e
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Competenze digitali certificate a scuola, esperienze e prospettive
Realtà aumentata e mista per avvicinare in modo
naturale al conoscere: gli strumenti più innovativi nelle mani del docente
DIDAMATICA cambia
pelle”
Fare didattica con la Realtà Aumentata: applicazioni
e metodologie per inserire la Realtà Aumentata nella quotidiana pratica
didattica
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Giovanni Adorni, Presidente AICA, Chair Nello Scarabottolo, Vice-Pres. AICA, Co-Chair Lucia Abiuso, USR Calabria
Paolo Atzeni, GII e Università Roma Tre Raffaele Bolla, CNIT e Università Genova Anna Brancaccio, MIUR
Marina Cabrini, AICA Internazionale Edoardo Calia, Fondazione Links Torino Paolo Ciancarini, GRIN e Università Bologna Massimo Cicognani, Università Bologna Rosario Crisaldi, AICA Campania Rocco Defina, AICA
Claudio Demartini, Politecnico Torino Gaetano Di Bello, AICA
Roberto Ferreri, AICA Liguria Salvatore Gaglio, AICA Sicilia Gloria Gazzano, DBridge Roberto Grossi, AICA Toscana Renato Marafiotti, AICA Calabria Giuseppe Mastronardi, Politecnico Bari Tomaso Minerva, SIE-L e Università MORE Pierluca Montesoro, CRUI e Università Udine Giorgio Mortali, AICA Emilia-Romagna Franco Patini, AICA Lazio
Giuseppe Pirlo, AICA Puglia Antonio Piva, AICA Triveneto Piero Poccianti, AI*IA
Ernesto Damiani, CINI e Università Milano Roberto Ronutti, AICA Triveneto
Nicola Rossignoli, AICA Angelo Rizzo, AICA Emanuela Scalzotto, AICA Paolo Schgor, AICA Carlo Tiberti, AICA Giuseppe Tittoto, AICA Paolo Traverso, FBK Trento Anna Verrini, AICA Lombardia Calogero Volo, AICA
Rodolfo Zich, AICA Piemonte e Politecnico TO
Giovanni Adorni, Università Genova, Chair Francesco Buccafurri, Univ. Reggio C., Co-Chair Chiara Alzetta, Università Genova
Mariacarla Calzarossa, Università Pavia Antonio Chella, Università Palermo Anna Ciampolini, Università Bologna Paolo Ciancarini, Università Bologna Mauro Coccoli, Università Genova Antonina Dattolo, Università Udine Claudio Demartini, Politecnico Torino Pasquale De Meo, Università Messina Giovanni Fenu, Università Cagliari Marco Ferretti, Università di Pavia Luca Forlizzi, Università Aquila Salvatore Gaglio, Università Palermo Frosina Koceva, Università Genova Gianluca Lax, Università Reggio Calabria Pierpaolo Limone, Università Foggia
Roberto Maragliano, Università Roma Torvergata Marina Marchisio, Università Torino
Paolo Maresca, Università Napoli Federico II Giuseppe Mastronardi, Politecnico Bari Luisa Mich, Università Trento
Tomaso Minerva, Università Modena e Reggio Michele Missikoff, IASI-CNR Roma
Monica Mordonini, Università Parma Pierluca Montessoro, Università Udine Enrico Nardelli, Università Roma Torvergata Roberto Nardone, Università Reggio Calabria Fiorella Operto, Scuola Robotica Genova Stefano Paraboschi, Università Bergamo Samuele Passalacqua, Università di Genova Donatella Persico, ITD-CNR Genova Giuseppe Pirlo, Università Bari Roberto Pirrone, Università Palermo Pierfranco Ravotto, AICA
Alessandro Ricci, Università Bologna, Pier Cesare Rivoltella, Università Cattolica Piergiuseppe Rossi, Università Macerata
Nello Scarabottolo, Università Milano Viola Schiaffonati, Politecnico Milano Angela Maria Sugliano, Università Genova Massimo Tistarelli, Università Sassari Michele Tomaiuolo, Università Parma Ilaria Torre, Università Genova Genny Tortora, Università Salento Guglielmo Trentin, ITD-CNR Genova Gianni Vercelli, Università Genova Giuliano Vivanet, Università Cagliari
