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Integrazione dei codici ASPEN HYSYS e AMESim per la simulazione stazionaria e dinamica di un ORC solare

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Academic year: 2021

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA ENERGETICA

Integrazione dei codici ASPEN HYSYS e AMESim per la simulazione stazionaria e dinamica di un ORC solare

Relatori Candidata

Ing. Marco Antonelli Milena Pia Varriano Ing. Andrea Baccioli

(2)

Indice

Indice delle figure ... 4

Indice delle tabelle ... 6

Abstract ... 7

Introduzione ... 9

1. La radiazione solare ... 13

1.1 Generalità... 13

1.2 Le coordinate solari ... 14

1.3 Componenti della radiazione solare: radiazione diretta e diffusa. ... 16

1.4 Radiazione solare su una superficie inclinata ... 18

1.5 Il metodo di Liu e Jordan per il calcolo della radiazione giornaliera media mensile incidente su una superficie. ... 19

1.6 Generalità sui sistemi a concentrazione (CSP, Concentrated Solar Power) ... 21

1.7 I collettori parabolici composti (CPC)... 22

1.7.1 Generalità... 22

1.7.2 Bilancio energetico del collettore ... 24

2. Il ciclo Rankine Oganico (ORC) ... 27

2.1 Generalità... 27

2.2 Caratteristiche dei fluidi organici ... 28

2.3 Stato dell’arte degli impianti ORC ... 32

3. Modello stazionario dell’impianto in ambiente HYSYS. ... 37

3.1 Descrizione dell’impianto... 37

3.2 Il software Aspen HYSYS ... 39

3.3 Dimensionamento della sezione di potenza ... 41

3.3.1 Espansore ... 41

(3)

3

3.3.3 Condensatore ... 49

3.3.4 Pompa di alimentazione... 51

3.4 Il campo solare... 52

3.4.1 Il multiplo solare ... 53

3.4.2 Modellazione del campo solare in HYSYS per le simulazioni stazionarie ... 53

3.4.2 Perdite di carico nel circuito solare ... 55

3.5 Diagramma di processo dell’impianto ... 56

3.6 Prestazioni off-design stazionarie: producibilità media mensile e annuale ... 57

4. Simulazione delle prestazioni dell’impianto in regime transitorio ... 69

4.1 Limiti della modellazione dinamica del caso studio in HSYS ... 69

4.2 Strategia di controllo ... 71

4.3 Integrazione tra l’ambiente HYSYS e l’ambiente AMESim per la realizzazione di un modello dinamico di simulazione dell’impianto ... 72

4.3.1 Definizione dell’interfaccia tra i due ambienti di simulazione... 73

4.4 Simulazione dinamica in condizioni di funzionamento reali ... 81

4.5 Producibilità specifica annua in condizioni dinamiche ... 89

5. Conclusioni ... 94

Bibliografia ... 97

Appendice I... 102

Appendice II ... 103

(4)

Indice delle figure

Figura 1: Spettro della radiazione solare alla distanza media Sole-Terra (Fonte WRC). ... 13

Figura 2: Variazione della radiazione extra-atmosferica nel corso dell’anno ... 14

Figura 3: Declinazione solare ... 15

Figura 4: Equazione del tempo ... 15

Figura 5: Spettro della radiazione solare extra-terestre (blu) e spettro risultante dall’attenuazione atmosferica (rosso) ... 17

Figura 6: orientazione di una superficie ... 18

Figura 7: massime temperature ottenibili dai sistemi a concentrazione solare ... 22

Figura 8: Profilo tipico di un collettore CPC ... 23

Figura 9: Angoli di accettazione per un CPC ... 24

Figura 10: collettore CPC ... 26

Figura 11: diagramma T-s dell’acqua e di alcuni fluidi organici ... 28

Figura 12: Andamento di σ in funzione della temperatura di saturazione per alcuni fluidi organici .... 29

Figura 13: Effetto del surriscaldamento ... 31

Figura 14: layout impianto a ciclo binario ... 32

Figura 15: impianto ORC solare e impianto ORC-CHP a biomasse... 34

Figura 16: Layout impianto studiato ... 37

Figura 17: Modello HYSYS di impianto ibrido solare-geotermico (Zhou et al. [25]) ... 40

Figura 18: Layout ciclo ORC rigenerato ASPEN Hysys ... 41

Figura 19: ciclo termodinamico pV e fasi dell’espansore ... 42

Figura 20: Curve portata-potenza espansore Wankel (basso surriscaldamento) ... 44

Figura 21: Curve portata-rendimento isentropico espansore Wankel (basso surriscaldamento) ... 44

Figura 22: Configurazioni Shell&Tube (TEMA standards) ... 47

Figura 23: Setting plan e layout dei tubi dello scambiatore primario. ... 47

Figura 24: Profili di temperatura scambiatore principale ... 48

Figura 25: Setting plan e layout dei tubi dello scambiatore rigenerativo interno... 49

Figura 26: Profili di temperatura scambiatore rigenerativo ... 49

Figura 27: dettaglio tubo G-finned ... 50

Figura 28: Layout condensatore ad aria ... 50

Figura 29: profilo di temperatura R600a nel condensatore in condizioni nominali ... 51

Figura 30: Curve portata volumetrica – prevalenza pompa di alimentazione ... 52

Figura 31: Curve di efficienza della pompa di alimentazione ... 52

Figura 32: Analisi di sensitività del rendimento dei collettori in funzione del numero di heaters ... 55

Figura 33: Radiazione globale media mensile e temperatura aria media mensile... 58

(5)

5

Figura 35: Grafici di producibilità media mensile e annuale in condizioni stazionarie ... 65

Figura 36: Mappe dell’energia specifica annuale (kWh/m2) in condizioni stazionarie C=1,25 ... 66

Figura 37: Mappe dell’energia specifica annuale (kWh/m2) in condizioni stazionarie C=2 ... 66

Figura 38: mappe operative della sezione di potenza (SV) in condizioni stazionarie relative a p_eva=28,4 bar, Tsh=130°C, p_cond=3,64 bar: a) Temperatura acqua di ritorno °C; b) velocità espansore rpm; c) potenza elettrica netta kW; d) potenza assorbita dagli ausiliari kW ... 75

Figura 39: mappe operative della sezione di potenza a 500 rpm, p_cond = 3,64 bar: a) temperatura acqua di ritorno °C; c) pressione di evaporazione bar; d) potenza netta kW; d) consumo ausiliari kW ... 76

Figura 40: Modello del campo solare e del circuito dell’acqua in AMESim ... 77

Figura 41: Logica di definizione degli input/output tra il modellp AMESim e il modello HYSYS ... 78

Figura 42: Schema AMESIm della soluzione proposta. ... 79

Figura 43: risposta a variazione a gradino sulla radiazione del modello precedente ... 80

Figura 44: Risposta a variazione a gradino sulla radiazione del modello attuale... 81

Figura 45: tempi di risposta espansore ciclo ORC [38] ... 81

Figura 46: Radiazione al suolo e temperatura dell’aria (10-14 marzo) ... 82

Figura 47: radiazione al ricevitore e potenza elettrica utile C=1,25... 84

Figura 48: radiazione al ricevitore del collettore e potenza elettrica utile C=2 ... 84

Figura 49: Dettaglio giorno: effetti dell'inerzia sul profilo di generazione ... 84

Figura 50: Confronto tra le temperature di mandata dell’acqua nelle due configurazioni. ... 85

Figura 51: Trend della temperatura del fluido termovettore in fase di riscaldamento e in fase di raffreddamento (C=1,25 a sinistra, C=2 a destra). La temperatura a cui la produzione si interrompe è maggiore della temperatura di avvio del sistema. ... 86

Figura 52: Pressione di evaporazione e velocità dell'espansore C=1,25 ... 87

Figura 53: Pressione di evaporazione e velocità dell'espansore C=2 ... 88

Figura 54:(a) Dettaglio giorno 1 C=1,25: Il set-point sulla temperatura del campo solare viene raggiunto in seguito al set-point sulla pressione del ciclo; (b) dettaglio giorno 4 C=2: il set-point sulla temperatura del campo viene raggiunto quando ancora l’espansore è in sliding pressure. .. 88

Figura 55: Producibilità specifica annuale (kWh/m2) in condizioni dinamiche C=1,25 ... 89

Figura 56: Producibilità specifica annuale (kWh/m2) in condizioni stazionarie C=2 ... 90

(6)

6

Indice delle tabelle

Tabella 1: Caratteristiche collettore CPC analizzato ... 26

Tabella 2: Proprietà termiche e ottiche CPC ... 26

Tabella 3:Condizioni critiche R600a ... 43

Tabella 4: Campo solare ... 54

Tabella 5: Risultati simulazioni stazionarie (funzionamento in condizioni medie mensili) ... 68

(7)

