Prof. Enrico Sailis – I.I.S. Gramsci-Amaldi di Carbonia 1
Il Potenziale Elettrico
Prima di definire il potenziale elettrico sono necessarie alcune nozioni di base di carattere fisico-matematico: Prodotto scalare
Il prodotto scalare w tra i vettori F ed S (dora in poi i vettori li indicheremo in grassetto mentre il modulo o intensità di un vettore, sempre positivo, sarà indicato con lo stesso nome del vettore ma non in grassetto) è uguale al prodotto dei moduli F ed S dei vettori per il coseno dell’angolo 𝜃 tra essi compreso. Per convenzione si intende per angolo tra i vettori quello più piccolo tra i due angoli che questi formano. Il prodotto scalare tra i due vettori è indicato con un punto tra di essi.
𝑤 = 𝑭 ∙ 𝑺 = 𝐹𝑆𝑐𝑜𝑠𝜃
L’operazione ora definita si chiama prodotto scalare perché il risultato è un numero. Il prodotto scalare è un numero positivo (fig.1) se l’angolo che i vettori formano è acuto, nullo (fig. 2) se i vettori formano un angolo retto , negativo (fig. 3) se l’angolo tra di essi è ottuso.
(fig. 1)
(fig. 2)
(fig. 3)
<osservazione> Se F ed S formano un angolo 𝜃 , cambiando solo il verso al vettore S, otteniamo un vettore S’ = -S che formerà con F un angolo 𝜃′ supplementare a 𝜃 e pertanto per una nota formula sugli archi associati si ha: 𝑐𝑜𝑠𝜃′ = −𝑐𝑜𝑠𝜃 da cui segue: 𝑭 ∙ 𝑺′= −𝑭 ∙ 𝑺, cioè cambiando il verso ad S il prodotto scalare cambia di segno (soltanto).
(4)
(5)
Lavoro di una forza su un punto materiale in movimento 𝜃 < 90° 𝑺 𝑭 𝜃 = 90° 𝑺 𝑐𝑜𝑠𝜃 = 0 → 𝑤 = 0 𝜃 > 90° 𝑺 𝑭 𝑐𝑜𝑠𝜃 < 0 → 𝑤 < 0 𝑭 𝑐𝑜𝑠𝜃 > 0 → 𝑤 > 0 𝜃 𝑺 𝑭 𝜃′ = 180° − 𝜃 𝑺′ = −𝑺 𝑭 𝜃
Prof. Enrico Sailis – I.I.S. Gramsci-Amaldi di Carbonia 2 Sia F una forza che agisce costantemente su un punto materiale m che si sposta di un tratto rettilineo S (spostamento, inteso come vettore). Si definisce lavoro w (work) svolto dalla forza F sulla particella m in movimento, il prodotto scalare 𝑭 ∙ 𝑺 tra la forza e il vettore spostamento. In generale se la particella si muove su una curva (fig. 6) da un punto A ad un punto B, e la forza non è costante, si definisce comunque il lavoro svolto dalla forza che agisce sulla particella in movimento, scomponendo la traiettoria seguita dalla particella in piccoli tratti rettilinei infinitesimi (vedi fig.7), che approssimano la traiettoria, questi tratti si assumono talmente piccoli da poter ritenere in quello spazio che la forza sia approssimativamente costante. Il lavoro allora è uguale alla somma algebrica di tutti i lavori elementari svolti dalla forza, assunta costante, su ogni tratto rettilineo infinitesimo in cui è stata scomposta la traiettoria.
(fig. 6)
(fig. 7)
(1) 𝑊(𝑭)𝐴→𝐵 = 𝑭𝟏∙ 𝑺𝟏+ 𝑭𝟐∙ 𝑺𝟐+ ⋯ + 𝑭𝒏∙ 𝑺𝒏= ∑𝑛𝑖=1𝑭𝒊∙ 𝑺𝒊
<osservazione> Se il movimento della particella m avviene lungo la stessa traiettoria ma nel verso contrario al precedente, cioè da B ad A, allora scomponendo la linea negli stessi tratti di prima ma orientaldoli ovviamente nel verso opposto al precedente e assumendo in ogni tratto la stessa forza di prima, ogni spostamento inizialmente 𝑺𝒊 diverrà 𝑺′𝒊= −𝑺𝒊 e, per quanto abbiamo osservato sul cambiamento del verso di S nel prodotto scalare, ogni lavoro elementare 𝑭𝒊∙ 𝑺′𝒊 sarà uguale a − 𝑭𝒊∙ 𝑺𝒊. Pertanto l’intera somma di lavori elementari (8) cambierà di segno (soltanto) rispetto alla precedente, cioè si avrà:
(2) 𝑊(𝑭)𝐵→𝐴 = − 𝑊(𝑭)𝐴→𝐵
Abbiamo ora gli strumenti matematici per definire Il Potenziale Elettrico
Se ragioniamo sulla definizione di lavoro svolto da una forza su una particella in movimento, ci rendiamo conto che ciò che conta è essenzialmente la presenza di un campo vettoriale F e di una linea orientata l, pertanto la nozione di lavoro in senso esteso, assumendo la sua definizione data dalla formula (1), si può applicare ad un campo vettoriale qualunque. In tal senso si parlerà più precisamente di integrale di linea anziché di lavoro. B A A B 𝑭𝟏 𝑭𝟐 𝑭𝒏 𝑺𝟏 𝑺𝟐 𝑺𝒏