Renato S. Marafioti, AICA Calabria, Chair Gianluca Lax, Univ. Reggio C. Co-Chair Giuseppe Baffo, AICA Calabria Elisabetta Benetti, AICA
Eleonora Caracciolo, AICA Calabria Giulia Carmeci, Università Genova Pasquale De Meo, Università Messina Stefania Dimatteo, AICA
Sonia Guaragni, AICA
Gianluca Lax, Università Reggio Calabria Antonio Picano, Università Genova Antonia Russo, Università Reggio Calabria
Giovanni Adorni, Università Genova Chiara Alzetta, Università Genova
Francesco Buccafurri, Univ. Reggio Calabria Giulia Carmeci, Università Genova
Antonio Chella, Università Palermo Anna Ciampolini, Università Bologna Paolo Ciancarini, Università Bologna
Mauro Coccoli, Università Genova Antonina Dattolo, Università Udine Claudio Demartini, Politecnico Torino Giovanni Fenu, Università Cagliari Luca Forlizzi, Università Aquila Salvatore Gaglio, Università Palermo Manuel Gentile, ITD-CNR Palermo Frosina Koceva, Università Genova Pierpaolo Limone, Università Foggia
Roberto Maragliano, Università Roma Torvergata Marina Marchisio, Università Torino
Paolo Maresca, Università Napoli Federico II Mara Masseroni, ITOS “Marie Curie” Milano Giuseppe Mastronardi, Politecnico Bari Luisa Mich, Università Trento
Pierluca Montessoro, Università Udine Monica Mordonini, Università Parma Nello Scarabottolo, Università Milano Fiorella Operto, Scuola Robotica Genova Stefano Paraboschi, Università Bergamo Samuele Passalacqua, Università di Genova Riccardo Pecori, Università eCampus Donatella Persico, ITD-CNR Genova Antonio Picano, Università Genova Giuseppe Pirlo, Università Bari Roberto Pirrone, Università Palermo Pierfranco Ravotto, AICA
Pier Cesare Rivoltella, Università Cattolica Antonia Russo, Università Reggio Calabria Lidia Stanganelli, Università Napoli Federico II Angela Maria Sugliano, Università Genova Federica Tamburini, IC Marco Polo Viareggio Michele Tomaiuolo, Università Parma Giusi Antonia Toto, Università Foggia Guglielmo Trentin, ITD-CNR Genova Gianni Vercelli, Università Genova
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aumentata: esperienze scolastiche
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in Bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione e
Iperattività: Il Progetto AdHd-Augmented (AHA)
Documentazione didattica
“aumentata”: un modello ipermediale e multimodale
Il progetto FabSchoolNet:
Realtà Aumentata, Robotica Educativa e Stampanti 3D
nelle scuole
La Mixed Reality e l’uso del Green
Screen nella didattica della Storia alla scuola primaria
VR@Polito: The Virtual Reality initiative of
Politecnico di Torino – the experience of the Virtual Tour
for Foreign Students.
Narrativa storica: un esempio
molto particolare di realtà virtuale e aumentata.
BrainControl Avatar: a robotic alter
ego for students with severe disabilities.
CPIAbot: un chatbot nell’insegnamento dell’Italiano L2
per stranieri
Best Paper AwardBYOD per
imparare l'algebra in maniera interattiva
Scenari d’uso della tecnologia 5G per
l’apprendimento dentro e fuori la scuola
Aumentare l’apprendimento del lessico in
Lingua Inglese e il coinvolgimento degli studenti
attraverso UDL e Byod
un ambiente di apprendimento cloud per la
didattica BYOD
Un modello di Interactive MOOC
per potenziare l’interattività e infrangere la sequenzialità
I dispositivi mobili rappresentano veramente
un’opportunità per migliorare l’apprendimento?
Smart pendulum.
Exergame e dispositivi wearable per la didattica
esercitativa nei corsi di laurea on line in scienze delle
attività motorie e sportive.
