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L'evoluzione delle normative internazionali in tema di sicurezza: la ISO 45001-2017

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE

Corso di laurea magistrale in Comunicazione d’impresa e

Politica delle risorse umane

L’evoluzione delle normative internazionali in tema di sicurezza:

la ISO 45001-2017

Candidato Relatore

Aniello Bice Cozzolino

Chiar.mo Prof. Marco Giannini

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Indice

Introduzione

... 1

Capitolo I

L'evoluzione normativa in materia di sicurezza sul lavoro

1.1. I principi costituzionali in materia di sicurezza sul lavoro ... 4 1.2. La sicurezza sul lavoro nel codice civile: l'art. 2087 c.c. ... 13 1.3. L'evoluzione della responsabilità del datore di lavoro per la violazione delle

norme in materia di sicurezza sul lavoro: dal d.lgs. n. 626/1994 al Testo Unico per la

sicurezza sul lavoro ... 21

1.4. La responsabilità del lavoratore per la violazione della normativa in

materia di sicurezza sul lavoro ... 35

Capitolo II

I sistemi di gestione e i modelli organizzativi della sicurezza

sul lavoro

2.1. L'importanza dei modelli di gestione per la prevenzione in materia di

sicurezza sul lavoro ... 43 2.2. Lo standard OHSAS 18001 ... 52

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2.2.1. Identificazione dei pericoli e valutazione dei rischi ... 58

2.2.2. (segue) ... gestione della formazione e mansioni ... 60

2.2.3. (segue) ... la consultazione del personale e del loro rappresentante ... 63

2.2.4. (segue) ... individuazione e gestione delle emergenze ... 68

Capitolo III

La normativa ISO 45001-2017

3.1. Il ruolo dell'Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) ... 71

3.2. Il passaggio dal modello OHSAS 18001 al nuovo ISO 45001-2017 ... 74

3.3. Il contenuto del nuovo modello ISO 45001-2017 ... 83

3.4. Gli infortuni sul lavoro in Italia: i dati INAIL 2016 ... 89

Capitolo IV

La progettazione di un sistema di gestione della sicurezza e

della salute sul lavoro

4.1. Finalità del SGSL, politica aziendale e pianificazione ... 94

4.2. La struttura e l'organizzazione del sistema: il sistema di gestione ... 104

4.3. (segue) ... definizione dei compiti e delle responsabilità ... 105

(4)

4.5. (segue) ... formazione, addestramento, consapevolezza ... 109

4.6. (segue) ... comunicazione, flusso informativo e cooperazione ... 110

4.7. (segue) ... la documentazione ... 112

4.8. (segue) ... integrazione della salute e sicurezza nei processi aziendali e gestione operativa ... 113

4.9. Il monitoraggio del SGSL ... 115

Nota Bibliografica

... 118

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1

Introduzione

La sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro è un tema al quale è da sempre rivolta una particolare attenzione legislativa, finalizzata a tutelare in modo efficace la salute dei lavoratori e a prevenire possibili rischi legati alla prestazione di lavoro.

Il presente elaborato di tesi, dunque, ha per oggetto lo studio e l’analisi dell’evoluzione normativa in materia, focalizzandosi in particolar modo sul passaggio dallo standard OHSAS 18001 al nuovo modello ISO 45001-2017, destinato ad entrare in vigore in tempi brevi. In tal senso, se il legislatore si è sempre posto come obiettivo quello di stabilire regole, procedure e misure preventive da adottare per rendere più sicuri i luoghi di lavoro, quali essi siano, cercando di evitare o comunque ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori ai rischi legati all’attività lavorativa, gli aspetti più significativi della nuova norma consistono, invece, in una maggiore attenzione: per il contesto in cui opera l’organizzazione; per il sistema di valutazione dei rischi secondo un approccio “risk-based thinking”; per il top management in ottica di un maggior impegno nella gestione.

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2

Fatte queste premesse, l’auspicio è che il nuovo modello ISO 45001-2017 garantisca dei risultati addirittura superiori di quelli raggiunti dal vecchio standard, considerando che ne rappresenta una sua evoluzione che cerca di tenere maggiormente conto delle peculiarità aziendali.

Il presente lavoro di tesi si articola in quattro capitoli, di seguito riassunti brevemente.

Il primo capitolo, a carattere introduttivo, ripercorre i principi costituzionali e l'evoluzione normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, prendendo in considerazione principalmente l’art. 32 della Costituzione, l’art. 2087 del Codice Civile, il d.lgs. 626/1994 e il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Il secondo capitolo, invece, si sofferma sull’importanza dei modelli di organizzazione e gestione per la prevenzione in materia di sicurezza sul lavoro, tra cui rientra lo standard internazionale OHSAS 18001.

Il fulcro di tale lavoro è tuttavia il terzo capitolo in cui vengono presentate le principali novità che verranno introdotte dalla nuova normativa ISO 45001-2017, approvata Il 27 Gennaio 2018 e in attesa di pubblicazione, che, pur rappresentando una consequenziale prosecuzione del modello precedente, ne conterrà delle significative innovazioni.

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Il quarto ed ultimo capitolo dell'elaborato, infine, propone la costruzione di un sistema di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro, che ogni azienda potrebbe adottare tenendo conto delle singole specificità e peculiarità. Più nel dettaglio, vengono analizzate in modo specifico le diverse fasi in cui si articola il processo di costruzione di un sistema di gestione della salute e della sicurezza, partendo dalla definizione della struttura del sistema di gestione arrivando fino alla fase di monitoraggio e riesame dello stesso.

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Capitolo I

L'evoluzione normativa in materia di

sicurezza sul lavoro

Sommario: 1.1. I principi costituzionali in materia di sicurezza sul lavoro; 1.2. La sicurezza sul lavoro nel codice civile: l'art. 2087 c.c.; 1.3. L'evoluzione della responsabilità del datore di lavoro per la violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro: dal d.lgs. n. 626/1994 al Testo Unico per la sicurezza sul lavoro; 1.4. La responsabilità del lavoratore per la violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro

1.1. I principi costituzionali in materia di sicurezza

sul lavoro

La più importante disposizione costituzionale posta a presidio dell'integrità fisica e della vita umana in generale, quindi anche dei lavoratori, è indubbiamente costituita dall'art. 32 Cost.1, il

1 Secondo il quale «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto

dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

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5

quale, al primo comma, dispone che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». Anzitutto, va osservato che il diritto in esame è l'unico ad essere qualificato come "inviolabile" dalla Costituzione. Esso si sostanzia nel diritto all'integrità fisica e psichica, sia nel senso di poter avere trattamenti medici di prevenzione e cura sia nel senso di poter godere di un ambiente di vita nonché lavoro salubre2.

In tale disposizione sono enunciate due esigenze di tutela in quanto si cerca di contemperare il profilo individuale ed il profilo sociale del bene salute, per cui la prima cosa da individuare è se sia possibile pervenire ad un’armonizzazione delle due enunciate esigenze di tutela, considerando il diritto alla salute quale diritto della personalità nel quale si esprime per eccellenza la più generale ispirazione costituzionale di promozione della persona umana.

Occorre dunque analizzare la disposizione costituzionale e per prima cosa domandarsi cosa intenda l’accezione “salute” all’interno della stessa. Tra le varie soluzioni proposte dalla dottrina, possiamo ricordarne due.

