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Approccio combinato numerico e sperimentale per la caratterizzazione meccanica di osso trabecolare

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Academic year: 2021

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(1)

Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica

APPROCCIO COMBINATO NUMERICO E

SPERIMENTALE PER LA CARATTERIZZAZIONE

MECCANICA DI OSSO TRABECOLARE

RELATORE:

Prof.ssa Federica Boschetti

TESI DI LAUREA MAGISTRALE DI:

Laura Passoni

Matr. 858941

(2)

ii

Indice

Sommario ... iv

Introduzione ... v

Obiettivo ... viii

Materiali e Metodi ... viii

Risultati ... xi

Conclusioni e Sviluppi futuri ... xv

Abstract ... xvii

Introduction ... xvii

Goal ... xx

Materials and Methods ... xx

Results ... xxii

Conclusions and Future developments ... xxvi

Capitolo 1 - Introduzione ... 1

1.1 Il tessuto osseo ... 1

1.2 La matrice extracellulare nell’osso ... 3

1.3 La struttura dell’osso ... 5

1.3.1 Il tessuto osseo primario e secondario ... 8

1.4 La parte cellulare ... 11

1.5 Proprietà meccaniche ... 13

1.5.1 Proprietà meccaniche a trazione ... 14

1.5.2 Proprietà meccaniche a compressione ... 15

1.5.3 Anisotropia dei materiali ... 16

1.5.4 Anisotropia dell’osso ... 16

1.5.5 Dipendenza delle proprietà meccaniche dell’osso trabecolare dalla densità apparente ... 18

1.5.6 Confronto tra le proprietà meccaniche dell’osso corticale e dell’osso trabecolare ... 18

1.5.7 Dipendenza delle proprietà meccaniche dell’osso dal sito anatomico ... 19

1.5.8 Dipendenza delle proprietà meccaniche dell’osso dalla velocità di deformazione ... 20

1.5.9 Comportamento delle ossa in funzione dell’idratazione ... 21

1.5.10 Comportamento delle ossa in funzione dell’età ... 22

1.5.11 Composizione dell’osso ... 23

1.6 Rimodellamento osseo ... 24

1.6.1 Sollecitazioni meccaniche e rimodellamento osseo ... 25

1.6.2 Rimodellamento osseo e attività cellulare ... 27

1.7 Modelli per il calcolo delle sollecitazioni nell’osso ... 28

1.7.1 Metodi analitici per il calcolo degli sforzi ... 28

1.7.2 Metodi numerici ... 29

1.7.3 Metodi di omogeneizzazione ... 32

1.8 Caratterizzazione meccanica di tessuti biologici: aspetti sperimentali ... 36

1.8.1 Caratterizzazione di tessuti duri: aspetti sperimentali ... 38

1.9 Obiettivo ... 41

(3)

iii

1.10.1 Microtomografia computerizzata ... 42

1.10.2 Approccio numerico: analisi agli elementi finiti ... 46

1.10.3 Dimensioni e geometria dei provini ... 50

1.10.4 Tecniche di compressione ... 51

1.10.5 Tecniche di misura delle deformazioni ... 52

1.10.6 Validazione di un modello agli elementi finiti (FEM) tramite Digital Image Correlation (DIC) ... 57

1.10.7 Determinazione dei parametri istomorfometrici dell’osso ... 60

Capitolo 2 – Materiali e Metodi ... 64

2.1 Campioni e scansioni di micro-CT ... 64

2.2 Approccio numerico: analisi agli elementi finiti ... 66

2.2.1 Generazione del file di input per ABAQUS ... 66

2.2.2 Implementazione del modello agli elementi finiti in ABAQUS ... 75

2.2.3 Analisi dei risultati mediante codice Python ... 78

2.2.4 Analisi statistica ... 79

2.3 Approccio sperimentale e confronto con tecnica di correlazione di immagine (2D-DIC) ... 80

2.3.1 Sistema di prova ... 80

2.3.2 Prove meccaniche di compressione con piastre ... 82

2.3.3 Prove meccaniche di compressione con endcaps ed analisi ottica ... 84

2.3.4 Elaborazione dei dati ... 89

2.4 Determinazione dei parametri istomorfometrici dell’osso ... 96

Capitolo 3 – Risultati ... 100

3.1 Approccio numerico: analisi agli elementi finiti ... 100

3.1.1 Analisi statistica ... 102

3.2 Approccio sperimentale e confronto con tecnica di correlazione di immagine (2D-DIC) ... 104

3.2.1 Prove meccaniche di compressione ... 104

3.2.2 Rigidezza della macchina ... 107

3.2.3 Analisi ottica con tecnica di correlazione di immagine (2D-DIC) ... 112

3.2.4 Confronto deformazioni sperimentali - deformazioni 2D-DIC ... 115

3.2.5 Confronto complessivo dei moduli di elasticità ottenuti nelle prove ... 119

3.3 Determinazione dei parametri istomorfometrici dell’osso ... 121

Capitolo 4 - Conclusioni e Sviluppi futuri ... 130

Ringraziamenti ... 132

Bibliografia ... 133

(4)

iv

Non si scoprirebbe mai niente se ci si considerasse soddisfatti di quello che si è scoperto –

Seneca

(5)

v

Sommario

Introduzione

Le ossa sono tessuti connettivi mineralizzati che hanno la funzione principale di sostenere i tessuti molli dell’organismo consentendo, mediante i giunti articolari che le connettono, il movimento. La presenza di minerali e la distribuzione delle componenti organiche della sostanza intercellulare, conferiscono al tessuto elevate proprietà meccaniche di durezza e di resistenza a compressione, trazione e torsione. Inoltre, dato il notevole contenuto di sali di calcio, il tessuto osseo rappresenta il principale deposito di ioni calcio per le necessità metaboliche dell’intero organismo.

Le ossa si distinguono in ossa lunghe (ad esempio le ossa degli arti) in cui la lunghezza prevale sulle altre due dimensioni, ossa piatte (ad esempio le ossa del cranio) in cui lunghezza e larghezza prevalgono sullo spessore ed ossa brevi (quali le vertebre) in cui le tre dimensioni sono circa uguali.

Dal punto di vista microstrutturale si distinguono due tipologie di osso: l’osso compatto e l’osso trabecolare. Il primo forma la porzione più superficiale delle ossa brevi, delle ossa piatte, delle ossa lunghe nonché la diafisi delle ossa lunghe ed è privo di cavità macroscopicamente evidenti. L’osso trabecolare, invece, si trova principalmente a livello delle ossa brevi, delle ossa piatte e delle epifisi delle ossa lunghe; presenta travature ossee, chiamate trabecole, variamente orientate ed intersecate tra loro e delimitanti cavità midollari contenenti midollo osseo ematopoietico.

In base alla dimensione e alla disposizione del collagene si distinguono due tipologie di tessuto osseo, il tessuto osseo fibroso o primario ed il tessuto osseo lamellare o secondario. Il tessuto osseo lamellare è la varietà più diffusa, costituendo la quasi totalità dell’osso compatto e buona parte dell’osso trabecolare. È caratterizzato da un’ordinata disposizione delle fibrille di collagene, che si dispongono in strati sovrapposti, le lamelle ossee.

L’osso trabecolare è un particolare tipo di osso lamellare: la sua struttura è caratterizzata da lamelle ossee orientate a formare una sorta di travatura reticolare che ottimizza il rapporto tra il peso e la capacità di sopportare i carichi.

Le cellule proprie del tessuto osseo sono morfologicamente distinguibili in 4 varietà: le cellule osteoprogenitrici (preosteoblasti), gli osteoblasti, gli osteociti e gli osteoclasti. Di

(6)

vi queste, osteoprogenitrici, osteoblasti e osteociti sono in realtà fasi funzionali consecutive dello stesso tipo cellulare; sono pertanto considerabili come cellule autoctone dell’osso. Invece, gli osteoclasti derivano da precursori provenienti dal sangue, i preosteoclasti, i quali a loro volta si differenziano da cellule staminali del midollo osseo ematopoietico. I preosteoblasti sono in grado di produrre e secernere le bone morphogenic proteins (BMP), fattori di crescita e di differenziamento. Quando imboccano la via del differenziamento le cellule osteoprogenitrici si trasformano in osteoblasti che sono le cellule primariamente responsabili della sintesi della sostanza intercellulare dell’osso e della sua mineralizzazione. Gli osteociti sono le cellule tipiche dell’osso maturo, responsabili del suo mantenimento e capaci di avviarne il rimodellamento. Infine, gli osteoclasti sono le cellule preposte al riassorbimento osseo. I loro precursori, i preosteoclasti, originano nel midollo osseo ematopoietico e vengono trasportati dal torrente circolatorio fino alle sedi in cui devono avvenire i processi di riassorbimento osseo.