La metodologia aziendale Agile applicata al
Coding
Best Paper AwardAnalisi dei processi di pensiero computazionale alla
base della creazione di grafici animati per il problem
solving
A data mining
approach to study gender differences in scientific
degrees courses
Le app e il loro ruolo
nella didattica e nell’apprendimento: un catalogo
multimediale per conoscerle ed usarle
I tre pirati e la
cassaforte: il percorso STEAM
Il robot come strumento e veicolo di
“esperienza aumentata”
Industria 4.0, sviluppo
delle competenze con didattica Project Based Learning
“Low floor high ceiling” Computer Science:
Riflessioni su un curriculum per un primo corso
d’informatica
PLS:
“comunicare” la scienza
Ambienti, linguaggi,
piattaforme per il coding e la robotica educativa
Pensiero Computazionale:
imparare facendo nella Scuola Primaria
"Aumentare" la figura
professionale del docente: il docente ricercatore
Best Paper Award
Implementazione di un
Protocollo di Firma Elettronica Avanzata basato su SPI
PP&S e Riconnessioni:
“apprendere” e “fare” nel quadro della Trasformazione
Digitale dell’Ecosistema Educativo
Servizi Intelligenti per il
Tracciamento e l’Elaborazione di Dati Multi-Biometrici in
Piattaforme di Apprendimento Digitale
Dalla Proposta di Indicazioni Nazionali per
l’insegnamento dell’Informatica ai Percorsi formativi:
Strumenti Operativi per la Scuola Primaria
Intelligenza
artificiale nella didattica universitaria: lo studio di un caso
per la rilevazione delle discariche abusive nelle zone
urbane di Genova
Quando il gioco
si fa serio: uManager
“In WWW
veritas?” - i motori di ricerca come “filtri” della realtà -
una sperimentazione in classe
Formazione in realtà virtuale:
il caso Magna Getrag
Ludoteca del Registro .it: sicuri e
consapevoli in Rete
Il percorso obbligato della digitalizzazione
della PA e la valorizzazione delle competenze interne
PP&S e Riconnessioni: “apprendere” e “fare” nel quadro
della Trasformazione Digitale dell’Ecosistema Educativo
Claudio G. Demartini1, Marina Marchisio2
Lorenzo Benussi3, Anna Brancaccio4, Claudio Pardini4, Rodolfo Zich5 1 Dip. Aut. e Informatica, Politecnico di Torino
demartini@polito.it
2 Dip. Di Matematica, Università, degli Studi di Torino
marina.marchisio@unito.it
3 Fondazione per la Scuola, Compagnia di San Paolo,
lorenzo.benussi@unito.it
4 MIUR, Direzione Generale Ordinamenti Scolastici
anna.brancaccio@istruzione.it, dirigente@carloanti.it
5 Fondazione Torino Wireless
rodolfo.zich@torinowireless.it
Abstract. Nonostante gli enormi cambiamenti promossi nel contesto sociale
dalle rivoluzioni industriali, e i progressi nella scienza e nella tecnologia, i pro-cessi di sviluppo hanno sostenuto la definizione e il consolidamento di profes-sioni e carriere rimaste sostanzialmente stabili, e conformi a schemi omogenei, immutati nel tempo per buona parte del secolo scorso. Per contro aumenta il bi-sogno di qualificare soggetti in possesso di capacità imprenditoriali personali, affinché siano preparati ad affrontare crescenti livelli di incertezza e complessi-tà che si manifestano nello scenario globale dei sistemi produttivi, nelle orga-nizzazioni e negli ecosistemi sociali. In questo contesto, il ruolo dell'educazione e della formazione coinvolge istituzioni scolastiche e università, che devono di-ventare attori di un processo di istruzione e formazione in grado di anticipare gli scenari che i futuri lavoratori, allievi attuali, dovranno fronteggiare. Questo la-voro affronta e richiama molteplici esperienze di apprendimento attivo consoli-date in un quadro educativo tracciato sia per uno specifico contesto di alta for-mazione accademica sia per la scuola secondaria superiore di I e II grado. L'or-ganizzazione dei corsi è fondata su una visione costruttivista del processo di apprendimento. Gli studenti adottano un approccio che evolve dal generale al particolare per portare a termine un lavoro di progetto al fine di sviluppare un insieme di competenze compatibili con i requisiti espressi da diverse categorie di imprese che operano nella manifattura sia nello sviluppo di sistemi software.
Keywords: Digital Transformation, Education, Computational Thinking,
Com-puter Science.
1
Il Contesto Educativo
L'educazione all'apprendimento attivo è un processo che mira a fornire agli studenti l'opportunità di riflettere in modo logico e strutturato sul problema, attraverso una serie di attività che inseriscono l’attore nelle situazioni professionali più difficili, che possono richiedere capacità di valutazione, di problem solving, ma soprattutto di ra-gionamento critico trasferito dai contesti disciplinari al dominio ove quelli possano integrarsi armonicamente.
In generale, questo tipo di orientamento può essere considerato come articolato ca-leidoscopio di strategie di apprendimento [2] [3] [4] [5] [6] [7] [11], in parte sovrap-poste, ma anche divergenti, in modo tale da coprire parti complementari di contesto, favorendo la rappresentazione olistica del problema, promuovendo così soluzioni ove l’interdisciplinarietà domina la scena, in piena sintonia con l’agire professionale espe-rito sul palcoscenico aziendale, nella vita reale.
Il contesto educativo rappresentato in questo lavoro si basa su un modello di ap-prendimento fondato sull'indagine, ovvero un insieme di processi messi a punto dagli stessi allievi, come, ad esempio, la diagnostica del problema, realizzata attraverso un’articolata analisi condotta ad ampio spettro, discutendo soluzioni esistenti in modo critico e identificando alternative, formulando congetture, cercando ulteriori informa-zioni, costruendo modelli, articolando ragionamenti e argomentazioni coerenti, essen-do così in graessen-do di sostenere confronti radicati anche su queste ulteriori estensioni del percorso di apprendimento [8][9].
