UNIVERSITÀ DI PISA
Corso di Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative
delle Professioni Sanitarie
La Formazione Continua in Sanità: dall’analisi dei
bisogni ai modelli di verifica
Studio sperimentale sulle ricadute della formazione in ambito
assistenziale
Relatore:
Chiar.ma Prof.ssa Gabriella Giuliano
Candidata:
Noemi Izzia
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INDICE
INTRODUZIONE ... 3
RIASSUNTO ... 4
CAPITOLO 1: LA FORMAZIONE E L’ANALISI DEI BISOGNI FORMATIVI ... 6
1.1 Formazione continua in medicina ... 6
1.2 Educazione Continua in Medicina ... 7
1.3 Individuazione dei bisogni formativi ... 8
1.3.1 In che cosa consiste un’analisi dei bisogni? ... 8
1.3.2 Chi esegue un’analisi dei bisogni e perché? ... 9
1.3.3 Processi Top-Down e Bottom-Up ... 11
CAPITOLO 2: FASI DEL PROCESSO DI ANALISI DEI BISOGNI... 12
2.1 Fase 1: Macroanalisi ... 12
2.1.1 Come definire i bisogni e individuare le carenze nell’organizzazione ... 12
2.1.2 Organizzare i dati ... 14
2.1.3 Definire le priorità ... 15
2.2 Fase 2: Indagine ... 16
2.2.1 Raccolta dei dati ... 17
2.2.2 Come stabilire quali siano le competenze, le conoscenze e gli atteggiamenti 19 2.3 Fase 3: Analisi di dettaglio ... 21
2.3.1 In cosa consiste l’analisi? ... 21
2.3.2 Fonti dei bisogni formativi ... 22
2.3.3 Tre tipologie di analisi ... 23
2.3.4 Come presentare i risultati di un’analisi ... 24
2.3.5 Come scegliere i formatori ... 24
2.3.6 Chiarire gli obiettivi di formazione ... 25
2.3.7 Impostare i singoli moduli della formazione e del suo svolgimento ... 25
2.4 Fase 4: Relazionamento ... 26
2.4.1 Rapporto sul progetto di formazione ... 26
2.5 Possibili ostacoli ... 27
2.6 Supporto da parte della direzione ... 27
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CAPITOLO 3 :VALUTAZIONE POST-FORMAZIONE: MODELLI VALUTATIVI E METODOLOGIA
... 31
3.1 Learning organization... 31
3.2 Dalla formazione ai risultati della formazione ... 31
3.3 Il trasferimento dell’apprendimento sul lavoro ... 32
3.4 La valutazione dell’efficacia della formazione: modelli presenti in letteratura ... 33
3.5 Modello di Kirkpatrick ... 34
3.5.1 L1 – Reazione ... 34
3.5.2 L2 – Apprendimento ... 35
3.5.3 L3 – Comportamento ... 36
3.5.4 L4 – Risultati... 36
3.5.5. Tecniche di raccolta delle informazioni ... 37
3.6 Modello di Kaufman ... 40
3.7 ROI (Return On Investment): L5 ... 40
3.7.1 Considerazioni metodologiche ... 41
3.8 Auditing ... 43
3.9 Bloom’s Taxonomy ... 44
3.10 Kolb’s learning model ... 44
CAPITOLO 4: REGOLAMENTO DELLA FORMAZIONE: IRCCS STELLA MARIS ... 46
4.1 Articoli contenuti nel Regolamento della Formazione Continua (IRCCS Stella Maris) ... 46
4.2 Schemi per la rilevazione del fabbisogno formativo: IRCCS Stella Maris ... 55
CAPITOLO 5: STUDIO DI UN CORSO DI FORMAZIONE ... 57
5.1 “La disprassia e la disartria in età evolutiva: diagnosi differenziale e principi di intervento” ... 57
5.2 Reazione e soddisfazione ... 59
5.2.1 Analisi dei risultati ... 60
5.3 Apprendimento ... 62
5.4 Comportamento ... 63
5.5 Risultati ... 67
CONCLUSIONI ... 68
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INTRODUZIONE
I veloci mutamenti, cui è soggetta l’esistenza umana in tutti i campi, da qualche tempo hanno fatto emergere la necessità di sviluppare metodologie e contenuti di Formazione Continua.
Anche in sanità, con lo sviluppo di nuovi metodi, approcci diagnostici e terapeutici e tecnologie di supporto, la Formazione Continua ha un’importanza essenziale al punto che, in assenza del rispetto degli obblighi formativi disposti per legge, dal 2017 è prevista la sospensione del professionista dall’attività.
La Formazione Continua è a tal punto indispensabile per il buon funzionamento di un’azienda, sia essa pubblica che privata, da essere collocata ai vertici delle cosiddette “attività di staff direzionale” all’interno dell’organigramma aziendale.
Essendo la sottoscritta interessata alle tematiche sulla Formazione Continua, ha desiderato approfondirne lo studio nel presente lavoro di tesi, allargando lo sguardo al complesso delle metodologie per lo sviluppo dei piani di formazione aziendali e prendendo spunto dai piani formativi della Fondazione IRCCS Stella Maris.
Dopo un esame della letteratura del settore, lo studio si è soffermato sull’organizzazione che l’Istituto Scientifico Stella Maris si è dato nel proprio contesto formativo, riportandone, tra l’altro, il relativo Regolamento della Formazione.
Successivamente, poiché in letteratura viene dato ampio spazio ai modelli di valutazione dell’impatto che ha la formazione sui comportamenti lavorativi, è stato utilizzato uno dei modelli più noti a livello internazionale (modello di Kirkpatrick) per validare un importante corso di formazione in ambito logopedico, riguardante in particolare la diagnosi e il trattamento di disprassia e disartria in età evolutiva.
Si è così potuto, non solo valutare in modo estremamente positivo il corso di formazione esaminato, ma anche validare la metodologia di analisi utilizzata. Il modello selezionato, infatti, costringe chi lo utilizza ad esaminare, con logica deduttiva e razionale, le diverse fasi dell’apprendimento e della formazione, fino alle possibili ricadute che questa comporta sull’organizzazione.
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RIASSUNTO
Il presente lavoro di tesi è stato condotto al fine di riconoscere e sottolineare l’importanza della Formazione Continua in Medicina, essenziale al punto che, in caso di non ottemperanza agli obblighi formativi disposti per legge, dal 2017 è prevista la sospensione del professionista sanitario dall’attività lavorativa.
Il testo che segue si articola in tre parti. Nella prima trova ampio respiro una meticolosa analisi della letteratura in tema di formazione in ambito lavorativo. Un’attenzione particolare è stata rivolta alla formazione ECM nel contesto sanitario, vista la rilevanza che essa apporta in termini di cambiamento. Questo riguarda sia il sapere teorico che i comportamenti operativi messi in atto durante il post-formazione nella pratica clinica.
Nel primo capitolo viene altresì approfondito ciò che precede l’attuazione della formazione, ossia l’analisi dei bisogni formativi e le fasi interne ad essa, da quella di
macroanalisi (passando per indagine e analisi dei dati) a quella di relazionamento. Tale
analisi dei bisogni formativi è di fondamentale importanza per la buona riuscita del corso di formazione e per il reale coinvolgimento degli operatori. La distinzione evidenziata in letteratura (D. Boldizzoni, 1984) tra schede di analisi top-down e bottom-up mette in rilievo come siano complementari ed entrambi essenziali i pareri degli operatori sanitari e dei dirigenti, sia nell’interpretare l’effettiva necessità di formazione sia nel programmare l’eventuale evento formativo.
Poiché l’obiettivo principale della direzione aziendale è quello di creare una learning
organization, cioè un’organizzazione che apprende, la seconda parte dell’elaborato
sottolinea la fondamentale importanza della valutazione dei percorsi formativi conseguente la loro attuazione, in modo da indirizzare l’azienda in un percorso di continuo miglioramento.