7

Abstract

L’oggetto del presente lavoro è relativo allo studio delle prestazioni in off-design stazionarie e transitorie di un impianto solare ORC di piccola taglia che opera con un espansore volumetrico sperimentale Wankel, accoppiato a collettori parabolici composti. Il modello per la previsione del funzionamento in off-design della sezione di potenza è sviluppato in ambiente ASPEN HYSYS che risulta essere un valido strumento per la caratterizzazione delle prestazioni fuori progetto dei componenti del ciclo ORC. La prima fase del lavoro è stata la definizione della configurazione impiantistica oggetto di studio e la definizione su HYSYS degli stati termodinamici del ciclo ORC nel punto di progetto. Successivamente sono stati dimensionati i componenti del modulo di potenza ed è stata definita una configurazione per simulare il campo solare in condizioni stazionarie in ambiente HYSYS. Il modello che ne deriva è un modello zero-dimensionale stazionario, testato in condizioni di irraggiamento medie mensili con il metodo di Liu-Jordan, che consente una prima stima della produzione annuale dell’impianto. Per quanto riguarda la simulazione delle prestazioni dell’impianto in condizioni dinamiche, il tentativo di definire un modello dinamico dell’impianto in ambiente HYSYS ha rivelato delle criticità intrinseche del software nel modellare un fenomeno ad elevata variabilità quale quello solare. La scelta di un software quale HYSYS privilegia infatti l’aspetto impiantistico che risulta fondamentale per gli scopi di questo lavoro. L’innovazione proposta in questo lavoro riguarda la possibilità di implementare il modello della sezione di potenza realizzato in HYSYS in un software più ampio in cui è stato realizzato il modello dinamico del campo solare, nello specifico AMESim. Il presupposto per l’integrazione tra i due modelli riguarda la possibilità di trascurare l’inerzia del modulo ORC rispetto a quella del campo solare in quanto i tempi di risposta del power block sono notevolmente più rapidi. E’ stata quindi realizzata un’interfaccia in ambiente AMESim in grado di consentire il flusso di informazioni di input e output tra i due modelli. Il modello risultante è stato usato per simulare l’impianto in condizioni di irraggiamento reali, al fine di evidenziare i principali effetti transitori e inerziali, ed è stata stimata la producibilità energetica dell’impianto simulando un anno di funzionamento in condizioni di irraggiamento reali.

(8)

8 The aim of this work is to study the steady-state and transient performances of a small solar ORC plant with CPC collectors, which works with a prototype Wankel rotary expander. The model for predicting the power block off-design operations is developed in the ASPEN HYSYS environment, which is a valuable tool for characterizing off-design performance of ORC cycle components. The first phase of the work was the definition of the plant configuration and the definition of the thermodynamic ORC cycle at in-design conditions in HYSYS enviroment. Subsequently, power block components were dimensioned and a configuration was defined in order to simulate the solar field in steady-state conditions in HYSYS environment. The resulting model is a stationary zero-dimensional one, tested under average monthly irradiation conditions predicted by Liu-Jordan method, which allowed a first estimate of the annual plant output.

Concerning simulation of plant performance under dynamic conditions, the effort to define a dynamic model of the plant in HYSYS environment was critical because it was uneasy to model a very variable phenomenon such as the sun. The innovation proposed in this paper deals with the ability to implement the HYSYS power block model in a broader software which allowed a more detailed characterization of solar field components. In this study, the solar field was modelled in AMESim environment. The assumption for integration between the two models is the possibility of neglecting the inertia of the ORC module compared to that of the solar field as the response times of the power block are considerably faster. An AMESim interface was created that allows the flow of information between the two models. The resulting model was used to simulate the plant under real irradiation conditions in order to highlight the major transients and inertial effects, and the energy productivity of the plant was estimated simulating a one-year operation.

(9)

9

Introduzione

Negli ultimi anni l’interesse per la tecnologia ORC è cresciuto soprattutto in vista della sua applicazione in sistemi di generazione distribuita e per la possibilità di sfruttare sorgenti termiche a medio-bassa temperatura. La sua applicazione risulta particolarmente adatta in sistemi solari a bassa concentrazione, in cui la necessità di ricorrere ad un ciclo a fluido organico è imposta dalle ridotte temperature operative raggiungibili. Le ridotte taglie in questione (dell’ordine di pochi kW) e le proprietà fisiche dei fluidi organici rendono vantaggioso, in questi sistemi, l’utilizzo di dispositivi di espansione volumetrici, come risulta da numerosi studi sperimentali riportati in letteratura. Uno dei principali vantaggi di questi dispositivi sta nella loro flessibilità operativa e negli elevati valori del rendimento isoentropico alle diverse condizioni di carico. Relativamente ai sistemi a bassa concentrazione, i collettori parabolici composti CPC risultano essere ottimi candidati per applicazioni in piccole taglie, in quanto uniscono alla semplicità costruttiva l’assenza di un sistema di inseguimento solare con abbattimento dei costi rispetto ai sistemi più complessi. A ciò si aggiunge che, per via dei bassi valori del fattore di concentrazione, i collettori CPC riescono a sfruttare anche il contributo della radiazione diffusa, consentendo la concentrazione di energia radiante anche in giornate nuvolose. La producibilità dei sistemi citati e più in generale dei sistemi a concentrazione è strettamente legata alla variabilità giornaliera della fonte solare, fenomeno dinamico per definizione. Pertanto un ruolo fondamentale nell’attività di ricerca relativa ai sistemi CSP è rivestito dallo sviluppo di strumenti di simulazione in grado di investigare i fenomeni relativi al funzionamento dell’impianto, di predirne le prestazioni energetiche e la producibilità e analizzare le diverse soluzioni impiantistiche, fasi preliminari indispensabili per la realizzazione di facilities sperimentali. In letteratura i software di simulazione testati per lo studio delle prestazioni dei sistemi a concentrazione sono molteplici, con un ventaglio di possibilità che spazia da software commerciali (Modelica, Ebsilon, Thermoflex per citarne alcuni di uso più comune) a software sviluppati autonomamente da singoli gruppi di ricerca, che offrono diversi livelli di dettaglio relativamente alla modellazione dei componenti. Nonostante la molteplicità di soluzioni proposte in letteratura, il metodo di analisi è comune a tutte le trattazioni relative allo studio dei sistemi a concentrazione e si articola fondamentalmente in tre fasi: (i) una fase di dimensionamento dei componenti; (ii) una fase di simulazione delle prestazioni energetiche annuali dell’impianto; (iii) una fase di definizione della strategia di gestione operativa dello stesso. In questa procedura il punto più critico risulta essere la modellazione del blocco di potenza, in particolare per quanto concerne la definizione

(10)

10 del comportamento e delle prestazioni in off-design di ciascun componente. Partendo da questa considerazione, nella presente trattazione viene proposto l’uso del software Aspen HYSYS come strumento di simulazione per il dimensionamento del modulo ORC, in quanto dispone di librerie commerciali per una modellazione dettagliata dei componenti della sezione di potenza. La caratterizzazione dettagliata di ciascun componente consente di simulare con buona accuratezza le prestazioni del modulo ORC al variare dei parametri termodinamici e in condizioni di carico parziali in quanto:

• per i componenti meccanici (espansore e pompa) è possibile definire le curve caratteristiche che legano la potenza e l’efficienza alla portata e al numero di giri della macchina, o mediante inserimento manuale delle stesse qualora siano note, oppure mediante la caratterizzazione automatica dei componenti elaborata dal software sulla base delle relative librerie, una volta che sia completamente definito il processo; • per l’impiantistica di scambio termico HYSYS dispone di librerie di modelli

commerciali di scambiatori di calore pertanto, noti i vincoli di processo, consente di scegliere tra un ventaglio di soluzioni commerciali ottimizzate per soddisfare le richieste. Per gli scambiatori di calore è quindi possibile realizzare un dimensionamento rigoroso, che non prende in considerazione soltanto gli aspetti termici ma anche gli aspetti strutturali (legati agli effetti di vibrazione e di risonanza) e quelli fluidodinamici. Per quanto detto risulta evidente come ciascun punto di funzionamento predetto dal modello HYSYS in condizioni di off-design corrisponda ad un punto operativo effettivo di un impianto con componentistica reale. Ne deriva inoltre che l’operatività dell’impianto è limitata ad un campo relativamente ristretto di condizioni, in quanto nei punti di funzionamento al di fuori della capacità di modulazione dei componenti il modello non dà soluzione.

Partendo da queste considerazioni, viene valutata la fattibilità dell’utilizzo del software ASPEN HYSYS per la modellazione e la simulazione di un impianto solare in condizioni stazionarie e transitorie. La prima fase del lavoro è stata la definizione della configurazione impiantistica oggetto di studio e la definizione su HYSYS degli stati termodinamici del ciclo ORC nel punto di progetto. Data la piccola taglia, non è stato introdotto nel modello alcun sistema di accumulo, in modo da ridurre la complessità impiantistica e di conseguenza i costi, in vista di una futura realizzazione sperimentale a scopi di ricerca.

Successivamente sono stati dimensionati i componenti del modulo di potenza nel punto di progetto, in cui l’espansore è stato caratterizzato con le curve di prestazione del Wankel ottenute

(11)

11 da un modello numerico dello stesso, ed è stata definita una configurazione per simulare il campo solare in condizioni stazionarie in ambiente HYSYS. Il modello che ne deriva è un modello zero-dimensionale stazionario, testato in condizioni di irraggiamento medie mensili con il metodo di Liu-Jordan, che consente una prima stima della produzione annuale dell’impianto.

