• Non ci sono risultati.

Multinazionali, crescita economica e politiche:l'Irlanda e il caso di Google

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Multinazionali, crescita economica e politiche:l'Irlanda e il caso di Google"

Copied!
158
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA IN STUDI INTERNAZIONALI

Tesi di laurea magistrale

MULTINAZIONALI, CRESCITA ECONOMICA E POLITICHE: L'IRLANDA E IL CASO DI GOOGLE

CANDIDATO

:

RELATORE:

Giulia Desogus

Prof. Andrea Mangani

(2)

Indice

Introduzione 4

1° capitolo: Il commercio internazionale: i modelli teorici e il consolidamento istituzionale. 9

1.1. Perché esiste il commercio internazionale: un'introduzione ai modelli teorici. 9 1.2. Commercio intra-industriale e inter-industriale. 10 1.3. Il modello ricardiano dei vantaggi comparati. 11 1.4. Le assunzioni del modello ricardiano 14 1.5. Effetti sulla frontiera delle possibilità di consumo e determinazione di prezzi e salari relativi in presenza di commercio internazionale. 16 1.6. Domanda e offerta relativa internazionale: la determinazione del prezzo relativo mondiale. 19 1.7. Effetti sui salari relativi dei due paesi. 21 1.8. I limiti del modello di Ricardo. 22 1.9. Il modello di Heckscher-Ohlin di dotazione dei fattori. 23 1.10. La verifica empirica e i limiti del modello di Heckscher-Ohlin. 25 1.11. Il teorema di Stolper-Samuelson. 27 1.12. Il modello a fattori specifici. 29 1.13. Il consolidamento del commercio internazionale: le istituzioni. 33 1.14. Accordi multilaterali sulla liberalizzazione del commercio internazionale. 44 1.15. Zone di libero scambio e di integrazione regionale: Mercato Unico europeo, NAFTA,

Mercosur ed ASEAN. 48

2° capitolo: Gli investimenti diretti esteri

2.1. Un'introduzione agli investimenti diretti esteri: Ide verticali e orizzontali. 62 2.2. I fatti stilizzati sugli investimenti diretti esteri. 64 2.3. Internalizzazione o esternalizzazione della produzione: una distinzione importante. 72 2.4. Il trade off dell'impresa: scegliere l'internalizzazione o l'esternalizzazione della produzione. 73 2.5. La scelta tra investimento orizzontale e verticale. 75 2.6. Le variabili che influiscono sulla scelta di investire all'estero. 78 2.7. Gli effetti degli Ide a confronto nel paese di origine e nel paese di destinazione. 81 2.8. Effetti degli Ide sulle imprese del paese di destinazione: spillovers ed effetti pro-competitivi.84 2.9. Le politiche commerciali: dazio, quota alle importazioni, restrizioni alle esportazioni. 86 2.10. Sussidi all'esportazione. 89

3° capitolo: Gli investimenti diretti esteri in Irlanda e il caso di Google. 90 3.1. La storia dell'Irlanda: un'introduzione. 90

(3)

3.2. L'assetto economico dell'Irlanda e il boom economico degli anni '90. 92 3.3. Il ruolo dell' Industrial Development Agency (Ida Ireland). 94 3.4. La crisi che divorò l'Irlanda. 100 3.5. Il buon funzionamento dell'Ida durante e dopo la crisi finanziaria mondiale: effetti sugli

investimenti diretti esteri. 103

3.6. Politiche di attrazione agli investimenti diretti esteri: l'entrata dell'Irlanda nella Comunità Economica Europea e i livelli di tassazione alle imprese. 109 3.7. Il ruolo delle economie di agglomerazione in Irlanda. 111 3.8. La presenza di multinazionali statunitensi sul territorio irlandese. 113 3.9. Imprese nazionali irlandesi e multinazionali estere che hanno investito in Irlanda:

caratteristiche a confronto. 120 3.10. La grande importanza degli investimenti diretti esteri nell'economia irlandese. 123 3.11. Effetti dell'insediamento di imprese multinazionali sull'occupazione e sulla crescita

irlandese. 126

3.12. L'investimento di Google a Dublino. 127 3.12.1. La storia di Google: dalla sua nascita ad oggi. 130 3.12.2. Google e la finanza: le azioni Google sbarcano a Wall Street. 141 3.12.3. La strategia fiscale di Google Ireland: Irish Double e Dutch Sandwich. 142 3.13. Tassazione alle multinazionali: il punto di vista delle istituzioni dell'Unione Europea. 149

(4)

Introduzione

Questo studio è incentrato sulle imprese multinazionali ed è volto a dimostrare quali variabili incentivano o meno un'impresa ad effettuare un investimento all'estero. Parleremo dei vari tipi di investimento che si possono effettuare, tratteremo l'aspetto delle politiche di attrazione agli investimenti diretti esteri, come il livello di tassazione alle imprese adottato dai governi dei paesi; ci soffermeremo sul caso dell'Irlanda e sulle sue istituzioni, prendendo in considerazione il caso dell'azienda statunitense Google, che ha aperto una filiale a Dublino per usufruire del minor livello di tassazione sui profitti.

Nel primo capitolo verranno introdotti alcuni modelli teorici del commercio internazionale, tra cui il modello di Ricardo, il modello di Heckscher-Ohlin, il teorema di Stolper Samuelson e il modello a fattori specifici, e saranno quindi enunciate le ipotesi sulle quali si basano tali modelli. Verrà introdotta la differenza tra commercio inter-industriale e intra-industriale e saranno enunciati quali vantaggi o svantaggi ottengono i paesi che scambiano tra di loro i beni prodotti all'interno di uno stesso settore (scambi di tipo intra-industriale) o i beni prodotti all'interno di settori diversi (inter-industriale). Nel primo capitolo ripercorreremo anche la storia del consolidamento istituzionale del commercio internazionale: si partirà dalla nascita degli accordi di Bretton Woods, che portarono all'istituzione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, e verranno descritti in maniera sintetica il funzionamento e lo scopo di tali istituzioni. Parleremo della nascita del

General Agreement on Tariffs and Trade, che entrò in vigore nel 1947 e fu poi

sostituito nel 1995 dalla World Trade Organization: in poche parole ripercorreremo le tappe che hanno portato alla liberalizzazione degli scambi internazionali. Analizzeremo le zone di libero scambio quali il Mercato Unico Europeo, il Mercosur, l'ASEAN e il NAFTA, mettendo in evidenza che l'appartenenza di un paese a tali aree di libero scambio incentiva le imprese ad investire all'estero.

Il secondo capitolo, interamente dedicato agli investimenti diretti esteri, espone alcune categorizzazioni importanti: la prima riguarda gli investimenti Greenfield e

(5)

impianto in un paese all'estero, mentre gli investimenti Brownfield riguardano fusioni o acquisizioni (Mergers & Aquisitions) di imprese estere già esistenti. La seconda distinzione di cui parleremo in questo capitolo riguarda il tipo di investimento, che può essere orizzontale o verticale: l'investimento orizzontale verrà definito come una sorta di "clonazione" dello stesso impianto produttivo già presente in patria; l'investimento verticale consiste invece nella frammentazione della catena produttiva tra paese d'origine dell'impresa e quello dove si è deciso di investire, pertanto l'impianto all'estero si occuperà di una precisa fase produttiva non esistente in patria. Verrà spiegato che cosa incentiva un investimento di tipo orizzontale piuttosto che uno di tipo verticale: lo studio sugli investimenti diretti esteri (Barba Navaretti e Venables, 2006) ha messo in luce che molte aziende hanno deciso di effettuare un investimento di tipo verticale quando i costi del commercio internazionale (tra cui costi di trasporto o eventuali barriere dovute alle politiche commerciali) sono bassi, mentre le aziende che effettuano un investimento di tipo orizzontale sono incentivate a farlo quando i costi del commercio internazionale sono alti, e questo tipo di investimento serve alle imprese per acquisire quote di mercato. In questo capitolo sarà ripercorsa la storia degli investimenti diretti esteri a partire dal 1985, saranno esposti i dati sui flussi di investimenti in uscita dai paesi sviluppati verso altre economie avanzate o verso i paesi in via di sviluppo, e verrà osservato l'impatto che tali investimenti hanno avuto sull'impiego e sulle vendite delle controllate all'estero, nonché gli effetti che gli investimenti hanno avuto sul mercato dei prodotti e il mercato dei fattori dei paesi di destinazione e di origine degli investimenti. Sarà dimostrato che la maggior parte di tali investimenti è avvenuta sotto forma di fusioni e acquisizioni; vedremo che molti investimenti sono stati effettuati da imprese che operano nel settore hi-tech e che impiegano lavoratori altamente qualificati; dimostreremo che le imprese multinazionali sono generalmente più produttive e di dimensioni più grandi rispetto alle imprese nazionali. Verrà inoltre spiegato perché i flussi di investimenti dall'estero spingono le imprese locali ad essere più competitive, di fatto facendo uscire dal mercato quelle meno efficienti e migliorando invece la

performance di altre imprese locali; vedremo cosa sono gli spillovers di conoscenza