Prof. Enrico Sailis – I.I.S. Gramsci-Amaldi di Carbonia 3 Assumiamo ora che la regione di spazio su cui concentriamo la nostra attenzione sia sede di un campo elettrostatico E, ovvero che in ogni punto dello spazio sia definito un vettore campo elettrico E dovuto alla presenza di cariche elettriche ferme. Fissato un punto R, si definisce potenziale elettrico in un punto A dello spazio rispetto al punto di riferimento R, l’integrale di linea del campo elettrostatico lungo una linea che va dal punto A al punto di riferimento R (fig. 8) . Tale definizione non è ambigua in quanto si dimostra che questo integrale di linea non dipende dal percorso scelto ma solo dal punto iniziale A e il punto finale R (si dice perciò che il campo vettoriale E è conservativo). Dunque in formule il potenziale elettrico in A rispetto ad R, 𝑉𝐴, è dato da: 𝑊(𝑬)𝐴→𝑅
(fig. 8)
Associando ad ogni punto A dello spazio sede del campo elettrico, il potenziale 𝑉𝐴, abbiamo definito un campo scalare, ovvero una corrispondenza tra punti dello spazio e numeri. L’importanza di questa associazione risiede nel fatto che il potenziale ci consente di calcolare in modo molto semplice il lavoro svolto dalla forza elettrica F su una carica puntiforme q che si muove da un punto A a un punto B. Per capire come si può semplificare il calcolo del lavoro facciamo alcune considerazioni:
a) Poiché 𝑭 = 𝑞𝑬 si ha: 𝑊(𝑭)𝐴→𝑅= 𝑞𝑉𝐴 (3) Infatti:
𝑊(𝑭)𝐴→𝑅 = 𝑊(𝑞𝑬)𝐴→𝑅 = ∑𝑛𝑖=1𝑞𝑬𝒊∙ 𝑺𝒊= 𝑞 ∑𝑛𝑖=1𝑬𝒊∙ 𝑺𝒊 = 𝑞𝑊(𝑬)𝐴→𝑅 = 𝑞𝑉𝐴
b) Essendo il campo di forze elettrostatico agente su una carica q conservativo, ovvero il lavoro della forza non dipendente dal cammino seguito dalla carica q ma solo dal punto iniziale e finale del percorso (come si dimostra in virtù della legge di Coulomb e del principio di sovrapposizione del campo elettrico), si ha che il lavoro che la forza elettrica F compie su una carica q che si muove dal punto A al punto B si può calcolare come somma del lavoro fatto da F su q, su un cammino particolare passante per R ovvero, in formule:
(4) 𝑊(𝑭)𝐴→𝐵 = 𝑊(𝑭)𝐴→𝑅+ 𝑊(𝑭)𝑅→𝐵
(fig. 9)
Per le formule (2), (3) e (4) risulta: A R A R B 𝑉𝐴 = 𝑊(𝑬)𝐴→𝑅
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𝑊(𝑭)𝐴→𝐵= 𝑊(𝑭)𝐴→𝑅+ 𝑊(𝑭)𝑅→𝐵= 𝑊(𝑭)𝐴→𝑅− 𝑊(𝑭)𝐵→𝑅 = 𝑞𝑉𝐴− 𝑞𝑉𝐵= 𝑞(𝑉𝐴−𝑉𝐵)
dunque
(5) 𝑊(𝑭)𝐴→𝐵 =𝑞(𝑉𝐴−𝑉𝐵)
cioè il lavoro svolto dalla forza elettrica F su una carica q che si sposta dal punto A al punto B è uguale al prodotto della carica q per la differenza di potenziale tra i punti A e B, 𝑉𝐴−𝑉𝐵.
Si dimostra facilmente che se si considera un secondo punto di riferimento R’ per il calcolo del poteziale, questo nuovo potenziale, in un punto A, 𝑉′𝐴 differisce dal potenziale in A, 𝑉𝐴, calcolato rispetto al punto R, per una costante, cioè si ha: 𝑉′𝐴= 𝑉𝐴+ 𝑐 , con 𝑐 = 𝑊(𝑬)𝑅→𝑅′ . E’ immediato verificare che la differenza di potenziale tra due punti risulta sempre la stessa qualunque sia il punto di riferimento scelto, cioè 𝑉𝐴−𝑉𝐵 = 𝑉′𝐴−𝑉′𝐵.
Nel caso specifico di un campo elettrostatico generato da una carica puntiforme Q nel vuoto, se assumiamo come punto di riferimento per il calcolo del potenziale un punto lontanissimo da Q, che diremo all’infinito, dove la forza elettrica è trascurabile, si dimostra che il potenziale in un punto A a distanza 𝑟𝐴 dalla carica Q è dato dalla formula:
(6) 𝑉𝐴= 1 4𝜋𝜖0 𝑄 𝑟𝐴
L’unità di misura del potenziale può essere dedotta dalla formula (5) da cui si ricava:
𝑉𝐴− 𝑉𝐵 =
𝑊(𝑭)𝐴→𝐵 𝑞 Per cui l’unità di misura di 𝑉𝐴− 𝑉𝑩, in simboli: [𝑉𝐴− 𝑉𝐵], è data da:
[𝑉𝐴− 𝑉𝐵] = J 𝐶 Da cui si ricava l’unità di misura del potenziale elettrico:
[𝑉𝐴] = J 𝐶
Questa grandezza viene chiamata volt e viene indicata con il simbolo V. Dunque:
1𝑉𝑜𝑙𝑡 = 1Joule
1𝐶𝑜𝑢𝑙𝑜𝑚𝑏 𝑖𝑛 𝑠𝑖𝑚𝑏𝑜𝑙𝑖 1𝑉 = 𝐽 𝐶
Tra due punti vi è la differenza di potenziale di 1Volt se le forze del campo compiono il lavoro di 1 Joule quando una carica di 1Coulomb viene spostata da un punto all’altro.