Il tessuto osseo presenta le seguenti proprietà meccaniche: § Comportamento fragile, deformazioni limitate a trazione;

§ Dominio elastico – lineare molto esteso (comportamento elastico lineare fino a rottura);

§ Isteresi trascurabile;

§ Asimmetria delle proprietà meccaniche a trazione e a compressione (maggiore resistenza a compressione, maggiore rigidezza a trazione);

§ Proprietà non omogenee (disomogeneità nella struttura e nella composizione del tessuto);

§ Anisotropia strutturale e meccanica;

§ Resistenza e rigidezza apparenti dell’osso spongioso molto inferiori rispetto all’osso corticale;

§ Dipendenza dalle condizioni ambientali (osso secco vs. umido); § Proprietà viscoelastiche su tempi lunghi;

§ Influenza dell’età e del sesso del donatore.

Il modulo elastico dell’osso, rilevato in prove di trazione e compressione su campioni di osso umano femorale (prelevati dall’osso compatto nella direzione dell’asse del femore), è pari a 10-20 GPa, valore intermedio tra quello dell’apatite e del collagene, molto elevato per una struttura biologica.

(7)

vii Nel tessuto osseo coesistono continui processi di riassorbimento e deposizione ossea, volti ad adeguarne la struttura alle diverse e variabili sollecitazioni meccaniche a cui l’osso è sottoposto. Inoltre, l’osso contribuisce alla regolazione dell’omeostasi del calcio, essendo il tessuto osseo la principale riserva di calcio dell’organismo, in equilibrio continuo con il calcio ione libero nel plasma. Il processo evolutivo ha prodotto un disegno ottimale per i vari tipi di ossa al fine di minimizzare gli sforzi interni, con il compito di trasmettere in specifici punti assegnate forze. Inoltre, la distribuzione del materiale ha lo scopo di ottenere un peso minimo della struttura, ovvero un volume minimo della struttura, oppure un ottimale compromesso tra queste due esigenze. Infine, il disegno dell’osso deve assicurare sicurezza nei confronti di sollecitazioni improvvise.

Esistono tre approcci per il calcolo delle sollecitazioni nel tessuto osseo. Il primo si basa sull’utilizzo di modelli semplificati di strutture ossee; il secondo utilizza tecniche numeriche (metodi alle differenze finite, agli elementi finiti, di boundary o spettrali) per poter rappresentare in modo realistico le geometrie e le proprietà meccaniche macroscopiche delle ossa. Il terzo utilizza, invece, le tecniche di omogeneizzazione associate a tecniche numeriche per poter simulare il comportamento delle substrutture che costituiscono il tessuto.

Analizzare il comportamento meccanico dei tessuti biologici è utile per comprendere le loro prestazioni meccaniche sia in condizioni fisiologiche che patologiche e può portare ad un miglioramento della qualità e della durata della vita. Inoltre, la caratterizzazione meccanica dei tessuti trova applicazione per la progettazione di protesi e di dispositivi derivati da tessuti naturali, per lo studio del comportamento alle interfacce tra tessuti naturali e impianti e per lo sviluppo di tessuti prodotti con tecniche di tissue engineering. Le problematiche sperimentali che è possibile riscontrare sono le seguenti:

§ Afferraggio del provino nella prova a trazione dovuto alla scarsa resistenza dell’osso lamellare a sollecitazioni biassiali di trazione e compressione. Quando il provino viene serrato direttamente tra gli afferraggi della macchina di prova, generalmente si verifica la rottura del provino nella zona di afferraggio;

§ Condizioni ambientali: le proprietà meccaniche del provino dipendono dall’estrazione del midollo, dallo stato di idratazione, dalla modalità di conservazione e dalla temperatura. Per questo motivo risulta importante standardizzare il protocollo di prelievo e conservazione;

(8)

viii § Dimensioni dei provini: deve tener conto della eterogeneità ed anisotropia della

struttura e delle proprietà meccaniche. È difficile definire dimensioni idonee e significative in quanto se il provino è troppo piccolo risulta difficile da manipolare ma, trattandosi di un tessuto omogeneo, è possibile effettuare misure puntuali; se, invece, il provino è di grandi dimensioni è più semplice da manipolare ma si possono ottenere solo misure “medie”.

Obiettivo

Il presente lavoro è stato realizzato su campioni di tessuto osseo trabecolare bovino ed equino. Lo scopo del lavoro è l’identificazione del modulo elastico di ciascun campione di osso trabecolare analizzato tramite un metodo combinato numerico e sperimentale. Il metodo sperimentale consiste in prove di compressione dalle quali si ricava il modulo elastico apparente dei campioni. Il metodo numerico consiste in modelli agli elementi finiti (FEM) dei campioni di osso testati, realizzati tramite il software ABAQUS, ricostruiti da scansioni dei provini ottenute con microtomografia computerizzata. Il modulo elastico di ciascun campione è stato identificato dalle simulazioni numeriche delle prove di compressione come quel valore che consentiva di ottenere sollecitazione numerica pari a quella sperimentale di compressione, a parità di deformazione imposta.

Le deformazioni sperimentali sono state valutate sia dai dati provenienti dalla macchina di prova che tramite la tecnica di correlazione di immagini (DIC), una tecnica ottica che consente di determinare il campo di deformazioni (e quindi il modulo elastico) subìto dal campione durante una prova di compressione.

Inoltre, per una caratterizzazione più completa dei campioni ossei è stato utilizzato il software ImageJ (plug-in BoneJ) che ha consentito di estrarre per ciascuno di essi i parametri istomorfometrici (BV, TV, BS, SMI, Tb.Th, Tb.Sp); questi sono stati messi in relazione sia con il modulo elastico che con la porosità ottenuti in precedenza con la modellizzazione agli elementi finiti.

Materiali e Metodi

I campioni analizzati e testati sono 8 campioni di osso trabecolare, di cui 4 provenienti da epifisi femorale bovina e 4 provenienti da epifisi femorale equina.

Le immagini microtomografiche vengono importate in MATLAB, sottoposte a sogliatura ed impilate a formare una matrice tridimensionale binaria. Di tale matrice viene

(9)

ix selezionato il più grande sottodominio cubico e, mediante l’algoritmo, se ne produce una versione compressa con dimensione del lato diminuita di un fattore k = 2 e da questa vengono eliminati i gruppi di voxel non connessi, in quanto non ammessi nelle analisi FEM. Vengono, quindi, generati i descrittori geometrici delle mesh a voxel che vengono scritti in un file di testo leggibile dal software ABAQUS per effettuare l’analisi FEM. La procedura di riduzione utilizzata dall’algoritmo prevede che ad ogni cubo di k x k x k voxel venga sostituito un unico voxel, ottenuto da tutti i voxel originari per approssimazione. La mesh compressa presenta, quindi, un minor numero di nodi e di elementi finiti e pertanto richiede un tempo computazionale inferiore per la simulazione FEM.

Importando nell’ambiente ABAQUS il file di input generato da MATLAB viene ricostruita la mesh del campione in esame (Figura 1) ed è possibile condurre un’analisi elastica lineare con l’obiettivo di determinare il modulo elastico macroscopico del campione: le simulazioni sono state impostate in modo da replicare una prova di compressione.

Figura 1 – Mesh del campione considerato, generata dal file input fornito da MATLAB.

Durante la simulazione è necessario definire le caratteristiche meccaniche del materiale, modellizzato come elastico lineare isotropo (solido ed omogeneo), inserendo parametri specifici quali il modulo elastico ed il modulo di Poisson. Successivamente vengono imposte le condizioni al contorno, al fine di ottenere la riproduzione di una prova sperimentale di compressione non confinata. Ogni simulazione fornisce 6 valori di sforzo per ciascun elemento della mesh; a partire da questi, il codice Python consente di calcolare lo sforzo medio agente sul solido. Moltiplicando tale valore per la frazione solida si ricava lo sforzo medio agente sull’intero campione e da questo il modulo elastico apparente del campione. Dal momento che in precedenti studi non erano stati portati a rottura, gli stessi campioni dei quali è stata realizzata l’analisi agli elementi finiti (a partire dalle loro

(10)

x immagini micro-CT) sono stati anche sottoposti a prove sperimentali di compressione al fine di caratterizzarne in modo più completo il comportamento biomeccanico.

Gli 8 campioni analizzati sono stati resti parallelepipedi in quanto la successiva analisi DIC può essere effettuata solo su superfici piane e non curve. Nella prova di compressione con piastre i campioni sono stati sottoposti a 6 cicli di precondizionamento mentre in quella con endcaps sono stati effettuati 4 cicli di precarico alla forza massima calcolata per ciascun campione e 4 rampe di carico. Entrambe le prove sono state condotte in controllo di forza alla velocità di 0.01 mm/s. Per la prova di compressione a piastre il modulo elastico è stato ottenuto dal coefficiente angolare della linea di tendenza della curva sforzo-deformazione di andata del sesto ciclo di precarico; invece, per la prova di compressione con endcaps il modulo elastico è stato ricavato dal coefficiente angolare della linea di tendenza della curva di andata del quarto ciclo di precarico.

