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Il profilo tromboelastografico nel paziente settico

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina

e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

IL PROFILO TROMBOELASTOGRAFICO NEL PAZIENTE

SETTICO

CANDIDATO

RELATORE

Irene Soldati Prof. Francesco Forfori

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2

Sommario

Riassunto . . . .4 Introduzione . . . 6

1. La sepsi

. . . .7 1.1. Introduzione . . . 7 1.2. Epidemiologia . . . .7 1.3. Definizioni . . . 9 1.4. Fattori di rischio . . . 11

1.5. Presentazione clinica e diagnosi . . . .11

1.6. Prognosi . . . 14

2. Patofisiologia della sepsi

. . . 15

2.1. Risposta normale all’infezione . . . .15

2.2. Transizione verso la sepsi . . . .18

2.3. Effetti sistemici della sepsi . . . .21

3. La coagulopatia nella sepsi.

. . . .27

3.1. Introduzione . . . 27

3.2. Anomalie della coagulazione associate alla sepsi . . . 29

3.3. Il ruolo dell’endotelio . . . .32

3.4. Il ruolo del sistema fibrinolitico . . . .32

3.5. Alterazioni della conta e della funzionalità piastrinica in corso di sepsi . . . .33

3.6. Opzioni terapeutiche per la coagulopatia settica . . . 36

4. Score prognostici utilizzati in terapia intensiva

. . . 37

4.1. Generalità . . . 37

4.2. SOFA score . . . .37

4.3. SAPS score . . . .40

5. La tromboelastografia

. . . .42

5.1. Generalità . . . .42

5.2. Descrizione della tecnica . . . .45

5.3. Differenze con i test classici della coagulazione . . . .52

5.4. Applicazioni cliniche . . . .53

(3)

3

6. Studio clinico

. . . 62 6.1. Obbiettivo . . . .62 6.2. Materiali e metodi . . . .62 6.2.1. Pazienti . . . .62 6.2.2. Tromboelastografia . . . 63 6.2.3. Analisi statistica . . . 63 6.3. Risultati . . . 64

6.3.1. Descrizione delle caratteristiche cliniche . . . 64

6.3.2. Descrizione delle variabili tromboelastografiche . . . .71

6.3.3. Confronto delle variabili cliniche . . . .81

6.3.4. Confronto delle variabili tromboelastografiche . . . 81

6.3.5. Analisi sequenziale del profilo tromboelastografico durante il decorso clinico . . . 85

6.4. Discussione . . . .90

7. Conclusione

. . . .97

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4

Riassunto

La sepsi è una condizione in cui, di frequente, si sviluppano anomalie del sistema della coagulazione, che possono manifestarsi a livello clinico in vari modi. La valutazione di queste alterazioni nel paziente settico tramite la Tromboelastografia (TEG), un test point-of-care eseguito al letto del paziente che fornisce informazioni dinamiche sui vari aspetti della coagulazione, è un ambito che negli ultimi anni ha destato interesse nelle Terapie Intensive. In particolare uno degli aspetti più interessanti sembra essere la possibilità di identificare delle alterazioni che possano predire precocemente l’outcome del paziente.

Lo scopo di questa tesi è analizzare i profili tromboelastografici di pazienti ammessi in Terapia Intensiva con diagnosi di sepsi o shock settico e verificare se le alterazioni riscontrate abbiano una correlazione con l’outcome del paziente.

Sono stati arruolati pazienti consecutivi ammessi presso il reparto di Anestesia e Rianimazione IV dell’AOUP tra Gennaio ed Agosto 2017 con diagnosi di sepsi o shock settico. In tutti i pazienti all’ammissione, oltre all’acquisizione dei dati clinici e strumentali relativi alla gravità della condizione clinica, è stata eseguita la TEG con il sistema analizzatore dell’emostasi TEG 5000 Thromboelastograph (Hemonetics Corporation, IL). I parametri del tromboelastogramma presi in considerazione per la valutazione sono stati R (reaction time), K (kinetics time), angolo α, MA (maximum amplitude), Ly30 e CI (clotting index).

I pazienti arruolati in totale sono stati 10, di cui 3 sono deceduti durante la degenza.

Dall’analisi dei dati nei due gruppi di pazienti, deceduti e sopravvissuti, è stato evidenziato che il parametro tromboelastografico che mostra una differenza statisticamente significativa è MA (maximum amplitude).

Dal momento che il campione preso in esame è di piccole dimensioni, abbiamo anche valutato la distribuzione dei dati tromboleastografici ottenuti utilizzando la mediana come cut-off; il risultato ha mostrato che nei pazienti deceduti i valori di MA, Ly30 e CI indicavano una maggiore tendenza all’ipocoagulabilità, indipendentemente dal loro valore assoluto.

(5)

5 Dei 4 pazienti in cui abbiamo ottenuto misurazioni consecutive, l’outcome avverso si è verificato nel paziente che ha mostrato una tendenza più spiccata allo sviluppo di ipocoagulabilità, in particolare in relazione al parametro CI.

I risultati ottenuti nel nostro studio indicano che bassi valori di MA all’ammissione, che è il parametro che rappresenta la massima ampiezza del coagulo, e tendenza all’ipocoagulabilità sono associati ad un outcome clinico avverso. Questi risultati sono in linea con le principali osservazioni presenti in letteratura sull’argomento. È necessario acquisire una casistica molto più vasta al fine di confermare le osservazioni iniziali e poter introdurre il test nella pratica clinica della valutazione del paziente settico.

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6

Introduzione

La sepsi è una condizione clinica grave caratterizzata da una modificazione dell’equilibrio di tutti i sistemi omeostatici dell’organismo. È la causa più frequente di morte nei pazienti ospedalizzati e, secondo alcuni autori, è una delle principali sfide del nostro secolo1

nell’ambito delle cure intensive. Le peculiarità di questa condizione patologica sono che la sepsi può colpire qualsiasi tipo di paziente indistintamente, sia sano in precedenza che più frequentemente affetto da un’altra comorbidità, e che la strategia terapeutica, che i clinici mettono in atto per il trattamento di questa condizione, non prevede farmaci altamente specifici, quanto piuttosto un intervento di supporto delle funzioni d’organo e la

somministrazione di liquidi e antibiotici. La sepsi è una condizione molto più complessa dal punto di vista fisiopatologico di quello che si riteneva inizialmente, e ci auspichiamo che la comprensione di questo aspetto sia la chiave per lo sviluppo di terapie target in futuro.

Infine gli elementi fisiopatologici e la combinazione di variabili che portano un paziente affetto da sepsi ad un outcome favorevole o meno non sono, ad oggi, del tutto compresi.

Per quanto riguarda le alterazioni del sistema coagulativo che si possono verificare in corso di sepsi, esse possono variare da una condizione di attivazione subclinica della

coagulazione fino a una CID conclamata.

Esse sono attualmente un elemento di forte interesse nell’ambito dello studio della sepsi, sia perché sono apparse essere più complesse dal punto di vista fisiopatologico di quanto inizialmente ipotizzato sia per la possibilità che, una piena comprensione del tipo e dell’entità delle disfunzioni, possa in futuro permettere di identificare gruppi di pazienti che beneficiano dal ricevere una terapia che modifica il sistema della coagulazione e di stratificarli in gruppi prognostici per adeguare l’entità dell’intervento terapeutico.

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1. La sepsi

1.1 Introduzione

La sepsi è una sindrome clinica caratterizzata da anomalie fisiologiche, biologiche e biochimiche, causate da una risposta infiammatoria deregolata nei confronti di un’infezione. È una delle patologie mediche meno comprese dal punto di vista

fisiopatologico2. Se non adeguatamente e prontamente diagnosticata e trattata, la sepsi conduce il paziente a shock, insufficienza multi-organo e morte. È una condizione clinica grave che rappresenta la risposta del paziente ad un’infezione ed ha un alto tasso di mortalità3.

La sepsi attualmente rimane la principale sfida nell’ambito della cura del paziente critico.

1.2 Epidemiologia

1.2.1 Incidenza

Si stima che vi siano più di 30 milioni di casi di sepsi all’anno nel mondo. L’incidenza aumenta del 9-13% ogni anno, mentre il tasso di mortalità si attesta intorno al 33-35%4.