Per quanto riguarda la simulazione delle prestazioni dell’impianto in condizioni dinamiche, il tentativo di definire un modello dinamico dell’impianto in ambiente HYSYS ha rivelato delle criticità intrinseche del software nel modellare un fenomeno ad elevata variabilità quale quello solare. L’innovazione proposta in questo lavoro riguarda la possibilità di implementare il modello della sezione di potenza realizzato in HYSYS in un software più ampio in cui è stato realizzato il modello di un campo solare dinamico, nello specifico AMESim. Il presupposto per l’integrazione tra i due modelli riguarda la possibilità di trascurare l’inerzia del modulo ORC rispetto a quella del campo solare in quanto i tempi di risposta del power block sono notevolmente più rapidi. E’ stata quindi realizzata un’interfaccia in ambiente AMESim tra i due modelli, mediante le librerie di segnali e controlli del software. Il modello risultante è stato usato per simulare l’impianto in condizioni di irraggiamento reali, al fine di evidenziare i principali effetti transitori e inerziali, ed è stata stimata la producibilità energetica dell’impianto simulando un anno di funzionamento per una località situata a latitudini interessanti per applicazioni micro e mini-CSP.

Nel capitolo 1 vengono richiamate le grandezze che definiscono la posizione del Sole nella volta celeste e quelle che definiscono la posizione di una superficie al suolo rispetto al Sole. Dopo una breve descrizione del metodo di Liu-Jordan per il calcolo della radiazione globale media mensile, viene descritto il collettore parabolico composto, con particolare attenzione alla geometria e all’efficienza termica dello stesso.

Il capitolo 2 richiama brevemente le caratteristiche dei cicli ORC, di cui vengono descritti i principali pregi relativamente allo sfruttamento di risorse a bassa temperatura e viene presentato una panoramica dello stato dell’arte della tecnologia ORC e i principali campi di applicazioni. Nel capitolo 3 è definita la configurazione impiantistica oggetto di studio di studio e viene giustificato l’uso del software ASPEN HYSYS per il dimensionamento della sezione di potenza. Ciascun componente del modulo ORC è dimensionato nel dettaglio, con particolare attenzione alla caratterizzazione del dispositivo di espansione e alla scelta della componentistica di scambio termico. Una volta definita la sezione di potenza, viene presentato il modello dell’impianto solare realizzato in HYSYS con le opportune semplificazioni, dovute

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12 all’assenza di componenti specifici per la caratterizzazione dei collettori. Il modello è usato per le simulazioni stazionarie in condizioni medie mensili e vengono descritte le modalità con cui il software consente la simulazione delle prestazioni in off-design, mediante l’uso di opportuni operatori logici che sono stati introdotti nel diagramma di processo dell’impianto. I risultati delle simulazioni stazionarie sono elaborati nella forma di mappe di producibilità specifica media mensile e annuale per le due configurazioni dei collettori analizzate e vengono evidenziati i principali risultati dell’approccio stazionario, con le relative ipotesi semplificative. Nel capitolo 4 vengono descritti i limiti del software HYSYS nella simulazione di un fenomeno ad alta variabilità quale è l’irraggiamento solare. Questi limiti sono relativi alla modalità di definizione delle condizioni al contorno, ovvero della variazione dell’intensità di radiazione, degli angoli solari e della temperatura ambiente. Questa difficoltà viene superata attraverso la proposta di un modello alternativo dell’impianto, in cui la sezione di potenza è quella definita in ambiente HYSYS, di cui viene simulato il funzionamento in off-design stazionario, mentre il modello del campo è realizzato in ambiente AMESim, poiché da studi precedenti si è rivelato adeguato per la simulazione dinamica del campo solare. Vengono ripercorsi alcuni studi in letteratura che costituiscono un precedente rispetto alla proposta avanzata in questo lavoro, relativamente alla possibilità di integrare due modelli completi del campo solare e del modulo di potenza, di cui il primo simulato in condizioni dinamiche e il secondo in stazionario, sulla base dell’ipotesi di poter trascurare l’inerzia del modulo ORC. Viene quindi descritta l’interfaccia che permette l’integrazione tra i due modelli e il modello risultante viene testato in condizioni di funzionamento reali, per descrivere l’operatività dell’impianto in transitorio e per la previsione della producibilità energetica annua.

(13)

13

1. La radiazione solare

1.1 Generalità

Le reazioni termonucleari che avvengono nel nucleo del Sole comportano la trasformazione di massa in energia a temperature dell’ordine di 107 K, generando un flusso termico che, attraverso meccanismi di scambio radiativo e convettivo, viene trasferito dal nucleo verso la superficie solare e da qui irradiato nello spazio. La superficie solare, ad una temperatura di circa 5800 K, diventa pertanto sorgente di una radiazione con uno spettro di distribuzione relativamente continuo, con lunghezze d’onda comprese tra 0,3 µm e 2,5 µm. L’intensità massima del flusso radiante (W/m2) che dal Sole raggiunge la superficie terrestre è stimata circa pari a 1 kW/m2; nelle regioni della Terra abitate questo flusso varia tra 3 e 30 MJ/m2/day in base alla località, all’ora del giorno e alle condizioni meteorologiche [1].

Lo spettro di emissione del sole alla distanza media Terra-Sole (1,496 ×108 km) e in assenza di atmosfera può essere considerato equivalente a quello di un corpo nero alla temperatura di 5777 K [2] (fig. 1); l’area sottesa alla curva è la costante solare ISC, definita come l’energia irradiata dal sole su tutto lo spettro per unità di tempo e per unità di superficie perpendicolare alla direzione di propagazione della radiazione, che raggiunge lo strato più esterno dell’atmosfera. Lo spettro solare può essere suddiviso in tre regioni principali: (i) la regione ultravioletta (𝜆 < 0,4 𝜇𝑚) che dà un contributo all’irradianza totale pari al 5%; (ii) la regione del visibile (0,4 𝜇𝑚 < 𝜆 < 0,7 𝜇𝑚) che contribuisce per il 43% all’irradianza totale; (iii) la regione dell’infrarosso (𝜆 > 0,7 𝜇𝑚) che contribuisce per il 52%. Il contributo al flusso radiativo solare per lunghezze d’onda superiori a 2,5 µm è trascurabile.

Figura 1: Spettro della radiazione solare alla distanza media Sole-Terra (Fonte WRC).

Il World Radiation Center (WRC) ha proposto un valore di riferimento per la costante solare pari a 1367 W/m2 con una incertezza dell’1% [1]. Questo valore è soggetto a variazioni nel corso dell’anno a causa dell’eccentricità dell’orbita terrestre, secondo l’equazione

(14)

14 𝐼0 = 𝐼𝑆𝐶(1 + 0,033 cos360𝑛

365)

dove I0 è la radiazione extra-atmosferica incidente su un piano normale alla direzione di propagazione dei raggi solari e n è il giorno dell’anno. La variazione della costante solare con l’eccentricità dell’orbita rimane comunque limitata in un intorno del 3% dal valore medio.

Figura 2: Variazione della radiazione extra-atmosferica nel corso dell’anno

1.2 Le coordinate solari

La posizione del Sole nel cielo, per una determinata località e per un determinato giorno dell’anno è definita dagli angoli caratteristici di seguito elencati:

• Latitudine 𝜑: è l’angolo che la retta passante per la località in esame e per il centro della Terra forma con il piano dell’Equatore. Assume valori positivi nell’emisfero settentrionale.

• Declinazione solare 𝛿: è l’angolo tra la direzione dei raggi solari a mezzogiorno e il piano dell’equatore sul meridiano considerato. E’ positivo se il sole sta al di sopra del piano equatoriale ed è funzione del giorno dell’anno (n) secondo la formula:

𝛿 = 23,45 𝑠𝑒𝑛 ((284 + 𝑛)360

(15)

15 Figura 3: Declinazione solare

• Angolo orario 𝜔: è la distanza angolare tra il Sole e la sua posizione a mezzogiorno, misurato lungo la sua traiettoria apparente sulla volta celeste. E’ positivo nelle ore antimeridiane, nullo a mezzogiorno e negativo nella ore pomeridiane. Si calcola con la seguente formula:

𝜔 = 15° ℎ𝑠𝑜𝑙− 180°

dove hsol non coincide con l’ora locale, ma è ottenuta tenendo conto della differenza di longitudine tra il meridiano di riferimento (Lrif) rispetto al quale è computato il tempo convenzionale e il meridiano locale (Lloc). Per il calcolo dell’ora solare bisogna inoltre considerare le variazioni della velocità di rotazione della Terra rispetto alla velocità media di 360/24 gradi/ora, computata nella cosiddetta Equazione del Tempo (ET). L’ora solare risulta pertanto:

𝑠𝑜𝑙 = ℎ𝑐𝑜𝑛𝑣+ 4′(𝐿

𝑟𝑖𝑓− 𝐿𝑙𝑜𝑐) + 𝐸𝑇

Figura 4: Equazione del tempo

• Angolo orario dell’alba 𝜔𝑎: è l’angolo orario al quale sorge il sole per una determinata località, ed è simmetrico all’angolo del tramonto.