L’analisi ottica è stata eseguita durante le 4 rampe di carico utilizzando per l’acquisizione delle immagini uno stereomicroscopio Nikon SMZ800, una fotocamera Nikon, due lampade LED per l’illuminazione del provino ed il software d’acquisizione Nikon

NIS-Elements D. Per poter in seguito realizzare l’analisi 2D-DIC è necessario creare sulla

superficie frontale del campione un pattern (realizzato con polvere di toner e balsamo) ad elevato contrasto che consenta l’individuazione univoca dei punti della superficie nelle immagini acquisite. Sono state acquisite 5 immagini (Figura 2): una del campione a riposo (prima dell’inizio della prova, alla fine dell’ultimo ciclo di precondizionamento) e le altre alla fine di ciascuna delle 4 rampe di carico.

Figura 2 – Esempio di immagine acquisita durante la prova.

Tali immagini sono state in seguito elaborate dal software Ncorr 2D-DIC MATLAB per misurare le mappe degli spostamenti e delle deformazioni. Il software fornisce in uscita i valori di deformazione massima, minima e mediana per ciascuna immagine importata (un’immagine indeformata di riferimento e quattro immagini in corrispondenza delle 4

(11)

xi rampe). Tali valori sono stati confrontati con i valori di deformazione sperimentali ottenuti nella prova di compressione con endcaps nella quale sono state acquisite le immagini. Per caratterizzare la struttura del campione in esame è opportuno definire i parametri istomorfometrici (BV/TV, BS/BV, BS/TV, DA, SMI, Tb.Th, Tb.Sp): l’analisi è stata effettuata, a partire dalle immagini micro-CT dei campioni opportunamente filtrate e binarizzate, utilizzando il plug-in BoneJ del software ImageJ (Fiji). Ciò ha permesso sia di operare un confronto tra i valori ottenuti per i bovini e quelli trovati per gli equini che di utilizzare lo spessore delle trabecole (Tb. Th) e la separazione tra le trabecole (Tb. Sp) per calcolare il Subset Radius ottimale nell’analisi DIC. Inoltre, l’utilizzo di questi descrittori architetturali può migliorare la predizione delle proprietà meccaniche dell’osso, correlando i risultati ottenuti dall’analisi FEM (modulo elastico) con le misure geometriche basate sulle immagini micro-CT.

Risultati

Per quanto riguarda l’analisi numerica, a partire dai dati forniti dal software sono stati calcolati altri parametri meccanici di interesse: la frazione solida e la porosità del campione, lo sforzo medio agente sulla sua geometria (𝜎33) e, dividendo tale sforzo per la deformazione (pari a 0.01), il modulo elastico apparente (EABAQUS). Inoltre, considerando il rapporto R tra il modulo elastico sperimentale (Eexp) e quello apparente (EABAQUS), si ottiene il modulo elastico delle trabecole (E). In particolare, il valore medio per i campioni bovini è pari a 7.53 GPa mentre quello per gli equini è pari a 6.46 GPa, dunque valori molto simili tra loro ed in linea con quelli riportati in letteratura per campioni di osso trabecolare (Tabella 1).

(12)

xii

Tabella 1 - Valori di alcune grandezze meccaniche di interesse.

Inoltre, per una più completa caratterizzazione del comportamento biomeccanico dei campioni, gli stessi sottoposti a modellizzazione agli elementi finiti sono stati testati sperimentalmente a compressione. È possibile osservare che nella prova di compressione con piastre i valori di modulo elastico sono generalmente inferiori rispetto a quelli ottenuti con endcaps (Tabella 2).

E

Piastre

[MPa]

E

Endcaps

[MPa]

Bovino 9 889.17 1580.80 Bovino 10 696.45 1046.30 Bovino 12 247.05 / Bovino 16 617.85 625.02 Equino 4 1499.70 1444.90 Equino 6 763.20 / Equino 8 1016.30 / Equino 15 978.49 844.86

Tabella 2 - Valori di modulo elastico ottenuti nella prova di compressione con piastre e con endcaps.

Nella prova di compressione con endcaps ai cicli di precondizionamento sono seguite 4 rampe di carico: al termine di ciascuna di esse il valore di forza è stato mantenuto per 60 secondi. Le deformazioni registrate nelle 4 fasi di hold sono state mediate al fine di ottenere un unico valore rappresentativo dell’intera rampa. Tali valori sono stati

Lato [mm] ɸ_s [-] ɸɸ [-] σ 33 [-] E_ABAQUS [-] E_exp [GPa] R [GPa] E [GPa]

Quadrato 1 1.922 0.33 6.71E-01 9.06E-04 9.06E-02 0.57 6.33E+00 6.33E+00 Quadrato 2 1.922 0.30 6.97E-01 7.00E-04 7.00E-02 0.57 8.20E+00 8.20E+00 Quadrato 3 1.922 0.32 6.76E-01 8.70E-04 8.70E-02 0.57 6.60E+00 6.60E+00 Quadrato 4 1.922 0.27 7.27E-01 7.22E-04 7.22E-02 0.57 7.95E+00 7.95E+00

Media 1.922 0.31 6.93E-01 7.99E-04 7.99E-02 0.57 7.27E+00 7.27E+00 Quadrato 1 3.129 0.30 7.05E-01 1.59E-03 1.59E-01 0.94 5.89E+00 5.89E+00 Quadrato 2 3.129 0.30 7.01E-01 1.74E-03 1.74E-01 0.94 5.39E+00 5.39E+00 Quadrato 3 3.129 0.28 7.23E-01 1.46E-03 1.46E-01 0.94 6.43E+00 6.43E+00 Quadrato 4 3.129 0.29 7.14E-01 1.56E-03 1.56E-01 0.94 6.03E+00 6.03E+00

Media 3.129 0.29 7.11E-01 1.59E-03 1.59E-01 0.94 5.93E+00 5.93E+00 Quadrato 1 3.129 0.28 7.19E-01 1.32E-03 1.32E-01 0.83 6.32E+00 6.32E+00 Quadrato 2 3.129 0.24 7.60E-01 8.65E-04 8.65E-02 0.83 9.62E+00 9.62E+00 Quadrato 3 3.129 0.19 8.08E-01 3.48E-04 3.48E-02 0.83 2.39E+01 2.39E+01 Quadrato 4 3.129 0.25 7.46E-01 7.52E-04 7.52E-02 0.83 1.11E+01 1.11E+01

Media 3.129 0.24 7.58E-01 8.20E-04 8.20E-02 0.83 1.27E+01 1.27E+01 Quadrato 1 3.129 0.28 7.15E-01 1.38E-03 1.38E-01 0.54 3.93E+00 3.93E+00 Quadrato 2 3.129 0.26 7.37E-01 1.10E-03 1.10E-01 0.54 4.96E+00 4.96E+00 Quadrato 3 3.129 0.31 6.90E-01 1.52E-03 1.52E-01 0.54 3.57E+00 3.57E+00 Quadrato 4 3.129 0.27 7.28E-01 1.25E-03 1.25E-01 0.54 4.34E+00 4.34E+00

Media 3.129 0.28 7.17E-01 1.31E-03 1.31E-01 0.54 4.20E+00 4.20E+00 Quadrato 1 2.637 0.42 5.77E-01 2.73E-03 2.73E-01 1.65 6.07E+00 6.07E+00 Quadrato 2 2.637 0.42 5.78E-01 3.16E-03 3.16E-01 1.65 5.23E+00 5.23E+00 Quadrato 3 2.637 0.43 5.66E-01 3.14E-03 3.14E-01 1.65 5.27E+00 5.27E+00 Quadrato 4 2.637 0.42 5.83E-01 2.97E-03 2.97E-01 1.65 5.57E+00 5.57E+00

Media 2.637 0.42 5.76E-01 3.00E-03 3.00E-01 1.65 5.53E+00 5.53E+00 Quadrato 1 3.129 0.33 6.69E-01 2.17E-03 2.17E-01 1.39 6.44E+00 6.44E+00 Quadrato 2 3.129 0.36 6.42E-01 2.29E-03 2.29E-01 1.39 6.09E+00 6.09E+00 Quadrato 3 3.129 0.34 6.60E-01 2.11E-03 2.11E-01 1.39 6.60E+00 6.60E+00 Quadrato 4 3.129 0.34 6.63E-01 2.13E-03 2.13E-01 1.39 6.53E+00 6.53E+00

