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TECNICHE DI ANALGESIA EPIDURALE NEL TRAVAGLIO DI PARTO : PROGRAMMED INTERMITTENT EPIDURAL ANAESTHETIC BOLUS TECHNIQUE vs CONVENTIONAL INTERMITTENT BOLUS.

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Pisa 27 marzo 2012

" Gli ultimi di ieri ed i primi del domani "

Dedicata a mia madre, a nonna Maria, a mia moglie Chiara e a mio nonno Amedeo che sara' sempre la mia guida.

Ringrazio per l' aiuto ed i consigli dati allo svolgimento di questo lavoro la Dr. ssa Giusto, la Dr.ssa Baldi, il Dr. Galli Luca per le preziosissime lezioni di statistica ed i miei suoceri per le cene che hanno supportato il mio spirito, e soprattutto a me stesso che comunque vada ci credo sempre fino alla fine.

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Maintenance of epidural labour analgesia :

programmed intermittent epidural anaesthetic bolus

technique

vs

conventional intermittent Top-Up

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La nascita della moderna analgesia ostetrica coincide con l’uso del cloroformio nel parto nel 1847. Si deve però arrivare agli anni ‘40-50 per assistere a un nuovo maggior interesse scientifico in questo campo, promosso dagli studi sulla fisiologia del dolore e dall’introduzione di nuove tecniche anestesiologiche (la tecnica epidurale è messa a punto in quegli anni da Dogliotti Flowers) che sono alla base delle metodiche attuali.

Il dolore del parto è stato per lungo tempo misconosciuto. Fino all’inizio del secolo si affermava che “ il dolore del parto fosse una necessità ed il prodotto di moderni fattori culturali e ambientali”. Tale concetto è stato sostenuto fino agli anni ‘40 da Dick Read che dalle esperienze ricavate dai suoi viaggi, sosteneva la tesi del parto naturale condannando qualsiasi interferenza farmacologica con il travaglio. Solo con studi più accurati di Ford e di Bonica è stato fugato ogni dubbio sul fatto che anche le partorienti di popolazioni primitive in Africa e in Australia sperimentassero durante il parto un dolore severo così come del resto si trova traccia di questo e della sua importanza negli scritti di varie civiltà antiche: Babilonese, Egizia, Ebraica, Greca

Il comitato nazionale di bioetica nel documento del 30 marzo 2001, avente per titolo “la terapia del dolore :

orientamenti bioetici“, afferma che il dolore da parto ha

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organismo sano, ha una sua durata, dopo di che ritorna il benessere e sopravviene la gratificazione ella nascita. Per molte donne comunque il dolore del parto e' un passaggio che assorbe molte energie limitando le possibilita' di una partecipazione piu' concentrata e serena all' evento, partecipazione che costituisce l' optimum da realizzare per le vie piu' rare.

L' analgesia per realizzare al meglio questo fine, dovrebbe far parte di un programma di assistenza alla gravidanza che si propone una visione globale del nascere e non porsi come un evento isolato, “scarsamente informato“, che viene proposto in sala parto.

Con questa visione piu' ampia il ricorrere alla sedazione del dolore del parto non si porrebbe come alternativa al parto naturale, ma come mezzo che la medicina offre per compiere una libera scelta e per realizzare con la sedazione del dolore un maggior grado di consapevolezza e di partecipazione.

Il decreto legge 28 dicembre 1998 n. 450 ha introdotto nel SSN una nuova struutra l' Hospice e ha delineato le linee organizzative della rete assistenziale per le cure palliative, individuando tra i suoi obiettivi specifici:

assicurare ai pazienti una forma di assistenza finalizzata al controllo del dolore e degli alrti sintomi, improntata al rispetto della dignita', dei valori umani spirituali e

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sociali di ciascuno di esso e al sostegno psicologico e sociale del malato e dei suoi famigliari.

Nell' ambito di questa visione complessiva sulla tutela della gravidanza, il SSN si fa promotore della diffusione e dell' utilizzo delle tecniche di procedure analgesiche durante il travaglio ed il parto per via vaginale nelle proprie strutture, definendo il percorso assistenziale, le linee di responsabilita' e gli indicatori, per garantire quell' apertura sociale e culturale che e' necessaria per affrontare una gestione moderna del travaglio e del parto, per rendere piu' umano il percorso stesso e soprattutto per aumentarne la sicurezza.

La partecipazione dell'anestesista al percorso della nascita deve essere vista, quindi, non solo come la possibilita' di abolire il dolore, ma come garanzia in caso di emergenza.

L' effetuazione delle procedure anestesiologiche comporta la presenza dell' anestesista rianimatore nei dipartimenti materno infantili, il quale collabora e si integra con neonatologi e/o pediatri oltre che con gli ostetrici e ginecologi.

L ' American College degli Stati Uniti degli Ostetrici e Ginecologi afferma l' opinione gia' pubblicata congiuntamente con la Societa' Americana di Anestesiologia nella quale e' stata espressa la seguente dichiarazione: il travaglio comporta notevole dolore per

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molte donne, non ci sono altri casi nei quali viene considerato accettabile che un individuo debba sopportare un dolore severo, senza trattamento, quando e' possibile invece intervenire in modo sicuro sotto controllo medico, in assenza di una controindicazione medica, e dove la richiesta della madre e' di per se un indicazione sufficiente per alleviare il dolore durante il travaglio. ( 1 )

L'Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) definisce il dolore: "Una sgradevole esperienza

sensoriale ed emotiva, associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta come tale ed è sempre un' esperienza soggettiva.

Ogni individuo apprende il significato di tale parola attraverso le esperienze correlate ad una lesione durante i primi anni di vita, sicuramente si accompagna ad una componente somatica, ma ha anche carattere spiacevole, e perciò anche ad una carica emozionale".

Esso non può essere descritto veramente come un fenomeno sensoriale, bensì deve essere visto come la composizione:

• di una parte percettiva (la nocicezione) che costituisce la modalità sensoriale che permette la ricezione ed il trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi per l’organismo.

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vera e propria esperienza del dolore) che è lo stato psichico collegato alla percezione di una sensazione spiacevole.

La componente percettiva del dolore (o componente neurologica) è costituita da un circuito a tre neuroni che convoglia lo stimolo doloroso dalla periferia alla corteccia cerebrale mediante le vie spino-talamiche.

La parte esperenziale del dolore (o componente psichica) responsabile della valutazione critica dell'impulso algogeno, riguarda la corteccia cerebrale e la formazione reticolare e permette di discriminare l'intensità, la qualità e il punto di provenienza dello stimolo nocivo; da queste strutture vengono modulate le risposte reattive.

L'esperienza del dolore è quindi determinata dalla dimensione affettiva e cognitiva, dalle esperienze passate, dalla struttura psichica e da fattori socio-culturali. ( 19 ) ( 20 )

Il dolore puo' risultare pungente , tirante , bruciante ,

pruriginoso , a sbarra , compressivo.

Il fatto che sia una esperienza personale implica un valore soggettivo che non è facilmente quantificabile, risulta assai difficile misurare e valutare un dolore nella

sua completezza.

Dal punto di vista della durata temporale, il dolore è classificabile come:

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nocicettori, corpuscoli responsabili della trasmissione degli stimoli dolorosi , senza danno tissutale e scompare con la cessazione dello stimolo.

• Acuto: è un dolore nocicettivo, di breve durata in cui

solitamente il rapporto di causa/effetto è evidente, nel dolore acuto, per effetto di una causa esterna o interna, si ha una fisiologica attivazione dei nocicettori e in genere un danno tissutale e scompare con la riparazione del danno.