−𝜔𝑎 = cos−1(− tan 𝜑 tan 𝛿) = 𝜔𝑡

Da questo si calcola facilmente la durata del giorno in ore come l’intervallo temporale che intercorre tra l’alba e il tramonto:

𝑡 = 2 ∙|𝜔𝑎| 15

• Altezza solare 𝛼: è l’angolo compreso tra la direzione dei raggi solari e il piano orizzontale. Per una data località, la posizione istantanea del Sole definita dall’altezza solare è funzione del giorno dell’anno e dell’ora del giorno secondo la formula

(16)

16 sin 𝛼 = sin 𝜑 sin 𝛿 + cos 𝜑 cos 𝛿 cos 𝜔

Il valore dell’altezza solare massima giornaliera si verifica a mezzogiorno; durante l’arco dell’anno, il massimo dell’altezza solare si ha a mezzogiorno del solstizio d’estate. In base alla località, il valora massimo e minimo dell’altezza solare a mezzogiorno si ottiene da:

𝛼max = (90° − 𝜑) + 23,45° 𝛼min = (90° − 𝜑) − 23,45°

• Angolo zenitale 𝜃𝑧: è il complementare dell’angolo di altezza solare 𝜃𝑧 = 90° − 𝛼

• Azimut solare 𝑎: è l’angolo formato dalla proiezione dei raggi solari sul piano orizzontale e la direzione del Sud. Convenzionalmente i valori di azimut ± 90° corrispondono rispettivamente all’Est e all’Ovest. Insieme all’angolo di altezza solare è la coordinata che definisce la posizione istantanea del sole, secondo la relazione

sin 𝑎 =cos 𝛿 sin 𝜔 cos 𝛼

Poiché in alcuni periodi dell’anno l’azimut solare può assumere valori maggiori di 90° in valore assoluto, mentre l’arcoseno fornisce valori non più grandi di 90° (in valore assoluto), è necessario introdurre delle correzioni. Nel caso in cui siano verificate le seguenti condizioni

sin 𝛼 ≥ sin 𝛿

sin 𝜑 𝑝𝑒𝑟 𝜑 ≥ 0

sin 𝛼 < sin 𝛿

sin 𝜑 𝑝𝑒𝑟 𝜑 < 0

il valore dell’azimut deve essere corretto a partire dal valore determinato dalla relazione precedente secondo la relazione:

𝑎𝑐𝑜𝑟𝑟= 𝑠𝑒𝑔𝑛𝑜(𝑎) ∙ (180 − |𝑎|)

1.3 Componenti della radiazione solare: radiazione diretta e diffusa.

Nelle situazioni di interesse comune i dispositivi cha raccolgono l’energia solare sono posti a livello del suolo e l’irradianza disponibile è minore di quella extra-atmosferica, a causa di fenomeni di attenuazione della radiazione solare nel passaggio attraverso l’atmosfera. Nell’attraversare l’atmosfera infatti una frazione dei raggi solari viene assorbita (soprattutto dalle molecole di ozono, vapor d’acqua e anidride carbonica) o deviata a seguito degli urti con le molecole di vapor d’acqua, pulviscolo ecc, in maniera differenziata alle diverse lunghezza

(17)

17 d’onda, da cui risulta uno spettro elettromagnetico con profilo irregolare. Queste interazioni comportano una riduzione dell’energia solare effettivamente disponibile al suolo.

Figura 5: Spettro della radiazione solare extra-terestre (blu) e spettro risultante dall’attenuazione atmosferica (rosso)

La radiazione diretta è la frazione di radiazione solare che arriva sulla superficie terrestre nella direzione dei raggi solari; la radiazione diffusa è la frazione che arriva al suolo da tutte le direzioni dell’emisfero celeste a causa dell’interazione con l’atmosfera.

La distanza percorsa dalla radiazione diretta attraverso l’atmosfera dipende dall’angolo di zenit del sole e dall’altezza della località sul livello del mare. L’effetto dell’angolo di zenit sull’attenuazione della radiazione solare diretta è correlato alla massa d’aria (AM) che i raggi solari devono attraverso nel loro percorso attraverso l’atmosfera. Questa è minima quando il Sole è allo zenit e aumenta man mano che il sole si abbassa sull’orizzonte. Il fattore di correzione legato alla massa d’aria vale:

𝑚 = sec 𝜃𝑧

Gli effetti di attenuazione della radiazione diretta sono computati attraverso un coefficiente di trasmissione della stessa 𝜏𝑏, per cui l’irraggiamento diretto al suolo (𝐼𝑏𝑛𝑠) è

𝐼𝑏𝑛𝑠 = 𝐼0𝜏𝑏

Per la determinazione del coefficiente di trasmissione si è soliti usare la relazione proposta da Hottel (1976), in funzione di alcuni parametri che caratterizzano la località considerata e le condizioni climatiche locali:

𝜏𝑏 = 𝑎0+ 𝑎1exp (− 𝑘 sin 𝛼)

(18)

18 Le costanti che compaiono nella definizione di 𝜏𝑏 dipendono dalla località e dalle condizioni atmosferiche locali.

L’intensità della radiazione diffusa su un piano orizzontale (𝐼𝐷𝑂), detto 𝜏𝐷 il coefficiente di trasmissione della radiazione diffusa, può essere calcolata come

𝐼𝐷𝑂 = 𝐼0sin 𝛼 𝜏𝐷

dove 𝜏𝐷 è dato in funzione di 𝜏𝑏 secondo la relazione proposta da Liu e Jordan 𝜏𝐷 = 0,2710 − 0,2939𝜏𝑏

1.4 Radiazione solare su una superficie inclinata

L’orientazione di una superficie è definita dagli angoli che seguono:

• Tilt (o inclinazione) della superficie 𝛽 (0 ≤ 𝛽 ≤ 180°): definisce l’inclinazione della superficie rispetto al piano orizzontale;

• azimut della superficie 𝑎𝑤: formato dalla proiezione della normale alla superficie sul piano orizzontale con la direzione del Sud.

• Incidenza 𝑖: formato dalla direzione dei raggi solari con la normale alla superficie. Può essere calcolato a partire degli angoli sopra elencati e da quelli che definiscono la posizione del sole come:

cos 𝑖 = cos(𝑎 − 𝑎𝑤) cos 𝛼 sin 𝛽 + sin 𝛼 cos 𝛽

Figura 6: orientazione di una superficie

La radiazione globale che incide su una superficie inclinata è la somma delle componenti diretta e diffusa, a cui va aggiunta la componente riflessa dal suolo circostante.

La radiazione diretta intercettata dalla superficie è 𝐼𝑏 = 𝐼𝑏𝑛𝑐𝑜𝑠 𝑖

La radiazione diffusa proveniente dalla porzione di volta celeste vista da una superficie comunque orientata e nell’ipotesi di isotropia della radiazione diffusa, può essere ottenuta come

(19)

19 𝐼𝐷 = 𝐼𝐷𝑂𝑐𝑜𝑠2(𝛽

2)

La radiazione riflessa dal terreno sulla superficie è esprimibile come 𝐼𝑟 = (𝐼𝑏𝑠𝑖𝑛 𝛼 + 𝐼𝐷𝑂)𝜌 𝑠𝑖𝑛2(𝛽

2) dove 𝜌 è il coefficiente di albedo

La somma dei tre termini risulta pertanto: 𝐼 = 𝐼𝑏𝑛𝑐𝑜𝑠 𝑖 + 𝐼𝐷𝑂𝑐𝑜𝑠2(𝛽

2) + (𝐼𝑏𝑛𝑠𝑖𝑛 𝛼 + 𝐼𝐷𝑂)𝜌 𝑠𝑖𝑛 2(𝛽

2)

1.5 Il metodo di Liu e Jordan per il calcolo della radiazione giornaliera media mensile incidente su una superficie.

A fini pratici sono più interessanti altre grandezze derivate da quelle descritte, in particolare le quantità di energia captata in intervalli di tempo prestabiliti. I più comuni metodi matematici usati per le valutazioni in termini energetici della radiazione incidente su una superficie danno le correlazioni tra l’energia giornaliera media mensile diffusa (𝐷̅) e l’energia giornaliera media mensile globale (𝐻̅). Secondo il metodo proposto da Liu e Jordan [3] il rapporto tra queste quantità è esprimibile in funzione dell’indice mensile di serenità 𝐾̅

𝐾̅ = 𝐻̅ 𝐻̅0 secondo la relazione: 𝐷̅ 𝐻̅ = 1,39 − 4,027𝐾̅ + 5,531𝐾̅ 2− 3,108 𝐾̅3

Il metodo di Liu-Jordan permette quindi di calcolare quale percentuale dell’energia globale che incide sulla superficie di riferimento è sotto-forma di radiazione diffusa, e da questa determinare la frazione di energia giornaliera media mensile diretta (𝐵̅) poiché è