Media 3.129 0.34 6.59E-01 2.17E-03 2.17E-01 1.39 6.41E+00 6.41E+00 Quadrato 1 3.129 0.34 6.60E-01 1.53E-03 1.53E-01 0.98 6.43E+00 6.43E+00 Quadrato 2 3.129 0.31 6.90E-01 1.38E-03 1.38E-01 0.98 7.10E+00 7.10E+00 Quadrato 3 3.129 0.33 6.65E-01 1.51E-03 1.51E-01 0.98 6.49E+00 6.49E+00 Quadrato 4 3.129 0.36 6.36E-01 1.75E-03 1.75E-01 0.98 5.61E+00 5.61E+00

Media 3.129 0.34 6.63E-01 1.54E-03 1.54E-01 0.98 6.41E+00 6.41E+00 Quadrato 1 3.129 0.31 6.87E-01 1.51E-03 1.51E-01 0.96 6.37E+00 6.37E+00 Quadrato 2 3.129 0.29 7.14E-01 1.24E-03 1.24E-01 0.96 7.78E+00 7.78E+00 Quadrato 3 3.129 0.27 7.28E-01 1.04E-03 1.04E-01 0.96 9.22E+00 9.22E+00 Quadrato 4 3.129 0.32 6.79E-01 1.48E-03 1.48E-01 0.96 6.50E+00 6.50E+00

Media 3.129 0.30 7.02E-01 1.32E-03 1.32E-01 0.96 7.47E+00 7.47E+00

Equino 8 Equino 15 Bovino 9 Bovino 10 Bovino 12 Bovino 16 Equino 4 Equino 6

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xiii confrontati con le deformazioni restituite dalla tecnica di correlazione di immagine 2D-DIC (Tabella 3): si osserva un andamento simile ma con valori inferiori rispetto a quelli ricavati sperimentalmente.

Tabella 3 - Valori di deformazione ottenuti sperimentalmente e con tecnica 2D-DIC.

Le differenze rilevabili sono da imputare principalmente alla non omogenea distribuzione del pattern sulla superficie dei campioni che rende difficoltoso per il software il calcolo delle deformazioni: data l’elevata porosità dei provini risulta, infatti, complicato applicare il pattern in maniera uniforme. Per questo motivo si osserva che per valori di E < 1000 MPa i valori di modulo elastico tra le varie prove sono confrontabili, mentre al di sopra di tale soglia il modulo elastico relativo alla tecnica DIC risulta nella maggior parte dei casi notevolmente sovrastimato (Figura 3). I valori di deformazione e, conseguentemente, di modulo elastico ottenuti in corrispondenza dell'ultimo ciclo di precarico di ciascuna prova sono stati corretti con un coefficiente (K) rappresentativo della rigidezza della macchina di prova utilizzata che consente di ricavare valori più attendibili: infatti, all’interno della deformazione totale misurata, nel caso di un campione poco rigido la componente relativa alla deformazione della macchina è rilevante e risulta pertanto importante stimarla.

ε1 ε2 ε3 ε4 ε1 ε2 ε3 ε4 Bovino 9 0.0002 0.0008 0.0014 0.0019 0.0006 0.0010 0.0014 0.0018 Bovino 10 0.0007 0.0016 0.0025 0.0034 0.0005 0.0008 0.0011 0.0018 Bovino 16 0.0006 0.0019 0.0033 0.0054 0.0026 0.0029 0.0033 0.0037 Equino 4 0.0009 0.0020 0.0032 0.0042 0.0014 0.0018 0.0024 0.0028 Equino 15 0.0019 0.0040 0.0065 0.0088 0.0021 0.0035 0.0051 0.0069

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xiv

Figura 3 - Confronto complessivo dei valori di modulo elastico ottenuti nelle prove sperimentali (con/senza correzione K) e con analisi 2D-DIC.

Infine, il software Ncorr fornisce le mappe degli spostamenti e delle deformazioni in corrispondenza di ciascuna delle 4 rampe di carico rispetto alla configurazione indeformata (Figura 4).

L’analisi delle immagini di micro-CT condotta con il plug-in BoneJ del software ImageJ ha consentito di stimare i parametri istomorfometrici dell’osso che sono stati messi in relazione con il modulo elastico sperimentale e con quello risultate dalle simulazioni computazionali. Il modulo elastico sperimentale è ben correlato con i parametri BV/TV, BS/BV e SMI: in particolare, il modulo elastico aumenta all’aumentare della frazione di volume osseo rispetto al volume totale in quanto un maggiore volume osseo comporta una maggiore rigidezza del campione. Per quanto riguarda lo SMI, il modulo elastico diminuisce quando lo SMI aumenta: questo significa che più il campione presenta una prevalenza di cilindri (SMI = 3) rispetto ai piatti (SMI = 0) e diventa, quindi,

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xv maggiormente poroso più la sua rigidezza (rappresentata dal modulo elastico) diminuisce. Al contrario, la correlazione tra il modulo elastico ottenuto dalle simulazioni computazionali ed i parametri istomorfometrici risulta molto bassa. Inoltre, i parametri istomorfometrici ottenuti sono stati confrontati tra bovini ed equini per poter osservare come varia ciascuno di essi nelle due specie animali. Per la quasi totalità dei parametri i valori ottenuti per i bovini sono confrontabili con quelli ottenuti per gli equini. Lo SMI, invece, presenta un valore molto maggiore nei bovini rispetto agli equini (pari a 0.9 nei bovini e 0.4 negli equini) e lo spaziamento tra le trabecole risulta di poco superiore nei bovini rispetto agli equini (Tabella 4).

Tabella 4 - Valori di media e deviazione standard dei principali parametri morfometrici per bovini ed equini.

Conclusioni e Sviluppi futuri

La simulazione di una prova di compressione su un modello agli elementi finiti di un campione cubico di osso trabecolare costituisce un metodo efficace per caratterizzare meccanicamente l’osso. Tuttavia, potrebbe essere utile approfondire il codice MATLAB utilizzato affinchè si possa rendere arbitraria la scelta del fattore di compressione della mesh: al momento i valori ammessi per k sono 2, 3 o 6 ma potrebbe essere interessante utilizzare gradi di compressione intermedi oppure superiori al 6. La scelta del fattore di compressione determina il numero di elementi della mesh e quindi il costo computazionale

Bovini

Equini

Media 0.279 0.352 SD 0.033 0.051 Media 0.620 0.713 SD 0.092 0.088 Media 0.946 0.413 SD 0.251 0.350 Media 0.129 0.118 SD 0.011 0.010 Media 0.036 0.041 SD 0.006 0.003 Media 23.213 23.777 SD 1.802 1.718 Media 78.176 58.835 SD 12.693 4.560

Tb.Sp [pixel]

BV/TV [-]

DA [-]

SMI [-]

BS/BV [-]

BS/TV [-]

Tb.Th [pixel]

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xvi della simulazione oltre che il grado di dettaglio della mesh stessa. Inoltre, sarebbe utile poter studiare un dominio non necessariamente cubico ma parallelepipedo.

Per quanto riguarda, invece, l’analisi ottica delle deformazioni ottenute attraverso la tecnica di correlazione di immagine 2D-DIC, il principale vantaggio consiste nell’utilizzo di strumenti che non vanno a diretto contatto con il campione, eliminando quindi il rischio di alterare le sue proprietà meccaniche. Inoltre, l’applicazione del toner sulla superficie del campione riveste un ruolo determinante per l’ottenimento di risultati attendibili in quanto il software non sarebbe in grado di analizzare lo stato di deformazione senza un’elevata brillantezza ed un adeguato contrasto delle immagini: nel presente lavoro, l’elevata porosità dei campioni non ha consentito di applicare il pattern in maniera ottimale, quindi alcuni dei valori restituiti appaiono sovrastimati. Possibili sviluppi futuri potrebbero essere l’utilizzo di uno stereomicroscopio con risoluzione più elevata, quindi in grado di detectare in modo più accurato le variazioni nel pattern superficiale oppure l’utilizzo della tecnica 3D-DIC che permette di misurare i profili 3D e le deformazioni di superfici planari e curve.

Parole chiave: tessuto osseo trabecolare; compressione; modulo elastico; deformazione;

(17)

xvii

Abstract

Introduction

Bones are mineralized connective tissues that have the primary function of supporting the soft tissues of the organism by allowing movement through the articular joints that connect them. The presence of minerals and the distribution of organic components of the intercellular substance give the tissue high mechanical properties of stiffness and compression, traction and twist resistance. In addition, given the remarkable content of calcium salts, bone tissue is the main deposit of calcium ions for the metabolic needs of the whole organism.

Bones are classified into long bones (such as the bones of the limbs) in which the length is greater than the other two dimensions, flat bones (such as skull bones) in which length and width predominate on the thickness and short bones (such as the vertebrae) in which the three dimensions are about the same.