Negli ultimi 40 anni l’incidenza della sepsi a livello mondiale è progressivamente e significativamente aumentata; tra le cause ipotizzate vi sono l’invecchiamento della popolazione, l’aumento del numero di pazienti immunosoppressi e l’aumento del numero di infezioni resistenti ai farmaci5. È inoltre possibile che una delle cause sia l’aumento del numero di diagnosi di sepsi in fase precoce, grazie alle numerose campagne di educazione e consapevolezza intraprese negli ultimi anni, anche se quest’ultima ipotesi non è ancora stata dimostrata.

L’incidenza varia tra i diversi gruppi etnici e sembra essere più elevata nei maschi Afro-Americani6; inoltre l’incidenza in generale è maggiore in inverno, probabilmente a causa dell’aumento del numero di infezioni respiratorie durante tale periodo.

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8 La maggior parte degli episodi di sepsi (60-85%) si verificano nei pazienti che hanno più di 65 anni; l’ipotesi è che, in associazione al progressivo invecchiamento della popolazione a livello mondiale, l’incidenza della sepsi continuerà ad aumentare nei prossimi anni6

.

1.2.2 Patogeni

I siti di infezione più frequenti sono polmoni (40%), addome (30%), e vie urinarie (10%). La sepsi può essere causata da batteri Gram positivi, Gram negativi o da infezioni

polimicrobiche7. Le infezioni da Gram negativi più frequentemente si verificano a partire dall’apparato respiratorio. Tra i batteri Gram positivi più frequentemente isolati vi sono Staphilococcus Aureus e Streptococcus Pneumoniae, mentre tra i Gram negativi

Escherichia Coli, Klebsiella, Pseudomonas Aeruginosa8. I Gram positivi inducono la sepsi tramite la secrezione di esotossine o il rilascio di componenti di membrana; i Gram

negativi invece causano la sepsi tramite il lipopolisaccaride di membrana (endotossina). Le tossine batteriche rivestono un ruolo centrale nella fisiopatologia della sepsi; la letteratura comunque illustra come la fisiopatologia della sepsi sia estremamente

complessa e non può essere di certo ricondotta all’azione di un singolo mediatore, via di trasduzione o sistema.

Per quanto riguarda i patogeni coinvolti, il peso di ciascuna classe di microorganismi nello sviluppo della sepsi ha subito delle modificazioni nel corso degli anni. Attualmente negli Stati Uniti i batteri più frequentemente isolati in corso di sepsi sono Gram positivi, anche se la quota di sepsi da Gram negativi rimane consistente. L’incidenza di sepsi fungine è aumentata nelle ultime decadi, ma rimane inferiore rispetto al numero delle sepsi batteriche6. In circa la metà dei casi di sepsi non si identifica alcun microorganismo; si parla quindi di sepsi a colture negative9.

1.2.3 Gravità della patologia

I dati attuali sembrerebbero mostrare che la gravità degli eventi di sepsi presenta un trend in aumento10.

In uno studio retrospettivo è emerso che il numero di sepsi in cui si è verificata almeno una disfunzione d’organo è aumentato in 10 anni dal 26 al 44%11

(9)

9 manifestazioni di disfunzione d’organo osservate sono state ARDS (acute respiratory distress syndrome), danno renale acuto e coagulazione intravascolare disseminata . Tuttavia ad oggi non è chiaro se questa tendenza all’aumento dell’incidenza di sepsi e shock settico riflette un aumento reale o dipende dalle modificazioni apportate negli ultimi 30 anni alle definizioni di sepsi e shock settico4.

1.3 Definizioni

Il termine sepsi comprende una serie di condizioni patologiche più o meno gravi dal punto di vista clinico, i cui estremi sono rappresentati dall’infezione non complicata con

batteriemia fino allo shock settico, disfunzione multi-organo (MODS) e morte. Le definizioni di sepsi e shock settico hanno subito notevoli cambiamenti a partire dai primi anni ’90 fino all’ultimo aggiornamento nel 201612-14

.

Secondo la terza definizione internazionale redatta dalla SCCM (Society Of Critical Care Medicine) e ESICM (European Society Of Intensive Care Medicine) la sepsi è una condizione in cui si verifica una disfunzione d’organo potenzialmente mortale causata da una disregolata risposta dell’ospite ad un’infezione13. Dal punto di vista operativo-clinico la disfunzione d’organo si identifica con una variazione di almeno 2 punti del SOFA (Sequential Organ Failure Assessment), che è associata ad una mortalità intra-ospedaliera superiore 10%.

Per shock settico si intende un sottoinsieme della sepsi in cui marcate alterazioni a carico del circolo, delle cellule e del metabolismo tissutale si associano ad un aumentato rischio di morte rispetto alla sepsi13; lo shock settico dal punto di vista fisiopatologico è uno shock distributivo o vasoplegico. Dal punto di vista clinico si parla di shock settico quando in un paziente in cui sono soddisfatti i criteri per la diagnosi di sepsi si rende necessario

l’utilizzo di vasopressori per mantenere la Pressione Arteriosa Media > 65 mmHg e i livelli di lattati sono superiori a 2 mmol/L, nonostante adeguata somministrazione di fluidi. La mortalità associata a questa condizione è superiore al 40%.

Gli autori propongono un elenco di segni e sintomi indicativi della presenza di una risposta infiammatoria sistemica provocata dalla presenza di un’infezione, che dovrebbero essere ricercati per la diagnosi precoce di sepsi (Fig. 1).

(10)

10 Figura 114. Segni e sintomi di sepsi secondo l’International Consensus Conference del

2001.

Queste definizioni non hanno un valore diagnostico in quanto non includono criteri specifici per la diagnosi di infezione. Inoltre è necessario sottolineare che queste

definizioni non sono universalmente accettate (il CMS continua a incoraggiare l’uso delle precedenti definizioni di SIRS, sepsi e sepsi severa).

Un aspetto di particolare importanza nella costruzione di questa nuova definizione riguarda il fatto che gli autori hanno voluto porre l’accento sul sistema immunitario dell’ospite, il cui ruolo è molto più complesso di quello ipotizzato inizialmente. In particolare i pazienti

(11)

11 settici mostrano contestualmente una forte attivazione del sistema immunitario e una massiva immunosoprressione15.

Uno dei limiti di queste definizioni, discusso dagli autori stessi, è che la definizione in sé non fornisce ai clinici indicazioni su come diagnosticare questa condizione di disfunzione d’organo associata alla sepsi, e distinguerla da altre condizioni cliniche analoghe non sepsi-correlate15.

Le differenze rispetto alle precedenti definizioni internazionali del 2001 riguardano vari aspetti.

Prima di tutto, il termine SIRS nelle nuove definizioni viene eliminato a causa della bassa specificità nell’individuare una condizione infettiva.

Inoltre nelle definizioni precedenti, con il termine sepsi si definisce una condizione associata di infezione e risposta infiammatoria sistemica mentre con il termine sepsi severa si intende la presenza di sepsi e disfunzione d’organo.

1.4 Fattori

di rischio

L’importanza dei fattori di rischio per lo sviluppo di sepsi è stata indagata da uno studio epidemiologico16; i fattori di rischio individuati sono:

 Ammissione in Terapia Intensiva  Batteriemia

 Età ≥ 65 anni

 Immunosoppressione  Diabete e neoplasia

 Polmonite acquisita in comunità  Precedente ospedalizzazione  Fattori genetici

1.5 Presentazione clinica e diagnosi

I pazienti con sepsi sospetta o documentata generalmente presentano dal punto di vista clinico ipotensione, tachicardia, febbre e leucocitosi. Se la gravità della condizione patologica peggiora possono comparire segni di shock, come cute fredda e cianosi, e di disfunzione d’organo, come oliguria, danno renale acuto, stato mentale alterato17

(12)

12 Segni e sintomi che si manifestano in corso di sepsi sono altamente aspecifici e molte altre condizioni critiche possono presentarsi a livello clinico in modo simile (ad esempio

pancreatite o ARDS).

Segni e sintomi di sepsi sono:

 Segni e sintomi relativi alla presenza di un’infezione in un determinato tessuto o organo.

 Ipotensione (Pressione arteriosa sistolica < 90 mmHg, Pressione arteriosa media < 70 mmHg, riduzione della Pressione arteriosa sistolica > 40 mmHg, Pressione arteriosa sistolica al di sotto di 2 deviazioni standard rispetto al valore normale in base all’età).  Temperatura > 38,3 °C o < 36° C.

 Frequenza cardiaca > 90 bpm o maggiore di due deviazioni standard rispetto al valore normale in base all’età.