• Cronico: il dolore associato a profonde modificazioni

della personalità e dello stile di vita del paziente che costituiscono fattori di mantenimento indipendenti dall'azione dei nocicettori, dal punto di vista temporale si definisce come un dolore intermittente o costante che si mantiene tale per un minimo lasso di tempo ( 2-6 mesi). Generalmente si è usi riassumere tale classificazione e considerare il dolore come acuto o cronico.

Il primo è definito come un dolore utile, che prima di essere affrontato e trattato va capito, interpretato e inserito nel corretto nesso etiopatogenetico per un adeguata, quando possibile, terapia della patologia causale.

Il dolore cronico deve essere invece considerato in modo diverso:

• se la condizione patologica che provoca il dolore è nota e in buona parte non aggredibile.

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• se il dolore è persistente nel tempo.

• se la sua presenza continua instaura un circolo vizioso di depressione, ansia e altri disturbi emotivi, ed il dolore diviene sindrome autonoma con pesante impatto sulla vita di relazione e sugli aspetti psicologici e sociali caratteristici della persona.

In questo caso il dolore diviene un sintomo inutile e va trattato nel modo più tempestivo e completo.

In questo senso, il dolore cronico non rappresenta solo una estensione temporale del dolore acuto, ma assume caratteristiche qualitative completamente diverse, che necessitano di un approccio sia professionale che

culturale diverso e variegato.

In particolare, il dolore cronico presente nelle malattie degenerative, neurologiche, oncologiche, specie nelle fasi avanzate e terminali di malattia, assume caratteristiche di dolore globale, legato a motivazioni fisiche, psicologiche e sociali. ( 21 ) ( 22 )

Il dolore cronico post partum

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fatto che puo' essere associato a problemi persistenti di salute tipo il dolore cronico e' stato sempre di scarso interesse.

Il dolore cronico dopo il travaglio, che si manifesta come dolore pelvico, lombare, o dolore pelvico irradiato al dorso e' un sintomo, non una diagnosi, che richiede un approccio multidisciplinare.

Il dolore che si sperimenta durante il travaglio e' il risultato dell' interazione di numerosi fattori fisiologici e psicologici.

Negli ottanta Melazack evidenzia che circa il 65% - 68% delle partorienti sperimentano dolore severo o molto severo durante il travaglio e che il 23% delle primipare e l' 11% delle multipare presentano un dolore orribile; non sorprendentemente e' stato visto che il 10% delle partorienti dopo parto spontaneo presenta dolore persistente ad un anno, e tra queste tra il 4% - 1% lo provano quotidianamente.(52)

Questi dati potrebbero essere interpretati come incoraggianti, in quanto il dolore cronico appare essere meno comune dopo il parto rispetto alla chirurgia toracica o all' amputazione, in cui puo' essere presente nel 50% dei pazienti.(53)

Il problema non è pero' cosi semplice; innanzi tutto bisogna considerare che il parto spontaneo e' una delle procedure piu' comuni al mondo e le piccole percentuali

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riportate rappresentano un numero impressionanti di donne.

Inoltre occorre non trascurare l' impatto individuale e sociale di questa complicanza: indipendentemente dalla modalita' del parto il dolore persistente a due mesi ha un impatto negativo sull' attivita' quotidiana e sulla qualita' di vita nel 20% - 25% e ad un anno nel 14% -15% delle donne.

Importante è identificare i fattori di rischio per il dolore cronico per poter individuare i soggetti vulnerabili e migliorare il trattamento perioperatorio.

Molti studi retrospettivi hanno evidenziato che le donne che presentano dolore cronico a sei mesi dopo il parto, hanno presentato un dolore acuto severo nei primi giorni dopo il parto.

Le donne che sperimentano dolore acuto severo hanno un incremento del rischio di sviluppare dolore cronico di 2.5 volte, e di 3 volte per lo sviluppo di depressione post partum se paragonate a quelle donne con dolore lieve.(53)

Il dolore del parto è il risultato di varie e complesse interazioni con meccanismi non ancora del tutto chiariti. Ha le caratteristiche del dolore acuto, ovvero la nocicezione avviene per mezzo di fibre A e C, che afferiscono alle corna dorsali del midollo spinale ove avviene una mediazione per mezzo di neurotrasmettitori

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cui fa seguito l’innesco di riflessi spinali segmentali e soprasegmentali.

Molti dei fattori attivati durante il travaglio modificano la nocicezione a vari stadi, alcuni di essi favoriscono la nocicezione, altri l’antinocicezione che ha il suo culmine alla nascita.

Quindi il dolore può essere il risultato di molte e complesse interazioni fisiologiche, psicologiche, eccitatorie e inibitorie che nell’ambito delle tipologie di dolore acuto lo rendono unico nel suo genere.

Nella genesi e nel sostentamento del dolore cronico, il primum movens è l' infiammazione delle zone stimolate dll' evento, indotta come il risultato di un trauma diretto con il rilascio di mediatori infiammatori dal tessuto e dalle cellule.

Questo risulta poi essere in una local higher sensitivity, che conduce ad un incremento della sensibilita' dei neuroni del sistema nervoso centrale; il dolore proveniente dalla zona stimolata e' anche associato ad una alterata ed esagerata risposta ai normali fenomeni eccitatori.

Succede poi che in alcune situazioni il dolore persiste anche dopo il finire dello stimolo algico vero e proprio e del danno tissutale da dove genera, e questo è una combinazione di una sensory loss and paradoxical

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iperalgesia e allodinia.(53)(54) (55)

Nel caso del dolore cronico nel post partum, lo stato di questa cronicita' si manifesta come dolore pelvico, alla cintura oppure lombare.

L’utero è innervato dal sistema autonomo, le fibre nervose simpatiche dell’utero possono essere divise in afferenti ed efferenti.

Le fibre efferenti provengono dai metameri T5-L2 e sono correlate all’attività contrattile uterina ed alla regolazione del flusso ematico.

Le fibre afferenti simpatiche sono quelle che portano le sensazioni dolorose ed afferiscono ai metameri T10-L1. L’utero è anche innervato da fibre parasimpatiche, la cui stimolazione potrebbe essere messa in relazione alla secrezione di ossitocina.

Infatti, nell’animale è stato provato che la distensione del canale del parto induce un riflesso, mediato dalle fibre del parasimpatico sacrale, che determina la secrezione di ossitocina (riflesso di Fergusson).

Il perineo è innervato invece da fibre di tipo somatico, che decorrono nel nervo pudendo (S2-S4) e nei nervi femoro-cutaneo laterale (S1-S3), sacrococcigeo (S4-S5), ileoinguinale (L1) e genitofemorale (L1-L2) che sono responsabili delle afferenze dolorose dovute allo stiramento del perineo che si verifica nel secondo stadio del travaglio.

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Il dolore del travaglio ha due componenti, viscerale e somatica.

Durante il I stadio la distensione e stiramento della cervice e del segmento uterino inferiore causano un dolore viscerale che è sordo e poco localizzato e trasmesso centralmente per mezzo delle fibre amieliniche C (facilmente bloccabili dagli anestetici locali).

Tale dolore subisce una estesa modulazione nel midollo a livello delle corna dorsali.

Durante il II stadio, la distensione del pavimento pelvico, vagina e perineo da parte della parte presentata, produce un dolore somatico acuto e ben localizzato.

Tale dolore è condotto centralmente dalle piccole fibre mieliniche A che richiedono maggiori quantità e concentrazioni di anestetico locale per essere bloccate e riceve una minor modulazione a livello delle corna dorsali del midollo. ( 23 ) ( 24 )

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Il dolore nella prima fase del travaglio: periodo prodromico e dilatante

In questa prima fase il dolore ha un origine “cervicale”, è cioè essenzialmente dovuto alla dilatazione del collo dell’utero e del segmento uterino inferiore e quindi alla distensione ed allo stiramento di queste strutture durante la contrazione.

L’inizio delle contrazioni e l’insorgere del dolore coincidono.

