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La Spezia torna sul mare: progetto di riqualificazione del frontemare

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Scuola di Ingegneria

D.E.S.T.E.C.

Dip. di Ingegneria Edile dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni

Corso di laurea specialistica in Ingegneria Edile-Architettura

Tesi di laurea

La Spezia torna al mare:

progetto di riqualificazione del lungomare

Relatori:

Ing. Valerio Cutini

Prof. Arch. Domenico Taddei

M. d’A. Andrea Martini

Candidato: Riccardo Cecchini

Anno accademico: 2013/2014

(2)
(3)

I

NDICE GENERALE

:

I

NTRODUZIONE pag. 7

Capitolo

I

I

L CONTESTO GENERALE

:

L

A

S

PEZIA E IL SUO

TERRITORIO pag. 8

1.1 Il territorio spezzino: l’inquadramento territoriale » 8

1.1.1 La collocazione geografica » 8

1.1.2 Le vie di comunicazione » 10

1.1.3 La Lunigiana » 11

1.2 Il territorio spezzino: la storia » 12

1.2.1 Dai primi insediamenti all’Impero romano » 12

1.2.2 Il medioevo e la nascita della Podesteria di La Spezia » 15

1.2.3 Sotto il dominio della Repubblica genovese » 16

1.2.4 La scelta di Cavour » 19

Capitolo

II

I

L TEMA DEL PORTO URBANO

:

UN PROBLEMA

RICORRENTE pag. 29

2.1 La disciplina urbanistica sulla tematica del porto » 29

2.2 Alcuni esempi di riqualificazioni di aree portuali » 31

2.2.1 Euroméditerranée » 31

2.2.2 Il porto antico di Genova » 33

Capitolo

III

I

L CONTESTO

:

IL LUNGOMARE DI

L

A

S

PEZIA pag. 35

3.1 La Spezia e il suo porto: un’analisi diacronica » 35

3.1.1 Il “Poggio” » 35

3.1.2 La città dell’Arsenale » 39

3.1.3 Il quartiere popolare “Umbertino I” » 45

3.1.4 Il porto mercantile » 49

3.1.5 La piana di Migliarina » 51

3.1.6 Il dopoguerra » 57

3.1.7 Lo stato attuale » 60

(4)

Capitolo

IV

G

LI STRUMENTI URBANISTICI VIGENTI pag. 65

4.1 Piano territoriale di coordinamento (PTC) » 65

4.1.1 Struttura del PTC » 65

4.1.2 Indicazioni del PTC sull’area d’interesse » 67

4.2 Piano Urbanistico Comunale (PUC) » 69

4.2.1 La struttura e gli obiettivi del PUC » 69

4.2.2 Indicazioni del PUC sull’area d’interesse » 70

4.3 Piano Regolatore Portuale (PRP) » 73

4.3.1 Gli obiettivi del PRP » 73

4.3.2 Indicazioni del PRP sull’area d’interesse » 74

Capitolo

V

A

NALISI DELL

AREA pag. 76

5.1 Morfologia » 76

5.2 Viabilità e aree verdi » 78

5.3 Potenzialità dell’area » 80

5.4 Risorse » 81

5.5 Criticità » 83

5.6 Invarianti » 85

Capitolo

VI

M

ETAPROGETTO pag. 87

6.1 Due possibili scenari » 87

6.2 La soluzione del parco » 89

6.2.1 La nuova viabilità » 89

6.2.2 Le aree verdi e i nuovi percorsi pedonali » 90

6.2.3 Indicazioni sul nuovo molo » 91

Capitolo

VII

P

ROGETTO ARCHITETTONICO pag. 93

7.1 Il processo informazione-memoria-creatività » 93

7.1.1 Informazione » 93

(5)

7.1.2 Creatività » 97 7.2 Il progetto architettonico » 99 7.2.1 I volumi » 99 7.2.2 Le funzioni » 101 7.2.3 Prospetti » 103 7.2.4 Viste volumetriche » 106

C

ONCLUSIONI pag. 107

R

INGRAZIAMENTI pag. 108

B

IBLIOGRAFIA pag. 109

A

LLEGATI pag. 111

(6)
(7)

7

INTRODUZIONE

In questo studio abbiamo voluto affrontare una tematica particolarmente sentita nel territorio spezzino ovvero la mancanza di un vero e proprio sbocco sul mare per la città della Spezia.

Questo tema è argomento di dibattito da molto tempo ma è tornato di moda prepotentemente negli ultimi anni dopo il calo economico dovuto, da una parte alla crisi economica che ha investito l’Europa, dall’altra alla perdita d’importanza strategica dell’Arsenale Militare. La tendenza delle amministrazioni locali è stata perciò quella di privilegiare il potenziamento di nuove attività economiche su cui puntare per il proprio futuro e, tra queste, una delle più importanti è decisamente quella turistica.

La Spezia è quindi stata chiamata a una riconversione della propria immagine e del proprio assetto che non potrà che passare necessariamente dalla riqualificazione del suo lungomare, sia per prepararsi ad accogliere i nuovi flussi di persone, sia per ricollegare i cittadini a quel mare che avevano perso a favore dello sviluppo delle attività commerciali che in questi anni hanno fatto da traino all’economia della città.

In questo studio perciò si presenterà la proposta di nuovo assetto urbano nell’area lungomare che cerchi di convogliare le tendenze e le esigenze del futuro della città e al tempo stesso si approfondirà, a livello architettonico, un fabbricato che possa raccogliere le funzioni principali necessarie per rilanciare la nuova area riqualificata.

Per quanto riguarda la lettura, l’analisi, e l’elaborazione del metaprogetto sull’area urbana la tesi si è sviluppata sotto la supervisione dell’ Ing. Valerio Cutini. Per la parte architettonica invece la supervisione è stata effettuata dal Prof. Arch. Domenico Taddei, grazie alla sempre presente assistenza del M.d’A. Andrea Martini.

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8

CAPITOLO I

-

Il contesto generale: La Spezia e il suo territorio

1.1 Il territorio spezzino: l’inquadramento territoriale

1.1.1 La collocazione geografica

Il territorio spezzino si trova all’incrocio tra due regioni morfologicamente molto differenti: da un lato le scogliere frastagliate a picco sul mare tipiche dello scenario ligure, dall’altro i terreni pianeggianti tipici dell’adiacente costa toscana. La Spezia è infatti la più orientale delle quattro province che formano la Liguria e confina ad ovest con la Toscana, a nord per un breve tratto con

l’Emilia Romagna

mentre a sud è bagnata dal Mar Ligure. L’entroterra

è caratterizzato

dall’incontro delle

due catene

montuose degli

Appennini liguri con gli Appennini

Tosco-Emiliani dove

trovano spazio i territori della Val di Magra e della Val di

Vara. Le valli

prendono i nomi dai relativi fiumi che le attraversano, che si uniscono nel Magra all’altezza del comune di Bolano, arrivando a sfociare nella piana di Sarzana. L’area di Sarzana (e i comuni limitrofi) fanno da confine naturale tra Liguria e Toscana poiché queste terre, nascendo dal materiale di riporto del fiume Magra, hanno un carattere prevalentemente pianeggiante, con coste sabbiose del tutto simili alle limitrofe coste toscane, differenziandosi completamente dal tratto di costa che parte dalla città della Spezia e si protrae fino a Genova, fatto di colline e di scogliere a picco sul mare.

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9 La città della Spezia si situa al confine tra queste due tipologie di territorio. E così verso ovest la città

si inerpica sulle colline che circondano il golfo mentre verso nord si estende per la piana di Migliarina. Il golfo in cui sorge La Spezia è delimitato da due promontori, orientati da nord-ovest a sud-est, che proteggono la città dal violento Libeccio che spira da sud-ovest. Il promontorio più orientale termina con il centro abitato di Lerici e la collina di Montemarcello, mentre quello più occidentale con lo spettacolare paese di Portovenere e con tre isole che proseguono l'andamento del promontorio chiamate Palmaria, Tino e Tinetto. Il golfo incide sul profilo di costa per ben 13,5 KM e tocca i 9 KM di larghezza

massima. Alla fine del XIX secolo all’imboccatura del golfo fu costruita una diga

foranea lunga 2210 metri, a scopo difensivo, che lascia aperti alle estremità due varchi facilmente controllabili militarmente e che rappresentano le uniche possibili entrate al porto: a ponente il principale di 400 metri e a levante l'altro di 200 metri. Grazie alla conformazione di porto naturale di questo territorio si deve la costruzione alla Spezia di uno dei più grandi arsenali militari italiani costruiti dalla Marina Militare. Attualmente La Spezia è la seconda città della Liguria come numero di abitanti, contando ben 92.4391 unità, anche se l’apice

demografico fu raggiunto negli anni Settanta, in cui il numero di abitanti fu stimato a 124.547.