(6)

terremo conto è quella che riguarda l'internalizzazione e l'esternalizzazione della produzione: entrambi gli investimenti Greenfield e Brownfield sono esempi di

internalizzazione della produzione poiché questa avviene all'interno di un impianto

appartenente alla stessa impresa, sia esso costruito ex novo oppure ottenuto attraverso fusioni o acquisizioni. L'esternalizzazione della produzione invece ha luogo quando si affida la produzione ad un'impresa esterna, attraverso contratti di licenza o di subappalto. A tal proposito sono stati enunciati i problemi che possono sorgere, e che sono dovuti all'asimmetria informativa e all'incompletezza contrattuale. Alla fine di questo capitolo tratteremo brevemente l'argomento che riguarda le politiche commerciali che si pongono come barriere al commercio internazionale, quali i dazi, le quote alle importazioni, le restrizioni alle esportazioni; parleremo poi delle politiche volte ad incentivare le esportazioni come i sussidi alle esportazioni, spiegando brevemente quali effetti hanno tali politiche sul benessere di consumatori, produttori e governi dei paesi che importano o esportano.

Il terzo capitolo sarà dedicato agli investimenti diretti esteri in Irlanda, e si focalizzerà sull'investimento che l'azienda statunitense Google ha effettuato a Dublino. Dopo una breve introduzione della situazione politico-economica dell'Irlanda, verranno percorse le tappe che hanno portato al boom economico irlandese degli anni '90, dovuto proprio all'afflusso di grandi capitali dall'estero; si presterà particolare attenzione all'importanza che le istituzioni irlandesi quali il governo e l'Industrial Development Agency (Ida) hanno avuto nell'attrarre grandi capitali dall'estero. Sarà dimostrato attraverso i dati provenienti dai reports annuali dell'Ida che i principali investimenti esteri effettuati in Irlanda provengono dagli Stati Uniti e riguardano i settori informatico, elettronico, farmaceutico, ottico e il settore delle apparecchiature mediche. Verrà spiegato come l'Ida sia stata in grado di gestire la situazione durante e dopo la crisi finanziaria mondiale, riuscendo sempre nel suo intento di attrarre capitali dall'estero. L'operato dell'Ida è stato efficace grazie anche alla collaborazione del governo irlandese, che ha adottato un regime di tassazione sui profitti alle imprese relativamente basso, pari al 12,5%. Verranno citati alcuni dati che definiscono la quota di occupati all'interno delle filiali irlandesi di multinazionali estere, e sarà anche dimostrato che essi hanno uno stipendio più alto rispetto a quelli

(7)

che sono occupati in aziende nazionali irlandesi. Gli investitori che hanno deciso di aprire una filiale in Irlanda, tra cui appunto Google, lo hanno fatto per una serie di incentivi. Come già detto il regime di tassazione che prevede un'aliquota del 12,5% sui profitti generati dalle imprese è molto conveniente se paragonato a quello previsto negli Usa, dove l'aliquota è pari al 35%; il personale anglofono e altamente qualificato nel settore hi-tech, e che è stato formato grazie all'istituzione di corsi di formazione sponsorizzati dall'Ida, ha sicuramente incentivato gli investitori; l'appartenenza dell'Irlanda al Mercato Unico Europeo ha fatto apparire l'Irlanda come una perfetta “piattaforma per le esportazioni” agli occhi degli investitori esteri, potendo essi vendere i beni prodotti dalle loro filiali irlandesi nell'intera zona dell'Unione Europea. Analizzeremo poi il caso di Google, che produce contenuti digitali negli Stati Uniti e li trasferisce alla filiale irlandese attraverso un sistema di licenze di cui la società stessa fissa il prezzo, essendo queste transazioni interne all'impresa. Spiegheremo la strategia fiscale che adotta Google, in particolare parleremo di quello che viene definito Irish Double e Dutch Sandwich. Da un punto di vista legale investire in un paese per usufruire del minor livello di tassazione non è sbagliato; i problemi sorgono quando si adottano strategie come quella utilizzata da Google, che trasferisce i profitti da una filiale all'altra per poi trasferirli nei paradisi fiscali. Sul regime di tassazione alle imprese non mancano critiche e riserve, sia da parte del governo statunitense che da parte dei governatori di alcuni paesi dell'Unione Europea, che non ricevono alcun introito fiscale sui profitti di multinazionali come Google, sebbene il colosso statunitense del web venda molto all'interno di tutti i paesi dell'Ue. La cancelliera tedesca Angela Merkel sostiene che l'Irlanda dovrebbe alzare (anche solo di poco) il suo livello di tassazione ai profitti generati dalle aziende, ma i membri del governo Irlandese, come il primo ministro Enda Kenny, sono a conoscenza del fatto che un aumento della tassazione alle imprese, seppur basso, potrebbe spaventare gli investitori ed incentivarli a spostare le loro filiali in paesi che offrono un livello di tassazione più favorevole. I funzionari dell'Unione Europea e i membri del governo statunitense sono d'accordo sul fatto che dovrebbe essere introdotto un regime di regolamentazione internazionale per le imprese, onde evitare che queste adottino strategie come quella adottata da Google e

(8)

altre multinazionali. Ovviamente i governatori di paesi come Olanda, Irlanda e altri paesi in cui la crescita economica dipende fondamentalmente dagli investitori esteri, non condividono però l'introduzione di un'armonizzazione internazionale dell'aliquota fiscale sui profitti alle imprese, perché sanno che questo potrebbe arrecare gravi danni alle loro economie. Per questo motivo non si è ancora trovata una soluzione concreta, nonostante le varie proposte provenienti dai governi di paesi come la Francia e nonostante il continuo sforzo messo in atto da parte della Commissione dell'Unione Europea per risolvere la questione.

(9)

1. Il commercio internazionale: i modelli teorici e il consolidamento istituzionale.

1.1 Perché esiste il commercio internazionale: un'introduzione ai modelli teorici. Il commercio internazionale, inteso come lo scambio di beni e servizi, può portare vantaggi ai paesi che vi partecipano.

Secondo le prime e più rilevanti teorie del commercio internazionale, i motivi che portano i paesi allo scambio internazionale possono dipendere dalle diverse tecnologie o dal differenziale nella produttività del lavoro (come ipotizza Ricardo), oppure dalla diversa dotazione nazionale dei fattori produttivi (come teorizzano Heckscher-Ohlin).

La teoria di Ricardo afferma che il vantaggio comparato in termini di produttività del lavoro determina la specializzazione dei paesi. Prendiamo ad esempio due nazioni, A e B, in cui sono attivi solo due settori: il settore alimentare e il settore automobilistico. Supponiamo poi che il lavoro di A nel settore alimentare sia più produttivo rispetto a quello automobilistico che invece è più produttivo in B: questo signficherà che il primo paese sa produrre relativamente "meglio" prodotti alimentari mentre il secondo sa produrre relativamente "meglio" automobili. Questa produttività relativa si esprime nel confronto tra i due paesi della rispettiva quantità di ore necessarie per produrre un'unità di prodotto: nel settore automobilistico ad A servono 20 ore per produrre un'automobile e a B servono 16 ore per produrne una. Supponiamo invece che A abbia bisogno di 10 ore di lavoro per produrre un'unità di beni alimentari mentre B ne abbia bisogno di 12. Alla luce di questo si può stabilire quale dei due paesi ha un vantaggio comparato e nella produzione di quale bene. Stando al nostro esempio, visto che A ha un vantaggio comparato nella produzione di prodotti alimentari mentre B ha un vantaggio comparato nella produzìone di alimenti, i due paesi si specializzeranno – A nella produzione di beni del settore 1 e B nella produzione di beni del settore 2 – e scambieranno tra di loro i beni finali traendo vantaggio da tale specializzazione produttiva.

(10)

dotazione di fattori, come teorizzano Heckscer-Ohlin: in questo caso un paese si specializzerà nella produzione del bene che richiede un maggior utilizzo del fattore di cui si ha una dotazione relativamente maggiore rispetto all'altro paese (Krugman e Obstfeld, 2003).

I due modelli teorici – quello di Ricardo e quello di Heckscher-Ohlin – saranno analizzati più approfonditamente in seguito, dopo aver spiegato l'esistenza di due tipi di commercio: quello intra-industriale e quello inter-industriale.

