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Il piano cartesiano e la retta

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Academic year: 2021

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PIANO CARTESIANO - RETTA

Marco Monaci

Introduzione

:

Per quanto questa affermazione sia impietosa, rende bene l’idea: probabilmente il maggior contributo della matematica nella vita reale è rappresentato dai sistemi di coordinate. In generale per sistema di coordinate intendiamo un sistema che ci permetta di stabilire senza problemi la posizione di un oggetto. Questo concetto può essere allargato anche ad una idea spaziotemporale, se per l’appunto aggiungiamo il tempo come ulteriore coordinata. Tuttavia per i nostri umili scopi lasceremo momentaneamente da parte questa nozione.

Partiamo quindi da un esempio molto semplice ma che ci permette di capire i sistemi di coordinate. Im-maginiamo che Lorenzo voglia incontrare Carlo. Per fare questo, Carlo comunica la sua posizione a Lorenzo. Può per esempio comunicargli la sua latitudine e la sua longitudine, di modo che Lorenzo possa trovarlo. Ve-diamo quindi che Carlo ha fornito due coordinate, in quanto quotidianamente ci muoviamo sulla superficie della Terra, che ha quindi due dimensioni.

Se però Carlo prende un aereo, ecco che si rende ne-cessaria una terza coordinata, ovvero l’altezza. Quindi per identificare Carlo a questo punto abbiamo bisogno di tre coordinate, ovvero latitudine, longitudine e altez-za; questo perché adesso Carlo si sta muovendo in tre dimensioni, e quindi necessitiamo per l’appunto di tre coordinate.

Nel corso di questa dispensa ci limiteremo ai sistemi di coordinate in due dimensioni, ovvero vogliamo identifica-re la posizione di un oggetto su un piano. La matematica ci viene in soccorso, in quanto ci fornisce uno strumento potentissimo, ovverossia il piano cartesiano.

Piano Cartesiano

:

Per identificare la posizione di un punto su di un piano abbiamo bisogno di due coordinate. Il piano cartesiano di fatto suddivide il piano in una griglia, in cui è possibile identificare i punti grazie a due coordinate, ovvero la posizione x e la posizione y. Per ragioni storiche la x indica la posizione orizzontale del punto, mentre la y indica la posizione verticale del punto.

Osservando la Figura 1 si vede chiaramente come sia possibile identificare, usando solo due coordinate, qualunque posizione nel piano in due dimensioni.

Come notazione si usa la seguente:

(x, y)

Dove con x indichiamo appunto la posizione lungo l’asse orizzontale, mentre con y indichiamo la posizio-ne lungo l’asse verticale. La coppia di coordinate così scritte identifica di fatto un punto nel piano.

L’asse delle x, ovvero l’asse orizzontale, viene anche chiamato asse delle ascisse. Quindi la coordinata x di un punto si può anche chiamare ascissa del punto.

L’asse delle y, ovvero l’asse orizzontale, viene anche chiamato asse delle ordinate. Quindi la coordinata y di un punto si può anche chiamare ordinata del punto.

-5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5

Figura 1:Un piano cartesiano. E’ indicato l’origine degli assi, ovvero

il punto con coordinate (0, 0) e un punto di esempio con coordinate (3, 2).

Nota storica. Il termine ascissa venne coniato dal

filo-sofo e matematico Leibniz; significa "tagliata via", pro-babilmente in ricordo delle tacche che vengono indicate sull’asse orizzontale per identificare le coordinate. Le tacche venivano anche chiamate "tagli", e da qui discen-de il termine. Per quanto riguarda il termine ordinata probabilmente si riferisce al fatto che effettivamente le coordinate sono "ordinate" in modo crescente verso l’al-to. In altre parole gli assi sono rette orientate, in cui è quindi possibile definire un verso positivo.

2.1 Quadranti

Gli assi cartesiani dividono il piano in quattro parti, che si chiamano quadranti. Consideriamo a tal proposito la Figura 2. Abbiamo indicato i quadranti con i numeri romani in grigio: si contano quindi in senso antiora-rio partendo dal quadrante in alto a destra. Nel primo quadrante le coordinate sono tutte positive, nel secon-do quadrante le x sono negative e le y sono positive, nel terzo quadrante sono entrambe negative ed infine nel quarto quadrante le x sono positive ma le y sono negative.

