamo qualche esempio nel caso 0 < q < 1.

Nel caso pi` u generale anche q `e variabile e lo indichiamo come q n .

 y 0 = α,

y n+1 = q n+1 y n + b n+1 , per n > 1.

Supporremo sempre 0 < q n .

Esercizio 3. Cosa succede se q n = 0 per qualche n?

Possiamo ancora ottenere una formula che ci dia il valore di y n . Proviamo a farlo con un ”cambiamento di variabile”. Prima di tutto chiamiamo

s n := q 1 q 2 . . . q n poi definiamo la nuova successione

u n := y n

s n , cio`e y n = s n u n .

13

(14)

Allora

u n+1 = y n+1

s n+1 = q n+1 y n + b n+1

q 1 q 2 . . . q n+1 = y n

q 1 q 2 . . . q n + b n+1 q 1 q 2 . . . q n

= u n + b n+1 s n+1 ;

quindi u n soddisfa la condizione di ricorrenza

u 0 = y 0 = α, u n+1 = y n + b n+1

s n+1 , per n > 1.

e quindi

u n = α + X n j=1

b j+1

s j+1 , per ogni n ≥ 0, e infine

y n = s n u n = s n α + s n X n j=1

b j+1

s j+1 , per ogni n ≥ 0.

Esercizio 4. Cosa succede della successione

 y 0 = α,

y n+1 = q n+1 y n , per n > 1

se 0 < q n < 1 per` o lim n→+∞ q n = 1? Studiate i casi q n = n−1 n oppure q n = n

2

n −1

2

.

1.6. Successioni lineari del secondo ordine. In tutti gli esempi presen- tati precedentemente la legge di evoluzione richiede la conoscenza dello stato del sistema nel solo istante presente. Questo in molte situazioni non `e re- alistico e la conoscenza di tutta o parte della storia precedente del sistema

`e necessaria. Nel prossimo esempio consideriamo un caso semplice in cui la legge di evoluzione richiede la conoscenza del sistema all’istante n e n − 1.

Vedi anche la costruzione dei numeri di Fibonacci nell’Esempio 3.4 Esempio 1.9.

(1)  y 0 = α, y 1 = β

y n+2 = 2q y n+1 + p y n , n ≥ 1, dove α, β, p, q sono numeri reali assegnati.

E possibile calcolare in modo esplicito i valori della successione (1). A ` questo scopo osserviamo che

Propriet` a 1: Se c n e d n sono due successioni che verificano la ricorsione precedente (a parte i valori iniziali) allora anche la nuova successione ac n + bd n verifica la ricorsione, qualsiasi siano i numeri reali a, b.

Propriet` a 2: Se λ n 1 verifica la ricorsione precedente allora λ 1 `e una radice dell’equazione di secondo grado

λ 2 − 2q λ − p = 0.

Questa equazione si chiama equazione caratteristica della ricorsione.

(15)

• Se l’equazione caratteristica ha due radici reali distinte λ 1 e λ 2 al- lora si pu` o risolvere esplicitamente la ricorsione. Precisamente la soluzione `e data da:

y n = aλ n 1 + bλ n 2 e le costanti a, b vanno scelte in modo che

 a + b = α λ 1 a + λ 2 b = β.

Esercizio 5. Studiate quale `e il limite della ricorsione in funzione del fatto che le radici dell’equazione caratteristica siano maggiori di 1, comprese fra -1 e 1 o minori di 1.

• Se l’equazione caratteristica ha discriminante nullo allora ha una sola radice reale. In questo caso p = −q 2 , l’equazione caratteristica `e

λ 2 − 2qλ + q 2 = 0

e l’unica radice reale `e λ 1 = q. Le soluzioni della ricorsione sono y n = (a + bn)q n , per n ≥ 0 e a, b qualsiasi.

Possiamo ricavare a, b utilizzando le due condizioni iniziali y 0 ≡ a = α, y 1 ≡ (a + b)q = β

che danno

a = α e b = β q − α.

Quindi la soluzione della ricorsione iniziale `e y n =



α +  β q − α

 n



q n , per n ≥ 0.

• Se l’equazione caratteristica ha discriminante negativo e quindi due radici complesse coniugate λ = σ+iµ e ¯ λ = σ−iµ allora l’andamento della successione pu` o essere molto irregolare.

15

(16)

2. Equazioni Differenziali

2.1. Tre esempi semplici di dinamica delle popolazioni. Riprendiamo qui i tre esempi iniziali. Consideriamo per` o lo stato del sistema in ogni istante di tempo, non solo per tempi discreti. Derivate delle funzioni in esame sostituiranno le differenze s n+1 − s n .