L’elemento d’ingaggio è offerto dallo scenario in cui si colloca il problema ogget-to d’indagine, la cui analisi può guidare lo sviluppo di specifici progetti collocati nell’area della computer science e del pensiero computazionale [10]. È opportuno sottolineare che in questo contesto un problema si riferisce a una criticità la cui solu-zione potrebbe essere realizzata nella forma di un sistema computazionale anche arti-colato e complesso. In tal modo gli studenti apprendono una metodologia per tradurre l'analisi di un problema in una serie di attività, volte a identificare un insieme di obiet-tivi chiari entro un determinato periodo di tempo. Tale processo promuove la crescita di pratiche, tecniche e abilità trasversali, essendo comunque guidato da docenti che agiscono in qualità di facilitatori avendo acquisito metodi, strumenti e concetti con-nessi all’impiego delle tecnologie. L’apprendimento fondato sull'indagine sviluppa un approccio induttivo ove osservazioni, analisi e riflessioni elaborate dagli allievi costi-tuiscono gli elementi fondamentali del processo.
Poiché il focus del contesto educativo sono la matematica [13], l’informatica [10] e l’innovazione, il corso di gestione dell’innovazione e sviluppo prodotto è di partico-lare interesse e adeguato all’elaborazione di un quadro orientato all’apprendimento esperienziale di tipo costruttivista. A questo fine la costituzione di un “living lab” [1][6], in cui vari attori partecipano alla co-creazione e alla valutazione di idee nuove, accompagnandole con la realizzazione di prototipi tecnologici, costituisce un’opportunità unica.
Il fine ultimo di questo lavoro è di fornire gli strumenti per comprendere come un ecosistema di apprendimento attivo influisca sui risultati di apprendimento conseguiti dagli allievi sia nei corsi universitari sia nelle scuole secondarie di I e II grado. Queste ultime intervengono come attrici attive e passive nel progetto triennale
ni” [27][28], promosso dalla Compagnia San Paolo di Torino e realizzato dalla Fon-dazione per la Scuola della stessa Compagnia.
2
Modello e Strategia
Il paradigma di apprendimento basato sull'indagine offre la possibilità di approfondire concetti e conoscenza acquisita, mentre il discente segue il percorso tracciato per giungere alla costruzione di una risposta al problema. Esso rappresenta un processo naturale seguito dagli allievi quando essi stessi cercano di costruire soluzioni via via rispondendo ai quesiti che maturano lungo il percorso, in tal modo sostenendo impli-cita estensione delle proprie abilità e competenze.
Effettivamente, da questo punto di vista, l'intero processo, elaborato applicando tecniche di apprendimento basate sull’indagine, agisce secondo il metodo scientifico, ben noto e ampiamente applicato nel dominio della ricerca.
Per questo motivo diventa indispensabile descrivere le modalità con le quali esso possa essere messo in pratica. A tale riguardo, il pensiero computazionale [14] può essere considerato “best practice” da perseguire, essendo quello stesso costituito dai: "… processi di ragionamento coinvolti nella formulazione di problemi e delle loro soluzioni in modo tale che quelle stesse soluzioni possano essere rappresentate in una forma tale da poter essere eseguite da un agente automatico per l'elaborazione delle informazioni ". Questa definizione delinea chiaramente la stretta relazione con gli obiettivi di un corso che ha lo scopo di favorire l’individuazione delle possibili rispo-ste a specifiche esigenze di mercato, affinché sia possibile mantenere la competitività dell’ente esercitata in uno scenario globale.
In questo contesto sono necessari strumenti appropriati sia per definire corretta-mente i problemi da un punto di vista metodologico sia per formulare soluzioni corri-spondenti, comprese eventuali alternative, qualificate in base alla stessa definizione del problema e ai requisiti raccolti in coerenza con quella formulazione. L'obiettivo è dimostrare la fattibilità delle soluzioni e di metterle in produzione in modo efficiente.
I principali meccanismi a fondamento del pensiero computazionale riguardano l'a-strazione, la rappresentazione del problema, la decomposizione, la simulazione e le tecniche di verifica. La pietra angolare del disegno è il processo di generalizzazione, che viene usato concettualmente per rappresentare i dati come oggetti definiti ad un più elevato livello, stabilendo collegamenti logici tra essi. Ciò è ben rappresentato nella modellazione concettuale con la disponibilità di linguaggi specifici normati, come ad esempio UML, i modelli Entity-Relationships, e altri.