 Tachipnea con frequenza respiratoria > 20 atti/minuto

 Segni di ipoperfusione d’organo: nelle fasi iniziali il paziente può presentare cute calda e arrossata, nelle fasi più avanzate la cute diventa fredda a causa del fatto che il flusso di sangue viene direzionato verso altri distretti per garantirne la perfusione; altri segni di ipoperfusione sono stato mentale alterato, ottundimento o agitazione, oliguria o anuria;

 Ileo paralitico

Questi reperti clinici ovviamente possono essere modificati dalla presenza di comorbidità o dai farmaci che assume il paziente.

I segni di laboratorio che si possono riscontrare sono:

 Leucocitosi (conta dei globuli bianchi > 12000 /mm3) o leucopenia (conta dei globuli bianchi < 4000/mm3)

 Conta dei globuli bianchi normale e presenza di più del 10% di forme immature  Iperglicemia in assenza di diabete (glicemia > 140 mg/dl)

 Valore di PCR (proteina C reattiva ) superiore a due deviazioni standard il valore normale

 Ipossiemia arteriosa (Pressione parziale di O2 arteriosa [PaO2] / Frazione di O2 inspirata

[FiO2] < 300)

 Oliguria (output urinario < 0,5 ml/kg/ora per almeno 2 ore nonostante adeguata reintegrazione di liquidi)

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13  Aumento della creatinina > 0,5 mg/dl

 Anomalie ai test della coagulazione (INR > 1,5 o aPTT > 60 secondi)  Trombocitopenia (conta piastrinica < 150000/mm3)

 Iperbilirubinemia (bilirubina > 4 mg/dl)

 Insufficienza surrenalica (esempio iponatremia, iperkalemia) e sindorme da bassa T3 o

del malato eutiroideo

 Aumento del livello dei lattati (al disopra dei limiti normali del laboratorio): l’aumento dei lattati (ad esempio > 2 mmol/L) può essere un segno di ipoperfusione tissutale in presenza o assenza di ipotensione ed è una componente importante della valutazione iniziale perché, se presente, è associato ad una prognosi peggiore17. Un valore di lattati > 4 mmol/L è compatibile, anche se non diagnostico, con la presenza di shock settico.  Valore di procalcitonina maggiore di due deviazioni standard il valore normale; infatti

livelli elevati di procalcitonina sono associati a infezione batterica e sepsi, anche se una meta-analisi recente ha dimostrato una specificità del 70% di questo marcatore nel distinguere tra una condizione di sepsi e infiammazione sistemica non settica18.

Il limite delle definizioni più recenti di sepsi e shock settico consiste nel fatto che non identificano con certezza i pazienti che sviluppano una disfunzione d’organo a causa di un’infezione. Per questo motivo la diagnosi di sepsi richiede la presenza di una serie di reperti clinici, laboratoristici, radiologici e microbiologici; si tratta di una diagnosi

condotta empiricamente al letto del paziente oppure effettuata retrospettivamente in base al risultato di esami colturali o quando si documenta una risposta clinica alla terapia

antibiotica.

Inoltre l’identificazione e l’isolamento del microrganismo responsabile non è un requisito fondamentale per la diagnosi, dal momento che in un’elevata percentuale di casi non si riesce ad ottenerlo. I motivi per cui in una elevata percentuale di casi non è possibile isolare, tramite adeguati esami colturali, l’agente eziologico dell’infezione sono vari, tra cui il momento scelto per effettuare le emocolture e l’interferenza della terapia antibiotica con il risultato degli esami. Nonostante questo, dal momento che l’identificazione del microorganismo responsabile permette di fare una terapia antibiotica mirata e più efficace, è necessario fare ogni sforzo clinico necessario per isolarlo e garantire le migliori chance terapeutiche.

(14)

14 A tal proposito per aumentare la probabilità di isolamento,le linee guida internazionali “Surviving sepsis Campaign” raccomandano di prelevare i campioni per effettuare le colture necessarie all’identificazione del microorganismo prima della somministrazione di farmaci antimicrobici17.

1.6 Prognosi

La sepsi è una condizione associata ad una elevata mortalità, in particolare il rischio è compreso tra il 10 e il 52%. La percentuale di mortalità aumenta con il progredire della gravità della sepsi19.

Secondo gli autori della terza definizione internazionale di sepsi la mortalità per sepsi è ≥ 10% mentre la mortalità per shock settico ≥ 40%13. Il tasso di mortalità è ridotto nei pazienti giovani (età < 44 anni) in assenza di comorbidità (10%)20.

Molti studi hanno riportato una tendenza al decremento della mortalità negli ultimi anni19,20. Da uno studio condotto in Australia e Nuova Zelanda sembra che la riduzione della mortalità non sia tanto dovuta all’aumento dell’identificazione precoce della sepsi quanto piuttosto al miglioramento delle strategie terapeutiche adottate20.

Nonostante un aumento della compliance della comunità scientifica alle linee guida per la gestione clinica della sepsi (anche note come sepsis bundles), tenendo anche conto della variabilità delle procedure messe in atto, non è ancora chiaro se effettivamente i bundles per il trattamento della sepsi migliorino la mortalità ad essa associata21,22.

(15)

15

2. Patofisiologia della sepsi

In presenza di un’infezione, la risposta dell’ospite consiste in un processo complesso il cui scopo è quello di localizzare e controllare l’invasione batterica e iniziare contemporaneamente il processo di riparazione delle cellule danneggiate. La risposta si concretizza nell’attivazione delle cellule fagocitiche circolanti e residenti nei tessuti e nella produzione di mediatori pro-infiammatori ed anti-infiammatori23.

La sepsi si verifica quando la risposta all’infezione diventa generalizzata e coinvolge anche altri tessuti lontani dal sito di infezione.

Secondo le attuali conoscenze riguardo la patogenesi della sepsi, uno dei momenti principali della patogenesi è l’interazione tra il sistema immunitario dell’ospite e i componenti dell’infezione a livello tissutale, cioè un momento precedente all’invasione del circolo da parte dei batteri. Infatti in realtà i meccanismi di risposta dell’ospite a livello tissutale differiscono da quelli presenti all’interno del sistema circolatorio, perché la difesa extravascolare viene esercitata prevalentemente dai leucociti, mentre quella intravascolare dagli eritrociti. Inoltre l’immunità innata si attiva già nello stadio di pre-sepsi e interferisce con lo studio dei meccanismi che si verificano in corso di sepsi vera e propria; per questo molti aspetti della patogenesi e patofisiologia della sepsi rimangono ad oggi poco chiari.3

2.1 Risposta normale all’infezione

La risposta dell’ospite all’infezione comincia quando le cellule dell’immunità innata, in particolare i macrofagi, riconoscono e legano alcune componenti microbiche. Questo si verifica coinvolgendo varie vie di trasduzione cellulari:

 I recettori PRR (pattern recognition receptor) sulla superficie delle cellule immunitarie dell’ospite riconoscono e legano i PAMPs (pathogen-associated molecular patterns) dei microorganismi.11

Esistono tre categorie di recettori PRR: toll-like receptor (TLR), recettori NOD (nucleotide–oligomerization domain) ricchi in residui di leucina e i RIG-I-like receptor.  I recettori PRR possono anche riconoscere segnali endogeni di pericolo, come le alarmine o DAMPs (danger-associated molecular patterns), che vengono rilasciati in corso di infiammazione. Con il termine DAMPs si indicano una serie di strutture

(16)

16 nucleari, citolpasmatiche o mitocondriali che acquisiscono nuove funzioni quando rilasciate nell’ambiente extracellulare; esempi sono HMGB1, proteine S100 e DNA mitocondriale24.

 I recettori TREM-1 (triggering receptor espresse on myeloid cell) e i recettori MDL-1 (myeloid DAP12-associating lectin receptor) presenti sulle cellule immunitarie dell’ospite potrebbero riconoscere e legare componenti microbiche25

.

Gli effetti conseguenti al legame tra i recettori delle cellule immunitarie dell’ospite ai componenti microbici sono:

 Il coinvolgimento dei recettori TLR provoca l’attivazione di una via di trasduzione cellulare mediata da NF-kB, il quale si sposta dal citoplasma al nucleo della cellula e legandosi a determinate sequenza di DNA induce la trascrizione di numerosi geni coinvolti nella risposta immunitaria, in particolare induce l’espressione di citochine pro-infiammatorie (TNF-α, IL-1), chemochine (ICAM-1 e VCAM-1) e NO.