𝐻̅ = 𝐵̅ + 𝐷̅ (𝑀𝐽 𝑚⁄ 2)

I valori di 𝐵̅ e 𝐷̅ sono reperibili per ogni località dalla normativa UNI 10349 sui dati climatici. La quantità 𝐻̅0 che compare nella definizione di 𝐾̅ è la radiazione incidente nell’arco di un giorno su una superficie orizzontale posta all’esterno dell’atmosfera, ottenibile da

𝐻̅0 = ∫ 𝐼𝑆𝐶( 1 + 0,033 cos360𝑛 365) 𝑠𝑖𝑛 𝛼 𝑑𝜔 𝜔𝑡 𝜔𝑎 [𝑊ℎ 𝑚 2] Essendo 𝑑𝜔 = ( −2𝜋

(20)

20 𝐻̅0 =24

𝜋 𝐼𝑆𝐶(1 + 0,033 𝑐𝑜𝑠 360𝑛

365 ) ∙ (𝑐𝑜𝑠 𝜑 𝑐𝑜𝑠 𝛿 𝑠𝑖𝑛 𝜔𝑎+ 𝜔𝑎𝑠𝑖𝑛 𝜑 𝑠𝑖𝑛 𝛿)

Per ciascun mese, il giorno considerato per il calcolo della radiazione media mensile è scelto in modo tale che la declinazione in quel giorno sia pari alla declinazione media del mese. I giorni che rispettano questa condizione risultano [2]:

Alla luce di quanto detto, data una superficie arbitrariamente orientata l’energia giornaliera media mensile diretta su di essa è ottenibile come

𝐺𝑏

̅̅̅ = 𝑅𝑏𝐵̅

con 𝑅𝑏 fattore di inclinazione della radiazione diretta, che per superficie esposte a sud vale

𝑅𝑏 = (cos(𝜑 − 𝛽) cos 𝛿 cos 𝜔𝑎 ′ + 𝜔

𝑎′ sin(𝜑 − 𝛽) sin 𝛿 cos 𝜑 𝑐𝑜𝑠𝛿 sin 𝜔𝑎+ 𝜔𝑎sin 𝜑 sin 𝛿

)

dove 𝜔𝑎′ è l’angolo orario dell’alba riferito alla superficie comunque inclinata. La superficie vede il sole quando l’angolo di incidenza è 𝑖 < 0 e per angoli di altezza solare 𝛼 > 𝛼𝑚𝑖𝑛, dove 𝛼𝑚𝑖𝑛 per un collettore a concentrazione dipende dal suo angolo di accettazione

|𝜔𝑎| = 𝑚𝑖𝑛|𝜔

𝑎(𝛼 = 𝛼𝑚𝑖𝑛), 𝜔𝑎(𝑖 = 90°)| Nel caso di superfici esposte a sud l’angolo orario dell’alba diventa:

|𝜔𝑎′ (𝑖 = 90°)| = arcos [− tan(𝜑 − 𝛽) tan 𝛿] |𝜔𝑎 (𝛼 = 𝛼

𝑚𝑖𝑛)| = arcos (

sin 𝛼𝑚𝑖𝑛

cos 𝜑 cos 𝛿− tan 𝜑 tan 𝛿) L’energia giornaliera media mensile diffusa captata dalla superficie è

𝐺𝐷

̅̅̅̅ = 𝑅𝐷𝐷̅

(21)

21 𝑅𝐷 = 1 + cos 𝛽

2

Questo fattore deve essere corretto per tenere conto del rapporto di concentrazione del collettore: 𝑅𝐷,𝐶𝑆𝑃 =𝑅𝐷 𝐶 𝑠𝑒 (𝛽 + 𝜃𝑐) < 90° 𝑅𝐷,𝐶𝑆𝑃 = 𝑅𝐷 2 ( 1 𝐶+ cos 𝛽) 𝑠𝑒 (𝛽 + 𝜃𝑐) > 90°

Risulta chiaro dalla correzione introdotta come per alti rapporti di concentrazione il contributo della componente può essere trascurato.

L’energia giornaliera media mensile globale incidente sulla superficie è 𝐺 = 𝑅𝑏𝐵̅ + 𝑅𝐷𝐷̅ + 𝑅𝑟𝜌(𝐵̅ + 𝐷̅)

dove il fattore di inclinazione della radiazione riflessa 𝑅𝑟 è

𝑅𝑟 =

1 − cos 𝛽 2

Nota l’energia giornaliera media mensile incidente sul collettore, è possibile ricavare la radiazione giornaliera media mensile sul collettore come

𝐼̅ = 𝐺̅

𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑖𝑛𝑠𝑜𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒

1.6 Generalità sui sistemi a concentrazione (CSP, Concentrated Solar Power)

I collettori solari sono dispositivi preposti alla conversione della radiazione solare in energia termica resa disponibile al fluido che li attraversa. Questa può essere usata per scopi esclusivamente termici o come sorgente per un ciclo termodinamico. In questo secondo caso, gli elevati livelli termici richiesti da un ciclo termodinamico necessitano dell’uso di dispositivi a concentrazione. L’obiettivo della concentrazione solare è quello di incrementare la qualità dell’energia raccolta, è infatti ben noto che l’efficienza di un ciclo termodinamico è tanto maggiore quanto più alta è la temperatura ottenibile dal sistema a concentrazione. Il principio comune alle diverse tecnologie sviluppate nel campo della concentrazione solare risiede nell’utilizzo di dispositivi ottici interposti tra la sorgente radiante e l’assorbitore, mediante i quali è possibile svincolare la quantità di radiazione raccolta dalla superficie dell’assorbitore stesso, concentrando i raggi solari su superfici più piccole di quelle esposte al Sole e con minori perdite termiche. Nei collettori a concentrazione si individuano separatamente una superficie captante (Ac), che costituisce la superficie del sistema ottico che raccoglie e invia la radiazione, e una superficie assorbente o del ricevitore (Ar) dove la radiazione viene trasformata in energia

(22)

22 termica ad alta temperatura e viene resa disponibile al fluido termovettore. Si definisce rapporto di concentrazione il parametro:

𝐶 =𝐴𝑐 𝐴𝑟

C può variare da valori minimi dell’ordine dell’unità a valori massimi dell’ordine di 103, a seconda della tipologia del concentratore; ovviamente quanto più grande sarà il valore di C, tanto più alta risulterà la temperatura resa disponibile dal collettore.

Figura 7: massime temperature ottenibili dai sistemi a concentrazione solare

1.7 I collettori parabolici composti (CPC) 1.7.1 Generalità

I CPC (Compound Parabolic Concentrator) sono collettori solari a concentrazione statici che sfruttano il principio dell’ottica non-imaging di trasferire una radiazione luminosa senza mantenerne l’immagine originale: la luce, che entra nel concentratore attraverso un’ampia sezione, viene riflessa sul ricevitore e in questo processo viene distrutta l’immagine della sorgente. Dal punto di vista geometrico, il collettore è realizzato con due parabole contrapposte ad assi incidenti ciascuna delle quali concentra verso il fuoco i raggi solari paralleli al suo asse; i fuochi sono disposti nel piano dell’assorbitore e l’angolo formato dagli assi delle parabole definisce l’angolo di accettazione (2𝜃𝑐) della radiazione solare che rappresenta la porzione di cielo entro il quale la radiazione diretta viene riflessa verso l’assorbitore.

(23)

23

Figura 8: Profilo tipico di un collettore CPC

Per un collettore CPC ideale (con superfici riflettenti perfette), il rapporto di concentrazione può essere calcolato dall’angolo di accettazione secondo la relazione

𝐶 = 1

sin 𝛳𝑐

e ha valori compresi tra 2 e 6 a seconda delle varie configurazioni possibili. A differenza della maggior parte dei sistemi a concentrazione e a inseguimento solare, i collettori CPC possono sfruttare anche il contributo della radiazione diffusa, in maniera inversamente proporzionale al valore di C. Dal valore dell’angolo di accettazione è possibile definire l’angolo di alba del CPC e l’angolo massimo di captazione della radiazione solare, rispettivamente αmin e αmax:

𝛼𝑚𝑖𝑛 = 90° − 𝜃𝑐− 𝛽 𝛼𝑚𝑎𝑥 = 90° + 𝜃𝑐− 𝛽

Nelle applicazioni con valori maggiori del fattore C, gli estremi superiori della parabola risulterebbero paralleli all’asse del collettore, riducendo la capacità di riflettere la radiazione verso il ricevitore; in questi casi gli estremi della parabola risultano troncati ad una altezza minore di quella teorica, con una perdita delle prestazioni del collettore.

Uno dei principali vantaggi della tecnologia CPC è l’assenza del sistema di inseguimento solare, e di conseguenza la riduzione dei costi rispetto ai sistemi allo stato dell’arte. Trattandosi di un sistema statico, l’orientamento dell’assorbitore merita una attenta valutazione al fine di massimizzare la radiazione assorbita. La disposizione ottimale risulta quella con asse allineato lungo la direttrice E-O, con il collettore inclinato verso l’equatore di un angolo proporzionale alla latitudine del luogo di installazione del campo solare, con un opportuno angolo di tilt.

