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Sintesi di nuove benzensolfonammidi secondarie con scaffold tetraidrochinazolico quali potenziali inibitori di anidrasi carbonica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di laurea magistrale in Farmacia

TESI DI LAUREA

SINTESI DI NUOVE BENZENSOLFONAMMIDI

SECONDARIE CON SCAFFOLD

TETRAIDROCHINAZOLICO QUALI POTENZIALI

INIBITORI DI ANIDRASI CARBONICA

Relatori: Candidata:

Prof.ssa Sabrina Taliani Rebecca Pezzini

Dott.ssa Silvia Salerno

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INDICE

PARTE GENERALE………3 1.INTRODUZIONE……….4 1.2 α-CA……….. 7

1.3 Struttura della cavità di legame di α-CA……….8

2.MECCANISMO CATALITICO DELLE ANIDRASI CARBONICHE……….11

3.CA come target terapeutico: Attivatori e Inibitori……….13

3.1 Attivatori di CA……….14

3.2 Inibitori di CA……….17

4. MECCANISMI DI INIBIZIONE DELLE ANIDRASI CARBONICHE………..18

4.1 ZINC BINDERS………18

4.2 CAI che si legano alla molecola di acqua/ione idrossido coordinato con lo ione Zn2+………..23

4.3 CAI che occludono l’entrata al sito attivo……….26

4.4 CAI che si legano al di fuori del sito attivo enzimatico………. 29

4.5 Composti che agiscono come CAI tramite un meccanismo d’azione ancora non noto...30

5.UTILIZZO CLINICO GENERALE DEGLI INIBITORI DELL'ANIDRASI CARBONICA………...32

5.1 Inibitori dell'anidrasi carbonica usati come diuretici ……….35

5.2 Inibitori dell'anidrasi carbonica per il trattamento del glaucoma………..41

5.3 Inibitori dell'anidrasi carbonica usati come potenziali famaci anti-osteoporotici……….44

5.4 Inibitori dell’anidrasi carbonica usati come potenziali farmaci anti-obesità...46

6.FISIOPATOLOGIA DELLE CELLULE TUMORALI……….51

6.1 Inibitori dell'anidrasi carbonica usati come potenziali farmaci anti-tumorali……….……….56

6.2 Inibitori dell’anidrasi carbonica utilizzati come markers tumorali nella diagnosi del cancro……….……….63

INTRODUZIONE ALLA PARTE SPERIMENTALE………65

PARTE SPERIMENTALE……….88

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3

(4)

4

1.Introduzione

L’anidrasi carbonica (CA), appartenente alla classe liasi, è uno zinco-enzima, che catalizza in modo efficiente l’idratazione reversibile del biossido di carbonio , determinando il rilascio di un protone, secondo la seguente reazione:

CO

2

+ H

2

O ↔ HCO

3-

+ H

+

Questi enzimi furono identificati per la prima volta nel 1933 negli eritrociti bovini e successivamente la loro presenza fu riscontrata e confermata in tutti i tessuti e tipi di cellule dei mammiferi, e, nel regno vegetale, in piante ed in alghe verdi unicellulari dove svolgono un’attività di fissazione fotosintetica della CO2. Questi enzimi ricoprono un ruolo importante per il sistema biologico e svolgono numerose importanti funzioni fisiologiche tra cui: respirazione, regolazione dell’equilibrio acido-base, riassorbimento osseo, calcificazione, diverse vie biosintetiche compresi una varietà di processi che coinvolgono il trasferimento di ioni, gas e fluidi. Inoltre, recenti studi dimostrano il loro coinvolgimento nella crescita cellulare, con implicazioni per l'oncogenesi e il cancro.[1]

Le CA comprendono sei distinte famiglie genetiche di diversa evoluzione:

• α-CA: presenti nell’uomo e in tutti i vertebrati, nei batteri, nelle alghe e nel citoplasma delle piante verdi.

• β-CA: si ritrovano principalmente nei batteri, ma anche nelle alghe e nei cloroplasti delle mono- e di-cotiledoni, in molti funghi e in alcuni archeobatteri.

• γ-CA: si ritrovano negli archeobatteri, ciano batteri ed altri tipi di batteri. • δ-CA e ζ-CA: sembrano essere presenti solo nelle diatomee marine. • η-CA: rappresentate solo nei protozoi.

Nell'uomo sono state identificate quattordici diverse isoforme di α-CA, numerate da I a XIV (la V con due diversi isoenzimi ,VA e VB) note per essere coinvolte in molti processi fisiologici. E’ stata evidenziata un’ulteriore isoforma di CA, la XV, ampiamente presente nei roditori e in altri vertebrati superiori, ma non espressa

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5

negli umani o in altri primati. Gli isoenzimi dell’anidrasi carbonica mostrano vari pattern di espressione

tissutale e diverse proprietà cinetiche ed inibitorie; infatti, così come con le loro attività catalitiche, tutti gli isoenzimi differiscono anche nella loro affinità per gli inibitori di CA.

Nella Tabella 1 è riportata la loro relativa attività di idratazione della CO2 e la loro affinità per un inibitore della CA, l’acetazolamide . Non sono stati pubblicati dati relativi all’affinità dell’isoenzima CAXV per l’inibitore e tutti i vari risultati si riferiscono agli isoenzimi umani se non diversamente specificato[2,3].

Tabella 1. Isoenzimi α-Ca cataliticamente attivi nei vertebrati superiori[2]

Isoenzima Attività CA Affinità per Acetazolamide

CAI Moderata Moderata

CAII Alta Alta

CAIII Bassa Bassa

CAIV Alta Alta

CAVA Moderata Alta

CAVB Alta Alta

CAVI Moderata Alta

CAVII Alta Alta

CAIX Alta Alta

CAXII Moderata Alta

CAXIII Moderata (topo) Alta (topo)

CAXIV Moderata Alta

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6 I vari isoenzimi si differenziano per distribuzione tissutale e localizzazione subcellulare e si classificano in citosolici, mitocondriali, legati alla membrana e secreti nella saliva (Figura 1):

• CAIV e CAXV sono ancorate alla membrana plasmatica attraverso un

legame glicosilfosfatidilinositolo. CAXV non è espressa nei tessuti umani.

• CAIX, CAXII e CAXIV sono enzimi transmembrana i cui siti catalitici si

trovano all'esterno della cellula.

• La CAVA e la CAVB sono enzimi mitocondriali. • La CAVI viene secreta nel latte e nella saliva.

• I restanti isoenzimi, CAI, CAII, CAIII, CAVII e CAXIII sono espressi nel

citosol.[3]

Figura 1. Localizzazione subcellulare delle forme cataliticamente attive.

Sono state individuate inoltre tre forme prive di attività catalitica non essendo presenti i residui di istidina necessari a legare lo ione zinco, presenti nel citosol, denominate CA-related proteins (CARP), ovvero proteine legate all’anidrasi carbonica : CARP VIII, CARP X e CARP XI. È possibile modificare queste proteine per mutagenesi sito- diretta trasformandole in enzimi con attività simil-CA che

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7 sono probabilmente inibiti da solfonammidi; attualmente non sono disponibili studi a riguardo[4].

Gli isoenzimi cataliticamente attivi di CA presenti negli organismi svolgono diverse importanti funzioni fisiologiche, e la loro presenza in così tanti tessuti ed in isoforme diverse rappresenta uno stimolo alla progettazione di inibitori con applicazioni biomediche. In particolare, gli inibitori di CA sono impiegati clinicamente come farmaci antiglaucoma; più recentemente sono stati sviluppati composti quali agenti antitumorali/strumenti diagnostici per tumori, agenti antiobesità, anticonvulsivanti e antimicrobici.

1.2 α CA

Le anidrasi carboniche, presenti nei procarioti e negli eucarioti, codificate da sei famiglie di geni distinte, evolutivamente non correlati, sono enzimi ubiquitari. Le β- e δ-CA sono catalizzatori efficienti per l'idratazione reversibile del biossido di carbonio a bicarbonato così come le α-CA, le quali possiedono un'alta versatilità, essendo in grado di catalizzare diversi altri processi idrolitici. Il loro meccanismo catalitico è compreso nel dettaglio: il sito attivo è costituito da uno ione Zn (II) coordinato a tre residui di istidina e ad una molecola di acqua/ione idrossido. Quest'ultima è la specie attiva che agisce come un potente nucleofilo. Anche per gli enzimi della classe β e δ il meccanismo catalitico comprendente lo ione zinco è analogo, sebbene alcuni β-CA non abbiano la molecola di acqua direttamente coordinata allo ione metallico. I γ-CA sono probabilmente enzimi Fe (II), ma è stato dimostrato che risultano attivi anche con ioni Zn (II) o Co (II) legati, mentre

la classe ζ utilizza Cd (II) o Zn (II) per eseguire la catalisi della reazione fisiologica[5].