Gli ultimi due modelli teorici di commercio internazionale che tratteremo sono quelli di Stopler – Samuelson e il modello a fattori specifici.

1.2. Commercio intra-industriale e inter-industriale.

Nell'ambito del commercio internazionale si individuano due tipi di scambio:

intra-industriale o inter-intra-industriale. Il primo riguarda lo scambio tra paesi diversi di beni

prodotti dallo stesso settore industriale: prendiamo ad esempio il settore automobilistico di Germania e Italia che producono automobili e le importano ed esportano reciprocamente. Questa situazione non porta alla specializzazione produttiva, specializzazione che invece è considerata ottimale da Ricardo. Nel caso ipotizzato ora, i beni delle due industrie automobilistiche – tedesca e italiana – fanno parte dello stesso settore (automobilistico appunto), ma sono tecnicamente differenziati. L'industria italiana per esempio produce una maggior quantità di utilitarie di piccole dimensioni mentre quella tedesca produce automobili di media e grande cilindrata di dimensioni più grandi. Un consumatore italiano potrebbe ritenere che un modello di Volkswagen sia più adatto a lui oppure potrebbe acquistarla perché ha un design più moderno che gli piace di più. Allo stesso modo un consumatore tedesco potrebbe decidere di comprare una Fiat di piccola cilindrata perché ritiene che questa sia più adatta per la città in cui abita oppure perché vuole risparmiare sul prezzo. Il consumatore sceglie dunque in base ai propri bisogni, alle proprie preferenze e alle proprie disponibilità finanziarie; il successo del commercio

intra-industriale deriva dal fatto che il consumatore ha accesso ad una vasta gamma di

(11)

sue esigenze, cosa che non potrebbe fare se solo un paese si specializzasse nella produzione di automobili. Affinché possa esservi commercio intra-industriale, i paesi che scambiano tra di loro i beni devono essere abbastanza simili in termini di sviluppo, reddito e standard di vita. Gli studi econometrici riportati da Krugman e Obstfeld (2003) dimostrano che questo tipo di commercio é più rilevante nei beni che incorporano grandi quantità di capitale materiale o umano (il capitale umano coincide con il lavoro qualificato: ad esempio un ingegnere che ha una conoscenza specifica e approfondita in una determinata area, sarà considerato capitale umano). Il commercio intra-industriale è molto diffuso perché permette al consumatore di avere una scelta più ampia rispetto a quella che avrebbe avuto se solo un paese avesse prodotto quel determinato bene. Esso si svolge in quantità maggiori rispetto a quello

inter-industriale: sia negli Stati Uniti che nell'Unione Europea circa tre quarti del

commercio di prodotti manifatturieri riguarda il commercio intra-industriale.

Il commercio inter-industriale invece riguarda lo scambio di beni che provengono da diversi settori industriali tra paesi diversi e in questo senso riflette la teoria ricardiana basata sul vantaggio comparato e la specializzazione produttiva: l'esempio che è stato fornito in precedenza riguardo ai due paesi A e B, in cui A si specializza nella produzione di alimenti e B nella produzione di automobili scambiando infine i beni tra di loro è un ottimo esempio di commercio inter-industriale. Supponiamo che il paese A sia l'Italia e il paese B sia la Germania: se il lavoro dei lavoratori tedeschi è relativamente più produttivo nel settore automobilistico, mentre quello italiano è relativamente più produttivo nel settore alimentare, allora Germania e Italia si specializzeranno rispettivamente nella produzione di automobili e alimenti, che poi scambieranno tra loro. Il concetto di produttività relativa sarà spiegato meglio nel paragrafo successivo che è dedicato alla teoria di Ricardo.

1.3. Il modello ricardiano dei vantaggi comparati.

Il primo modello teorico sul commercio internazionale va attribuito all'economista britannico David Ricardo, il quale elaborò nel 1817 la teoria dei vantaggi comparati. Secondo questo assunto la ragione che porta al commercio reciproco tra paesi deriva

(12)

dalla loro produttività relativa, e poiché Ricardo prende in considerazione un'economia che utilizza un unico fattore di produzione, il lavoro, il parametro da utilizzare sarà dunque la produttività del lavoro (Krugman e Obstfield, 2003).

Per capire appieno il modello di Ricardo, é necessario definire cosa si intende per vantaggio comparato e cosa si intende invece per costo opportunità. Il modo migliore per spiegarlo è farlo attraverso un esempio; pertanto ipotizziamo che due paesi, Stati Uniti e Cina, producano i-pods e scarpe, e che gli Usa impieghino due ore di lavoro per produrre un ipod (chiameremo aLi la quantità di lavoro necessaria per produrre un ipod negli Usa), mentre supponiamo la Cina necessiti di dodici ore per la produzione di un ipod. Assumiamo poi che gli Stati Uniti necessitino di quattro ore di lavoro per produrre un paio di scarpe (definiamo aLs la quantità di ore necessaria per produrre un paio di scarpe in Usa, dunque aLs=4) e che la Cina abbia invece bisogno di sei ore per produrne un paio (aLs*=6). Usiamo l'asterisco per indicare la quantità di ore di lavoro di cui necessita la Cina per produrre un paio di scarpe (aLs*) o un ipod (aLi*). Se confrontassimo semplicemente aLi con aLi* troveremmo che gli Usa hanno un vantaggio assoluto nella produzione tanto di ipods quanto di scarpe, perché:

aLi<aLi* aLs<aLs*

Queste due espressioni indicano che il lavoro statunitense è più produttivo rispetto al lavoro cinese: gli Usa necessitano di meno ore per produrre un'unità di bene, sia nel settore tecnologico che in quello delle calzature; in questo caso si parla di vantaggio assoluto. Tuttavia tra questi due paesi è possibile identificare un vantaggio comparato che, come evidenzia Ricardo, è più rilevante del vantaggio assoluto. Come? Confrontando da una parte il costo opportunità di un ipod in termini di paia di scarpe degli Usa con quello della Cina, e dall'altra il costo opportunità di un paio di scarpe in termini di ipod dei due paesi si può stabilire quale dei due paesi abbia un vantaggio comparato nella produzione di un determinato bene. Che cos'è il costo opportunità di un ipod in termini di scarpe? Semplificemente la quantità di paia di

(13)

scarpe a cui l'economia sta rinunciando per produrre un ipod. D'altro canto il costo opportunità di un paio di scarpe in termini di ipod esprime la quantità di ipods a cui l'economia sta rinunciando per produrre un paio di scarpe. Per esempio negli Usa il costo opportunità di un ipod in termini di paia di scarpe è pari a 0.5. Dunque negli Usa si può produrre un ipod rinunciando a produrre 0.5 paia di scarpe. In altri termini:

aLi/aLs = 0.5

In Cina invece il costo opportunità di ipods in termini di paia di scarpe è pari a 2. Il costo opportunità di scarpe in termini di ipods in Cina è pari a 0.5 mentre negli Usa tale rapporto è pari a 2. Mettendo i dati a confronto, la tabella riassume schematicamente i costi opportunità dei due beni in Cina e Usa, e li mette in relazione per stabilire quale paese abbia il costo opportunità minore nella produzione di un determinato bene :

Tabella 1.1 Confronto tra i costi opportunità di ipod e scarpe in Usa e Cina. Usa Cina Costo opportunità

Ipods aLi=2 ali*=12 Di ipod in termini di paia di scarpe:

negli Usa:aLi/aLs= 0.5 <in Cina: aLi*/aLs*= 2 Scarpe aLs=4 als*=6 Di un paio di scarpe in termini di ipod:

negli Usa: aLs/aLi = 2 >in Cina: aLs*/aLi* = 0.5

Si può affermare che sebbene gli Stati Uniti abbiano un vantaggio assoluto, ciò che è rilevante per arrivare alla specializzazione e al conseguente scambio internazionale secondo la teoria ricardiana è il vantaggio comparato.

Poiché il costo opportunità di un ipod in termini di paia di scarpe negli Usa è minore rispetto a quello della Cina, mentre il costo opportunità di scarpe in termini di ipods è minore in Cina rispetto a quello degli Usa, diremo che gli Stati Uniti hanno un vantaggio comparato nella produzione di ipods mentre la Cina ne ha uno nella produzione di scarpe.

I due paesi si specializzeranno nella produzione del bene che sanno produrre

(14)

maggiore rispetto a quella dello stesso bene prodotto nell'altro paese - e trarranno vantaggi dal commercio internazionale scambiando tra di loro questi beni.