 I leucociti polimorfonucleati (PMN) una volta attivati si trovano ad esprimere molecole di adesione che mediano i fenomeni di aggregazione e marginalizzazione all’endotelio vascolare, processo facilitato dal fatto che le cellule endoteliali esprimono molecole di adesione. Successivamente si verificano altri meccanismi che permettono ai PMN di migrare a livello del sito di infezione (rolling, adesione, diapedesi e chemiotassi)26. Il rilascio di mediatori a livello del sito di infezione è responsabile della comparsa dei segni clinici cardinali dell’infiammazione: calore ed eritema causati dalla vasodilatazione ed iperemia ed edema causato dall’aumento della permeabilità microvascolare.

Questo processo è fortemente regolato da una serie di mediatori pro-infiammatori ed anti-infiammatori secreti dai macrofagi, a loro volta stimolati ed attivati dall’invasione tissutale batterica:

 Mediatori pro-infiammatori: TNF-α e IL-1 sono citochine pro-infiammatorie importanti preposte ad un notevole numero di effetti biologici.

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17 Figura 223. Effetti biologici delle citochine pro-infiammatorie.

Il rilascio di TNF- α si auto mantiene (secrezione autocrina) mentre le citochine non-TNF (IL-1, IL-2, IL-6,IL-8,IL-10, PAF, interferone ed eicosanoidi) aumentano i livelli di altri mediatori per secrezione paracrina.

Questa moltitudine di mediatori provoca il reclutamento di altri polimorfo nucleati (PMN) e macrofagi,amplificando il processo infiammatorio.

 Mediatori anti-infiammatori: corrispondono alle citochine che inibiscono la produzione di TNF- α e IL-1. Questi mediatori sopprimono il sistema immunitario inibendo la produzione di citochine da parte delle cellule mononucleate e dai linfociti T-helper monociti-dipendenti. Comunque gli effetti di queste molecole potrebbero non essere esclusivamente anti-infiammatori; per esempio IL-10 e IL-6 hanno mostrato entrambe di aumentare la risposta B cellulare (proliferazione e secrezione di Ig) e di favorire lo sviluppo di linfociti T citotossici.

L’equilibrio tra mediatori pro-infiammatori ed anti-infiammatori è fondamentale per la regolazione del processo infiammatorio stesso, compresi i processi di adesione, chemiotassi, fagocitosi e uccisione dei batteri e fagocitosi dei detriti dei tessuti danneggiati. Se il processo è ben bilanciato e viene superata la fase di insulto infettivo, il processo si conclude con il ripristino di una condizione di omeostasi, che prevede la riparazione tissutale e la guarigione27.

(18)

18

2.2 Transizione verso la sepsi

La sepsi si verifica quando il rilascio di mediatori pro-infiammatori in risposta all’infezione non è limitata all’ambiente primitivamente coinvolto dall’infezione ma si configura come una risposta infiammatoria generalizzata.

Figura 323. Conseguenze sistemiche del rilascio di mediatori in corso di sepsi.

Il termine sepsi può essere riassunto dall’espressione “infiammazione intravascolare maligna”28

.

 Maligna perché è un processo incontrollato, non regolato e che si auto-mantiene.  Intravascolare perché i mediatori diffondono a livello sistemico attraverso il circolo a

differenza delle infezioni non complicate da sepsi in cui sono confinati all’interstizio tra le cellule del tessuto colpito dall’infezione.

 Infiammazione perché le caratteristiche cliniche della sepsi corrispondono ad un’esagerazione della normale risposta infiammatoria.

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19 Il motivo per cui in alcune condizioni un’infezione diffonde al di fuori del tessuto primitivamente colpito e causa una sepsi rimane attualmente incerto. L’ipotesi è che alla base risieda una condizione multifattoriale, che include gli effetti diretti provocati dal microrganismo coinvolto e dal rilascio di componenti tossiche, il rilascio di grandi quantità di mediatori infiammatori e l’attivazione del complemento. Inoltre sono stati individuate condizioni di suscettibilità genetica legate allo sviluppo di sepsi23.

Figura 423. Relazione tra livelli di endotossina e outcome nei pazienti con sepsi.

2.2.1 Effetti diretti e indiretti dei microorganismi

Le componenti della parete cellulare batterica (endotossina, peptidoglicano, muramil-dipeptide e acido lipoteicoico) e i prodotti batterici (enterotossina B stafilococcica, tossina della sindrome dello shock tossico, endotossina A di Pseudomonas, proteina M dello streptococco emolitico di gruppo A) possono contribuire alla progressione di un’infezione localizzata verso lo sviluppo della sepsi.

Le evidenze a supporto di questa affermazione riguardano l’attività e gli effetti provocati dall’endotossina, che è un lipopolisaccaride presente nella parete cellulare dei batteri Gram negativi23:

 È stata individuata la presenza di endotossina nel sangue di pazienti settici

 Livelli plasmatici elevati di endotossina sono stati associati allo sviluppo di shock e insufficienza multi-organo.

 L’infusione di endotossina in volontari sani riproduce molte delle caratteristiche fisiopatologiche tipiche della sepsi come l’attivazione del sistema del complemento, della coagulazione e della fibrinolisi; questi effetti provocano la formazione di trombi a livello del microcircolo e di mediatori vasoattivi, come la bradichinina.

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20

2.2.2 Eccesso di mediatori pro-infiammatori

Se in un paziente con un’infezione localizzata si verifica un massiccio rilascio di citochine infiammatorie e si riversano in circolo, si può sviluppare una sepsi.

Tra questi mediatori sono inclusi il TNF- α e IL-1, i cui livelli plasmatici aumentano precocemente per poi ridursi altrettanto precocemente fino a diventare indosabili23.

Entrambe queste citochine possono causare febbre, ipotensione, leucocitosi, induzione di altre citochine pro-infiammatorie, e la simultanea attivazione del sistema della cogulazione e della fibrinolisi.

Evidenze recenti indicano che il TNF-α ha un ruolo fondamentale nella fisiopatologia della sepsi. Secondo queste evidenze i livelli di TNF-α circolanti sono maggiori nei pazienti settici rispetto ai pazienti critici non settici, l’infusione di TNF-α in circolo produce sintomi compatibili con quelli osservati nei pazienti settici e la somministrazione di anticorpi anti-TNF-α protegge l’animale da esperimento dalla morte quando subisce un’infusione di endotossina.29

La presenza di alti livelli di TNF- α circolanti è causata in parte dal legame tra endotossina e LPS-binding protein e il successivo trasferimento del complesso al CD14 dei macrofagi, che stimola il rilascio di TNF- α30.

2.2.3 Attivazione del complemento

Il sistema del complemento è un sistema a cascata costituito da proteine il cui ruolo è quello di contribuire all’eliminazione dei patogeni dall’organismo.

Vi sono evidenze attualmente che l’attivazione del sistema del complemento rivesta un ruolo importante nella sepsi; soprattutto è stato evidenziato che l’inibizione della cascata del complemento riduce l’infiammazione e migliora il tasso di mortalità nei modelli di studio animali:

 In un modello murino di sepsi l’utilizzo di un antagonista del C5aR (recettore del frammento C5a) riduce mortalità, infiammazione e permeabilità vascolare31. Al contrario un aumento della produzione di C5a e dell’espressione del recettore aumentano il traffico dei neutrofili32.

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21  In molti modelli animali di sepsi (iniezione di LPS in topi e ratti, infusione di Escherichia Coli in cani e babbuini) la somministrazione di un inibitore del frammento C1 del complemento riduce mortalità, infiammazione e permeabilità vascolare33.

2.2.4 Suscettibilità genetica

Alcuni SNP (single nucleotide polimorfism) sono associati ad un aumentato rischio di sviluppare sepsi e ad un esito negativo; i geni coinvolti sono geni che codificano per citochine, recettori di superficie, ligandi di LPS, heat shock protein 70, enzima ACE, inibitore dell’attivatore del plasminogeno, caspasi-1234

.

2.3 Effetti sistemici della sepsi

Nel momento in cui la risposta immunitaria si attiva in modo generalizzato e sistemico, si può verificare un danno cellulare diffuso, che rappresenta l’evento precursore della disfunzione d’organo.

Tale fenomeno è stato identificato in studi autoptici di pazienti deceduti per sepsi dove è stata riscontrato danno cellulare diffuso a carico dell’endotelio e del parenchima di vari organi. Il meccanismo per cui tale danno si verifica non è al momento conosciuto; sono stati proposti per spiegare tale fenomeno alcuni meccanismi, tra cui ischemia tissutale (insufficiente apporto di ossigeno rispetto alla necessità della cellula), danno citopatico (danno cellulare diretto provocato dai mediatori infiammatori) e alterazione nei meccanismi di apoptosi cellulare.