A riguardo, è stato fatto presente come in letteratura siano presenti diversi modelli di valutazione post-formazione, ma in particolare il più utilizzato e riconosciuto a livello internazionale sia quello di Kirkpatrick (1967). Quest’ultimo suddivide la valutazione post-formazione in quattro livelli, che partono dalla valutazione di reazione e soddisfazione dei
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partecipanti per arrivare alle ricadute sui risultati, passando per l’apprendimento e il comportamento dei lavoratori.
Nella parte conclusiva del lavoro, tale modello è stato applicato ad un corso di formazione svoltosi nel febbraio 2012 presso l’IRCCS Stella Maris. Ciò ha permesso di avere un riscontro pratico di quanto analizzato durante la revisione dei modelli presenti in letteratura.
Per validare la reazione e la soddisfazione dei partecipanti sono state prese in considerazione le schede di valutazione dell’evento formativo, riguardanti la qualità, la rilevanza e l’efficacia del corso. Tali dati sono stati analizzati dal punto di vista statistico, permettendo di giungere alla conclusione di un effettivo vantaggio formativo apportato dal corso.
Il successivo step nella valutazione post-formazione ha riguardato l’apprendimento dei partecipanti, escludendo fra loro il personale esterno alla Stella Maris, al fine di valutare le effettive ricadute formative su tale istituto.
Il terzo livello previsto dal modello di Kirkpatrick riguarda, invece, i comportamenti, ossia il cambiamento apportato dal corso nella pratica clinica degli operatori interni. Infatti, sono stati presi in considerazione due gruppi di bambini valutati e trattati nel pre- e nel post-formazione, per evidenziare la modifica nelle modalità di intervento degli operatori e le effettive ricadute sul paziente disprassico.
Infine, per quanto riguarda i risultati, ossia le variazioni inerenti all’organizzazione del personale, si è visto, tramite interviste rivolte al coordinatore logopedico, come non sia cambiato l’assetto in termini di orari e di suddivisione dei compiti, quanto più quello delle modalità di valutazione del paziente disprassico e delle successive indicazioni di trattamento.
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CAPITOLO 1
LA FORMAZIONE E L’ANALISI DEI BISOGNI FORMATIVI
L’attuale scenario macro-ambientale è caratterizzato da una perenne turbolenza, tanto che il cambiamento oggi è la regola. Ciò pone il problema di motivare gli uomini delle organizzazioni ad un costante ed oneroso sforzo di ripensamento dei propri ruoli. I mutamenti del contesto competitivo costringono le organizzazioni a dover cambiare le strategie seguite, al fine di mantenere un rapporto di consonanza con l’ambiente esterno. L’implementazione di un riorientamento strategico impone il riadeguamento delle capacità del personale, affinché sia preparato ad attuare il cambiamento deliberato. In un tale scenario, le misure formative diventano essenziali per vincere la resistenza al cambiamento delle risorse umane (I. Ansoff, 1987).
In generale va osservato che la formazione è condizione necessaria ma non sufficiente affinché si concretizzi un cambiamento organizzativo. La formazione incide innanzitutto sulla singola persona, in quanto l’apprendimento individuale genera cambiamento individuale. Il cambiamento individuale poi si traduce in cambiamento organizzativo, a patto che si riconosca la valenza strategica dell’impegno formativo. Questo implica che l’alta direzione concepisca la formazione come un’attività indispensabile alla stessa sopravvivenza dell’organizzazione. Se cosi è, l’investimento in formazione dovrà essere congruo e andrà valutato in un’ottica di lungo periodo, poiché finalizzato a sviluppare le potenzialità profonde dei soggetti, e non semplicemente ad addestrarli allo svolgimento di mansioni tecniche.
1.1 Formazione continua in medicina
La Formazione Continua del personale sanitario è divenuta, ormai da diversi anni, indice di buona sanità. Se da un lato esiste la necessità di formazione a motivo della complessità sempre crescente della Medicina e delle altre scienze sanitarie, in modo da offrire al paziente gli approcci diagnostico-terapeutici più qualificati e le chances migliori di successo, dall’altro i costi sempre crescenti sia in termini di denaro che di energie umane, minacciano di rendere insostenibile la spesa sanitaria; pertanto si rende necessario
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aggiornare costantemente le complesse competenze sia professionali che gestionali delle strutture sanitarie.
In particolare, per quanto riguarda gli ospedali di ricerca, come è il caso dell’IRCCS Stella Maris, le esigenze formative sono ancor più rilevanti trattandosi di struttura di eccellenza. Da qui l’esigenza di qualità e di correttezza di ogni operatore sanitario, che deve garantire la formulazione e la validazione di ipotesi scientificamente robuste contribuendo alla costruzione di una moderna Medicina Basata sull’Evidenza (EBM).
1.2 Educazione Continua in Medicina
Come definito dal Ministero della Salute, l’Educazione Continua in Medicina (ECM) è un sistema di formazione grazie al quale il professionista sanitario si aggiorna per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze organizzative e operative del Servizio sanitario e del proprio sviluppo professionale. La formazione continua in medicina comprende l’acquisizione di nuove conoscenze, abilità e attitudini utili ad una pratica competente ed esperta. Per poter acquisire queste conoscenze è necessario l'aggiornamento continuo. L’obiettivo che si pone tale programma è quello di realizzare un sistema in grado di verificare e di promuovere la qualità della formazione continua su scala nazionale, anche attraverso l’opera di osservatori indipendenti e con criteri e modalità condivisi.
Gli operatori della salute hanno l'obbligo di mettere in pratica le nuove conoscenze e competenze per prendersi cura dei propri pazienti con competenze aggiornate, senza conflitti di interesse, in modo da poter essere un buon professionista della sanità.
Dall’1 gennaio 2008, con l’entrata in vigore della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, la gestione amministrativa del programma di ECM ed il supporto alla Commissione Nazionale per la Formazione Continua, fino ad oggi competenze del Ministero della Salute, sono stati trasferiti all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). L’Accordo Stato Regioni dell'1 agosto 2007, che definisce il Riordino del Programma di Formazione Continua in Medicina, individua infatti nell’Agenzia la "casa comune" a livello nazionale in cui collocare la Commissione nazionale e gli organismi che la corredano. L’avvio del Programma nazionale di ECM nel 2002, in base al D.lgs 502/1992 integrato dal D.lgs 229/1999, che avevano istituito l’obbligo della formazione continua per i professionisti della sanità, ha rappresentato un forte messaggio nel mondo della sanità.
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La nuova fase dell’ECM contiene molte novità e si presenta quale strumento per progettare un moderno approccio allo sviluppo e al monitoraggio delle competenze individuali.
1.3 Individuazione dei bisogni formativi
1.3.1 In che cosa consiste un’analisi dei bisogni?
Ogni iniziativa formativa deve necessariamente partire dall’analisi dei bisogni, al fine di “capire se l’intervento formativo è opportuno, quale relazione esiste tra organizzazione e capacità di sviluppare, tra fabbisogni percepiti e necessari, quali ruoli debbano essere coinvolti nel processo di formazione” (R. Ferrari, 1998). Nel caso si tratti di un progetto di formazione aziendale, occorrerà contestualmente effettuare uno studio delle caratteristiche strutturali, tecnologiche, umane, sociali e ambientali dell’organizzazione. Solo avendo una visione complessiva della realtà aziendale sarà possibile programmare correttamente l’intervento. Del resto i bisogni formativi sono manifestazione anche di bisogni organizzativi, in quanto “il processo organizzativo ha sempre bisogno di essere regolato sugli obiettivi istituzionali ed ogni regolazione presuppone un’analisi organizzativa…[Essa] consente di rilevare e definire problemi diversi e per ogni problema possono essere individuate soluzioni diverse. Il ricorso alla formazione per certi problemi può essere la modalità risolutiva, ritenuta più conveniente di altre” (R. Fabris, 1991). In effetti, ogni organizzazione può essere vista come la combinazione di tre diversi livelli gerarchici: i singoli individui, il gruppo, l’istituzione. Il bisogno formativo nasce quando emergono disfunzioni nelle interazioni tra queste tre componenti, sicché gli individui non si identificano nei gruppi, ovvero i gruppi non si identificano nell’istituzione.