From the microstructural point of view, two types of bone are distinguished: the compact bone and the trabecular bone. The first forms the most superficial portion of short bones, flat bones, long bones as well as long bones diaphysis and has no macroscopically evident cavities. On the other hand, trabecular bone is mainly found in short bones, flat bones and epiphyses of long bones; it has trabeculae, which are differently oriented and intersected with each other and define bone marrow hubs containing hematopoietic bone marrow. Depending on the size and arrangement of collagen, two types of bone tissue, the fibrous or primary bone tissue and the lamellar or secondary bone tissue are distinguished. Lamellar bone tissue is the most common variety, found in compact and trabecular bone. It is characterized by an organised arrangement of collagen fibrils, which have overlapped layers, called bone lamellae.

The trabecular bone is a particular type of lamellar bone: its structure is characterized by bone lamellae oriented to form a sort of truss that optimizes the relationship between weight and ability to withstand loads.

Bone tissue cells are morphologically classified into 4 varieties: osteoprogenitor cells (preosteoblasts), osteoblasts, osteocytes and osteoclasts. Among these, osteoprogenitors, osteoblasts and osteocytes are actually consecutive functional phases of the same cell type;

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xviii they are therefore considered as native bone cells. Instead, osteoclasts derive from blood precursors, preosteoclasts, which in turn differentiate from hematopoietic bone marrow stem cells. Preosteoblasts are able to produce and secrete bone morphogenic proteins (BMPs), growth and differentiation factors. When they enter the path of differentiation osteoprogenitor cells become osteoblasts, the primary cells responsible for the synthesis of the intercellular bone substance and its mineralization. Osteocytes are the typical cells of mature bone, responsible for its maintenance and able to start its remodelling. Finally, osteoclasts are the cells responsible for bone resorption. Their precursors, preosteoclasts, originate in the hematopoietic bone marrow and are carried from the circulatory stream where bone resorption processes take place.

Bone tissue has the following mechanical properties: § Brittle behaviour, limited traction deformations;

§ Wide linear-elastic domain (linear elastic behaviour till breakage); § Negligible hysteresis;

§ Asymmetry of mechanical traction and compression properties (greater compressive strength, greater traction stiffness);

§ Non-homogeneous properties (non-homogeneity in tissue structure and composition);

§ Structural and mechanical anisotropy;

§ Apparent strength and stiffness of trabecular bone much lower than the cortical bone;

§ Dependence on environmental conditions (dry vs. wet bone); § Viscoelastic properties in the long term;

§ Influence of donor age and sex.

Bone elastic modulus, detected in traction and compression tests on femoral bones (taken from compact bone in the direction of femoral axis), is 10-20 GPa, an intermediate value between apatite and collagen, very high for a biological structure.

In bone tissue coexist continuous bone resorption and deposition processes, aimed at adapting the structure to different and variable mechanical stresses to which bone is subjected. In addition, bone contributes to the regulation of calcium homeostasis, being bone tissue the main calcium reservoir of the body, in continuous balance with plasma free ion calcium. The evolutionary process has produced an optimal design for various types of

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xix bones in order to minimize internal stresses and carry assigned forces. In addition, the distribution of material is intended to obtain a minimum structure weight, i.e. a minimum volume of the structure or an optimal compromise between these two requirements. Finally, the bone design must ensure safety against sudden stresses.

Three approaches are available to calculate stresses in bone tissue. The first is based on the use of simplified models of bone structures; the second uses numerical techniques (finite differences, finite elements, boundaries or spectra methods) to represent geometries and macroscopic mechanical properties of bones in a realistic way. The third one uses homogenization techniques associated with numerical techniques to simulate the behaviour of tissue’s substructures.

Analysing the mechanical behaviour of biological tissues is useful in understanding their mechanical performances both in physiological and pathological conditions and can lead to an improvement in life quality. Moreover, mechanical characterisation of tissues is applied to the design of prostheses and devices derived from natural tissues, to the study of the interface behaviour between natural tissues and implants as well as to the development of constructs obtained through tissue engineering techniques.

The experimental problems to be faced are the following:

§ Sample gripping in the traction test due to the low resistance of lamellar bone to biaxial traction and compression stresses. When the specimen is clamped directly between the grips of the testing machine, the specimen usually breaks in the gripping area;

§ Environmental conditions: mechanical properties of the specimen depend on marrow extraction, temperature, hydration and storage conditions. For this reason, it is important to standardize withdrawal and conservation protocols;

§ Specimens dimension: should take into account the heterogeneity and anisotropy of the structure and its mechanical properties. It is hard to define suitable and significant dimensions because if the specimen is too small it is difficult to manipulate it but, since it is homogeneous, it is possible to make punctual measurements; if, on the other hand, the specimen is large it is easier to manipulate but only "mean" measurements can be obtained.

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xx

Goal

The present study was performed on samples of bovine and equine trabecular bone. The purpose is to identify the elastic modulus of each trabecular bone sample through a numerical and experimental combined method. The experimental method consists of compression tests from which the apparent elastic modulus of the samples is obtained whereas the numerical method consists of finite elements models (FEM) of bone samples rebuilt by computer microtomography scans using ABAQUS software. The elastic modulus of each sample was identified from numerical simulations of compression tests as that value that allowed to obtain the same numerical stress as the experimental compression, imposing the same deformation value.

Experimental deformations were evaluated both from data given by the testing machine and by the image correlation technique (DIC), an optical technique that allows to determine the deformation field (and thus the elastic modulus) of the sample during a compression test.

In addition, the ImageJ (BoneJ plug-in) software has allowed to achieve a complete characterization of bone samples by means of histomorphometric parameters (BV, TV, BS, SMI, Tb.Th, Tb.Sp); these were related to both elastic modulus and porosity previously obtained through finite elements models.

Materials and Methods

The samples analysed and tested are 8 trabecular bone samples, of which 4 are from bovine femoral epiphysis and 4 from equine femoral epiphysis.

Microtomographic images are imported into MATLAB, subjected to thresholding and stacked to form a binary three-dimensional matrix. The largest cubic subdomain of such matrix is selected and, by means of the algorithm, it is produced a compressed version with a decreased side dimension of a factor k = 2; moreover, the voxel groups that are not connected are eliminated as they are not allowed in FEM analysis. Thus, the geometric descriptors of voxel meshes are generated and written to an input text file for ABAQUS software to perform FEM analysis. The reduction procedure used by the algorithm assumes that every single cube of k x k x k voxel is replaced by a single voxel, obtained from all the original voxels by approximation. The compressed mesh thus has fewer nodes and finite elements and therefore requires a lower computational time for FEM simulation.

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xxi The input file generated by MATLAB is imported into ABAQUS environment and the mesh of the sample is rebuilt (Figure 1); in this way, it is possible to conduct a linear elastic analysis with the aim to determine the macroscopic elastic modulus of the sample: simulations were set to replicate a compression test.

Figure 1 – Mesh of the considered sample, obtained from the MATLAB input file.

Throughout the simulation, it is necessary to define the mechanical characteristics of the material, modelled as isotropic linear elastic (solid and homogeneous), setting specific parameters such as elastic modulus and Poisson modulus. Subsequently, in order to reproduce an unconfined experimental compression test, boundary conditions are imposed. Each simulation provides 6 strain values for each element of the mesh; from these, the Python code calculates the average stress acting on the solid. Multiplying such value by the solid fraction, the mean stress on the whole sample and the apparent elastic modulus are obtained. Due to the fact that in previous studies were not broken down, the same specimens analyzed with finite elements method (from their micro-CT images) were also subjected to experimental compression tests in order to deeply characterize their biomechanical behavior.

The 8 samples analyzed were cut into a parallelepiped shape because the subsequent DIC analysis can only be performed on flat surfaces. In the plate compression test the samples were subjected to 6 preconditioning cycles, whereas in the compression test with endcaps to 4 preload cycles and 4 loading ramps. Both tests were conducted at the speed of 0.01 mm/s and force control. The elastic modulus was obtained from the angular coefficient of the trend line of the stress-strain curve of the sixth preloading cycle for the plate compression test and of the fourth preloading cycle for the compression test with endcaps. Optical analysis was performed during the 4 loading ramps using a Nikon SMZ800 stereomicroscope, a Nikon camera, two LED lamps and the software Nikon NIS-Elements

(22)

xxii

D. In order to be able to carry out the 2D-DIC analysis, it is necessary to create a

high-contrast pattern (made with toner powder and balm) on the front surface of the sample, which allows the unique detection of surface points in captured images. Five images (Figure 2)were acquired: one of the sample at rest (before the beginning of the test, at the end of the last preconditioning cycle) and the others at the end of each of the 4 loading ramps.

Figure 2 – Example of image acquired during the test.

These images were subsequently processed by the Ncorr 2D-DIC MATLAB software to measure displacement and deformation maps. The software provides the maximum, minimum and median deformation values for each image (one reference image and four images at each of the 4 loading ramps). These values were compared to the experimental deformation values obtained in the endcaps compression test in which the images were acquired.