2.3.1. Ischemia tissutale

In corso di sepsi si verifica un’alterazione del fenomeno di autoregolazione metabolica, ovvero il processo attraverso il quale la variazione della richiesta di ossigeno da parte dei tessuti, in base ai processi metabolici che svolge, è accoppiata ad una variazione della disponibilità e dell’apporto.

Inoltre si sviluppa frequentemente danno a carico dell’endotelio e del microcircolo, cui consegue una riduzione dell’area del circolo disponibile allo scambio di ossigeno, alterazione dell’ossigenazione del tessuto, ischemia e danno cellulare.

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22 Il danno al microcircolo può essere il risultato di uno squilibrio tra l’attivazione del sistema della coagulazione e della fibrinolisi, entrambi attivati durante la sepsi; il danno endoteliale invece può essere la conseguenza dell’interazione tra le cellule endoteliali e i polimorfonucleati attivati. L’adesione tra neutrofili e cellule endoteliali induce la secrezione di specie reattive dell’ossigeno, enzimi litici e sostanze vasoattive (NO, endotelina, fattore di crescita derivato dalle piastrine e PAF) nell’ambiente extracellulare, con danno sulle cellule endoteliali stesse. LPS in modo diretto provoca un’alterazione del citoscheletro delle cellule e della barriera endoteliale microvascolare attraverso diversi meccanismi35.

Un altro fattore che contribuisce all’ischemia tissutale è la perdita della capacità di deformarsi degli eritrociti al passaggio nei vasi di piccolo calibro. Questo provoca un’eterogeneità del flusso a livello dei tessuti e riduzione dell’apporto di ossigeno alle cellule.

2.3.2 Danno citopatico

Alla base della citotossicità osservata in corso di sepsi risiede la disfunzione mitocondriale, fenomeno che si verifica a causa di una serie di meccanismi, tra cui inibizione diretta della catena respiratoria, danno da stress ossidativo e infine rottura del DNA mitocondriale. Una serie di evidenze supportano questo fatto:

 Da studi su colture cellulari è emerso che l’endotossina, TNF-α, e NO causano distruzione e/o disfunzione della membrana mitocondriale interna e delle proteine della matrice mitocondriale e conseguente degenerazione dell’ultrastruttura mitocondriale. A queste modificazioni seguono nelle ore successive alterazioni misurabili a carico di altri organuli cellulari36. Il risultato finale è una compromissione della funzione di trasporto degli elettroni a livello della catena respiratoria dei mitocondri, metabolismo cellulare alterato e citotossicità.

 Vari studi con modelli animali hanno identificato una tensione di ossigeno normale o elevata all’interno dei tessuti in corso di sepsi, suggerendo una condizione di alterato utilizzo dell’ossigeno a livello mitocondriale.

La rilevanza clinica del dato della disfunzione mitocondriale nello shock settico è stato suggerito dai risultati di uno studio condotto su 28 pazienti settici sottoposti a biopsia del muscolo scheletrico entro 24 ore dall’ammissione in UTI37. Secondo questo studio la

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23 concentrazione di ATP (adenosina trifosfato) nel muscolo scheletrico, che rappresenta un marker di funzionalità della fosforilazione ossidativa mitocondriale, era significativamente più bassa nei 12 pazienti deceduti per sepsi rispetto ai 16 pazienti sopravvissuti alla fase acuta. Inoltre è stato anche evidenziata un’associazione tra iperproduzione di NO, deplezione di molecole antiossidanti e gravità dell’esito clinico.

In conclusione si può sostenere che il danno e morte cellulare che si verificano in corso di sepsi sono causate da una condizione di anossia istotossica, che corrisponde all’incapacità da parte di un tessuto di utilizzare l’ossigeno trasportato dal sangue.

I mitocondri possono riacquisire le loro funzioni mediante processo chiamato biogenesi. La biogenesi mitocondriale potrebbe quindi essere un importante target terapeutico in futuro, in quanto potenziare tale meccanismo potrebbe favorire una più rapida guarigione dalla disfunzione d’organo38

.

2.3.3 Apoptosi

Con il termine apoptosi (morte cellulare programmata) si intende un processo caratterizzato da una serie di modificazioni nella funzione e nella morfologia che conduce alla morte della cellula. Questo è il meccanismo principale tramite il quale si spenge l’infiammazione una volta che l’infezione si è risolta.

In corso di sepsi, le citochine pro-infiammatorie ritardano l’apoptosi dei macrofagi e dei neutrofili attivati, provocando un’amplificazione della risposta infiammatoria e contribuendo allo sviluppo della disfunzioni d’organo. Un altro evento che si verifica è la massiva apoptosi di linfociti e cellule dendritiche, che invece si traduce in una riduzione dell’efficienza del sistema immunitario e riduzione della clearance dei microrganismi patogeni. In particolare l’entità dell’apoptosi dei linfociti correla con la severità clinica della sepsi e il livello di immunosoppressione.

L’apoptosi coinvolge anche le cellule parenchimali, endoteliali e epiteliali. Vari esperimenti su modelli animali hanno dimostrato che inibire l’apoptosi cellulare diffusa protegge l’animale dalla disfunzione d’organo e dalla morte39

.

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24 Nei pazienti morti per sepsi in cui sono stati eseguiti analisi di microscopia elettronica e indagini immunoistochimiche per la ricerca di marcatori di morte cellulare, in realtà è stato osservato che la morte cellulare nella disfunzione cardiaca e renale indotta dalla sepsi è rara. Per di più l’entità del danno o morte cellulare non è rapportabile alla gravità della disfunzione40. La presenza di un sottile cambiamento nella morfologia mitocondriale suggerisce che la crisi energetica provocata dai mitocondri può essere coinvolta nella disfunzione d’organo anche in assenza di morte cellulare.

2.3.5 Immunosoppressione

Osservazioni cliniche e studi animali suggeriscono che ad una condizione iniziale di eccesso di infiammazione segua una fase di immunosoppressione. Da uno studio condotto rimuovendo milza e polmoni per effettuare la ricerca di cellule e marcatori del sistema immunitario in pazienti morti per sepsi è emerso che l’incapacità da parte delle cellule di secernere citochine pro-infiammatorie combinata all’aumentata espressione di recettori e ligandi ad azione inibitoria provochi a livello clinico una condizione di rilevante immunosoppressione41.

2.4 Effetti organo specifici

2.4.1 Sistema cardio-vascolare

La disfunzione circolatoria più grave che si manifesta è l’ipotensione, dovuta al massivo rilascio di mediatori vasoattivi che si verifica nel tentativo di aumentare l’apporto di ossigeno alle cellule dei tessuti e mantenere un adeguato metabolismo cellulare23.

I mediatori coinvolti sono la Prostaciclina e l’Ossido Nitrico (NO), prodotti dalle cellule endoteliali. In particolare livelli aumentati di NO in circolo compromettono l’autoregolazione metabolica del circolo a tutti i livelli e sembra anche che possa provocare un danno a livello del sistema nervoso autonomo23.

Un altro fattore che contribuisce al mantenimento della vasodilatazione è la compromissione della secrezione di vasopressina o ormone antidiuretico; questa ipotesi è supportata dai risultati di uno studio in cui è stato dimostrato che i livelli di vasopressina

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25 sono inferiori nei pazienti con shock settico rispetto a pazienti con shock cardiogeno, nonostante valori simili di Pressione Arteriosa.

L’ipotensione in corso di sepsi è dovuta anche alla redistribuzione dei liquidi intravascolari, a causa dell’aumento della permeabilità vascolare e alla riduzione del tono arteriolare con conseguente aumento della pressione a livello capillare.

Un altro evento fondamentale che colpisce il sistema cardio-vascolare è la depressione della funzione cardiaca, intesa sia come funzione sistolica e diastolica, anch’essa provocata dal rilascio di mediatori inibenti la funzionalità miocardica.

A livello dei vasi di piccola dimensione compare un’iporesponsività che compromette la regolazione del flusso diretto ai vari organi, in particolare alla redistribuzione verso gli organi nobili (cuore e SNC) quando il contenuto di ossigeno all’interno del sangue è ridotto.