Distanza di due punti

:

Consideriamo sempre la Figura 2. Su tale piano sono ri-portati due punti, che per comodità possiamo chiamare Ae B. Tali punti hanno le seguenti coordinate:

A = (4, 4) B = (−3, −1)

Vogliamo calcolare la distanza fra questi due punti, che è evidentemente rappresentata dalla linea blu che unisce i due punti considerati in Figura 2. Per calcola-re la distanza fra questi due punti possiamo facalcola-re una piccola costruzione geometrica che è riportata in figura. In altre parole costruiamo il triangolo rettangolo la cui ipotenusa sia la distanza che ci interessa calcolare. Tale

(2)

-5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5

I

II

III

IV

Figura 2:Un piano cartesiano con indicati i quadranti (numeri romani

in grigio). Sono riportati anche due punti, la cui distanza è data dalla riga blu.

rappresentazione grafica è riportata con delle linee trat-teggiate proprio sul piano cartesiano. In altre parole dal punto A tiriamo giù una linea fino a che non arriviamo alla y del punto B (come se fossimo alla stessa "quota") e successivamente tracciamo una linea orizzontale fino a giungere al punto B. Così facendo abbiamo costruito il triangolo rettangolo che ci interessa.

A questo punto possiamo applicare il teorema di Pitagora al triangolo considerato.

Innanzitutto notiamo che il segmento tratteggiato orizzontale è lungo:

xA− xB

Dove con xAe xB abbiamo indicato le

corrisponden-ti coordinate x dei due puncorrisponden-ti. Notare come in questo particolare caso abbiamo che xA− xB= 4 − (−3) = 7.

Stesso discorso lo possiamo fare per il segmento tratteggiato verticale, ovvero:

yA− yB

Da cui ricaviamo immediatamente che yA− yB = 4 −

(−1) = 5(occhio ai segni!). Un rapido controllo grafico (contate sulla griglia i quadratini!) ci dice che stiamo andando nella direzione giusta.

A questo punto possiamo applicare il teorema di Pi-tagora, ricordandoci che l’ipotenusa è uguale alla radi-ce quadrata della somma dei due cateti, ciascuno dei quali elevato alla seconda. In altri termini abbiamo in generale:

ipotenusa =pcateto2+ cateto2

Ma i nostri due cateti sono proprio i segmenti tratteggiati, ovvero:

d =p(xA− xB)2+ (yA− yB)2

Questa è la formula per calcolare, in generale, la di-stanza fra due punti sul piano cartesiano. Applicando pedissequamente la formula otteniamo:

d =p72+ 52=74

Ovvero la distanza fra questi due punti è pari a d = √

74.

Nota. Chiaramente questa è una formula generale,

quindi è applicabile senza timori a qualunque caso. Ci sono casi particolari dove la formula assume strutture più semplici, come nel caso in cui i due punti abbiano la stessa x oppure la stessa y. La formula funziona lo stesso, provare per credere!

Punto medio di un segmento e baricentro di un

triangolo

:

𝐴

𝐵

𝑀

𝑥

%

𝑥

&

𝑥

'

𝑦

'

𝑦

%

𝑦

&

Figura 3:Calcolo delle coordinate del punto medio di un segmento.

Il nostro successivo task è calcolare le coordinate del punto medio di un segmento 1. A tal proposito

consideriamo la Figura 3, che rappresenta un segmento AB di cui vogliamo calcolare le coordinate del punto medio M , indicato con una stellina. Noi sappiamo che il punto medio di un segmento divide tale segmento in due parti uguali, ovvero:

AM = BM

Adesso proiettiamo il nostro segmento sui due assi (un po’ come se volessimo vedere l’"ombra" del segmento sui due assi cartesiani), ottenendo di fatto i segmenti yAyB e xAxB. Le coordinate del punto medio saranno

xM ed yM. Quello che si scopre, utilizzando il teorema

delle parallele, è che xM è il punto medio del

segmen-to xAxB, mentre yM è il punto medio del segmento

yAyB. Di fatto le parallele sono le rette tratteggiate. Tale

teorema dice che se consideriamo un fascio di rette pa-rallele tagliate da due trasversali, a segmenti congruenti su una trasversale corrispondono segmenti congruenti sull’altra trasversale. Detto questo abbiamo appena sco-perto che anche le coordinate del punto medio sono

di fatto i punti medi delle proiezioni del segmento sugli assi. Ne consegue che le coordinate del punto