1 Dati ISTAT al dicembre 2012.

Figura 2: Fotografia del promontorio di ponente e dell’isola Palmaria. Sulla destra di nota la

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10

1.1.2 Le vie di comunicazione

Oltre alla possibilità di disporre di un porto strategicamente importante, la fortuna del territorio spezzino è stata quella di trovarsi nel punto d’incontro di tre grandi direttrici socio-economiche, mettendo in comunicazione tre grandi aree: la Toscana e il centro della penisola italiana, la riviera ligure in direzione Genova, e conseguentemente la costa francese, e la Pianura Padana.

Queste tratte furono potenziate già ai tempi dell’Impero Romano attraverso la costruzione della “via Aurelia” e della “via Emilia”, tuttora sfruttate principalmente per il traffico locale. Risalgono invece alla fine del XIX secolo le

due tratte ferroviarie che collegano rispettivamente Genova e Livorno e La Spezia e Parma. La Spezia si trova dunque in uno svincolo ferroviario di primaria importanza, utilizzato soprattutto per la movimentazione delle merci che arrivano nella parte mercantile del porto di Spezia. Dopo la seconda guerra mondiale l’Italia ricostruì o potenziò ulteriormente le proprie vie di comunicazione e negli anni Sessanta costruì l’autostrada A12 che, nell’ottica del tempo, doveva collegare Genova a Roma. Attualmente l'autostrada si ferma a Livorno (anche se dal 1973 è aperta la “bretella” A11/A12 che collega Viareggio a Lucca in direzione Firenze, dove passa poi l’A1 che arriva fino a Roma). Nel 1975 fu costruito anche il tratto autostradale A15, chiamata comunemente “autostrada della Cisa” che collega La Spezia e Parma. Le due autostrade (A12 e A15) non attraversano la città della Spezia ma si incontrano sul territorio circostante, all’altezza del casello di Santo Stefano di Magra, collegato al capoluogo spezzino da una comoda superstrada.

Per quanto riguarda le comunicazioni marittime, il porto della Spezia offre collegamenti a carattere turistico con il parco delle Cinque Terre, con l’isola Palmaria e con le famosissime località di Portovenere e Portofino. Recentemente si è verificato un crescente interesse delle grandi compagnie di navi da crociera

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per ottenere uno scalo2 in città. Attualmente viene utilizzato il molo Garibaldi

(strappato alla sua funzione mercantile) per far attraccare le ingombranti navi ma l’aumento delle richieste di scalo evidenzia la necessità di potenziare questo settore, che si prospetta come una concreta possibilità di sviluppo e di ricchezza per la città della Spezia e il territorio circostante.

1.1.3 La Lunigiana

I confini amministrativi del territorio spezzino rispecchiano solo in parte i confini socio-culturali dell’area. Nelle aree provinciali periferiche fin dai tempi più antichi sono frequenti e attive le interazioni (sia di tipo socio-culturale che economico) con la provincia toscana di Massa-Carrara. Questa “macroprovincia” culturale prende il nome di

Lunigiana, dalla città romana di Luni, che a quei tempi controllava tutta la regione. Sulla base di questa presunta unitarietà storica territoriale recentemente si è sviluppata in ambito sia culturale che politico, la proposta di creare una nuova regione, denominata Lunezia. A sfavore della

proposta si sono schierati i centri della riviera come Levanto, le Cinque Terre e Portovenere che, caratterizzati da tratti tipicamente liguri, non riconoscono affinità col territorio dell’entroterra. A favore invece della regione lunigianese vi sono invece quelle località che vedono nella Lunigiana la possibilità di entrare a far parte di un contesto amministrativo più attento alla propria collocazione strategica ovvero quella di ponte commerciale tra il porto della Spezia e la bassa Padania. La Lunigiana infatti comprenderebbe tutti i territori bagnati dal fiume Magra e ingloberebbe parte delle provincie di Lucca, Parma e Reggio-Emilia, oltre che alle già citate provincie di La Spezia e Massa-Carrara.

2 Da un articolo dell’edizione on-line del Secolo XIX del 15 febbraio 2014 a cura di Amerigo Lualdi dal

titolo Navi da crociera, avanti tutta. La città vuole accogliere 500mila turisti.

Figura 3: I confini mutati con la

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1.2 Il territorio spezzino: la storia

1.2.1 Dai primi insediamenti all’impero romano

Il territorio spezzino ha una storia molto antica e travagliata. Diversi ritrovamenti archeologici, avvenuti sulle alture che coronano il golfo e nelle vallate adiacenti, testimoniano che i primi insediamenti umani nel territorio risalgono all’età del bronzo e del ferro. Reperti di una cultura alquanto primitiva sono stati trovati anche all’interno della “Grotta dei colombi” sull’isola Palmaria ma sulla loro origine vertono ancora diverse controversie. Sono sicuramente di origine etrusca invece i monumenti in pietra di tipo antropomorfo chiamate “statue-stele” o “statue-menhir” che fornirebbero la prova della presenza originaria degli Etruschi nella Liguria orientale prima dell’avvento dei Liguri, una popolazione che si estenderà dalla Francia meridionale all’Arno dal 2000 a.C. fino all’arrivo dei Romani. L'origine della popolazione dei Liguri è ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi e della storia e delle usanze di questa popolazione che non utilizzava la scrittura oggi ci rimangono ben poche tracce. Malgrado le fonti incerte e confuse gli studiosi hanno individuato delle tribù, o “pagu”, in cui la popolazione dei Liguri si divideva e, tra queste, sappiamo che i popoli che andavano dalla Riviera di Levante fino a Framura (ovvero l’odierno territorio spezzino) erano chiamati Tigulli.

Il declino dei Liguri inizia intorno al III secolo a.C., epoca in cui i Romani hanno avuto la meglio sugli Etruschi, arrivando a diretto contatto con i confini liguri. Anche se le mire romane erano dirette verso i ricchi territori della Gallia e della penisola iberica (a quei tempi sotto la dominazione cartaginese), il territorio dei Liguri si trovava sulla loro strada. Per un breve periodo i Romani, già impegnati nelle guerre puniche, considerando la povertà del territorio e temendo la tenacia dei combattenti liguri, già affrontati come mercenari, li

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lasciarono in pace poiché non volevano aprire nuovi fronti di guerra. Cercarono dunque di allearsi con le tribù dei liguri, che finirono per spaccarsi: alcune si schierarono con i Cartaginesi e altre con i Romani e così la guerra si trasferì sul loro territorio.

Alla fine della seconda guerra punica (nel 202 a.C.) i Romani, grazie ai federati liguri, presero il controllo del territorio creando la IX Regio dell'Impero romano, chiamata anche “Liguria” ma le ostilità in realtà non vennero placate e le tribù dei Liguri continuarono a ostacolare l’occupazione romana con tattiche di guerriglia e saccheggio al punto che Roma si vide costretta a organizzare delle vere e proprie campagne militari per sottomettere i Liguri, che a loro volta trovarono rifugio negli Appennini. In quel periodo (186 a.C.) fu celebre una vittoria dei Liguri avvenuta nel territorio della Val di Magra dove i Romani persero 4000 soldati, tre insegne d'aquila della seconda legione, undici vessilli e nello scontro rimase ucciso anche il console Quinto Marzio. Per porre fine alla resistenza ligure venne perciò disposta un’armata di 36.000 uomini agli ordini dei proconsoli romani Publio Cornelio Cetego e Marco Bebio Tamfilo che nel 180 a.C. inflissero ai Liguri una pesante sconfitta, seguita poi da due grosse deportazioni: una da 40.000 persone, l’altra, eseguita l’anno successivo, da 7000.