Se l’iniziativa non è condivisa dai destinatari avrà scarse probabilità di essere efficace. Perciò occorre effettuare un processo delicato ed indispensabile: la trasformazione dell’utenza in committenza. Così alla diagnosi del committente si aggiunge – o eventualmente di contrappone – quella proposta dai singoli fruitori.
Il processo di analisi dei bisogni consiste in una serie di attività eseguite per individuare i problemi o le questioni di altro tipo esistenti nell’ambito del lavoro e per determinare se la formazione può essere la risposta appropriata per risolverli.
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Un’analisi dei bisogni è di solito il primo di una serie di passi volti a realizzare un effettivo cambiamento. Ciò soprattutto perché consente di individuare in ogni dettaglio il divario esistente tra le prestazioni attuali e quelle desiderate a livello di organizzazione e di individui.
L’analisi dei fabbisogni formativi può essere supportata dalla diagnosi del clima organizzativo. Si tratta di un check-up aziendale volto a cogliere aspetti psicologici del personale come i vissuti, i sentimenti, gli atteggiamenti. Dipendenti che si sentono trascurati o sottovalutati non saranno disponibili a dare il massimo (M. Magica, 2002).
1.3.2 Chi esegue un’analisi dei bisogni e perché?
L’analisi dei bisogni viene condotta da un addetto alla formazione facente parte dell’organizzazione stessa oppure un consulente esterno. Questa serve a raccogliere informazioni relative a:
- Svolgimento delle prestazioni lavorative;
- Introduzione di un nuovo sistema, processo o tecnologia;
- Desiderio da parte dell’istituzionedi cogliere un’opportunità percepita.
Alla base deve esserci la volontà, da parte del personale, di effettuare un cambiamento e di recepirlo. Infatti, senza un’analisi dei bisogni si potrebbe andare incontro ad un personale resistente al cambiamento o non in grado di trasferire le competenze acquisite all’interno del proprio lavoro a causa di impedimenti imputabili all’organizzazione stessa. L’analisi dei bisogni spesso mette in luce la necessità di un “addestramento” opportunamente mirato, anche se questo non sempre risulta essere il modo migliore per eliminare il divario fra i risultati obiettivo di un’organizzazione e le sue prestazioni attuali. Inoltre, se eseguita in modo corretto, l’analisi dei bisogni costituisce un ottimo investimento per l’organizzazione: fa risparmiare tempo, denaro e fatica, poiché indirizza ai problemi reali.
L’analisi dei bisogni consiste in un procedimento sistematico basato su specifiche tecniche di raccolta delle informazioni, svolte per passaggi e che non devono essere sempre seguite tutte allo stesso modo, ma cambiano a seconda del caso. Bisogna, perciò, esaminare nel dettaglio ogni tipo di informazione ricavata ed esaminare ogni alternativa per poter arrivare alla soluzione corretta. Di solito, viene eseguita dalle aziende ad intervalli regolari, ogni anno o due. L’obiettivo è quello di mettere in grado il personale di
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lavorare ad un livello ottimale. La domanda da porsi è “come può ciascun operatore dell’istituzione arrivare a prestazioni di livello ottimale?”, avendo cioè l’obiettivo di diventare una learning organization, ovvero “un’organizzazione che apprende”. Adottando tale filosofia, ogni prestazione è finalizzata al risultato fondamentale dell’organizzazione ed ogni dipendente si assume responsabilità personali per gli obiettivi del proprio lavoro. Un’organizzazione del genere, basata cioè sull’apprendimento continuo, può, inoltre, offrire grandi opportunità ai formatori, che hanno la possibilità di valutare le competenze dei dipendenti e di suggerire alla direzione come far sì che l’organizzazione segua i rapidi cambiamenti che si susseguono nel mondo del lavoro e della tecnologia, stabilendo una premessa per il miglioramento continuo delle prestazioni. Per poter giungere ad una conclusione positiva nell’analisi dei bisogni, occorre aver ben chiari i seguenti sei punti:
1. Coinvolgere i dirigenti: a seguito dell’analisi dei bisogni, questi diventano una forza traente.
2. Non considerare l’addestramento come unica modalità per ottenere il miglioramento: nel fronteggiare un problema, infatti, si pone la necessità di capire se l’addestramento sia la soluzione giusta; se sì, inoltre, va individuata la modalità con cui proporlo ai possibili fruitori e ne vanno misurati gli effetti sull’intera organizzazione.
3. Rilevare in via preliminare un quadro generale per capire perché il personale dà - o meno – buone prestazioni e definire quale sia il livello di prestazioni a cui si vuole puntare.
4. Esaminare tutti i fattori dell’organizzazione che possono influire sul livello delle prestazioni erogate: dalle competenze individuali, alla conoscenza degli atteggiamenti nei riguardi delle funzioni, dei compiti, dei capi fino alla revisione della struttura dell’organizzazione.
5. Avere chiaro se, in un determinato contesto, si debba formare od addestrare oppure si debba agire contestualmente nelle due direttive: i due termini hanno significato diverso, in quanto la formazione è destinata a trasferire conoscenze di ordine generale, senza possibilità di applicarla alle singole situazioni individuali, mentre l’addestramento è orientato alle competenze relative agli specifici ruoli.
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Infatti, l’addestratore si rivolge solamente a quei dipendenti che hanno necessità di nuove informazioni e spiega come applicare quanto appreso, per cui essi possono implementare subito le nuove conoscenze.
6. Definire, in via preliminare, il livello delle prestazioni standard ed i relativi criteri di giudizio: per un’organizzazione è basilare definire gli standard di eccellenza e valersene come criteri di giudizio delle prestazioni. I tre seguenti indicatori dovrebbero essere utilizzati per misurare le prestazioni individuali e collettive: - Quali competenze l’organizzazione considera basilari?
- Quali livelli di prestazioni ci si aspetta da parte degli individui, dei gruppi, dei settori, dell’organizzazione?
- Quali sono i comportamenti e gli atteggiamenti dei dipendenti e della direzione?
1.3.3 Processi Top-Down e Bottom-Up
L’individuazione dei fabbisogni formativi nelle organizzazioni può seguire un processo di tipo bottom-up o top-down. Nel primo caso il bisogno formativo aziendale è definito per aggregazione delle esigenze manifestate dai singoli collaboratori delle diverse aree. Per ridurre il rischio di atteggiamenti opportunisti da parte dei destinatari, le richieste individuali devono essere confrontate con le reali necessità aziendali. Nel secondo caso, invece, in un approccio di tipo top-down l’alta direzione definisce il fabbisogno in modo autonomo e distante rispetto ai membri dell’organizzazione. Ciò accade tipicamente nei momenti di transizione dello sviluppo aziendale, allorché il management avverte l’urgenza di diffondere messaggi e valori “politici” che guidino l’operato delle risorse umane. Un approccio misto, dall’alto verso il basso e viceversa, può rappresentare la soluzione migliore per mediare tra esigenze dei singoli e quelle dell’organizzazione nel suo complesso.
Una corretta rilevazione dei fabbisogni è fondamentale per stabilire la finalità di un’azione formativa. Se l’intervento è rivolto a colmare le lacune dei singoli collaboratori, il suo contenuto sarà standardizzato e privo di legami con le problematiche complessive dell’organizzazione. La formazione avrà dunque un compito prettamente tecnico e sarà guidata dalle richieste individuali dei partecipanti (D. Boldizzoni, 1984).
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CAPITOLO 2
FASI DEL PROCESSO DI ANALISI DEI BISOGNI
L’analisi dei bisogni formativi viene spesso suddivisa nelle seguenti fasi:- Fase 1: Macroanalisi - Fase 2: Indagine
- Fase 3: Analisi di dettaglio - Fase 4: Relazionamento
2.1 Fase 1: Macroanalisi
2.1.1 Come definire i bisogni e individuare le carenze nell’organizzazione
Un’analisi dei bisogni comincia con una fotografia della situazione attuale: è necessario esaminare da vicino e con obiettività sia le operazioni sia le persone che verranno coinvolte dai cambiamenti previsti. Bisogna quindi porsi delle domande:
- Quali risultati l’organizzazione ottiene attualmente e come li confronta con quelli attesi?