1Sinceramente non saprei perché al Ministero siano così appassionati

del punto medio di un segmento e del baricentro di un triangolo - fra l’altro sono cose che non userete mai - ma per incombenti

(3)

medio saranno: xM = xA+ xB 2 yM = yA+ yB 2

4.1 Baricentro di un triangolo

Ricordiamo la definizione di baricentro di un triangolo:

Baricentro di un triangolo: è il punto di incontro delle

mediane relative ai tre lati del triangolo. Ricordiamo che la mediana di un lato è il segmento che unisce il punto medio del lato con il vertice opposto. Inoltre il baricentro di un triangolo è sempre interno al triangolo stesso.

Non dimostreremo le formule che permettono di cal-colare le coordinate del baricentro di un triangolo, in quanto è una dimostrazione farraginosa e che non ha niente di interessante, in quanto si tratta solo di una lunga applicazione di conoscenze base di geometria.

Le coordinate del baricentro di un triangolo si trovano facilmente conoscendo le coordinate dei tre vertici del triangolo, ovvero:

A = (xA, yA)

B = (xB, yB)

C = (xC, yC)

Indicando con (xbar, ybar)le coordinate del baricentro

del triangolo possiamo scrivere: xbar= xA+ xB+ xC 3 ybar= yA+ yB+ yC 3

Notare la somiglianza formale con le formule per cal-colare le coordinate del punto medio di un segmento. Questo non deve stupirci, infatti noi stiamo conside-rando proprio le coordinate del baricentro, che di fatto arriva dall’intersezione delle mediane, che collegano un vertice con il punto medio del lato opposto.

Esempio. Calcoliamo le coordinate del baricentro del

triangolo che ha per vertici i punti A = (4, 4), B = (1, 1), C = (−1, −3). Applichiamo le formule per le coordinate:

xbar = 4 + 1 − 1 3 = 4 3 E: ybar= 4 + 1 − 3 3 = 2 3

Quindi in definitiva le coordinate del baricentro di questo triangolo sono:

 4 3,

2 3



Rette nel piano

:

Per ora abbiamo giocato con punti e figure geometriche nel piano. Tuttavia il piano cartesiano mostra tutta la sua immane potenza nella descrizione di leggi, ovvero

coseche prendono una x in ingresso e sputano fuori una certa y. In generale possiamo definire (prematuramente

- ma fidatevi) una funzione come una legge che mette in relazione un certo valore x con uno e un solo valore y. Un esempio di funzione è dato da:

y = 4x2− 2x

Se per esempio sostituiamo alla x il valore 2 otteniamo: y = 4 · 22− 2 · 2 = 12

Quindi questa funzione associa alla coordinata x = 2 la coordinata y = 12.

Le funzioni possono essere rappresentate sul piano cartesiano tramite delle figure geometriche, che di so-lito si chiamano generalmente grafici. Facciamo un altro esempio, questa volta utilizzando una funzione leggermente diversa ed utilizzando più coordinate x. Consideriamo a tal proposito la funzione:

y = 2x − 2

E sostituiamo qualche valore. Creiamo a tal proposito una comoda tabellina, dove nella colonna di sinistra mettiamo le nostre coordinate x, mentre nella colonna di destra mettiamo le coordinate y, calcolare per l’appunto utilizzando la funzione qui sopra riportata:

x y

-1 -4

0 -2

1 0

2 2

Adesso disponiamo questi punti nel piano cartesiano. Noteremo che tutti questi punti si dispongono tutti alli-neati su una retta. In altre parole, possiamo prendere un righello e farci passare una linea che li attraversa tutti e quattro. Ovviamente noi abbiamo fatto questa operazione usando solo quattro punti, ma chiaramente questa cosa può essere ampliata per decine, centinaia, migliaia di punti. Ciò significa che la funzione y = 2x − 2 rappresenta proprio una retta sul piano cartesiano! In Figura 4 possiamo vedere i punti calcolati e la retta di equazione y = 2x − 2 passante per essi.