Esempio 2.1. [Modello di Malthus] Torniamo all’esempio 1.1. Indi- chiamo con N (t) il numero di individui di una popolazione presenti al tempo t, ma questa volta supporremo t un parametro continuo. Supponiamo ancora che gli unici fattori che influenzano l’evoluzione della popolazione siano il tasso di fertilit`a λ ed il tasso di mortalit` a µ per unit` a di popolazione e unit` a di tempo. La variazione della popolazione in un tempo h sar` a

N (t + h) − N(t) = λhN(t) − µhN(t).

Dividendo per h

N (t + h) − N(t)

h = (λ − µ)N(t)

e facendo il limite per h → 0, (supponendo che questo limite esista, cio`e che la funzione N (t) sia derivabile)

h→0 lim

N (t + h) − N(t)

h ≡ N (t) = (λ − µ)N(t).

L’ equazione

(2) N (t) = (λ − µ)N(t)

esprime una relazione fra la funzione (incognita) N (t) e la sua derivata prima N (t). ` E un esempio di equazione differenziale.

Una funzione N (t) si dice soluzione dell’equazione differenziale se sosti- tuita nell’equazione d` a un’identit` a. Per esempio

t 7→ N(t) := e (λ−µ)t t ∈ R

`e una soluzione, infatti

N (t) ≡ (λ − µ)e (λ−µ)t = (λ − µ)N(t), per ogni t ∈ R.

Le soluzioni di una singola equazione differenziale sono di solito infinite. In questo caso, tutte le infinite funzioni del tipo

t 7→ Ce (λ−µ)t t ∈ R

al variare di C in R sono soluzioni.

(17)

-1.0 -0.5 0.5 1.0 1

2 3

Figure 15. Esempi di curve soluzioni di y = y. Sono mostrate le funzioni t 7→ Ce t per C = 1, C = 1.5, C = 0.5, C = −0.3

Se conosciamo il valore della funzione incognita N (t) in preciso istante allora possiamo individuare un’unica soluzione. Se per esempio N (0) = 100 allora l’unica soluzione di

N (t) = (λ − µ)N(t), con la condizione N (0) = 100 `e t 7→ N(t) = 100e (λ−µ)t t ∈ R.

In generale un problema formato dall’accoppiamento di una equazione dif- ferenziale e da un valore assegnato in un punto (condizione iniziale) (3)

( N (t) = (λ − µ)N(t) N (t 0 ) = N 0 ,

viene chiamato Problema di Cauchy.

Esempio 2.2. Riprendiamo il modello di evoluzione di una popolazione in presenza di un flusso migratorio costante b. Indichiamo con σ la differenza λ − µ.

(i) N (t) = σN (t) + b

Tutte le soluzioni di (i) sono del tipo t 7→ Ce σt − b

σ per t ∈ R.

Analogamente al caso discreto, se σ > 0 tutte le soluzioni sono illimitate per t → +∞ (tranne che la soluzione costante t 7→ − σ b ). Invece se σ ≤ 0

t→+∞ lim N (t) = − b σ

17

(18)

per qualsiasi C.

Nel caso in cui il ’flusso migratorio‘ sia una funzione dipendente dal tempo, non possiamo ragionevolmente aspettarci un comportamento costante per t → +∞. Per esempio tutte le soluzioni di (ii)

(ii) N (t) = σN (t) + b(t)

sono del tipo

t 7→ Ce σt + e σt Z

b(t)e −σt dt per t ∈ R per C ∈ R.

Esempio 2.3. [Modello logistico] Con considerazioni analoghe a quelle proposte nell’esempio 1.3 si perviene all’equazione

(iii) N (t) = σN (t)



1 − N (t) M



Tutte le soluzioni di (iii) sono della forma t 7→ CM e σt

M − C + Ce σt per t ∈ R

e per C ∈ R. Osserviamo che C = N(0); C ha quindi il significato di dato iniziale dell’evoluzione.

0 2 4 6 8 10

20 40 60 80 100

Figure 16. Alcune soluzioni di (iii) per M = 50 e dato iniziale C = 1, C = 40, C = 90

Si vede, dal grafico e dalla forma analitica delle soluzioni, che tutti i fenomeni di oscillazione e transizione a stati caotici del modello discreto non si presentano affatto in questo modello di evoluzione continua.

2.2. Esempi e alcune definizioni.

Esempio 2.4.

y (t) = ty(t)

Si verifica direttamente che, per qualsiasi c ∈ R, le funzioni del tipo

t 7→ y(t) = ce t

2

/2 , definite per t ∈ R

(19)

sono soluzioni. Infatti y (t) ≡ d

dt ce t

2

/2 = tce t

2

/2 ≡ ty(t), per ogni t ∈ R.