Quindi oltre alla reazione fisiologica ovvero l'idratazione reversibile della CO2 a bicarbonato (reazione 1), le α-CA catalizzano una varietà di altre reazioni, quali (figura 2):

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8 • l'idratazione del cianato dell'acido carbammico o della cianammide nell'urea

(reazioni 2 e 3);

• l'idratazione aldeidica a gem-dioli (reazione 4);

• l'idrolisi degli esteri di acidi carbossilici o solfonici (reazioni 5, 6);

• altri processi idrolitici meno studiati, tra cui quelli descritti nelle equazioni 7-9 nella figura 2.

Figura 2. Reazioni catalizzate da isoenzimi α-CA.[4].

Non è ancora chiaro se le altre reazioni catalizzate da α-CA rispetto all'idratazione di CO2 abbiano un significato fisiologico.[4] La struttura cristallina a raggi X è stata

finora determinata per sei α-CA (isoenzimi CA I-VA, CA.XII e CA XIV) e per i rappresentanti delle Famiglie β- e ɣ-CA[5].

1.3 Struttura della cavità di legame di α-CA

Negli ultimi tre decenni è stata al centro di molte ricerche la cavità di legame di α-CA che è risultata essere uno spazio complesso che circonda lo ione catalitico Zn (II) (Figura 3). La cavità del sito attivo può essere descritta come una forma

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9 conica, con un diametro di 15 Å all’imboccatura che poi si assottiglia nel centro dell'enzima. La cavità di legame comprende tre regioni funzionali:

• Lo ione metallico Zn(II), il quale si trova all'apice del cono vicino al centro della proteina, coordinato in una disposizione tetraedrica distorta ad uno ione idrossido o una molecola d'acqua e tre residui di istidina, His94, His96 e His119.

• Su un lato dello zinco, all’interno del sito attivo, si trova una serie di amminoacidi idrofobici (ovvero Val-121, Val-143, Leu-198, Thr-199-CH3, Val-207 e Trp-209).

• Dall’altro lato dello zinco che si porta fuori dal sito attivo verso il solvente di massa, la superficie è rivestita da amminoacidi idrofili.

Gli studi di dinamica molecolare hanno dimostrato che la regione idrofobica del sito attivo sequestra il substrato della CO2 ed orienta l'atomo di carbonio per l'attacco nucleofilo da parte dell'idrossido legato allo zinco.

È stato visto mediante cristallografia a raggi X che la parete idrofilica del sito attivo risulta essere implicata nella creazione di una rete di legami a idrogeno. Si ipotizza che questa rete sia necessaria per consentire il trasferimento di un protone dall'acqua legata allo zinco al solvente attraverso il residuo, identificato sperimentalmente, di His-64. Presi insieme, questi due ambienti del sito attivo, molto diversi, consentono il ciclo catalitico continuo e rapido della CO2 che va a bicarbonato[7].

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10 Figura 3. Struttura di CA II umana in cui sono riportate le porzioni idrofiliche (in

rosa) e le porzioni idrofobiche (la superficie verde) del sito attivo. Il sito attivo con lo ione Zn è in colore viola.[7]

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11

2. Meccanismo catalitico delle CA

Il substrato sul quale agiscono le CA è la molecola di CO2, che viene idratata

secondo la reazione:

CO2 + H2O ↔ HCO3

-

+ H

+

Lo ione metallico, che è lo Zn (II) in tutte le α-CA esaminate fino ad ora, è indispensabile per la catalisi.

Attraverso la cristallografia a raggi X è stato possibile dimostrare che lo ione metallico si trova alla base di una depressione anfifilica a forma di cono profonda 15 Å del sito attivo. La molecola di acqua/ione idrossido legata allo zinco è impegnata in interazioni di legame ad idrogeno con la porzione idrossilica di Thr199, che a sua volta è collegata alla porzione carbossilato di Glu 106 (Figura 4). Queste interazioni migliorano la nucleofilicità della molecola d'acqua legata allo zinco ed orientano il substrato in una posizione favorevole per l'attacco nucleofilo.[5]

Figura 4. Coordinazione dello ione Zn (II) nel sito attivo di CA II, con i tre residui di

istidina (His94, His96 e His119) e i residui di Thr199 e Glu106. [6]

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12 Studi di cinetica hanno proposto l’esistenza di due gruppi coinvolti nel meccanismo della catalisi. La forma attiva dell'enzima è quella basica (ZnOH), con l’idrossido legato allo ione Zn (II): questa rappresenta il gruppo catalitico che controlla l'interconversione tra CO2 e HCO3-. L'altro gruppo trasporta un protone

tra il sito catalitico ed il mezzo di reazione. Questo è stato proposto essere His-64, che sporge dal bordo del sito attivo alla superficie dell’enzima. I risultati cinetici suggeriscono anche che l'interconversione CO2/HCO3- ed il trasferimento

del protone avvengano come due reazioni separate che possono essere schematicamente rappresentate dalle seguenti reazioni[6]:

Nella prima reazione (1) si ha un attacco nucleofilo nei confronti della CO2 con

formazione di ione bicarbonato; la forma enzimatica basica (ZnOH) agisce come un forte nucleofilo che attacca la molecola di CO2 legata in una tasca idrofobica

posta nelle sue vicinanze portando alla formazione di bicarbonato coordinato allo ione Zn (II). Lo ione bicarbonato viene quindi spiazzato da una molecola d'acqua e liberato in soluzione, portando alla forma acida dell'enzima (ZnH2O), con la

molecola di acqua coordinata allo Zn (II), che rappresenta la forma cataliticamente inattiva. Nel secondo step (2), al fine di rigenerare la forma basica, avviene una reazione di trasferimento del protone dal sito attivo all'ambiente, che può essere assistita da residui del sito attivo (come His64 - lo shuttle del protone negli isoenzimi I, II, IV, VII, IX e XII-XIV) o dai tamponi presenti

(13)

13 Figura 5. Rappresentazione schematica del meccanismo catalitico per l'idratazione

di CO2 catalizzata da α-CA. La tasca idrofobica per il legame del / dei substrato / i è

mostrato schematicamente allo step B [5].

3. Isoenzimi CA come target terapeutico:

Attivatori e Inibitori

Le CA sono importanti target terapeutici ed alcuni loro inibitori sono attualmente utilizzati in clinica come farmaci. Le α-CA sono i rappresentanti più importanti delle varie isoforme enzimatiche. Ogni isoenzima cataliticamente attivo ,nei mammiferi, presenta una distribuzione tissutale diversa e costituisce un potenziale bersaglio per una determinata patologia. Di conseguenza, la modulazione dell'attività di questi enzimi, mediante inibitori o attivatori, offre

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14 una valida opportunità per il trattamento o la prevenzione di una varietà di malattie. La maggior parte dei trattamenti terapeutici fa uso di inibitori di CA (CAI), tuttavia anche gli attivatori di CA (CAA) recentemente sono stati considerati utili per diverse applicazioni farmacologiche[9].

Tabella 2. Distribuzione tissutale e funzione di isoenzimi CA di mammifero

cataliticamente attivi. [9]

3.1 Attivatori di CA (CAA)

È stato visto che gli CAA hanno la proprietà di legarsi all'ingresso della cavità del sito attivo, in una regione diversa dai siti di legame dell'inibitore o del substrato. Questi composti sono in grado di facilitare la fase cruciale per la velocità del ciclo

Potenziali isoenzimi target

Patologia CAI in uso/studio

CAII,CA IV, CA XII Glaucoma CAI sistemici (AZA, DCP), CAI topici (dorzolamide,

brinzolamide), CAI aromatici/eterociclici

CAIV, CA XIV Epilessia AZA, metazolamide, TPM

CAII, CAIV, CAVI, CAVII, CAXIV

Disordini

neurologici/neuromuscolari

AZA, TPM

CAII Osteoporosi AZA

CAIX, CA XII, CAV Cancro Indisulam, CAI

aromatici/eterociclici

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15 catalitico, ovvero la rigenerazione della specie cataliticamente attiva dell'enzima, con lo ione idrossido coordinato allo ione zinco. Pertanto, l'attivatore di CA (A in Equazione (1) ) interferisce direttamente nella fase di trasferimento del protone nella catalisi, facilitando il processo intramolecolare mediante la formazione di un complesso transitorio attivatore- enzima.