Esiste una precisa correlazione tra la dilatazione del collo dell’utero, la rapidità con cui questa avviene e l’intensità del dolore percepito.

Le contrazioni dell’utero aumentano la pressione del liquido amniotico e determinano la formazione della borsa anteriore delle acque che, esercitando a sua volta una pressione sul segmento uterino inferiore, ne favorisce l’accorciamento e l’espansione.

Le contrazioni durano circa dai 45 ai 90 secondi e vengono descritte come “ondate”, cioè vanno e vengono ritmicamente, e ognuna rappresenta una fase di incremento, in cui raggiunge una certa intensità o altezza, quindi una fase di decremento e infine scompare. Nella fase prodromica non sono necessariamente

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fastidiose e compaiono circa ogni 20 minuti, man mano che il travaglio prosegue l’intervallo tra le contrazioni si accorcia.

Nella prima fase del travaglio insorgono ogni 3-4 minuti, la donna riferisce un dolore e un disconfort che è limitato ai dermatomeri T11 e T12; nell’ultima ora che precede il parto l’intervallo delle contrazioni può essere solo di pochi secondi; questa fase, in cui si ha una dilatazione cervicale di 7-9 cm, è definita fase di transizione; il dolore nei dermatomeri T11 e T12 diviene più severo ed è descritto come acuto e crampiforme e si estende ai due dermatomeri T10 e L1 adiacenti.

Durante il periodo di transizione, le contrazioni uterine raggiungono la loro più elevata intensità e frequenza. Questo di solito rappresenta il momento in cui la partoriente avverte il dolore più intenso.

Inoltre durante la contrazione dell’utero la parte presentata fetale esercita una pressione e contribuisce alla distensione del collo uterino.

Quest’ultimo è prevalentemente costituito da tessuto connettivo, con una piccola componente di fibre muscolari ed elastiche che vengono stirate durante la dilatazione cervicale dando origine al dolore, tipicamente viscerale, che viene percepito durante la prima fase.

In conclusione all’inizio del travaglio la contrazione tende ad essere avvertita alla parte bassa della schiena.

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Man mano che questo progredisce, la sensazione si diffonde a tutto il tronco inferiore, interessando sia il dorso che l’addome. ( 25 ) ( 26 ) ( 27 ) ( 28 )

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Il dolore nella seconda fase del travaglio: periodo espulsivo

Una volta che la cervice si è completamente dilatata, diminuisce la quantità di stimoli nocicettivi proveniente da questa struttura, ma le contrazioni del corpo dell’utero e la distensione del segmento uterino inferiore continuano a causare dolore nelle stesse aree riferite durante il primo stadio.

In aggiunta, la crescente pressione che la parte presentata esercita sulle strutture sensibili al dolore nella pelvi, e la distensione della vagina e del perineo, diventano nuove sorgenti di dolore.

Progressivamente la maggior distensione provoca un intenso stiramento e tensione della fascia e dei tessuti sottocutanei e pressione sui muscoli scheletrici del perineo.

Come altri tipi di dolori, causati dalla stimolazione di strutture superficiali somatiche, il dolore perineale è acuto e ben localizzato, in maniera predominante nelle regioni innervate dai nervi pudendi, ed è possibile eliminarlo con un blocco di questi ultimi.

Nel periodo espulsivo la sensazione predominante è quindi localizzata a livello vaginale e perineale e può

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essere descritta come una sensazione di compressione, di stiratura o spaccatura, ed a volte anche di bruciore.

Questo è presumibilmente il risultato di una stimolazione di strutture sensibili ossia:

• trazione sul peritoneo parietale e le strutture che esso riveste, inclusi i ligamenti uterini;

• stiramento e tensione della vescica, uretra e retto;

stiramento e tensione di ligamenti, fascia e muscoli nella cavità pelvica;

• pressione su una o più radici del plesso sacrale.

Questi fattori producono dolore moderato riferito e ai segmenti lombari inferiori e sacrali.

Va comunque sottolineato il fatto che durante il periodo espulsivo la paziente avverta dolore, ma questo di solito risulta meno forte rispetto a quello percepito durante la fase di transizione, infatti la donna lamenta un prepotente desiderio di spingere.

L’atto di spingere può alleviare la sofferenza percepita. Inoltre la compressione esercitata dalla testa del bambino, provoca un certo grado di intorpidimento del perineo.

In aggiunta a quanto descritto riguardo ai fattori intrinseci responsabili della fisiopatologia del dolore durante il travaglio bisogna comunque sottolineare il

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ruolo giocato da altri fattori:

Fattori fisici: età, parità, condizione della partoriente, stato della cervice all’inizio del travaglio e eventuali sproporzioni feto-pelviche.

Questi fattori possono influenzare notevolmente l'incidenza, la severità e la durata del dolore del travaglio di parto.

Fattori psicologici che possono frequentemente influenzare l’intensità del dolore.

Essi includono attitudine mentale ed umore al momento del travaglio ed altri fattori emozionali: paura, apprensione ed ansia.

Fattori emozionali, un’intensa motivazione e influenze culturali, possono condizionare la modulazione della trasmissione sensitiva e la risposta comportamentale al dolore. ( 29 ) ( 30 )

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Definizione tecnica delle procedure

Come già precedentemente descritto, il dolore del travaglio di parto è sicuramente l’aspetto più rilevante per una donna.

La valenza del dolore dipende molto dall’ambiente culturale, economico, dall'interpretazione socio-culturale e da filosofia e stile della vita.

Sulla base di quanto detto finora quindi risulta comprensibile il desiderio della donna di ridurre al minimo l’aspetto del dolore e tutto ciò che va a intensificarlo.

A questo riguardo troviamo schierate due diverse filosofie aventi come unico obiettivo la saturazione del dolore intrapartum: analgesia fisiologica e analgesia farmacologica.

La scelta consapevole tra questi due metodi rappresenta uno strumento che può essere usato per far fronte alle effettive necessità della donna.

L’analgesia fisiologica o non farmacologica si basa soprattutto sul mettere la donna nelle condizioni di poter reagire attivamente al dolore, sul riconoscimento e potenziamento delle risorse della paziente, sulla scelta informata, sull'uso di mezzi naturali come il tatto, il massaggio, l'acqua, gli impacchi, l’agopuntura,

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l’audio-analgesia, l’aroma-terapia, la scelta della posizione materna durante il travaglio e sulla cura dell’ambiente (inteso come luogo e come persone) della nascita.

L’analgesia fisiologica non si pone come obiettivo l’annullamento del dolore ma la riduzione al suo minimo fisiologico e di predisporre la donna ad un atteggiamento di accettazione nei confronti di questo dolore fisiologico. L ' analgesia farmacologica puo' intervenire su piu' fronti :

● analgesia loco-regionale peridurale che tuttoggi e' il metodo piu' diffuso.

● analgesia spinale.

● sedativi e narcotici per via intramuscolare, endovenosa e inalatoria.

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Metodiche di analgesia fisiologica

• Agopuntura: tutt’oggi sono conosciute diverse

modalità di agopuntura (tradizionale cinese, auricolare, elettro-agopuntura).

L’ agopuntura è conosciuta soprattutto per il suo effetto antalgico e proprio per questo scopo ha trovato applicazione in sala travaglio e sala parto.

È una tecnica di semplice esecuzione che può essere usata in concomitanza con altre metodiche e risulta avere effetti favorevoli sugli aspetti del travaglio oltre a quelli legati al dolore.

I punti trattati con l’agopuntura sono la regione lombo-sacrale da cui il dolore s’irradia.

L’esecuzione prevede la presenza di un medico agopuntore.

• Massaggio: è una metodica spesso usata in

concomitanza con l’agopuntura, come quest’ultima agisce sul dolore, sulla tensione emotiva e sull’attività contrattile uterina.