-1.0 -0.5 0.5 1.0

-0.5 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5

Figure 17. Esempi di curve soluzioni di y = ty. Sono mostrate le funzioni t 7→ Ce t

2

/2 per C = 1, C = 1.5, C = 0.5, C = −0.3

Il prossimo esempio mostra due fatti:

(1) le costanti che individuano le varie (infinite) soluzioni non sono nec- essariamente costanti moltiplicative;

(2) il dominio di definizione delle soluzioni non `e necessariamente tutto R, anzi pu`o variare da soluzione a soluzione.

Esempio 2.5.

y (t) = y 2 (t) oppure pi` u in breve

y = y 2 .

Si verifica direttamente che, per qualsiasi c ∈ R, le funzioni del tipo t 7→ y(t) = 1

c − t , per t < c Oppure

t 7→ y(t) = 1

c − t , per c < t sono soluzioni. Infatti

y (t) ≡ d dt

 1 c − t



= 1

(c − t) 2 ≡ y 2 (t), per t < c oppure per t > c.

Inoltre anche la funzione

t 7→ y(t) = 0, per qualsiasi t ∈ R,

`e una soluzione.

19

(20)

I grafici delle soluzioni sono rami di iperboli; nessuna soluzione, tranne quella costante t 7→ 0, `e definita su tutto R, ma sono definite su semirette;

il dominio di definizione varia da soluzione a soluzione.

- 4 - 2 2 4

- 2 - 1 1 2

Figure 18. Esempi di curve soluzioni di y = y 2 . Ciascuna soluzione `e definita al pi` u su una semiretta.

Possiamo raccogliere quanto detto in alcune definizioni pi` u formali.

Definizione 2.6. In generale un’equazione differenziale del primo ordine `e un’espressione del tipo

(i) y = f (t, y)

oppure pi` u in generale del tipo

(ii) F (t, y, y ) = 0.

Una funzione y = y(t), definita e derivabile in un intervallo I ⊆ R, si dice soluzione dell’equazione (i) in I, oppure di (ii) in I, se

y (t) = f (t, y(t)), per ogni t ∈ I, oppure rispettivamente se

F (t, y(t), y (t)) = 0, per ogni t ∈ I.

Un problema di Cauchy per una equazione differenziale del primo ordine

`e l’accoppiamento fra una equazione differenziale solitamente nella forma (i) e una cosiddetta condizione iniziale cio`e l’assegnazione del valore della soluzione in un punto assegnato.

(iii)

( y = f (t, y) y(t 0 ) = α.

La soluzione del problema (iii) `e una funzione derivabile, definita in un intervallo I contenente il punto t 0 , e tale che

( y (t) = f (t, y(t)), per ogni t ∈ I,

y(t 0 ) = α.

(21)

2.3. Studio qualitativo di un’equazione differenziale. Dal punto di vista geometrico un’equazione differenziale esprime una relazione fra la derivata (oppure le derivate) della funzione incognita nei punti di un intervallo e il valore della funzione e della variabile indipendente nel medesimo punto. In particolare un’equazione del tipo

y = f (t, y)

pu` o essere interpretata come l’assegnazione di un campo di direzioni nel pi- ano (t, y) e la ricerca delle sue soluzioni consiste nella ricerca delle funzioni o, meglio, delle curve nel piano che sono in ciascun punto tangenti al campo di direzioni assegnato. Risolvere il problema di Cauchy (iii) pu` o essere in- terpretato come cercare la (unica in molti casi) curva tangente al campo di direzioni assegnato dall’equazione e passante per il punto (t 0 , α).

Le seguenti figure illustrano gli esempi precedenti da questo punto di vista.

-2

-1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

-2

-1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

Figure 19. Campo di direzioni e curve integrali y = y

-2 -1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

Figure 20. Campo di direzioni e curve integrali y = xy

21

(22)

-2

-1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

-2

-1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

Figure 21. Campo di direzioni e curve integrali y = y 2

Questo metodo consente di ‘intuire’ l’andamento delle linee integrali an- che in situazioni in cui il calcolo analitico delle soluzioni dell’equazione dif- ferenziale possa essere troppo difficile.

Negli esempi seguenti tentate di individuare le zone di crescita/ decrescita delle soluzioni, le linee dove si trovano massimi e minimi delle soluzioni.

-3 -2

-1 0 1 2 3

-3 -2 -1 0 1 2 3

-2 -1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

Figure 22. Curve integrali di y = 1+y x

22

e di y = xy(y − 1).

Osservate l’esistenza di due soluzioni costanti: t 7→ 0 e t 7→ 1.

