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Steatosi epatica: indicatore di rischio cardiovascolare

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Academic year: 2021

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UNIVERITA' degli STUDI DI PISA

Scuola di Specializzazione in Medicina Interna

Steatosi epatica: indicatore di rischio cardiovascolare

Direttore della Scuola: Prof. Stefano Taddei Relatore: Dott. Marco Taddei

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INDICE RIASSUNTO 5 INTRODUZIONE STEATOSI EPATICA - Definizione 9 - Epidemiologia 9 - Eziologia 13 - Storia naturale 19 - Ruolo dell’ecografia 20 -Terapia 25 MATERIALI E METODI - Scopo 29 - Popolazione 29 - Raccolta dati 29 - Ecografia epatica 30 RISULTATI 31 DISCUSSIONE 40 CONCLUSIONI 48 BIBLIOGRAFIA 49

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Abbreviazioni

AFLD= alcoholic fatty liver desease ALT= alanina aminotransferasi AST= aspartato aminotransferasi BMI= body mass index

HBV= virus dell'epatite B HCV= virus dell' epatite C HDL= high density lipoproteins IMT= intima-media thickness

MMG= medico di medicina generale NAFLD= non-alcoholic fatty liver desease NASH= non-alcoholic steatohepatitis TDZ= thiazolidinedione

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Riassunto

La steatosi epatica è una patologia caratterizzata dall' accumulo intracellulare di trigliceridi superiore al 5% del peso dell’organo che oggi viene classificata in alcolica se dovuta all'abuso di alcol, oppure non alcolica (NAFLD) se dovuta ad altre cause. La NAFLD può essere anche una condizione conseguente alla malnutrizione e molto spesso associata a disfunzioni metaboliche, in particolare alla cosiddetta "sindrome metabolica" entità clinica eterogenea caratterizzata dalla coesistenza di almeno tre condizioni tra sovrappeso, in particolare a livello addominale, intolleranza glucidica, displipidemia ed ipertensione arteriosa. Tutte queste condizioni si associano a patologie cardiovascolari, endocrino-metaboliche ed epatodigestive.

Scopo: L'obiettivo della tesi è stato valutare l'incidenza e l'entità della steatosi epatica come fattore di rischio di patologia cardiovascolare, endocrino-metabolica ed epato-digestiva.

Popolazione e metodi: A questo scopo è stata studiata una coorte consecutiva di 150 pazienti (60 maschi e 90 femmine, età media 57,95 ds 14,37 anni) inviati all' ambulatorio di Ecografia Internistica della U.O. di Medicina II Universitaria dell' Ospedale di Cisanello per eseguire Ecografia addominale (per screening patologici differenti e follow-up

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oncologici). Sono stati raccolti i dati anamnestici e morfologici (BMI e circonferenza addominale) ed è stato valutato ecograficamente, sempre da parte dello stesso operatore, il grado di steatosi epatica (secondo una classificazione in quattro stadi) e lo spessore del del grasso viscerale.

Risultati: Il 48% (72) dei pazienti non presentava steatosi epatica, il 23,3% (35) mostrava steatosi epatica lieve, il 22,7% (34) moderata e il 6% (9) severa. L'analisi dei dati (ANOVA e MANOVA) documenta una relazione statisticamente significativa tra i gradi di steatosi epatica e il sesso (i maschi hanno un più elevato grado di steatosi), l'età (i pazienti senza steatosi hanno un'età minore rispetto agli altri), il BMI, la circonferenza vita, lo spessore del grasso viscerale e la patologia cardiovascolare. (Tab 1,2). In particolare la patologia cardiovascolare risultava più frequentemente associata alla steatosi epatica di grado 1 e 2 (intermedia) ed essere dipendente da questa. (Tab 3)

Conclusioni: In conclusione il riscontro ecografico di steatosi epatica, in particolare di steatosi lieve e moderata, si associa significativamente alla patologia cardiovascolare. Tali dati se confermati su casistiche più ampie e in studi prospettici potranno proporre la valutazione quali-quantitativa della steatosi epatica sia come test di screening del rischio cardiovascolare e quale possibile indicatore di

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Steatosi Epatica

Definizione

La steatosi epatica è una patologia caratterizzata dall' accumulo intracellulare di trigliceridi superiore al 5% del peso dell’organo.

Il progressivo deposito di grasso a livello del fegato si verifica quando le quantità di grassi assunti superano quelle che l’organo riesce a eliminare. La steatosi può insorgere a tutte le età, ma si osserva maggiormente tra i 40 e i 60 anni con una prevalenza del 15-20% nella popolazione generale che arriva al 50-90% nei soggetti obesi e\o diabetici. (1)

Epidemiologia

La steatosi epatica può essere legata a vari fattori, fra cui certamente prevalenti sono l’obesità, la sindrome metabolica e l’abuso di alcol, anche se la steatosi epatica è un riscontro molto comune nei soggetti con epatite cronica C, con una prevalenza approssimativamente nel 50% dei campioni bioptici (range 30-70%) (2). Questa prevalenza, riscontrata in

studi provenienti da varie parti del mondo(2) è 2,5 volte più alta di quella

che si potrebbe prevedere in base alla prevalenza casuale in campioni

random di biopsie epatiche e ciò è dovuto all'evidenza proposta da più

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C (HCV) possa svolgere un'azione patogenetica diretta nel causare la steatosi, in particolare il genotipo 3 (5-6). Data l’elevata prevalenza di

tutti i su menzionati fattori di rischio, è ipotizzabile una loro interazione nel determinismo della steatosi e della sua evoluzione.