Attraverso i contrari dell’astrazione, concretezza o tangibilità, è invece possibile definire entità particolari e distinguerne la configurazione. Essi sono anche utilizzati per catturare le proprietà comuni essenziali di un insieme di oggetti attraverso l’applicazione di una procedura di classificazione. L'astrazione conferisce, dunque, all'abilità dell'analista la possibilità di affrontare complessità crescenti gestendo la rappresentazione del problema su diverse scale, a partire da una visione ampia, ancor-ché di sintesi, di un sistema comunque articolato, potendone esprimere successiva-mente anche i singoli moduli in ulteriori livelli di particolarizzazione.
Il processo segue una sequenza apparentemente gerarchica di fasi, ognuna con un livello di astrazione più elevato, se il processo di analisi è osservato nella direzione
bottom-up, o più particolareggiato, se quello stesso è osservato in top-down. La de-composizione in una architettura a diversi livelli di aggregazione esprime la modulari-tà della struttura; i prodotti e i servizi possono essere descritti a segmenti assegnando a ciascun livello funzionalità specifiche, separate da quelle fornite degli strati adiacen-ti. Conseguentemente l'attuazione o la manutenzione di singole funzionalità sono rese più semplici in quanto collocate e identificate all’interno di uno specifico livello, agente in modo del tutto indipendente dagli altri livelli ad esso adiacenti.
3
Principi e Progettazione
La logica della struttura disciplinare è costruita attorno al modello mostrato in Fig. 1, che adotta i principi delineati nel quadro appartenente al pensiero computazionale.
Fig. 1. Modello di apprendimento basato sulla formulazione del problema elaborata secondo i
principi del pensiero computazionale.
Il modello astratto si focalizza sui quesiti emergenti dalla percezione del problema da risolvere, e che quindi sono posti al livello più elevato (S1). Il problema viene formulato da una Commissione Congiunta di Regia Impresa-Accademia, ed è studiato attraverso un processo di analisi basato sull'indagine condotta in sintonia con le indi-cazioni consolidate nell’Approccio del Quadro Logico (Logical Framework Analysis-LFA [22]). A complemento, una volta individuati i risultati da conseguire, l’indagine procede attraverso l’individuazione dei benchmark di riferimento impiegando meto-dologie quali, ad esempio, la Casa della Qualità [26]. Quest’ultima consente di rap-presentare la Domanda in Qualità espressa dall’impresa, a fronte della qualità percepi-ta utilizzando prodotti/servizi in competizione già esistenti nel mercato.
Il secondo livello (S2-A) concerne lo sviluppo delle specifiche della soluzione da proporre per il problema descritto al livello superiore (S1). Tali specifiche dovrebbero essere sviluppate con una descrizione astratta formale, in forma di modello matemati-co per dare rappresentazione a fenomeni anche matemati-complessi, impiegando, ad esempio, scenari di simulazione in ambienti Matlab [15], Simulink [15], MapleSim [16], NI Labview [17], o, più in generale e complementarmente, modelli non matematici, de-scritti con Unified Modeling Language (UML) [25], IDEF0 [12][18], BPMN [19] in ambienti quali, sempre a titolo esemplificativo, Eclipse e PyCharm, o comunque altri analoghi, altrettanto efficaci.
Le specifiche che descrivono i modelli sono gestite al livello S2-B, ove una rap-presentazione ben più dettagliata, resa attraverso l’impiego di linguaggi orientati ai sistemi automatici, può animare diverse piattaforme hardware, basate su microcon-trollori o su sistemi di elaborazione di tipo generale, collocate a loro volta in corri-spondenza del livello S3. Sempre a livello S2-B, possono essere eseguite simulazioni più precise, grazie agli ambienti che emulano il comportamento delle piattaforme hardware eventualmente utilizzate, quali ad esempio Arduino (TinkerCAD), Raspber-ry, o smartphone commerciali ad ampia diffusione.
Il corso è organizzato secondo un ciclo di vita composto da sei fasi, come mostrato nella Figura 2. Nella prima fase, il problema viene rilevato ed esplicitato dall’impresa.
Fig. 2. Trasformare le Idee in Azioni: Organizzazione e Archetipo del Ciclo di Vita.
Coinvolge istanze strettamente legate ai nuovi orientamenti tecnologici già conso-lidati, offrendo alle aziende l’opportunità di ripensare la catena del valore, sulla base della pressione esercitata dalla percezione dell’evoluzione della tecnologia, ma soprat-tutto dalle scelte già effettuate dai concorrenti presenti nel mercato, con particolare attenzione ai nuovi ingressi.