1.4. Le assunzioni del modello ricardiano.

Il modello di Ricardo si basa su assunzioni forti e precise:

– in primo luogo Ricardo ipotizza che esista un unico fattore di produzione, il lavoro, e che la quantità offerta di lavoro sia data e non modificabile. Il modello prevede anche che la produttività del lavoro sia costante: ciò significa che sappiamo quante ore di lavoro servono per produrre un'unità di un certo bene, e questa quantità rimane costante. Di conseguenza anche il costo opportunità di tale bene in termini dell'altro è costante.

– In secondo luogo la produzione riguarda solo due settori produttivi – dunque prenderemo come esempio due beni – e solo due paesi dotati di tecnologie differenti tra di loro.

– Un terzo aspetto di tale teoria evidenzia che c'è perfetta mobilità nazionale del lavoro tra i settori; questo significa che i lavoratori possono scegliere in quale settore lavorare all'interno del proprio paese, ma non possono andare a lavorare nell'altro paese.

– Ultimo, ma non meno importante, il modello di Ricardo vale a condizione che i mercati dei due paesi siano perfettamente concorrenziali, il che significa che il mercato è formato da tante piccole imprese che producono e vendono beni identici e non riescono a modificare il prezzo di mercato (Krugman e Obstfeld, 2003).

Analizziamo bene la prima assunzione: cosa si intende per economia a un solo fattore di produzione la cui offerta è data? Per spiegarlo in modo chiaro verrà fornito un esempio. Consideriamo un solo paese che ha a disposizione 200 ore di lavoro, e che impiega due ore di lavoro per produrre un ipod e quattro ore di lavoro per produrre un paio di scarpe. Il paese potrà quindi fissare un dato livello di produzione di ipods o di scarpe: se deciderà di utilizzare tutte le 200 ore di lavoro per produrre

(15)

100 unità ipods, il livello di produzione di scarpe sarà pari a zero. Se decidesse di utilizzare metà delle ore di lavoro per produrre ipods, e l'altra metà per produrre scarpe, produrrebbe 50 unità di ipods (dal rapporto 100/2) e 25 paia di scarpe (il risultato di 100/4).

Questo trade-off può essere rappresentato graficamente utilizzando la frontiera delle possibilità produttive che esprime la quantità massima producibile di un bene, una volta fissata la quantità da produrre dell'altro bene.

Grafico 1.1 Frontiera delle possibilità produttive degli Usa.

Produzione interna di ipods 100

50 Produzione interna di scarpe

La frontiera delle possibilità produttive, ossia la retta che congiunge i due punti posizionati sugli assi (dunque 100 con 50), corrisponde alla quantità massima di beni producibile entro quelle 200 ore di lavoro disponibili. Dal grafico è facile notare che, come già detto, se gli Usa utilizzano tutte le 200 ore per la produzione di ipods la produzione di scarpe è uguale a zero. Se si utilizzano tutte le 200 ore di lavoro per la produzione di scarpe, se ne ottengono 50 e la produzione di ipods è pari a zero. Se invece si scegliesse un livello intermedio, cioè si dedicassero 100 ore di lavoro alla produzione di ipods e 100 ore alla produzione di scarpe, si otterrebbero 50 unità di ipods e 25 paia di scarpe. Dunque all'aumento della produzione di scarpe farà fronte una diminuzione della produzione di ipods e viceversa.

E' importante specificare che in assenza di scambi internazionali la frontiera delle possibilità produttive corrisponde alla frontiera delle possibilità di consumo.

(16)

lavorare nel settore in cui i salari orari sono più alti. Indichiamo con Ps e Pi i rispettivi prezzi di scarpe e ipods, e con Pi/aLi il salario orario nel settore in cui si producono ipods, vale a dire il prezzo di un ipod divisa la quantità di ore di lavoro necessaria per produrne uno.

E' bene specificare che, dato che in questo modello non ci sono profitti, il salario orario corrisponde perfettamente al valore di ciò che è stato prodotto in un'ora, ecco perché vale il rapporto Pi/aLi. La condizione che deve verificarsi affinché i salari siano più alti in quel settore è che il prezzo relativo di un ipod sia maggiore del suo costo opportunità, in altri termini:

Pi/Ps > aLi/aLs.

Nel caso in cui il prezzo relativo di un ipod sia inferiore al suo costo opportunità, l'economia si specializzerà nella produzione di scarpe perché i salari in quel settore saranno più alti e tutti i lavoratori sceglieranno di lavorare per la produzione di scarpe.

Se si verificasse invece una condizione in cui il prezzo relativo di un ipod è uguale al suo costo opportunità, i lavoratori saranno indifferenti rispetto al settore in cui lavorare perché i salari sono uguali e dunque entrambi i beni verranno prodotti (Krugman e Obstfeld, 2003).

1.5. Effetti sulla frontiera delle possibilità di consumo e determinazione di prezzi e salari relativi in presenza di commercio internazionale.

Dalla rappresentazione grafica della frontiera delle possibilità produttive di un paese con un solo fattore di produzione, si può facilmente notare che, in assenza di scambi internazionali, aumentare la produzione di uno dei due beni significherà necessariamente diminuire le unità prodotte dell'altro bene. Si tratta dunque di una scelta in cui l'aumento nella produzione di un settore comporterà automaticamente una diminuzione nella produzione dell' altro. Analizziamo cosa succederebbe se il paese si aprisse al commercio internazionale: i primi effetti da notare saranno sulle

(17)

possibilità di consumo, che aumenteranno.

Riprendendo l'esempio di Usa e Cina, si nota che gli Usa hanno un vantaggio comparato nella produzione di ipods e che, se utilizzassero tutto il lavoro disponibile per produrre ipods, potrebbero produrne 100. Se però gli Usa rinunciassero a consumare una quantità di ipods prodotti (supponiamo 20), essi potrebbero esportare tale quantità verso la Cina ed importare da questa 20 paia di scarpe. Ma perché gli Usa dovrebbero importare scarpe da un paese che per produrne un paio impiega 6 ore di lavoro, dunque due ore in più rispetto a quante gliene servirebbero se le producessero internamente? In virtù del fatto che essi scambiano un ipod – prodotto in due ore – con un paio di scarpe per la cui produzione avrebbero impiegato quattro ore. In questo esempio la ragione di scambio è 1:1; questo significa che un paio di scarpe si scambia con un ipod – dunque è come se gli Usa producessero un paio di scarpe indirettamente in due ore. Diciamo indirettamente perché gli Stati Uniti producono prima ipods e poi li scambiano con le scarpe prodotte in Cina. La ragione di scambio 1:1 fa presupporre che il valore dei due beni sia identico: un paio di scarpe si scambia con un ipod. Quando la ragione di scambio è simmetrica, entrambi i paesi traggono vantaggio scambiando tra di loro i due beni: la Cina per esempio, in cambio di un paio di scarpe (prodotte internamente in sei ore), ottiene un ipod che avrebbe prodotto autonomamente in dodici ore. Così facendo è come se la Cina importasse una parte della migliore tecnologia statunitense che le permetterebbe di dimezzare le ore necessarie per produrre un ipod. Grazie alla specializzazione produttiva e al commercio internazionale la Cina può scambiare un paio di scarpe (prodotto in sei ore) e scambiarlo con un ipod che autonomamente avrebbe prodotto in dodici.

In una condizione di autarchia – cioé in assenza di scambi internazionali - la ragione di scambio di ipods interna al paese corrisponderebbe al suo costo opportunità, mentre in presenza di commercio internazionale, affinché esso sia conveniente per entrambi i paesi, si dovrebbe verificare la condizione in cui il prezzo relativo internazionale di quel determinato bene è compreso tra i due costi opportunità del bene dei due paesi. Affinché vi sia un vantaggio sia per la Cina che per gli Usa, il prezzo relativo di scarpe dovrà essere compreso tra 0.5 e 2, che sono i due costi

(18)

opportunità delle scarpe dei due paesi. Se la ragione di scambio delle scarpe fosse uguale al costo opportunità delle scarpe in Cina (aLs*/aLi*=2), questo significherebbe che un ipod potrebbe essere scambiato con due paia di scarpe (e questo riflette una ragione di scambio di uno a due). Gli Usa trarrebbero così un vantaggio doppio rispetto alla situazione precedente in cui un ipod era scambiato con un paio di scarpe, mentre la Cina sarebbe ora svantaggiata e indifferente a produrre entrambi i beni autonomamente visto che impiega dodici ore per produrre due paia di scarpe come le impiegherebbe per produrre un ipod.

Dunque la situazione ottimale che porta vantaggi ad entrambi i paesi è che la ragione di scambio sia simmetrica per i due paesi: questo farà aumentare le possibilità di consumo rispetto a quelle che aveva prima di specializzarsi e di aprirsi al commercio internazionale (De Arcangelis, 2013).