- Se esiste un problema riguardante le prestazioni, come si sono modificate queste rispetto al passato?
- Qual è il livello di performance desiderato?
Per una prima valutazione dei risultati ideali e di quelli desiderati è possibile utilizzare lo schema (Fig. 1) che serve solamente ad individuare i bisogni e non a cercarne le soluzioni.
Area Che cosa avviene? Che cosa dovrebbe
avvenire? Missione dell’organizzazione,
obiettivi
Standard delle prestazioni Obiettivi del budget Descrizione dei compiti Produzione
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Area Che cosa avviene? Che cosa dovrebbe
avvenire? Valutazione delle prestazioni
Turnover della manodopera Assenteismo
Incidenti
Interventi disciplinari Costo della manodopera Straordinari
Previsioni economiche Sviluppo tecnologico Questioni legali Altro
Fig. 2.1 – Individuazione dei bisogni e delle carenze nelle prestazioni. (Geri E.H. Mc Ardle, 2009)
Per compilare nel migliore di modi il precedente schema bisogna osservare le operazioni eseguite giornalmente e colloquiare con il personale a tutti i livelli, dagli addetti alla produzione ai dirigenti. Bisogna rendersi conto di come essi vivono e come considerano l’organizzazione, il loro lavoro e l’ambiente circostante. Infatti, gli aspetti critici dovranno essere palesi quando si confronteranno i bisogni dell’organizzazione con le percezioni dei dipendenti. Esiste un modello intervista (Fig. 2.2) che può aiutare a schematizzare le risposte dei dipendenti.
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Fig. 2.2 – Modello per interviste. (Geri E.H. Mc Ardle, 2009)
Durante la macroanalisi bisognerebbe riconsiderare sistematicamente la situazione dell’organizzazione. Infatti, una documentazione che riguardi aspetti e problematiche relative all’organizzazione, se fatta circolare regolarmente, potrà fornire un quadro aggiornato e completo di quanto avviene, per poter così cominciare ad individuare problemi relativi alle prestazioni e alle opportunità di interventi formativi. Ottenere un quadro complessivo significa evitare di enfatizzare un tipo di bisogno rispetto ad un altro, con il rischio di un’utilizzazione non ottimale delle risorse.
2.1.2 Organizzare i dati
Il passo successivo consiste nell’elaborazione delle informazioni che sono state raccolte effettuando la:
- Suddivisione delle informazioni in categorie;
- Distinzione delle problematiche relative alla formazione dalle eventuali altre variabili che possano aver influenzato la rilevazione. Ad esempio, alcune
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possono riguardare aspetti di politica aziendale come le modalità di erogazione degli incentivi aziendali;
- Individuazione delle informazioni che attengono ai contenuti e agli aspetti fondamentali della formazione.
Nella maggior parte dei casi, i bisogni di formazione si riferiscono alle prestazioni, a come addestrare il personale a compiere meglio il proprio lavoro, a come indirizzare i nuovi assunti o tenere informati i dipendenti circa i cambiamenti nelle tecnologie e nelle procedure. Alcune attività di formazione, inoltre, consentono ai dipendenti di sviluppare al meglio le loro conoscenze e competenze, normalmente collegate con esigenze relative alle prestazioni.
I bisogni rilevati possono essere suddivisi in due categorie: micro e macro. La prima si riferisce ai bisogni relativi a singoli o a pochi individui; la seconda, invece, fa riferimento a bisogni comuni a molti dipendenti, generalmente ad un intero gruppo che svolge un medesimo tipo di lavoro.
2.1.3 Definire le priorità
Dopo aver individuato i bisogni formativi è necessario stabilirne le priorità in base a criteri di giudizio quali il costo necessario alla realizzazione (o il costo della non realizzazione) della formazione o, meglio, il costo-beneficio di ogni bisogno o classe di bisogni individuati. Secondo Laird e Dugan (1985) possono essere utilizzate le seguenti domande come aiuto per classificare i dati che sono stati raccolti durante l’analisi preliminare:
- Quale può essere il costo per risolvere il problema? - Quanto tempo richiederà il risolverlo?
- Quanto costa ignorarlo?
Queste informazioni sono essenziali per varare qualsiasi intervento. Le figure istituzionali interessate alla buona riuscita dell’analisi dei bisogni formativi sono varie: da una parte vi sarà senz’altro la direzione generale e lo staff per il beneficio complessivo atteso per l’azienda, nonché, se attenti, per i risultati nei riguardi dei dipendenti; dall’altra vi saranno i direttori di reparto e le figure professionali con funzioni di responsabilità che saranno interessati a valutare, in primo luogo, la possibilità di miglioramento della qualità delle prestazioni erogate ma, anche, il margine economico, sia in termini di produzione, che di tempi, che di benefici per i dipendenti.
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Stabilito l’elenco delle priorità dei bisogni e delle possibili soluzioni, generalmente esso è validato da un gruppo di lavoro costituito allo scopo (task force). Segue la comunicazione delle prime conclusioni ai direttori con i quali viene riesaminato l’elenco delle priorità ed effettuate le modifiche ritenute necessarie mettendo a punto la fase successiva dell’analisi dei bisogni, vale a dire l’indagine.
2.2 Fase 2: Indagine
La macroanalisi fornisce gli strumenti per stabilire se l’organizzazione soffre di carenze nelle prestazioni, elemento sul quale avviare la rilevazione di ulteriori dati per capire se la formazione sia l’intervento adeguato. Questi dati dovranno essere la base su cui poter costruire un adeguato programma di formazione. Sempre secondo Mc Ardle, per fissare alcuni punti di riferimento per l’indagine risultano di grande aiuto le seguenti domande:
- Quali risultati ha dato l’esame dell’organizzazione?
- Come si possono confrontare questi risultati con gli obiettivi fondamentali dell’organizzazione?
- Quale contributo deve poter dare il settore formazione per andare incontro agli obiettivi fondamentali dell’organizzazione?
- Quali metodi vengono usati attualmente per definire le priorità e convalidare gli obiettivi della formazione?
- Come vengono misurati i risultati della formazione?
Per iniziare la fase di indagine bisogna definire gli obiettivi, cioè capire cosa ci si aspetti di trovare con l’analisi, basandosi sulla ricerca preliminare svolta durante la macroanalisi. In secondo luogo è necessario stabilire a quali livelli di dettaglio rilevare i dati; infatti, le informazioni ricavate per un’analisi dei bisogni devono essere pertinenti al livello dell’organizzazione al quale si situano i problemi: l’intera organizzazione, le unità componenti e i singoli individui. Infine, definire le aree di “contenuto” dell’analisi: l’organizzazione, le funzioni o i compiti e il personale.
Durante l’analisi dei bisogni i dati possono essere rilevati da fonti quali le interviste, i questionari, le osservazioni, le riunioni di gruppo, la documentazione, le descrizioni dei compiti, le politiche aziendali e le procedure.
17 2.2.1 Raccolta dei dati
2.2.1.1 I questionari
Il questionario (Zammuner, 1998) può essere considerato come una sorta di intervista strutturata, in cui l’intervistatore ha a disposizione una serie di domande pre-determinate, da somministrare (in questo caso in modalità scritta) senza che il soggetto possa divagare o evadere. Le domande possono essere aperte e chiuse.
I vantaggi delle domande aperte sono: - Elevata qualità dei dati;
- Rilevazione del pensiero dell’intervistato (senza distorsioni); - Comprensione delle valutazioni/idee/…dell’intervistato; - Sensazione di autonomia nell’intervistato.
Le domande aperte, però, possono avere degli svantaggi: - Necessità di alta motivazione dell’intervistato; - Necessità di formazione dell’intervistatore; - Difficoltà di codifica;
- Possibili difficoltà di espressione;
- Recupero delle informazioni in memoria (richiamare); - Maggiori “non risposte”.
Anche le domande chiuse presentano vantaggi e svantaggi. Vantaggi:
- Dati quantitativi/codificabili; - Dati confrontabili;
- Possibile con bassa motivazione dell’intervistato; - Minore sforzo di memoria (riconoscere).