(23)

-2

-1 0 1 2

-2 -1 0 1

-3 -2

-1 0 1 2 3

-3 -2 -1 0 1 2

Figure 23. Curve integrali di y = 2y 2 + 2x 2 − 1 e di y = 2x 2 y 2 − 1

-2 -1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

-2 -1 0 1 2

Figure 24. Curve integrali di y = sin(πx) sin(πy) e di y = sin(πx + πy)

2.4. Ricerca di integrali di equazioni del primo ordine. Risolvere un’equazione differenziale pu` o avere molti significati. Un obiettivo, spesso sfortunatamente troppo ambizioso, `e ottenere un integrale generale cio`e una formula costruita a partire da funzioni elementari e da loro funzioni integrali che, al variare di un parametro arbitrario dia tutte (o quasi tutte) le soluzioni dell’equazione differenziale.

Esempi di integrali generali sono espressioni come le seguenti, dove il parametro arbitrario `e sempre indicato come c,

t 7→ ce λt per l’equazione y = λy oppure

t 7→ 1

c − t , per y = y 2 oppure

t 7→ ce x

2

+ e x

2

Z x

0

e −s

2

sin s ds, per y = 2xy + sin x.

23

(24)

2.4.1. Metodo di separazione delle variabili. Si applica ad equazioni della forma

(i) y = f (y)g(t)

dove f e g dove sono funzioni continue. Il metodo si basa sulla seguente osservazione:

se t 7→ y(t) per t ∈ I `e una soluzione di (i) per la quale f (y(t) 6= 0 in I allora

y (t) = f (y(t))g(t) `e equivalente a y (t)

f (y(t)) = g(t) e quindi

(ii)

Z y (t) f (y(t)) dt =

Z

g(t) dt.

Se si `e in grado di calcolare esplicitamente una primitiva di y 7→ f (y) 1 pu` o essere possibile essere poi in grado di ottenere un integrale generale.

Esercizio 6. Calcolare gli integrali generali di (1) y = y, y = xy, y = x 2 y, ...

(2) y = y 2 , y = xy(y − 1) , y = (y − 1)(y − 2), y = x 2 (y − 1)(y − 2), ...

(3) y = x

2

y +1 , y = x

2

y +1

2

, y = y

2

(x 1

2

+1) , ...

(4) ci si pu` o ridurre a (i) anche per: xyy = 1 − x 2 , xy − y = y 3 , y = (x + y) 2 , ...

(5) e via complicando...

Osservate che le difficolt` a analitiche non sono solo nella ricerca di primitive elementari di y 7→ f (y) 1 ma anche nella ricerca di una funzione inversa per eventualmente esplicitare t 7→ y(t).

2.4.2. Formula risolutiva per equazioni lineari del primo ordine. Si applica ad equazioni della forma

(i) y = f (x)y + g(x)

dove f e g sono funzioni continue definite sul medesimo intervallo I.

Questo `e uno dei pochissimi casi in cui `e possibile scrivere una formula generale esplicita che dia l’integrale generale. Le soluzioni di (i) sono della forma

(ii) x 7→ y(x) := e R f (x)dx + e R f (x)dx Z

g(x)e R f (x)dx dx.

Osserviamo che le costanti arbitrarie sono ‘nascoste’ e sono semplicemente le costanti arbitrarie di integrazione.

Una equivalente espressione di (ii) pu` o essere scritta in termini di integrali definiti invece che di primitive. Fissiamo un punto x 0 ∈ I allora

x 7→ y(x) := ce

R

x x0

f (s)ds

+ e

R

x

x0

f (s)ds Z x x

0

g(s)e

R

s x0

f (t)dt

ds

= ce

R

x x0

f (s)ds

+ Z x

x

0

g(s)e R

x

s

f (t)dt ds, x ∈ I (iii)

e per qualsiasi c ∈ R.

(25)

In particolare la soluzione del problema di Cauchy (iv)

( y = f (x)y + g(x) y(x 0 ) = y 0 .

`e

x 7→ y 0 e

R

x x0

f (s)ds

+ Z x

x

0

g(s)e R

x

s

f (t)dt ds, per x ∈ I.

Osservazione Nella formula (iii) il primo addendo cio`e la funzione x 7→

ce

R

x x0

f (s)ds

`e l’integrale generale dell’equazione omogenea y = f (x)y,

mentre il secondo addendo x 7→ R x

x

0

g(s)e R

sx

f (t)dt ds `e una soluzione dell’equazione (i). Quindi vediamo che l’integrale generale dell’equazione (i) `e la somma dell’integrale generale dell’equazione omogenea e di una soluzione partico- lare dell’equazione completa. Un ulteriore esempio di questo fatto, tipico delle equazioni differenziali lineari, si presenta nel paragrafo 2.5.1.