Abbiamo detto precedentemente che la frontiera delle possibilità produttive in una situazione di autarchia corrisponde alla quantità di beni producibile utilizzando tutta la quantità di lavoro disponibile. Quando due paesi si aprono al commercio internazionale la frontierà delle possibilità produttive subisce una modifica, che si può facilmente vedere attraverso questi due grafici rappresentanti la rotazione della frontiera delle possibilità di consumo, che ora si trova spostata verso l'esterno rispetto a quella delle possibilità produttive:

Grafico 1.2. L'aumento della frontiera delle possibilità di consumo in presenza di commercio internazionale e specializzazione produttiva.

Usa Cina Quantità di ipods Quantità di ipods A

G F

B C E E

(19)

Nel grafico 1.2 le rette AB ed FE corrispondono rispettivamente alla frontiera delle possibilità produttive di Usa e Cina. In presenza di commercio internazionale la frontiera delle possibilità di consumo non corrisponderà più a quella delle possibilità produttive: essa si troverà infatti all'esterno, ed è rappresentata dalle rette in blu. Anche se i due paesi hanno sempre la stessa quantità disponibile di lavoro (supponiamo 200 ore), per ogni quantità di produzione fissata sono in grado di consumare una maggior quantità del bene nella cui produzione non si sono specializzati. Se gli Usa si specializzassero nella produzione di ipods producendone 100, e rinunciassero a 20 di questi ipods scambiandoli con 20 paia di scarpe, otterrebbero 20 paia di scarpe in 40 ore, che invece internamente avrebbero potuto produrre in 80 ore. Allo stesso modo la Cina, rinunciando a quelle 20 paia di scarpe può ricevere in cambio 20 ipods che internamente avrebbe potuto produrre in 240 ore di lavoro, una cosa impossibile visto che è stato ipotizzato che ne abbia disponibili solo 200. Dunque rinunciando a consumare una quantità del bene in cui si specializzano, i due paesi possono esportarla ed importare la stessa quantità del bene nella cui produzione non si sono specializzati, che è effettivamente maggiore di quella che sarebbero stati in grado di produrre se lo avessero fatto autonomamente. 1.6. Domanda e offerta relativa internazionale: la determinazione del prezzo relativo mondiale.

Consideriamo domanda e offerta relativa di ipods. Come già detto in precedenza, il costo opportunità di ipods in termini di paia di scarpe negli Stati Uniti è 0.5 mentre in Cina è pari a 2. Supponiamo poi che la quantità massima di lavoro disponibile negli Usa sia 200 ore mentre in Cina sia pari a 300 ore. Per comprendere appieno come si determinano domanda e offerta relative, si utilizzerà un grafico.

Nel grafico 1.3 saranno riportati sull'asse delle y i valori dei due costi opportunità di ipods di Usa e Cina, mentre sull'asse delle ascisse sarà riportato il risultato del rapporto tra la quantità massima di ipods producibile negli Usa divisa la quantità massima di scarpe producibile in Cina, sfruttando tutto il lavoro che i due paesi hanno a disposizione (L/aLi / L*/aLs*, cioé 100/50).

(20)

Grafico 1.3 Curve d'offerta e di domanda relativa internazionale di ipods.

Costo opportunità di ipods

2 RS

A 0.5

B RD

2 Quantità relativa di ipods

La curva d'offerta relativa presenta una sezione orizzontale e piatta che parte dal costo opportunità di ipods minore (ossia quello statunitense: 0.5) e termina nel punto 2 che è segnato sull'asse delle ascisse, per poi risalire fino al costo opportunità di ipods della Cina, rappresentata dalla sezione della curva d'offerta verticale.

La terza sezione della curva d'offerta è di nuovo orizzontale e coincide con il punto 2 sull'asse delle coordinate, ossia il costo opportunità di ipods cinese.

Come già detto in precedenza, gli Usa si specializzeranno nella produzione di ipods se

Pi/Ps > aLi/aLs,

ossia se il prezzo relativo di ipods é maggiore del suo costo opportunità. Se il prezzo relativo internazionale di ipods é compreso tra i due costi opportunità dei due paesi (dunque tra 0.5 e 2), allora saranno solo gli Usa a produrre ipods mentre la Cina produrrà solo scarpe visto che per la Cina il prezzo relativo di un ipod sarebbe minore del suo costo opportunità. Questa situazione riflette la specializzazione completa dei due paesi, con gli Usa che si specializzano nella produzione di ipods e la Cina nella produzione di scarpe. Se il prezzo relativo di un ipod fosse uguale al suo costo opportunità, dunque Pi/Ps = 0.5, sarebbe indifferente per gli Usa produrre scarpe o ipods, mentre se il prezzo relativo di un ipod fosse minore del suo costo

(21)

opportunità, allora sicuramente gli Usa non produrrebbero ipods.

La seconda sezione orizzontale della curva esprime una situazione in cui il prezzo relativo di un ipod eguaglia il suo costo opportunità. In questo caso la Cina sarà indifferente se produrre scarpe o ipods mentre gli Usa continueranno a produrre solo ipods perché Pi/Ps è pur sempre maggiore del suo costo opportunità. C'è anche un'ultima condizione che non darebbe luogo alla specializzazione completa: quella in cui il prezzo relativo di un ipod fosse maggiore del costo opportunità della Cina, pari a 2: in questo caso entrambi i paesi si specializzerebbero nella produzione di ipods ma nessuno dei due produrrebbe scarpe.

Il modello di Ricardo non prevede sempre specializzazione completa, anche se la considera come condizione ottimale: la specializzazione completa si può infatti ottenere solo quando il prezzo relativo del bene in questione è compreso tra i due costi opportunità dei paesi.

Osserviamo ora la curva di domanda relativa: la condizione ideale sarebbe quella in cui questa interseca la curva d'offerta relativa nel punto in cui il prezzo relativo di ipods si trova a metà dei due costi opportunità, dunque in una situazione di specializzazione completa (che è rappresentata graficamente dal tratto verticale della curva d'offerta). Se però fossimo nella situazione in cui il prezzo relativo di un ipod negli Usa è uguale al suo costo opportunità, la curva di domanda relativa intersecherebbe il primo tratto orizzontale della curva d'offerta, che nel grafico corrisponde al punto B (Krugman e Obstfeld, 2003).

1.7. Effetti sui salari relativi dei due paesi.

L'enorme divario tra il salario orario statunitense e quello cinese è attribuibile al fatto che il lavoro più produttivo (statunitense) è anche più altamente remunerato, mentre a quello che ha un livello di produttività molto basso (salario cinese) corrisponde un salario inferiore (Krugman & Obstfeld, 2003).

Se torniamo all'esempio sviluppato finora, troviamo che un ipod statunitense (prodotto in 2 ore) viene scambiato con un paio di scarpe cinesi prodotte in 6 ore. Nonostante la differenza di ore necessarie per produrre un'unità dell'uno o dell'altro

(22)

bene, questo scambio 1:1 presuppone che il valore di un ipod sia identico al valore di un paio di scarpe. Supponiamo che il prezzo di un ipod statunitense sia 32$ e che quello di un paio di scarpe cinesi sia allo stesso modo 32$: essendo a conoscenza del prezzo dei due beni e della quantità di ore necessarie per produrre un'unità di ciascun bene, è possibile risalire al salario orario dei lavoratori di ciascun paese. Per poter stabilire quanto guadagna in un'ora un lavoratore statunitense basta dividere il prezzo di un ipod per il numero di ore necessarie per produrlo, che darà come risultato 16 $ orari (ottenuto da 32$/2 ore di lavoro). Per calcolare il salario orario di un lavoratore cinese che è impiegato nella produzione di scarpe, sarà necessario dividere il prezzo di un paio di scarpe per la quantità di ore necessarie per produrlo, ossia 32$/6 ore di lavoro, da cui risulta che un lavoratore cinese guadagna 5.33$ orari. Confrontando i salari dei due paesi, si nota che i lavoratori statunitensi ricevono un salario orario circa tre volte superiore rispetto a quello di un lavoratore cinese, ed essendo il salario relativo il rapporto intercorrente tra i due salari orari dei due paesi, diremo che il salario relativo statunitense è pari a 3, mentre quello cinese è pari a 0.3.

1.8. I limiti del modello di Ricardo.

E' stato detto in precedenza che il modello di Ricardo si basa su assunzioni precise e forti.

Sicuramente all'epoca in cui scriveva Ricardo il commercio internazionale era diverso rispetto a quello odierno, perché il ruolo e l'intervento di vari attori hanno modificato e reso più complessa la sua struttura; ma al di là di questo, il modello ricardiano presenta dei limiti al suo interno. Perché? Innanzitutto un livello di specializzazione così elevato come auspica Ricardo non si verifica mai nella realtà. Spesso i paesi decidono di continuare a produrre un bene anche se effettivamente sono meno efficienti e produttivi di altri.