La seconda fase riguarda l’indagine sistematica del problema, condotta attraverso l’applicazione di una raccolta di metodi e strumenti che permettono di penetrare il dominio specifico per comprendere lo scenario più esteso. In tal modo il problema, esploso in tutte le istanze che lo compongono, proietta implicitamente le soluzioni praticabili attraverso l’analisi delle sue componenti e dell’impatto che queste hanno su sistemi, sull’ambiente e sull’organizzazione. La terza fase mira a individuare strategie adeguate per realizzare la soluzione adottando appropriati approcci algoritmici stru-mentali ai cosiddetti risultati attesi, adeguatamente formalizzato attraverso l’impiego di specifiche metodologie, ancorché debolmente strutturate, formali e normate.
Dopo aver selezionato adeguate strategie realizzative, può essere creato un proto-tipo in corrispondenza della quarta fase, ove linguaggi di programmazione, applica-zioni software e piattaforme hardware, possono essere assemblati organicamente e sistematicamente. La fase di prototipazione rapida sfrutta il principio del "riutilizzo", rendendo precedenti componenti sviluppati facilmente integrabili per ottenere il più elevato livello di prestazioni in termini di riduzione dei costi e del tempo di latenza per l’ingresso nel mercato o, comunque, per l’utilizzo diretto nel dominio dell’applicazione di riferimento.
La fase che segue, dispiegamento e diffusione, concerne le attività connesse alla scalabilità dell’impiego esteso della soluzione proposta, e delle attività di pubblicizza-zione. Per queste ultime occorre identificare un insieme di canali di comunicazione utili al raggiungimento del segmento di utenza obiettivo, promossi eventualmente
dalle stesse parti interessate, una volta identificate anche le fonti di finanziamento appropriate.
Al termine del ciclo si colloca l’attività di validazione/valutazione, eseguita se-condo la prospettiva di effettiva congruenza della soluzione delineata rispetto al pro-blema proposto e alla correttezza del processo di sviluppo, oltre che rispetto agli obiettivi di apprendimento previsti nella struttura del piano del corso.
La prospettiva dell’azienda gioca un ruolo fondamentale nella procedura di valu-tazione. Complementarmente, la stessa autovalutazione effettuata dalla squadra co-stringe ciascun attore a rendere conto degli sforzi e delle stime dei costi sostenuti durante lo sviluppo del ciclo di vita di tutto il prodotto/servizio.
La Fig. 3 traccia le principali metodologie, piattaforme, strumenti e tecnologie considerate rilevanti e utili all'interno delle tre fasi principali presenti nel ciclo di vita trattato nel corso.
Fig. 3. Rappresentazione delle principali metodologie e degli strumenti utilizzati nei vari stadi
di sviluppo del corso.
La fase di “Problem Solving” consta principalmente delle metodologie utilizzate per comprendere il problema, raccogliendo tutte le informazioni utili in tal senso. Il punto di partenza si colloca in un modello tanto semplice quanto efficace denominato “Lean Model Canvas”, che consente in tempi molto rapidi di configurare il quadro completo di un’analisi del problema corredata di una corrispondente soluzione. Nel dominio "Problem Posing" ogni progetto prende forma seguendo un approccio top-down. Promuovendo un'analisi della situazione esistente nel contesto di riferimen-to. Ciò avviene utilizzando quesiti atti a sollecitare la percezione del problema che le parti interessate possono esprimere raccogliendo quante più informazioni possibili sullo scenario problematico di riferimento, finalizzando a tale indagine potenziali soluzioni utili in termini di prodotto/servizio da realizzare come risposta appropriata al problema rappresentato dall'azienda/ente/organizazione/individuo.
Pertanto, in questa fase, gli allievi sono guidati verso la comprensione del proble-ma e del suo contesto, principalmente attraverso metodologie quali, ad esempio, il Logical Framework Analysis (LFA) [22] e la Casa della Qualità o “Quality Function Deployment” (QFD) [26].
LFA è un processo analitico che raccoglie una serie di strumenti utilizzati per sostene-re azioni di analisi, pianificazione e gestione del progetto nella prospettiva del “criti-cal thinking”. Permette agli allievi di orientare immediatamente il profilo dei quesiti pertinenti, in grado di impostare lo schema logico della soluzione, individuando anche obiettivi e strumenti utili al suo raggiungimento. LFA è stato adottato per la sua capa-cità di raccogliere punti di vista diversi, integrando varie metodologie che permettono di investigare, anche in chiave strategica, lo stato dell’arte ("as is ") con il fine di iden-tificare chiaramente i fattori chiave di successo, selezionando gli stakeholder, il “tar-get group” e i beneficiari finali. In particolare, l'analisi degli stakeholder risulta essere utile anche per identificare funzionalità rilevanti da inserire nel prototipo di prodot-to/servizio /applicazione/dispositivo. L'indagine di dominio utilizza anche altre meto-dologie e altri strumenti, come ad esempio PEST (per l’analisi Politica, Economico, Sociale e Tecnologica), il modello delle cinque forze di Porter, la ben nota S.W.O.T. (Forze, Debolezze, Opportunità e Minacce) analisi, oltre al già citato Lean Model Canvas e alla “Value Chain Analysis”.