(24)

24

Figura 9: Angoli di accettazione per un CPC

Le minori temperature operative del ricevitore ottenibili, per via dei valori contenuti del fattore di concentrazione e dell’assenza di un sistema di tracking solare, rendono la tecnologia CPC adatta ad applicazioni di piccola e media potenza, in accoppiamento a moduli ORC per la micro-generazione. Jing et al. [4] evidenziano che, date le minori temperature, risulta vantaggioso l’accoppiamento di collettori CPC con moduli ORC per la generazione elettrica rispetto ad altre tecnologie a concentrazione e rispetto al tradizionale ciclo Rankine a vapor d’acqua. L’accoppiamento CPC e ciclo ORC è analizzato in Antonelli et al [5] [6], dove vengono studiate le prestazioni di un impianto solare CPC con espansore Wankel e viene valutata la producibilità di energia elettrica annuale al variare dei parametri termodinamici del ciclo, della geometria dei collettori (a tubo evacuato) e della loro inclinazione rispetto ai raggi solari. I lavori appena citati costituiscono il riferimento fondamentale per questo lavoro, in cui verrà modellato un impianto con collettori solari CPC con ciclo organico partendo da alcuni risultati riportati nei suddetti lavori.

1.7.2 Bilancio energetico del collettore

Il bilancio energetico di un collettore CPC può essere scritto come segue 𝐼𝐴𝑐𝜂𝑜𝑝𝑡 = 𝑄𝑢 + 𝑄𝐿𝑜𝑠𝑠

dove

• I è l’intensità della radiazione solare efficace sul collettore [W/m2]; • Ac è l’area della superficie captante la radiazione;

• 𝜂𝑜𝑝𝑡 è il rendimento ottico del collettore;

• 𝑄𝑢 è la potenza termica trasferita al fluido termovettore 𝑄𝑢 = 𝑚𝑤̇ 𝑐𝑝(𝑇𝐻𝑇𝐹,𝑜𝑢𝑡− 𝑇𝐻𝑇𝐹,𝑖𝑛)

(25)

25 Le perdite termiche complessive del collettore sono la somma di perdite convettive e radiative, calcolate rispettivamente come segue

𝑄𝐿,𝑐 = 𝑈𝐿𝐴𝑐 𝐶 (𝑇𝑟− 𝑇𝑎) 𝑄𝐿,𝑟𝑎𝑑 = 𝜎𝜀 𝐴𝑐 𝐶 (𝑇𝑟 4− 𝑇 𝑎4) Sostituendo si ottiene 𝑄𝑢 = 𝐼𝐴𝑐𝜂𝑜𝑝𝑡− 𝑈𝐿𝐴𝑐 𝐶 (𝑇𝑟− 𝑇𝑎) − 𝜎𝜀 𝐴𝑐 𝐶 (𝑇𝑟 4− 𝑇 𝑎4) Da cui il rendimento del collettore è

𝜂𝐶𝑃𝐶 = 𝑄𝑢 𝐼𝐴𝑐 = 𝜂𝑜𝑝𝑡− 𝑄𝐿𝑜𝑠𝑠 𝐼𝐴𝑐 = 𝜂𝑜𝑝𝑡− 1 𝐶𝐼[𝑈𝐿(𝑇𝑟− 𝑇𝑎) + 𝜎𝜀(𝑇𝑟 4− 𝑇 𝑎4)]

Dall’espressione del rendimento risultano alcune considerazioni: (i) le proprietà ottiche dell’assorbitore sono fondamentali per ottenere una buona efficienza termica del collettore; (ii) la scelta di un materiale assorbitore con bassa emissività consente di ridurre le dispersioni termiche del collettore; (iii) a parità di temperatura dell’assorbitore all’aumentare del flusso radiante incidente migliorano le prestazioni del collettore.

Poiché nella maggior parte delle applicazioni la temperatura del ricevitore non risulta nota, si introduce il parametro Fattore di rimozione termica 𝐹𝑟 definito come il rapporto tra la potenza termica utile e quella che si avrebbe se il ricevitore fosse tutto alla temperatura di ingresso al collettore:

𝐹𝑟 = 𝑄𝑢

𝐼𝐴𝑐𝜂𝑜𝑝𝑡− 𝑈𝐿𝐴𝐶 (𝑇𝑐 𝐻𝑇𝐹,𝑖𝑛− 𝑇𝑎) − 𝜎𝜀𝐴𝐶 (𝑇𝑐 𝐻𝑇𝐹,𝑖𝑛4 − 𝑇𝑎4) Il rendimento del collettore risulta pertanto

𝜂𝐶𝑃𝐶 = 𝐹𝑟{𝜂𝑜𝑝𝑡− 1

𝐶𝐼[𝑈𝐿(𝑇𝐻𝑇𝐹,𝑖𝑛− 𝑇𝑎) + 𝜎𝜀(𝑇𝐻𝑇𝐹,𝑖𝑛

4 − 𝑇

𝑎4)]}

In questa trattazione si farà riferimento ad un modello sperimentale di collettore CPC, costituito da una copertura piana vetrata, una superficie riflettente in alluminio e da un tubo sottovuoto lungo circa 1,5 m. Le caratteristiche geometriche del collettore considerato sono riportate nella tabella che segue [32]. L’area del tubo ricevitore, detto De il diametro esterno, risulta

𝐴𝑟 = 𝜋𝐷𝑒𝐿.

Per la determinazione del numero di collettori del campo solare si è fatta l’ipotesi di poter confondere l’area del captatore con l’area della copertura vetrata piana.

(26)

26

Geometria collettore

Lunghezza tubo ricevitore 1,45 m

Diametro esterno del tubo 47 mm

Numero di passaggi 2

Portata di progetto 120 l/h

Tabella 1: Caratteristiche collettore CPC analizzato

Il rendimento ottico dipende dalle proprietà dei materiali che costituiscono le superfici del collettore. L’espressione del rendimento ottico per il collettore considerato è ottenuta da un modello numerico validato con curve di modelli commerciali [5]:

𝜂𝑜𝑝𝑡 = 𝜏3(1 − 𝜀

𝑣)2𝛼𝑟𝑖𝑐(𝜀𝑟𝑖𝑓+ 1

𝜋𝐶(1 − 𝜀𝑟𝑖𝑓))

Proprietà termiche e ottiche collettore

Coeff. scambio convettivo UL 0,26 W/m2K

Coeff. trasmissione vetro τ 0,935 Coeff. Assorbimento ricevitore αric 0,94

Riflettività vetro εv 0,07

Riflettività specchio εrif 0,96

Tabella 2: Proprietà termiche e ottiche CPC

(27)

27

2. Il ciclo Rankine Oganico (ORC)

2.1 Generalità

La tecnologia ORC si basa sullo stesso principio del ciclo Rankine tradizionale a vapore in cui il fluido di lavoro è un composto organico bassobollente, ovvero con punto di ebollizione a pressione atmosferica più basso di quello dell’acqua. L’interesse per la tecnologia ORC in vista di una sua potenziale integrazione in sistemi di generazione distribuita si basa su un presupposto fondamentale: la possibilità di adattare le funzionalità dell’impianto a sorgenti termiche di diversa temperatura attraverso la scelta del fluido di lavoro più adatto, che introduce un ulteriore grado di libertà nel progetto del ciclo [7]. Questa versatilità consente una varietà di configurazioni possibili che non possono essere applicate nel caso si utilizzi acqua: (i) i livelli di pressione e di densità del sistema possono essere scelti in una certa misura indipendentemente dalle temperature del ciclo (a temperature relativamente basse del fluido possono corrispondere alte pressioni e viceversa); (ii) nella maggior parte delle applicazioni ORC l’espansione del fluido è un processo completamente secco, in questo modo si evitano i problemi relativi all’erosione delle pale delle turbine e le inefficienze dovute alla condensazione; (iii) in molti casi i fluidi di lavoro sono anche buoni lubrificanti per i dispositivi rotanti e questo semplifica il sistema; (iv) la scelta del fluido di lavoro influenza non solo l’efficienza termodinamica del sistema ma anche il design dei componenti dell’impianto ed in particolare del dispositivo di espansione: in particolare si è visto che negli impianti ORC di piccola taglia, per via di flussi volumetrici estremamente ridotti a fronte di rapporti di espansione elevati, gli espansori volumetrici rappresentano soluzioni interessanti in quanto consentono maggiore efficienze adiabatiche di espansione e minori velocità di rotazione [8].

Il layout di un ciclo ORC è analogo a quello di un ciclo Rankine tradizionale: esso consta di una pompa di alimentazione, di uno scambiatore in cui avviene l’evaporazione del fluido, di un dispositivo di espansione e di un condensatore. Le variazioni all’architettura di base di un ciclo ORC sono generalmente più limitate rispetto a un ciclo tradizionale, in particolare sono assenti gli spillamenti dalla turbina e i surriscaldamenti ripetuti del vapore. Risulta molto comune ai fini di un incremento dell’efficienza del ciclo l’inserimento di uno scambiatore rigenerativo interno dopo la turbina, in cui avviene il preriscaldamento del fluido di lavoro prima dell’ingresso nell’evaporatore.