In secondo luogo Ricardo trascura la dotazione di risorse: è ovvio che un paese non può produrre solo utilizzando un fattore produttivo (il lavoro): ha infatti bisogno anche di risorse e materie prime che variano da paese a paese e che dipendono dalla posizione geografica, dalle peculiarità del territorio o dalle modalità di rendere

(23)

effettivamente disponibili quelle risorse.

Il terzo limite riguarda il fatto che la teoria ricardiana vale solo se i mercati sono perfettamente concorrenziali: una condizione alquanto improbabile nella realtà. Infine Ricardo non nomina affatto nel suo modello il ruolo delle economie di scala e i vantaggi che derivano da esse, cose che invece andrebbero tenute in considerazione.

A dispetto di questi limiti però, l'intuizione principale di Ricardo – e cioè che le differenze di produttività sono determinanti nel commercio internazionale, e che il vantaggio comparato è più rilevante del vantaggio assoluto – sembra essere empiricamente fondata (Krugman e Obstfeld, 2003).

1.9. Il modello di Heckscher-Ohlin di dotazione dei fattori.

Il modello di Heckscher-Ohlin prende il nome dai due economisti che lo elaborarono negli anni '30, ed è anche noto come modello di dotazione di risorse.

Le assunzioni su cui si basa questo modello sono le seguenti: 1) mercati perfettamente concorrenziali;

2) due fattori di produzione;

3) fattori produttivi mobili tra settori all'interno del paese ma non trasferibili da un paese all'altro;

4) tecnologia identica tra paesi;

5) identiche preferenze dei consumatori dei due paesi come pure identica quantità di beni consumata nei due paesi

6) diverse dotazioni di risorse produttive tra i paesi.

Analogamente a quanto fa Ricardo, anche Heckscher-Ohlin prendono in considerazione mercati perfettamente concorrenziali e perfetta mobilità di fattori di produzione all'interno di un paese ma non trasferibili da un paese all'altro.

La differenza è invece che nel modello di dotazione di risorse ci sono due fattori di produzione mentre nel modello ricardiano ce n'era solo uno: il lavoro. Inoltre, diversamente da una delle assunzioni ricardiane, Heckscher-Ohlin ipotizzano che la tecnologia a disposizione sia identica in entrambi i paesi.

(24)

Avendo a disposizione due fattori di produzione, il modello di dotazione dei fattori ipotizza che uno di questi sia utilizzato intensamente nella produzione di un bene piuttosto che di un altro: per esempio ipotizziamo che per produrre ipods si utilizzi una lauta quantità di capitale mentre il lavoro sia sfruttato in maniera maggiore nella produzione di scarpe.

Indicheremo con la lettera K il capitale e con la lettera L il lavoro degli Usa, mentre con K* e L* capitale e lavoro cinesi, assumendo che gli Stati Uniti abbiano a disposizione una quantità relativa di capitale (K/L) maggiore rispetto a quanta ne abbia la Cina (K*/L*). In altri termini :

K/L > K*/L*

Se facessimo un esempio numerico in cui gli Usa hanno a disposizione 600 unità di lavoro e 200 unità di capitale, mentre la Cina ne ha rispettivamente 2000 e 400, troveremmo che negli Usa il la quantità relativa di capitale è data da questa espressione:

K/L= 200/600 = 0.3 ;

mentre invece in Cina è data da quest'altra espressione: K*/L*= 400/2000 = 0.2.

Confrontiamo ora il rapporto L/K, vale a dire la dotazione relativa del fattore lavoro: negli Usa tale rapporto è uguale a 3 mentre in Cina L*/K* è uguale a 5. Sebbene la Cina abbia una maggior dotazione di entrambi i fattori rispetto agli Usa, gli Stati Uniti sono relativamente più dotati di capitale rispetto alla Cina mentre quest'ultima è relativamente più dotata di lavoro. In altre parole gli Stati Uniti sono relativamente più dotati di capitale perché mentre la Cina ha a disposizione un'unità di capitale ogni cinque unità di lavoro, gli Usa ne hanno una ogni tre unità di lavoro e produrranno dunque il bene la cui produzione richiede una maggior quantità di

(25)

capitale: ipods.

Viceversa la Cina che ha una dotazione relativa di lavoro maggiore produrrà scarpe la cui produzione ha bisogno di maggiori quantità di lavoro: si può trarre la conclusione che “un paese esporta il bene che usa in modo relativamente più intensivo il fattore produttivo di cui quel paese è relativamente più abbondante, e importa l'altro bene”.1

Il modello di Heckscher-Ohlin considera ottimale la situazione in cui non si verifica specializzazione completa, tuttavia non esclude che possa accadere che i paesi si specializzino completamente. La specializzazione non completa si verifica quando il mercato interno dei due paesi produce entrambi i beni. Perché questa è la situazione ideale secondo Heckscher-Ohlin? Perché in questo modo il commercio internazionale “comporta l'uguagliamento dei prezzi dei fattori produttivi, sia in termini relativi sia assoluti”. Questo concetto è noto come il “teorema del pareggiamento dei prezzi dei fattori produttivi”2: essendo uguali i prezzi dei beni

finali prodotti dai due paesi, il salario e la remunerazione del capitale dei due paesi saranno convergenti in virtù del fatto che i beni finali incamerano i fattori produttivi perché esportando il bene finale è come se si esportasse il fattore produttivo sfruttato

intensamente per produrlo. Dunque la situazione ideale per arrivare all'uguaglianza

di salari e rendite nei due paesi secondo Heckscher-Ohlin è che non vi sia specializzazione completa. Se uno dei due paesi si specializzasse completamente – supponiamo gli Usa nelle produzione di ipods – non ci sarebbe nessuna produzione statunitense di scarpe e sarebbe perciò impossibile trovare una convergenza dei prezzi dei salari cinesi e statunitensi.

1.10. La verifica empirica e i limiti del modello di Heckscher-Ohlin.

Sulla base di quanto discusso finora, gli Usa – che hanno una grande dotazione di capitale – dovrebbero esportare beni che sfruttano intensivamente il capitale ed importare beni per la cui produzione serve una maggior quantità di lavoro. In realtà

1 De Arcangelis (2013), p. 100. 2 De Arcangelis (2013), p. 103.

(26)

uno studio empirico di Leontief evidenzia il contrario. Questo economista nel 1953 riscontrò infatti che gli Stati Uniti esportano beni “ad alto contenuto tecnologico” la cui produzione richiede grandi quantità di lavoro qualificato ed importano invece beni la cui produzione impiega alti livelli di capitale.

La tabella seguente riporta i dati relativi alla situazione statunitense di importazioni ed esportazioni all'inizio degli anni '60, ed è la prova empirica del paradosso di

Leontief:

Tabella 1.2. Quantità di capitale e lavoro contenuti nelle esportazioni ed importazioni statunitensi nel 1962.

Importazioni esportazioni Capitale per milione di dollari 2.132.000 $ 1.876.000 $ Lavoro (anni/persona) per milione di dollari 199 131 Rapporto capitale/lavoro (dollari per lavoratore) 17.916 $ 14.321 $ Proporzione di ingegneri e scienziati 0,02 0,03

Fonte: R. Baldwin, “Determinants of the Commodity Structure of U.S. Trade”, American Economic Review, 1971, (cit. da Krugman e Obstfield, 2003).

Analizzando questi dati è chiaro che gli Stati Uniti nel 1962 importavano beni con un contenuto di capitale maggiore rispetto a quello contenuto nei beni esportati. Come è possibile? Il fatto rilevante è che gli Usa esportano una grande quantità di beni

hi-tech per la cui produzione è necessario il lavoro di ingegneri e scienziati, che sono

lavoratori qualificati. Nonostante questi lavoratori siano considerati capitale umano, il loro apporto alla produzione di beni hi-tech è prettamente lavorativo: le loro conoscenze vengono sfruttate e applicate attraverso il loro lavoro. Ecco perché gli Usa esportano beni ad alta intensità di lavoro ed importano beni la cui produzione sfrutta una maggior quantità di capitale rispetto a quanto non ne sfruttino i prodotti

hi-tech.

Per quanto riguarda i limiti del modello di Heckscher-Ohlin, il pareggiamento del prezzo dei fattori che ipotizzano nel loro modello non si verifica in realtà perché le risorse non sono mai qualitativamente identiche tra paesi, dunque non si ha un effettivo pareggiamento dei prezzi dei beni che porterebbe di conseguenza a quello

(27)

dei fattori. In secondo luogo lo stesso pareggiamento dei prezzi dei fattori non può avere luogo perché le tecnologie tra paesi sono in realtà differenti, oppure perché esistono barriere commerciali che – come vedremo approfonditamente in seguito – modificano i prezzi e la ragione di scambio (Krugman e Obstfeld, 2003).