Anche il massaggio interessa la regione lombo-sacrale, ha lo scopo di favorire il rilassamento della donna, può essere e seguito dall’ostetrica o anche dal partner, è

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importante perché stabilisce un contatto fisico con la paziente.

La tecnica prevede spinte con il pollice lungo la spina dorsale dall’interno all’esterno in entrambi i lati della colonna, associando una leggera prensione della pelle. Spesso solo toccando il punto in cui la donna lamenta dolore, questo si attenua.

• Bagno caldo/doccia calda: ha lo scopo di favorire il

rilassamento della donna, se proposto in fase prodromica può favorire lo scatenamento del travaglio di parto se invece viene fatto durante la prima fase del travaglio ha lo scopo di ridurre la percezione del dolore.

Non è necessaria la supervisione medica e ha valenza se ha una durata maggiore di 40 minuti.

• Possibilità di movimento e posizione materna: il

continuo cambio di posizione materna durante il travaglio può alleviare la tensione materna e spesso favorire l’accelerazione del travaglio di parto soprattutto nell’assunzione di posizioni verticali o nelle posizioni a carponi o accovacciata per favorire la discesa della parte presentate e garantire un maggior benessere fetale.

• TENS (transcutaneal electrical nerve stimulation):

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corrente elettrica a basso voltaggio attraverso elettrodi cutanei per trattare il dolore.

Permette libertà di movimento della donna che può autonomamente decidere il momento dell’inizio della procedura.

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Metodiche di analgesia farmacologica

Attualmente la moderna anestesiologia offre alla donna la possibilità di controllare il proprio dolore durante il travaglio e il parto , consentendo al tempo stesso un parto naturale e spontaneo.

• Entonox: è un tipo di analgesia inalatoria considerata

efficace per i suoi effetti di breve durata e per la sua innocuità per il feto.

In Italia trova scarsa applicazione mentre in molti paesi europei è disponibile e può essere usata dall’ostetrica senza la supervisione di un medico.

È una miscela in parti uguali di protossido di azoto ed ossigeno, inodore ed incolore, contenuto in una bombola alla quale vi è collegato un erogatore munito di valvola che si apre durante l’inspirazione.

Tale metodica assicura un analgesia entro 20 minuti ed il suo effetto massimo si ottiene entro 40-45 minuti, viene facilmente eliminato nella fase di espirazione della donna.

Il vantaggio maggiore è dato dal fatto che la paziente riesce ad autogestirsi.

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• Analgesia peridurale: Rappresenta tutt’oggi la

metodica più efficace per eliminare i dolori del travaglio e del parto, essendo considerata una tecnica poco dolorosa e poichè lascia inalterato il lato emozionale che l’evento comporta.

Grazie a questa metodica si ottiene un blocco selettivo delle fibre nervose di diametro più piccolo, deputate alla trasmissione degli impulsi nocicettivi, senza raggiungere il blocco delle fibre più grosse nervose motorie in modo tale da mantenere la donna attiva in tutte le fasi del travaglio.

La “partoanalgesia” prevede l’inserimento di un catetere nello spazio epidurale, è una zona di pochi millimetri di spessore (da 3 a 6), compresa tra legamento giallo e dura madre, che si estende per tutta l’estensione della colonna vertebrale.

Viene praticata a paziente seduto o in decubito laterale, previa disinfezione e anestesia locale, si introduce nello spazio tra un processo spinoso e l’altro (tra L2 e L3, L3 e L4) un ago apposito, detto ago di Tuohy.

Una volta raggiunto lo spazio peridurale, si fa passare al suo interno un sottile catetere di materiale plastico morbido, che renderà possibili ripetute somministrazioni di farmaco, senza dover ricorrere a ulteriori punture.

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I requisiti che fanno dell ' epidurale la tecnica ideale per l ' analgesia in travaglio sono :

 Efficacia, poiche' le contrazioni uterine vengono percepite ma in modo non doloroso;

 Sicurezza, sia materna che fetale, per i bassissimi dosaggi impiegati;

 Flessibilita', per la possibilita' di modulare la quantita' di analgesico a seconda della fase del travaglio e dell ' intensita' del dolore;

 Rispetto, perche' non influenza le fisiologiche dinamiche del travaglio e del parto, inoltre non ha alcun effetto sul neonato e sull ' allattamento.

• Anestesisia Subaracnoidea (o spinale): L’anestesia

subaracnoidea o spinale è una delle più vecchie tecniche di anestesia regionale e al tempo stesso permette il più efficace dei blocchi.

E' forse la metodica anestesiologica più utilizzata al mondo per il taglio cesareo.

In questo tipo di anestesia regionale l’anestetico viene iniettato nello spazio subaracnoideo, cioè all'interno dello spazio delimitato dalla dura madre e dalla aracnoide, ove si mischia con il liquido cefalo-rachidiano, cioè il liquido che circ o n d a il mid o ll o . Siccome il midollo termina a livello del corpo della seconda vertebra lombare, per evitare il pericolo di

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danno midollare, l’ago viene normalmente introdotto negli interspazi L3-L4 , L4-L5 o L5-S1, a questi livelli si ha la certezza di non pungere il midollo spinale.

La procedure viene eseguita in assoluta sterilità per prevenire infezioni meningee.

La posizione può essere seduta, o sdraiata in posizione laterale.

Identificato palpatoriamente lo spazio tra due apofisi spinose, dopo aver eseguito un' anestesia locale con un sottilissimo ago, si introduce l'ago guida e l'ago da spinale atraumatico fino a raggiungere lo spazio subaracnoideo, identificato anche dalla fuoriuscita del liquido cefalorachidiano (liquor): a questo punto, previa una lieve aspirazione per avere la matematica certezza di essere nella giusta posizione, si inietta l'anestetico locale. Dopo una prima sensazione di calore dovuta alla vasodilatazione, si avvertiranno delle alterazioni della sensibilità (parestesie) seguite dalla impossibilità a muovere gli arti interessati;

l'anestesista controllerà in continuazione il livello di anestesia per verificare che si attesti sul livello prefissato, chiedendo di riferire sulla sensibilità alla puntura di un sottile ago (pin prick test).

Una residua sensazione tattile è possibile e non inficia il risultato.

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che questa può avere come complicanza un accidentale puntura durale, nonostante questo è caratterizzata dalla semplicità d’esecuzione e dalla profondità del blocco, inoltre il passaggio transplacentare dei farmaci è minimo, quindi è trascurabile il rischio di effetti depressivi sul neonato.

L’intervento chirurgico può iniziare già dopo 5-10 minuti dalla somministrazione del farmaco , ne risulta quindi un risparmio di tempo e di denaro.

Può essere utilizzata sia nei cesarei d’elezione, sia in molte situazioni urgenti.

L’impiego dei nuovi aghi a punta smussa ha ridotto significativamente l’incidenza di cefalea post puntura durale nelle pazienti ostetriche.

Lo svantaggio della anestesia spinale è dovuto al fatto che la somministrazione dell’anestetico locale avviene in una singola iniezione.

Se il taglio cesareo si prolunga oltre il tempo previsto non è possibile prolungare anche l’anestesia ed è necessario prendere in considerazione una conversione in anestesia generale.

Il rapido onset del blocco simpatico può inoltre comportare un’improvvisa e severa ipotensione, condizione questa particolarmente indesiderata nelle pazienti ostetriche.

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Anestesia combinata spinale-epidurale: L' anestesia

combinata spinale-epidurale è un nuovo tipo di anestesia regionale che unisce l'anestesia spinale con l'anestesia epidurale.

Entrambe le tecniche sono state analizzate separatamente per i loro benefici e per le loro limitazioni.

I benefici dell'anestesia spinale (rapida induzione e buon rilasciamento muscolare) sono uniti ai benefici offerti dal posizionamento del catetere epidurale (possibilità di dare nuove dosi di anestetici intraoperatoriamente e possibilità di analgesia postoperatoria).