La prevalenza della steatosi epatica, evidenziata mediante l’ecografia, nella popolazione generale è in media, negli ultimi 10 anni, costante (= 50-51 %), aumentando gradualmente dai soggetti normopeso a quelli obesi, dove raggiunge valori di prevalenza vicini all’80%(2). La

prevalenza della steatosi epatica è diversa a seconda dell’introito alcolico e del BMI, come dimostrato in Italia da un altro studio (7) eseguito sulla popolazione generale, Dionysos. Da questo studio si evince come tra i 257 soggetti scelti come campione rappresentativo della coorte Dionysos, la prevalenza media della steatosi epatica diagnosticata con l’ecografia era del 58,2%. I dati dimostrano inoltre che nei soggetti magri e astemi la prevalenza della steatosi epatica è abbastanza alta (16%), come dimostrazione del fatto che esistono altre cause di steatosi epatica rilevanti oltre all’obesità (prevalenza = 76%) e al consumo eccessivo di bevande alcoliche (prevalenza = 46%) e che, se sono presenti più fattori, la steatosi è praticamente sempre presente (prevalenza = 95%).(2)

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quanto riguarda i dati raccolti nel 1992 e riassunti in una review, quando si suddividono i casi in steatosi epatica non alcolica (NAFLD) e steatosi epatica alcolica (AFLD) (8). I dati del Progetto Dionysos riguardano soltanto i Comuni di Campogalliano e Cormons e quindi possono essere approssimativamente rappresentativi soltanto della popolazione del Nord Italia, ma non possono certamente essere estrapolati al Centro ed al Sud di Italia. A parte questo studio, la prevalenza della steatosi è stata valutata in rapporto all’obesità e/o alla sindrome metabolica, e non vi sono dati specifici circa l’occorrenza della stessa e l'assunzione di bevande alcoliche. Tuttavia vanno segnalati alcuni recenti lavori italiani da cui si può estrapolare il dato della possibile interazione fra vari fattori. Lo studio di Pendino e coll. (9) riporta una prevalenza di steatosi epatica nei soggetti con alterazione degli enzimi epatici (transaminasi) del 63.3%, anche questa non molto diversa dalla prevalenza riscontrata nella popolazione Dionysos. In questo stesso studio la causa maggiore di danno epatico è risultata essere l’alcol (45.6%), seguito dalla NAFLD (24.4%), e poi dall’HCV (18.6%), dall’alcol + l’HCV /HBV(8.8%) e dall’HBV nell’1%.

Sempre nello studio recente (10) si dimostra che la prevalenza della steatosi epatica non alcolica associata alla alterazione degli enzimi

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epatici nella popolazione generale è del 25%, dato molto simile e non statisticamente diverso da quello riscontrato nei soggetti senza alterazione degli enzimi epatici appartenenti alla stessa coorte (prevalenza = 20%), prevalenza comunque non lontana dalla forbice di prevalenza della NAFLD riscontrata in altri studi su popolazioni diverse (9-33%). La prevalenza media della NAFLD in questo studio, pari al 22.5% è esattamente quella riscontrata su casistiche italiane diverse, ma sempre appartenenti alla popolazione generale, quali quella riportata da Lonardo e collaboratori (11) su 363 pazienti apparentemente sani afferenti ad un ambulatorio di ecografia (prevalenza NAFLD = 20%), e quella riportata piu’ recentemente da Bruno e collaboratori (12) su una casistica particolare di sole donne operate al seno per cancro e seguite negli anni per uno studio clinico controllato sull’uso del tamoxifene nella prevenzione della recidiva tumorale (prevalenza media di NAFLD in donne trattate con placebo e donne trattate con tamoxifene = 16,1%). Altri dati di prevalenza della NAFLD e non, eseguiti su casistiche italiane selezionate afferenti a cliniche o ambulatori e disegnati per altri scopi, si possono ricavare dalla lettura accurata di alcuni studi quali quelli di Marchesini e collaboratori (13), riguardanti pazienti afferenti alla Liver Unit di Torino, con una prevalenza di NAFLD del 29,8% o

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quelli di Angelico e collaboratori (14-15) riguardanti pazienti obesi afferenti alla Metabolic Unit di Roma, con una prevalenza di NAFLD negli obesi del 90%.

La prevalenza della NAFLD negli studi sia aperti su casistica non selezionata che negli studi di popolazione eseguiti in Italia sembrano confermare una prevalenza oscillante tra il 16 e il 22,5%. Sagnelli e collaboratori (16) hanno valutato su una popolazione di 9997 pazienti il rapporto prevalenza/incidenza delle varie malattie epatiche croniche in Italia. Va segnalato che, in tale casistica, molto selezionata e afferente a centri specialistici, i valori di BMI erano ritrovati >25 (= sovrappeso) nel 71.8% dei pazienti con NAFLD e nel 47.7% dei pazienti con altri fattori eziologici.

Eziologia

La steatosi epaica può essere dovuta all’abuso di alcol, oppure non alcolica (NAFLD) se ci sono altre cause, e le due condizioni patologiche sono indistinguibili. Anche una perdita di peso troppo rapida e la malnutrizione possono portare all’insorgenza della steatosi.