1.11. Il teorema di Stolper-Samuelson.

Abbiamo finora affermato che il modello di Heckscher-Ohlin dovrebbe portare al pareggiamento del prezzo dei beni e di conseguenza a quello dei fattori, anche se in realtà tale pareggiamento non si verifica. Il teorema di Stolper-Samuelson si sofferma in particolare sulla variazione del prezzo dei beni e dei fattori, evidenziando che “l'aumento nel prezzo del bene che usa più intensamente un fattore, comporta un aumento nel prezzo di tale fattore e una diminuzione nel prezzo dell'altro, sia in termini relativi che assoluti.”3

Stolper-Samuelson riprendono le ipotesi del modello di Heckcher-Ohlin, dunque: 1) mercati perfettamente concorrenziali;

2) due fattori di produzione;

3) fattori produttivi mobili tra settori all'interno del paese ma non trasferibili da un paese all'altro;

4) tecnologia identica tra paesi;

5) identiche preferenze dei consumatori dei due paesi come pure identica quantità di beni consumata nei due paesi;

6) diverse dotazioni di risorse tra i paesi; 7) assenza di specializzazione completa.

Secondo Stolper-Samuelson quando il prezzo interno di un bene importato aumenta, aumenta anche la remunerazione del fattore che viene utilizzato intensamente per produrlo, mentre ci sarà una diminuzione della remunerazione del fattore utilizzato intensamente per produrre beni d'esportazione. E' vero anche che all'aumento della remunerazione del fattore sfruttato intensamente nel settore d'esportazione farà fronte una diminuzione di quella del fattore utilizzato intensamente nel settore

(28)

d'importazione.

Torniamo all'esempio che abbiamo considerato finora, e cioè la produzione di scarpe e di ipods in Usa e Cina: secondo Stolper-Samuelson l'aumento del prezzo mondiale di scarpe fa aumentare la remunerazione del salario di coloro che lavorano nel settore delle calzature e fa invece diminuire la remunerazione del capitale. Questo accade perché l'aumento del prezzo delle scarpe incentiva le imprese a produrne di più, e per produrne di più le imprese hanno bisogno di più forza lavoro (dato che abbiamo affermato che la produzione di scarpe sfrutta intensamente il lavoro e non il capitale): la domanda di lavoro aumenta mentre quella di capitale diminuisce. Il teorema ipotizza che i due fattori di produzione siano pienamente impiegati e dunque aumentare il numero di lavoratori nel settore calzaturiero significherà diminuirlo nel settore tecnologico, ma dato che la produzione di ipods sfrutta intensamente il capitale, una diminuzione della produzione di ipods renderà disponibili solo pochi lavoratori in più rispetto alla quantità dei macchinari disponibile dopo aver diminuito tale produzione. Ci si troverà di fronte ad una situazione in cui la domanda di lavoro sarà maggiore rispetto alla quantità disponibile; viceversa la quantità offerta di capitale sarà maggiore rispetto alla domanda. L'equilibrio si potrà raggiungere aumentando la remunerazione del lavoro, di modo che per quel livello di remunerazione più lavoratori decideranno di lavorare nella produzione di scarpe, mentre la remunerazione del capitale dovrà diminuire affinché si possa trovare l'equilibrio tra domanda e offerta.

E' bene notare che talvolta l'effetto Stolper-Samuelson può manifestarsi in seguito all'introduzione di un dazio. Supponiamo che in Cina venga introdotto e applicato un dazio alle calzature, facendone aumentare il prezzo interno. Le imprese cinesi decideranno di aumentare allora la produzione spingendo così verso l'alto la domanda di lavoro (e di conseguenza spingendo verso l'alto anche la sua remunerazione) e facendo invece diminuire la domanda di capitale e di conseguenza la sua remunerazione. La modifica del prezzo (nominale) dei fattori modificherà poi il potere d'acquisto di lavoratori e capitalisti. Abbiamo detto che il salario dei lavoratori è aumentato perché è aumentato il prezzo delle scarpe, ma per determinare il salario reale bisogna vedere se è aumentato di più il prezzo delle scarpe o il salario.

(29)

Il rapporto K/L (capitale/lavoro) aumenta conseguentemente all'aumento del salario, e l'aumento di tale rapporto determina un aumento della produttività marginale del lavoro e una diminuzione di quella del capitale, per via della legge dei rendimenti marginali decrescenti (secondo la quale ogni unità aggiuntiva di un certo fattore della produzione, mantenendo ferma la quantità di tutti gli altri fattori, produce rendimenti via via decrescenti). In una situazione di concorrenza perfetta sul mercato dei fattori di produzione, salario e remunerazione del capitale in termini reali devono uguagliare le loro produttività marginali facendo pertanto aumentare il salario reale sia in termini di scarpe che di ipods, nonostante la remunerazione del capitale sia diminuita (De Arcangelis, 2013).

1.12. Il modello a fattori specifici.

Abbiamo finora ipotizzato che i due fattori di produzione – capitale e lavoro – possano facilmente spostarsi da un settore all'altro: presupponiamo dunque che lo spostamento dei fattori avvenga a costi nulli, che i macchinari utilizzati nel settore calzaturiero si possano rapidamente modificare per essere utilizzati nel settore

hi-tech e viceversa, e che gli impiegati che lavorano nel settore delle calzature possano

velocemente imparare abilità tecnologiche per lavorare nella produzione di ipods e viceversa. In realtà questo procedimento non può essere così veloce e scontato: adattare macchinari per renderli utilizzabili in un altro tipo di produzione richiede tempo oppure potrebbe anche non essere possibile; allo stesso modo affinché il personale (che prima lavorava nella produzione di scarpe) acquisisca le competenze necessarie per produrre ipods (e viceversa) è necessario un periodo di formazione. Il modello a fattori specifici è una versione del modello di Heckscher-Ohlin in cui solo alcuni fattori produttivi possono essere trasformati e adattati alla produzione nell'altro settore mentre altri fattori non possono essere adattati. In particolare i macchinari per produrre scarpe potrebbero essere difficilmente riconvertibili e adattabili alla produzione di ipods, mentre al contrario gli operai del settore calzaturiero potrebbero, dopo un corso di formazione, lavorare nel settore tecnologico. Il modello a fattori specifici può essere visto come una revisione del

(30)

modello di HO, ed esso si basa su queste assunzioni:

– un'economia produce due beni, ipotizziamo per continuare il nostro esempio che i beni siano sempre scarpe ed ipods;

– esistono tre fattori di produzione: macchinari per produrre scarpe (primo fattore specifico), macchinari per produrre ipods (secondo fattore specifico), e lavoro trasferibile tra i due settori (fattore mobile);

– la produzione di ipods ha bisogno di lavoro e macchinari specifici per produrre ipods;

– la produzione di scarpe ha bisogno di lavoro e macchinari particolari per la loro produzione ( per esempio cucitrici, sagomatrici, ecc.);

– i macchinari per produrre ipods e quelli per produrre scarpe sono specifici in quanto si possono utilizzare solo nella produzione di un bene. In questo caso il livello di specializzazione dipende dal fattore specifico relativamente più abbondante;

– i tre fattori di produzione daranno adesso luogo a tre diversi tipi di remunerazione, diversamente dal modello di HO in cui esistevano soltanto salario e remunerazione del capitale. Nel modello a fattori specifici il salario è uguale in entrambi i settori, ma ci sono due tipi di remunerazione del capitale: una è la remunerazione del capitale investito in macchinari per la produzione di scarpe (primo fattore specifico), l'altra è la remunerazione del capitale investito in macchinari per la produzione di ipods (secondo fattore specifico);

– analogamente al modello di HO, si ipotizza una situazione di concorrenza perfetta.

Una volta definite queste condizioni, possiamo domandarci: in quali quantità l'economia produce ipods e in quali quantità produce scarpe? La produzione di scarpe dipende dalla quantità di capitale (macchinari specifici) e lavoro impiegati nel settore calzaturiero, e la sua funzione di produzione determina quante paia di scarpe possono essere prodotte per una data quantità di capitale e lavoro.

(31)

Qs = Qs (Ks, Ls), dove :

– Qs è la quantità di scarpe da produrre;

– Ks è il fattore specifico, ossia il capitale investito nei macchinari specifici per produrre scarpe;

– Ls è la forza lavoro disponibile nel settore calzaturiero. La funzione di produzione di ipods è data da :

Qi = Qi (Ki, Li), dove :

– Qi è la quantità di ipods da produrre;

– Ki è il capitale investito nei macchinari per produrre tutte le componenti di ipods;

– Li è la forza lavoro disponibile nel settore tecnologico.