Esercizio 7. Calcolare gli integrali generali o le soluzioni dei problemi a valore iniziale assegnato

(1) y = y + x, y = y + x 2 , y = y + sin x, ...

(2) y = xy + x, y = xy + x 2 , y = xy + x 3 , ...

(3) y = tan(x)y + cos x, y = y x + x, y + 2y x = x 3 , ...

(4) ci si pu` o ridurre a (i) anche per i seguenti problemi: xy +y−e x = 0 con y(1) = a, y 1−x y

2

− 1 − x = 0 con y(0) = 0, ...

(5) e via complicando...

2.5. Equazioni differenziali del secondo ordine.

Esempio 2.7. [Caduta di un grave] Supponiamo che y(t) rappresenti l’altezza rispetto al suolo di un grave. Se l’oggetto `e sottoposto solo alla forza di gravit`a la funzione t 7→ y(t) soddisfa l’equazione

y ′′ = −g

dove g > 0 `e l’accelerazione gravitazionale (che supponiamo costante in questo modello semplificato). Tutte le soluzioni sono del tipo

t 7→ y(t) = − g

2 t 2 + c 1 t + c 0 per t ∈ R

dove c 1 e c 0 sono costanti arbitrarie. Questo due costanti hanno un chiaro significato fisico: c 0 = y(0) `e la posizione all’istante iniziale 0 e c 1 = y (0) `e la velocit` a nel medesimo istante. La funzione

t 7→ y(t) = − g

2 t 2 + v 0 t + h 0 per t ∈ R

`e l’unica soluzione del problema di Cauchy (i)

( y ′′ = −g

y(0) = h 0 , y (0) = v 0 .

25

(26)

Studiamo ora lo stesso modello tenendo conto della resistenza dell’aria.

Supponiamo che la resistenza sia proporzionale alla velocit` a attraverso un coefficiente di proporzionalit` a β > 0. Otteniamo l’equazione

y ′′ = −g − βy .

L’equazione non dipende esplicitamente da y. Con il cambio di variabile p(t) := y (t)

la funzione t 7→ p(t) soddisfa l’equazione differenziale p = −g − βp

le cui soluzioni (usando il metodo di separazione delle variabili) sono

t 7→ p(t) = − g β + c 1

β e −βt per t ∈ R

e dipendono dal parametro reale c 1 . Integrando in t otteniamo un’espressione per t 7→ y(t) cio`e

t 7→ y(t) = c 0 − g β t + c 1

β 2

 e −βt − 1 

per t ∈ R

la quale dipende dai due parametri c 0 e c 1 .

Se imponiamo le due condizioni iniziali su posizione h 0 e velocit` a v 0 all’istante t = 0 possiamo determinare univocamente c 0 e c 1 ottenendo

c 0 = h 0 e c 1 = −g − βv 0 . Quindi la funzione

t 7→ y(t) = h 0 − g

β t + g − βv 0

β 2



e −βt − 1 

per t ∈ R

`e l’unica soluzione del problema di Cauchy per l’equazione del secondo ordine y ′′ = −g − βy

(ii)

( y ′′ = −g − βy

y(0) = h 0 , y (0) = v 0 .

(27)

0 50 100 150 200 0

500 1000 1500 2000

Figure 25. Il grafico della soluzione di (i) (un arco di parabola) e di due soluzioni di (ii) (curve asintoticamente lineari) per diversi valori di β. In tutti casi H 0 = 2000 e v 0 = 0.

0.0 0.5 1.0 1.5 2.0

1995 1996 1997 1998 1999 2000

Figure 26. Le tre curve precedenti sono vicine, anzi tan- genti per t = 0, perch`e quando la velocit` a y (t) `e piccola la resistenza dell’aria `e trascurabile.

Esempio 2.8. [Vibrazioni meccaniche: libere e con resistenza] Con- sideriamo il movimento di un punto materiale P vincolato a muoversi su

27

(28)

una retta e soggetto ad una forza elastica attrattiva, cio`e proporzionale alla distanza del punto materiale P da un centro fisso che identifichiamo con l’origine O. Indichiamo con t 7→ x(t) la posizione del punto P sulla retta e supponiamo che O coincida con il punto di coordinata x = 0. L’equazione del moto `e data da

mx ′′ (t) = −ky(t)

dove m `e la massa di P e k > 0 `e una costante caratteristica della forza elas- tica (per esempio potrebbe essere il coefficiente di elasticit` a di una molla). Se poniamo ω :=

q k

m otteniamo l’equazione differenziale (lineare del secondo ordine)

(i) x ′′ = −ω 2 x.