In order to characterize the structure of bone samples, it is useful to define the histomorphometric parameters (BV/TV, BS/BV, BS/TV, DA, SMI, Tb.Th, Tb.Sp): analysis was carried out, based on samples’ micro-CT images properly filtered and binarized, using the BoneJ plug-in of ImageJ (Fiji) software. This allowed both to compare values obtained for bovine samples to those found for equine ones and to use trabecular thickness (Tb. Th) and trabecular spacing (Tb. Sp) to calculate the optimum Subset Radius for the DIC analysis. In addition, the use of these architectural descriptors may improve the prediction of bone mechanical properties, correlating the results obtained from FEM analysis (elastic modulus) with geometric measurements based on micro-CT images.

Results

As for the numerical analysis, additional mechanical parameters were calculated from the data provided by the software: solid fraction and sample porosity, average stress on the geometry (σ33) and, dividing by the deformation (equal to 0.01), the apparent elastic

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xxiii modulus (EABAQUS). In addition, considering the ratio R between the experimental elastic modulus (Eexp) and the apparent one (EABAQUS), the elastic modulus of trabeculae (E) is obtained. In particular, the average value for bovine samples is 7.53 GPa, while that for equines is 6.46 GPa: such values are similar to each other and in agreement with those reported in literature for trabecular bone samples (Table 1).

Table 1 - Values of some mechanical quantities of interest.

In addition, for a deeper characterization of the samples’ biomechanical behavior, the same ones modelled using the finite elements method were also subjected to compression tests. It can be observed that in the plate compression test the elastic modulus values are generally lower than those obtained with endcaps (Table 2).

E

Piastre

[MPa]

E

Endcaps

[MPa]

Bovino 9 889.17 1580.80 Bovino 10 696.45 1046.30 Bovino 12 247.05 / Bovino 16 617.85 625.02 Equino 4 1499.70 1444.90 Equino 6 763.20 / Equino 8 1016.30 / Equino 15 978.49 844.86

Table 2 – Elastic modulus obtained from plate compression test and with endcaps.

Lato [mm] ɸ_s [-] ɸɸ [-] σ 33 [-] E_ABAQUS [-] E_exp [GPa] R [GPa] E [GPa]

Quadrato 1 1.922 0.33 6.71E-01 9.06E-04 9.06E-02 0.57 6.33E+00 6.33E+00 Quadrato 2 1.922 0.30 6.97E-01 7.00E-04 7.00E-02 0.57 8.20E+00 8.20E+00 Quadrato 3 1.922 0.32 6.76E-01 8.70E-04 8.70E-02 0.57 6.60E+00 6.60E+00 Quadrato 4 1.922 0.27 7.27E-01 7.22E-04 7.22E-02 0.57 7.95E+00 7.95E+00

Media 1.922 0.31 6.93E-01 7.99E-04 7.99E-02 0.57 7.27E+00 7.27E+00 Quadrato 1 3.129 0.30 7.05E-01 1.59E-03 1.59E-01 0.94 5.89E+00 5.89E+00 Quadrato 2 3.129 0.30 7.01E-01 1.74E-03 1.74E-01 0.94 5.39E+00 5.39E+00 Quadrato 3 3.129 0.28 7.23E-01 1.46E-03 1.46E-01 0.94 6.43E+00 6.43E+00 Quadrato 4 3.129 0.29 7.14E-01 1.56E-03 1.56E-01 0.94 6.03E+00 6.03E+00

Media 3.129 0.29 7.11E-01 1.59E-03 1.59E-01 0.94 5.93E+00 5.93E+00 Quadrato 1 3.129 0.28 7.19E-01 1.32E-03 1.32E-01 0.83 6.32E+00 6.32E+00 Quadrato 2 3.129 0.24 7.60E-01 8.65E-04 8.65E-02 0.83 9.62E+00 9.62E+00 Quadrato 3 3.129 0.19 8.08E-01 3.48E-04 3.48E-02 0.83 2.39E+01 2.39E+01 Quadrato 4 3.129 0.25 7.46E-01 7.52E-04 7.52E-02 0.83 1.11E+01 1.11E+01

Media 3.129 0.24 7.58E-01 8.20E-04 8.20E-02 0.83 1.27E+01 1.27E+01 Quadrato 1 3.129 0.28 7.15E-01 1.38E-03 1.38E-01 0.54 3.93E+00 3.93E+00 Quadrato 2 3.129 0.26 7.37E-01 1.10E-03 1.10E-01 0.54 4.96E+00 4.96E+00 Quadrato 3 3.129 0.31 6.90E-01 1.52E-03 1.52E-01 0.54 3.57E+00 3.57E+00 Quadrato 4 3.129 0.27 7.28E-01 1.25E-03 1.25E-01 0.54 4.34E+00 4.34E+00

Media 3.129 0.28 7.17E-01 1.31E-03 1.31E-01 0.54 4.20E+00 4.20E+00 Quadrato 1 2.637 0.42 5.77E-01 2.73E-03 2.73E-01 1.65 6.07E+00 6.07E+00 Quadrato 2 2.637 0.42 5.78E-01 3.16E-03 3.16E-01 1.65 5.23E+00 5.23E+00 Quadrato 3 2.637 0.43 5.66E-01 3.14E-03 3.14E-01 1.65 5.27E+00 5.27E+00 Quadrato 4 2.637 0.42 5.83E-01 2.97E-03 2.97E-01 1.65 5.57E+00 5.57E+00

Media 2.637 0.42 5.76E-01 3.00E-03 3.00E-01 1.65 5.53E+00 5.53E+00 Quadrato 1 3.129 0.33 6.69E-01 2.17E-03 2.17E-01 1.39 6.44E+00 6.44E+00 Quadrato 2 3.129 0.36 6.42E-01 2.29E-03 2.29E-01 1.39 6.09E+00 6.09E+00 Quadrato 3 3.129 0.34 6.60E-01 2.11E-03 2.11E-01 1.39 6.60E+00 6.60E+00 Quadrato 4 3.129 0.34 6.63E-01 2.13E-03 2.13E-01 1.39 6.53E+00 6.53E+00

Media 3.129 0.34 6.59E-01 2.17E-03 2.17E-01 1.39 6.41E+00 6.41E+00 Quadrato 1 3.129 0.34 6.60E-01 1.53E-03 1.53E-01 0.98 6.43E+00 6.43E+00 Quadrato 2 3.129 0.31 6.90E-01 1.38E-03 1.38E-01 0.98 7.10E+00 7.10E+00 Quadrato 3 3.129 0.33 6.65E-01 1.51E-03 1.51E-01 0.98 6.49E+00 6.49E+00 Quadrato 4 3.129 0.36 6.36E-01 1.75E-03 1.75E-01 0.98 5.61E+00 5.61E+00

Media 3.129 0.34 6.63E-01 1.54E-03 1.54E-01 0.98 6.41E+00 6.41E+00 Quadrato 1 3.129 0.31 6.87E-01 1.51E-03 1.51E-01 0.96 6.37E+00 6.37E+00 Quadrato 2 3.129 0.29 7.14E-01 1.24E-03 1.24E-01 0.96 7.78E+00 7.78E+00 Quadrato 3 3.129 0.27 7.28E-01 1.04E-03 1.04E-01 0.96 9.22E+00 9.22E+00 Quadrato 4 3.129 0.32 6.79E-01 1.48E-03 1.48E-01 0.96 6.50E+00 6.50E+00

Media 3.129 0.30 7.02E-01 1.32E-03 1.32E-01 0.96 7.47E+00 7.47E+00

Equino 8 Equino 15 Bovino 9 Bovino 10 Bovino 12 Bovino 16 Equino 4 Equino 6

(24)

xxiv In the compression test with endcaps the preconditioning cycles are followed by 4 loading ramps: at the end of each of them the value of force has been kept for 60 seconds. The deformations recorded in the four hold phases were mediated to obtain a single value representative of the entire ramp. These values were compared with the deformations returned by the 2D-DIC image correlation technique (Table 3):a similar trend is observed but values are lower than those obtained experimentally.

Table 3 – Deformation values obtained experimentally and through 2D-DIC technique.