Le reazioni intramolecolari sono più veloci di quelle intermolecolari, e quindi si

ottiene un conseguente aumento della velocità catalitica.

Nel sistema nervoso centrale, la CA si trova negli oligodendrociti e nelle cellule gliali, ma si trova a più alte concentrazioni nei neuroni sensoriali, dove è importante nell'elaborazione del segnale, nella modificazione sinaptica a lungo termine e nel controllo dell'attenzione e della memoria. La regolazione del flusso di bicarbonato nei canali dei recettori sinaptici consente alla CA di funzionare come un gate che regola il trasferimento dei segnali attraverso la rete neurale.[15]

Studi recenti come quello condotto da Sun et al. (Sun Miao-Kun, 2002), indicano che l'attivazione di questo enzima fornisce un meccanismo rapido ed efficiente per aumentare le concentrazioni di bicarbonato in strutture neurali legate alla memoria. Un decremento dei livelli di espressione di CA è stato osservato nel cervello dei ratti più anziani rispetto agli esemplari giovani, ed è stato associato anche con una ridotta resistenza alla disidratazione, alterazione del controllo coroideale dell'omeostasi cerebrale e ridotta produzione di liquido cefalorachidiano. Pertanto, l'attivazione delle CA presenti nel SNC rappresenta un approccio promettente e piuttosto inesplorato per aumentare l'attività cerebrale, in particolare memoria e apprendimento, con potenziali benefici significativi in soggetti anziani o in pazienti affetti dal morbo di Alzheimer e altre forme di demenza. È stato dimostrato che una moltitudine di composti fisiologicamente rilevanti come le ammine biogene (istamina, serotonina,

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16 catecolammine), amminoacidi, oligopeptidi o piccole proteine, tra gli altri, agiscono come CAA efficienti per molti dei 15 isoenzimi umani attualmente conosciuti. In conclusione, l'attivazione di alcuni membri della famiglia α-CA potrebbe costituire un possibile approccio terapeutico per il miglioramento dell'efficacia sinaptica, e questo può rappresentare una strategia concettualmente nuova per il trattamento della malattia di Alzheimer, dell'invecchiamento e di altre condizioni che richiedono il recupero dell'apprendimento spaziale e della memoria.[12]

Figura 6. Alterazione del segnale GABAergico ad opera dei CAA e meccanismo

correlato all’interno dei neuroni piramidali dell’ippocampo coinvolti nel consolidamento della memoria spaziale.

(17)

17

3.2 Inibitori di CA

Le CA vengono inibite da due classi di composti: gli anioni complessanti i metalli e le solfonammidi. È noto da tempo che gli anioni complessanti il metallo agiscono da inibitori di metallo-enzimi ed in modo particolare le α-CA (CA I e II prevalentemente) con anioni come cianuro, cianato, azide o idrogeno solforato. Tuttavia, molti isoenzimi con importanti ruoli fisiologici non sono stati ancora studiati per quanto riguarda la loro interazione con questa classe di inibitori. Le solfonammidi ed i loro isosteri (sulfammati/solfammidi), appartenenti alla principale classe di CAI, si legano in forma deprotonata, con l'atomo di azoto della frazione solfonammidica coordinata allo ione metallico Zn (II). Gli anioni possono legarsi allo ione metallico o nella geometria tetraedrica o come addotti trigonadipiramidali, come ad esempio l'addotto tiocianato mostrato nella figura 7.

Figura 7. Meccanismo di inibizione di CA ad opera di solfonammidi (A) e anioni (B).

Nell'ultimo decennio sono state descritte nuove classi di inibitori CA (CAI) con meccanismi di inibizione enzimatica che differiscono considerevolmente dagli inibitori classici di tipo sulfammidico o anionico. Sono noti cinque diversi possibili meccanismi di inibizione della CA:

(18)

18

Gli zinc binders, i quali si coordinano allo ione Zn (II) catalitico nel sito

attivo dell'enzima, con il metallo in geometrie tetraedriche o trigonali bipiramidali. Le solfonammidi e i loro isosteri, la maggior parte degli anioni, i ditiocarbammati e i loro isosteri, i carbossilati e gli idrossammati si legano in questo modo;

Inibitori che si ancorano alla molecola di zinco coordinata allo molecola

di acqua/ione idrossido, ovvero i fenoli, i carbossilati, le poliammine, le 2-tiossocumarine, le sulfocumarine;

Inibitori che occludono l'ingresso nella cavità del sito attivo. Questo sito

di legame coincide con quello in cui si legano gli attivatori di CA. Appartengono a questa classe di inibitori le cumarine e i loro isosteri.

Composti che si legano fuori dalla cavità del sito attivo, tra questi è

emerso un derivato di acido carbossilico che inibisce CA con questo meccanismo.

Composti per cui non è noto il meccanismo di inibizione, tra cui le

solfonammidi secondarie/terziarie di cui imatinib/nilotinib sono gli esempi più studiati.[13]

4.Meccanismi di inibizione di CA

4.1 Zinc Binders

Gli CAI classici sono rappresentati dalle solfonammidi primarie, con almeno 25 composti (figura 8) in uso clinico da decenni o in sviluppo clinico nell'ultimo periodo.

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20 Figura 8. Solfonammidi e sulfammati CAI: acetazolamide 1, metazolamide 2,

etossizolamide 3, sultiame 4, diclorofenamide 5, dorzolamide 6, brinzolamide 7, topiramato 9, zonisamide 10, sulpiride 11, celecoxib 14, saccarina 16, clorotiazidi/diuretici ad alta concentrazione dei tipi 19-25, compresa l’idroclorotioazide 19a ampiamente prescritta, furosemide 24, bumetianide 25,

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21

composti in uso clinico per molti anni come diuretici, agenti antiglaucoma e antiepilettici.[5]

I composti 1-25 possono essere considerati come CAI di prima/seconda generazione. Gli effetti collaterali di molti di questi CAI (tra cui acidosi metabolica, calcoli renali, e così via) sono dovuti alla potente inibizione di tutte le isoforme CA di mammifero e non solo del target. Infatti, tra le numerose isoforme di mammifero studiate fino ad oggi, si ritiene generalmente che CA II, IV e XII siano il target per gli agenti anti-glaucoma; CA VA e VB per gli agenti antiobesità, CA IX e XII per gli agenti antitumorali/strumenti diagnostici per l'imaging di tumori ipossici, mentre non è affatto chiaro quali isoforme siano target delle solfonammidi/sulfammati antiepilettici, anche se sono state ipotizzate essere CA VII e XIV. (Tabella 2)

Gli inibitori di nuova generazione sono stati progettati in modo tale da agire come inibitori isoforma-selettivi e, come tali, poter produrre minori effetti collaterali rispetto ai CAI classici come 1-25. Inoltre, solfonammidi e sulfammati inibiscono fortemente le CA appartenenti alla maggior parte delle famiglie, non solo alla classe enzimatica α, e questo può essere sfruttato in futuro per ottenere antinfettivi con un nuovo meccanismo di azione.

Il meccanismo generale di inibizione degli zinc binders, comprendenti solfonammidi, sulfammati e solfammidi (che sono isosteri delle solfonammidi), è mostrato in figura 10. Gli zinc binders si legano in forma deprotonata, come anioni, allo ione Zn (II) nel sito attivo in una geometria tetraedrica. Il legame di questa classe di inibitori avviene mediante lo “zinc binding group” (ZBG), corrispondente al gruppo SO2NH, il quale interagisce direttamente con lo ione metallico. Inoltre, lo ZBG interagisce anche con altri due residui conservati in tutte le α-CA, fungendo da "gate keepers", ovvero con la Thr199 e il Glu 106. La Thr199 interagisce attraverso l’idrogeno del suo gruppo OH con la molecola di acqua/ione idrossido coordinato allo zinco nell’enzima non inibito e con lo ZBG negli addotti

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22 enzima/inibitore, mentre il Glu106 interagisce con l’idrogeno della Thr199 attraverso il suo gruppo carbossilato.