L’ultima componente coinvolta è il microcircolo, colpito dalle alterazioni forse più importanti. Infatti il microcircolo va incontro ad una riduzione del numero di capillari funzionalmente validi a causa di vari fattori, ovvero compressione da parte dell’edema tissutale, rigonfiamento delle cellule endoteliali e ingombro del lume da parte di leucociti e eritrociti che perdono la capacità di deformarsi.

2.4.2 Apparato respiratorio

A livello polmonare, a causa delle modificazioni che colpiscono il microcircolo, si sviluppa un edema interstiziale e alveolare; la conseguenza fisiopatologica è un mismatch ventilazione-perfusione e lo sviluppo di ipossiemia. Dal punto di vista clinico questo fatto si può tradurre in una ARDS23.

2.4.3 Reni

I pazienti settici spesso sviluppano danno renale acuto.

Una della cause, anche se non l’unica, è l’ipoperfusione renale che si verifica a causa della disfunzione circolatoria; altre cause sono rappresentate dal danno tubulare acuto che si verifica per ipoperfusione e/o ipossiemia, ma anche dall’ipotensione sistemica, la vasocostrizione renale e dall’azione di alcuni dei mediatori rilasciati a livello sistemico. Comunque ci sono sempre più evidenze in letteratura che il danno renale non sia esclusivamente ascrivibile all’ipoperfusione, in quanto è stato dimostrato che il flusso di

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26 sangue nei vasi renali è normale o addirittura elevato e vi è una ridistribuzione del flusso dalla corticale verso la midollare del rene; si crea inoltre una condizione di disfunzione microcircolatoria che, insieme alle modificazioni macrovascolari, induce una risposta di adattamento da parte delle cellule tubulari renali, il cui ciclo si arresta a causa delle modificazioni metaboliche.

Se un paziente settico va incontro a un danno renale acuto, il rischio di morte è superiore rispetto a un paziente che non lo sviluppa23.

2.4.4 Fegato

La disfunzione epatica può compromettere l’eliminazione dell’endotossina proveniente dal distretto gastro-intestinale e delle molecole batteriche e favorire la diffusione di queste molecole tossiche a livello sistemico23.

2.4.5 Tratto GI

A livello gastro-intestinale la sepsi induce una modificazione della permeabilità della barriera, favorendo la traslocazione di batteri e endotossina dal lume dell’intestino alla circolazione portale; esiste inoltre in letteratura uno studio prospettico che ha dimostrato che l’aumento della permeabilità intestinale nei pazienti settici era un fattore predittivo dello sviluppo di disfunzione multi-organo23.

2.4.6 Sistema nervoso

Nei pazienti settici è frequente riscontrare complicazioni che coinvolgono il SNC, che si manifestano spesso prima delle insufficienze d’organo. La complicanza più frequente è un’alterazione del sensorio, ovvero un’encefalopatia, la cui patogenesi non è ben definita. La disfunzione che si verifica a carico del SNC è stata attribuita recentemente alle modificazioni metaboliche e della trasduzione cellulare a causa dei mediatori infiammatori. Inoltre sembra da dati recenti che il sistema parasimpatico sia coinvolto nel mantenimento della risposta infiammatoria in corso di sepsi; la stimolazione del nervo vago provoca durante una spesi provoca un aumento della secrezione di CRH, ACTH, e cortisolo; inoltre il tono parasimpatico modifica la termoregolazione.

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3. La coagulopatia nella sepsi

3.1 Introduzione

La sepsi è una condizione patologica dinamica e fortemente eterogenea risultante dalla complessa interazione che si verifica tra l’ospite e il patogeno responsabile.

Il sistema emostatico comprende la coagulazione e la fibrinolisi; i principali componenti del sistema sono piastrine, fattori della coagulazione e endotelio dei vasi del microcircolo. Negli stadi avanzati e gravi di sepsi si verificano marcate alterazioni del microcircolo che conducono a ipoperfusione e deplezione di ossigeno, direttamente correlati a disfunzione d’organo e morte del paziente42

.

Classicamente la coagulopatia settica è associata a infezioni da batteri Gram negativi, anche se può verificarsi anche in corso di infezioni da Gram positivi.43

Le alterazioni relative al sistema della coagulazione includono un ampio spettro di possibilità; i pazienti settici possono infatti essere caratterizzati da un profilo coagulativo normale, da una condizione di ipercoagulabilità e ipofibrinolisi, iperfibrinolisi ed infine da una condizione di ipocoagulabilità.

Lo stato di ipercoagulabilità determina la formazione di microtrombi a livello del microcircolo, che provocano occlusione vascolare e danno da ischemia-riperfusione, che esita in apoptosi cellulare. La comparsa dei microtrombi è considerata un elemento importante nel meccanismo di sviluppo del collasso del microcircolo e la disfunzione multi-organo.44

Nelle fasi tardive della sepsi si verifica un consumo incontrollato di piastrine e fattori della coagulazione che conduce ad uno stato di ipocoagulabilità. 45,46

Comunque è da tenere in conto che una qualche forma di coagulopatia è presente nella maggior parte della popolazione di pazienti settici; essa si estrinseca a livello clinico con varie condizioni, in un range di progressiva gravità che comprende ad un estremo una modesta trombocitopenia e all’altro la coagulazione intravascolare disseminata (CID).

L’attivazione del sistema della coagulazione in corso di sepsi avviene prevalentemente attraverso l’attivazione della via estrinseca. Il TF (tissue factor o fattore tissutale), che in condizioni normali non è espresso a livello del sistema vascolare, in presenza di vari stimoli rappresentati da endotossina, citochine e piastrine attivate media la formazione

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28 della trombina e, conseguentemente, del coagulo di fibrina.47 Si verifica inoltre anche una compromissione a carico dei meccanismi anticoagulanti, come l’antitrombina e la proteina C, con conseguente ipofibrinolisi, la quale risulterebbe essere un meccanismo importante alla base della comparsa dei microtrombi in circolo.

Un altro meccanismo, che si verifica quando la sepsi progredisce in termini di gravità, è la perdita della capacità di deformarsi da parte degli eritrociti al passaggio all’interno dei vasi del microcircolo. Quest’ultimo, insieme alla massiva formazione di piccoli coaguli nella microcircolazione, determina un’irregolarità nella perfusione capillare, che si può configurare come una perfusione intermittente o interrotta, la cui conseguenza ultima è la riduzione dell’estrazione dell’ossigeno dal sangue tipicamente osservata nella sepsi.42,48

Tuttavia, nonostante recentemente sia stato attribuito alla coagulopatia e alla formazione dei microtrombi un ruolo centrale nella progressione della sepsi dal punto di vista fisiopatologico, attualmente non si conoscono con esattezza l’entità e le conseguenze di tale fenomeno.49

Certo è, comunque, che nella sepsi il sistema della coagulazione, il sistema immunitario e l’infiammazione sono fortemente correlati tra loro.

In particolare l’attivazione del sistema coagulativo è il risultato di una combinazione di eventi, cioè dell’invasione de parte degli organismi patogeni e della risposta immunitaria-infiammatoria dell’ospite nei confronti dell’infezione. L’infiammazione e il sistema emostatico sono legati indissolubilmente tra di loro, in quanto ciascuno esercita un effetto di feedback positivo per l’attivazione dell’altro.50

Recentemente nella sepsi è stato identificato il fenomeno dell’immunotrombosi, che si verifica proprio per una condizione di cross signaling tra il sistema immunitario e il sistema della coagulazione; l’introduzione di questo termine nasce dall’esigenza di porre l’attenzione sul ruolo difensivo svolto dai processi trombotici nella fase precoce della sepsi. Con il termine immunotrombosi si identifica un tipo di risposta da parte del sistema immune in cui l’attivazione locale della coagulazione è fondamentale per facilitare il riconoscimento e la distruzione dei patogeni. Infatti la formazione di una modesta quantità di trombi a livello del circolo è protettiva nei confronti dell’ospite perché essi svolgono la funzione di intrappolare i batteri e prevenire la diffusione sistemica dell’infezione. 51

Tuttavia se il fenomeno appena descritto si verifica in maniera incontrollata può condurre allo sviluppo di una serie di complicanze durante il decorso della sepsi.

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3.2 Anomalie della coagulazione associate alla sepsi

I microrganismi e i loro derivati determinano i seguenti eventi: a. Espressione del fattore tissutale da parte dei monociti-macrofagi

b. Compromissione dei sistemi anticoagulanti fisiologici (antitrombina, proteina C, TFPI) per alterazione della funzione delle cellule endoteliali

c. L’iperproduzione di PAI-1 (inibitore dell’attivatore del plasminogeno-1) da parte delle cellule endoteliali e l’attivazione dell’inibitore della fibrinolisi attivabile dalla trombina (TAFI) mediata dalla trombina, che risultano nella soppressione dei meccanismi di fibrinolisi.