La NAFLD è una condizione patologica molto spesso associata a disordini di tipo metabolico ed in particolare alla cosiddetta "sindrome metabolica" (insieme di fattori di rischio metabolici che aumentano la

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possibilità di sviluppare malattie cardiache, ictus e diabete. La causa precisa della sindrome metabolica non è nota anche se esistono alcuni fattori genetici, la presenza di una eccessiva quantità di grasso corporeo, specie a livello dell’addome, e lo scarso esercizio fisico contribuiscono allo sviluppo di tale condizione. La sindrome metabolica viene diagnosticata quando sono presenti tre o più dei seguenti fattori di rischio: elevata quantità di tessuto adiposo addominale [valutata mediante la misurazione della circonferenza della vita, sono considerati patologici valori superiori a 94 cm nell’ uomo e superiori a 80 cm nella donna]; basso colesterolo HDL [meno di 40 mg/dl nell’uomo e meno di 50 mg/dL nella donna];elevati livelli di trigliceridi [valori superiori a 150 mg/dL]; elevati valori di pressione arteriosa [superiore a 135/85 mmHg o qualora sia già in corso una terapia antipertensiva]; elevati livelli di glicemia [glicemia a digiuno superiore a 100 mg/dL]. La presenza di tre o più di questi fattori di rischio è un segno che l’organismo è resistente all’azione dell’ insulina.).La “sindrome metabolica” determina un notevole incremento del rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare. (17). L' eziopatogenesi della NAFLD è multifattoriale, il disordine metabolico chiave è rappresentato da una alterazione dell' equilibrio del metabolismo lipidico a favore della lipogenesi rispetto alla lipolisi; ne

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deriva accumulo di trigliceridi negli epatociti che rappresenta il corrispettivo a livello biochimico della steatosi. E' ormai dimostrato che l' accumulo di trigliceridi è la diretta conseguenza metabolica di una ridotta sensibilità cellulare all' insulina. (18) L' insulino-resistenza costituisce, inoltre, il comune denominatore eziopatogenetico dei principali fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione arteriosa, intolleranza glicidica, obesità viscerale, dislipidemia) che nel loro insieme configurano gli elementi della "sindrome metabolica".(17)

Sui fattori di rischio correlati alla NAFLD esistono parecchi gruppi italiani che hanno pubblicato dati interessanti ed in linea con quanto riportato in altre casistiche del mondo occidentale. Tutti questi studi concordano sul fatto che molti dei fattori implicati nella sindrome metabolica sono fattori di rischio per la NAFLD. In particolare, il gruppo di Lonardo e collaboratori (19) nel 2002 in uno studio caso-controllo, denominato POLI.ST.E.N.A. svolto in collaborazione con 47 MMG su casistica selezionata tra gli assistiti dei MMG con steatosi epatica all’ecografia senza cause note (79 casi), utilizzando come controlli, 60 controlli storici reclutati tra la popolazione generale per un altro studio (M.I.C.O.L.), applicando l’analisi logistica multivariata, hanno individuato l’insulinemia e l’uricemia a digiuno come unici fattori

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predittivi per NAFLD. Il 27% ed il 22% dei soggetti con steatosi epatica in questa casistica era rispettivamente obeso e diabetico. Anche il gruppo di Bolondi e collaboratori (20) in uno studio caso-controllo su una casistica di 55 pazienti ipertesi, afferenti all’ambulatorio dell’Unità di Ipertensione Arteriosa del Dipartimento di Medicina dell’Università di Bologna, confrontati per sesso ed età con soggetti senza ipertensione afferenti allo stesso Dipartimento per altri problemi, ha dimostrato che la steatosi epatica non alcolica era presente nel 31% dei soggetti ipertesi (vs 13% nei controlli) e che all’analisi logistica multivariata, i livelli di insulinemia a digiuno e il BMI erano gli unici 2 fattori associati alla presenza di steatosi epatica e che il BMI, il livello di ALT e l’ipertensione arteriosa erano significativamente associati alla insulino-resistenza. In un altro studio eseguito su 80 pazienti obesi con sindrome metabolica e enzimi epatici (transaminasi) nella norma sottoposti a biopsia epatica durante intervento chirurgico per altre patologie, Sorrentino e collaboratori (21) hanno dimostrato che la NAFLD era presente nel 97,5% di questi soggetti, ma quel che è più interessante, gli autori hanno dimostrato con uno studio istologico molto accurato, che il 72% di questi soggetti aveva una steato-epatite (NASH) silente e; il 32,5% aveva segni consistenti di fibrosi e ben il 10% di questi aveva già

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la cirrosi epatica. Una lunga storia di obesità, un BMI > 45 (obesità grave), il sesso femminile, la presenza di sindrome metabolica in questa casistica si sono dimostrati fattori di rischio indipendenti per la presenza di fibrosi epatica all’istologia. Questo studio dimostra che, indipendentemente dalle ALT alterate, l’obesità grave e la sindrome metabolica sembrano essere un fattore di rischio per cirrosi epatica anche nella popolazione italiana (soprattutto per il sesso femminile).

In un altro studio, il gruppo di Marchesini e collaboratori (22), ha raccolto retrospettivamente l’83% dei dati relativi a 974 pazienti obesi reclutati negli anni 1998-2000 da 12 centri in tutta Italia che hanno partecipato allo studio QUOVADIS e i dati dimostrano che, dopo correzione per il BMI, il sesso e l’età, le caratteristiche tipiche della sindrome metabolica, in particolare l’insulino-resistenza, erano associate ad un rischio elevato di avere una alterazione delle ALT, presente peraltro nel 21% dei casi, suggerendo che l’alterazione degli enzimi epatici è significativamente correlata all’insulino-resistenza e che risulta essere un riscontro comune nei pazienti obesi asintomatici con NAFLD, senza storia precedente di epatopatia. Anche Angelico e collaboratori, nello studio già citato (14-15) riguardante pazienti obesi afferenti alla Metabolic Unit di Roma, hanno trovato una correlazione netta tra