Lentamente le tribù dei Liguri si arresero una dopo l'altra e il console Marco Claudio Marcello, nel 155 a.C., spazzò via le ultime resistenze apuane. Nel corso della campagna i Romani fondarono, su agglomerati preesistenti, le colonie di Lucca (180 a.C.) e di Luni (177 a.C.), originariamente concepite come avamposti militari per il controllo del territorio e come basi di rifornimento per le legioni

Figura 4: Estratto della Tavola Peutingeriana, sez. IV.Sono in evidenza la colonia romana

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impegnate nella guerra. Proprio Luni, grazie al suo imponente porto, divenne il centro più importante del territorio spezzino durante l'epoca classica. Vi vennero infatti insediati stabilmente 2000 coloni romani, veterani della battaglia di Azio (31 a.C.) e a ognuno di essi furono assegnati 51 iugeri e mezzo di territorio, con l'intento di bonificare le zone paludose circostanti e costituirvi una colonia agraria. Proprio le paludi furono l'ostacolo iniziale da superare per la creazione delle due grandi strade che attraversano il territorio: la via Aurelia e la via “Aemilia Lepidi” (l’attuale via Emilia) ovvero i principali collegamenti tra il centro Italia, il nord-ovest e la Pianura Padana.

Dopo la guerra civile dell’ 89 a.C. Luni, come il resto della Liguria, ottenne la cittadinanza romana e conobbe il suo periodo di massimo splendore in quanto, oltre a trovarsi su una delle strade principali dell’impero romano, poteva vantare un ottimo porto commerciale con cui importare il vicino marmo bianco delle adiacenti Alpi Apuane e il legname della Val di Magra (che arrivava al porto sfruttando direttamente il fiume). Conobbe quindi una forte espansione edilizia che portò all’ampliamento del foro nel primo secolo d.C. e alla costruzione di un anfiteatro nel secondo. Nel suo periodo di massimo splendore Luni arrivò a contare più di 50.000 abitanti e rimase a lungo la città di riferimento per tutti i territori circostanti, tanto che nel V secolo d.C. fu scelta come sede vescovile e la sua diocesi si estendeva da Levanto fino a Forte dei Marmi, includendo gran parte dell’alta Garfagnana.

Quando Roma ottenne il controllo totale del Mediterraneo venne meno l’importanza militare delle insenature del golfo spezzino che divenne perciò quasi esclusivamente un luogo di soggiorno e di bagni per le famiglie altoborghesi come dimostrano i resti delle ville riscoperte al Muggiano e al Varignano.

Purtroppo con la caduta dell’Impero romano il territorio spezzino, come del resto tutta l’Italia, iniziò a essere attraversato da razzie da parte di popolazioni barbare, in particolar modo dei Goti e degli Eruli, dando il via così a un lento declino che porterà Luni alla sua definitiva scomparsa.

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1.2.2 Il medioevo e la nascita della Podesteria di La Spezia

Con la fine dell’Impero romano d’occidente, i territori di tutta la penisola vennero percossi dalla guerra gotica (535-553 d.C.) che vide da una parte gli Ostrogoti e dall’altra Giustiniano I alla guida dell’ Impero bizantino, mirante a riprendersi le province italiane. In questo contesto, il golfo spezzino e la città di Luni finirono sotto il dominio bizantino nella “Provincia bizantina di Liguria” nel più vasto “Esarcato d’Italia”. Il territorio spezzino a quei tempi era utilizzato come base di stanza e ricovero per le navi dei bizantini e più precisamente quest’ultime trovavano riparo nel porto di Portovenere e nella parte di levante del golfo.

Ma nel 568 d.C. i Longobardi invasero l’Italia e nel 642 d.C., sotto la guida di re Rotari, conquistarono la Liguria. La città di Luni, dopo esser stata quasi distrutta, venne staccata dal Ducato di Liguria ed entrò a far parte del Ducato di Tuscia. Ma le terre spezzine non trovarono ugualmente

pace perché nell’860 furono

saccheggiate prima dai vichinghi capitanati dal famoso Hastein e poi per un lungo periodo dai saraceni, che decretarono il definitivo annientamento di Luni . Il golfo spezzino invece grazie alla sua straordinaria posizione strategica e alla sua naturale conformazione difensiva divenne luogo, oltre che delle scorribande dei barbari, anche di contesa tra grandi feudatari. Sull’attuale territorio dove ora sorge la città, si era creato intanto un nuovo centro a Vesigna sul colle Marinasco. Questo, grazie a un discreto movimento migratorio, contribuì alla formazione del primo borgo sul “Poggio” della Spezia, allora lambito dal mare.

Figura 5: Le rovine dell’anfiteatro romano di Luni tornate

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Nel X secolo l’intera zona entrò a far parte nella Marca della dinastia

longobarda degli Obertenghi e per circa due secoli poté crescere fino a diventare un centro di modesta importanza. Risalgono infatti agli anni intorno al mille i primi riferimenti al nome “Spezia” su documenti commerciali. Nel frattempo due nuove potenze si contendevano la supremazia sull’Alto Tirreno e proprio all’imboccatura del golfo si scontrarono le flotte delle città-stato di Genova e Pisa. Proprio Genova in cerca di espandere la propria egemonia verso il levante, comprò intorno agli inizi del XII secolo il borgo prima di Portovenere (proprio in previsione di una guerra con Pisa) e poi di Lerici. Ma non riuscì immediatamente a estendere la propria influenza anche sul golfo di Spezia in quanto l’esiliato guelfo genovese Nicolò Fieschi nel 1256 provò a fare della zona una propria effimera Signoria con capitale Carpena, località che divenne punto di convergenza di vari gruppi feudali della zona. Il borgo di Spezia venne comunque fortificato e sostenne l’assedio di Oberto D’Oria che però lo conquistò per i genovesi nel 1272. La Spezia rimase sotto alla podesteria di Carpena fino al 1345, data in cui venne accolta l’istanza dell’allora sindico Benedetto Perdomo da parte del doge Simon Boccanegra che assieme alle terre di Isola, Valeriano, Follo, Tivegna e Bastremoli elevarono Spezia a podesteria a sé stante.

1.2.3 Sotto il dominio della Repubblica genovese

La Spezia sotto il dominio genovese iniziò a imporsi come centro principale nel golfo nonostante il sacco avvenuto nel 1365 da parte della famiglia Visconti che insieme a un gruppo di soldati inglesi e tedeschi mise insieme una compagnia di ventura chiamata di “S. Giorgio” con l’intento di depredare la Toscana ma che trovando resistenze nella val di Magra decise di assediare la città spezzina. Grazie comunque alla sua crescita, Carpena e la sua podesteria nel 1371 si fecero inglobare dalla podesteria di Spezia che sempre in quell’anno assunse il

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ruolo di “Vicariato della Riviera di Levante” (uno dei tre in cui era ripartita la Repubblica genovese). Qualche anno più tardi però il golfo dovette subire un’altra aggressione da parte di un’agguerritissima rivale alla Repubblica genovese ovvero Venezia, che fece assalire l’isola davanti al golfo del Tino, portando via come bottino di guerra le ossa di un monaco (spacciate poi per quelle di S. Venerio). Genova in quel periodo era coinvolta inoltre in una serie di lotte interne che sfociarono nella consegna della Repubblica a Carlo VI di Francia che occupò il castello di Portovenere.

Nel 1407 però La Spezia riuscì a ottenere le prime autonomie e a dotarsi di propri statuti, concessi dal governatore francese di Genova Jean II Le Meingre, ottenne infatti la nomina di un “Podestà” ovvero di una figura con prerogative politiche e poi di un “Capitano” che assunse funzioni sia politiche sia militari. Ma la città finì nuovamente coinvolta nelle lotte dei Genovesi con i Visconti e nella disputa tra gli Adorno e i Fregosi e nel 1436 subì nuove devastazioni. Nel 1464, i milanesi, guidati da Francesco Sforza, riescono a sottomettere nuovamente Genova e costruiscono a Spezia un arsenale militare marittimo che venne però distrutto in un’insurrezione popolare in favore della famiglia dei Fregosi contro le autorità d’occupazione.