Figura 9. Meccanismo generale di inibizione degli zinc binders. Lo ZBG è coordinato

allo ione metallico e partecipa a forti interazioni con i residui di Thr199 e Glu106. Lo scaffold può occupare sia la metà idrofila o idrofobica (o entrambe) del sito attivo, mentre le code generalmente sono orientate verso l'uscita della cavità in cui si trovano i residui amminoacidici più variabili tra le diverse isoforme dei mammiferi.[13]

Lo scopo principale della ricerca negli ultimi anni è stato quindi quello di ottenere CAI isoforma-selettivi. Questo non è tuttavia un compito facile, considerando che le 12 isoforme cataliticamente attive presenti nei primati, hanno un'architettura di sito attivo abbastanza simile tra loro. In realtà, tutte le isoforme umane hanno i tre residui di His conservati (His94, 96 e 119), come metà del sito attivo principalmente rivestito con residui idrofobici e quello opposto con residui idrofili. Tuttavia, ci sono anche importanti differenze nei residui amminoacidici principalmente nella parte centrale e verso l'uscita della cavità del sito attivo. La maggior parte degli inibitori menzionati sopra, 1-25, non ha contatti estesi con

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23 tali amminoacidi poiché i loro scaffold sono piuttosto compatti e si legano in profondità all'interno della cavità del sito attivo che è piuttosto simile in tutte le isoforme di mammifero.

Sulla base di queste considerazioni, tra i numerosi approcci elaborati allo scopo di ottenere CAI isoforma-selettivi, uno dei più riusciti è stato quello definito come "the tail approach": consiste nell'aggiungere una "coda" agli scaffold di solfonammidi aromatiche/eterocicliche che possiedono delle funzioni di tipo amminico, imminico o idrossilico, in modo da ottenere una molecola allungata con una porzione in grado di interagire con i residui amminoacidici situati al centro e alla estremità della cavità del sito attivo, come mostrato in Figura 9 per un generico zinc-binders. Scegliendo “code” di natura chimica diversa, diventa inoltre anche possibile modulare le proprietà fisico-chimiche di tali CAI, proprietà

che sono cruciali per la loro attività biologica.[13]

4.2 CAI ancorati allo ione idrossido/molecola di acqua

coordinato allo ione Zn (II)

Il primo composto per il quale è stato descritto questo nuovo meccanismo di inibizione della CA, è il fenolo (26), mentre il secondo composto è rappresentato dalla spermina (27), (figura 10). Il fenolo è ancorato ad un anione idrossido coordinato con lo Zn (II) metallico da un legame idrogeno che coinvolge l'atomo H dell'inibitore e lo ione idrossido. Inoltre, un secondo legame idrogeno coinvolge il residuo “gate keeper” di Thr199 con il suo gruppo NH (figura12).

26 27 Figura 10.

Fenolo (26), Spermina (27).

(24)

24 Figura 11. Il primo composto che inibisce CA ancorando lo ione idrossido coordinato allo ione zinco.[13]

Composti che inibiscono CA in questo modo, mediante l’ancoraggio alla molecola di acqua/ione idrossido coordinata allo ione zinco, sono caratterizzati dalla presenza di un “anchoring group” (AG) che è attaccato ad uno scaffold che potrebbe incorporare code che possono interagire con le due metà del sito attivo, così come per gli binders. La principale differenza tra questi CAI e gli

zinc-binders consiste nel fatto che in questo caso l’inibitore non è in contatto diretto

con lo ione metallico. Tra gli AG si ritrovano una varietà di funzionalità chimiche che includono unità fenoliche OH, ammine primarie, COOH, COOMe e SO3H. Gli scaffolds di questi composti possono essere di tipo aromatico, alifatico, eterociclico o zuccherino, e molti di essi mostrano un'efficace attività inibitoria nei confronti di CA appartenenti alle Classi α e β.

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25 Figura 12. Meccanismo generale dei composti che si ancorano alla molecola di acqua/ione idrossido coordinata con Zn (II). Il gruppo di ancoraggio (AG) può essere del tipo OH (fenolo), amminico (poliammina), estere (COOR), sulfonato

(sulfocoumarina) o semplicemente un semplice atomo di zolfo (tioxocumarina).[13]

Più recentemente si è osservato che un derivato 2-tiossocoumarinico, si legava ancorandosi alla molecola d'acqua coordinata allo zinco. Nel caso della 2-tiossocumarina (28), (Figura 13), l'atomo di zolfo esociclico dell'inibitore forma un legame ad idrogeno con lo ione idrossido/molecola di acqua coordinata allo zinco, mentre lo scaffold organico rende le interazioni favorevoli con le molecole d'acqua e i residui amminoacidici del sito attivo.

28 Figura 13. 2-Tiossocumarina (28)[13]

(26)

26 Pertanto, questo meccanismo di inibizione della CA sembra essere molto più generale, come inizialmente considerato quando sono stati scoperti come inibitori i fenoli. Va anche notato che le CA appartenenti ad altre famiglie genetiche rispetto agli α e ai β non erano ancora state studiate per questo tipo di meccanismo di inibizione alternativo.[13]

4.3 Inibizione di CA mediante l’occlusione dell’entrata del sito

attivo

Questi inibitori si legano ancora più lontano dallo ione metallico rispetto agli

zinc-binders o ai composti che si ancorano alla molecola d'acqua coordinata allo zinco.

Essi si vanno fondamentalmente a legare all'ingresso della cavità del sito attivo, che rappresenta la regione più variabile tra le varie isoforme. I composti che agiscono con questo meccanismo di inibizione possiedono uno “sticky group” (SG) attaccato ad uno scaffold che può essere aromatico, eterociclico o alifatico, come mostrato in figura 14. Possono anche incorporare una coda, che può estendersi dal sito attivo, poiché, come detto sopra, questi composti si legano in una regione piuttosto esterna della cavità.

(27)

27

Figura 14. Meccanismo generale dei composti che inibiscono le CA occludendo

l'ingresso al sito attivo. SG rappresenta uno sticky group, di tipo fenolico, carbossilico o ammidico. Lo scaffold si lega all'ingresso della cavità del sito attivo, occludendolo, e può anche essere presente una coda, che interagirà con i residui sulla superficie della proteina.[13]

Questo meccanismo di inibizione è stato evidenziato per la prima volta per le cumarine, ma successivamente altri composti come il farmaco antiepilettico lacosamide, le cumarine sostituite, i lattoni a 5 e 6 membri e i tiolattoni o il chinolinone, hanno dimostrato una significativa proprietà inibitoria della CA e probabilmente condividono un meccanismo d'azione comune. L'aspetto più interessante di questo meccanismo di inibizione è il fatto che gli inibitori si legano in una regione del sito attivo che è la più variabile tra le varie isoforme, cioè l'ingresso della cavità. Questo ha conseguenze importanti per la progettazione dei CAI, poiché i composti che si legano in quella regione dovrebbero in linea di principio interagire in modo diverso con le varie CA e quindi mostrare profili inibitori di tipo isoforma-selettivi. In effetti, questo è stato effettivamente il caso per una serie ampia di derivati cumarinici/tiocumarinici (29-41, figura 15) che hanno mostrato un elevato livello di isoforma-selettività nei confronti di isoforme come CA IX, XII, XIII, XIV, ecc.ecc.

(28)

28 29-34 35 36-39

40 41

Figura 15. Alcuni dei derivati cumarinici 29-41 quali CAI che hanno mostrato un

profilo di inibizione isoforma-selettivo contro varie isoforme CA umane.[13]

È anche interessante notare che, considerando le cumarine come modello, sono state sviluppate le sulfocumarine (in cui la frazione CO del lattone è stata sostituita da un gruppo SO2). Sebbene i derivati cumarinici e le sulfocumarine abbiano un diverso meccanismo di inibizione, visto che le cumarine si legano solo in forma idrolizzata all'entrata della cavità, mentre le sulfocumarine si legano anche in forma idrolizzata ancorandosi all'acqua coordinata con lo zinco, molte di queste descritte finora hanno mostrato un grado molto elevato di selettività verso le isoforme trans-membrana associate al tumore, CA IX e XII, rispetto a quelle citosoliche CA I e II[13].

(29)

29

4.4 CAI che si legano fuori dal sito attivo

Questo meccanismo di inibizione è stato l'ultimo ad essere scoperto ed è quindi abbastanza recente (figura 16).

Figura 16. Meccanismo di inibizione di CA fuori dal sito attivo. (A) Rappresentazione

schematica del sito di legame dell'inibitore. (B) CA II complessato con l'acido carbossilico 42.

Quando l'acido 2-benzilsolfonilbenzoico (42), (figura 17) è stato co-cristallizzato con CA II, la densità elettronica dell'inibitore non è stata osservata all'interno del sito attivo ma all’interno di una tasca di legame adiacente al sito attivo, dove altri inibitori non sono mai stati osservati prima. Pertanto, questo composto si lega molto lontano, al di fuori del sito attivo dell'enzima.