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presenza di NAFLD ed insulino-resistenza. Infine, lo studio denominato “The Dionysos Nutrition and Liver Study”, già citato in precedenza, di Bedogni e collaboratori (8) che è l’unico eseguito su una intera coorte appartenente alla popolazione generale di un Comune del Nord Italia(Campogalliano – Modena) dimostra in modo inequivocabile che la NAFLD non è associata soltanto alla presenza di alterazione degli enzimi epatici, ma anzi, la sola alterazione delle ALT nella popolazione generale, non è in grado di discriminare tra steatosi epatica alcolica e non-alcolica e non risulta essere un fattore predittivo indipendente per NAFLD (dove solo nel 54% dei casi si è osservato una elevazione delle ALT). Al contrario, l’analisi multivariata dei dati, evidenzia che l’età superiore ai 65 anni sembra essere un fattore protettivo per NAFLD, ma soprattutto che l’iperglicemia, l’indice di massa corporea (BMI), l’insulino-resistenza, l’ipertensione arteriosa sistolica e l’ipertrigliceridemia (tutte caratteristiche presenti nella sindrome metabolica) sono fattori predittivi indipendenti per NAFLD.

In conclusione si può dire che la maggior parte degli studi italiani pubblicati negli ultimi anni dimostrano che la steatosi epatica non alcolica sta diventando la patologia piu’ prevalente in campo epatologico e che i molteplici fattori di rischio ad essa correlati sono da ricercarsi in

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quella che oggi viene comunemente chiamata sindrome metabolica e che sappiamo colpire molti altri organi e apparati, primo tra tutti, il sistema cardio-vascolare.

Storia naturale

La NAFLD è stata considerata a lungo una condizione patologica benigna, che rappresenta però un fattore di rischio per patologie epatiche più gravi che portano alla fibrosi nel caso si associ alla necro-infiammazione, steatoepatite non alcolica (NASH). Circa il 10% dei pazienti con NAFLD evolve in NASH che a sua volta può progredire in cirrosi, morte per cause epatiche ed epatocarcinoma rispettivamente nel 25%, 10% e 1% dei casi (23-24). La progressione della NAFLD sembra comunque essere lenta e solo, una minoranza die soggetti affetti presenterà morbilità e morbidità patologiche ad essa correlate (25). Dagli studi longitudinali i principali fattori di rischio per la progressione a fibrosi sono l’età, l’insulino-resistenza e le patologie dismetaboliche a essa correlate (diabete, obesità, ipertrigliceridemia) (26). Nelle fasi avanzate vi è una sovrapposizione tra causa (insulino-resistenza) e effetto (fibrosi), la cirrosi infatti induce di per sé insulino-resistenza (27). L’insorgenza e la progressione della fibrosi è più frequente tra i pazienti con steatoepatite rispetto a semplice steatosi.

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Ruolo dell'ecografia

L' ecografia epatica è una metodica utilizzata molto e precocemente nell' iter diagnostico delle NAFLD è può essere considerata il gold standard per lo screening diagnostico della steatosi. L'ecografia permette di mettere in evidenza l' immagine di un parenchima epatico iperecogeno (fegato brillante o bright liver) rispetto all'adiacente parenchima renale e questa differenza relativa di ecogenicità costituisce un reperto ecografico molto sensibile (94%) e specifico (84%) per la presenza di steatosi da moderata a severa.(28)

Il bright liver è una particolare alterazione dell’ecotessitura del fegato che si caratterizza per la presenza di echi fini, iperluminosi, fittamente stipati spesso associato all’ “attenuation sign”, attenuazione del fascio ultrasonoro in profondità, che si ritiene tipica della steatosi epatica.

La presenza di vacuoli intracitoplasmatici di grasso (micro o macrovescicole di trigliceridi) determina un incremento delle interfacce e spiega dal punto di vista fisico l’incremento della ecogenicità parenchimale. Tale aspetto caratterizza la steatosi epatica, ma non può escludere la presenza di fibrosi.

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sulla base dei parametri ecografici (29):

a) steatosi lieve: presenza di solo incremento dell’ecogenicità parenchimale epatica quando confrontata all’ecogenicità del parenchima renale, ma senza significativa attenuazione del fascio ultrasonoro (il parenchima permane ben esplorabile anche in profondità)

b) steatosi moderata: incremento dell’ecogenicità parenchimale epatica associata ad attenuazione del fascio ultrasonoro in profondità, ma con diaframma ancora visibile lungo il contorno profondo del fegato;

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c) steatosi severa: aumento marcato dell’ecogenicità parenchimale con attenuazione marcata del fascio ultrasonoro in profondità tale da rendere non più evidente il dettaglio vascolare e la biforcazione portale all’ilo.

Talvolta la steatosi non interessa in maniera diffusa il parenchima epatico ma può localizzarsi solo in alcuni settori del fegato realizzando il quadro della cosiddetta “steatosi focale” che spesso pone problemi di diagnostica

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differenziale con alterazioni “focali” del fegato. La steatosi focale si può manifestare attraverso due differenti quadri ecografici: la forma ipoecogena e quella iperecogena.(29) Nella forma ipoecogena si evidenzia in un parenchima epatico di tipo “ brillante “ la presenza di aree ipoecogene, di solito localizzate al IV segmento davanti alla biforcazione portale, in sede pericolecistica, nella faccia inferiore del lobo epatico di sinistra, di dimensioni variabili (da pochi mm fino a 4-5 cm ), a margini irregolari, bizzarri, poligonali che non determinano effetto massa o infiltrazione delle strutture vascolari. Nella forma iperecogena di solito, nell’ambito di un fegato dalla normale ecotessitura, si evidenziano aree iperecogene a sede segmentaria o subsegmentaria che non determinano effetto massa o infiltrazione vascolare; talora tali aree iperecogene possono interessare in maniera diffusa il parenchima epatico che si presenta cosparso di piccole formazioni iperecogene (< 1 cm) in parte confluenti che identificano il particolare quadro ecografico definito come aspetto “a prato fiorito”.