The observed differences are mainly due to the non-homogeneous distribution of the pattern on the specimens’ surface which makes the deformation calculation difficult for the software: due to the high porosity of the specimens, it is complicated to apply the pattern uniformly. For this reason, it is noted that for E <1000 MPa elastic modulus values are comparable between different tests, whereas above this threshold the elastic modulus of the DIC technique is, in most cases, overestimated (Figure 3). The deformation values and, consequently, the elastic modulus obtained in the last preload cycle of each test were corrected with a coefficient (K) representative of the stiffness of the testing machine in order to get more reliable results: in fact, for less rigid samples, within the total deformation measured, the machine deformation is significant and it is therefore important to estimate it. ε1 ε2 ε3 ε4 ε1 ε2 ε3 ε4 Bovino 9 0.0002 0.0008 0.0014 0.0019 0.0006 0.0010 0.0014 0.0018 Bovino 10 0.0007 0.0016 0.0025 0.0034 0.0005 0.0008 0.0011 0.0018 Bovino 16 0.0006 0.0019 0.0033 0.0054 0.0026 0.0029 0.0033 0.0037 Equino 4 0.0009 0.0020 0.0032 0.0042 0.0014 0.0018 0.0024 0.0028 Equino 15 0.0019 0.0040 0.0065 0.0088 0.0021 0.0035 0.0051 0.0069

(25)

xxv

Figure 3 – General overview on elastic modulus values obtained in experimental tests (with/without K) and in 2D-DIC analysis.

Finally, the Ncorr software provides maps of displacements and deformations at each of the 4 loading ramps compared to the non-deformed configuration (Figure 4).

The micro-CT image analysis carried out with the BoneJ plug-in of ImageJ software allowed to estimate bone histomorphometric parameters and these were related to the experimental elastic modulus and to the one resulting from computational simulations. The experimental elastic modulus is well correlated with BV/TV, BS/BV and SMI parameters: in particular, the elastic modulus increases as the bone volume fraction (with respect to total volume) increases since a higher bone volume means a greater stiffness of the sample. As for the SMI, the elastic modulus decreases when the SMI increases: this means that the sample has a prevalence of cylinders (SMI = 3) with respect to plates (SMI = 0) and

(26)

xxvi becomes therefore more porous as its stiffness (represented by the elastic modulus) decreases.

On the other hand, the correlation between the elastic modulus obtained from computational simulations and histomorphometric parameters is very low. In addition, histomorphometric parameters were compared between bovine and equine samples in order to be able to observe their variation in the two animal species. For almost all parameters, the values obtained for bovine specimens are comparable to those obtained for equines. SMI, however, shows a much higher value in bovines with respect to equines (0.9 for bovines and 0.4 for equines) and trabecular spacing is slightly higher in bovines (Table 4).

Table 4 – Mean and SD values of the main histomorphometric parameters for bovine and equine samples.

Conclusions and Future developments

A compression test simulation using a finite element model of a cubic trabecular bone sample is an effective method for bone mechanical characterisation. However, it may be useful to deepen the MATLAB code used, in order to be able to arbitrarily select the mesh compression factor: at present, the allowed values for k are 2, 3 or 6 but it may be interesting to use intermediate compression values or k greater than 6. The compression factor’s choice determines the number of mesh elements and thus the computational cost of

Bovini

Equini

Media 0.279 0.352 SD 0.033 0.051 Media 0.620 0.713 SD 0.092 0.088 Media 0.946 0.413 SD 0.251 0.350 Media 0.129 0.118 SD 0.011 0.010 Media 0.036 0.041 SD 0.006 0.003 Media 23.213 23.777 SD 1.802 1.718 Media 78.176 58.835 SD 12.693 4.560

Tb.Sp [pixel]

BV/TV [-]

DA [-]

SMI [-]

BS/BV [-]

BS/TV [-]

Tb.Th [pixel]

(27)

xxvii the simulation as well as the degree of detail of the mesh itself. Also, it would be useful to study a domain not necessarily cubic but parallelepiped.

As for the optical analysis of the deformations obtained through the 2D-DIC technique, the main advantage is the use of tools that do not go directly in contact with the sample, thus avoiding the risk of altering its mechanical properties. In addition, toner application on the surface of the sample plays a crucial role in obtaining reliable results as the software would not be able to analyze the deformation state without high brightness and adequate image contrast: in the present study, the high porosity of samples did not allow the pattern to be applied optimally and so some of the returned values appear overestimated. Possible future developments include the use of a higher resolution stereomicroscope, able to detect surface pattern variations more accurately, or the use of 3D-DIC technology to measure 3D profiles and deformations of planar and curved surfaces.

Keywords: trabecular bone; compression; elastic modulus; deformation; FEM; 2D-DIC;

(28)
(29)

1

Capitolo 1

Introduzione

1.1 Il tessuto osseo

Le ossa sono tessuti connettivi mineralizzati che hanno la funzione principale di sostenere i tessuti molli dell’organismo consentendo, mediante i giunti articolari che le connettono, il movimento1,2. La sostanza intercellulare è prevalentemente costituita di cristalli minerali, in prevalenza fosfato di calcio. La presenza di minerali e la distribuzione delle componenti organiche della sostanza intercellulare, conferiscono al tessuto elevate proprietà meccaniche di durezza e di resistenza a compressione, trazione e torsione. Inoltre, dato il notevole contenuto di sali di calcio, il tessuto osseo rappresenta il principale deposito di ioni calcio per le necessità metaboliche dell’intero organismo. La deposizione di calcio nell’osso e la sua mobilizzazione sono finemente regolate da meccanismi endocrini e contribuiscono alla regolazione dei livelli plasmatici di questo ione.

Le ossa si distinguono in ossa lunghe (ad esempio le ossa degli arti) in cui la lunghezza prevale sulle altre due dimensioni, ossa piatte (ad esempio le ossa del cranio) in cui lunghezza e larghezza prevalgono sullo spessore ed ossa brevi (quali le vertebre) in cui le tre dimensioni sono circa uguali.

Lo scheletro (Figura 1.1) svolge un’importante funzione di sostegno, fornisce appoggio alla testa, forma la gabbia toracica su cui convergono gli arti superiori e scarica il peso del corpo sugli arti inferiori grazie al bacino. Inoltre, alcune ossa sono modellate in modo tale da formare delle cavità destinate ad accogliere organi essenziali alla vita dell’organismo: le ossa craniche proteggono il cervello, la gabbia toracica isola il cuore ed i polmoni, il bacino ospita gli organi riproduttivi mentre la colonna vertebrale protegge il midollo osseo. Lo scheletro umano può essere suddiviso in due parti principali: una parte assiale comprendente il cranio, la colonna vertebrale e la gabbia toracica ed una parte appendicolare comprendente gli arti superiori ed inferiori.

La colonna vertebrale è l’elemento determinante del sistema scheletrico dal momento che tutte le ossa sono direttamente o indirettamente collegate ad essa. È formata da 32-33 vertebre ed è in grado di garantire un’ampia gamma di movimenti. Inoltre rappresenta il

(30)

2 luogo in cui si concentra la maggior produzione di midollo osseo in età adulta: nei bambini, infatti, il midollo è presente in tutte le ossa mentre, crescendo, questo si va a concentrare maggiormente nelle vertebre, nelle ossa della gabbia toracica, nel bacino e nelle ossa del cranio. Il midollo osseo è un tessuto particolare che provvede al rinnovamento dei globuli rossi, delle piastrine e dei globuli bianchi.

Figura 1.1 - Scheletro umano.

Dal punto di vista microstrutturale si distinguono due tipologie di osso: l’osso compatto e l’osso trabecolare. Il primo forma la porzione più superficiale delle ossa brevi, delle ossa piatte, delle ossa lunghe nonché la diafisi delle ossa lunghe ed è privo di cavità macroscopicamente evidenti. L’osso trabecolare, invece, si trova principalmente a livello delle ossa brevi, delle ossa piatte e delle epifisi delle ossa lunghe; presenta travature ossee, chiamate trabecole, variamente orientate ed intersecate tra loro e delimitanti cavità midollari contenenti midollo osseo ematopoietico.

(31)

3

1.2 La matrice extracellulare nell’osso

Di seguito (Tabella 1.1) è riportata la composizione dell’osso relativamente ai suoi costituenti principali.

Componenti Quantità in peso [%]

Sostanza inorganica (idrossiapatite) 65-70

Matrice ECM 20-25

Collagene 90-96% della matrice ECM

Proteoglicani e Glicoproteine 4-10% della matrice ECM

Acqua 9

Tabella 1.1 - Composizione dell'osso (Tiffit, 1980).

Le fibrille di collagene sono composte da collagene di tipo I come nella maggior parte dei tessuti connettivi e presentano al microscopio elettronico una tipica striatura trasversale con periodo di 64 nm. Esse si aggregano a formare fibre di collagene di diametro rilevante (5-10 µm) soltanto nel tessuto osseo fibroso, mentre nel tessuto osseo lamellare le fibrille di collagene (diametro di circa 60 nm) formano un feltro omogeneo. Dallo strato di tessuto connettivo che avvolge esternamente l’osso, il periostio, si dipartono spessi fasci di fibre di collagene che penetrano all’interno del tessuto osseo corticale e si perdono nella sostanza intercellulare dell’osso: questi fasci costituiscono le fibre perforanti di Sharpey, che ancorano il periostio alla superficie dell’osso.