Svantaggi:
- Costrizione dell’intervistato;
- Necessità di conoscenza in anticipo tutte le alternative; - Suggerimento delle alternative all’intervistato;
18 2.2.1.2 Le interviste
Le interviste, che costituiscono il metodo di indagine più utilizzato, presentano dei pro e dei contro. I vantaggi consistono nel fatto che, oltre a fornire informazioni, possono mettere in luce suggerimenti inattesi e, quindi, potenziali soluzioni dei problemi. Gli svantaggi, invece, riguardano il tempo e la fatica che comportano. Inoltre, la validità dei risultati è in funzione dell’obiettività dell’intervistatore, che deve ascoltare correttamente, senza esprimere giudizi, senza interrompere o travisare le risposte.
I cinque principali tipi di interviste sono:
- Destrutturate: esplorative, viene presa in considerazione soltanto l’area di problemi che interessa, gli intervistatori “seguono il loro istinto” nel formulare e scegliere le domande.
- Parzialmente strutturate: gli intervistatori scelgono l’area per orientare la discussione e formulare le domande, ma la scelta di queste viene loro predisposta. Essi possono aggiungere o modificare le domande se lo ritengono opportuno. Le domande sono aperte, le risposte vengono registrate quasi parola per parola.
- Semi-strutturate: le domande e la loro sequenza di presentazione sono predeterminate e aperte. Gli intervistatori registrano la sostanza delle risposte.
- Strutturate: le domande sono predeterminate e gli intervistatori codificano le risposte appena vengono formulate.
- Completamente strutturate: domande, sequenza e codifica sono predeterminate. Agli intervistati vengono presentate più alternative di risposta, ognuna di formulazione già strutturata.
Un altro tipo di intervista è quella effettuata a gruppi ristretti. Infatti, i gruppi devono essere costituiti da massimo dodici persone con interessi omogenei. Per la discussione dovrebbe essere utilizzata una metodologia strutturata. Un vantaggio è quello di individuare come questi vivono una determinata situazione, come, quindi un problema venga percepito o prodotto. Uno degli svantaggi del metodo risiede nella difficoltà di riunire il giusto mix di persone; se il gruppo è molto diversificato, qualche componente può essere reticente.
19 2.2.1.3 Le osservazioni
Le osservazioni aiutano a ricavare informazioni sulle prestazioni ottimali e attuali e a dedurre la/le causa/e delle relative problematiche. Queste non sono rigidamente definite, possono essere destrutturate, e perciò possono aiutare a far capire in quale contesto avvengono le prestazioni e fornire valide informazioni dirette circa quello che accade sul lavoro, che possono non coincidere con le opinioni espresse verbalmente dal personale. Inoltre, riducono al minimo le interruzioni del normale andamento del lavoro o dell’attività di gruppo e permettono di rilevare in situ dati molto importanti nelle situazioni in cui è necessario verificare l’esistenza di bisogni ed opportunità di formazione. Alcuni svantaggi delle osservazioni, invece, sono imputabili al fatto che è possibile influenzare il modo in cui la gente affronta ed esegue il proprio lavoro. Inoltre, è fondamentale utilizzare uno schema metodologico, in cui devono essere predisposti gli obiettivi delle osservazioni. Il loro scopo deve essere limitato agli aspetti specifici del lavoro presi in considerazione, con informazioni sia qualitative che quantitative.
2.2.1.4 Le documentazioni ufficiali
Le documentazioni, in alcuni casi, possono fornire informazioni importanti riguardanti il personale; ad esempio dossier individuali, relazioni su incidenti o su reclami di clienti possono essere d’aiuto per definire il livello di competenza e di conoscenza dei dipendenti. I vantaggi riguardano il fatto che costituiscono uno strumento non oneroso di analisi dei bisogni, poiché le informazioni sono già state raccolte e strutturate dall’azienda. Esistono, altresì, degli svantaggi. Infatti, la documentazione può non essere esauriente, dato che si ha a che fare con il punto di vista di chi l’ha preparata, per cui bisogna fare attenzione a non trarre conclusioni generalizzate dalle informazioni ricavate. Inoltre, può essere difficile procurarsela. In ogni caso, il dirigente deve decidere se sia opportuno esaminare o meno determinate documentazioni quali ad es. le registrazioni, poiché alcune, come quelle relative alle prestazioni, possono essere riservate e il dirigente ha la facoltà di non consegnarle a colui che attua l’analisi dei bisogni.
2.2.2 Come stabilire quali siano le competenze, le conoscenze e gli atteggiamenti
In determinate circostanze il problema individuato dalla direzione può non essere relativo alla formazione. Quindi, per non sprecare tempo, denaro e altre risorse per la formazione,
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nasce il bisogno di rilevare competenze, conoscenze e atteggiamenti del personale per stabilire se esista un problema di formazione. Ciò significa che bisogna prendere in esame se il personale abbia o meno le competenze e le conoscenze circa il lavoro da svolgere, perché nel caso affermativo, i bisogni rilevati non hanno a che vedere con la formazione e si devono prendere in considerazione altri tipi di intervento sull’organizzazione affinché il livello delle prestazioni sia ottimale. In tal caso infatti, il mancato raggiungimento degli obiettivi potrebbe essere imputabile a:
- Mancanza di standard specifici o di aspettative relative al lavoro: il personale non conosce o non ha chiaro cosa ci si aspetta dal lavoro che svolge;
- Mancanza di informazioni: il personale non viene informato dalla direzione circa i risultati delle proprie prestazioni;
- Mancanza di risorse necessarie per eseguire le prestazioni: il personale non dispone di tutto quanto è necessario per eseguire le prestazioni;
- Mancanza di adatti compensi per le prestazioni: non sono previsti incentivi premiare coloro che effettuano prestazioni di qualità.
Per definire i diversi aspetti del contenuto formativo, uno dei principali compiti del formatore è quello di compilare un elenco di bisogni con le corrispettive offerte formative. Per fare ciò è necessario aggiungere costantemente nuove informazioni alla documentazione impostata nella fase di macroanalisi, per farsi un’idea chiara di come si sono evolute le problematiche.
Quando la direzione, lo staff o gli organismi direttivi avvertono problemi relativi alle prestazioni erogate od anche emergono esigenze di riassetto organizzativo, spesso reagiscono mettendo in atto processi formativi, oggettivando erroneamente nella mancata formazione la causa delle deficienze aziendali. Ebbene, va sottolineato come debbano essere prese in considerazione anche altre causalità, per capire quale sia l’intervento più appropriato. In tali situazioni non si deve dimenticare di chiedere agli eventuali partecipanti quali sono le loro effettive necessità. Ciò serve, tra l’altro, a coinvolgere il personale nel progetto e nello sviluppo di un programma che, pertanto, sentirà proprio. Inoltre, il coinvolgimento in questa fase viene generalmente apprezzato consentendo di aumentare la probabilità di successo del programma. Se non è possibile
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raccogliere di persona tutte le informazioni, si può far avere ad ogni partecipante un questionario.
2.3 Fase 3: Analisi di dettaglio
2.3.1 In cosa consiste l’analisi?
La fase di analisi è un procedimento di valutazione che fornisce un quadro chiaro dei problemi, delle evidenze e delle fonti di informazioni. Esistono tre tipi di analisi – sui risultati, sull’organizzazione, sui compiti – che consentono di definire la tipologia delle problematiche. Una volta completata la suddetta fase, si può individuare con facilità la migliore soluzione utilizzando personale interno o rivolgendosi a consulenti esterni. Da questo momento in poi, perciò, si pone il problema di come risolvere i problemi individuati. Per stabilire se sia necessario ricorrere alla formazione è indispensabile verificare accuratamente le cause prime delle problematiche. Infatti, se la soluzione sta in una carenza di informazioni, di competenze o di conoscenze, un intervento di formazione può eliminare il problema. Se si tratta invece di scarsa comunicazione, di mancanza di informazione di ritorno, di supervisione insoddisfacente, di retribuzioni inadeguate, la formazione non può costituire la risposta.
Quindi, se la formazione è la soluzione corretta, l’analisi deve considerare le conoscenze fondamentali, le competenze e gli atteggiamenti necessari ad assicurare prestazioni ottimali, nonché quale sia la strategia più adatta per la formazione e lo sviluppo successivo.