2 Cfr. ampiamente sul tema M. LAI, Il diritto della sicurezza sul lavoro tra

conferme e sviluppo, Torino, 2017, p. 4 ss.; F. CACUCCI, Gli obblighi di sicurezza sul lavoro. Destinatari e soggetti tutelati, Vicalvi, 2015, specialmente p. 12 ss.

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Secondo un primo orientamento, poco condivisibile, la salute sarebbe da intendersi come uno «stato di benessere, fisico e morale, che proviene dall’equilibrio di tutti gli organi e di tutte le funzioni del corpo umano, tale da permettere il normale svolgimento, sotto un punto di vista biofisiologico, della vita umana in relazione alle diverse condizioni di ambiente nel quale l’uomo vive»3.

Si tratta di una definizione che offre sicuramente il vantaggio di consentire una dilatazione dell’orizzonte entro il quale pensare alla salute come dato giuridicamente rilevante, rispetto al mero ambito medico, senza tuttavia accentuarne l’aspetto strumentale.

Secondo un diverso orientamento, che proviene

dall'autorevole voce dell'Organizzazione mondiale della sanità, la salute è «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non consiste soltanto in un’assenza di malattia o di infermità»4.

L'accezione della salute nella Costituzione è coerente con l'interpretazione datane dall'Organizzazione mondiale della sanità. Infatti, l'accezione costituzionale della salute è molto

3 C. LEGA, Il diritto alla salute in un sistema di sicurezza sociale, Roma,

1952, p. 54.

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ampia in quanto si estende anche alla prevenzione della malattia ed alla promozione di un più generale benessere psicofisico della persona.

Questa interpretazione ricomprende, finendo per assorbirla, l'accezione di salute propria del diritto penale, il quale si limita ad intendere la salute come assenza di malattia e cioè come integrità fisica e psichica della persona (situazione complessiva di benessere psicofisico di ogni singolo individuo, tenuto conto della specifica situazione personale e sociale dello stesso)5.

Dunque la salute è costituzionalmente intesa come attributo dell’essere umano e quindi della sua personalità, presupposto essenziale perché questa possa dispiegarsi e realizzarsi. Si tratta, pertanto, di un bene il cui godimento deve essere protetto e garantito all’individuo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità, e quindi anche nell'ambiente di lavoro.

In ragione di queste considerazioni, il diritto alla salute costituisce un diritto fondamentale e quindi inviolabile

5 Sulla nozione di salute all'interno della Costituzione italiano, si v. A.

SIMONCINI, E. LONGO, Commento all'art. 32 Cost., in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla Costituzione, Torino, 2006, p. 255 ss.

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dell'individuo, esplicazione della dignità della persona umana ed essenziale per il suo libero sviluppo.

Va segnalato, tuttavia, che questa accezione così ampia del diritto alla salute è una conquista affermatasi nel corso degli anni, in quanto, inizialmente, il diritto alla salute era considerato esclusivamente un diritto sociale, piuttosto che un diritto fondamentale dell'individuo6.

Solo grazie al superamento della tradizionale distinzione tra diritti di libertà civile e diritti sociali, è stato possibile valorizzare il diritto alla salute come diritto soggettivo ed in quanto tale garantito nella pretesa a che i terzi, soggetti sia di rapporti di diritto privato che di diritto pubblico, si astengano da qualunque comportamento che possa pregiudicarlo. Ciò ovviamente, come si vedrà, ha influenzato la legislazione lavoristica in materia.

Altra previsione che rileva è l'art. 35, primo comma, Cost., secondo cui «la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni». Tale disposizione tutela non solo il lavoro subordinato, ma anche il lavoro autonomo, ed in generale

6 Cfr. sul punto L. MONTUSCHI, Art. 32, primo comma, Cost., in A.

SCIALOJA, G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1976, p. 146 ss.

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qualunque forma di lavoro che venga posta in essere, a prescindere dalle modalità7.

Infine, ma non ultimo, è da evidenziare l'art. 41 Cost. il quale recita in questi termini: «L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».

La libertà di iniziativa economica privata, prevista all’art. 41, primo comma, Cost., rientra a pieno titolo nella c.d. costituzione economica. In proposito va osservato che un primo problema riguarda le attività tutelate dalla disposizione costituzionale: secondo un primo orientamento8, «la libertà di

iniziativa economica privata si riferirebbe soltanto all’esercizio di un’attività imprenditoriale», laddove, secondo un orientamento diverso, ripreso dalla giurisprudenza costituzionale, essa comprenderebbe anche altre attività economiche, «tra cui la stessa autonomia contrattuale, con

7 Corte Cost., 27 giugno 1984, n. 180; Corte Cost., 26 luglio 1988, n. 880,

entrambe in www.giurcost.org.

8 Cfr. M. DELSIGNORE, Il contingentamento dell'iniziativa economica

privata. Il caso non unico delle farmacie aperte al pubblico, Milano, 2011, p. 47.

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l’eccezione del lavoro (subordinato e/o autonomo), la cui tutela andrebbe cercata in altre disposizioni costituzionali (artt. 4 e 35 ss. Cost.)»9.

Un orientamento ulteriore, infine, partendo da altre pronunce della Corte Costituzionale, estende questa libertà «anche ad ogni attività da cui possa derivare un vantaggio economico per chi la svolge, ivi compreso il lavoro subordinato e/o l’esercizio di una professione»10.

Oltre a ciò, altra questione è se l’iniziativa economica privata costituisca un diritto o, se, piuttosto, in ragione degli incisivi limiti a cui è sottoposta dallo stesso art. 41, secondo comma, Cost. (ossia che non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale né recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana; inoltre, la legge può determinare i programmi e i controlli per indirizzarla e coordinarla a fini sociali), rappresenti un mero interesse, o addirittura una funzione, come, ad esempio riferisce Mortati.

La Corte Costituzionale, tuttavia, non ha fatto propria quest'ultima tesi, aderendo, piuttosto, all'orientamento intermedio, osservando che il legislatore non potrebbe

9 Cfr. G. PALMIERI, La tutela penale della libertà di iniziativa economica,

Milano, 2013, p. 67 ss.

10 M. BIANCHINI,La contrattazione d'impresa tra autonomia contrattuale e

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comprimere la libertà di iniziativa economica privata fino a renderla vuota ed inutile11.

Alla luce dell'art. 41 Cost., «la salute, quale fondamentale diritto del lavoratore ed interesse della collettività, non può essere considerata un mero auspicio o una fase tendenziale dell'organizzazione produttiva, ma di quest'ultima costituisce una precisa condizione di esercizio. Nella dialettica, propria delle relazioni industriali, tra logica produttivistica ed esigenze di tutela del lavoro è dunque la salvaguardia dell'integrità psico-fisica dei lavoratori a rappresentare il momento privilegiato, non potendo il datore di lavoro invocare l'art.41, Cost. per giustificare scelte organizzative che possano mettere a repentaglio la sicurezza dei propri dipendenti o collaboratori»12.