In generale in questo periodo la città risentì dei conflitti di potere del

governo genovese, che

passò sotto il controllo dei francesi e dei milanesi e sotto le famiglie dei Fieschi,

degli Adorno e dei Fregosi. Una volta pacificatosi la Repubblica, sotto il ferreo dominio di Andrea Doria nei primi anni del XVI secolo, La Spezia divenne un Capitanato e fu fortificata per scoraggiare qualsiasi mira espansionistica spagnola sulla città e sul territorio della Lunigiana in generale. Fu costruito perciò il castello S. Giorgio, probabilmente su una precedente costruzione

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difensiva e articolato da due elementi ben distinti: una parte con i baluardi tondi che si deve alla famiglia Fieschi e un’altra con i baluardi quadrati che guarda verso levante che si deve ai Genovesi. Nel frattempo si instaurò una sorta di competizione per la supremazia sul territorio circostante tra Spezia e la città di Sarzana (che ereditò il vescovato di Luni) dalla quale uscì vincitrice La Spezia, eletta sede del Vicariato della riviera orientale. In quel periodo infatti si ebbe probabilmente uno dei suoi massimi sviluppi della città e Spezia si distinse per il fiorire della cultura artistica rappresentata dal suo massimo esponente dell’epoca, Antonio Carpenino. Il porto di Spezia fu spesso usato in quegli anni non solo come porto commerciale ma molto spesso come scalo militare dando rifugio per esempio alla flotta francese nel 1541 nella sfortunata spedizione contro la base ottomana di Algeri capitanata dal pirata Barbarossa o nel 1571 a un’ ottantina di galee che si unirono alla flotta della Lega Santa per affrontare la Battaglia di Lepanto.

All'inizio del XVII secolo la

Repubblica di Genova

provvide inoltre ad ampliare ulteriormente le fortificazioni del Golfo soprattutto a difesa dell'estremo levante e nel 1607 ristrutturò la cortina

muraria del borgo,

ampliando ulteriormente

l'area su cui sorgeva la città. Per ravvivare gli scambi commerciali fu permesso nel 1654 agli ebrei di stabilizzarsi in città e vennero promossi mercati e fiere, introducendo così la festività che permane anche ai giorni nostri di San Giuseppe, patrono della città. Purtroppo però l’antica repubblica marinara genovese stava sfiorendo e divisa dalle spinte politiche di Francia e Spagna, stremata dalle guerre continentali del XVIII secolo e con la

Figura 7: Carta del 1650 che riporta i terreni di levante della

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sua politica protezionistica nei confronti degli altri cerchi rivieraschi a favore della “Dominante” bloccò l’incremento economico e demografico di Spezia. I territori spezzini fecero da sfondo anche alla guerra tra Austria e Franco-spagnoli, i primi infatti scacciati dopo aver occupato Genova cercarono di conquistare il forte di Sarzanello e la fortezza di S. Maria nel golfo per trovarvi rifugio ma la resistenza capitanata da Francesco Franzone vanificò ogni tentativo. Sempre gli austriaci, l’anno seguente nel 1747 cercarono di invadere i territori della Val di Magra ma grazie alla resistenza degli alleati Franco-Spagnoli-Genovesi vennero respinti. Nel 1757 con l’accrescere dell’importanza della città, la Repubblica genovese si vide costretta a sostituire la figura di Capitano con quella di Governatore della Spezia ma una quarantina di anni dopo, nel 1797, cadde la Repubblica genovese e i suoi domini finirono a far parte della Repubblica Ligure e in particolar modo La Spezia divenne il capoluogo del Dipartimento del Golfo di Venere.

1.2.4 La scelta di Cavour

Ben presto la situazione politica mutò nuovamente e nel 1805 la Repubblica Ligure fu annessa all'Impero Francese e La Spezia fu inserita nella Circoscrizione di Sarzana, che a sua volta faceva parte del Dipartimento degli Appennini. Ma Napoleone, conosceva bene la dislocazione tattica militare della Spezia e la elevò al rango di sede di Distretto e nel 1808 la dichiarò porto militare. L’ammirazione di Napoleone verso la città era così elevata che negli anni del suo esilio a Sant’Elena scrisse: «La Spezia è il più bel porto dell’universo, la sua rada è anche superiore a quella di Tolone, la sua difesa per terra e per mare è facile, i progetti redatti sotto l’impero dimostrano che con spese anche mediocri gli stabilimenti marittimi sarebbero sicuri e chiusi in una

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piazza capace della più grande resistenza»3. Nell’ottica del dominio francese sul

Mediterraneo prevedeva a Spezia la nascita di una nuova città imperiale con un vero modello d’urbanistica con annesso arsenale. Infatti nel periodo in cui i Francesi occuparono il golfo spezzino, dal 1805 al 1814, furono dati il via a parecchi lavori pubblici con lo scopo di muovere dal loro statico tepore la popolazione del luogo (che viveva in un generale stato d’arretratezza) e indirizzarli verso un nuovo sviluppo. La testimonianza più evidente di questa spinta, visibile anche ai giorni d’oggi, è la strada che collega la città a Portovenere fortemente voluta dagli occupanti francesi ma osteggiata dalle persone del luogo.

Con la caduta di Napoleone, il congresso di Vienna sancì l’annessione della Liguria all’allora Regno sardo dove Spezia divenne capoluogo della provincia di Levante. Il territorio spezzino quando entrò in questo nuovo quadro non attraversava un periodo florido e in special modo la popolazione della città era scesa da tremila persone a poco più di duemila a causa della scarsità di commerci, le lunghe carestie e la diffusione di alcune epidemie. Ma nel 1823 essendo diventata capoluogo di provincia e con l’apertura della nuova strada che collegava il Piemonte con la Toscana cominciarono a vedersi degli incoraggianti segni di miglioramenti. In special modo, l’apertura della nuova strada che costeggiava la spiaggia, avvicinò gli spezzini stessi alla zona a mare e pian piano andò a crearsi un importante flusso turistico straniero e d’élite. Il golfo era considerata una bellezza naturale dove solo l’agricoltura si poteva dire fiorente e l’industria si limitava alla presenza di poche fabbriche di pasta. La fama della sua bellezza attrasse celebri artisti e poeti del calibro di Percy Bysshe Shelley e George Byron tant’è che fu coniata per La Spezia la definizione di “Golfo dei poeti”, appellativo fortunato, tuttora usato.

3 Chioma, Gabriella, Il golfo delle meraviglie. Dal porto antico al waterfront, Edizioni del tridente, Treviso,

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I primi anni dopo l’annessione al Regno di Sardegna furono quindi incredibilmente densi di iniziative e di fermenti e il territorio del golfo divenne un’opportunità su cui parecchie famiglie altoborghesi investirono e che si tradusse con la costruzione di svariate unità residenziali, palazzi, stabilimenti balneari, hotel e addirittura parchi. Fu molto concreta, in questo periodo, la possibilità di basare un ipotetico futuro della città sul turismo ma a causa di alcune

controversie e di lentezze

burocratiche il progetto andò pian piano ad offuscarsi per poi spirare definitivamente con la scelta cavouriana. In due storiche sedute nel gennaio e dicembre del 1851, Cavour, fresco ministro della Marina, Industria e Agricoltura del Regno sardo affermava «essere non necessario ma addirittura indispensabile il trasferimento della base navale da Genova alla Spezia»4. Fu scelto così il destino del golfo spezzino e il 28 luglio

18615, dopo diverse discussioni avvenute anche all’interno dello stesso

parlamento, fu promulgata la legge che decretava la costruzione dell’Arsenale in zona San Vito. Venne redatto perciò il Piano Regolatore della Marina del 1861-1862 dagli ingegneri del genio militare Calderai, Prato e Porta che andò a

4 Chioma, Gabriella, Il golfo delle meraviglie. Dal porto antico al waterfront, Edizioni del tridente, Treviso,

2010, p. 58.