La procedura prevede l’utilizzo dell'ago di Eldor, in questo modo lo spazio epidurale è raggiunto con la tecnica della perdita di resistenza o con il metodo della goccia pendente mentre la parte prossimale dell'ago di Eldor entra nello spazio epidurale.

Successivamente viene inserito prima il catetere epidurale nello spazio epidurale, attraverso l'ago epidurale di Eldor, poi si inserisce un ago spinale di calibro più piccolo (25G o ancora più piccolo) attraverso il condotto spinale dell'ago di Eldor fino a bucare la dura madre.

Dopo che si è completata la somministrazione si ritira l'ago spinale;

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poi si ritira l'ago di Eldor lasciando il catetere epidurale nello spazi.

La dose dell'anestetico locale iniettato nello spazio subaracnoideo può essere la stessa o minore di quella che si usa quando si pratica la sola anestesia spinale. L'anestetico locale può poi essere iniettato attraverso il catetere epidurale se il livello raggiunto con la spinale non è quello voluto per l'intervento o quando è finito l'effetto dell'anestetico locale o quando l'intervento si protrae più del previsto.

Nel postoperatorio il catetere epidurale serve per iniettare oppiacei o anestetici locali per avere una buona analgesia nel postoperatorio.

I vantaggi di questa tecnica sono dati dai vantaggi delle due tecniche unite insieme.

Gli svantaggi sono dati dall’impossibilità di testare il catetere epidurale, il buco nella dura può essere una porta di ingresso ai microrganismi, passaggio intratecale di farmaci epidurali e passaggio intratecale del catetere epidurale. ( 31 ) ( 32 ) ( 33 )

(33)

Problematiche del Post-Partum

Si considera post-partum il periodo successivo al parto necessario all’organismo materno per ristabilire la normale fisiologia di tutti gli organi.

La durata del puerperio è di circa 6-8 settimane, si definisce solitamente la fine con il ritorno all’attività ovarica.

Nell’arco di queste settimane l’utero subisce un processo di fisiologica involuzione, i genitali esterni vanno incontro a riparazione delle lesioni verificatesi durante il parto e il perineo riacquisisce la sua normale tonicità. Per quanto riguarda gli altri apparati, nel corso del puerperio, si realizza una regressione più o meno rapida delle modificazioni gravidiche, fino a raggiungere nuovamente l'equilibrio della condizione extragravidica. Durante questo periodo la donna può andare incontro a diversi disturbi che non hanno carattere patologico se si rivelano transitori; ma se permangono comportano uno stato di insoddisfazione e di sofferenza alla donna.

(34)

hanno evidenziato un’associazione con diverse patologie che possono insorgere nel periodo puerperale.

Emorroidi: patologia meglio definita dal termine

malattia emorroidaria, con il quale si intende l'alterazione delle emorroidi interne, sostanzialmente causato dal prolasso della mucosa del retto che fa slittare verso il basso i cuscinetti emorroidari i quali, non più localizzati nella loro sede anatomica normale, possono cominciare a dolere e sanguinare.

Se il prolasso emorroidario è esterno ed il tessuto è ricco di sangue, il prolasso può avere difficoltà a rientrare perché bloccato dallo sfintere e ne consegue trombizzazione e dolore.

È una patologia particolarmente legata alla gravidanza e al parto per diversi fattori quali:

 alterazioni ormonali che influiscono direttamente sul tessuto vascolare.

 effetto meccanico dovuto alla presenza del feto.

 drastico aumento della pressione intraddominale durante il parto. (34)

Incontinenza urinaria: involontaria perdita delle urine,

(35)

qualità della vita.

Esistono diverse tipologie di incontinenza urinaria quali incontinenza da urgenza, incontinenza da rigurgito o incontinenza mista.

Ma la quella che interessa maggiormente il post-partum è l’incontinenza da sforzo, che consiste nella perdita involontaria di urina che si verifica quando viene esercitata pressione sulla vescica ad esempio in seguito a colpi di tosse, starnuti, salti, riso, sollevamento pesi o una corsa.

Sia il parto che il taglio cesareo possono rappresentare fattori predisponenti l’insorgenza di tale patologia, considerando anche il notevole aumento ponderale in gravidanza.

Dispareunia: dolore che la donna avverte nell'area della

vagina o della pelvi durante un rapporto sessuale.

La dispareunia femminile non va assimilata alla

vulvodinia, un disturbo che si manifesta anche in assenza

di contatti sessuali di coppia.

Il disturbo causa ripercussioni a volte anche gravi sulla qualità della vita, non solo della donna ma anche della coppia.

Nella dispareunia entrano in gioco fattori fisici e

psicologici, ma a volte anche problemi di coppia.

(36)

soprattutto se associato ad esecuzione di episiotomia o a lacerazioni gravi. (35)

Low back Pain: la lombalgia e' una eventualita'

frequente nel post-partum, nelle pazienti che partoriscono per via vaginale l ' incidenza si osserva nel 20-40 % dei casi, con una persistenza della patologia ad un anno in circa il 15-20 % dei casi.

La sintomatologia insorge una settimana dopo il parto, ma non è un caso che si presenti anche a distanza di due settimane.

La causa principale sarebbe da imputare all' influenza degli ormoni gravidici sui tendini, sui legamenti e sulle articolazioni, strutture piu' lasse e quindi piu' predisposte a subire dei traumi.

Altre importanti cause di dolore lombare sono rappresentate dalle flogosi dell' articolazioni sacre iliache (durante la gravidanza) e dalle dislocazioni o fratture del coccige, che sono rare ma riconosciute complicanze del parto.

Vi sarebbe per alcuni autori una maggiore incidenza di lombalgie nei parti effetuati per via vaginale rispetto a quelli con taglio cesareo; tale risultato fa pensare che

(37)

questo dato sia basato sulla postura della partoriente durante il travaglio ed il parto .

Prolungate ed anomale posizioni assunte dalla paziente sul lettino non verrebbero percepite a causa dell' abolizione del dolore successiva ad analgesia peridurale. Inoltre anche la ritenzione idrica tipica della gravidanza puo' indebolire queste strutture. (40) (41) (42)

PTSD: la reazione da stress post traumatico si riferisce

ad una serie di sintomi che compaioni dopo l' esposizione ad uno stressor o evento stressante particolarmente gravee si puo' presentare con i seguenti sintomi:

• rievocazione esperenziale del trauma sotto forma di immagini.

• dispercezioni o “ intrusion “. • allucinazioni.

• ansia ed agitazione o “ hyperarousual “ • allontanamento del ricordo o “ avoidance “.

Cio' si accompagna ad un forte disagio psichico e la persona rischia di trovarsi di isolamento e disinteresse sociale, scoppi d ' ira talmente gravi da compromettere l' adattamento lavorativo ed esistenziale.

Se sono presenti sono una scala di sintomi si parla di PTSD parziale, altramente totale.

(38)

Acuto: poche ore o giorni dall ' evento. Cronico: entro 3-6 mesi dall ' evento.

Nel 1978 Bydlowski e Roul-Duval hanno descritto per primi la nevrose traumatique post-obstetricale

identificando donne che avevano avuto un parto traumatico.

Ancora si nota che il PTSD e' stato identificato da moldi lavori in campo ostetrico ginecologico, tra i piu' autorevoli citiamo Soderquist 1997, Soet 2003, Maggioni 2006, e tutti questi studi suggeriscono un incidenza variabile di PTSD tra il 2% ed il 6%. (35) (36) (37) (38)

(39)

Valutazione del dolore

A tal proposito è molto importante la valutazione dell’intensità del dolore stesso; risulta però spesso difficile per la paziente descrivere in modo chiaro e diretto il suo stato di sofferenza al personale ostetrico-medico senza alcuno strumento univoco e oggettivo. Proprio per questo motivo la prima cosa da considerare e da mettere in atto è l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra la paziente e l’operatore, un rapporto analogo a quello che si instaura durante il travaglio di parto.