In tale contesto «la protezione della salute dei lavoratori va considerata non come un elemento a sé stante, subordinato e conseguente alle scelte tecniche ed organizzative, ma come un momento tipico, ordinario dell’organizzazione dell’attività produttiva. Ne deriva, quale necessario, un approccio integrato e globale alla conoscenza, al controllo ed alla limitazione dei

11 Cfr. Corte Cost., 14 giugno 2008, n. 69, in www.giurcost.org.

12 M. LAI, Sicurezza sul lavoro e Costituzione, in www.lombardia.cisl.it., 16

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rischi, mediante il legame tra prevenzione tecnica, prevenzione organizzativa e prevenzione sanitaria, nella realtà spesso frammentate»13.

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1.2. La sicurezza sul lavoro nel codice civile: l'art.

2087 c.c.

Oltre i principi costituzionali, il codice civile tutela la sicurezza sul posto di lavoro: l'art. 2087 c.c., in particolare, dispone che «l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».

Come è stato osservato da attenta dottrina, «è noto il ruolo determinante che, nella costruzione storica del diritto del lavoro, ha assunto il rilievo della “persona” del lavoratore14.

Rilievo che emerge per la contrapposizione tra autorità e libertà immanente nella struttura stessa del rapporto di lavoro, al cui interno vengono esercitati i poteri direttivo, di vigilanza e disciplinare del datore. Inoltre, alla subordinazione tecnica, così intesa, si affianca quella socio economica determinata dalla mancanza, presso il prestatore subordinato, di una propria organizzazione, con conseguente natura strettamente personale del lavoro»15.

14 Cfr. L. MONTUSCHI, Problemi del danno alla persona nel rapporto di

lavoro, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 1994, p. 317 ss.

15 In tal senso R. CASILLO, La dignità nel rapporto di lavoro, in WPCSDLE

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In tale prospettiva, ai fini della tutela della dignità e della integrità del lavoratore, rileva il summenzionato art. 2087 c.c., obbligazione specificativa della correttezza nell’esecuzione della prestazione, a tutela della sfera giuridica della persona del lavoratore che col datore viene a contatto nell’esecuzione della sua obbligazione. Destinataria di tale obbligazione è la tutela della integrità fisica e morale del lavoratore nella sua interezza, che il datore di lavoro deve cercare di garantire in tutti i modi, in attuazione della tutela della personalità umana di cui all’art. 2 Cost., in senso generale, e agli artt. 13 e seguenti Cost. in senso particolare16.

Va segnalato, poi, che l’integrità fisica si ricollega al diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost., altro diritto fondamentale cui è stato ricollegato l’art. 2087 c.c. per pretendere l’adempimento, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo di garantire una integrità fisica e morale ai lavoratori. Sull’obbligo codicistico «si è fondata la responsabilità del datore nei casi di demansionamento illegittimo, di mobbing, di molestie sessuali,

ed effetti del contratto di lavoro, Napoli, 1974, p. 77 ss. L. MENGONI, L'enciclica «Laboremexercens» e la cultura industriale, in Giornale di diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 1982, p. 598 ss.

16 Cfr. P. TULLINI, Mobbing e rapporto di lavoro: una fattispecie emergente

di danno alla persona, in Rivista di diritto del lavoro, 2000, p. 251 ss.; R. SCOGNAMIGLIO, A proposito del mobbing, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 2004, p. 496 ss.

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di trasferimenti illegittimi, di licenziamenti ingiustificati o ingiuriosi, di discriminazioni ingiustificate, assumendo il bene immateriale della persona come riassuntivo di ogni diritto fondamentale, nella specie quelli di libertà. Ed infatti, la sua lesione è stata colta in ogni atto datoriale produttivo di alterazione negativa degli aspetti della persona esulanti dalla sua fisicità e costituzionalmente qualificati, in via espressa o inespressa, quali beni costitutivi della personalità: l’immagine, l’onore, la reputazione, la professionalità, la riservatezza, la libertà di pensiero, la libertà sessuale, religiosa, la salute psichica, ecc. Ne è risultato un concetto di personalità morale ampio e generico, indifferenziato dal coacervo di diritti fondamentali la cui compressione pure è elemento connaturato alla struttura del rapporto di lavoro»17.

La cultura lavoristica, «che per prima è stata capace di far germinare nell’ordinamento giuridico un’idea dell’uomo non circoscritta all’avere, ma estesa all’essere della persona, ha incontrato difficoltà, o ha rivelato, quanto meno, un certo

17 Cfr. in tal senso R. CASILLO, La dignità nel rapporto di lavoro, cit., p. 8.

Cfr. anche J.R. LAMAS, Diritti fondamentali e contratto di lavoro, in Argomenti di diritto del lavoro, 2, 2004, p. 443 ss.; L. MONTUSCHI, Diritto alla salute e organizzazione del lavoro, Milano, 1989, p. 75 ss.

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imbarazzo, nel tematizzare la problematica dei danni alla persona del lavoratore»18.

Va segnalato, in proposito, che «per più di un ventennio la dottrina non è, infatti, intervenuta intorno al dibattito sviluppatosi sulla categoria del danno biologico, forse perché impegnata a fronteggiare la lettura meramente risarcitoria che la giurisprudenza offriva dell’art. 2087 cod. civ. Successivamente, sono stati accolti ed utilizzati i risultati e gli esiti dell’intenso ed articolato dibattito sviluppatosi tra gli studiosi della responsabilità civile. Nell’ambito lavoristico, si è registrata sia la tendenza allo scivolamento verso il danno normativo, sia la tendenza verso la eccessiva proliferazione di fattispecie giustificative e di effetti sanzionatori»19.

Gli studiosi del diritto del lavoro hanno di frequente deciso di ricorrere ad una trasposizione delle categorie civilistiche

18 R. DEL PUNTA, Diritti della persona e contratto di lavoro, in Giornale di

diritto del lavoro e delle relazioni industriali, 2006, p. 195. Cfr. sul tema anche P. ALBI, Il diritto all’integrità psico-fisica e alla personalità morale, in M. BARBIERI, F. MACARIO, G. TRISORIO LIUZZI (a cura di), La tutela in forma specifica dei diritti nel rapporto di lavoro. Atti del Convegno. Foggia, 14-15 novembre 2003, Milano, 2004, p. 277; P. ALBI, L’obbligo di sicurezza del datore di lavoro tra inadempimento e danno, in Danno e responsabilità, 2004, p. 60.

19 C. DI CARLUCCIO, La costruzione del sistema di risarcimento del danno

alla persona tra istanze di compensazione e rischi di overcompensation, in WPCSDLE Massimo D’Antona, 56, 2007, p. 20.

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all’interno del diritto del lavoro, senza dare luogo a particolare accorgimenti, mostrando, anzi, finanche una certa approssimazione, mentre avrebbe fatto bene a fare una «adeguata riflessione sui termini e contenuti del dibattito civilistico»20.

L’art. 2087 c.c.21, infatti, che dispone l’obbligo dell’imprenditore

di tutelare l’integrità psico-fisica e morale del lavoratore, atteggiandosi come disposizione aperta ed elastica, pare essere idonea a tutelare i lavoratori in ogni ipotesi di minaccia alla salute, purché venga utilizzata in maniera corretta. Tuttavia, di frequente è accaduto che i sindacati abbiano abusato dell’art. 2087 c.c. e del correlato art. 9 dello Statuto dei lavoratori, in quanto proiettano in una dimensione collettiva il diritto alla salute, trasformandolo in una vera e propria “merce di scambio” per operazioni contrattuali di altro tipo.