(28)

28

2.2 Caratteristiche dei fluidi organici

Il fluido di lavoro ORC riveste un ruolo fondamentale relativamente all’efficienza termodinamica del ciclo e alla fattibilità economica e tecnica dell’impianto. Dalla letteratura è possibile reperire una serie di criteri utili nella scelta del fluido di lavoro ottimale per la specifica applicazione ( [9], [10] [11]). Le caratteristiche rilevanti sono discusse di seguito.

Pendenza della curva limite superiore

Dalla figura che segue, in cui sono messe a confronto le curve di saturazione dell’acqua e di alcuni fluidi organici sul diagramma T-s, è possibile comprendere facilmente i vantaggi che derivano dall’uso dell’ORC rispetto ad un tradizionale ciclo Rankine a vapor d’acqua:

• La maggior parte dei fluidi organici di interesse ingegneristico presenta una curva limite superiore con pendenza positiva, il che comporta avere un fluido a fine espansione nella zona dei vapori surriscaldati. Non è pertanto necessario un elevato grado di surriscaldamento del fluido nella fase di adduzione del calore.

• La differenza di entropia tra la curva di saturazione del vapore e quella del liquido è notevolmente ridotta per i composti organici rispetto all’acqua; la minore entalpia di vaporizzazione dei fluidi organici si adatta alle applicazioni in cui l’input termico è di piccola scala o a bassa temperatura.

Figura 11: diagramma T-s dell’acqua e di alcuni fluidi organici

La pendenza della curva limite superiore consente di definire il parametro 𝜎 = (𝑑𝑠(𝑣)

𝑑𝑇 )𝑠𝑎𝑡 sulla base del quale i fluidi organici vengono classificati nelle tre categorie che seguono:

• fluidi secchi (o dry) con 𝜎 > 0. Appartengono a questa categoria fluidi quali butano, isobutano, n-pentano, R227ea, R245fa e R25ca.

• Fluidi isentropici, con 𝜎 nullo, quale ad esempio il refrigerante R11;

(29)

29 I fluidi dry e isentropici sono i più indicati per gli impianti ORC poiché evitano la formazione di gocce durante la fase di espansione. In particolare, nel caso di fluidi dry il vapore al termine dell’espansione ha ancora un certo grado si surriscaldamento, che generalmente viene sfruttato in uno scambiatore rigenerativo per migliorare l’efficienza termodinamica del ciclo, a danno di costi maggiori di impianto e di una maggiore complessità.

Figura 12: Andamento di σ in funzione della temperatura di saturazione per alcuni fluidi organici

Calore latente di evaporazione

In generale si può affermare che fluidi con maggiore calore latente di evaporazione sono preferibili nelle applicazioni ORC perché assorbono più energia dalla sorgente termica nella fase di evaporazione, riducendo la portata necessaria e quindi le dimensioni delle apparecchiature e i consumi della pompa [12]. A partire dalla relazione di Clausius-Clapayron è possibile dimostrare che fluidi con maggiore calore latente di evaporazione consentono un maggiore lavoro specifico a parità di rapporto di espansione [10] .Combinando infatti la legge dei gas perfetti, per semplicità considerata valida anche nel caso del vapore

𝑣 =𝑅𝑇 𝑃

con relazione che descrive la transizione di fase liquido-vapore 𝑑𝑃 𝑑𝑇 = ∆𝐻𝑣𝑎𝑝 𝑇∆𝑣 = ∆𝐻𝑣𝑎𝑝 𝑇𝑣𝑔𝑎𝑠

dove la variazione di volume nella transizione di fase liquido-vapore è stata approssimata con il volume specifico dello stato finale, si ottiene il rapporto di espansione nella forma

(30)

30 ln𝑃1 𝑃2 = ∆𝐻𝑣𝑎𝑝 𝑅 ( 1 𝑇1− 1 𝑇2)

Essendo la variazione di entalpia in una espansione isoentropica pari a

∆ℎ𝑖𝑠= 𝑘𝑅𝑇1 𝑘 − 1 [1 − ( 𝑃2 𝑃1 ) 𝑘−1 𝑘 ]

si ottiene la seguente relazione

∆ℎ𝑖𝑠 = 𝑘𝑅𝑇1 𝑘 − 1 [1 − exp ( ∆𝐻𝑣𝑎𝑝(𝑇1 1− 1 𝑇2) 𝑐𝑝 )]

da cui risulta che, a parità di ogni altra condizione, il salto entalpico ideale attraverso la turbina, e quindi il lavoro specifico, è maggiore per fluidi con un più alto calore latente di evaporazione.

Densità

Negli impianti ORC sono preferibili fluidi con una elevata densità sia della fase liquida sia di quella vapore. A parità di condizioni operative, ad una minore densità del vapore corrisponde una maggiore portata volumetrica del fluido, il che comporta maggiori perdite di carico negli scambiatori e dimensioni maggiori dell’espansore. In impianti ORC con espansori di tipo dinamico, la dipendenza delle dimensioni della turbina dalla densità del vapore, trascurando ogni dipendenza dal numero di Reynolds, può essere espressa attraverso l’uso del parametro di taglia SP [13] 𝑆𝑃 =√𝑉̇𝑜𝑢𝑡 √∆ℎ𝑖𝑠 4 = √𝑚̇𝑜𝑢𝑡⁄𝜌𝑜𝑢𝑡 √∆ℎ𝑖𝑠 4

Da questo si vede che fluidi con maggiore densità del vapore all’uscita dalla turbina hanno valori minori di SP e di conseguenza richiedono dispositivi di dimensioni ridotte.

Una elevata densità della fase liquida comporta minori consumi della pompa di alimentazione, in quanto risulta minore la portata volumetrica. Un parametro usato per la valutazione del consumo della pompa è il Back Work Ratio (BWR) definito come il rapporto tra la potenza richiesta dalla pompa e quella ottenuta dal dispositivo di espansione. Per un ciclo Rankine tradizionale un valore tipico di questo parametro è 0,4% invece per sistemi ORC a media temperatura i valori caratteristici sono dell’ordine del 10%.

Efficacia del surriscaldamento

Se nei cicli Rankine tradizionali il surriscaldamento si rende necessario per migliorare l’efficienza termodinamica, questo non è vero per tutti i fluidi di lavoro degli impianti ORC. Si

(31)

31 può definire una efficienza incrementale 𝜂′, rispetto ad un punto di riferimento, come il rapporto tra l’incremento del lavoro ottenuto e l’incremento del calore da fornire al fluido:

𝜂′= ∆𝑤 ∆𝑞 =

∆ℎ1− ∆ℎ2 ∆ℎ1

Figura 13: Effetto del surriscaldamento

Perché il surriscaldamento sia conveniente, l’efficienza incrementale deve essere maggiore dell’efficienza del ciclo calcolata nelle condizioni di riferimento. Si può affermare che in genere, poiché ci si sposta lungo un’isobara, il surriscaldamento aumenta l’efficienza nel caso di fluidi wet, mentre è sconsigliato per fluidi dry [10].

Viscosità

Fluidi organici con bassa viscosità, sia in fase liquida che in fase vapore, favoriscono lo scambio termico negli scambiatori in quanto risultano maggiori i coefficienti di scambio termico e riducono le perdite per attrito.

Stabilità del fluido e compatibilità con i materiali

A differenza dell’acqua, i fluidi organici sono soggetti a fenomeni di deterioramento e decomposizione chimica, pertanto la temperatura massima del ciclo è limitata dalla stabilità del fluido considerato. Bisogna inoltre considerare la compatibilità del fluido nei confronti dei materiali, evitando fenomeni di corrosione dei materiali e dell’olio lubrificante.

Effetti ambientali e sicurezza

L’impatto ambientale dei fluidi organici è misurato mediante gli indici:

• ODP (Ozone Depletion Potential) che esprime l’impatto relativo di un composto chimico sull’ozono rispetto al refrigerante R11 a cui corrisponde un valore ODP unitario. I refrigeranti tradizionali del tipo clorofluorocarburi (CFCs) e idroclorofluorocarburi (HCFCs) hanno un indice ODP compreso tra 0,1 e 1. I moderni refrigeranti non contengono cloro e hanno ODP nullo.

(32)

32 • GWP (Global Warming Potential) misura il contributo all’effetto serra di una sostanza

su un arco temporale di 100 anni, rispetto all’anidride carbonica che ha potenziale

2.3 Stato dell’arte degli impianti ORC

Uno dei principali vantaggi dei sistemi ORC è la possibilità di sfruttare virtualmente una qualsiasi sorgente termica, che insieme alla flessibilità del sistema e alla disponibilità di piccole taglie rende questa tecnologia particolarmente adatta all’accoppiamento con fonti rinnovabili o con sorgenti termiche a bassa temperatura. Di seguito si riporta una breve descrizione delle principali applicazioni della tecnologia ORC con particolare attenzione alle piccole e medie taglie di potenza ( [14] [15] [16]).