Tutte le soluzioni di (i) sono della forma

t 7→ ϕ(t) := c 1 cos(ωt = +c 2 sin(ωt) per t ∈ R

e per arbitrarie costanti reali c 1 , c 2 . Le costanti c 1 e c 2 possono essere poi determinate univocamente se noi conosciamo lo stato del moto di P in un istante, cosiddetto iniziale.

Esercizio 8. Scrivere, usando le solite formule trigonometriche, le soluzioni di (i) nella forma

t 7→ ϕ(t) = A cos(ωt + ω 0 )

e dare un’interpretazione fisica delle costanti A > 0 (ampiezza del moto) e ω 0 (fase iniziale).

Se sul punto materiale P agisce anche una resistenza di tipo viscoso, come nell’esempio 2.7, allora l’equazione del moto `e

mx ′′ (t) = −kx(t) − βx (t) e ponendo ω := q

k

m e γ := 1 2 m β si ottiene

(ii) x ′′ + 2γx + ω 2 x = 0.

Da considerazioni fisiche sappiamo che il moto di P ha caratteristiche molto diverse a seconda della relativa grandezza delle costanti fisiche γ e ω. Per esempio se γ << ω, cio`e se la resistenza viscosa fosse molto piccola rispetto alla forza elastica, ci possiamo aspettare un moto ancora oscillante e (quasi) periodico. Al contrario se la resistenza viscosa fosse molto grande (γ >>

ω) ci possiamo aspettare una scomparsa totale del moto oscillatorio. Se abbiamo fiducia che l’equazione (ii) sia un buon modello per la descrizione del moto del punto materiale P ci dobbiamo aspettare che queste differenze di comportamento appaiano nelle soluzioni di (ii). In realt` a questo `e quello che avviene e le differenze di comportamento appaiono nella differente forma analitica delle soluzioni.

Se γ > ω : allora le soluzioni sono

t 7→ c 1 e λ

1

t + c 2 e λ

2

t dove λ 1 = −γ − p

γ 2 − δ 2 < 0 e λ 2 = −γ + p

γ 2 − δ 2 < 0. (Come ve-

dremo nel successivo paragrafo, λ 1 , λ 2 sono le soluzioni dell’equazione

caratteristica λ 2 + 2δλ + ω 2 = 0.) Per qualsiasi scelta dei valori c 1

(29)

e c 2 le soluzioni hanno limite 0 per t → +∞ e ogni comportamento oscillatorio `e (quasi ) completamente scomparso.

Se ω < γ : allora le soluzioni sono del tipo t 7→ Ae −γt cos(νt + ν 0 ) dove ν = p

ω 2 − γ 2 ; A e ν 0 sono costanti arbitrarie Se ω = γ :

t 7→ (c 1 + c 2 t) e −γt Andamenti tipici sono i seguenti

1 2 3 4 5 6

- 2 - 1 1 2

1 2 3 4 5 6

-2 -1 1 2

Figure 27. γ > ω

1 2 3 4 5 6

- 2 - 1 1 2

1 2 3 4 5 6

- 2 - 1 1 2

Figure 28. γ > ω

29

(30)

1 2 3 4 5 6

- 2 - 1 1 2

1 2 3 4 5 6

- 2 - 1 1 2

Figure 29. ω > γ

2.5.1. Equazioni lineari del secondo ordine a coefficienti costanti. Ci limiti- amo qui ad un breve cenno sul calcolo dell’integrale generale.

Innanzi tutto osserviamo che `e ben conosciuta la struttura dell’integrale generale di equazioni del tipo

(i) y ′′ + Ay + By = f (t).

Infatti, poich`e l’operatore differenziale y ′′ + Ay + By `e lineare l’integrale generale t 7→ y(t, c 1 , c 2 ) di (i) `e la somma di due parti

y(t, c 1 , c 2 ) = w(t, c 1 , c 2 ) + ϕ(t) dove

t 7→ w(t, c 1 , c 2 ) `e l’ integrale generale di y ′′ + Ay + By = 0 e

t 7→ ϕ(t) `e una soluzione di y ′′ + Ay + By = f (t).

Quindi il problema di trovare l’integrale generale di (i) si spezza nei due problemi ‘pi` u semplici’

(1) trovare l’integrale generale dell’equazione omogenea y ′′ + Ay + By = 0,

(2) trovare una cosiddetta soluzione particolare cio`e almeno una soluzione dell’equazione completa (i).

(1) Per la ricerca dell’integrale dell’equazione omogenea ci si riconduce alla ricerca delle soluzioni dell’equazione caratteristica

(ii) λ 2 + Aλ + B = 0.