La dottrina, in proposito, in maniera molto critica ha osservato che «il fallimento del disegno prevenzionale dipende in larga

20 M. LANOTTE, Il danno alla persona nel rapporto di lavoro, Torino, 1998,

p. 136 ss. Contra C. SORGI, Il danno alla persona: cronaca di una morte mancata, in Lavoro e giurisprudenza, 2004, p. 1130,

21 Cfr., sul punto, P. CENDON, Art. 2087 c.c. Tutela delle condizioni di

lavoro, in ID. (a cura di), Commentario al codice civile. Artt. 2060-2134, Milano, 2009, p. 257 ss.; A. PADULA, Tutela civile e penale della sicurezza sul lavoro4, Padova, 2010, p. 106 ss.

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misura dalla spaccatura creatasi fra teoria ed esperienza: al ruolo riconosciuto in astratto dall’art. 2087 c.c. si è contrapposto, infatti, il rifiuto a trarne i corollari sub specie di un progressivo e continuo adattamento del sistema sia alle esigenze imposte dalle nuove e più perfezionate tecnologie sia agli strumenti e ai mezzi indicati come i più idonei dalla esperienza e dalla tecnica»22.

Dinanzi ad un flop così evidente dell’esperienza applicativa collettiva del dovere di sicurezza, la dottrina23 ha tentato di

rendere più saldi i profili individuali del diritto alla salute evocati dall’art. 2087 c.c., riconducendo la disposizione all’interno del rapporto contrattuale, ricavandone in tal modo l’esistenza di una primaria posizione giuridica soggettiva creditoria in capo al lavoratore, che ha, dunque, un vero e proprio diritto alla tutela della propria integrità psico-fisica e morale sul luogo di lavoro. In tal modo, pertanto, il lavoratore, da un lato, è in diritto di pretendere l’adempimento del datore circa la necessità di lavorare in condizioni di sicurezza, dall’altro lato può rifiutarsi di effettuare la propria prestazione lavorativa in condizioni di insicurezza, senza subire, per tale ragione, alcuna sfavorevole

22 L. MONTUSCHI, Problemi del danno alla persona nel rapporto di lavoro,

cit., p. 199.

23 In tal senso G. LOY, Capacità fisica e rapporto di lavoro, Milano, 1993, p.

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conseguenza giuridica. In tale prospettiva, il dovere di sicurezza assume connotazioni pubblicistiche, anche in virtù della sua connessione con l’art. 32 Cost.

L’art. 2087 c.c., pertanto, potrebbe costituire, atteggiandosi come norma di chiusura di immediato valore precettivo, un baluardo a tutela dell’integrità psico-fisica e della dignità del lavoratore, al cospetto di qualunque minaccia alla salute del lavoratore. Nella prassi, tuttavia, il ricorso all’art. 2087 c.c. è stato effettuato esclusivamente in un’ottica risarcitoria e punitiva ex post, una volta, cioè, che già si è verificata la lesione all’integrità psico-fisica del lavoratore24. Raramente,

infatti, è stato utilizzato dai singoli lavoratori per pretendere, in via preventiva, l’adempimento dell’obbligo di sicurezza del datore di lavoro.

L’interpretazione dell’art. 2087 c.c., in definitiva, risulta coerente con l’evoluzione in senso positivo della funzione del risarcimento del danno con l’emersione di nuovi valori protetti costituzionalmente, ed ha quindi consentito l’esplicarsi di una tutela non solo indirizzata a compensare un fatto illecito già prodottasi, ma anche a prevenirne o a ridurne la commissione per il futuro attraverso lo strumento coercitivo indiretto

24 Cfr. P. PASCUCCI, La tutela della salute e della sicurezza sul lavoro,

Roma, 2014, p. 66 ss.; L. STILO, Sicurezza sul lavoro e tutela della salute, Milano, 2007, p. 88 ss.

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dell’obbligazione di sicurezza rappresentato dal versamento dei danni biologici, morale ed esistenziali25.

25 Cfr. F. BASENGHI, E. GOLZIO, A. ZINI, La prevenzione dei rischi e la

tutela della salute in azienda, Milano, 2009, p. 12 ss.; A. CARDONE, I profili costituzionali della sicurezza sul lavoro, in B. DEIDDA, A. GARGANI (a cura di), Reati contro la salute e la dignità del lavoratore, Torino, 2012, p. 15 ss.

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1.3. L'evoluzione della responsabilità del datore di

lavoro per la violazione delle norme in materia di

sicurezza sul lavoro: dal d.lgs. n. 626/1994 al

Testo Unico per la sicurezza sul lavoro

Sotto l'influenza comunitaria, il legislatore è intervenuto in materia di sicurezza del lavoro nella prima metà degli anni novanta del secolo scorso, con il d.lgs. 19 settembre 1994, n. 62626, il quale ha innovato in maniera significativa la tematica

che fino a quel momento era ancora fondata esclusivamente sull'art. 2087 c.c. e sulle disposizioni degli anni cinquanta del Novecento.

A partire da questa riforma, infatti, il legislatore, preso atto del fallimento della precedente politica in materia, che era sostanzialmente fondata in misura quasi esclusiva sulla previsione, in capo al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, di una serie di adempimenti specifici predeterminati e sanzionati in maniera rigida, ha deciso di affrontare la tematica della

26 Tra i contributi più significativi che hanno affrontato la tematica della

sicurezza del lavoro a seguito dell'emanazione della riforma del 1994 si v., in particolare, L. GALANTINO (a cura di), La sicurezza del lavoro, Milano, 1996; L. MONTUSCHI, Ambiente, salute e sicurezza, Milano, 1997; G. FERRARO, M. LAMBERTI, La sicurezza del lavoro nel nuovo decreto attuativo delle direttive CEE, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 1995, p. 477 ss.

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sicurezza in una prospettiva del tutto diversa, finalizzata ad una valutazione complessiva della situazione all'interno dell'azienda e richiedente l'apporto di tutti i soggetti che a vario titolo vi partecipino, primi fra tutti i lavoratori27.

In particolare, dal d.lgs. n. 626/1994 emerge in maniera assai chiara la volontà del legislatore di favorire, ai fini della sicurezza del lavoro, una partecipazione basata su due livelli, quello sindacale o collettivo e quello individuale. In tale prospettiva, un rilievo essenziale viene assunto dalla nuova figura del rappresentante per la sicurezza, cui l'ordinamento riconosce una serie di prerogative28.

Nella stessa direzione del d.lgs. n. 626/1994 si muove anche il d.lgs. n. 81/2008. Esso delinea un modello di sicurezza che si basa sulla valorizzazione del lavoratore nell'ambito del sistema della sicurezza, e tale modello appare coerente con le caratteristiche delle moderne organizzazioni produttive, e anzi, forse, in esse trova la sua ragion d'essere29.

27 In tal senso si v. A. PADULA, Tutela civile e penale della sicurezza sul

lavoro, Padova, 1998, p. 44 ss.; F. CERVETTI SPRIANO, La nuova normativa di sicurezza sul lavoro, Milano, 1996, p. 21 s.

28 Sulla figura del rappresentante per la sicurezza si v. F. BASENGHI, La

ripartizione intersoggettiva degli obblighi prevenzionistici del nuovo quadro legale, in L. GALANTINI (a cura di), La sicurezza del lavoro, cit., p. 113 ss.