Applicazioni geotermiche

Le applicazioni più numerose della tecnologia ORC riguardano lo sfruttamento di risorse geotermiche ad acqua dominante (a temperature inferiori a 150°C) in impianti a ciclo binario, in cui l’entalpia del fluido geotermico è ceduta ad un fluido di lavoro secondario che evolve in secondo un ciclo Rankine organico. Data la tipologia di risorsa infatti non risulta economicamente fattibile il ricorso alla separazione flash, più adatta nei casi in cui la risorsa geotermica sia vapore umido. I sistemi ORC-geotermici risultano economicamente fattibili per taglie inferiori a 1 MW, mentre per piccole taglie (sotto i 10kW) la fattibilità economica è provata qualora si utilizzino componenti con una larga diffusione sul mercato, quali ad esempio sistemi di condensazione a secco mediante ventilatori. Valori tipici del rendimento sono compresi tra il 5 e il 10%, mentre per quanto riguarda le efficienze di secondo principio sono riportati valori tra 20%-54%. Al 2011 risultano operative 162 unità a ciclo binario, con una potenza complessivamente installate di 373 MW, pari al 4% della potenza globalmente generata da fonte geotermica.

Figura 14: layout impianto a ciclo binario

(33)

33 Una delle possibilità di sfruttamento della risorsa solare su piccole e media taglie prevede l’utilizzo della stessa per riscaldare un fluido termovettore come sorgente termica per un ciclo Rankine. Le basse temperature operative (inferiori a 300°C) ottenibili con i più semplici sistemi di concentrazione e raccolta della radiazione solare si adattano all’accoppiamento con moduli di potenza ORC.

I sistemi solari ORC possono presentarsi in una varietà di configurazioni: • in applicazioni del tipo stand-alone con o senza accumulo termico;

• in applicazioni che prevedono l’uso diretto della potenza meccanica resa disponibile dall’espansore ORC (ad esempio in stazioni di pompaggio o impianti di desalinizzazione);

• in accoppiamento con sorgenti termiche ausiliarie (ad esempio bruciatori a gas). Dalla letteratura risulta che i principali vantaggi di questi sistemi sono [17]:

• la possibilità di implementare condensatori ad aria; in questo modo l’impianto non necessità di acqua, da qui la possibilità di installazione in località desertiche;

• la possibilità di effettuare il controllo in remoto e i costi ridotti di O&M;

• la modularità, che consente di realizzare impianti su larga scala semplicemente combinando più moduli ORC.

Delgado Torres e Garcia-Rodriguez [18] riportano una analisi comparativa tra sistemi solari ORC con diverse tipologie di collettori solari (collettori piani, a tubi evacuati e concentratori parabolici lineari) e con diversi fluidi di lavoro allo scopo di individuare la configurazione ottimale che minimizza l’estensione del campo solare. Wang et al. [19] studiano un sistema solare ORC sperimentale a bassa temperatura di potenza compresa tra 1,5-2 kW, con evaporazione diretta del fluido di lavoro nel campo solare. Riportano un rendimento medio complessivo solar-to-electric del 3,2% nel caso di collettori piani e del 4,2% con collettori a tubi evacuati con temperature massime di evaporazione pari a 100°C e 115°C rispettivamente. La versatilità dei moduli solari ORC su taglie maggiori e per una produzione centralizzata su larga scala è dimostrata da Canada et al [20] in cui viene riportata una analisi dell’impianto ORC a collettori parabolici lineari in costruzione in Arizona nel 2004. Il sistema solare ORC fornisce una potenza elettrica netta di 1 MW, con n-pentano a 22,3 bar e 204°C in ingresso alla turbina. Gli autori riportano una efficienza del ciclo ORC al punto di progetto pari a 0,207 e un rendimento globale di conversione di 0,121.

(34)

34 Figura 15: impianto ORC solare e impianto ORC-CHP a biomasse

Biomasse

A partire dagli anni 2000 in Europa c’è stata una larga diffusione di impianti ORC ad alta temperatura in accoppiamento alla combustione della biomassa solida e per lo più in configurazione cogenerativa. In generale questi impianti si compongono di una caldaia per la combustione della biomassa solida, di un modulo di potenza ORC e di un circuito intermedio a olio diatermico che offre i seguenti vantaggi: (i) mantiene la pressione in caldaia a valori prossimi alla pressione atmosferica; (ii) ha una minore sensibilità alle variazioni di carico improvvise per via della maggiore inerzia termica del fluido termovettore. Per quanto riguarda i parametri operativi, i sistemi ORC alimentati a biomassa sono molto diversi dalle altre applicazioni ORC soprattutto per quanto riguarda la temperatura massima del ciclo che in numerose applicazioni raggiunge valori prossimi ai 900°C (compatibilmente con i limiti di stabilità chimica del fluido operativo). Questo consente di avere temperature di condensazione dell’ordine dei 100°C e la possibilità di configurazioni cogenerative. Gli impianti ORC-CHP a biomassa in taglie di media potenza (100-1500 kW) hanno raggiunto una certa maturità tecnologica a differenza degli impianti di scala domestica per i quali la fattibilità economica non è ancora provata. Sebbene siano stati installati un centinaio di impianti di questo tipo in tutto il mondo, in letteratura i dati tecnici sugli impianti esistenti sono molto scarsi. Analisi dettagliate sono disponibili per due impianti austriaci dimostrativi, l’Admont CHP (400 kWe) e il Lienz (1000 kWe). In particolare quest’ultimo alimenta una rete di teleriscaldamento per 60000 MWh/anno e ha una produzione di energia elettrica pari a 7200 MWh/anno, con un rendimento del ciclo pari al 18% e un coefficiente di utilizzazione globale dell’energia pari all’82% [14].

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35 Le applicazioni ORC sono state sperimentate come soluzioni per il recupero dell’energia termica da processi industriali che coinvolgono reazioni di combustione e da motori a combustione interna (dai fumi e dal circuito di raffreddamento) [15]. La temperatura del flusso termico disponibile per il recupero è il parametro essenziale che determina l’efficienza e il design del processo; le applicazioni riportate in letteratura sfruttano sorgenti con temperature comprese tra 200°C - 650°C. L’industria del cemento è attualmente il settore industriale con le maggiori potenzialità, in quanto consente il recupero di una quantità di energia pari al 40% dell’input energetico dai gas esausti e dall’aria calda usata per il raffreddamento dei clinker; a seconda della configurazione dell’impianto, i flussi termici di scarto sono disponibili a temperature comprese tra 215°C e 380°C. Sfruttando questo calore in moduli ORC è possibile coprire per il 10-20% i consumi di energia elettrica richiesti dal processo, come risulta da impianti testati in Giappone, Cina e India [21].

Per quanto riguarda il recupero del calore di scarto dai motori a combustione interna, è necessario fare una distinzione tra motori per applicazioni stazionarie e quelli per la mobilità. Nel primo caso, poiché la sorgente termica non presenta grosse fluttuazioni, i moduli ORC sono analoghi a quelli visti per altre fonti; in particolare quando i gas esausti hanno un elevato livello termico, il sistema ha le caratteristiche viste per i sistemi alimentati a biomassa solida, mentre per il recupero termico a temperature inferiori (ad esempio dal circuito di raffreddamento) il sistema è paragonabile a quello visto per il solare. Lombardi et al [22] propongono l’analisi di varie configurazioni ORC a valle di diversi motori stazionari in commercio e riportano un incremento della potenza e del rendimento complessivo rispettivamente del 13% e del 4,7% con ORC rigenerato rispetto al caso senza recupero termico. L’analisi termodinamica di differenti soluzioni ORC per il recupero termico da un motore stazionario di 3 MW è presentata anche da Vaja e Gambarotta [23]; per diversi fluidi di lavoro le soluzioni studiate dimostrano che il ciclo semplice con due livelli di recupero termico (preriscaldamento mediante il circuito dell’acqua e evaporazione mediante scambio termico con i gas esausti) fornisce lo stesso incremento dell’efficienza ottenibile da un ciclo ORC rigenerato con recupero dai soli gas esausti (5% in più rispetto al caso senza recupero), ma la prima soluzione risulta migliore in quanto consente un migliore utilizzo della sorgente termica.

Per quanto riguarda i motori a combustione interna destinati alla mobilità, il regime prevalentemente non stazionario di funzionamento determina notevoli fluttuazioni della sorgente termica e quindi una maggiore complessità progettuale del ciclo ORC per il recupero termico. In particolare, i moduli ORC per questa applicazioni devono risultare compatti e di

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36 peso ridotto per l’accoppiamento con motori di piccola taglia. Pertanto risulta attrattivo l’uso della tecnologia ORC su veicoli pesanti per via delle maggiori potenze, del maggior numero di ore di funzionamento annuali e della possibilità di sfruttare ingombri maggiori. Le prime ricerche in questo senso sono databili agli anni ’70, mentre attualmente l’interesse verso questa applicazione è stato catalizzato dalla Honda, che ha realizzato un prototipo di ORC rigenerato a valle di un motore per autotrazione, con un’efficienza globale incrementata dal 28,9% al 32,7%, alla velocità costante di 100 km/h. [9]

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