42

(30)

30 Uno studio cristallografico ha mostrato che il composto (42) blocca la navetta protonica dell'enzima, His64, nella sua conformazione esterna ”out”, interferendo così con la fase determinante la velocità dell'intero ciclo catalitico, che è in effetti il trasferimento di un protone dalla molecola d'acqua coordinata con lo zinco all'ambiente, che genererebbe la specie attiva dell'enzima (Figura 18).

Figura 18. Interazione del composto 42 con i residui amminoacidici di CA-II.[13]

Questo residuo amminoacidico (His64) ha un'elevata flessibilità con due principali conformazioni, una più vicina allo ione metallico ed una esterna, verso l'uscita della cavità del sito attivo. Accettando un protone dall'acqua coordinata con lo zinco, la frazione imidazolica di questo residuo diventa protonata (nella sua conformazione “in”) mentre quando è in quella “out”, lo stesso protone può essere trasferito all'ambiente. Interferire con questo processo può bloccare l'intero ciclo catalitico, ed infatti il composto (42) inibisce l'enzima, bloccando lo shuttle del protone.[13]

4.5 CAI con un meccanismo d’azione non ancora noto

I quattro meccanismi di inibizione discussi finora sono consolidati, in quanto sono stati accuratamente documentati mediante studi cinetici e cristallografici a raggi X. Tuttavia, nell'ultimo periodo sono state raccolte prove su altre classi di composti, che mostrano vari livelli di proprietà inibitorie di CA, ma per i quali non

(31)

31 è noto il preciso meccanismo d'azione, dal momento che non sono ancora stati cristallizzati negli addotti con l'enzima. La causa è principalmente dovuta alla scarsa solubilità di questi derivati ,tuttavia, è anche necessario precisare che molte classi di CAI non sono state sottoposte ancora a studi di lunga durata . Tra questi CAI a meccanismo d’azione ignoto le solfonammidi meritano sicuramente un’analisi più approfondita.

La porzione solfonammidica secondaria è presente in una grande varietà di farmaci utilizzati in clinica, tra i quali i più noti esempi sono i derivati 43-60 (figura 19), tra cui la sulfadiazina 59 e sulfapiridina 60, molti dei quali mostrano un’affinità sub-micromolare per le isoforme fisiologicamente dominanti CA I e II.

(32)

32 I derivati studiati presentano un gruppo solfonammidico secondario (43-52, 59, e 60) o terziario (53-58), ed i sostituenti piuttosto ingombranti sul gruppo solfonammidico: non sono quindi in grado di legarsi allo ione metallico nel sito attivo di CA a causa di impedimento sterico. In effetti, lo spazio disponibile nel canale del sito attivo, nella sua parte inferiore, è piuttosto limitato e non riesce ad accogliere tali composti. Il meccanismo inibitorio di questi composti è ancora sconosciuto, ma è piuttosto probabile che i sostituenti ingombranti della porzione NHSO2X (X=NH o O) della molecola compromettano il loro legame con lo ione

metallico all'interno del sito attivo. È stato ipotizzato che analogamente alla lacosamide ed alle cumarine idrolizzate,

questi CAI possono legarsi all'ingresso del sito attivo, nel sito di legame cumarinico (di cui sopra), ma questa ipotesi non è stata ancora confermata da studi di cristallografia a raggi X[13].

5. Utilizzo clinico degli inibitori di CA

Gli inibitori di CA (CAI) appartenenti alle classi delle solfonammidi o dei sulfammati sono in uso clinico da decenni come agenti antiglaucoma, diuretici, antiobesità o antiepilettici; più recentemente è stata proposta l'inibizione delle isoforme associate al tumore CA IX / XII come nuovo approccio per combattere tumori primitivi e metastasi. Inoltre, i CAI sono ulteriormente utilizzati per il trattamento dell'ipertensione intracranica idiopatica e rappresentano una promessa come agenti per il trattamento del dolore neuropatico o per la gestione di ischemia cerebrale e artrite , condizioni per le quali sono attualmente disponibili poche opzioni efficaci di trattamento. Recentemente, è stato dimostrato che il targeting di CA appartenenti a varie famiglie geniche di organismi patogeni (come batteri, funghi, protozoi, nematodi) può produrre importanti effetti antiinfettivi. Anche se questo è un campo ancora non sviluppato, è probabilmente il più rilevante per le future applicazioni di CAI. Un

(33)

33 altro aspetto significativo è legato alla sicurezza ed al basso livello di tossicità associato all'inibizione della CA per la maggior parte dei farmaci finora studiati. Questo è probabilmente dovuto al fatto che la reazione 1 non catalizzata può fornire un livello sufficiente di interconversione CO2/bicarbonato per evitare effetti letali dei farmaci.[16] Tra i derivati 1-25 non ci sono composti che inibiscono

selettivamente una specifica isoforma di CA con valori terapeutici. Tuttavia il loro profilo d’inibizione è molto variabile e possono essere utilizzati per la progettazione di farmaci di nuova generazione, e quindi di inibitori isoforma-selettivi. I punti critici per la progettazione di nuovi CAI come agenti terapeutici

riguardano:

• l’elevato numero di isoforme negli umani (16 CA, di cui 13 hanno attività catalitica),

• la loro diffusa localizzazione in molti tessuti/organi,

• la mancanza di selettività dell’isoenzima nei confronti degli inibitori solfonammidici/sulfammati attualmente disponibili. Si può infatti osservare che molti tra i derivati 1-25 inibiscono fortemente la maggior parte degli isoenzimi CA.

(34)

34 Tabella 3. Dati di inibizione di alcuni dei composti solfonammidici/sulfammati (1-16)

usati in clinica nei confronti degli isoenzimi I-XIV di CA.[5]

Isoenzima

K

i(nM) 1 2 3 5 6 7 9 10 16 hCAI 250 50 25 1200 50000 4500 250 56 1854 0 hCAII 12 14 8 38 9 3 10 35 5950 hCAIII 2.105 7.10 5 1.106 6.8.10 5 7.7.10 5 1.1.10 5 7.8.105 2.2.10 3 1.106 hCAIV 74 620 0 93 15000 8500 3950 4900 8.590 7920 hCAVA 63 65 25 630 42 50 63 20 1006 0 hCAVB 54 62 19 21 33 30 30 6.033 7210 hCAVI 11 10 43 79 10 0.9 45 89 935 hCAVII 2.5 2.1 0.8 26 3.5 2.8 0.9 117 10 hCAIX 25 27 34 50 52 37 58 5.1 103 hCAXII 5.7 3.4 22 50 3.5 3.0 3.8 11.000 633 hCAXIII 17 19 50 23 18 10 47 430 1210 0 hCAXIV 41 43 2.5 345 27 24 1460 5.250 773

(35)

35

5.1 Inibitori di Anidrasi Carbonica indicati in oftalmologia

per il trattamento del glaucoma

Il glaucoma è una patologia oftalmologica dovuta ad un aumento della pressione all'interno dell'occhio: trattandosi di una patologia cronica e degenerativa questa porta con il trascorrere degli anni a lesioni irreversibili alla papilla del nervo ottico e, di conseguenza, rappresenta una delle più frequenti cause di cecità nel mondo (colpisce circa il 2% dei soggetti di età superiore ai 35 anni). Il trattamento del glaucoma consiste nella terapia di riduzione della pressione intraoculare (IOP), attraverso approcci farmacologici, terapia laser o intervento chirurgico[15,17].

Le strategie terapeutiche farmacologiche per prevenire il glaucoma e la conseguente perdita della vista si basano sulla riduzione della IOP utilizzando farmaci ipotensivi ad azione topica o sistemica[17]. Attualmente sono clinicamente

disponibili diverse classi di farmaci:

• stimolanti simpaticomimetici come adrenalina; • agenti parasimpaticomimetici come la pilocarpina;

• antagonisti del recettore della prostaglandina F (PGF) (FP), come latanoprost e travoprost, che sono usati da soli o in combinazione.

• β-bloccanti come il timololo;

• inibitori dell'anidrasi carbonica (CA) come acetazolamide e dorzolamide In generale, i farmaci delle prime tre classi aumentano il deflusso di umor acqueo, mentre i farmaci delle altre classi ne diminuiscono la produzione. Tutti questi farmaci hanno vari effetti collaterali indesiderati che possono portare alla sospensione della terapia[19].

(36)

36 Figura 20. Nell’immagine è mostrato un eccessiva pressione intraoculare ed il sito

in cui il nervo ottico viene danneggiato dalla stessa.