29 Per quanto concerne il nesso esistente tra l'evoluzione delle

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23

Lo iato tra il sistema delineato a partire dagli anni novanta del secolo scorso e quello che era maturato a partire dagli anni cinquanta è di tutta evidenza. Il vecchio modello, infatti, era imperniato quasi esclusivamente sul principio del comando e del controllo, secondo il quale la legge dettava una serie di misure prescrittive ed il datore di lavoro aveva semplicemente il compito di predisporle e di controllare che fossero eseguite. Si tratta di un sistema che si adattava perfettamente al modello di produzione tayloristico, prevalente in quegli anni, il quale imponeva una serie di posizioni professionali standardizzate con modalità vincolate di esecuzione del lavoro; inoltre, tale tipologia di organizzazione della sicurezza si adattava perfettamente alla struttura dell'impresa di quell'epoca, estremamente verticistica e gerarchizzata.

Tuttavia, a seguito dell'avvento delle nuove tecnologie, la modalità di svolgimento dell'organizzazione del lavoro è mutata in maniera sensibile, rendendo possibile l'automatizzazione di una buona parte delle fasi della

particolare riguardo al ruolo dei lavoratori, si v. F. FOCARETA, La sicurezza sul lavoro dopo il decreto legislativo n. 626 del 1994, in Diritto delle relazioni industriali 1, 1995, p. 8 s.

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produzione ed eliminando, in tal modo, le mansioni maggiormente ripetitive e dequalificate30.

Questo mutamento nell'organizzazione aziendale non poteva non influenzare anche il sistema della sicurezza e, in generale, posizione e compiti del lavoratore. Gli effetti di tale mutamento sono assai evidenti anche a livello lessicale: l'art. 4, lett. c), del d.p.r. n. 547/1955, infatti, prevedeva l'obbligo di esigere che il lavoratore osservasse in maniera scrupolosa tutte le norme in materia di sicurezza; diversamente, invece, sia il d.lgs. n. 626/1994 che il d.lgs. n. 81/2008 prevedono che il datore deve richiedere l'osservanza di queste disposizioni.

Il nuovo sistema, dunque, nel recepire i mutamenti e le trasformazioni delle realtà produttive, assegna, giustamente, al lavoratore una funzione attiva nella realizzazione della

30 Cfr. sul punto F. CERVETTI SPRIANO, La nuova normativa di sicurezza

sul lavoro, cit., p. 40; M.T. SPADAFORA, Prime considerazioni sulla attuazione delle direttive comunitarie in tema di sicurezza e salute dei lavoratori, in Diritto del lavoro, 1995, p. 84 ss.

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sicurezza, ponendo a sua carico una quota degli obblighi previsti a livello di sicurezza sul lavoro31.

Rispetto al periodo precedente, si è assistito ad una vera e propria «rivoluzione copernicana, non tanto sul piano dei principi fondanti il sistema (tutele per così dire "astratte") quanto su quello delle tecniche di prevenzione (tutele per così dire "concrete")»32. La produzione legislativa successiva al

1990, culminata, nel nuovo secolo, con l'emanazione del Codice in materia di sicurezza dei lavoratori, si distingue nettamente dalla precedente sul piano qualitativo prima che quantitativo.

Sul piano qualitativo, in particolare, ciò è dovuto all'ovvia evoluzione delle conoscenze tecnico-scientifiche, corrispondente a quella dell'organizzazione della produzione e del lavoro, anche se con ciò non si vuole negare l'indubbio

31 Cfr. sul punto A. ANTONUCCI, Il campo di applicazione oggettivo e

soggettivo della nuova normativa in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, in Diritto delle relazioni industriali, 2008, p. 451 ss. Si v. anche P. PASCUCCI, Dopo la legge n. 123 del 2007. Prime osservazioni sul Titolo I del d.lgs. 9 aprile del 2008, n. 81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in WP C.S.D.L.E Massimo D'Antona, 73, 2008.

32 G. NATULLO, Il quadro normativo dal Codice civile al Codice della

sicurezza sul lavoro. Dalla massima sicurezza possibile alla massima sicurezza effettivamente applicata?, in I Working Papers di Olympus, 39, 2014, p. 15.

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merito della primigenia produzione legislativa, che, in un'ottica di prevenzione, era finalmente riuscita «a superare la logica, puramente assistenziale e risarcitoria, di "monetizzazione" del rischio tipica del sistema della assicurazione infortuni sul lavoro»33.

In particolare, a seguito dell'entrata in vigore del Testo Unico in materia di lavoro, «il sistema di prevenzione in azienda è inscindibilmente connesso al complessivo modello organizzativo aziendale, e tutte le sue componenti – soggetti, competenze, funzioni, controlli, responsabilità, sanzioni – devono essere inserite in un assetto organizzativo esplicitato e rispondere a criteri di razionalità organizzativa, efficienza ed efficacia. Ciò, oltre a rendere meno onerosa e più agevole la prevenzione in azienda, ed a fornire un indubbio ausilio anche in termini di facilitazione dei controlli esterni ad opera degli organi pubblici di vigilanza, diventa un decisivo elemento di valutazione della “colpa” penale, ai sensi dell’art. 300 d.lgs. n. 81/2008»34.

La contrattazione collettiva, dunque, così come i lavoratori, è oggi investita di un ruolo di primo piano in materia di sicurezza,

33 Ivi, p. 16.

34 G. NATULLO, "Nuovi" contenuti della contrattazione collettiva,

organizzazione del lavoro e tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, I Working Papers di Olympus, 5, 2012, p. 8.

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27

soprattutto dal punto di vista della prevenzione. Solo una piena sinergia tra i rappresentanti dei lavoratori e i datori di lavoro, e, in generale, tra tutti coloro che si trovano all'interno dell'azienda, può contribuire alla creazione di un ambiente di lavoro sicuro.

Pare evidente che la contrattazione collettiva, dopo una iniziale incomprensione della nuova normativa, si sia messa progressivamente "in pari" con il nuovo corso del legislatore in materia di sicurezza e salute sul lavoro, responsabilizzando i lavoratori.

Va segnalato, in conclusione di questa panoramica sull'evoluzione legislativa in materia di sicurezza sul lavoro, anche la recente modifica in materia di controlli a distanza del datore di lavoro posta in essere attraverso la legge delega 10 dicembre 2014, n. 183 (segnatamente all’art. 1, comma 7, lettera c), cui è stata poi data attuazione, sul punto, con il d.lgs. 14 settembre 2015, n. 15135.

Come è stato osservato, «per cogliere la portata e la ratio delle modifiche è opportuno ricordare che sullo sfondo della riforma sta l’obiettivo generale del complessivo e strutturale riordino

35 Per un primo commento, in generale, sulla riforma, si rimanda a V.

SPEZIALE, Le politiche del lavoro del governo Renzi: il Jobs Act e la riforma dei contratti e di altre discipline del rapporto di lavoro. In Working Papers. Centre for the Study of European Labour Law Massimo D’Antona 233, 2004, p. 1 ss.

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28

del lavoro, noto come Jobs Act, della promozione del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato come la forma comune di rapporto di lavoro»36.

Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nell’idea della riforma, è da considerarsi uno strumento fondamentale per garantire una adeguata competitività alle imprese, e per tale ragione è stato reso più “attraente” e vantaggioso per i datori di lavoro, non solo mediante un significativo e temporaneo esonero contributivo per le nuove assunzioni37, ma anche ricorrendo a strumenti idonei a

rendere meno rigidi i vincoli di gestione della forza lavorativa, con una flessibilità non solo in ingresso ed in uscita, ma anche, se non soprattutto, nella gestione del rapporto di lavoro.

La ratio e le finalità della riforma, inoltre, sono ancora più chiare se si presta attenzione all’incipit del comma 7 dell’art. 1 della legge 10 dicembre 2014, n. 183, cd. legge di stabilità, secondo il quale è necessario rendere i contratti di lavoro

36 M. BROLLO, Disciplina delle mansioni, in F. CARINCI (diretto da),

Commento al d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo ius variandi, in Adapt Labour Studies, 48, 2015, p. 29.

37 Cfr., in proposito, l’art. 1, commi 118-121, della legge 23 dicembre 2014,

n. 190; l’esonero per le nuove assunzioni a tempo indeterminato è stato sostanzialmente confermato, sebbene con qualche piccolo ritocco, anche nella recentissima legge di stabilità, legge 30 dicembre 2015, n. 302.

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29

«maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo». La crisi economica e sociale, la globalizzazione, nonché le innovazioni tecnologiche ed organizzative che hanno prodotto cambiamenti repentini nell’attività industriale, hanno reso necessario agire nel senso della flessibilità e della velocità, al fine di assicurare uno slancio competitivo alle aziende38.

Chiarita sinteticamente la ratio del Jobs Act, per quanto concerne, nello specifico, la questione della sicurezza dei lavoratori, va segnalato che l'art. 4 dello Statuto dei lavoratori è stato riformulato in questi termini: «Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più

38 Sulle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro si v. F. SEGHEZZI, Le

grandi trasformazioni del lavoro, un tentativo di periodizzazione. Appunti per una ricerca, in WPCSDLE Massimo D’Antona, 169, 2015.

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30

rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. 3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196»39.

39 Il testo previgente era il seguente: «è vietato l'uso di impianti audiovisivi e

di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti. Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un

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31

Il legislatore, con tale riforma, ha preso atto del fatto che lo sviluppo delle tecnologie ha reso assai complessa l'applicazione di disposizioni emanate ormai quasi cinquant'anni orsono40. Si è osservato, in proposito, che «tali

nuove tecnologie hanno superato la distinzione concettuale, contenuta nell’art. 4 Stat. lav., tra strumento deputato al controllo e strumento di lavoro: gli strumenti sopra citati infatti, costituiscono nell’attuale sistema di organizzazione del lavoro “normali” strumenti per rendere la prestazione lavorativa, ma consentono al contempo un controllo continuo e capillare sull’attività del lavoratore»41.

Le modifiche legislative, dunque, sono finalizzate a rendere più agevole, per il datore di lavoro, il controllo sugli strumenti di lavoro, ed allo stesso tempo a bilanciare tale interesse del

anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti. Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale».

40 Per una disamina dettagliata della normativa previgente si v. A.

BELLAVISTA, Il controllo sui lavoratori, Torino, 1995, passim.

41 M.T. GOFFREDO, V. MELECA, Jobs Act e nuovi controlli a distanza, in

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32

datore di lavoro con quello del lavoratore a preservare la propria dignità e la propria privacy. Questa contrapposta esigenza, del resto, era già stata sottolineata dalla giurisprudenza, la quale, già prima della riforma, aveva osservato che «l’articolo 4 dello Statuto fa parte di quella complessa normativa diretta a contenere in vario modo le manifestazioni del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro che, per le modalità di attuazione incidenti nella sfera della persona, si ritengono lesive della dignità e della riservatezza del lavoratore (…) sul presupposto - espressamente precisato nella Relazione ministeriale - che la vigilanza sul lavoro, ancorché necessaria nell’organizzazione produttiva, vada mantenuta in una dimensione umana, e cioè non esasperata dall’uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua e anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro»42.

Analizzando nello specifico il contenuto della riforma, rispetto al testo previgente, il legislatore, per quello che rileva ai fini della nostra indagine, ha inserito una nuova causale di legittimità per l'installazione degli impianti audiovisivi e degli altri strumenti dai quali derivi anche solo la possibilità di un

42 Cass. civ., 17 giugno 2007, n. 15892, in Massimario della giustizia civile,

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33

controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Tale nuova causale consiste nella tutela e salvaguardia del patrimonio aziendale, che va ad aggiungersi a quelle già presenti nella formulazione originaria dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori, ossia le esigenze organizzative e produttive e la sicurezza del lavoro.

In concreto, la dottrina43 ha ipotizzato possano rientrare

nell'alveo applicativo della disposizione i seguenti strumenti: telecamere e webcam installate all’interno degli edifici lavorativi e loro eventuali pertinenze (ad esempio aree di parcheggio, garage) per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale che siano in condizione di riprendere l’attività dei lavoratori; sistemi di geolocalizzazione (navigazione satellitare e sistemi di antifurto satellitare) installati su veicoli utilizzati da più lavoratori; personal computers fissi e portatili e tablets utilizzati senza password da più lavoratori; telefoni cellulari (anche del tipo smartphone) utilizzati senza codici personali da più lavoratori centralino telefonico elettronico; registratori di cassa elettronici; software per controlli informatici.

43 In tal senso M.T. GOFFREDO, V. MELECA Jobs Act e nuovi controlli a

distanza, cit., p. 1898. Negli stessi termini si v. anche G. ZICCARDI, Controllo delle attività informatiche e telematiche del lavoratore: considerazioni informatico-giuridiche, in Argomenti di diritto del lavoro, 4, 2016, p. 574.

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34

In definitiva, la modifica dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori, se da un lato permette al datore di lavoro un controllo assai più penetrante ed efficace sui propri dipendenti, anche in tema di sicurezza, dall'altro lato dovrebbe essere finalizzata a precludere al datore di lavoro la possibilità di controllare i propri dipendenti per finalità che vadano oltre le causali previste dal legislatore, ossia le già menzionate esigenza di tutela del patrimonio aziendale, sicurezza del lavoro ed esigenze organizzative e produttive44.

Si vedrà, nel proseguo dell'indagine, come sono oggi organizzati i modelli gestionali in materia di sicurezza sul lavoro.

44 Sul punto si v. M.T. GOFFREDO, V. MELECA, Jobs Act e nuovi controlli

a distanza, cit., p. 1901, secondo il quale è opportuno ricercare «sempre un ragionevole equilibrio tra la tutela dei diritti e delle ragioni datoriali e la tutela dei diritti e delle ragioni del lavoratore, soprattutto in considerazione del fatto che le nuove tecnologie, sia hardware sia software, possono davvero realizzare un controllo rilevantissimo non solo sull’attività lavorativa, ma anche sulla vita privata del lavoratore».

(39)

35

1.4. La responsabilità del lavoratore per la

violazione della normativa in materia di sicurezza

sul lavoro

La tematica relativa alla sicurezza sul lavoro è sempre stata oggetto di studio, ma con particolare riguardo alla sfera del datore di lavoro, in ragione della sua posizione, essendo stato considerato (giustamente) il principale responsabile della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e, di conseguenza, il soggetto al quale imporre gli obblighi e le attività necessarie per la loro tutela45. Il punto di vista del lavoratore, invece, è

stato spesso trascurato e sottovalutato.