Nel passato la steatosi focale ipoecogena è stata interpretata come legata alla presenza di aree prive di grasso nell’ambito di fegato steatosico (skip areas)(29). Studi di istomorfometria hanno invece permesso di stabilire che si tratta solo di aree a diverso arrangiamento del grasso.(29) Nelle

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aree ipoecogene le gocciole lipidiche intracitoplasmatiche sarebbero arrangiate in macrovacuoli a differenza di quanto avviene nel restante parenchima in cui esse sono arrangiate in microvacuoli microvacuoli= aumento interfacce= iperluminosità; macrovacuoli= ridotte interfacce= riduzione luminosità.

Non sono attualmente note le cause fisiopatologiche della steatosi focale iperecogena. Alcuni studi utilizzando come gold-standard la biopsia epatica hanno cercato di identificare se tali aspetti ecostrutturali del parenchima epatico correlino con le caratteristiche istologiche (steatosi, fibrosi, necrosi, infiammazione).(29) Sanford et al hanno documentato che sia la steatosi che la fibrosi correlano positivamente con l’aspetto ecografico del bright liver; l’attenuation sign considerato da altri studi specifico per la fibrosi correla significativamente solo con la steatosi e sembrerebbe associarsi alle forme più severe. Sebbene lo studio sia prospettico, in cieco, e tutti i casi siano stati confrontati con il gold standard, la popolazione oggetto dello studio risulta costituita in prevalenza da forme ad etiologia alcoolica e inoltre le variabili ecografiche appaiono scarsamente riproducibili (k 0.39-0.44). Saverymuttu et al utilizzando quale pattern ecografico per la steatosi il bright-liver e per la fibrosi il coarse-ecopattern hanno riportato una

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sensibilità e specificità US per la diagnosi di steatosi del 94 ed 84% e per la fibrosi del 57% e 88% rispettivamente. Anche in questo studio la popolazione valutata risulta costituita da pazienti con patologia alcool-correlata ed inoltre non è stata valutata la riproducibilità del dato ecografico. In un recente studio, Mathiesen et al. hanno documentato su una serie di 165 pazienti asintomatici, con differente etiologia e lieve/moderata elevazione delle transaminasi, che il reperto ecografico di bright liver ha una sensibilità del 90%, una specificità dell’82%, un valore predittivo positivo dell’87% ed un valore predittivo negativo dell’87% per la diagnosi di steatosi, consentendo una corretta classificazione della stessa nell’86.6% dei casi studiati.

Terapia

Data la multi-fattorialità eziologica non esiste un'univoca terapia eziologica della NAFLD. Nella “sindrome metabolica“ gli interventi terapeutici mirano a migliorare l’insulino-resistenza, che è alla base della patologia, di questi soggetti. Primo fra tutti è l’intervento sullo stile di vita che comporta una diminuzione dell’introito calorico associato all'incremento dell’attività fisica finalizzati al calo ponderale. Un calo ponderale del 5-10% è in grado di indurre una riduzione delle transaminasi e del volume epatico, un calo ponderale troppo veloce

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(maggiore di 1,6 kg/settimana) invece peggiora il quadro epatico in quanto promuove una mobilizzazione massiva dei grassi dal tessuto adiposo (per attivazione della lipolisi) che arrivano direttamente al fegato attraverso la vena porta e possono aumentare l'entità della steatosi.(30) L’esercizio fisico (aerobico) aumenta la sensibilità insulinica e migliora l’utilizzo dei substrati a livello muscolare. La perdita di peso e l’esercizio fisico aumentano in modo significativo i livelli di adiponectina, riducono i livelli di leptina ed aumentano l’insulino-sensibilità in soggetti obesi (31). Se sono presenti iperglicemia e/o dislipidemia (caratteristici della sindrome metabolica) si trattano questi fattori eziologici con la somministrazione di farmaci insulino-sensibilizzanti come la metformina ed i tiazolidinedioni (TZD) e la somministrazione di statine, limitata a casi di assoluta necessità.(30) La metformina diminuisce la neoglucogenesi, diminuisce l’assorbimento di zuccheri a livello gastro-intestinale e aumenta l’insulino-sensibilità, riduce la β-ossidazione mitocondriale e riduce la steatosi grazie all’azione inibitoria sul TNF-α. È stato visto che nei topi questo farmaco ha anche un ruolo nel ridurre la lipogenesi epatica, le transaminasi epatiche e la progressione della NAFLD, mentre aumenta l’ossidazione di acidi grassi sempre a livello epatico (32). La metformina rispetto a terapia dietetica riduce le