5 Con il Regio Decreto n. 136.

Figura 8: Foto storiche degli stabilimenti balneari “Selene” (in

alto) e “Helios” (al centro e in basso). Nel secondo si nota la costruzione di un “toboga”.

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integrare il Piano Regolatore degli anni ’50. Nel Piano si prevedeva la costruzione di un arsenale dalle dimensioni incredibilmente estese soprattutto se relazionato con le dimensioni dell’ allora città.

Dopo la fatidica scelta lo sviluppo economico della città subì un’importante accelerazione e se già nel 1861 la popolazione ammontava a 11.556 abitanti, raddoppiò arrivando a 24.127 nel 1875 per arrivare col solito ritmo a 31.565 nel 1881, appena vent’anni dopo. Con l’incremento dell’economia della città nacque anche l’esigenza di ampliare quella parte del porto destinata puramente all’uso commerciale. Nel 1877 fu costruito quindi inizialmente un piccolo porto in pietra e successivamente con il materiale di riporto per la realizzazione di Piazza d’Armi, fu fatto il riempimento per la costruzione di una nuova calata. Ma fu solo nel 1889 che il comune affidò ad una speciale commissione del genio civile l’incarico di trovare una soluzione per la nascita di un nuovo scalo mercantile. Lo sviluppo mercantile del porto non era certo scontato visto la vicinanza di due “giganti” come l’eterna rivale Genova e Livorno e ai tempi rappresentò una vera e propria scommessa che se alla lunga si dimostrò vincente per la crescita e lo sviluppo della città.

A voler fortemente uno sviluppo non unicamente militare della città fu Gio Batta Paita, sindaco di La Spezia per ben tre legislazioni6, sotto la cui guida oltre

al porto mercantile furono realizzati anche numerosi allacciamenti stradali fra la città e i dintorni, tra cui due ponti uno sul Vara e l’altro sul Magra che tuttora svolgono un’importantissima funzione di collegamento. In questo piano generale d’ampliamento delle vie di comunicazioni terrestri vanno ad inserirsi la costruzione delle due linee ferroviari: una che collega Spezia con le vicine città costiere con la linea Genova-Pisa e l’altra che collega la città all’entroterra padano con la linea Parma-La Spezia che fecero, e fanno tuttora, da vitale supporto al porto commerciale. «Grazie ad uomini come Paita, il piccolo borgo che nel 1832 era poco più di un semplice centro urbano, sede di una stazione per il cambio di posta e con scarse industrie, tra cui una fabbrica “della pasta ad

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uso di Genova” era ormai divenuta una città in fase di grande sviluppo, con un attivo porto mercantile e sede di importanti stabilimenti industriali.»7. Nel 1901

infatti gli abitanti a La Spezia ammontano a 66.263 e la città ha subito importanti trasformazioni. I piani urbanistici imprimono alla città un’ assetto unitario ed ortogonale sia per le aree militari sia per le nuove aree di sviluppo a nord in special modo nel Quartiere Umbertino (oggi racchiuso nel tratto che va da Piazza del mercato a Piazza Brin). La zona a mare e l’antica città diventano invece sede dei ceti borghesi e il tessuto edilizio viene a caratterizzarsi da un’edilizia monumentale e dalla nascita di lunghi viali alberati delimitati da palazzi porticati in pieno stile piemontese. Agli inizi del XX secolo, La Spezia è

in piena crescita tanto che nel 1921 si registrano 89.169 abitanti e dieci anni dopo nel 1931 si superano le 100.000 unità e più precisamente 115.118. La città acquistò una discreta fama e si trovò spesso ad ospitare persone illustri dell’epoca a causa dei diversi eventi che vi trovarono sede e che spaziarono dalle prime competizioni aeree alle manifestazione per

i vari delle navi da battaglia realizzate nell’Arsenale fino al 1923 (data in cui le produzioni navali furono affidate alla cantieristica privata). Un cronista dell’epoca del “Corriere della Spezia” riporta proprio in occasione di un varo: «La Spezia accoglie con festa questa invasione di coraggiosi che hanno sfidato cinquanta o cento chilometri di ferrovia dello Stato per vedere il nostro Golfo, i nostri marinai, il nostro Arsenale, i nostri assessori popolari in cilindro e le

nostre guardie civiche con le nuove divise di colore incerto. Quanti sono i forestieri giunti per il varo? Diecimila? Trentamila? Cinquantamila? È difficile dirlo: sono giunti per ferrovia, per mare; sono scesi dalle montagne a piedi, in carrozza, in barroccino.»8. In questo periodo di feste e celebrazioni vennero

quindi ampliati e arricchiti di piante rare le aree verdi in special modo i giardini

7 Chioma, Gabriella, Il golfo delle meraviglie. Dal porto antico al waterfront, Edizioni del tridente, Treviso,

2010, p. 67.

8 Anonimo, in “Corriere della Spezia”, 12 agosto 1911.

Figura 9: Manifesto della Riunione Aviatoria.

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pubblici che si affacciano sull’attuale lungomare dove venne impiantata felicemente la rarissima pianta Phonex dattilifer.

Ma con gli inizi del XX secolo iniziarono anche i conflitti a fuoco del giovane

Regno d’Italia. Nel 1911 infatti l’Italia dichiarò guerra alla Libia e il porto di La Spezia

visse da protagonista il

conflitto perché da esso partì buona parte della flotta coinvolta. Appena tre anni più

tardi iniziò la “Grande

Guerra”. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915, la Marina italiana si adoperò per effettuare uno sbarramento nel canale d’Otranto in maniera tale da isolare l’Adriatico e questo fece in modo di avvantaggiare l’attività portuale spezzina che ebbe un vero boom del movimento delle merci a causa anche della congestione di Genova dando un nuovo forte impulso al settore economico locale. Ma nonostante la lontananza del conflitto, la mattina del 22 luglio 1916 il tenente austro-ungarico Wilfred Sapieha con un Flokker, imitazione del famosissimo aereo di M. von Richtofen detto “Barone Rosso”, riesce nell’impresa di raggiungere La Spezia da una base nel Trentino e a sganciare alcune bombe sull’Arsenale, causando la morte di diversi operai. Nonostante questo rimase l’unico attacco diretto alla città, lo stato di guerra provocò diversi disagi alla popolazione civile sottoposta a privazioni e limitazioni. Disagi che sfociarono in una vera e propria diatriba tra l’amministrazione comunale e l’autorità militare marittima, che portarono lo scontro davanti agli occhi della giustizia amministrativa. La Marina Militare la spuntò e ottenne così lo scioglimento del Consiglio comunale del partito socialista del “Blocco Popolare” che non riuscì a compiere alcuni dei programmi per cui s’era adoperato e che verranno portati a termine solamente qualche anno più tardi sotto la nuova amministrazione fascista quali l’elevazione di Spezia a provincia e il trasferimento del tribunale da Sarzana a Spezia.

Figura 10: Il sottomarino Giacinto Pullino in navigazione davanti

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In questo clima di contrasto nel 1919 si arrivò a un momento critico per l’economia spezzina dove le tensioni sociali, recepite dalle organizzazioni sindacali, diedero il via a una quasi ininterrotta serie di scioperi. Ad aggravare ulteriormente il clima fu la salita al potere in Italia del partito fascista. Famosi divennero quegli eventi noti come i “tragici fatti di Sarzana” del 1922 che videro antagoniste la fazione fascista con quella socialista (quest’ultima con simbolica sede nella città di Sarzana). In quell’anno persero la vita ben 16 persone e si generò un’ondata di commozione e riprovazione a livello nazionale soprattutto per la violenza usata negli scontri e per la giovane età delle vittime.

L’anno successivo però, esattamente il 30 agosto 1923, il Consiglio dei Ministri a Roma, approvò all’unanimità, su proposta dell’allora Presidente del Consiglio Benito Mussolini, il decreto per la costituzione della Provincia della Spezia: prima provincia italiana creata sotto il regime fascista. Nei programmi del regime vi era ovviamente il potenziamento del paese dal punto di vista militare e per quanto riguarda La Spezia si puntò al rinnovamento della flotta navale. Iniziò così la ripresa economica del Golfo dove trovarono fortune vecchie e nuove aziende nel settore metal-meccanico, che contribuirono allo sviluppo della città.