La CA svolge un ruolo importante nell'occhio: è presente nel cristallino, nel corpo vitreo, nella cornea e nella retina. Studi sulla chimica e sulla dinamica dell'umor acqueo hanno dimostrato che il principale componente di questa secrezione è il bicarbonato di sodio. All’interno del corpo ciliare l’isoenzima α-CA II è il principale responsabile della secrezione di HCO3-, come conseguenza della reazione di

idratazione di CO2. L’inibizione di CA diminuisce la produzione di bicarbonato, e

di conseguenza abbassa la pressione intraoculare (IOP). Le isoforme associate alla membrana come la CA IV, IX e la XII, sono considerate possibili target delle solfonammidi antiglaucoma. L’isoenzima bovino CA IV si è dimostrato sensibile all’inibizione da parte di molte solfonammidi e sulfammati, con una Ki nel range

delle poche unità nanomolari. La corrispondente isoforma umana, CA IV, mostra però un diverso funzionamento nei confronti di qualche farmaco: l’acetazolamide (1), l’etossizolamide (3) e il sultiame (4) agiscono come potenti inibitori, mentre altri agenti antiglaucoma, come la metazolamide (2), la diclorofenamide (5), la dorzolamide (6) e la brinzolamide (7), agiscono come deboli inibitori (Tabella 3);

(37)

37 tutto questo suggerisce che è improbabile che la CA IV sia coinvolta nella secrezione dell’umore acqueo, dato che viene inibita debolmente dalla maggior parte delle solfonammidi antiglaucoma.

Tuttavia, la CA XII (ma non la CA IX) ha recentemente mostrato di essere altamente espressa negli occhi di pazienti con glaucoma e probabilmente gioca un ruolo importante nell’aumento della IOP caratteristica del disturbo. Successivamente è stato dimostrato che la CA XII viene altamente inibita da tutte le solfonammidi antiglaucoma usate clinicamente (Tabella 4) e dunque, questa è probabilmente l’isoforma di membrana coinvolta nel glaucoma, che viene bersagliata da questi agenti farmacologici.

I farmaci comunemente utilizzati come agenti antiglaucoma sono i CAI solfonammidici, tra cui acetazolamide e diclorofenamide ad azione sistemica, a differenza di dorzolamide e brinzolamide ad azione topica. Il loro meccanismo d’azione si basa dunque sull’inibizione degli isoenzimi di CA presenti nel processo ciliare dell’occhio, cioè CA II, IV e XII. Il farmaco maggiormente studiato è l'acetazolamide in commercio come Diamox®, che è stato frequentemente somministrato per un lungo periodo di tempo a causa della sua efficiente riduzione della IOP, della tossicità notevolmente ridotta e delle proprietà farmacocinetiche ideali.

Tuttavia, poiché le CA II, IV e XII sono presenti anche in molti altri tessuti/organi, la somministrazione di solfonammidi sistemiche porta ad un’inibizione delle CA in organi diversi dal tessuto target che in questo caso è l’occhio e quindi ad effetti collaterali indesiderati. Tra gli effetti collaterali sistemici si hanno: affaticamento, aumento della diuresi, parestesie, gusto metallico, acidosi metabolica. Per superare questo limite, Becker (B., 1954) propose la somministrazione topica dell'inibitore solfonammidico direttamente nell'occhio. Gli studi riguardanti composti quali, acetazolamide, metazolamide, etossizolamide e diclorfenamide ( CAI di prima generazione, figura 21) hanno però dato solo risultati negativi, portando alla conclusione che tali CAI solfonammidici sono efficaci come farmaci antiglaucoma solo attraverso la via sistemica. Nel 1983 il gruppo di Maren postulò

(38)

38 che una solfonammide solubile in acqua, con proprietà lipofile relativamente bilanciate e potere di inibizione della CA abbastanza elevato, sarebbe stata un'efficace farmaco topico per la riduzione della IOP[17].

Figura 21. La figura riporta CAI di prima generazione: Acetazolamide,

Metazolamide, Etossizolamide, Diclorfenamide.[19]

Quindi un CAI ad azione topica doveva avere le seguenti proprietà:

• elevata azione inibitoria, nel range del basso nanomolare contro le isoforme di CA coinvolte nella secrezione di umore acqueo, come, CA II, IV e XII; • solubilità in acqua nell'intervallo 1 - 2% per consentire la formulazione come

collirio;

• liposolubilità bilanciata (non troppo bassa) per poter attraversare la membrana cellulare all'interno dei tessuti oculari per arrivare alle CA del processo ciliare[19].

Dorzolamide e brinzolamide (Figura 22), sviluppati negli anni ‘90 come potenti inibitori di CA II / CA XII nel range del nanomolare, possono essere somministrati per via topica, in quanto possiedono una buona solubilità in acqua e sono sufficientemente liposolubili per penetrare attraverso la cornea. Possono quindi

(39)

39 essere somministrati direttamente nell'occhio, come sali (a un pH di 5.5) o come basi libere. I due farmaci sono efficaci nel ridurre la IOP e producono minori effetti collaterali rispetto ai farmaci somministrati per via sistemica.[17] Gli effetti

collaterali più comuni osservati consistono in: bruciore, arrossamento dell'occhio, visione offuscata, prurito e sapore amaro. Tuttavia, anche se la dorzolamide e la brinzolamide rappresentano un progresso importante nella lotta contro il glaucoma con terapie basate sui CAI, le ricerche proseguono per identificare nuovi tipi di inibitori efficaci per somministrazione topica.

Figura 22. CAI di seconda generazione: dorzolamide e brinzolamide.[19]

Un esempio che è stato utilizzato per sviluppare CAI di tipo sulfammidico solubili in acqua ed efficaci consiste nella derivatizzazione delle solfonammidi con residui contenenti gruppi donatori di ossido nitrico (composti 60a-e, figura 23) . Questo approccio è stato recentemente applicato per studiare i derivati della dorzolamide che incorporano frazioni donatrici di NO. L'ossido nitrico (NO), un gas radicale prodotto dall'enzima ossido nitrico sintasi (NOS), è coinvolto nella vasodilatazione, nel deflusso dell'umore acqueo nell'occhio, nella modulazione locale del flusso sanguigno oculare e nella morte delle cellule del ganglio retinico mediante apoptosi. Sembrava quindi di interesse combinare questi due farmacofori, un CAI sulfonammidico, e una porzione capace di donare NO (sottoforma di estere nitrico), in una sola molecola, a costituire un farmaco ibrido. Così, negli ultimi anni sono state sviluppate un grande numero di solfonammidi con proprietà donatrici di NO.

(40)

40 60a-e

Figura 23. Dorzolamide e suoi derivati donatori di NO.[19]

Più recentemente, sono stati utilizzati diversi scaffold solfonammidici per preparare nuovi CAI che incorporano frazioni donatrici di NO. Tra questi è stata studiata la 4-carbossi-benzenesolfonammide dove la porzione carbossilica è stata derivatizzata per introdurre gruppi donatori di NO.

I composti della serie 61 sono CAI che incorporano varie unità di esteri nitrici sullo scheletro della dorzolamide. Alcuni di questi composti hanno mostrato un’elevata potenza ed efficacia NO-mediata, come provato dal loro effetto vaso-rilasciante sull’anello aortico dei conigli pre-contratto da metoxamina; inoltre, hanno dimostrato di poter abbassare fortemente la IOP in vivo nei conigli normotesi. [19]

61

Figura 24. I frammenti a - f sono attaccati come esteri alla porzione COO di 61.[19]

Il composto 61a in particolare, è risultato due volte più efficace della dorzolamide nel ridurre la IOP. È stato effettuato uno studio farmacologico dettagliato di tale composto: una sua somministrazione cronica come collirio al 2% a conigli albini

(41)

41 glaucomatosi ha determinato un'importante riduzione della IOP (del 45% -50%) già dopo la prima settimana di trattamento, con una diminuzione regolare durante il trattamento. Questa riduzione è risultata molto più alta di quella osservata quando la dorzolamide al 2% veniva somministrata nello stesso modello animale e con un programma di somministrazione identico.