Si presentano tre casi

se A 2 − 4B > 0: allora (ii) ha due soluzioni reali distinte, siano esse λ 1 e λ 2 . In questo caso l’integrale generale `e

t 7→ w(t, c 1 , c 2 ) = c 1 e λ

1

t + c 2 e λ

2

t .

(31)

se A 2 − 4B = 0: allora (ii) ha la sola soluzione ¯λ = −B/2. In questo caso l’integrale generale `e

t 7→ w(t, c 1 , c 2 ) = (c 1 + tc 2 )e −Bt/2 .

se A 2 − 4B < 0: allora (ii) ha due soluzioni complesse coniugate. Po- nendo ω := √

4B − A 2 /2, l’integrale generale `e

t 7→ w(t, c 1 , c 2 ) = e −Bt/2 (c 1 cos(ωt) + c 2 sin(ωt)) .

(2) Per la ricerca della soluzione particolare esistono tecniche di applicazione generale, per esempio il cosiddetto metodo di variazione delle costanti arbi- trarie ed altre, pi` u semplici, ma di applicabilit`a molto pi` u limitata, come il metodo di similarit`a. Seguendo questo secondo metodo, se il termine noto f in (i) ha una forma algebrica particolare `e possibile trovare la soluzione particolare ϕ della stessa forma algebrica. Per esempio se f fosse un poli- nomio di grado n nella variabile t allora `e possibile trovare (tranne che in casi molto particolari) una soluzione particolare che sia anche essa un poli- nomio di grado n. Analogamente se f fosse un esponenziale o una funzione trigonometrica.

31

(32)

3. Esempi vari e complementi Esempio 3.1 (Gioco).

 

 

y 0 = un numero intero positivo a scelta, y n+1 =  y n /2, se y n `e pari,

3y n + 1 se y n `e dispari.

La successione si ferma quando si raggiunge 1.

y 0 = 5 → {5, 16, 8, 4, 2, 1}

y 0 = 7 → {7, 22, 11, 34, 17, 52, 26, 13, 40, 20, 10, 5, 16, 8, 4, 2, 1}

Problema aperto: Non si sa quale sia il limite di questa successione:

si congettura che il limite sia 1 qualsiasi sia il numero intero iniziale, ma nessuno `e mai riuscito a provarlo.

Esempio 3.2. [Algoritmo di Euclide] a, b sono numeri interi positivi e supponiamo che 0 < b < a. Cerchiamo il massimo comun divisore di a e b, indicato di solito come mcd(a, b). Si pu` o utilizzare la seguente procedura per ricorrenza.

 

 

r 0 = a, r 1 = b,

r n+2 = il resto della divisione di r n per r n+1 , cio`e r n+2 `e tale che r n = q n r n+1 + r n+2 . Segue dalla definizione che

r 0 > r 1 > r 2 > r 3 > · · ·

Poich`e sono tutti numeri interi positivi, dopo un numero finito di passi troveremo un resto r n+2 = 0, cio`e r n+1 |r n . Allora

mcd(a, b) = r n+1 .

Esercizio 9. Utilizzate l’algoritmo di Euclide per calcolare mcd(20, 15).

Esempio 3.3. [Il gioco ‘Life’ di John Conway] L’ambiente `e una griglia infinita. Ciascuna cella della griglia si trova, in ogni istante in uno di due possibili stati ”viva” oppure ”morta”.

Viene stabilito uno stato iniziale in cui un numero (finito, ma non neces- sariamente) di celle sono vive.

Il sistema poi si evolve secondo tre regole:

• Per una cella che `e viva:

(1) Ogni cella con 0, oppure 1 vicino vivo muore (per isolamento).

(2) Ogni cella con 4 o pi` u vicini vivi muore (per sovrappopolazione).

(3) Ogni cella con 2 o 3 vicini vivi rimane viva.

• Per una cella che `e morta,

(1) Se ha esattamente 3 vicini vivi diventa viva (nasce).

(2) Se ha un numero di vicini vivi 6= 3 rimane morta.

Potete vedere per esempio sul sito http://www.bitstorm.org/gameoflife/ quali

e quanti complessi fenomeni evolutivi si possono presentare anche a partire

da regole di evoluzione cos`ı elementari.

(33)

Esempio 3.4 (Numeri di Fibonacci).

 F 0 = 1, F 1 = 1

F n+2 = F n+1 + F n , n ≥ 0.

Sappiamo che si ottiene la successione

(F n ) n = {1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, . . . }

Cerchiamo una formula (chiusa) che ci dia i valori della successione. L’equazione caratteristica `e

λ 2 − λ − 1 = 0 che ha le due soluzioni

λ 1,2 = 1 2

 1 ∓ √ 5 

.