Gli allievi sono incoraggiati a ricercare, ispezionare ed elaborare materiale di varia natura, dalla letteratura specializzata, ai video, ai documenti scientifici e di posizio-namento territoriale, per imparare e sviluppare la percezione del contesto e la propen-sione alla valutazione critica dell’esistente. In questa fase, la narrazione, i metodi di gestione del processo, quali ad esempio Scrum, possono essere assunti quali metodo-logie di riferimento per aiutare a focalizzare l’attenzione sui requisiti emergenti, utili ad affrontare il problema. Sempre in questo quadro lo Story-Telling, che i team di solito adottano anche entro il perimetro definito in Scrum, svolge un ruolo determi-nante per identificare chi è l'utente finale, ciò che desidera e perché. Spesso la storia raccontata dalla parte interessata segue uno schema semplice così strutturato: "Come [ruolo dell'utente finale], desidero [la richiesta] in modo che [il fondamento logico]".
La selezione della strategia nell’ambito del quadro logico (LFA) consente al team di identificare quali sono gli obiettivi realizzabili all'interno del progetto, considerata l'analisi sviluppata fino a quel punto, ottenuta attraverso il processo investigativo con-dotto utilizzando l’albero del problema e quello corrispondente della soluzione [22]. Infatti, mentre il primo albero consente l'identificazione dell’unica componente focale del problema (rappresentata dal tronco), in relazione con le sue cause (sotto-problemi, costituenti le radici dell’albero) e con gli effetti che genera (sotto-problemi costitutivi della parte superiore, o foglie, dell’albero), il secondo albero, denominato “della solu-zione”, strutturalmente correlato al precedente, mostra le possibili soluzioni con i loro obiettivi specifici (foglie dell'albero delle soluzioni). Il “proposito” o scopo principale costituisce il tronco dell’albero, e i “risultati” conseguiti sono i mezzi utili al raggiun-gimento di quel proposito, risultati che, nella notazione, si identificano nelle radici dell'albero. Gli strumenti descritti consentono al team di identificare le funzionalità da realizzare in termini di radici componenti dell'albero della soluzione.
L’approccio basato sul quadro logico (LFA) termina con la creazione della cosid-detta Logical Framework Matrix (LFM), ove una serie di indicatori, che permettono di misurare gli obiettivi concepiti, sono riferiti anche a specifiche fonti, al fine di for-nire le evidenze, unitamente a potenziali rischi associati a tali obiettivi e al progetto stesso, utili a tracciare l’avanzamento delle attività e l’efficacia del percorso realizza-tivo.
Le specifiche del prodotto/sistema unitamente ai piani di sviluppo della produzio-ne, con indicazione dei livelli di qualità offerta, a confronto con i livelli della qualità percepita, sono elaborati a partire dalle esigenze del cliente attraverso l’uso della Casa della Qualità (House of Quality - HoQ). Si tratta di un vero e proprio strumento utile per lo sviluppo di un’appropriata analisi di mercato finalizzata all’individuazione delle proprietà che rendono competitiva la realizzazione, ancorché prototipale. La Casa della Qualità (HoQ) offre uno schema strutturato per esprimere la "voce del cliente", a partire dal risultato di processo ottenuto nei passi precedenti con l’applicazione di LFA. I requisiti indicati dal cliente sono catturati mediante ricerche di mercato utilizzando questionari, sondaggi, discussioni dirette, focus group, osser-vazioni, rapporti dal campo, informazioni provenienti da certificazioni di garanzia ecc. Il QFD aiuta a identificare e focalizzare l’attenzione sul livello delle funzionalità del sistema con l'obiettivo finale implicito di competere nel mercato.
La transizione alla fase 2 introduce nell’area dello sviluppo delle specifiche forma-li appartenenti all’ampio dominio del "Problem Solving", ove prevalgono aspetti algo-ritmici, traendo vantaggio dalla precedente analisi orientata alla comprensione del problema. Per la finalità connessa alla pianificazione dello sviluppo, gli allievi fami-liarizzano con IDEF0 (DEFinizione integrata di fabbricazione assistita dal computer per la modellazione delle funzioni) al fine di identificare i macro-processi, ai quali, attraverso l’uso della notazione UML, sarà possibile assegnare specifiche funzioni o servizi (Use Case), in coerenza con l’analisi effettuata in HoQ, orientata a suggerire il "to be" a confronto con l'eventuale benchmark assunto come stato dell'arte ("as is").