-5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5

Figura 4:Rappresentazione grafica della retta dell’esempio e dei

(4)

Notare quindi che abbiamo un sacco di potere predit-tivo, in quanto possiamo calcolare le coordinate di qua-lunque punto appartenente a questa retta. Basta infatti sostituire la x con un numero e trovare la corrispondente coordinata y.

Nota. Possiamo fare anche l’operazione inversa. Immaginiamo di avere la seguente retta:

y = 4x − 4

E di voler vedere se il punto (5, 5) appartiene a questa retta. Per fare questo è sufficiente sostituire alla x e alla y le coordinate del punto, e vedere se torna una uguaglianza verificata. Proviamo a sostituire:

5= 4 · 5 − 4?

5= 20 − 4? 5 6= 16

Con il simbolo=? indichiamo una uguaglianza da veri-ficare (va letto come "sarà uguale a?"). Come vediamo l’uguaglianza non è verificata, e di conseguenza il punto

non appartiene alla retta.

In definitiva abbiamo visto che le funzioni del tipo y = ax + bsono delle rette, dove a e b sono dei numeri reali. In particolare sono rette tutte quelle espressioni in cui sia la x che la y sono di primo grado, ovvero non presentano potenze. La primissima funzione che abbiamo scritto, ovvero y = 4x2− 2x non è una retta,

ma bensì una parabola. Ma di questo ne parleremo in una prossima dispensa.

5.1 Forma esplicita e forma implicita

L’equazione di una retta può essere espressa in due modi differenti. La forma esplicita è quella che abbiamo utilizzato finora, ovvero:

y = mx + q

(C’è una ragione per cui abbiamo chiamato i coefficienti m e q, vedremo meglio dopo).

Questa è la forma più comoda, in quanto permette di calcolare al volo le coordinate di un punto.

Tuttavia in generale possiamo anche scrivere: ax + by + c = 0

Questa è invece la forma implicita. Implicita perché è più difficile calcolare le coordinate dei punti appar-tenenti alla retta. Tuttavia dobbiamo sottolineare che le forme sono equivalenti, e possiamo passare dall’una all’altra senza problemi. Passiamo per esempio dalla forma implicita alla forma esplicita.

ax + by + c = 0 by = −ax − c y = −a bx − c b Ovvero abbiamo che:

−a b = m −c

b = q

Quindi ci siamo ricollegati alla forma esplicita e ab-biamo trovato una relazione fra i coefficienti a,b,c e i coefficienti m e q.

Esempio. Trasformiamo in forma esplicita la seguente

equazione:

3x + 4y − 2 = 0 Dobbiamo innanzitutto isolare la y:

4y = −3x + 2 E poi dividere per il coefficiente della y:

y = −3 4x +

1 2

That’s all. Niente di più facile!

In generale una retta scritta in forma implicita non fornisce direttamente informazioni interessanti, ovvero non è possibile collegare facilmente i coefficienti a,b,c a delle proprietà grafiche della retta. Nel caso della retta scritta in forma esplicita possiamo invece identificare alcune caratteristiche al volo. Vediamole un attimo.

In generale abbiamo visto che possiamo scrivere una retta in forma esplicita come:

y = mx + q Abbiamo che:

• m viene chiamato coefficiente angolare, e di fatto indica quanto la retta è inclinata rispetto all’asse delle x;

• q viene chiamato termine noto ed indica il punto in cui la retta intercetta l’asse delle y (e tale punto avrà coordinate (0, q)). -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5

Figura 5:Rappresentazione grafica di due rette diverse. Direttamente

sul grafico sono riportate le equazioni.

Consideriamo, per fare chiarezza, la Figura 5. Su tale piano cartesiano ci disegnamo due rette di equazioni:

y = x + 1 y = 3x − 4

Vediamo di fare qualche considerazione sui grafici. Innanzitutto notiamo che i termini noti effettivamente ci

(5)

forniscono immediatamente le coordinate delle interse-zioni con l’asse y; in altre parole il termine noto coincide con la coordinata y dell’intercetta. Inoltre il coefficiente angolare ci fornisce giustamente l’inclinazione delle ret-te; più è alto il coefficiente angolare e più è "ripida" la retta. Per questo motivo la retta di equazione y = 3x−4 è più inclinata della retta y = x + 1. Se la retta è inclinata verso sinistra allora il coefficiente angolare è negativo.