Le soluzioni della ricorsione, senza tener conto dei valori iniziali, sono F n = a 1 − √

5 2

! n

+ b 1 + √ 5 2

! n

con a, b numeri reali qualsiasi. Le condizioni iniziali ci consentono di calco- lare a e b. Otteniamo il sistema

F 0 ≡ a + b = 1 F 1 ≡ a 1 − √

5

2 + b 1 + √ 5 2 = 1.

Risolvendo il sistema otteniamo a =

√ 5 − 1 2 √

5 b =

√ 5 + 1 2 √

5

e quindi la formula chiusa che ci d` a i numeri di Fibonacci in funzione dell’indice n `e

F n =

√ 5 − 1 2 √

5

1 − √ 5 2

! n

+

√ 5 + 1 2 √

5

1 + √ 5 2

! n

= 1

√ 5

√ 5 + 1 2

! n+1

− 1 − √ 5 2

! n+1 

 .

Osservate che 5+1 2 > 1 mentre 0 < 5−1 2 < 1, quindi per n molto grande F n ≃ 1

√ 5

√ 5 + 1 2

! n+1

.

Esercizio 10. Verificate che per n = 0, 1, 2 ottenete i primi tre numeri di Fibonacci.

Dimostrate poi che la formula precedente definisce sempre dei numeri in- teri (anche se non sembra!).

Esercizio 11. Trovate la formula che d` a i numeri di Fibonacci quando y 0 = 1, y 1 = 0 e quando y 0 = 0, y 1 = 1. Spiegate perch`e la somma di queste due successioni d` a i soliti numeri di Fibonacci.

33

(34)

Osservazione 2. Il numero

√ 5 + 1

2 ≃ 1.61803

si chiama Rapporto Aureo. Diciamo che due numeri a, b, a > b > 0, sono in rapporto aureo se

a b = b

a − b . In questo caso

a b =

√ 5 + 1

2 .

C’`e una stretta relazione fra i numeri di Fibonacci ed il Rapporto aureo.

Infatti

F n+1 F n

√ 5 + 1

2 per n → +∞.

Cerchiamo adesso una stima dal basso di F n che sia pi` u semplice da utilizzare:

F n = 1

√ 5

√ 5 + 1 2

! n+1

− 1 − √ 5 2

! n+1 

= 1

√ 5

√ 5 + 1 2

! 2

| {z }

=1.17>1

√ 5 + 1 2

! n−1

− 1

√ 5

1 − √ 5 2

! n+1

| {z }

<<1 per n grande

>

√ 5 + 1 2

! n−1

>  8 5

 n−1

=  8 5

 5

n−15

> 10

n−15

.

Le ultime due disuguaglianze sono giustificate dal fatto che

√ 5 + 1

2 = 1.61803 · · · > 1.6 = 8

5 e che  8 5

 5

= 10.48 · · · > 10.

La stima

F n > 10

n−15

ci dice, per esempio, che F 100 `e un numero con almeno 19 cifre.

Corollario 1. Se a > b > 0 sono interi, il numero di passi necessari per trovare il massimo comun divisore mcd(a, b), utilizzando l’algoritmo di Eu- clide, `e minore di 5 volte il numero di cifre di b.

Prova: L’osservazione che ci consente di provare il Corollario `e la seguente:

se l’algoritmo di Euclide termina in n passi allora

(4) b ≥ F n+1 .

Supponiamo di aver provato (4). Se b ha k cifre allora 10 k > b e quindi

10 k > b ≥ F n+1 > 10

n−15

,

(35)

da cui

k > n − 1

5 e quindi n < 5k + 1.

Ci resta quindi da provare la disuguaglianza (4). Poniamo per comodit` a a = r n+2 e b = r n+1 . La successione di passi dell’algoritmo di Euclide `e:

 

 

 

 

 

 

 

 

a = r n+2 = q 1 r n+1 + r n b = r n+1 = q 2 r n + r n−1

.. .

r 3 = q n r 2 + r 1

r 2 = q n+1 r 1 Osserviamo ora che

r 1 ≥ 1 e r 2 ≥ 2 e che

q n+1 , q n , . . . , q 2 ≥ 1.

Ne segue che

r 3 ≥ r 2 + r 1 ≥ 2 + 1 = F 3

r 4 ≥ r 3 + r 2 ≥ F 3 + F 2 = F 4 .. .

b = r n+1 ≥ r n + r n−1 ≥ F n + F n−1 = F n+1 . References

[BPS] M. Bramanti, C.D. Pagani, S. Salsa: Analisi Matematica 1 e Analisi Matem- atica 2; Zanichelli, Bologna, 2008.

[GM] M. Giaquinta, G. Modica: Analisi Matematica. 2. Approssimazione e Processi Discreti; Pitagora Editrice, Bologna, 1999.

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