Per favorire lo sviluppo di tal rapporto è necessario porsi in un atteggiamento di empatia, essere pronti all’ascolto e disponibili al dialogo, credere a ciò che viene riferito e descritto dal paziente contestualizzando e non sottovalutando ciò che si ha davanti.

Lo scopo del medico, in questo preciso caso, è quello di arrivare ad una conoscenza oggettiva del dolore per poterlo definire al meglio e trattarlo nel modo ottimale.

(40)

La difficoltà di questo processo sta nella mancanza di uno strumento oggettivo e inopinabile, che quantifichi il dolore, e la necessità di affidarsi ad una valutazione che il paziente fa di sé, ammettendo il rischio di arrivare a risultati non reali ed affidabili.

La misurazione del dolore è un processo in continua evoluzione che ha lo scopo di ridurre al minimo il margine di errore.

Tutt’oggi sono presenti vari metodi di misurazione e spesso i risultati migliori si hanno quando si riesce ad integrare insieme più scale di misurazione e a considerare più parametri e più fattori.

L’obiettivo delle scale di misurazione è quello di individuare la localizzazione del dolore, determinarne l’intensità e evidenziare quali possano essere i fattori predisponenti e i fenomeni scatenanti.

Le scale di misurazione possono essere di natura singola o multidimensionale; quest’ultime sono compilate autonomamente e quotidianamente dal paziente, permettono una valutazione del dolore correlata al tempo, allo stato psicofisico del paziente e agli eventuali sintomi associati, alcuni esempi sono la mappa del dolore, il diario del dolore, la scala delle espressioni facciali (soprattutto nei bambini), la compilazione di appositi questionari,composti da una serie di parole che descrivono il dolore nella dimensione affettiva,

(41)

sensoriale e cognitiva, e il sistema PQRST (che considera cosa Provoca il dolore, la Qualità, l’ Irradiazione, la Severità ed il Tempo).

Lo studio compiuto per l’elaborazione di questa tesi però si avvale di scale di misurazione di natura singola, che sono poi quelle comunemente usate in ambito medico-anestesiologico:

• VAS (scala analogica visivo): È un sistema di misurazione psicofisico molto semplice da somministrare; si serve di una linea orizzontale di 10 cm su cui si pone a sinistra il punto 0 e a destra il punto 10 e che rappresentano rispettivamente l’assenza di dolore e il dolore insopportabile.

La donna è chiamata a tracciare un punto su questa linea che rappresenta il dolore attuale.

Questo tipo di prova ha il vantaggio di essere semplice, ripetibile e indipendente dal linguaggio, proprio per questo motivo è ampiamente utilizzata.

Lo svantaggio di questa metodica sta nel fatto che si considera il dolore come unico fattore senza riguardo per altri parametri.

Una variante della VAS è la scala del sollievo del dolore, su un’analoga linea di 10 cm si pone al punto 0 l’assenza di sollievo e al punto 10 il sollievo completo di dolore, al paziente viene chiesto di segnare sulla linea l’entità del

(42)

dolore rispetto ad un momento precedente.

Nell’analisi dell’incidenza del dolore post-partum, questa scala ha trovato applicazione soprattutto nella valutazione del dolore della donna in travaglio di parto con o senza analgesia peridurale e nelle 24 h successive al parto.

• VNS (scala verbale numerica): è un metodi di valutazione del dolore molto simile alla VAS ed è spesso sovrapponibile a questa, viene chiesto al paziente di scegliere un numero da 0 a 10 per indicare l’intensità dell’attuale dolore, come per la VAS al valore 0 corrisponde l’assenza di dolore mentre a 10 corrisponde il dolore insopportabile; anche in questo caso è possibile ricostruire una scala analoga in base al grado di sollievo dal dolore.

Nel presente studio è largamente utilizzata nella valutazione del dolore della donna in tre precisi steps post-partum: 3 mesi, 6 mesi

• VRS (scala di valutazione verbale): è il metodo di valutazione del dolore più immediato e semplice ed è anche largamente preferito dai pazienti.

Viene richiesto al paziente di descrivere il dolore attuale attraverso termini specifici: grave, moderato, lieve,

(43)

orribile, atroce.

Allo stesso modo delle scale precedentemente descritte, anche questa scala può essere facilmente convertibile a scala di sollievo del dolore mantenendo l’uso degli stessi termini di valutazione.

L’unico svantaggio rappresentato dalla VRS è il limitato numero di termini verbali disponibili, allo stesso tempo però si considera molto utile perché attraverso l’utilizzo di questo tipo di scala si può facilmente costruire una scala di tipo analogico o numerico più facilmente interpretabili.

(44)

Tecniche di analgesia nel dolore da travaglio di parto

Le tecniche di analgesia regionale, come l' epidurale o l' analgesia combinata epidurale-spinale, rappresentano le tecniche piu' efficaci per il controllo del dolore del travaglio.

Una volta che l' analgesia e' iniziata, o attraverso l' epidurale o la tecnica combinata epidurale spinale (cse), il mantenimento dell' analgesia per tutta la durata del travaglio, fino al momento del parto, puo' essere ottenuta con tecniche diverse.

Somministrazione di boli epidurali intermittenti (top-up): da parte dell' anestesista attraverso il catetere

epidurale rappresenta la tecnica standard in diversi paesi, nelle maternita' meno impegnate o in quelle in cui e' costante la disponibilita' dello staff anestesiologico in sala parto.

(45)

della partoriente, o ad intervalli regolari, basati sulla durata di azione di ciascuna dose.

Questo tipo di regime, comunque, presenta delle limitazioni: per prima cosa se le dosi non vengono somministrate prima che il dolore si risffacci, la partoriente avvertira' dolore, a causa della riduzione dell' effetto analgesico.

In secondo luogo, la somministrazione intermittente richiede interventi frequenti da parte dell' anestesista, di adeguare la dose di anestetico locale variando la dose, il volume e la concentrazione secondo la progressione del travaglio e l' intensita' del dolore. ( 44 )

L' infusione epidurale continua (continouous epidural infusion (CEI): l' infusione continua di analgesici nello

spazio epidurale evita le fluttuazioni della somministrazione intermittente per cui si ottiene un livello di anestesia piu' stabile e continuo.

Sebbene l' infusione puo' essere modificata per individualizzare l' analgesia individuale, talvolta e' necessario integrare l' infusione continua con dosi addizionali manuali per raggiungere un livello di anestesia soddisfacente.

Il problema principale con l' infusione epidurale continua e' il frequente verificarsi del blocco motorio, che puo' essere associato a maggior incidenza di parti operativi.

(46)

(43)

Patient controlled epidural analgesia (PCEA): è

diventata la possibile alternativa all' infusione continua. Si ritiene comunemente che la PCEA dia alle partorienti il benificio psicologico di avere il controllo della propria analgesia, poiche' in grado di personalizzare la dose di farmaci in base all' intensita' del dolore provato.

Rispetto alla CEI l' infusione epidurale continua e' stata associata ad un minor consumo di anestetici locali, ad una minore necessita' da parte dell' anestesista di dover somministrare dosi addizionali di anesteticied una minor frequenza di blocco motorio.

In genere la PCEA si avvale della somministrazione contemporanea di una infusione continua, integrata alla somministrazione di boli attivati dalla partoriente (continuous background infusion with superimposed PCEA), ma è anche possibile poter utilizzare un approccio solamente a richiesta (demand only PCEA).