5.2 Come disegnare una retta

Disegnare una retta sul piano cartesiano è estremamen-te semplice: ricordando un estremamen-teorema di geometria che ci dice che per due punti passa una e una sola retta, di-venta facile disegnarla. Infatti partendo dall’equazione della retta si identificano due punti a caso, sostituendo quindi due valori a scelta nella x e calcolando le rispetti-ve y. Successivamente si disegnano questi due punti nel piano cartesiano ed infine si traccia la retta passante da quei due punti. Per rendere il disegno grafico il più accurato possibile, conviene scegliere due punti piut-tosto separati, in modo da ridurre l’errore di disegno sulla retta.

5.3 Rette particolari

Per ora abbiamo considerato, in modo indifferente, rette scritte in forma implicita e in forma esplicita. Ricor-dandoci che è sempre possibile passare da una forma all’altra, per comodità utilizzaremo la forma esplicita.

Esaminiamo ora diversi casi di rette particolari, partendo dalla forma esplicita:

y = mx + q

Se imponiamo q = 0 abbiamo una retta che passa

dall’origine, per esempio:

y = 3x

Non abbiamo ancora definito le rette parallele agli assi. Iniziamo da quella parallela all’asse x, di fatto una retta orizzontale. Per rappresentarla dobbiamo imporre che la coordinata y non dipenda mai dalla coordinata x, in altre parole dobbiamo scrivere:

y = 0 · x + k Ovvero:

y = k

Dove k è un qualunque numero reale. Effettivamente in questo modo la dipendenza dalla x viene annientata e il valore k indica il punto sull’asse y da dove passa tale retta.

Caso leggermente più complesso è il caso di una retta verticale, ovvero parallela all’asse y. Per fare questo ragioniamo nel seguente modo: una retta parallela

all’asse y è l’insieme dei punti che hanno tutti la stessa coordinata x. Detto questo possiamo intuire

che dobbiamo eliminare la dipendenza dalla y, e quindi tale y deve sparire. Quindi una retta parallela all’asse y si scrive come:

x = k

Dove anche in questo caso la k rappresenta un qualunque numero reale.

Visto che chiacchierare serve a poco, rappresentiamo alcuni esempi su di un piano cartesiano. Il risultato è riportato in Figura 6, dove riportiamo le rette di equa-zionie y = 4x (retta passante per l’origine), x = −3 (retta parallela all’asse delle y), y = 2 (retta parallela all’asse delle x). -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5

Figura 6:Grafici di alcune rette particolari. Abbiamo una retta

pas-sante dall’origine con equazione y = 4x, una retta parallela all’asse delle y con equazione x = −3 ed infine una retta parallela all’asse delle x con equazione y = 2.

Coefficiente angolare

:

Introduciamo ora un concetto che abbiamo appena accennato, ma che conviene ora formalizzare meglio. Partiamo dall’equazione di due rette generiche:

y = 2x − 4 y = 3x + 2

Disegnando queste due rette ci si rende subito conto di una cosa: che una è più pendente dell’altra, come se fosse più inclinata. E, incredibile a dirsi, la retta di equazione y = 3x + 2 è quella più inclinata. Al di là del termine noto, sembrerebbe quindi che l’inclinazio-ne di una retta sia gestita dal coefficiente m (che l’inclinazio-nel nostro caso assume valori m = 2 ed m = 3). E, sem-pre incredibilmente, più è alto m e più l’inclinazione è accentuata.

Effettivamente questo ragionamento ha un suo senso. msi chiama coefficiente angolare e di fatto stabilisce l’inclinazione della retta.

Se chiamiamo α l’angolo formato dalla retta e dall’asse delle x possiamo scrivere:

m = tan α

Ovvero in altre parole m rappresenta la tangente del-l’angolo che la retta forma con l’asse delle x, ed è quindi ben collegata all’inclinazione della retta!

Cerchiamo ora di dimostrare questa affermazione. In-nanzitutto consideriamo la Figura 7. Prendiamo una retta totalmente a caso, e su di essa scegliamo due punti totalmente a caso, che chiameremo per comodità A e B. Chiamiamo le coordinate di questi due punti xA,xB

e così via.