Quindi, i farmaci ibridi che incorporano solfonammidi e frazioni donatrici di NO hanno mostrato una buona inibizione in vitro degli enzimi target ed una promettente efficacia in vivo in modelli animali di glaucoma. [19]

5.2 Inibitori di Anidrasi Carbonica come diuretici

Le CA si trovano in proporzioni notevoli nei reni e molte isoforme hanno dimostrato di essere presenti nei tessuti di questo organo. Almeno quattro (CA II, IV, XII e XIV) degli isoenzimi di CA cataliticamente attivi si trovano all’interno delle cellule epiteliali dei tubuli renali. La CA II citosolica è ampiamente espressa nel rene dove svolge un ruolo chiave nelle funzioni renali. Sono state riportate alte concentrazioni di questo isoenzima nelle cellule della porzione terminale del tubulo distale, del tubulo collettore e del condotto di raccolta.

Anche le isoforme associate alla membrana CA IV, IX, XII e XIV compaiono in vari tessuti dei reni:

• CA IV sembra essere ubiquitario in questo organo,

• CA XII è espressa nella membrana plasmatica basolaterale delle cellule epiteliali nel segmento ascendente dell’ansa di Henle e dei tubuli contorti distali, oltre che nelle principali cellule dei dotti collettori.

• CA XIV è altamente espressa in alcuni segmenti del nefrone nel roditore. • CA IX è altamente sovraespressa nei tumori renali

Nell’uomo, le isoforme CA presenti nei reni svolgono una funzione cruciale in almeno tre processi fisiologici: l'omeostasi dell'equilibrio acido-base, secernendo ed espellendo i protoni che si formano dalla reazione di idratazione di CO2

(42)

42 catalizzata da questi enzimi; i processi di riassorbimento del bicarbonato e di escrezione di NH3 sotto forma di ione NH4+[20].

Queste importanti funzioni sono ben localizzate nei diversi segmenti del nefrone: il riassorbimento del bicarbonato avviene nel tubulo prossimale, mentre l'acidificazione urinaria e l’escrezione di NH4+ si verificano nel tubulo distale e nel

condotto di raccolta.

Figura 25. Cellula epiteliale del tubulo contorto prossimale renale e schema dei

processi mediati dalle varie isoforme di CA presenti in questo distretto.

La fisiologia renale è stata compresa nel dettaglio inibendo le CA presenti in questo organo per mezzo di CAI sulfamidici.

L'acetazolamide, 1 che è un inibitore potente contro la maggior parte delle isoforme CA dei mammiferi, è stato il primo diuretico non mercuriale ad essere usato clinicamente, a partire dal 1956. Dopo la somministrazione di un CAI, come l'acetazolamide, il volume urinario aumenta rapidamente e il suo pH normalmente acido (intorno a 6) diventa alcalino (circa 8,2).

(43)

43

Figura 26. Acetazolamide (1)

Questi eventi sono dovuti all'inibizione dei vari isoenzimi CA nel tubulo prossimale, che porta all'inibizione della secrezione di H+ da parte di questo

segmento del nefrone. L'inibizione degli enzimi sia citosolici (CA II) che legati alla membrana (CA IV, XII e CA XIV) sembra essere coinvolta negli effetti diuretici delle solfonammidi. L'inibizione di tali CA diminuisce la disponibilità di protoni per l’antiporto Na+/H+, che mantiene una bassa concentrazione di protoni nella

cellula. Il sodio, non essendo riassorbito, permane nel lume del tubulo renale portandosi dietro l’acqua con conseguente aumento della diuresi. L’inibizione della CA comporta quindi un aumento del volume delle urine che diventano più alcaline; inoltre un uso prolungato può comportare un’eccessiva perdita di potassio.

Utilizzando l'acetazolamide come lead, negli anni '60-'70 sono stati sviluppati un grande numero di altri diuretici solfonammidici di successo, tra cui le benzotiadiazine 19 (idroclorotiazide 19a, idroflumetiazide 19b e simili), quinetazone (20), metolazone (21), clortalidone (22), indapamide (23), furosemide (24) e bumetanide (25). [21] Questi farmaci 19-25 clinicamente

utilizzati possiedono la frazione SO2NH2 primaria nella loro molecola, attraverso

la quale legano lo ione Zn II presente all'interno del sito attivo CA (zinc-binders). Tuttavia, fino a poco tempo fa, le proprietà inibitorie di CA di questi farmaci sono state studiate solo per un isoenzima CA, cioè CA II, che si riteneva responsabile di tutti gli effetti fisiologici dei farmaci sulfammidici. Solo recentemente, è stata investigata l'inibizione contro tutte le isoforme di CA dei mammiferi, offrendo risultati interessanti, che possono portare ad importanti applicazioni polifarmacologiche[20]. I composti 19-25 sono inibitori molto più deboli

dell’isoenzima CA II rientrando nell'intervallo micromolare. Infatti, solo la N N S SO2NH2 H N H3C O

(44)

44 furosemide (24) è un valido inibitore di CA II tra questi diuretici, con un Ki di 65

nM. Tuttavia, molti dei farmaci 19-25 inibiscono sensibilmente le isoforme di CA scoperte solo dopo la loro introduzione nell'uso clinico; esempi di tali situazioni sono: metolazone (21) contro CA VII, XII e XIII, clortalidone (22) contro CA VB, VII, IX, XII e XIII, indapamide (23) contro CA VII, IX, XII e XIII, furosemide (24) contro CA I, II e XIV e bumetanide (25) contro CA IX e XII. La bumetanide è un CAI specifico per il trattamento del tumore;essa mostra una potenza paragonabile all’ acetazolamide, ma si differenzia da quest’ultima in quanto l’acetazolamide è un CAI potente contro la maggior parte degli isoenzimi di mammifero[21].

Tabella 4. Dati di inibizione di alcune delle solfonammidi clinicamente utilizzate (Acetazolamide 1 e 19a-25) contro gli isoenzimi CAII citosolico e CA IV, XI, XII e XIV di membrana presenti a livello renale; Nt=Non testato, dati non disponibili.[20]

Ki (nM)

Isoenzima

1

19a

20

21

22

23

24

25

CAII

12 290 1260 2000 138 2520 65 6980

CAIV

74 4225 Nt 750 917 890 499 700

CAIX

25 367 Nt 320 23 36 420 25.8

CAXII

5.7 355 Nt 5.4 4.5 10 261 21.1

CAXIV

41 4105 Nt 5432 4130 4950 52 250

5.3 Inibitori di Anidrasi Carbonica usati come potenziai

farmaci anti-osteoporotici

L’isoforma CA II è molto abbondante nel tessuto osseo ed è presente solo a livello degli osteoclasti a concentrazioni dello stesso ordine di grandezza di quelle presenti a livello dei reni. Il ruolo di questo enzima è quello di fornire ioni idrogeno, provenienti dall’idratazione della CO2, ad una pompa protonica ATP-dipendente,

(45)

45 la quale li utilizza nella mobilitazione del calcio dalle ossa. Queste attività sono richieste per la dissoluzione della matrice inorganica, che precede la rimozione enzimatica della matrice organica dalle ossa (Figura 27).

Figura 27. Reazione catalizzata da CA nel processo di degradazione della matrice

ossea mediante HCl.

Si è pertanto pensato di utilizzare CAI solfonammidiche nel trattamento dell'osteoporosi, una condizione caratterizzata da un'eccessiva perdita del calcio osseo. Per valutare il ruolo fisiologico delle CA di membrana negli osteoclasti, sono stati usati inibitori strutturalmente correlati al composto 62, che non permeano la membrana.

(46)

46

62

Figura 28: PCS (62), molecola per la quale la membrana cellulare è impermeabile utilizzata per gli studi sulle CA di membrana presenti negli osteoclasti[22]

In una coltura di osteoclasti di ratti, che sono stati esposti ad una bassa concentrazione di inibitore, è stato osservato un aumentato numero di osteoclasti ed un’attività di riassorbimento osseo. Il trattamento con gli inibitori disturba anche l’acidificazione intracellulare degli osteoclasti. Gli isoenzimi di membrana CAIV e CA XIV sono espressi negli osteoclasti in vivo e in vitro. Successivi esperimenti sugli inibitori hanno fornito nuove evidenze che avvalorano l’ipotesi che la regolazione del pH intracellulare negli osteoclasti possa coinvolgere il trasporto di metaboloni e di conseguenza in futuro potrebbe essere possibile l’utilizzo di alcuni inibitori nella progettazione di nuove terapie anti-osteoporosi.[22]

5.4 Inibitori di Anidrasi Carbonica come potenziali farmaci

anti-obesità

L'obesità è una comune patologia metabolica caratterizzata da un eccesso di grasso corporeo. Nella società moderna la facile disponibilità di alimenti altamente energetici combinati con stili di vita sedentari sono considerati le principali cause sociali di un aumento incontrollato del peso corporeo[24]. Tra le