Programmed intermittent epidural anesthetic bolus technique (PIEB): fornisce la somministrazione di boli

epidurali intermittenti prodotti dalle pompe automatizzato, che rispetto alla PCEA puo' evitare le ampie fluttuazioni dei livelli di analgesia, che è un problema frequente con le altre tecniche, soprattutto con

(47)

il TOP-UP riducendo nel contempo la quantita' totale di anestetici. (45)

Studio Clinico

Studio prospettico pilota non randomizzato sul controllo del dolore durante il travaglio di parto utilizzando l'analgesia epidurale, praticando la tecnica della somministrazione di boli programmati intermittenti (PIEB) attraverso una pompa analgesica automatizzata

(48)

Obiettivo

Obiettivo del presente lavoro sara' monitorare ed analizzare tra i due gruppi reclutati presso l' Unita' Operativa di Ginecologia ed Ostetricia degli Spedali Riuniti S. Chiara di Pisa l' intensita' del dolore durante il travaglio di parto a determinati timing percepito dalle partorienti, attraverso il confronto delle due tecniche precedentemente menzionate; identificare la memoria del

dolore a tre e sei mesi; localizzare le zone dove lo

stimolo algico viene percepito e l' intensita' con cui esso viene percepito; indagare le aspettative emotive del parto prima e dopo la sua espletazione.

(49)

Materiali

Sono stati arruolati per il nostro studio pilota 30 partorienti ricoverate presso l' Unita' Operativa di Ginecologia ed Ostetricia degli Spedali Riuniti S. Chiara di Pisa suddivisi in due gruppi: uno a cui e' stata effettuata la procedura classica di parto analgesia attraverso il bolo singolo a richiesta ed in accordo con le informazioni ostetriche, ed uno sottoposto a procedura con boli intermittenti programmati utilizzando la pompa di infusione.

Le paziente venivano escluse dallo studio in base alle normali controindicazioni al posizionamento del catetere peridurale :

a) Assolute:

-Rifiuto della paziente

-Coagulopatie (ad esempio: paziente pre-eclamptica affetta da sindrome HELLP (anemia microangiopatica

(50)

emolitica con piastrinopenia)

-Sepsi locale (nel punto di introduzione dell'ago) -Ipovolemia grave non corretta

-Conta piastrinica <75.000 piastrine x mm3

-Trattamento eparinico ad alte dosi (30.000-40.000 UI/die)

b) Relative:

-Paziente operata alla colonna vertebrale -Infezioni sistemiche

(51)

Metodo

Abbiamo elaborato un questionario che prende in considerazione la donna sia nel periodo antecedente al parto sia nella fase intra-partum sia in tre precisi e definiti momenti del puerperio e del post-partum ( 3 mesi, 6 mesi ).

La scelta della tempistica è molto importante poiché come da definizione il dolore cronico è caratterizzato dall’essere intermittente o costante con una durata che varia dai 2 ai 6 mesi; viene somministrato quindi il questionario a 3 mesi dal parto per escludere le pazienti sane ed individuare i principali fattori di rischio, mentre a 6 mesi è necessario per l’analisi dell’evoluzione del dolore, per l’individuazione degli eventuali fattori protettivi e per escludere la presenza di falsi positivi; attraverso questo metodo a sei mesi dal parto siamo in grado di individuare un reale gruppo di donne con dolore cronico post partum, i reali fattori di rischio e le

(52)

patologie associate, e possiamo approcciarci così in maniera ottimale a tale patologia.

Per quanto riguarda l’anamnesi della paziente è importante quindi porre attenzione a tutti quei fattori gravidici e pregravidici che possano incidere sull’insorgere del dolore cronico.

I parametri che vengono analizzati sono:

• Età • BMI

• Aumento ponderale in gravidanza • Parità

• Presenza di lombalgie

• Sindrome ansioso-depressiva • Terapia in atto

Inoltre si considerano anche fattori di natura sociale quali

• Lingua madre • Stato civile • Istruzione • Occupazione

Questi ultimi punti possono essere utili per giudicare lo stato di soddisfazione della donna in ambito affettivo e lavorativo e per poter indagare sulle aspettative della

(53)

donna sulla gravidanza e il parto.

Per quanto riguarda invece l’esperienza stessa del parto, il questionario si preoccupa di prendere in considerazione tutte le caratteristiche inerenti al travaglio di parto:

• Eventuale induzione del travaglio • Durata del travaglio

Una parte del questionario riguardante il parto è inoltre dedicata alla scala di valutazione del dolore (VAS) durante e dopo la partoanalgesia, alla dimissione dalla sala travaglio e a 24 h ore dal parto, integrata a sua volta e nuovamente col giudizio della madre verso l’esperienza appena trascorsa (molto positiva, positiva, negativa, molto negativa).

La terza e ultima parte del questionario risulta essere poi quella fondamentale per individuare quali siano i fattori di rischio e le patologie associate allo sviluppo del dolore cronico post-partum.

Le pazienti reclutate vengono infatti ricontattate a 3 mesi, 6 mesi dopo la data del parto, per verificare la presenza o meno di dolore particolare; in caso di risposta positiva si cerca di individuare:

(54)

• L’intensità attraverso la scala di valutazione numerica (VNS)

• Il giudizio sull’esperienza del parto (molto positiva, positiva, negativa, molto negativa)

• Le patologie associate (emorroidi, incontinenza urinaria, mastite, problemi di natura sessuale)

• Eventuale terapia o esami strumentali a riguardo

• Interferenza del dolore sulle attività di vita quotidiana

Utilizzando tali conoscenze siamo arrivati ad una scrematura che ci ha permesso di poter analizzare con i suddetti parametri 30 donne, che con l’individuazione degli eventuali fattori protettivi per escludere la presenza di falsi positivi, e attraverso l’anamnesi della paziente nel porre attenzione a tutti quei fattori gravidici e pregravidici che possano incidere sull’insorgere del dolore cronico, abbiamo potuto effettivamente avere un focus sui target orientati intorno allo sviluppo e memoria

(55)

Protocollo pieb (boli automatici intermittenti programmati )

L' analgesia epidurale a boli automatici intermittenti e' stata eseguita con il presidio hospira gemstar infusion

pump sistem by abbott for pain management con il

seguente protocollo terapeutico:

loading dose: levobupivacaina 0.0625% (20 ml) +

sufentanil 10 mcg (gamma).

boli intermittenti automatizzati: chirocaina 0.0625% in

sacche pre riempite da 200 ml + sufentanil 0.5 mcg/ml.

Programmazione sistema infusionale gemstar:

• intermittente (tasto 4).

• imposta quantita' dose: 10 ml. • tempo infusione per dose: 2 min. • infondere dose ogni: 1 ora.

(56)

• numero dosi nel contenitore: 20. • imposta vel Kor: invio.

• dim contenitore: 200 ml. • sensibilita aria: on.

• imposta orario avvio: impostare un ora dopo quella corrente in modo che il primo bolo viene somministrato ad un intervallo di un ora dalla loading dose.

• dose di salvataggio: (VAPS ˃ 30) levobupivacaina 0.125% 5 ml.

• dose a dilatazione completa (II stadio).

Protocollo top-up (bolo singolo a richiesta)

• valutazione ostetrica ( dilatazione cervicale 2-3 cm ). • posizionameto catetere peridurale L2-L3.

• bolo singolo con 10 mcg di sufentanil e 15 ml di chirocaina 0.0625% (levobupivacaina).

• ulteriore bolo con 0.0625% di chirocaina.

• a dilatazione cervicale completa se persiste dolore si puo' effettuare ulteriore bolo ma con dosaggio diverso 0.125%.

(57)
(58)

Analisi Statistica

Per l' analisi statistica si e' utilizzato il test t di student ed i risultati sono stati considerati significativi tra i due gruppi per un p < 0.05.