L’angolo che forma la retta con l’asse delle x lo indichia-mo con α. Adesso consideriaindichia-mo il triangolo rettangolo ABO; chiaramente i lati AO e BO sono paralleli agli assi. Sarete tutti d’accordo che l’angolo in A è proprio uguale all’angolo α, perché sono angoli corrispondenti.

La retta avrà equazione generale: y = mx + q

(6)

𝛼

𝛼

𝐴

𝐵

𝑂

𝑥

𝑦

Figura 7:Sketch per il calcolo del coefficiente angolare.

Sostituiamo le coordinate dei punti all’interno di que-sta equazione (del resto tali coordinate devono soddi-sfare l’uguaglianza, in quanto i punti appartengono proprio alla retta), prima del punto B e poi del punto A. Successivamente mettiamo tutto a sistema:

(

yB = mxB+ q

yA= mxA+ q

A questo punto sottraiamo la seconda equazione alla prima in modo da eliminare q:

yB− yA= mxB− mxA

Raccogliamo la m:

yB− yA= m(xB− xA)

Da cui infine ricaviamo:

m = yB− yA xB− xA

E ora occhio al barbatrucco. yB− yA è proprio il lato

BO, mentre xB− xA è proprio il lato AO. Possiamo

quindi scrivere:

m = BO

AO

Ma questa è proprio la definizione di tangente! Infatti la tangente di un angolo è definita come il rapporto fra i cateti, ovvero:

m = tan α =BO AO

Abbiamo quindi dimostrato che il coefficiente angolare è la tangente dell’angolo.

Inoltre vediamo che la formula: m = yB− yA xB− xA

Di fatto ci permette di trovare il coefficiente angolare di una retta conosciuti due punti appartenenti ad essa.

6.1 Equazione di una retta conosciuto il coefficiente

angolare e un punto

Immaginiamo di conoscere il coefficiente angolare m di una retta e di conoscere un punto (x0, y0)appartenente

a questa retta. Vogliamo calcolare l’equazione di tale retta.

Innanzitutto sostituiamo le coordinate dei punti all’equazione:

y0= mx0+ q

Da questa equazione ricaviamo q: q = y0− mx0

A questo punto sostituiamo questa q nell’equazione generica della retta y = mx + q ottenendo:

y = mx + y0− mx0

Da cui sistemando un po’ tutti i pezzi: y − y0= m(x − x0)

Che ci fornisce la formula per trovare l’equazione della retta conosciuto m e le coordinate di un punto appartenente ad essa.

Nota. La bisettrice del primo e del terzo quadrante

forma un angolo di 45 gradi, quindi la tangente è pari a 1. Ciò significa che la sua equazione è semplicemente y = x. Nel caso in cui la bisettrice sia del secondo e del quarto quadrante, allora la tangente è pari a −1 e l’equazione è y = −x. Ciò significa che le rette "inclinate al contrario", ovvero che formano un angolo ottuso con l’asse delle x hanno coefficienti angolari negativi.

Rette parallele e rette perpendicolari

:

Esiste una particolare condizione per le rette parallele fra loro? Assolutamente sì, ed è piuttosto semplice intuire quale sia tale condizione. Infatti affinché siano parallele è necessario che i coefficienti angolari siano uguali. Facciamo un esempio. Le rette:

y = 3x + 4 y = 3x − 2

Sono parallele, infatti hanno i coefficienti angolari uguali.

Due rette sono perpendicolari quando sussiste la condizione seguente sui coefficienti angolari:

m = − 1 m0

Possiamo anche scriverlo in questo modo: mm0= −1

Ovvero il loro prodotto deve fare −1. Le rette: y = 2x + 2 y = −1

2x + 3 Sono perpendicolari, in quanto:

2 ·  −1 2  = −1

(7)