Quindi, la fase 3 di analisi ha i seguenti scopi:
- Dare conferma dell’esigenza di un programma di formazione; - Stabilire che cosa debbano apprendere i partecipanti;
- Scegliere la metodologia per sviluppare tale programma.
Per ottenere il miglior risultato da questa fase bisogna conoscere alcune caratteristiche dei processi di formazione, al fine di poter valutare in modo accurato le informazioni possedute.
22 2.3.2 Fonti dei bisogni formativi
Le tre fonti principali dei bisogni di formazione sono: il personale, il lavoro e l’organizzazione. Una fonte interna all’organizzazione significa che qualcuno o qualcosa richiama l’attenzione sul problema, mentre una fonte esterna all’organizzazione significa che una persona o una posizione esterna evidenzia il problema. (Tab. 2.3, Fonti di bisogni di formazione).
Fonti Interne all’organizzazione Esterne all’organizzazione Personale Potenziali formatori
Capi Dirigenti
Formatori di altre organizzazioni Consulenti
Lavoro Cambiamenti nel personale
(nuove assunzioni, promozioni) Cambiamenti nelle funzioni Modifiche degli standard delle prestazioni
Cambiamenti nelle attrezzature Analisi di indicatori di efficienza (ad es. scarti, perdite di tempo, riparazioni, controlli di qualità)
Associazioni professionali Consulenti
Regolamentazioni governative
Organizzazione Cambiamenti nella missione dell’organizzazione
Fusioni e acquisizioni Modifiche di struttura Nuovi prodotti e servizi
Analisi del clima interno (ad es. lamentele, assenteismo, turnover, incidenti) Regolamentazioni governative e norme di legge Consulenti esterni Stimoli competitivi
Sollecitazioni ambientali (ad es. di tipo politico, economico, demografico, tecnologico)
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Una volta che ci si è resi conto del problema, bisogna capire se questo è: - Relativo alle prestazioni;
- Di breve o lungo termine; - Nuovo o ricorrente;
- Relativo a pochi o molti dipendenti; - Urgente, importante o trascurabile.
2.3.3 Tre tipologie di analisi
Esistono tre tipologie di analisi:
- Relativa all’obiettivo: si usa quando bisogna sviluppare un programma di formazione volto a risolvere un problema di prestazioni. Questo tipo di analisi è altresì necessaria quando i programmi di formazione hanno la funzione di addestrare il personale ad occupare una determinata posizione, quando cercano di diffondere o modificare un certo tipo di cultura aziendale o quando sono necessari per cambiare atteggiamenti o convinzioni. In questo tipo di analisi bisogna essere in grado di individuare gli obiettivi primari dell’organizzazione ed i corrispondenti indicatori, i quali forniscono un riferimento per valutare i miglioramenti del percorso formativo che sarà avviato. L’analisi sarà terminata quando si disporrà di un elenco completo di indicatori per ciascun obiettivo.
- Relativa all’organizzazione: significa raccogliere informazioni per risolvere un problema che riguarda l’organizzazione aziendale nel suo complesso. Alcune domande che servono a capire se la formazione può realizzare i livelli di prestazioni attesi sono:
Quali sono gli obiettivi aziendali? Quali ne sono i prodotti principali? Quale è la struttura organizzativa?
Quali sono i ruoli e le responsabilità delle persone nell’ambito dell’organizzazione?
Quali risorse sono disponibili?
Quali bisogni o problemi percepiscono ed esplicitano i membri dell’organizzazione?
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Quali sono le caratteristiche dell’addestramento del personale?
- Relativa al lavoro: consiste nel registrare informazioni relative ad una determinata posizione di lavoro, suddividendo questo nelle singole operazioni che lo compongono, per individuare eventuali esigenze di addestramento o carenza di prestazioni. Comincia con l’esame della documentazione riguardante il tipo di lavoro, con l’osservazione delle prestazioni e ponendo domande in merito al personale. Può essere somministrato, al personale, un questionario di analisi del lavoro, che va a sostituire le interviste o servire da guida alle medesime. Le risposte verranno riassunte nel profilo di analisi del lavoro, che costituirà un panorama generale di quanto accade, o non accade, nel gruppo che esegue lo stesso tipo di lavoro. Una volta fatto ciò, bisognerebbe individuare i punti chiave su cui far riferimento durante il corso di formazione. Questo è di fondamentale importanza poiché non si ha mai tempo sufficiente per mettere a punto interventi di formazione che riguardino ogni aspetto rilevato nell’analisi.
2.3.4 Come presentare i risultati di un’analisi
Esistono tre modalità per presentare i risultati ottenuti:
- I fogli di analisi: contengono semplici segni per indicare la frequenza di un certo numero di eventi. Fin dall’inizio si può decidere quali eventi registrare, la cadenza delle osservazioni; i dati deducibili dai fogli di analisi sono trasferibili in grafici di frequenza.
- Grafici: mostrano l’andamento di una specifica attività in un determinato periodo di tempo. Questo potrebbe suggerire un possibile intervento immediato.
- Diagrammi di Pareto: sono dei grafici a barre che evidenziano l’importanza relativa di eventi o esigenze diversi. Sono utili per identificare le cause dei problemi.
2.3.5 Come scegliere i formatori
Una volta ottenuto un quadro chiaro delle priorità di formazione, il passo successivo consiste nel decidere quale sia il modo migliore di far fronte ai bisogni. L’azienda può
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tracciare e sviluppare al proprio interno il programma di formazione, ma può anche affidare a risorse esterne l’intera gestione della formazione; infine, può anche acquistare un intero programma di formazione e addestrare personale interno per realizzarlo.
Per fare una simile scelta bisogna prendere in considerazione diversi aspetti: la frequenza di formazione, a quanti dipendenti è rivolta, la presenza di un eventuale esperto interno, l’assiduità della formazione, il tipo di competenze necessarie, il livello professionale al quale è rivolta (basso livello – professionisti – o alto livello – dirigenti). Ovviamente, si dovrà tenere conto anche dell’aspetto economico. Infatti, se gli interventi formativi non sono frequenti, può essere meno costoso il rivolgersi ad un consulente esterno, mentre una formazione continua destinata a molti dipendenti è più economica se sviluppata e somministrata all’interno.
2.3.6 Chiarire gli obiettivi di formazione
Gli obiettivi dei programmi di formazione devono essere ben chiari, per essere certi che comprendano attività e prestazioni fondamentali che possono essere considerate indicative del buon apprendimento dei partecipanti. Esistono due tipi di obiettivi:
- Di base: definizione di cosa i partecipanti ad un programma di formazione devono essere messi in grado di fare, in quali condizioni e con quale livello di competenza.
- Di apprendimento: aspetti particolari di obiettivi complessi (ad es. produzione, struttura dell’organizzazione). Questi tipi di obiettivi costituiscono le competenze fondamentali, le conoscenze e gli atteggiamenti che devono essere trasferiti prima di puntare ad obiettivi di insegnamento specifico.
2.3.7 Impostare i singoli moduli della formazione e del suo svolgimento
Le modalità di svolgimento, le linee fondamentali del contenuto, la tempistica delle fasi di istruzione e discussione costituiscono lo schema della programmazione di dettaglio. Infatti, una volta svolto il programma, in sede di valutazione, può essere confrontato con quello previsto. In questa fase istruttori e specialisti devono definire il contenuto fondamentale di ogni modulo, decidere le modalità di presentazione del corso, definire le tecniche adatte all’insegnamento, prevedere esercitazioni pratiche ed una
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documentazione esaustiva. L’ultimo passo della fase di analisi consiste nel tracciare la struttura del modulo di formazione da includere nella relazione sul progetto di formazione.
2.4 Fase 4: Relazionamento
2.4.1 Rapporto sul progetto di formazione
I risultati del processo di analisi dei bisogni vengono comunicati con un rapporto sul progetto di formazione. Questo riporta i risultati dell’indagine e dell’analisi, fa presente a chi deve prendere decisioni quali ne saranno le conseguenze e fornisce al dirigente incaricato della formazione la documentazione per supervisionare ogni fase del progetto. Il rapporto sul progetto è costituito da 8 componenti:
- Scopo dell’intervento proposto: descrive la natura del problema, il metodo di formazione, l’evoluzione del problema all’interno dell’organizzazione.