Ben presto però riiniziarono i periodi di guerra. Il 3 ottobre 1935 l’Italia diede inizio alla Guerra d’Etiopia, dove prese parte agli scontri la 135° legione di Camice Nere spezzine, rientrante vittoriosa l’anno dopo in città, che l’accolse in parata. La seconda guerra mondiale però era vicina e la città la visse in una vera e propria escalation di terrore. Le prime incursioni aeree iniziarono nell’ aprile 1941 e dimostrarono una certa inadeguatezza delle misure difensive. Furono scavate perciò delle gallerie nelle colline per creare nuovi rifugi antiaerei come la “Lazzaro Spalanzani”, quella dei “Bugi”, altre al Torretto e sotto il Poggio. Subito dopo l’estate gli alleati riprovarono a bombardare la cittadina spezzina e in special modo l’arsenale. Dopo un primo tentativo andato a vuoto per merito delle difese aeree, il secondo colpì fabbriche, stabilimenti e parte del centro urbano. Nell’arsenale furono colpiti alcuni capannoni e la caserma dei

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sommergibilisti dove persero la vita sei marinai. Fra la popolazione civile persero la vita nove persone e 31 furono ferite; 15 edifici furono rasi al suolo e 33 gravemente danneggiati. Ma con l’inasprirsi della guerra, cambiò la tattica della Raf9 di bombardamento e il comandante in capo Arthur Harris introdusse

la tattica del “bombardamento a tappeto”: ovvero un’imponente forza di fuoco che martellava ogni centro abitato senza più procedere alla ricerca mirata degli

obbiettivi strategici. Si arrivò così al drammatico giorno del 14 aprile 1943, dove nella notte gli aerei alleati diedero il via a uno dei più devastanti bombardamenti sino allora mai effettuati sul territorio italiano. Per capire quanto imponenti furono le devastazioni basti sapere che per domare i vari incendi che si accesero in città furono mandati squadre dei vigili del fuoco delle sezioni di Lucca, Pisa, Livorno, Genova e Reggio Emilia oltre ovviamente ai vigili del fuoco spezzini. Ma la Raf non si fece impietosire e tornò a bombardare la città 4 giorni dopo e colpì nuovamente l’Arsenale, dove distrusse 27 edifici, i bacini di carenaggio e gran parte della flotta che era rimasta imbottigliata in rada. I bombardamenti continuarono quasi quotidianamente fino a giugno e devastarono interamente la città: pochi furono i fortunati fabbricati che non vennero toccati.

Al termine della guerra, la città spezzina divenne famosa perché da essa partirono tre navi che trasportarono in patria 1914 ebrei sopravvissuti

9 Abbreviazione di Royal Air Force, ovvero l’aeronautica militare del Regno Unito.

Figura 11: Fotografia del bombardamento aereo su La Spezia del 5 giugno 1943. Una salva

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all’olocausto. Tuttora in Israele La Spezia è conosciuta anche con lo pseudonimo di “Porta di Sion” o“Schàar Zion” in memoria di quell’evento.

Con la fine della guerra però ci si trovò con la necessità di ricostruzione gran parte della città e si prese paradossalmente ispirazione dal Piano Regolatore degli Urbanisti fascisti del ’32 per ripartire. Spesso però questo rinnovamento edilizio fu irrispettoso nei confronti dell’identità che la città aveva maturato nei secoli, creando diversi squilibri all’interno della stessa. Nel dopoguerra la base militare di Spezia perse pian piano d’importanza a favore di quella di Taranto, più centrale nel teatro mediterraneo e questo diede il via col tempo a una riconversione industriale della città, dedita a attività legate alla cantieristica e alla nautica.

Recentemente si sta cercando di rilanciare anche quel settore economico dedito al turismo che era quasi completamente sparito nel XX secolo a causa della scelta

cavouriana e degli eventi bellici. Proprio in quell’ottica, l’Attività portuale di Spezia ha bandito

un concorso di idee per il rinnovamento del waterfront di La Spezia nel 2007. Nel progetto vincitore si nota l’apertura della città al traffico turistico mediante la creazione di un

molo, atto alla

recezione del

traffico crocieristico.

In questi ultimi anni non sono ancora partiti i lavori per un progetto su larga scala ma sono stati effettuati alcuni interventi mirati. È stato inaugurato infatti il nuovo molo turistico di “Mirabello”, collegato alla storica passeggiata “Morin”

Figura 12: Foto del ponte “Thaon di Revel” nel giorno della sua inaugurazione,

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attraverso la costruzione di un ponte pedonale mobile, inaugurato nel luglio 2013. Di quest’anno è invece la riconversione temporanea a scopo turistico del molo Garibaldi: usato come attracco per le imponenti navi da crociera. Questi passi iniziali danno un’idea dell’impegno della città nella ricerca di un nuovo sviluppo attraverso la riscoperta della sua vocazione turistica, ma interventi importanti devono ancora essere effettuati in questa direzione per poter sviluppare appieno le potenzialità del Golfo spezzino. E proprio in questo indirizzo cerca di portare il suo modesto contributo questo studio di ricerca.

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CAPITOLO II

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Il tema del porto urbano: un problema ricorrente

2.1 La disciplina urbanistica sulla tematica del porto

«Negli ultimi decenni l’urbanistica contemporanea è stata dominata dal tema dello sviluppo urbano, non più inteso come semplice espansione della città nel territorio in termini di “dimensione” e “quantità”, ma come ricerca di una rinnovata qualità urbana, attualmente considerata l’obbiettivo fondamentale da perseguire sia negli interventi di nuova pianificazione che in quelli di recupero e riqualificazione dell’esistente.»10. Il dibattito sullo sviluppo e sulla

riqualificazione urbana, grazie anche alla sempre più ampia casistica di esperienze realizzate, ha favorito l’emergere di alcuni aspetti che sono alla base dei nuovi indirizzi della pianificazione urbana. Gli elementi fondamentali emersi a cui prestare attenzione in questa fase sono principalmente il rapporto che intercorre tra città e ambiente e il rapporto tra la città da riqualificare e le parti di città esistenti.

Nel caso delle città portuali queste tematiche trovano particolare forza in quanto la presenza del porto come fonte di indotto economico ha causato nella maggior parte dei casi una crescita sproporzionata delle aree industriali e dei quartieri operai funzionali all’area. Le aree portuali inoltre non erano viste come parti integranti del sistema cittadino ma erano considerate come “strutture specializzate” e spesso quindi relegate a margine del contesto urbano, proprio come è successo nel caso della Spezia. In questi casi le strategie di nuova pianificazione devono essere quindi più attente e oculate per innescare il giusto processo di riqualificazione e di sviluppo. Gli interventi di pianificazione più recenti hanno quindi tentato di porre rimedio a queste lacune

10 Fonti, Luciano, Porti – Città – Territori. Processi di riqualificazione e sviluppo, Alinea editrice, Firenze, 2010,

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avviando dei processi di riqualificazione che non si limitassero più unicamente alla zona di interfaccia porto-città ma capaci di estendersi al recupero oltre le aree portuali, rivolgendosi a quella fascia di costa interessata dall’affaccio della città sull’acqua e dalle connessioni infrastrutturali e funzionali con i tessuti urbani adiacenti.

Nasce quindi il concetto di waterfront che però può essere inteso in due maniere differenti: come il rapporto tra la città e il porto e come rapporto tra la città e il mare. Nel secondo caso il rapporto tra la città e il suo porto ritorna solo come elemento secondario mentre l’attenzione viene posta sulla riqualificazione del rapporto tra il costruito e il suo margine naturale, a prescindere dal porto e dalle problematiche che ne conseguono, relegandolo quindi a un’area chiusa ed esterna alla città.

«Le attuali strategie di pianificazione tendono principalmente ad innescare processi di rilancio economico della città portuale, pur tenendo conto nella programmazione degli interventi degli aspetti fin qui esposti.