Emostasi e infiammazione sono strettamente correlate nel corso di un’infezione e si attivano l’una con l’altra. L’eliminazione del patogeno stesso dipende dalla modalità con cui si attivano i due sistemi.

In corso di sepsi l’equilibrio del sistema emostatico è sbilanciato verso una condizione di pro-coagulabilità.

L’attivazione della cascata coagulativa è mediata dall’espressione del TF da parte dei monociti-macrofagi e dalla presenza di microparticelle che esprimono TF provenienti da piastrine, monociti e macrofagi.50

L’interazione con i pathogen associated molecular pattern (PAMPs) e/o con i damage-associated molecular pattern (DAMPs) e i recettori PRR, TLR e quelli per il complemento, espressi da neutrofili e monociti, provocano l’attivazione di queste cellule. In particolare i recettori PRR attivano la cascata della coagulazione provocando un aumento della produzione di TF e compromettendo i meccanismi anticoagulanti e fibrinolitici.

Le microparticelle esprimenti il TF prodotte dalle piastrine, monociti e cellule endoteliali attivano la cascata della coagulazione e contestualmente determinano una riduzione acuta del TFPI circolante, che è una delle principali molecole deputate all’inibizione dell’attivazione della via estrinseca della coagulazione (la via che si attiva in seguito all’interazione tra TF e fattore VII).

Oltre ai PAMPs anche le alarmine (istoni, nucleosomi, HMGB1) che derivano dalle cellule

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30 La produzione di citochine come TNF-α, IL-1 e IL-6, provocata dall’iperespresisone del fattore tissutale, influisce inoltre sia sul danno endoteliale che sulla soppressione dei meccanismi anticoagulanti.

Infine il TF stimola l’attivazione delle vie di trasduzione coagulazione-indipendenti mediate dall’attivazione dei recettori PAR sulle cellule immunitarie; queste vie di trasduzione pro-infiammatorie o anti-infiammatorie sono preposte alla regolazione della migrazione, proliferazione e adesione all’endotelio delle cellule immunitarie (Fig. 5).

Figura 551. Coagulazione in sepsi e immunotrombosi. PAMPs e DAMPs stimolano

l’espressione di fattore tissutale (TF) da parte dei monociti e di neutrophil extracellular traps (NET) da parte dei neutrofili; questi ultimi favoriscono il binding e l’aggregazione piastrinica.

Il risultato dell’attivazione di questi numerosi processi è un’eccessiva formazione di trombina. La trombina è un importante agonista dell’aggregazione piastrinica mediata dall’attivazione dei recettori PAR-1, PAR-3 e PAR-4 espressi sulla loro superficie. L’attivazione delle piastrine accelera la formazione dei trombi.

L’espressione della P-selectina da parte delle piastrine aumenta l’espressione del fattore tissutale da parte dei monociti e favorisce l’adesione piastrinica ai leucociti e all’endotelio, creando un’ottima superficie per la generazione di trombina in circolo.50

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31 Il recettore TLR-4 espresso sulla superficie delle piastrine attivate si lega ai neutrofili e induce la produzione di Neutrophil extracellular trap (NET); i NET sono filamenti di materiale nucleare che comprendono DNA, istoni, elastasi e mieloperossidasi che hanno, da una parte, la capacità di intrappolare e neutralizzare microrganismi, dall’altra mostrano proprietà pro infiammatorie e protrombotiche. I NET attivano il fattore XII, inattivano il TFPI e favoriscono l’adesione e aggregazione piastrinica.52

Inoltre è stato dimostrato che i NET si intercalano nel coagulo di fibrina rendendolo resistente alla lisi.52

In conclusione, il fenomeno dell’immunotrombosi mediato dalla produzione del TF e dei NET da parte rispettivamente di piastrine e neutrofili, è determinante nella fase precoce della risposta immunitaria innata contro la diffusione dei batteri nell’organismo ospite, e facilita il riconoscimento e la distruzione dei patogeni; tuttavia se il fenomeno diventa incontrollato può portare allo sviluppo di una CID52 (Fig.2).

Figura 651. Immunotrombosi

In generale le anomalie del sistema emostatico che si riscontrano in corso di sepsi variano da una condizione di attivazione subclinica della coagulazione fino alla coagulazione intravascolare disseminata conclamata, caratterizzata da trombosi microvascolare diffusa, consumo di piastrine e fattori della coagulazione ed emorragie diffuse.

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3.3 Il ruolo dell’endotelio

L’endotelio vascolare è costituito da unno strato di cellule che svolgono numerose funzioni omeostatiche fisiologiche, incluse emostasi e infiammazione.

Nel corso di un’infezione grave le citochine pro-infiammatorie circolanti danneggiano l’endotelio, inducono apoptosi cellulare e facilitano l’attivazione della coagulazione. È stato proposto che l’endotelio possa rappresentare un sito primario di danno in corso di sepsi54 e che esso amplifichi la formazione dei microtrombi in circolo, la disfunzione circolatoria e d’organo ed eventualmente la morte.

L’Ossido Nitrico (NO) è una sostanza ad azione vasodilatante che partecipa alla regolazione del flusso sanguigno, prodotta in condizioni fisiologiche dalle cellule endoteliali attraverso l’enzima e-NOS (NO sintetasi endoteliale). Durante la sepsi, mediatori infiammatori come LPS e interleuchine attivano l’enzima i-NOS (NO sintetasi inducibile). Questo evento conduce ad una massiva vasodilatazione a cui consegue lo sviluppo di ipotensione 55. L’iperproduzione di NO correla con la gravità dell’outcome clinico.

Un altro meccanismo coinvolto nello sviluppo dell’ipotensione in corso di sepsi è la ridistribuzione dei liquidi dallo spazio intravascolare a quello extravascolare, dovuto all’aumento della permeabilità vascolare e alla riduzione del tono arterioso.

3.4 Il ruolo del sistema fibrinolitico

Il sistema fibrinolitico riveste un ruolo fondamentale nell’ambito del processo emostatico e la plasmina costituisce l’enzima chiave di tutto il processo.

La plasmina è prodotta a partire dal plasminogeno, che ne rappresenta il precursore inattivo, grazie all’azione di molecole come tPA (tissutal plasminogen activator) e uPA (urokinase plasminogen activator). Il principale inibitore di queste molecole è rappresentato da PAI-1 (plasminogen activator inhibitor 1).

Nella sepsi si verifica una compromissione della fibrinolisi a causa dell’aumento della concentrazione del PAI-1 nel plasma. Inoltre sembra che il sistema fibrinolitico sia anche coinvolto nella clearance dei patogeni. Questo risultato risulta in accordo con la teoria dell’immunotrombosi, secondo la quale la formazione di modeste quantità di trombi e

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33 coaguli in circolo è protettiva per l’ospite in quanto limita la diffusione di batteri e DAMPs e la progressione dell’infezione.

La condizione associata di ipercoagulabilità- ipofibrinolisi può essere considerata come un tentativo di compartimentalizzare il focus infettivo.

Addirittura Savioli et al. in uno studio del 2009 hanno dimostrato in un gruppo di pazienti affetti da sepsi severa o shock settico che sia la risposta infiammatoria che coagulativa non sono correlate con l’entità delle disfunzioni d’organo e l’outcome, mentre la condizione di inibizione della fibrinolisi è associata significativa morbidità e mortalità, nonostante sia stata osservata comunque solo in una parte dei pazienti in studio.56

I principali markers utilizzati per quantificare il processo di fibrinolisi sono PAI-1 (inibitore dell’attivatore del plasminogeno 1) e TAFI (inibitore della fibrinolisi attivabile dalla trombina). L’equilibrio tra concentrazione di tPA e PAI-1 regola l’attività fibrinolitica, così come l’equilibrio tra TAFI ed elastasi dei neutrofili. La compromissione del processo fibrinolitico deriva infatti dai cambiamenti dinamici che riguardano l’attività di queste molecole.57

In una fase di risposta precoce dell’ospite l’intrappolamento dei batteri da parte della rete di fibrina nel sito di infezione potrebbe limitarne la diffusione in circolo e nei tessuti circostanti, per cui la compromissione della fibrinolisi rivestirebbe un ruolo protettivo importante; tuttavia elevati livelli di PAI-1 e TAFI in pazienti settici, sono stati correlati allo sviluppo di disfunzione multi-organo ed è stato ipotizzato che possano avere ruolo di markers prognostici nello shock settico.