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transaminasi, normalizzandole nel 55% dei casi. I TZD si legano al recettore PPARγ ed aumentano l’insulino-sensibilità facilitando il deposito di trigliceridi negli adipociti ed impedendo il deposito di trigliceridi nel fegato e nel muscolo. I TZD indirettamente inducono un miglioramento della sensibilità insulinica attraverso l’aumento della adiponectina e hanno anche attività anti-infiammatoria. Uno studio di Belfort ha rilevato che l’utilizzo di pioglitazone migliorando l’insulino-resistenza induce riduzione delle transaminasi, della steatosi e della necroinfimmazione; l’effetto a lungo termine rimane però incerto (33). L’assunzione degli insulino-sensibilizzanti (metformina e TZD) induce una riduzione/normalizzazione delle transaminasi, ma tale effetto è reversibile alla sospensione del farmaco. Tra i farmaci antiipertensivi, il losartan migliora i markers epatici di fibrosi epatica ed i livelli di ALT (34). Ultimamente è stato proposto l’uso di exenatide per il trattamento del diabete tipo 2, ma anche per migliorare la funzione epatica in soggetti con NAFLD. L’exenatide, in vitro, innalza il livello di PPARγ, un elemento chiave nella β-ossidazione di acidi grassi e nella down-regolation della SREBP-1c e della SCD-1 entrambi elementi chiave nella lipogenesi de novo a livello epatico. Tali effetti inducono una riduzione dell’accumulo di grasso a livello epatico oltre ad avere un’azione contro

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l’insulino-resistenza tipica di questi soggetti (35). L’efficacia dell’acido ursodesossicolico è controversa; sembrerebbe avere effetto antiossidante e ridurre il danno di membrana negli epatociti comportando una riduzione delle transaminasi e un miglioramento del quadro istologico (36); uno studio successivo ha invece evidenziato il mancato effetto positivo su fibrosi e necroinfiammazione (37).

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Materiali e metodi

Scopo

L'obiettivo della tesi è stato valutare l'incidenza e l'entità della steatosi epatica come fattore di rischio di patologia cardiovascolare, endocrino-metabolicaed epato-digestivamediante uno studio di coorte.

Popolazione

A questo scopo è stata studiata una coorte consecutiva di 150 pazienti (60 maschi e 90 femmine, età media 57,95 ds 14,37 anni, mediana 59 anni) inviati all' ambulatorio di Ecografia Internistica della U.O. di Medicina II Universitaria dell' AOUP, stabilimento ospedaliero di Cisanello per eseguire un'ecografia addominale per screening patologici differenti o follow-up oncologici.

I criteri di inclusione allo studio prevedevano il consenso alla raccolta dei dati anamnestici, morfologici ed ecografici.

Raccolta dati

I dati anagrafici (età, sesso, luogo di provenienza), morfologici (BMI, circonferenza addominale), anamnestici [familiarità per patologie cardiovascolari, metaboliche ed epatiche, abitudini voluttuarie (fumo, alcol), regime dietetico], patologici (presenza di diabete mellito tipo 2, dislipidemia, ipertensione aretriosa e/o eventi cardiovascolari, epatopatia,

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terapia farmacologica) ed ecografici sono stati raccolti in una scheda dedicata allo studio e successivamente riportati in un database Excel. Ecografia

Durante l'esame ecografico eseguito con sonda Convex da 3,5 MHz (Esaote Hitachi Avius) veniva valutato sempre da parte dello stesso operatore [la sottoscritta] il grado di steatosi epatica secondo una classificazione in quattro stadi (assente, lieve, moderata, grave) (38) e lo spessore del grasso viscerale misurando, con la sonda Convex posizionata trasversalmente a livello periombelicale, la zona compresa tra linea alba e aorta addominale (39)

Patologia cardiovascolare Patologia

endocrino-metabolica Patologia epatodigestiva • Angina pectoris • Infarto miocardico • Cardiopatia ischemica cronica • Scompenso cardiaco • Vascuolopatie (aneurismi, arteropatie periferiche, ats carotidea, TIA, Ictus) • Ipertensione arteriosa

• Diabete mellito tipo 2 • Dislipidemie (ipercolesterolemia isolata, Ipertrigliceridemia isolata, forme combinate, forme secondarie) • Malattie epatiche genetiche

• Epatiti Virali (HAV, HBV, HCV, HDV, HEV, EBV, CMV) • Epatopatie tossiche (alcol, farmaci) • Epatopatie dismetaboliche • Epatiti autoimmuni • Epatopatie secondarie a malattie sistemiche

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Risultati

Ho arruolato una coorte consecutiva di 150 pazienti con le caratteristiche riportate nella Tabella n° 1:

• sesso femminile 90 (60%), maschile 60 (40%);

• Età media 57,95 anni (ds 14,37) e mediana di 59 anni; • BMI medio 26 Kg/m2(ds 12) (donne 25,64, uomini 26,75);

• Circonferenza vita media 96.6 (ds 12), (donne 94 cm, uomini 100 cm)*;

• Spessore del grasso viscerale medio 37,89 cm ds 19,46, (donne 34,93, uomini 42,33);

• Il 43,3% del campione presenta una familiarità per fattori di rischio cardiovascolare;

• Il 56,7% per patologia dismetabolica (diabete, dislipidemia); • L' 8,7% per patologia epatica;

• Il 15,3% dei soggetti è affetto da diabete mellito tipo 2; • Il 41,3% da dislipidemia;

• Il 34% da patologia cardiovascolare; • Il 4,7% da epatopatia;

(32)

Tabella 1 – Distribuzione di frequenza

Sesso (M:F) 60:90

Età 57.95±14.37

BMI 26.08±5.02 (M 26,75, F 25,64)

Circonferenza addominale 96.6±12.00 (M 100, F 94)

Grading grasso viscerale 37.89±19.46 (M 42,33, F 34,93)

Familiarità cardiovascolare 65 (43.3%) Familiarità dismetabolismo 85 (56.7%) Familiarità epatologica 13 (8.7%) Diabete 23 (15.3%) Dislipidemia 62 (41.3%) Epatopatia 7 (4.7%) Cardiopatia 51 (34%)

• Il 37,3% della popolazione è fumatrice ed il 30% assume abitualmente ½ -1 bicchiere di vino a pasto;

• Il 44% delle donne è in menopausa;

Tabella 2 – Distribuzione di frequenza

Fumo 56 (37,3%)

Alcol (1/2-1 bicchiere a

pasto) 45 (30%)

Menopausa 66 (44%)

La popolazione in studio presentava per il 48% l'assenza di steatosi epatica, per 23,3% una steatosi epatica lieve, per il 22,7% una steatosi epatica moderata e per il 6% una steatosi epatica severa (Tab 3) (Fig 1).