(47)

47 α-CA, le isoforme CA VA e CA VB sono espresse solo nei mitocondri. Esiste anche una localizzazione tissutale specifica per CA VA, che è presente solo nel fegato, mentre CA VB è più ampiamente distribuito nell'organismo. È noto che CA VA e CA VB sono coinvolte in diversi processi metabolici, tra cui l'ureogenesi, la gluconeogenesi e la lipogenesi nei vertebrati (per esempio nei roditori) e negli invertebrati (per esempio nelle cavallette).[23]

L’approvvigionamento di bicarbonato (che rappresenta il substrato) in diversi processi biosintetici che coinvolgono la piruvato carbossilasi (PC), l’acetil-Co-A carbossilasi (ACC) e la carbamoil-fosfato sintetasi I e II, viene assicurato principalmente dalla reazione catalitica che coinvolge gli isoenzimi di CA. (Figura 29) Il piruvato viene carbossilato ad ossalacetato in presenza di HCO

3- e PC. Il

bicarbonato necessario per questo processo è generato sotto l'influenza catalitica degli isoenzimi mitocondriali CA VA e/o CA VB. L’acetil-coenzima (acetil-CoA) nel mitocondrio reagisce con l'ossalacetato, portando al citrato, il quale viene poi traslocato nel citoplasma mediante l’azione del trasportatore tricarbossilato. Nel citosol, il citrato viene scisso rigenerando ossalacetato e acetil-CoA. Quest’ultimo è utilizzato per la lipogenesi de novo. Il bicarbonato necessario in questa fase è fornito dalla conversione catalizzata da CA II di CO2 in bicarbonato all’interno del citosol[24].

(48)

48

Figura 29: Biosintesi degli acidi grassi in cui prendono parte le CA-VA e -VB a livello

mitocondriale, e la CA II citosolica [23]

L’osservazione clinica che i pazienti obesi trattati con il farmaco antiepilettico topiramato (TPM) 9 presentavano una marcata riduzione del peso corporeo, ha costituito il punto di partenza per lo studio delle CA come bersagli per il trattamento dell'obesità, anche se non è stata fornita ancora alcuna spiegazione farmacologica di tale fenomeno

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49 Il TPM possiede potenti effetti anticonvulsivanti a causa di un meccanismo d'azione multifattoriale: il blocco dei canali al sodio e dei recettori AMPA/kainato (acido α-ammino-3-idrossi-5-metil-4-isossazolo-propionico), la ritenzione di CO2

secondaria all’inibizione dei globuli rossi del sangue e degli isoenzimi CA del SNC, come l’aumento del sistema di trasmissione GABAA–ergico. Gli effetti collaterali

di questo farmaco includono: cambiamenti di umore, perdita della memoria, parestesia e calcoli renali. E’ stato così dimostrato che il TPM è un potente inibitore di diversi isoenzimi CA, come la II, VA, VB, VI, VII, XII e XIII. In particolare è un CAI efficace per CA II, VA e VB con valori di Ki rispettivamente di 10, 63 e 30

nM. (Tabella 3)

Studi cristallografici del complesso di TPM con CA II hanno chiarito le interazioni molecolari che spiegano l’elevata affinità di questo composto per il sito attivo della CA. Successivamente sono stati condotti studi di dinamica molecolare sull’addotto TPM-CAII che hanno dimostrato una modalità di legame simile anche con l’isoenzima CA V.

Figura 31. L’immagine riporta la regione del sito attivo, nel complesso CA II / TPM,

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50

osserva l'atomo di azoto della frazione solfonammidica deprotonata di TPM coordinato allo ione zinco dell'enzima. Inoltre è mostrata una rete estesa di legami di idrogeno tra l'inibitore e alcuni residui di amminoacidi all'interno della cavità enzimatica.

Figura 32. Zonisamide (10)

La zonisamide (ZNS) 10 è un altro farmaco anti-epilettico usato come terapia aggiuntiva nei parziali attacchi refrattari. A causa dei suoi molteplici meccanismi di azione, ZNS mostra un ampio spettro di attività anticonvulsivanti ed è risultato efficace in diversi tipi di convulsioni. Studi clinici recenti hanno suggerito un potenziale uso terapeutico di ZNS nel dolore neuropatico, nei disturbi bipolari, nell’emicrania, nell’obesità, nelle malattie legate al cibo e nel morbo di Parkinson. In effetti, in analogia con TPM, si è osservato che ZNS in associazione con una dieta povera di calorie (deficit di 500 Kcal per giorno), permette di ottenere, in pazienti obese di sesso femminile, una riduzione del peso medio di 5 Kg in più rispetto a pazienti trattate con la sola dieta.

La zonisamide (10) è una solfonammide alifatica, che mostra un profilo di inibizione efficace nei confronti degli isoenzimi CA citosolici e mitocondriali.

(Tabella 3)

Sia il topiramato (9) che la zonisamide (10) determinano una perdita di peso dovuta all’inibizione della lipogenesi, che a loro volta è mediata dall’inibizione di alcuni isoenzimi CA coinvolti nella carbossilazione del piruvato ad ossalacetato

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51 (isoforme mitocondriali CA VA e VB) e dell’acetil-coenzima-A a malonil-coenzima-A (isoformacitosolica CA II). L’effetto globale è una potente inibizione della lipogenesi.

Sulla base di questi risultati, l'utilizzo di TPM e ZNS come molecole lead per la progettazione di inibitori CA indirizzati agli isoenzimi coinvolti nella lipogenesi può rappresentare l'inizio di un approccio molto promettente per il trattamento dell'obesità.

Attualmente le terapie farmacologiche approvate sono associate ad una perdita di peso minore del 5% e sono spesso scarsamente tollerate, di conseguenza la chirurgia bariatrica rimane l'unico trattamento efficace, seppur invasivo. Questi risultati hanno incentivato le indagini sulle farmacoterapie di combinazione a partire da cui è stata sviluppata dalla Vivus Inc., Qnexa (VI-0521) una combinazione a dose fissa di Fentermina e Topiramato. Qnexa è stata valutata in fase III di sperimentazione clinica per il trattamento dell’obesità: ne è risultata un’efficace perdita di peso e il mantenimento della perdita di peso se associato con dieta ed esercizio fisico. Gli effetti avversi riscontrati però, sono stati la ragione principale per il mancato completamento dello studio; in particolare, sono stati registrati effetti avversi cardiovascolari ed un potenziale effetto teratogeno[24].

6. Fisiopatologia delle Anidrasi Carboniche

nelle cellule tumorali

Il cancro consiste in una neoformazione di tessuto che è indipendente dal punto di vista evolutivo, funzionale e nutrizionale rispetto al tessuto normale dal quale deriva. Esistono oltre 100 diversi tipi di cancro e ciascuno è classificato in base al tipo di cellula inizialmente interessata. Nei tessuti normali le cellule si riproducono dividendosi, in modo da sopperire alle varie necessità dell'organismo: far crescere

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52 l’intero organismo o una sua parte oppure rimpiazzare le cellule morte o danneggiate. Quando questo equilibrio governato da numerosi messaggeri chimici fra cellula e cellula nonché dai geni del loro DNA, risulta compromesso, le cellule continuano a riprodursi senza freni per formare masse di tessuto chiamate tumori.

Una caratteristica comune alla maggior parte dei tumori è un basso livello di ossigeno, chiamato ipossia, la cui gravità varia tra i tipi di tumore. I principali fattori che sono causa dell'ipossia tumorale comprendono: un’anormalità strutturale e funzionale nella microvascolatura dei vasi che supportano il tumore; l'aumento delle distanze di diffusione tra i vasi sanguigni nutritivi e le cellule tumorali ed infine una ridotta capacità di trasporto di ossigeno del sangue[25].

L'ipossia tumorale è stata associata ad una prognosi sfavorevole del paziente in quanto è stato stabilito che esiste una correlazione con la resistenza alla radioterapia e ai chemioterapici comuni e che provoca un'alta probabilità di metastasi. I principali regolatori della risposta allo stress indotta dall'ipossia sono i fattori inducibili da ipossia (HIF) presenti sia nelle cellule normali che nelle cellule tumorali. La caratteristica saliente di molti tumori, ovvero il fatto che sono ipossici e acidi rispetto a tessuti normali dello stesso tipo, è stato conosciuto per molti decenni come effetto Warburg, ma è stato spiegato a livello molecolare solo di recente, dopo la scoperta del fattore trascrizione che regola questi fenomeni, il fattore inducibile dall'ipossia 1α, HIF-1α.

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