Nota. Se vogliamo trovare il punto di incontro di due

rette è sufficiente metterle a sistema e risolverlo. Ovvero: (

y = 2x + 2 y = −12x + 3

7.1 Distanza di un punto da una retta

Non dimostreremo la seguente formula, ma essendo piuttosto utile la citiamo. Immaginiamo di avere un punto P di coordinate (x0, y0) e una retta (scritta in

forma implicita - ricordiamoci che è sempre possibile passare dalla forma esplicita alla forma implicita) di equazione:

ax + by + c = 0

Dove per l’appunto abbiamo indicato con a, b, c i coef-ficienti della retta. La distanza la possiamo scrivere come:

d =|ax√0+ by0+ c| a2+ b2

Esempio. Calcoliamo la distanza del punto P (4, 3) dalla

retta di equazione 4x − 5y + 2 = 0. d = |4 · 4 − 5 · 3 + 2|√ 16 + 25 d =√3 41

Fasci di rette

:

Possiamo definire in maniera molto naive i fasci di rette come insiemi di rette. Partiamo da quelli che si chiamano fasci impropri, ovvero l’insieme di rette che hanno lo stesso coefficiente angolare. Un esempio di fascio improprio è dato da:

y = −2x + k

Al variare di k possiamo ottenere varie rette. In Figura 8 possiamo vederne un esempio emblematico.

Figura 8:Esempio di fascio improprio.

Ovviamente i fasci impropri di rette non hanno punti in comune a tutte le rette, proprio perché sono tutte parallele.

8.1 Fascio proprio di rette

Definiamo il fascio proprio di rette come l’insieme di rette che passano per un certo punto del piano cartesiano.

Adesso proviamo a scrivere l’equazione che genera il fascio di rette. Consideriamo un qualunque punto P = (x0, y0)nel piano, e sostituiamo le sue coordinate

nell’equazione generale della retta: y0= mx0+ q

Ricaviamo q da questa equazione: q = y0− mx0

e poi sostituiamo tale valore all’interno dell’equazione generica della retta:

y = mx + y0− mx0

Da cui:

y − y0= m(x−x0)

Quindi come possiamo vedere abbiamo un solo para-metro che è rimasto libero, ovvero la m. Questo perché il sistema è sottodimensionato: abbiamo sostituito solo le coordinate di un punto, e non di due. Ne consegue che rimane un parametro libero che possiamo cambiare a nostro piacimento.

In generale comunque un fascio di rette può essere scritto inserendo un parametro k da qualche parte nel-l’equazione implicita di una retta. Per esempio possiamo scrivere come fascio:

kx − (k − 2)y + 4k − 6 = 0

8.2 Studio di un fascio di rette

Studiare il fascio significa generalmente identificare le caratteristiche salienti del fascio. Proviamo quindi a studiare il fascio:

kx − (k − 2)y + 4k − 6 = 0

Di solito conviene prima di tutto raccogliere per k. Quindi svolgiamo le parentesi:

kx − ky + 2y + 4k − 6 = 0 Raccogliamo k:

k(x − y + 4) + 2y − 6 = 0

Questa equazione ha di fatto una forma particolare, in quanto sono "nascoste" le equazioni di due rette, quel-la all’interno delquel-la parentesi che moltiplica k e quelquel-la all’esterno, ovvero ci riconosciamo le rette:

x − y + 4 = 0 2y − 6 = 0

Queste rette sono chiamate le generatrici del fascio. Possiamo quindi facilmente disegnarle su un piano cartesiano.

(8)

Per calcolare il punto in comune del fascio basta mettere a sistema le due rette trovate sopra, ovvero:

(

x − y + 4 = 0 2y − 6 = 0

Risolvendo il sistema si trova che il centro del fascio è C(−1, 3). Poiché abbiamo trovato un centro, il fascio è un fascio proprio.

Nota. La retta di equazione x − y + 4 = 0, per

quan-to generatrice, non può mai essere rappresentata, in quanto non esiste valore di k che permette di "annulla-re" l’"altra" retta 2y − 6 = 0 lasciando solo quella nella parentesi. Quindi in generale nello studio del fascio conviene indicare se ci sono rette non rappresentabili.

Figura 9:Rappresentazione grafica del fascio proprio di rette di

equa-zione kx − (k − 2)y + 4k − 6 = 0. Le rette tratteggiate sono le generatrici del fascio, mentre le due rette arancioni sono degli esempi per i valori di k pari a 1 e 3.

In Figura 9 è riportata una rappresentazione grafica del fascio proprio che abbiamo studiato. In arancio-ne sono riportate due delle rette del fascio, mentre in tratteggiato sono riportate le rette generatrici.

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