Tabella 3 – Grading steatosi epatica

0 (assente) 72 (48%)

1 (lieve) 35 (23,3%)

2 (moderata) 34 (22,7%)

(33)

L'analisi dei dati (ANOVA e MANOVA) documenta una relazione statisticamente significativa tra i gradi di steatosi epatica e il sesso (i maschi hanno un più elevato grado di steatosi), l'età (i pazienti senza steatosi hanno un'età minore rispetto agli altri), il BMI, la circonferenza vita, lo spessore del grasso viscerale e la patologia cardiovascolare. (Tab 5) (Fig 2, 3, 4)

(34)
(35)

Fig. 2

(36)

In particolare la patologia cardiovascolare risultava più frequentemente associata alla steatosi epatica di grado 1 e 2 (intermedia) ed essere dipendente da questa. (Tab 6) (Fig 7)

(37)

Tabella 6 – Analisi univariata e multivariata in relazione ai cluster di steatosi: gruppo A 0-3, gruppo B 1-2.

(38)

Dai dati raccolti si mette inoltre in evidenza una relazione lineare tra: • Circonferenza vita e spessore del grasso viscerale con R<0,42 (Fig. 8) • BMI e spessore del grasso viscerale con R <0,39 (Fig. 9)

(39)
(40)

Discussione

Lo studio, mediante una tecnica non invasiva quale l'ecografia, dell'incidenza e entità della steatosi epatica in una coorte consecutiva di pazienti che accedevano al nostro ambulatorio di Ecografia internistica per screening patologici differenti e follow-up oncologici ha dimostrato una prevalenza della steatosi del 52% con il 23,3% della popolazione che presenta steatosi epatica lieve, il 22,7% moderata e il 6% severa. Tale prevalenza risulta superiore a quella riscontrata nella popolazione adulta sana che è compresa tra il 10 e 25% mentre risulta in linea con i risultati di studi di prevalenza su popolazioni selezionate di malati, quali diabetici (40) e obesi (26). Una così alta prevalenza di steatosi epatica nei pazienti diabetici evidenzia come si possa considerare la steatosi epatica come manifestazione dello stato di insulino-resistenza che sta alla base della sindrome metabolica (41). Il nostro dato indica però l'esistenza dei altri co-fattori importanti di steatosi epatica nella popolazione con patologie diverse dal diabete e obesità.

Nel nostro studio esiste una relazione statisticamente significativa tra i gradi di steatosi epatica e il sesso (i maschi hanno un più elevato grado di steatosi), l'età (i pazienti senza steatosi hanno un'età minore rispetto agli altri), il BMI (con una differenza non statisticamente significativa

(41)

tra uomini e donne), la circonferenza vita (con valori significativamente più elevati per gli uomini rispetto alle donne), lo spessore del grasso viscerale (non significativamente diverso tra i sessi) e la patologia cardiovascolare (Tab.7)

L’utilizzo della classificazione quantitativa del grado di steatosi epatica (rapporto fegato/rene) associata alla classificazione semiquantitativa soggettiva ha evidenziato una relazione tra i gradi di steatosi epatica e il BMI (R<0,526), la circonferenza vita (R<0,596) e lo spessore del grasso viscerale (R<0,528) (Fig 2,3,4), anche se l'R relazionale è basso (Tab.10).

I limiti però della tecnica ecografica sono l’incapacità di rilevare la presenza di necroinfiammazione e fibrosi che sono i fattori predittivi più importanti per l’evoluzione dell’epatopatia steatosica e che sembrano anche i più rilevanti nel definire il rischio cardiovascolare.(38) E' molto interessante che nonostante la casistica sia molto piccola si sia potuto evidenziare come la presenza di steatosi epatica sia un fattore di rischio di patologia cardiovascolare e non endocrino-metabolica (diabete e obesità) o epato-digestiva (Tab 7 e 8). Peraltro la nostra popolazione è rappresentativa della popolazione generale italiana per quanto riguarda la prevalenza di patologia cardiovascolare, endocrinometabolica ed

(42)

epatodigestiva. (Tab 9). L'evidenza che la patologia cardiovascolare risulti significativamente associata alla steatosi di grado 1 e 2 (intermedia) ma non con la steatosi grave conferma l'evidenza crescente che le forme più lievi di tale patologia epatica, non complicate dalla steato-epatite che favorisce l'evoluzione verso forme gravi associate a malattia epatica fibro-genetica non costituiscono di per sé una malattia epatica evolutiva. La steatosi lieve e moderata senza epatite rappresenta soprattutto un segnale sensibile e precoce di patologia metabolica asintomatica che se non curata appropriatamente evolve clinicamente coinvolgendo per morbilità soprattutto l'apparato cardiovascolare. Lo stesso concetto patogenetico vale per la patologia diabetica e infatti lo studio conferma un'associazione statisticamente significativa tra la steatosi di grado 1 e 2 (intermedio) e la presenza di patologia diabetica nei nostri soggetti (p<0,0015).