IDEF0, assecondando l’esperienza acquisita in precedenza, diventa lo strumento per porre in relazione i risultati del QFD [26] (HoQ) in termini di requisiti tecnici, lì infatti prendono corpo i processi funzionali costitutivi dell’applicazione, processi ai quali saranno fatti corrispondere i casi d'uso modellati rispetto alle funzioni/servizi resi disponibili agli attori che interagiscono con il sistema. Una volta ottenute le carat-teristiche tecniche funzionali corrispondenti ai processi applicativi da realizzare, lo schema complessivo, nella proiezione gerarchica dei livelli di dettaglio, viene realiz-zato con una serie appropriata di diagrammi IDEF0 [18]. Questi ultimi riportano an-che le interazioni tra i macro-processi, le risorse an-che sostengono l’evoluzione di cia-scuno di essi, esplicitando anche i principali vincoli da considerare, ai quali ogni pro-cesso deve sottostare.
IDEF0 permette di specificare anche i flussi di materiali, documenti e persone, ol-tre a quelli concernenti le informazioni.
Come anticipato, il passo successivo prevede l'assegnazione di funzioni/servizi a ciascuno dei processi individuati in IDEF0, le cui specifiche si sviluppano tramite diagrammi Use Case che evidenziano anche mutue relazioni tra i servizi. Inoltre, ulte-riori dettagli possono essere espressi utilizzando i diagrammi delle attività per dise-gnare e rappresentare formalmente storie o scenari solitamente descritti in linguaggio naturale. A questi si aggiungono, nella suite UML [25], i diagrammi delle classi, statiche rappresentazioni della struttura delle informazioni, che sono realizzati a parti-re dalla descrizione di funzioni/servizi. Per la parte dinamica si prosegue utilizzando i diagrammi di sequenza elaborati per tenere traccia delle dinamiche evolutive del si-stema, messe in atto dalle interazioni degli oggetti, appartenenti alle classi individua-te, sostenute da meccanismi di scambio di messaggi, questi ultimi diretta manifesta-zione degli eventi che scatenano tali interazioni.
La Fig. 3. riporta uno schema descrittivo delle metodologie e degli strumenti di apprendimento collocati nei diversi stadi della pianificazione del corso, richiamando, soprattutto in corrispondenza della fase tre, anche i sistemi operativi, oltre alle funzio-nalità di rete, ai file system, alle basi di dati e ai frame-work integrativi [21], facendo inoltre riferimento ai linguaggi specifici (C, C ++, Python [20][23], Scratch [24]) più utilizzati nei vari ordini e grado di formazione, oltre che ai contesti applicativi più diffusi.
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Conclusioni
Questo lavoro affronta e richiama molteplici esperienze di apprendimento attivo consolidate in un quadro educativo tracciato sia per uno specifico contesto di alta formazione accademica sia per la scuola secondaria superiore di I e II grado. L'orga-nizzazione dei corsi è fondata su una visione costruttivista del processo di apprendi-mento. Gli allievi adottano un approccio che evolve dal generale al particolare per portare a termine un lavoro di progetto al fine di sviluppare un insieme di competenze compatibili con i requisiti espressi da diverse categorie di imprese che operano sia nella manifattura sia nello sviluppo di sistemi software. Di fatto il ruolo chiave nella gestione del percorso di apprendimenti viene assegnato a un comitato guida che rap-presenta congiuntamente il mondo accademico e quello aziendale. Esso ha il compito di seguire gli allievi, organizzati in team, a partire dalla proposta di progetto strumen-tale al problema espresso dall’impresa, fino alla fase di valutazione finale della even-tuale soluzione elaborata.
La disponibilità di un Living Lab permanente consente di migliorare le capacità degli allievi nello sviluppo di progetti da sviluppare entro un quadro combinato di metodologie/pedagogia tradizionali e autoapprendimento, stimolandone anche lo spi-rito competitivo.
I casi di studio forniscono approfondimenti sulle competenze che il corso intende promuovere, attraverso accessi permanenti ai materiali e ai tutor coinvolti nella ge-stione delle attività dei corsi. Questo “position paper” è un primo passo utile per sug-gerire futuri aggiornamenti del corso. Prevedendo in particolare, tecniche per la misu-ra dell'efficacia del processo di apprendimento, individuando gli elementi qualificanti già consolidati in un arco esperienziale esteso per oltre 5 anni di attività.
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