Una ricognizione «della complessiva evoluzione

giurisprudenziale del quadro normativo posto, nel nostro ordinamento, a presidio della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro, deve necessariamente distinguere due periodi, quello che va dal codice civile sino agli anni '90, e quello che va dai primi anni '90 sino ai giorni nostri, periodo nel quale, attraverso

45 Per un primo inquadramento della tematica si rinvia, nella copiosa

produzione scientifica, a G. BENEDETTI, Le responsabilità del datore di lavoro per gli infortuni, in Igiene e sicurezza del lavoro, 4, 2016; F. CACUCCI, Obblighi di sicurezza sul lavoro. Destinatari e soggetti tutelati, Vicalvi, 2015; M. CINELLI, "Salute" e "occupazione" nell'attuale quadro normativo del "Jobs Act": alcune considerazioni, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 3/1, 2015, p. 439 ss.

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36

il decisivo snodo della legislazione europea, il nostro sistema normativo (come quello degli altri Paesi membri dell'UE) è profondamente mutato a seguito dell'emanazione del d.lgs. n. 626/1994, prima, e del cd. Codice della sicurezza sul lavoro del 2008 (d.lgs. n. 81/2008), poi»46.

In particolare, pare opportuno chiarire il significato dell'obbligo di "prendersi cura" della propria sicurezza e della propria salute, nonché di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro sulle quali possono ricadere gli effetti delle sue azioni od omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e mezzi forniti dal datore di lavoro, di cui è gravato il lavoratore ai sensi del primo comma dell'art. 20 del. d.lgs. n. 81/2008.

Tale disposizione, dunque, prevede anzitutto un obbligo generale di ciascuno lavoratore in materia di salute e di sicurezza; tale obbligo opera anche nei confronti di tutti gli altri soggetti presenti sul luogo di lavoro. La disposizione, inoltre, indica espressamente i limiti della sua estensione.

46 G. NATULLO, Il quadro normativo dal Codice civile al Codice della

sicurezza sul lavoro. Dalla massima sicurezza possibile alla massima sicurezza effettivamente applicata?, in ID. (a cura di), Salute e sicurezza sul lavoro, Torino, 2015, p. 9 s.

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37

Tale obbligo era già previsto dall'art. 5 del d.lgs. n. 626/199447,

ed è stato confermato dal d.lgs. n. 81/2008. Esso costituisce la principale novità per quanto concerne la prestazione del lavoratore, ed ha un carattere prettamente individuale, nel contesto di un sistema di prevenzione di tipo prettamente soggettivo, fondato sulla partecipazione individuale dei singoli lavoratori.

Dal punto di vista contenutistico, la disposizione impone ai lavoratori un comportamento volutamente ampio, generico e coinvolgente, richiedendo una specifica attenzione affinché la loro condotta possa essere strumentale alla salvaguardia degli interessi da essa tutelali. Proprio tale carattere assai generico, ha indotto, invero, una parte della dottrina, a svilirne del tutto il significato, riducendolo a mera norma di principio priva di un reale contenuto precettivo48.

47 Per una analisi di tale obbligo nell'ambito della riforma del 1994 si v. M.

FRANCO, La responsabilità del datore e del prestatore di lavoro, in materia di sicurezza nel d.lgs. 19 settembre 1994 n. 626, in Rivista italiano di diritto del lavoro, 1996, p. 276 ss.; O. COLATO, La partecipazione responsabile dei lavoratori alla sicurezza, in Igiene, sicurezza e lavoro, 1997, p. 345 ss.

48 Cfr., in tal senso, V. COTTINELLI, Obblighi dei lavoratori in materia di

salute e di sicurezza: dall'art. 6 del d.p.r. 547 all'art. 5 del d.l. 626, in Dossier Ambiente 28, 1994, p. 127 ss. Questo contributo si riferisce al testo contenuto nell'art. 5 della riforma del 1994, ma essendo rimasto identico il contenuto nella riforma del 2008, è possibile analizzarla in questa sede.

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38

L'obbligo contenuto nella disposizione in esame, secondo questa impostazione, si risolverebbe in un mero e generico appello alla prudenza ed alla diligenza da parte del prestatore di lavoro nell'esecuzione della sua prestazione, non potendo, dunque, costituire il fulcro di un nuovo modo di intendere la sicurezza nel luogo di lavoro.

Questa impostazione è stata considerata non condivisibile dalla dottrina prevalente49, in quanto, anzitutto, contrasta in

maniera evidente con il tenore letterale della disposizione da cui emerge, in maniera piuttosto chiara, una nuova e generale posizione di vincolo del lavoratore in materia di sicurezza sul luogo di lavoro. In secondo luogo, essa parte principalmente dalla preoccupazione di evitare un abbassamento della protezione del lavoratore, attraverso uno spostamento di una parte degli obblighi dal datore al lavoratore.

In realtà, si tratta di un punto di vista errato. La responsabilizzazione della figura del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro, che emerge non solo dalla disposizione in esame ma, in generale, da tutto il nuovo impianto normativo costruito dalla riforma, non produce alcun ridimensionamento

49 Cfr., in tal senso, O. COLATO, La partecipazione responsabile dei

lavoratori alla sicurezza, cit., p. 347, il quale individua nel comma prima dell'art. 5 il perno attorno al quale viene a costituirsi un nuovo modello di lavoratore, da considerarsi ormai parte fondamentale di un sistema complessivo basato sulla partecipazione responsabile.

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39

degli obblighi di sicurezza del datore di lavoro, che rimangono tali ed anzi vengono ulteriormente rafforzati; piuttosto, tale disposizione è finalizzata, attraverso il coinvolgimento dei lavoratori, ad attivare uno dei pilastri su cui deve essere costruito un nuovo modello di prevenzione, basato proprio sulla partecipazione attiva e responsabile, nell'ambito delle proprie competenze, di tutti i soggetti che si trovano coinvolti nel processo produttivo50.

Va segnalato, ancora, che il legislatore, quando nel primo comma dell'art. 20 del d.lgs. n. 81/2008, utilizza l'espressione "prendersi cura" della propria salute e sicurezza, non fa riferimento esclusivamente ai comportamenti poi tipizzati nei commi successivi dello stesso articolo 20, ma prevede un obbligo di carattere generale a carico del lavoratore, dal contenuto ampio e non tipizzato, in forza del quale quest'ultimo, con riferimento alla formazione ricevuta, alle competenze possedute ed alle condizioni ambientali, deve porre in essere tutte le azioni ed i comportamenti idonei alla salvaguardia della salute e della sicurezza proprie ed altrui51.

50 In tal senso, con riferimento all'art. 5 del d.lgs. n. 626/1994, O. NICOLINI,

La normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: le novità del decreto legislativo n. 626/1994, in AA.VV., La salute e la sicurezza nel rapporto di lavoro bancario, Roma, 1996, p. 26 ss.