- Riassunto dell’analisi: definisce chiaramente le carenze di prestazioni cui intende ovviare un intervento proposto, chiarisce chi debba parteciparvi, descrive la funzione, quali compiti ne sono coinvolti e quali aspetti chiave delle prestazioni debbano essere adempiuti per ottenere i risultati richiesti.
- Tipologia dell’intervento: definisce le caratteristiche del corso. Presenta i materiali e la documentazione che l’istruttore dovrà utilizzare, gli argomenti da affrontare e le modalità da seguire per somministrarli.
- Obiettivi di apprendimento: indica quali sono gli obiettivi di apprendimento da perseguire.
- Modalità di verifica: descrive le modalità con cui i partecipanti potranno dimostrare di aver acquisito padronanza degli argomenti principali. Spiega come eseguire la verifica e perché e cosa avverrà dopo.
- Programma del corso: definisce nei dettagli il programma di formazione e comprende: titolo, obiettivi, contenuto e attività dell’istruttore previsti per la conduzione del corso.
- Modalità di somministrazione: precisa quali debbano essere le modalità di gestione del corso la sua durata, la suddivisione in moduli, la tempistica, la località.
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- Strumenti di valutazione: spiega come effettuare la valutazione dei risultati e come misurare le reazioni dei partecipanti all’intervento di formazione, il loro grado di apprendimento (risultati dei test) e il loro probabile comportamento (come i concetti acquisiti potranno essere trasferiti sul lavoro).
2.5 Possibili ostacoli
Quando si esegue un’analisi dei bisogni in un’organizzazione bisogna essere preparati ad incontrare degli ostacoli. In un articolo di A. Rossett (1990) l’autore ha individuato le principali cause degli ostacoli che si possono incontrare nel processo di analisi dei bisogni. La prima importante causa è costituita da una difettosa valutazione dei bisogni. Infatti, può accadere che non si disponga del tempo o delle risorse sufficienti per eseguire una valutazione adeguata dei bisogni. Per superare questo ostacolo bisogna essere sicuri di conoscere quali prestazioni l’organizzazione considera ottimali e anche riuscire a procurarsi informazioni precise circa il loro livello attuale. Inoltre, prima di metterle in atto, bisognerebbe chiedere a dirigenti e personale cosa ne pensano e se sia il caso di apportarvi modifiche.
La seconda causa è da imputare alla mancanza di supporto da parte della direzione aziendale. Per cercare di ottenerlo è necessario dimostrare quanto appreso dall’analisi e come questosi riferisca al livello inferiore dell’organizzazione.
2.6 Supporto da parte della direzione
La direzione dovrebbe sovraintendere a tutte le componenti dell’organizzazione, sebbene alcune possano esercitare le proprie funzioni anche in assenza di tale supporto. Ebbene, per la formazione e lo sviluppo professionale il supporto della direzione è assolutamente indispensabile, soprattutto se orientata al cambiamento dell’organizzazione e allo sviluppo del personale direttivo.
Sempre secondo Rossett (1987) il supporto direzionale si manifesta attraverso un costante riferimento, da parte dei vertici, all’importanza della formazione ed a quella di diventare una learning organization, da riportarsi in ogni discorso e in ogni riunione. Affinché un’organizzazione aziendale sia vitale e pronta a fronteggiare il cambiamento – sempre dietro l’angolo, soprattutto di questi tempi – è indispensabile che i dirigenti abbiano introiettato l’importanza culturale della formazione in azienda. Essi, infatti,
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devono sempre domandarsi, esaminando l’organizzazione, come procedono formazione e sviluppo, tra loro fortemente interconnesse, come contribuire alle comunicazioni relative e alla gestione dei corsi e, se possibile, devono dedicare spazio alla formazione nel rapporto annuale. È necessario, inoltre, che i dirigenti elogino e ricompensino costantemente i soggetti con compiti di responsabilità per lo sviluppo professionale del personale loro affidato. Infatti, quanti più essi vengono inseriti nel gruppo di formazione e quante più risorse vengono devolute allo sviluppo professionale, tanto più forte sarà la sensazione che la direzione attribuisce loro una grande importanza.
Indicazioni che la direzione attribuisca importanza alla formazione derivano dal fatto che si vedano i dirigenti:
- Interessarsi alla valutazione accurata e costante delle prestazioni, che comprenda anche gli interventi di addestramento individuale;
- Proporre lo sviluppo di una formazione allargata, individuando e dando la disponibilità ad interventi di sostegno;
- Appoggiare la partecipazione dei loro collaboratori a seminari, corsi universitari, sessione interne ed altre attività di sviluppo.
W. Yeomans (1982), direttore di formazione e sviluppo presso la J.C. Penney Company, ha dato sei suggerimenti su come poter riuscire, in qualità di formatori, ad ottenere supporto da parte della direzione:
- Cominciare a considerare formazione e sviluppo come una parte degli affari dell’azienda: se si vogliono ottenere appoggi bisogna partire da programmi ed attività che aiutino l’organizzazione a raggiungere i suoi obiettivi.
- Cercare di conoscere il lavoro aziendale: se si è in grado di discutere coerentemente con i dirigenti su quanto sta avvenendo, si capisce meglio l’andamento dell’azienda, soprattutto negli aspetti economici. Quindi si pone la necessità di rileggere i piani strategici per essere sicuri di capire il “che cosa” e il “come” dei programmi o dell’andamento aziendale.
- Sviluppare programmi ed attività desiderati dai dirigenti operativi e che soddisfino i loro bisogni: usare come punto di partenza lo studio dei piani strategici e dei rapporti operativi e le relative discussioni con i dirigenti.
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Bisogna essere in grado di interpretare quanto i dirigenti desiderano e le loro reali esigenze.
- Coinvolgere l’alta direzione: chiedere quali bisogni si ritiene prioritari. Dopo aver terminato l’indagine a tutti i livelli, bisogna mettere a punto un piano generale che comprenda i diversi gradi e le varie tipologie di interventi di formazione. Il piano deve riguardare tutte le attività esistenti o che debbano essere intraprese. Ottenere l’accordo della direzione e il suo coinvolgimento nel processo di formazione e sviluppo è possibile offrendole l’opportunità di prenderne parte direttamente.
- Sviluppare programmi concreti ed operativi: questi tipi di programmi forniscono al personale strumenti da poter usare subito nel suo lavoro.
- Occuparsi del ritorno sugli investimenti (ROI – Return On Investment): il ROI è un aspetto importante dell’andamento aziendale. Essere coinvolti nel ROI significa individuare programmi e modalità che hanno un effetto diretto e misurabile sulle prestazioni. È necessario, quindi, progettare le modalità di valutazione di questi programmi di formazione e realizzarle; utilizzare rilevamenti fatti prima e dopo per confrontare i vari gruppi, misurare le conseguenze della formazione e le varie economie ottenute, eseguendo confronti sul lungo periodo (ad es. 6 mesi). Quando si avranno dati significati, si renderanno noti i risultati. Ciò dimostrerà che ci si è preoccupati del ROI.
2.7 Un’analisi dei bisogni di tipo permanente
Silberman (1990) spiega che un settore di formazione che operi in modo efficace deve costantemente pianificare, progettare, effettuare e verificare i suoi interventi. Secondo Senge (1990) infatti, una strategia può svilupparsi secondo le seguenti fasi:
1. Valutazione dell’andamento della formazione in corso: di quale formazione ha bisogno il personale? Quali nuove competenze occorrono in futuro all’organizzazione? È bene eseguire ogni anno una verifica dei bisogni, classificandoli e dedicandosi a quelli da affrontare per primi, sviluppando un programma di sei mesi/un anno. Alcune categorie tipiche possono riguardare: - Aspetti relativi alla salute e alla sicurezza;
30 - Le vendite e il servizio ai clienti;
- Il lavoro d’ufficio, le tecnologie, competenze specialistiche, interpersonali o manageriali;
- Percorsi di avanzamento professionale, come sviluppi di carriera e delle abilità del personale;
- Programmi di sostituzioni.