3.5 Alterazioni della conta e della funzionalità piastrinica in

corso di sepsi

Le piastrine hanno un ruolo chiave nella risposta immuno-infiammatoria all’infezione. Possono essere attivate dal platelet activating factor (PAF) e dalla trombina (attraverso l’attivazione di PAR-1, PAR-3 e PAR-4, recettori espressi sulla superficie piastrinica). Una volta attivate dalla trombina, le piastrine esprimono più di 300 proteine (chemochine, fattori mitogenici, proteine di adesione) che vengono secrete secondo vari pattern durante la fase di attivazione.58

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34 L’espressione da parte delle piastrine sulla propria superficie di selectina o la secrezione di selectina-P solubile incrementano l’espressione di TF dai monociti.

Il legame tra il recettore TREM-1 espresso dai neutrofili e il rispettivo ligando espresso dalle piastrine attivate determina un aumento del rilascio di citochine e chemochine da parte dei granulociti.

Le cellule endoteliali vengono attivate dalle microparticelle piastriniche contenenti CD40L e dalle micro particelle IL-1β positive, in seguito al quale evento secernono molecole di adesione e TF.58

Le piastrine attivate, tramite l’esposizione in superficie di fosfolipidi carichi negativamente che attivano le vie della coagulazione, amplificano la produzione di trombina. L’attivazione piastrinica che si verifica in corso di sepsi si traduce nell’attivazione di sTLT-1 (receptor espresse on myeloid cells-like tran script-1). Questa molecola sembra coinvolta nella regolazione dell’emostasi in corso di sepsi, infatti determina un incremento dell’aggregazione piastrinica tramite stimolazione per via autocrina.

Le piastrine potrebbero esercitare anche un effetto citotossico diretto mediato dal rilascio di granzima B e proteine antimicrobiche cationiche, mentre le microparticelle di derivazione piastrinica potrebbero esercitare un effetto citotossico in relazione al contenuto di superossido.

La condizione di trombocitopenia che si manifesta in corso di sepsi è un fattore di rischio noto di complicanze e mortalità; infatti è uno degli item valutati per il calcolo degli score di severità utilizzati a livello clinico per esprimere un giudizio prognostico come il sequential organ failure assessment (SOFA).59

Le cause alla base dello sviluppo della trombocitopenia sono:

 Soppressione della produzione di piastrine da parte dei mediatori infiammatori e all’emofagocitosi

 Consumo

 Sequestro nella milza e nel microcircolo

 Distruzione periferica causata dalla continua produzione di fibrina  Più frequentemente una combinazione di questi meccanismi.

In aggiunta ai meccanismi sopracitati, è stato ipotizzato che molti dei farmaci somministrati in UTI possano essere responsabili di indurre una condizione di

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35 trombocitopenia, mediante soppressione della produzione midollare e/o distruzione delle piastrine immuno-mediata.60

Una riduzione del 30% o più della conta piastrinica è un predittore indipendente di mortalità.

Le piastrine attivate subiscono una variazione di forma, passando da una forma discoide a una sferica, aumentano l’espressione di recettori come P-selectina, degranulano e si aggregano promuovendo la loro stessa adesione all’endotelio, altre piastrine e leucociti, determinando la produzione di NET.

In uno studio condotto da Reddi et al. 61 è stato individuato che una risposta di aggregazione piastrinica ridotta era associata a punteggi SOFA e APACHE II maggiori. Nei pazienti con shock settico, la risposta di aggregazione piastrinica all’ADP e all’acido arachidonico è inversamente correlata al punteggio SOFA e anche al punteggio APACHE II.

Davies et al.62 hanno dimostrato una riduzione dell’attività di aggregazione nei test di funzionalità piastrinica in un gruppo di pazienti con diagnosi di sepsi severa o shock settico se comparati a pazienti con SIRS o sepsi senza disfunzione d’organo.

Recentemente è stato individuato il ruolo delle piastrine nell’ambito della disfunzione endoteliale associata alla sepsi. I dati ottenuti dimostrano come i farmaci antiaggreganti possono modulare lo sviluppo della disfunzione d’organo nella sepsi, non solo grazie all’inibizione che esercitano sulla funzionalità delle piastrine ma anche grazie al fatto che impediscono che esse vadano ad interagire con le cellule endoteliali.63

In una popolazione eterogenea di pazienti ammessi in UTI, la mortalità64 e il rischio di sviluppare disfunzione multi-organo nel gruppo di pazienti che hanno ricevuto farmaci antiaggreganti sono risultati ridotti rispetto al gruppo che non ha ricevuto la terapia. Analogamente questo risultato è stato osservato in un gruppo di pazienti ammessi in UTI con diagnosi di shock settico.65

La condizione di ipocoagulazione si verifica tardivamente in corso di sepsi ed è attribuibile al consumo incontrollato di piastrine e fattori della coagulazione.

Frequentemente nei pazienti affetti da sepsi o shock settico si osserva una trombocitopenia (numero piastrine < 150 x 109/L), condizione che risulta associata ad una prolungata degenza in ospedale e riduzione del tasso di sopravvivenza. 66

(36)

36 L’incidenza di trombocitopenia nei pazienti settici è del 35-45%. Il 20-25% dei pazienti hanno una conta piastrinica < 100 x 109/L, mentre il 12-15% hanno una conta piastrinica < 50 x 109/L. Nella maggior parte dei casi la trombocitopenia si manifesta nei primi 4 giorni dall’ammissione in UTI.

Una conta piastrinica bassa potrebbe rappresentare un marker indiretto di attivazione del sistema immunitario o di infezione grave. Le piastrine hanno un ruolo importante nel mediare l’interazione tra coagulazione e infiammazione: infatti in presenza di un processo infettivo le piastrine si attivano rapidamente e vengono reclutate nel sito dell’infezione.67

Così un ridotto numero di piastrine può compromettere la clearance del processo infettivo, mentre un numero sufficiente di piastrine normo-funzionanti potrebbe migliorare la sopravvivenza del malato critico tramite una modificazione della funzionalità in senso positivo del sistema immunitario.68

3.6 Opzioni terapeutiche per la coagulopatia settica

Attualmente non è disponibile un trattamento farmacologico specifico per la coagulopatia settica. L’intervento terapeutico principale risiede nella terapia stessa della sepsi/shock settico.

Le linee guida della Surviving Sepsis Campaign raccomandano di istituire nel paziente settico una tromboprofilassi con ENF o EBPM.13

(37)

37

4. Score prognostici utilizzati in terapia intensiva

4.1 Generalità

Gli score predittivi o prognostici sono dei sistemi a punteggio per predire la mortalità dei pazienti ammessi in UTI, quindi una popolazione mista eterogenea di pazienti. Sono anche disponibili alcuni score creati appositamente per determinate categorie di pazienti, in ogni caso nessuno di essi è utile per predire l’outcome di un paziente con una specifica patologia.

Gli score disponibili, dal punto di vista dell’efficacia sono equivalenti tra loro, per cui la scelta di uno o dell’altro score nella pratica clinica è dettata dalle considerazioni relative a vantaggi e svantaggi offerti da ciascuno di loro.

4.2

SOFA score

Il SOFA score (Sequential Organ Failure Assessment) inizialmente è stato disegnato per valutare la gravità della disfunzione d’organo nel paziente critico settico69.

Dal momento che la disfunzione d’organo è un evento comune nel paziente critico, è stato utilizzato anche per predire la mortalità in pazienti con insufficienza d’organo provocata da altre cause, come insufficienza epatica acuta da overdose di paracetamolo, insufficienza epatica cronica (CLIF-SOFA), neoplasia, interventi cardiochirurgici e trapianto di midollo osseo.

Il SOFA score si calcola sommando i valori di alcuni parametri relativi alla funzionalità di vari organi, per ottenere uno score di gravità.

Lo score viene calcolato entro le prime 24 ore dall’ammissione in UTI e successivamente ogni 48 ore (da qui il termine “Sequential Organ Failure Assessment”, in quanto esso viene calcolato sequenzialmente durante il decorso clinico).

Il valore medio e il più alto sono quelli che meglio predicono la mortalità. Inoltre se lo score aumenta di almeno il 30% è associato ad una mortalità di almeno il 50%70.

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