51 In tal senso si v. F. STOLFA, Obblighi e diritti dei lavoratori, in M.

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40

Per quanto concerne il dovere di prendersi cura della propria salute, va fatta una distinzione: per un verso, infatti, esso è certamente parte dell'obbligo di sicurezza nei confronti del datore di lavoro; per altro verso, invece, se valutato con esclusivo riferimento alla sfera giuridica del lavoratore, e quindi, al suo personale interesse alla salvaguardia della propria integrità fisica, può essere correttamente inquadrato nell'ambito della diversa prospettiva della tutela della salute considerata come bene giuridico di interesse generale.

In conclusione, va segnalata un'ultima questione, relativa alle altre persone di cui il lavoratore deve salvaguardare la salute nell'esecuzione della sua prestazione lavorativa. Il legislatore, infatti, utilizza una formula assai ampia, ragion per cui ci si chiede se essa comprende, oltre i colleghi, anche gli altri soggetti la cui presenza sul luogo di lavoro sia occasionale, o comunque non sia connessa ad un preesistente rapporto giuridico.

Milano, 2007, p. 254 ss. Cfr. anche M. FRANCO, Diritto alla salute e responsabilità civile del datore di lavoro, Milano, 1995, p. 271 ss.

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41

In proposito, parte della dottrina52 ha osservato che

l'espressione "altre persone presenti sul luogo di lavoro", essendo particolarmente ampia, non potrebbe essere ridotta ad un significato assai limitato, ossia quello di persone legate da un rapporto di lavoro in corso.

Invero, i timori di un eccessivo ampliamento del novero dei soggetti nei confronti dei quali il lavoratore si troverebbe obbligato al rispetto della normativa di sicurezza e, in particolare, all'osservanza del dovere di prendersi cura, possono essere agevolmente superati se si tiene conto del fatto che l'impegno dovuto dal lavoratore, anche se rivolto nei confronti di soggetti che si trovano solo occasionalmente sul posto di lavoro, è comunque limitato alla formazione, alle istruzioni ed ai mezzi forniti dal datore di lavoro medesimo53.

Interpretato in tal modo, pertanto, pur intendendo la formula del legislatore nel senso più ampio, come del resto lascia emergere il tenore letterale della disposizione, non vi è alcun

52 Cfr. M. FRANCO, La responsabilità del datore e del prestatore in materia

di sicurezza nel. d.lgs. 19 settembre 1994 n. 626, cit., p. 280 ss.; R. DEL PUNTA, Diritti e obblighi del lavoratore: informazione e formazione, in L. MONTUSCHI (a cura di), Ambiente, sicurezza e lavoro, cit., p. 280 ss.

53 Cfr. L. CAROLLO, Informazione e formazione dei lavoratori, in M.

TIRABOSCHI (a cura di), Il testo unico della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Commentario al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, Milano, 2008, p. 81 ss. Si v. anche F. D'AMORE, Formazione, informazione e addestramento, in Igiene, sicurezza e lavoro, 5, 2008, p. 272 ss.

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42

pericolo di gravare di eccessive responsabilità il lavoratore, in quanto questi sarà sempre e comunque responsabile per le proprie azioni in relazione alle competenze di cui è dotato, ragion per cui dovrà trattarsi di soggetti la cui tutela della salute e sicurezza rientra nelle tipologie di situazioni che il lavoratore è stato messo in grado di affrontare e governare. In definitiva, dopo il d.lgs. n. 81/2008, «il sistema di prevenzione in azienda è inscindibilmente connesso al complessivo modello organizzativo aziendale, e tutte le sue componenti, tra cui spiccano, finalmente, anche i lavoratori, non più meri soggetti passivi ma soggetti attivi, devono essere inseriti in un assetto organizzativo esplicitato, e rispondere a criteri di razionalità organizzativa, efficienza ed efficacia»54.

54 G. NATULLO, Il quadro normativo dal Codice civile al Codice della

sicurezza sul lavoro. Dalla massima sicurezza possibile alla massima sicurezza effettivamente applicata?, cit., p. 41.

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43

Capitolo II

I sistemi di gestione e i modelli

organizzativi della sicurezza sul lavoro

Sommario: 2.1. Premessa: la nuova responsabilità dell'ente nel d.lgs. n. 231/01: l'importanza dei modelli organizzativi con particolare riguardo ai modelli gestione per la prevenzione in materia di sicurezza sul lavoro; 2.2. Lo standard OHSAS 18001; 2.2.1. Identificazione dei pericoli e valutazione dei rischi; 2.2.2. (segue) ... gestione della formazione e mansioni; 2.2.3. (segue) ... la consultazione del personale e del loro rappresentante; 2.2.4. (segue) ... individuazione e gestione delle emergenze

2.1. Premessa: la nuova responsabilità dell'ente nel d.lgs. n. 231/01: l'importanza dei modelli organizzativi con particolare riguardo ai modelli gestione per la prevenzione in materia di sicurezza sul lavoro

L'ordinamento giuridico italiano è stato tradizionalmente caratterizzato dal noto brocardo "societas delinquere non

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44

giuridiche. Il principio in esame, in assenza di qualunque disposizione normativa che lo preveda espressamente, è stato ricavato dall'art. 27 Cost., il quale afferma il carattere personale della responsabilità penale55. Invero, lo stesso

codice penale sembra essere imperniato avendo come punto di riferimento un "delinquente" persona fisica, e non persona giuridica, come testimonia, ad esempio, la richiesta dell'elemento soggettivo del reato, da intendersi in termini di dolo o colpa, che necessariamente pare richiamare una persona fisica, dotata di "coscienza".

In diritto civile, invero, alle persone giuridiche viene normalmente riconosciuta una capacità giuridica, ma il diritto penale si atteggia in termini chiaramente diversi, in quanto è piuttosto arduo immaginare che l'ente possa manifestare una determinazione psichica criminosa, oppure, in caso di reati colposi, assumere un atteggiamento connotato da negligenza, imprudenza o imperizia, trattandosi di comportamenti che non possono che riguardare le persone fisiche.

Nel corso degli anni, tuttavia, l'irresponsabilità penale delle persone giuridiche è stata messa in discussione, soprattutto per due ragioni: in primo luogo, il diffondersi di veri e propri

55 In tal senso si v. A. TRAVERSI, S. GENNAI, Diritto penale commerciale,

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crimini di impresa; in secondo luogo, il processo di unificazione europea, anche nel diritto penale, ha imposto un ripensamento della normativa in materia, considerato che la maggior parte degli Stati europei presenta una disciplina normativa che prevede la responsabilità penale delle persone giuridiche. In realtà, soprattutto il primo elemento ha inciso: la criminalità organizzata, infatti, ma spesso anche la delinquenza "comune", si sono avvalse dello schermo delle persone giuridiche per ottenere l'impunità o, comunque, un carico sanzionatorio attenuato. Questo, come si vedrà, ha indotto il legislatore alla introduzione del d.lgs. n. 231/2001.

Il principale ostacolo alla possibilità di ammettere una responsabilità penale delle persone giuridiche, come già detto in precedenza, è sempre stato l'art. 27 Cost. il quale, al primo comma, sancisce il carattere "personale" della responsabilità penale, mentre al terzo comma, nel riferirsi alle pene, richiede che esse non siano disumane o comunque tali da precludere la rieducazione del condannato: da tale disposizione, pertanto, traspare il principio per cui la responsabilità penale non può riguardare le persone giuridiche.

Nell'attribuire carattere "personale" alla responsabilità penale, del resto, il Costituente, secondo quella che è stata

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