Il concetto di “facciata urbana” sul mare che ha accompagnato la pianificazione degli anni precedenti, è, infatti, ormai ufficialmente cambiato, e se prima la tendenza formale era di edificare volumi che conferissero alla città una “maschera” di alto livello economico, oggi le soluzioni progettuali adottate per le fasce costiere del waterfront urbano prediligono la valorizzazione dell’aspetto naturalistico e sociale, grazie ad una maggiore consapevolezza del valore sia del paesaggio costiero che di quello prettamente urbano.»11.

11 Fonti, Luciano, Porti – Città – Territori. Processi di riqualificazione e sviluppo, Alinea editrice, Firenze, 2010,

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2.2 Alcuni esempi di riqualificazione di aree portuali

Come descritto nel paragrafo precedente sono molti i casi di città affacciate sul mare che negli anni ’80 e ’90, grazie al boom economico, hanno realizzato aree portuali d’ingenti dimensioni senza però aver programmato la loro relazione con le aree limitrofe. Negli ultimi anni la tendenza è stata quella di ridurre e compattare le funzioni commerciali dei porti ed è quindi nato il bisogno di riqualificare queste aree e d’integrarle con il resto della città. Diversi sono i casi in tutto il mondo e nei paragrafi seguenti abbiamo deciso di mostrarvene alcuni esempi tra i più interessanti.

2.2.1 Euroméditerranée

Euroméditerranée è il nome che è stato dato al masterplan di Marsiglia, un progetto che tende al recupero delle aree portuali dismesse per creare una nuova immagine della città con cui rilanciarsi. Le strategie adottate per migliorare la competitività della città sono state: lo sviluppo economico e urbano, la promozione della città e la rivitalizzazione dei quartieri esistenti. Per quanto riguarda lo sviluppo economico è stato importante l’incentivo e la localizzazione di importanti aziende francesi e internazionali, di piccole e medie imprese e attività commerciali locali. Per lo sviluppo urbano, invece, si è scelto di favorire la pluralità sociale, privilegiando perciò gli spazi pubblici, le istituzioni e una ricercatezza nel design urbano moderno per sostenere la valorizzazione dell’heritage culturale. Il paesaggio fisico costruito dal progetto di conseguenza serve come importante strumento per aumentare l’attrattività di Marsiglia.

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Figura 13: Fotografia aerea di Marsiglia con evidenziate le aree d’intervento del masterplan

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2.2.2 Porto Antico di Genova

Un altro chiaro esempio di trasformazione di area portuale dalla sua funzione originariamente prettamente economica è quella avvenuta nella vicina Genova a metà degli anni Novanta. Fra gli interventi di rigenerazione urbana avvenuti nell’ultimo ventennio, il grande progetto per il fronte a mare è certamente tra quelli di maggiore impatto per l’immaginario collettivo della città. Un progetto che ha riguardato la riqualificazione del porto antico di Genova a seguito del trasferimento a ponente del porto commerciale e delle attività a esso collegate. In quest’ottica le aree a uso portuale dismesse sono state trasformate a zona urbana a tutti gli effetti e hanno portato alla creazione di un vero e proprio ’’parco urbano portuale’’ volto a spostare verso il mare il baricentro della città con ricadute positive sul processo di recupero del confinante centro storico. Gli obiettivi del piano di riqualificazione erano perciò di:

 restituire alla città l’area dell’antico porto

 rendere vivibile l’area tutto l’anno con iniziative culturali, con lo sviluppo dell’attività congressuale e con la realizzazione di strutture nell’interesse generale

 creare un polo di attrazione turistica nazionale e internazionale

 costituire uno dei fattori essenziali nel rilancio turistico della città di Genova

Perseguendo questi obiettivi Genova ha restituito alla città il punto di saldatura, che era scomparso per diverso tempo, tra il mare e il centro storico creando un nuovo quartiere in cui, oltre a numerosi uffici e attività commerciali, hanno trovato spazio nel corso degli anni alcune tra le più apprezzate e visitate attrazioni turistiche genovesi come il famosissimo Acquario, il Bigo e il Cotone Congressi Genova.

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34 Figu ra 1 5: V is ua le ae re a de llo st ato attua le d el P or to A nti co di G enov a

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CAPITOLO III

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Il contesto: il lungomare di La Spezia

3.1 La Spezia e il suo porto: un’analisi diacronica

3.1.1 Il “Poggio”

Se si analizzano i passi principali attraverso i quali siamo arrivati all’attuale conformazione della città, sicuramente si riscontrerà che l’evento più importante che ha cambiato volto alla cittadina di La Spezia è stata la costruzione dell’Arsenale militare. Esso rappresenta una vera e propria linea temporale oltre la quale la città si evolve da semplice borgo medievale a vera e propria cittadina.

Prima della scelta cavouriana infatti la città contava all’incirca tremila abitanti ed era un borgo che si arrampicava sulla collina (chiamata “Poggio”)

sormontata dal castello di San Giorgio. La città era stata infatti fortificata dai genovesi che, oltre al castello, la dotarono di una cinta muraria. Queste mura risalgono al XVII secolo e rappresentarono il confine della città per almeno due

secoli. La parte terminale della città che si adagiava sul terreno pianeggiante era

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circondato da paludi e acquitrini, che nel futuro renderanno necessarie delle opere di bonifica.

Se si guarda le planimetrie dell’epoca si può notare che i profili planimetrici degl’ isolati urbani non hanno la forma di poligoni regolari. Questo testimonia che la città al suo inizio non ha avuto una crescita programmata ma uno sviluppo organico, ovvero una crescita spontanea e lenta fatta da interventi frazionati e indipendenti. Anche le strade sembrano esser formate dagli spazi rimasti liberi dalle cortine edilizie dei vari isolati. Spezia, nonostante l’importanza strategica delle sue acque, non aveva uno sbocco diretto sul mare e quindi era priva di un vero e proprio porto e non essendovi il molo, la linea di costa era molto arretrata rispetto a quella conosciuta oggi.

Risalgono ai primi decenni del XIX secolo, quando il territorio si trovava sotto

l’amministrazione francese, le prime ipotesi di costruzione di un arsenale militare. A riconoscere la sua importanza strategica fu per primo Napoleone Bonaparte che prevedeva per la città la costruzione di un porto militare e la nascita di una nuova città imperiale con un vero modello d’urbanistica. Del periodo dell’occupazione francese è rimasta a testimonianza la strada che collega La Spezia a Portovenere, voluta fortemente dagli occupanti francesi ma osteggiata dalle popolazioni autoctone. Proprio gli abitanti spezzini infatti, vengono ritratti nei documenti dell’epoca come persone arretrate e perseveranti nel loro immobilismo.

Con l’entrata della Liguria nel Regno di Sardegna però le condizioni nella cittadina migliorano e la popolazione iniziò a uscire dal proprio isolazionismo. Nel 1823 venne infatti aperta la nuova strada che attraversava il vecchio borgo e si espandeva lungo la linea di costa. Questa strada faceva parte di un complesso molto più ampio di vie di comunicazione che collegavano il Piemonte con la Toscana. La sua apertura fu molto importante per lo sviluppo della città in quanto le vie di comunicazioni terrestri fino a quel momento avevano una dimensione esclusivamente locale. Spezia divenne quindi punto di sosta per parecchi viaggiatori e la sua fama crebbe al punto da creare un buon flusso

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turistico, soprattutto d’élite. Le amministrazioni dell’epoca, presa coscienza di questo fenomeno, previdero un possibile sviluppo della città proprio in quest’ottica, grazie anche agli investimenti di alcune famiglie alto-borghesi che vi costruirono alcune strutture ricettive. A sconvolgere questi piani d’espansione fu la decisione, campeggiata da Camillo Benso conte di Cavour, di spostare il porto militare e l’arsenale da Genova a Spezia intorno alla metà del secolo. Questo progetto porterà su binari completamente nuovi l’evoluzione della città.

Attualmente si trova ancora

traccia del tessuto storico

risalente al borgo medievale da cui ha avuto origine Spezia, nonostante alcune parti siano state modificate o addirittura distrutte dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. È

rimasto intatto il castello San Giorgio e parte delle antiche

mura che delimitavano il borgo. La piazza che vi era ha cambiato il suo perimetro e ora prende il nome di piazza Giulio Beverini. Su di essa si affaccia la chiesa abbaziale di Santa Maria Assunta, le cui origini risalgono al XIII secolo

ma che a causa dei bombardamenti ha cambiato quasi interamente la sua fisionomia storica.