I proteoglicani sono composti da glicosamminoglicani acidi, solitamente solforati, attaccati a catene proteiche (core protein). I proteoglicani maggiormente presenti nell’osso sono:

§ Il biglicano, costituito da due molecole di glicosamminoglicani (condroitinsolfato) unite ad una estremità alla core protein tramite un polipeptide ricco di leucina; lo si ritrova nella sostanza intercellulare mineralizzata ed in quella non mineralizzata adiacente alle cellule ossee e ai loro prolungamenti, il cosiddetto tessuto osteoide. § La decorina costituita da un’unica molecola di glicosamminoglicano legata alla

parte proteica; la si ritrova nella sostanza intercellulare mineralizzata ma non nel tessuto osteoide, per questo motivo si ipotizza che abbia un ruolo nell’orientare la disposizione dei cristalli minerali lungo le fibrille di collagene.

(32)

4 Le glicoproteine dell’osso includono molecole diverse, alcune delle quali si ritiene giochino un ruolo fondamentale nel controllo dei processi di mineralizzazione. Tra queste si annoverano:

§ L’osteonectina che è la glicoproteina più abbondante. Presenta un’elevata affinità per il calcio, sia come ione libero che associato in complessi di tipo cristallino. Si ritiene che agisca come elemento di nucleazione dei cristalli minerali, in quanto ritenuta capace di concentrare il calcio nelle sue adiacenze creando così le condizioni per avviare la precipitazione del fosfato di calcio.

§ La fosfatasi alcalina che è un enzima in grado di idrolizzare gruppi fosfato legati a substrati organici. Si ritiene possa essere coinvolta nei processi di mineralizzazione, mettendo a disposizione gli ioni fosfato per la formazione dei cristalli minerali nonché nella sintesi della matrice organica dell’osso.

§ La fibronectina che è una molecola di adesione localizzata prevalentemente nella matrice pericellulare e caratterizzata da una porzione capace di legarsi al collagene. Si ritiene che sia coinvolta nei processi di migrazione, adesione alla matrice ed organizzazione delle cellule dell’osso.

§ Le sialoproteine (BSP) che sono glicoproteine contenenti residui glicidici di acido sialico; sono in grado di mediare l’adesione al substrato di svariati tipi cellulari, incluse le cellule dell’osso. Ne esistono vari tipi: l’osteopontina (BSP-I), la BSP-II e la glicoproteina acida dell’osso.

§ Le proteine contenenti l’acido g-carbossiglutammico (GLA) tra le quali si distinguono:

• L’osteocalcina, o proteina GLA dell’osso, che è una piccola proteina contenente 3-5 residui di GLA. È stato ipotizzato che possa avere un ruolo di inibizione della mineralizzazione in quanto ritenuta in grado di legarsi allo ione calcio e di renderlo indisponibile per la combinazione con lo ione fosfato, inibendo così l’accrescimento dimensionale dei cristalli minerali. • La proteina GLA della matrice, di peso molecolare maggiore

dell’osteocalcina, presente sia nell’osso maturo che in quello in via di formazione, nonché nella cartilagine destinata ad essere sostituita da tessuto osseo, come la cartilagine di accrescimento. Il suo ruolo biologico non è ancora chiaro.

(33)

5 La componente minerale è rappresentata da cristalli di sali di calcio, prevalentemente fosfato di calcio a cui si aggiungono quantità inferiori di carbonato di calcio e tracce di altri sali (fluoruro di calcio, fosfato di magnesio). Il fosfato di calcio è presente sotto forma di cristalli di apatite e si lega con due ioni ossidrile formando l’idrossiapatite. Il cristallo si origina dall’impilamento delle singole celle elementari ed ha la forma di un ago lungo e sottile, spesso circa 2 nm e lungo 20-40 nm.

I cristalli di apatite tendono a disporsi parallelamente tra loro e alle fibrille di collagene, di cui ricoprono la superficie; la deposizione di nuovo minerale può avvenire sia per formazione di nuovi cristalli che per apposizione di apatite sui cristalli preesistenti.

1.3 La struttura dell’osso

Come è possibile osservare (Figura 1.2), un osso lungo consiste in una zona cilindrica (diafisi) dotata di espansioni (metafisi) ad ognuna delle estremità. Durante la crescita, ad ogni metafisi è sovrapposta un’epifisi che è unita alla metafisi stessa da un piano di crescita cartilagineo. All’estremità di ogni epifisi è presente un rivestimento specializzato di cartilagine articolare che costituisce la superficie di scorrimento delle articolazioni. Il piano di crescita è il piano in cui ha luogo la calcificazione della cartilagine e la conseguente creazione di una struttura ossea rigida. Alla cessazione della crescita il piano di crescita scompare ed epifisi e metafisi si fondono in un’unica struttura.

Metafisi ed epifisi sono costituite da osso trabecolare ma la superficie esterna di metafisi ed epifisi è costituita da uno strato di osso corticale che si prolunga senza discontinuità a formare la diafisi.

A ricoprire tutta la superficie esterna dell’osso, ad eccezione della zona di articolazione, vi è il periostio che nutre e vascolarizza l’osso. La porzione interna del periostio contiene cellule particolarmente attive che determinano l’allargamento in direzione circonferenziale ed il modellamento dell’osso durante la crescita: per tali motivi questa porzione del periostio è chiamata strato osteogenico. Quando l’osso è giunto a maturazione questo strato consiste prevalentemente in una rete di vasi capillari. Lo strato esterno del periostio è invece composto da tessuto di natura fibrosa ed è prevalente rispetto allo strato interno al termine del processo di crescita.

(34)

6

Figura 1.2 - Parti anatomiche principali di un osso lungo.

La struttura base (Figura 1.3) è costituita da osteoni o sistemi Haversiani; al centro di ogni osteone vi è un vaso (arterioso o venoso) che è contenuto in un canale, detto canale di Havers. Intorno ai canali di Havers sono disposte lamelle concentriche a formare strutture cilindriche che, insieme ai canali, prendono il nome di osteoni. I canali di Havers sono collegati tra loro da canali trasversali detti canali di Wolkmann. Le lamelle concentriche sono costituite da fibrille di collagene sulle quali è depositata l’idrossiapatite. I cristalli di idrossiapatite costituiscono circa i due terzi del peso dell’osso e la metà del suo volume. Lungo i contorni delle lamelle sono presenti piccole cavità, dette lacune, ciascuna delle quali contiene un osteocita (cellula dell’osso). Numerosi piccoli canali chiamati canalicoli connettono lacune adiacenti e si diramano preferenzialmente in direzione radiale dal canale di Havers verso la periferia dell’osteone. Quest’ultimo è delimitato da una linea di cementazione dove i canalicoli si interrompono, è costituita in prevalenza da proteoglicani e rappresenta il punto più debole della struttura dell’osso compatto quando sollecitato a trazione.

La continuità tra lamelle contigue è garantita da alcune fibrille di collagene disposte radialmente e si interrompe in corrispondenza della linea di cementazione. Gli spazi tra gli osteoni sono riempiti da sistemi di lamelle interstiziali mentre sulla superficie esterna e su quella interna sono presenti sistemi di lamelle limitanti coassiali con l’asse dell’osso.

(35)

7

Figura 1.3 - Microstruttura dell'osso.

Di seguito è mostrata (Figura 1.4)la struttura gerarchica dell’osso a livello macro-, micro- e nanoscopico.

Il livello macroscopico è rappresentato dall’osso in quanto tale, presente nelle due varietà ovvero osso compatto ed osso trabecolare; il livello microscopico è costituito da fasci di fibre e fibrille di collagene, nonché da osteoni e canali Haversiani. Infine, tropocollagene ed amminoacidi rappresentano la componente nanoscopica del tessuto osseo.

(36)

8

Figura 1.4 - Struttura gerarchica dell'osso.

1.3.1 Il tessuto osseo primario e secondario

In base alla dimensione e alla disposizione del collagene si distinguono due tipologie di tessuto osseo, il tessuto osseo fibroso o primario ed il tessuto osseo lamellare o secondario. Il tessuto osseo fibroso è caratterizzato dalla presenza di fibre di collagene di dimensioni rilevanti (5-10 µm di calibro); il decorso di queste fibre non segue un orientamento definito, per cui appaiono intrecciarsi in tutte le direzioni dello spazio. Frequentemente, l’osso fibroso si organizza in osteoni primitivi, con canale di Havers centrale e fibrille di collagene variamente orientate. Questo tipo di tessuto osseo è il primo ad essere deposto, sia durante lo sviluppo fisiologico che nella riparazione di fratture; in seguito, viene rapidamente riassorbito e sostituito da tessuto osseo lamellare: ne rimane soltanto a livello delle inserzioni dei tendini e dei legamenti.

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