Come si determina l'equilibrio sul mercato del lavoro in questo modello? “L'equilibrio sul mercato del lavoro di un determinato settore si trova nel punto in cui il salario nominale eguaglia il valore della produttività marginale di quel settore”.4

Identifichiamo il settore hi-tech con il settore A, mentre quello calzaturiero con il settore B. Nel caso del settore calzaturiero, potremmo dire che il valore della produttività marginale del lavoro è data dalla seguente equazione:

VPMLb = Pb x PMLb (R/Lb),

dove VPMLB è il valore della produttività marginale del lavoro nel settore B, Pb la

produzione nel settore calzaturiero, PMLb è la produttività marginale del lavoro nel

settore calzaturiero, mentre R/Lb esprime il rapporto tra la quantità di capitale

(32)

investito nei macchinari specifici del settore calzaturiero e il lavoro utilizzato in quel settore. Il valore della produttività marginale del lavoro nel settore B varia a seconda della variazione del prezzo del bene B e a seconda della variazione della produttività del lavoro del settore. E' importante notare che le produttività marginali sono funzione delle intensità fattoriali, questo significa che la produttività marginale del lavoro nel settore B aumenta all'aumentare del rapporto R/Lb, mentre la produttività

marginale del capitale specifico del settore A diminuisce nel rapporto S/Lb dove S è

la quantità di capitale specifico del settore A.

In conclusione, come dimostra il grafico seguente, l'equilibrio si ha nel punto in cui si incontrano le due curve delle produttività marginali del lavoro dei due settori:

Grafico 1.4. L'equilibrio nel modello a fattori specifici.

PL PL v1 VPMLa VPMLb v2 E w* H 0a 0b L*

Come si può notare dal grafico, la disponibilità totale di lavoro è rappresentata dall'asse orizzontale, le origini 0a e 0b rappresentano le origini rispettivamente del

settore hi-tech e di quello calzaturiero. Sugli assi verticali si misura invece il salario nominale, il cui equilibrio corrisponde al punto in cui esso eguaglia la produttività marginale del lavoro in tutti e due i settori. Le due curve delle produttività marginali dei due settori sono negativamente inclinate, e il punto E (cioè il punto in cui si incontrano le due curve) determina il salario nominale di equilibrio (w*) e la suddivisione del lavoro (sempre in una situazione di equilibrio) tra i settori A e B. La parte di grafico compresa tra 0aw*EL* corrisponde al salario pagato nel settore

(33)

tecnologico, mentre la parte compresa tra 0bHEL* corrisponde al salario pagato nel

settore calzaturiero. Le restanti due aree, ossia V1w*E e V2HE corrispondono rispettivamente alla remunerazione del capitale del settore A e del settore B. Come si può capire dal grafico, il livello del salario nominale è uguale in entrambi i settori mentre la remunerazione del capitale varia in base al fattore specifico (De Arcangelis, 2013).

1.13. Il consolidamento del commercio internazionale: le istituzioni.

Il consolidamento istituzionale del commercio internazionale ebbe inizio con gli Accordi di Bretton Woods che, siglati nel 1944 dai rappresentanti di 44 paesi, entrarono in vigore nel dicembre 1945 consacrando il dollaro come moneta di riferimento internazionale e fissandone la convertibilità aurea a 35$ l'oncia.

D'altronde dopo la seconda guerra mondiale era indispensabile creare un nuovo assetto istituzionale che facilitasse l'equilibrio della bilancia dei pagamenti dei vari paesi (che si trovava in deficit se le importazioni eccedevano le esportazioni e in surplus quando le esportazioni superavano le importazioni) e che evitasse eventuali dispute commerciali intervenendo in aiuto in caso di dissesti finanziari.

Obiettivi principali degli accordi di Bretton Woods erano:

1) promuovere il commercio internazionale eliminando le barriere commerciali e affiancarvi un meccanismo multilaterale di pagamenti attraverso la creazione dell'International Clearing Union, progetto proposto da Keynes che in realtà non fu mai messo in atto;

2) raggiungere la cooperazione monetaria internazionale e la stabilità dei cambi delle valute allo scopo di evitare la svalutazione monetaria competitiva (ossia la svalutazione ottenuta attraverso la politica monetaria al fine di far diventare i propri prodotti più competitivi sul mercato internazionale, aumentando così le esportazioni);

3) portare all'equilibrio le bilance dei pagamenti qualora fossero state in una situazione di squilibrio, grazie ai prestiti finanziari concessi dal Fondo Monetario Internazionale (FMI).

(34)

Il FMI è una delle due istituzioni nate dagli Accordi di Bretton Woods, al momento della sua istituzione (1945) comprendeva 25 stati aderenti, ma attualmente ne comprende 187. Il FMI nasceva nell'intento di promuovere la cooperazione monetaria, di sostenere la crescita del commercio internazionale e di assistere finanziariamente i paesi che versavano in situazioni di disequilibrio nell'ambito della bilancia dei pagamenti. Ultimo, ma non meno importante, era l'obiettivo di promuovere la stabilità dei cambi monetari, condizione necessaria per garantire il funzionamento efficiente dell'intero sistema monetario mondiale. Dotato di capitale proprio e finanziato dalle quote sottoscritte dai paesi membri, il FMI raggiunge il suo scopo attraverso la sorveglianza dell'economia degli stati membri, assiste finanziariamente i paesi che presentano gravi squilibri all'interno della bilancia dei pagamenti e fornisce consulenza per quanto riguarda la politica monetaria e fiscale ai Paesi che ne necessitano. Al momento della sua creazione ogni stato membro fissava la parità centrale in termini della propria valuta in oro o in dollari; tale parità centrale aveva un margine di fluttuazione che poteva essere allargato (entro un limite dell'1%) qualora fossero sorti dissesti economici rilevanti (margine che è stato in seguito rimosso).

Il sistema di compensazione multilaterale (Clearing Union) di cui si è parlato in precedenza sarebbe stato probabilmente efficiente perché avrebbe permesso di trasformare i rapporti commerciali bilaterali in rapporti multilaterali nell'ambito della bilancia dei pagamenti. E' possibile definire meglio la differenza tra rapporto bilaterale e multilaterale attraverso un esempio: supponiamo che due paesi, A e B, commercino tra di loro e compensino le proprie esportazioni ed importazioni senza ricorrere ad altre istituzioni. Se il paese A presenta un deficit nella bilancia dei pagamenti, significa che questo importa più di quanto esporti e per riportare la bilancia dei pagamenti in pareggio esso dovrà ripagare in denaro l'altro paese dell'ammontare dato dalla sottrazione [importazioni – esportazioni], ma affinché questo possa avvenire, il paese A dovrà convertire quell'importo nella valuta del paese a cui deve tale somma. Questo è un esempio di rapporto bilaterale, ossia un rapporto che vede coinvolte due sole parti: non vengono coinvolti altri stati o altre istituzioni.

Figura

Tabella 1.1 Confronto tra i costi opportunità di ipod e scarpe in Usa e Cina.
Tabella 1.2. Quantità di capitale e lavoro contenuti nelle esportazioni ed importazioni statunitensi nel  1962.
Tabella 1.3. Paniere di monete (freely usable currencies) ragguagliabili a un DSP, dati relativi al 16  giugno 2014.
Tabella 1.4. I negoziati in seno al GATT e l'istituzione del WTO.
+7

Riferimenti

Documenti correlati

 All’inizio dell’800 negli Stati Uniti erano già state adottate le 4 politiche economiche previste dal modello standard.  In Messico le 4 politiche vennero adottate

Se tuttavia il tasso di accumulazione del capitale diventa più rapido, la domanda di lavoro aumenta e i salari diminuiscono, facendo cadere il saggio del profitto. Secondo

Quanto più elevato è il tasso di crescita demografica, tanto più basso è lo stock di capitale di stato stazionario per occupato e il livello di reddito di stato stazionario..

Infi lando sotto un masso (resistenza) l’estremità di un bastone (leva) appoggiato su una pic- cola pietra (fulcro), in modo tale che la distanza tra la pietra e il masso (=

Formale, destinatario di sesso femminile, stato civile sconosciuto, nome noto.. Gentilissimo Bianchi, เรียน

Quando il datore di lavoro è soddisfatto della persona di cui sta parlando.. Ho avuto modo di venire a

Ma questo primato economico non garantisce benessere all’intera popolazione: oggi una parte cospicua degli statunitensi vive in condizioni d’indigenza e le disuguaglianze sono

Alcuni saggi recenti, ad esempio, intrecciano il confronto fra pratiche quotidiane e rappresentazioni, soprattutto tratte dalle fonti letterarie ed epigrafiche, giungendo anch’essi