Figura 17: Il castello San Giorgio e un tratto delle mura

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3.1.2 La città dell’arsenale

Il 28 luglio 186112 fu promulgata la legge che decretava la costruzione

dell’Arsenale. Dopo vari studi e progetti preliminari si scelse di porre questo grande cantiere nella parte acquitrinosa a ponente del vecchio borgo, nella località di nome San Vito.

Fu redatto perciò il Piano Regolatore della Marina del 1861-1862 dagli ingegneri del genio militare Calderai, Porta e Prato. I lavori iniziarono il 21 aprile 1862 sotto la guida dell’ufficiale del Genio Civile Domenico Chiodo e per il progetto il governo stanziò in totale 36 milioni di lire13. L’area

coperta dal Piano era considerevole, soprattutto se confrontata col suolo

12 Con il Regio Decreto n. 136.

13 Valuta dell’epoca.

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occupato dal borgo di Spezia. L’Arsenale rimase infatti il cantiere più grosso d’Italia fino alla fine della prima guerra mondiale.

Per quanto riguarda la progressione dei lavori,

alla fine del 1862

iniziarono i lavori di sterro, gli scavi subacquei e sull’intera area si aprirono diversi cantieri.

Nel 1865 furono

precisamente otto a cui lavorarono in totale ben 2190 operai. La calce e i mattoni furono prodotti direttamente in cantiere mentre la pietra fu presa

dalla fronteggiante

Palmaria o dai monti

vicini della Biassa.

L’inaugurazione ufficiale porta la data del 28

agosto 1869 anche se in realtà i lavori continueranno ancora per qualche anno a causa di ritardi dovuti a problemi finanziari, un’epidemia di colera nel 1866 e, non ultimi, rilevanti problemi tecnici riscontrati nella realizzazione per un’opera di tale portata nel suo contesto storico. Nonostante la morte di Domenico Chiodo nel marzo del 1870, l’Arsenale venne brillantemente completato e a Chiodo stesso venne riconosciuto il merito dello sviluppo sia del progetto che del cantiere. «Soprattutto gli si deve la messa a punto, inedita, almeno in Italia, dei metodi di scavo delle darsene e dei bacini. Si tratta, […], di lavori eseguiti praticamente all’asciutto, a 15 metri ed oltre sotto il livello del

Figura 19: Sopra: Fotografia storica dell’inaugurazione dell’Arsenale.

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mare, grazie a una corretta previsione di natura del terreno da scavare e, insieme della quantità d’acqua da esaurire per mezzo delle pompe a vapore.»14

Il progetto in generale ha un linguaggio convenzionale e segue schemi con chiaro rigore geometrico e strutturale. Lo stile architettonico è quello di un neoclassicismo eclettico reinterpretato per sottolineare un linguaggio sia militare ma in particolar modo nazionale com’è nel carattere dell’architettura europea dell’epoca (vedi opere di Ruskin e Viollet-Le Duc). Si cerca quindi di sottolineare la forza e il prestigio del nuovo Stato nazionale unito e

in quest’ottica

l’Arsenale viene dotato di una cinta bastionata attraversata da poche aperture. La principale tra queste è tra gli elementi più significativi dell’intero complesso. Presenta infatti un fossato con un ponte (originariamente mobile) come la porta di un antico castello e ostenta parecchi elementi cinquecenteschi e manieristici. La maggior parte degli edifici, come l’Officina dei Fabbri, la Veleria, la Caserma dei Reali Equipaggi e l’Ospedale, risentono invece di una piatta retorica monumentale e il loro linguaggio stilistico non è all’altezza del progetto ma anzi riesce a sminuire la principale caratteristica dell’intero disegno cioè l’eccezionalità delle sue dimensioni.

Nel 1861 gli abitanti ammontavano a 11.55615 ma con il cantiere dell’Arsenale in

procinto di esser aperto questo numero era destinato a salire molto rapidamente. In un ventennio, nel 1881, la popolazione triplicò e arrivò a 31.565 e nel ventennio successivo raddoppio ulteriormente tanto che nel 1901 si

14 Cevini, Paolo, La Spezia. Le città della Liguria, Sagep Editrice, Genova, 1984, p. 100-103.

15 Dato storico sulla base delle estensioni territoriali dell’allora comune di Spezia.

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contavano 66.263 cittadini. È proprio alla fine degli anni ’70 che ci si accorge che i vecchi piani regolatori risultano inadempienti nei confronti dello sviluppo che la città sta compiendo di pari passi con l’Arsenale. Nel 1870 perciò una nuova commissione formata da membri dell’allora amministrazione (come l’architetto Carlo Piaggio, il pittore Agostino Fossati e il capitano della direzione del Genio

Figura 21: Piano Regolatore per l’ingrandimento della Città, approvato con R. Decreto 20 settembre

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Cesare Prati) elaborano il nuovo Piano Regolatore per l’ingrandimento della Città. Una variante rispetto ai precedenti piani regolatori riguarda la maggior larghezza per i viali previsti ovvero viale Militare e Regina Margherita che insieme alla via di Circonvallazione segnano i nuovi limiti della città. Si accenna anche alla costruzione della via (ora via XX settembre) aderente alla tormentata orografia del terreno che anticiperà la futura espansione tra i due colli del “Poggio” e dei “Cappuccini”. Il piano si rivelerà d’estrema importanza per il futuro della città in quanto definisce i primi passi per la creazione di un nuovo centro urbano. La nuova città si espande sull’asse di via Chiodo verso levante con la definizione di Piazza Verdi, sede futura delle principali amministrazioni della città. Nell’incrocio tra via Chiodo e via del Prione (la via che collega la parte nuova della città al vecchio borgo) venne creato il giardino del Prato della Marina. Viene anche definito il fronte a mare con la costituzione di viale Mazzini, lungo il quale verranno realizzati edifici prestigiosi, come l’albergo “Croce di Malta”, e gli spazi porticati che definivano il prolungamento al mare di via Galilei (attualmente via Cadorna). Nel 1873 iniziarono i lavori per la costituzione della diga foranea che protegge il golfo spezzino. È lunga 2210 metri e ha un ruolo principalmente militare difensivo. Permette infatti l’entrata alle navi unicamente alle sue estremità dove sono ricavati due varchi: uno a ponente largo 400 metri e uno a levante di 200 metri, facilmente controllabili dai promotori che avvolgono il golfo spezzino. I lavori finirono nel 1879, sei anni dopo e nonostante i catastrofici eventi della seconda guerra mondiale e le intemperie subite nel tempo rimane tuttora intatta. In Italia opere rilevanti di questo genere solo in altri tre porti: a Genova, a Gela e a Brindisi. Le prime due modificate in più riprese a causa di crolli dovuti o a eventi della seconda guerra mondiale o agli eventi atmosferici.

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3.1.3 Il quartiere popolare “Umberto

I

Nella fine dell’Ottocento La Spezia richiama un numero sempre crescente di persone, attirate dai lavori offerti dal cantiere dell’arsenale, entrato a pieno ritmo in funzione, e dalle ditte che le gravitano intorno. Il Regio Arsenale nel 1890 da solo dà lavoro a 7800 operai. In poco tempo si arriva quindi a una congestione della città e il Piano Regolatore per l’ampliamento della città del 1871 non sembra risolvere le criticità emergenti. L’evento che mostrò le lacune d’incompleta progettazione urbana fu l’epidemia di colera che si diffuse nella città nel 1884. Essa si diffuse dall’obsoleta stazione di quarantena del Varignano a tutto il resto della città, soprattutto nella parte del vecchio borgo costituite da abitazioni fatiscenti con inadeguati sistemi idrici e caratterizzati da un forte sovraffollamento. Per l’importanza data dal nuovo Regno d’Italia alla città la situazione doveva trovare velocemente un soluzione. Passata l’emergenza colera, venne smantellato il lazzaretto del Varignano e sostituito con un ospedale e una caserma della Marina e nel gennaio del 1885 il Municipio e il Ministero della Marina stipularono un accordo per la realizzazione di un nuovo

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