Si è calcolato per tutti i risultati media, deviazione standard, errore della media e valori percentuali di riferimento; sono stati messi poi in relazione tra loro durante il timing del travaglio e a tre e sei mesi.

(59)

Risultati

Le differenze tra i due gruppi non sono risultate significative (p >0.05 ) per :

(60)

Le differenze tra i due gruppi sono risultate significative (p <0.01) per:

(61)

dati per il post traumatic stress disorder

Le differenze tra i due gruppi sono risultate significative (p <0.05) per:

dati localizzazione dolore ‣

ptsd 0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 m ed ia

sindrome depressione post partum

Top-up pieb

(62)

Le differenze tra i due gruppi sono risultate significative (p <0.05) per:

(63)
(64)

Le differenze tra i due gruppi sono risultate significative (p <0.05) per:

(65)

Le differenze tra i due gruppi sono risultate significative (p <0.01) per:

(66)
(67)

Le differenze tra i due gruppi sono risultate significative (p <0.01) per:

(68)

Discussione dei dati

Il labour pain nelle sue componenti mediche e sociali non e' stato ancora ampiamente indagato dalla letteratura rispetto ad altre sfere dell'analgo anestesia.

Ottimi lavori sono quelli di Niven e di Murphy-Black e soprattutto quello di Waldenstrom, dove gli autori si sono focalizzati soprattutto sulla sfera psico somatica della percezione del dolore, piu' che su una componente prettamente anestesiologica del trattamento dello stesso, come un disconfort nell'immediato oltre che come evento psichico a distanza dal momento del parto vero e proprio.(46) (36)

Al contrario negli studi per esempio di Wong CA, oppure di Boutros A, o anche in quello di Capogna G, il labour pain veniva esplorato attraverso diverse tecniche di parto analgesia lasciando di contorno la componente psichica del problema. (45) (43) (31)

Nella letteratura diversi studi hanno paragonato e messo in relazione le varie tecniche di parto analgesia, (da noi ampiamente presentate nell' introduzione), con il trattamento del dolore sotto la sua componente di percezione fisica e quella piu' propriamente psichica e sociale. (45) (43)

Noi con il nostro lavoro abbiamo indagato la correlazione tra le due tecniche usate nella nostra unita' operativa, la programmed intermitent epidural anesthetic bolus

(69)

altro non abbiamo trovato altre analisi nella letteratura a riguardo), con le due componenti del dolore quella psichica e quella somatica.

Il target su cui noi volevamo ed abbiamo focalizzato il nostro studio era esplorare utilizzando le due tecniche in oggetto, l' intensita' del dolore durante il travaglio di parto a determinati timing, identificare la memoria del

dolore a tre e sei mesi, localizzare le zone dove lo

stimolo algico viene percepito e l' intensita' con cui esso viene percepito; ed inoltre indagare le aspettative emotive del parto prima e dopo il suo espletamento.

Iniziamo la nostra discussione con il precisare che il nostro lavoro nasce come uno studio pilota e per quanto ci e' stato possibile analizzare i lavori della moderna letteratura medica per alcuni dati non possiamo avere termini di paragone biunivoci.

Il rapporto tra i nostri dati demografici cioe' eta', peso,

istruzione e parita' tra le due tecniche non ha riscontrato

nessuna significativita'.

Interessante e' che i nostri dati riguardo la parita' sono in accordo con lo studio di Waldenstrom, dove si evince non esserci differenze statistiche tra nullipare e multipare a tre e sei mesi; la domanda che eventualmente potremmo porci e' se il tempo puo essere una variante nella percezione del dolore nei due gruppi, perche a cinque anni i dati dello studio svedese rilevano effettivamente una significativita'.(36)

(70)

partoriente puo' effitivamente inficiare il dato della percezione back pain e prolasso emorroidario preso in analisi dal nostro studio piu' avanti nella dissertazione. I primi dati statisticamente significativi li abbiamo avuti a riguardo della durata del travaglio di parto, che e' risultato essere in media piu bassa di 2 ore nel gruppo sottoposto alla PIEB rispetto al Top Up (p<0.001).

Intuitivamente questo puo' farci pensare che il percepire meno dolore puo' rendere le partorienti piu' orientate e soprattutto piu' collaboranti in fase di spinta, non avendo paura di collaborare con l' ostetrica.

La riflessione che possiamo fare e' se sia la quantita' dell' anestetico che la qualita' del farmaco nelle due tecniche possa perturbare la fase non di spinta vera e propria del travaglio.

Interessante sono stati invece i dati statistici provenienti dalla percentuale di soggetti che hanno riscontrato la

sindrome post traumatica da stress (PTSD): il 70% nelle

donne sottoposte a parto analgesia con tecnica del top up rispetto ad un 30% del gruppo pieb.

Molti autorevoli studi, Melzack et Al, Maggioni et Al, ma soprattutto Schreiber e Galai-Gat, confermano che l' evento traumatico del parto, inquadrato nella sfera della percezione del dolore durante l' evento, contribuisce insieme alle aspettative delle partorienti rispetto ad esso a sviluppare piu facilmente la depressione o ansia

(71)

traumatica da stress nel post partum.(39) (47) (49)

Niven e Gijsbers nel loro lavoro descrivono per esempio una intensita' di dolore a 24 ore, 48 ore, ed una memoria del dolore a 3 anni piu' alta nelle donne che hanno presentato il PTSD rispetto a che non lo ha sviluppato.(48)

Questo ci fa pensare e viene confermato dai nostri dati che durante l' evento “parto”,controllando la percezione del dolore la partoriente ne beneficia a livello psichico in termini di riduzione del PTSD, in associazione anche ad una migliore aspettativa dello stesso.

Infatti il nostro lavoro ci conferma questa riflessione: il 40% dei soggetti che dichiaravano molto positiva

l'aspettativa esperienza parto ed il 47% positiva

shiftavano ad un 100% e 67% nel definire poi tale esperienza nel gruppo pieb, rispetto ad un 60% e 53% che arrivavano ad un 0% e 36% nel gruppo top up nel post partum.

Esplecito e' anche il dato del 43% riguardo l' aspettativa

negativa che sale ad un 86% nel gruppo top up rispetto

ad un 57% che scende a 14% nella pieb.

Interessante sarebbe capire se il dato “molto negativa” nel definire l' evento parto rispetto all' aspettativa di tale evento, che risultava non presente nei nostri dati nel post partum, puo' essere in accordo con quanto affermato da Schreiber e Galai-Gat; essi affermano che l' esperienza

(72)

parto e' influenzata oltre che dalle aspettative sulla “ paura di sentire dolore “ anche dalla struttura della personalita' della partoriente.(47)

I dati sulla qualita' di vita della partoriente a tre e sei mesi da noi analizzati, rimangono in linea con quanto detto sopra: l' umore, la deambulazione, le relazioni sono tutti statisticamente significativi ( con p < 0.01) e con un miglioramento generale che va dal 39% al 28% nel gruppo PIEB rispetto ad un 61% che diventa 72% nel gruppo Top Up (ricordiamo che le percentuali riguardano la media del VAS nei due gruppi).

In conclusione, esiste un PTSD associato all' evento

parto che puo' avere conseguenze negative sia a breve

che a lungo termine, anche sulla relazione madre-bambino e l' atteggiamento nei confronti di una eventuale nuova gravidanza, chiaro è che una madre con PTSD è certamente piu' in difficolta' in tutte le sue capacita' relazionali.

I dati comunque piu' interessanti e centrali nel nostro studio indagavano la percezione del dolore durante il travaglio di parto, dal tempo 0 a 24 ore dall' evento, ed inoltre la localizzazione anatomica del dolore e le patologie post partum ad esso associate; le differenze tra i due gruppi in studio sono state entusiasmanti.

Premettendo sempre che tale analisi riporta esclusivamente la discussione dei nostri dati non avendo

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