2. Progettazione di programmi formativi: definire i seguenti aspetti per ogni programma da sviluppare:
- Obiettivi dei corsi; - Modalità di verifica;
- Metodologie di intervento; - Materiale e documentazione; - Progetti dei singoli moduli; - Durata del programma;
- Criteri di scelta dei partecipanti; - Responsabile e istruttore; - Budget;
- Annuncio dei corsi;
- Procedimento di registrazione e conferma.
3. Progettazione di dettaglio, campionamento dei singoli moduli: prima di dare inizio al programma di formazione è opportuno proporre il progetto ai dipendenti e ai dirigenti. Inoltre, bisogna assicurarsi con gli istruttori che gli obiettivi degli interventi siano congruenti con il progetto e con il metodo scelto.
4. Definizione della metodologia di relazionamento: prima di iniziare a progettare un intervento formativo, è necessario chiarire bene su quali criteri si basa la relazione finalee ottenere l’accordo della direzione.
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CAPITOLO 3
VALUTAZIONE POST-FORMAZIONE: MODELLI VALUTATIVI E METODOLOGIA
3.1 Learning organizationNel capitolo precedente si è detto che l’analisi dei bisogni viene effettuata dalle aziende che tendono a diventare una “learning organization”, cioè un’organizzazione in grado di creare, acquisire e trasferire conoscenza, nonché di modificare il proprio comportamento per applicare la nuova conoscenza. Tutto ciò rientra nell’ambito dell’apprendimento organizzativo – organizational learning – in cui l’apprendimento è inteso come un percorso, una costante evoluzione in risposta ad opportunità, problemi o difficoltà, un adattamento ai continui mutamenti (C. Argyris, D. Schoen, 1996). Le principali attività connesse all’apprendimento organizzativo sono:
- Sviluppo sistematico di processi di problem solving;
- Sperimentazione di nuovi approcci nello svolgimento dei processi; - Apprendimento dalla propria esperienza e dagli eventi passati; - Apprendimento dall’esperienza e dalle best practice altrui;
- Trasferimento rapido ed efficiente della conoscenza all’interno dell’organizzazione;
- Misurazione dell’apprendimento
3.2 Dalla formazione ai risultati della formazione
Secondo D.G. Robinson, J. C. Robinson (1998) si passa da un approccio basato sulla formazione (training) ad uno focalizzato al risultato della formazione (performance), come viene descritto nella tabella che segue:
Focus tradizionale Focus sui risultati
Focus sui fabbisogni formativi ( ciò che le persone devono conoscere); l’obiettivo è acquisire conoscenze e capacità
Focus sui fabbisogni lavorativi (ciò che le perosne devono fare); l’acquisizione di conoscenze e capacità è il mezzo per conseguire un obiettivo
Orientamento all’evento formativo Orientamento al processo formativo
32 precostituite, che di norma sono progetti formativi strutturati
formazione è solo una delle possibili leve di apprendimento
La valutazione frontale al termine
dell’eventio è opzionale; sono raramente identificate le barriere organizzative al raggiungimento dei risultati attesi dalla formazione
La valutazione frontale al termine
dell’evento è obbligatoria; si identificano le barriere organizzateive al raggiungimento dei risultati attesi dalla formazione
Il successo è misurato in termini di qualità dell’evento formativo
Il successo è misurato in termini di
contributo al miglioramento dei risutltati e di impatto operativo
Tabella 3.1. Dalla formazione ai risultati della formazione (Robinson&Robinson, 1998)
3.3 Il trasferimento dell’apprendimento sul lavoro
In questa fase si analizza come i discenti riescano a trasferire quanto appreso nella loro realtà professionale. Valutare il “trasferimento sul lavoro” significa determinare quali cambiamenti nel comportamento lavorativo sono derivati dalla formazione, ovvero misurare l'effettivo utilizzo nel contesto lavorativo delle conoscenze, delle capacità e degli atteggiamenti che sono stati acquisiti durante l'attività formativa. Molte volte accade che nonostante si sia registrato un elevato “learning” da parte dei discenti, vi sia poi una scarsa “application” di quanto appreso.
Vari fattori organizzativi ed individuali inibiscono o incentivano il trasferimento dell’apprendiemnto sul lavoro:
- Clima organizzativo;
- Coinvolgimento del top management nel processo di cambiamento; - Stile partecipativo nel processo di cambiamento;
- Aspettative dei processi di cambiamento;
- Presenza di supporti/rinforzi alla applicazione dell’apprendimento sul lavoro; - Pianificazione carriera individuale;
- Job involvement (centralità della situazione lavorativa per l’identità individuale);
33 - Motivazione alla formazione;
- Grado di confidenza individuale sulle proprie capacità di apprendimento; - Commitment dei discendenti nell’applicare l’oggetto di apprendimento al
proprio contesto lavorativo.
Occorre, pertanto, prestare attenzione non solo agli strumenti di valutazione dell’efficacia della formazione, ma anche al processo valutativo, in logica di integrazione con gli altri processi manageriali.
3.4 La valutazione dell’efficacia della formazione: modelli presenti in letteratura
Gli studi sull’efficacia hanno individuato nel trasferimento nel contesto lavorativo il fine ultimo del processo formativo e si sono interessati ad esaminarne le principali determinanti.
I quesiti chiave che ci si pone nell’andare a valutare l’efficacia della formazione sono: - Quali approcci orientano la misurazione dell’efficacia della formazione?
- Quali sono i diversi modelli e strumenti di misurazione dell’efficacia della formazione?
- Come misurare le relazioni di causa-effetto tra formazione e performance aziendali?
- In quale misura è presidiata la coerenza nell’intero processo formativo (dalla progettazione, all’erogazione, alla valutazione)?
- Chi è responsabile della valutazione dell’efficacia delle formazione? Con quali ruoli?
- Quali risorse (temporali, umane ed economiche) sono disponibili per la valutazione dell’efficacia della formazione?
- Quale utilizzo viene fatto delle misure di efficacia della formazione?
- Come la valutazione della formazione entra a far parte dei processi manageriali?
Esistono diversi modelli e strumenti che vanno a rilevare l’efficacia della formazione. I fondamentali sono:
- Kirkpatrick; - Kaufman; - ROI;
34 - Auditing;
- Bloom; - Kolb.
Il vero obiettivo, però, non è identificare il modello migliore in assoluto, bensì costruire un
blended mix di strumenti da utilizzare in maniera bilanciata in ragione delle diverse
tipologie di iniziative formative. Occorre, quindi, rinunciare alla ricerca sia di uno strumento di valutazione universalmente valido, sia di una realtà assolutamente valutabile.
3.5 Modello di Kirkpatrick
Il modello di Kirkpatrick (1967) è considerato uno standard a livello mondiale per la valutazione dell’efficacia della formazione. Esso considera il valore di ogni tipo di formazione, formale o informale, attraverso quattro livelli:
L1 – Reazione e soddisfazione: misure delle reazioni dei partecipanti al programma e della soddisfazione degli stakeholder con riferimento al programma formativo (livello individuale).
L2 – Apprendimento: misure dei cambiamenti nelle conoscenze, capacità e atteggiamenti come conseguenza del programma formativo (livello individuale).
L3 – Comportamento: misure dei cambiamenti intercorsi nel comportamento sul lavoro e di specifiche applicazioni del programma formativo (livello individuale).
L4 – Risultati: misure dei cambiamenti intercorsi nei risultati aziendali come conseguenza del programma formativo (livello organizzativo).
3.5.1 L1 – Reazione
1. Contenuti:
- Valutazione della qualità percepita della formazione da parte del discente con riferimento alla progettazione (utilità, applicabilità e difficoltà), alla didattica e all’organizzazione;
- Evidenze empiriche dimostrano che la misurazione delle reazioni affettive (enjoying it) è meno associata alle conseguenti performance sul lavoro rispetto alle misure di utilità percepità (Alliger et al. 1997).