Questi risultati sono in linea con quelli di numerosi studi che hanno evidenziato l’esistenza di una relazione tra NAFLD e cardiovasculopatia. (42) Voltzke et al (43) hanno dimostrato, attraverso uno studio osservazionale condotto su 4222 soggetti eterogenei, che i pazienti con steatosi (determinata ecograficamente) hanno rispetto ai controlli uno spessore medio intimale (IMT) maggiore ed una maggior

(43)

prevalenza di placche carotidee; tra i pazienti con steatosi ci sono più pazienti diabetici (19% vs 4.5%) e il valore di BMI è nettamente superiore (30.1 vs 26.1 kg/m2). Brea et al (44), in uno studio osservazionale condotto su 80 soggetti, hanno evidenziato che i pazienti con NAFLD (determinata mediante ecografia) hanno IMT maggiore (0.70 vs 0.54 mm) e presenza di placche carotidee doppia (50% vs 25%) rispetto ai controlli, ma hanno anche maggior prevalenza di sindrome metabolica (80% vs 20%) e di diabete (17.5% vs 0%) e maggiore BMI (30.1 vs 26.1 kg/m2). Targher in uno studio condotto su 85 soggetti sani non obesi (45) ha evidenziato che nel gruppo di pazienti con steatosi (determinata con ecografia e confermata con TC) si riscontrano valori di IMT più elevati (IMT 1.18 vs 0.94); il valore di IMT inoltre correla con il grasso viscerale e le differenze tra i 2 gruppi vengono abolite correggendo per il grasso viscerale. Il gruppo di Targher in 2 differenti studi (46) e (47) ha inoltre dimostrato che la severità della NAFLD (grado di steatosi epatica, necroinfiammazione e fibrosi) si associa con aterosclerosi carotidea precoce (aumento dell’IMT carotideo), indipendentemente dai classici fattori di rischio (presenza di sindrome metabolica e diabete). Anche in adolescenti obesi il grado di steatosi è

(44)

risultato correlato con l’IMT carotideo (48). Aygun et al (49) hanno dimostrato, in uno studio condotto su 80 soggetti, che pazienti con NAFLD (evidenziata con biopsia epatica) hanno maggior prevalenza di sindrome metabolica e di diabete e valori più elevati di IMT medio (0.64 vs 0.54 mm) e massimo (0.84 vs 0.7 mm) rispetto ai controlli. In un ulteriore studio osservazionale condotto su 800 soggetti diabetici, Targher et al. (50) hanno dimostrato maggior prevalenza di CVD in pazienti affetti da steatosi; tuttavia la relazione non è più significativa dopo aggiustamento per i criteri della sindrome metabolica. Nel Valpolicella Diabetes Heart Study, Targher et al. (51-52) hanno descritto una maggior prevalenza di NAFLD nei soggetti che sviluppavano cardiovasculopatia; questi pazienti hanno anche una maggior prevalenza di sindrome metabolica, e l’associazione tra cardiovasculopatia e NAFLD viene leggermente attenuata ma non eliminata dopo correzione per la presenza di sindrome metabolica. Nello studio (30) è stata riscontrata una prevalenza di NAFLD pari all’ 88%, uno IMT carotideo medio di 0.88 mm e massimo pari a 1.20 mm, una prevalenza di placche aterosclerotiche carotidee del 63%. Questi dati sono in accordo con i risultati evidenziati dagli studi precedenti; non è stata però evidenziata una associazione significativa fra presenza e grado di steatosi epatica e

(45)

IMT, né fra steatosi e placche carotidee. Tali risultati sembrano in contraddizione con i numerosi dati presenti in letteratura ma che si riferiscono soprattutto a soggetti non diabetici o a popolazioni miste, mentre sono in accordo con il lavoro di Mc Kimmie condotto in soggetti diabetici.(53) Kozakova ed altri hanno dimostrato che soggetti con steatosi epatica abbiano un più alto rischio di sviluppare lesioni aterosclerotiche indipendentemente da altri fattori di rischio e che i livelli sierici di GGT possono rappresentare il legame tra steatosi epatica e lo sviluppo di aterosclerosi precoce. (54)

Studi in letteratura hanno dimostrato che il BMI è un forte predittore indipendente di steatosi (55), e che la relazione tra NAFLD e spessore medio-intimale carotideo ha come anello di congiunzione il grasso viscerale (45). Nel nostro studio si documenta una relazione statisticamente significativa tra lo spessore del grasso viscerale e patologia cardiovascolare (p<0,002) e tra la circonferenza vita e la patologia cardiovascolare (p<0,006) mentre non risulta significativa l'associazione tra BMI e patologia cardiovascolare (p<0,61). (Tab.11) Tale dato sottolinea l'iportanza del grasso viscerale come fattore di rischio di patologia cardiovascolare e la sua misurazione ecografica, insieme alla valutazione della steatosi epatica potrebbero entrare nella

(46)

pratica clinica per valutare l'efficacia di misure preventive e terapeutiche intraprese nei singoli soggetti.

Il nostro studio evidenzia inoltre una relazione lineare tra circonferenza vita e spessore del grasso viscerale (Fig. 8) e tra BMI e spessore del grasso viscerale (Fig. 9) anche se con valore relazionale non è molto alto (R<0,42 e < 0,39rispettivamente) ma che aumenta se prendiamo come anello di congiunzione la steatosi epatica (Tab.10).

Sarà utile ampliare la casistica e, seguire nel tempo prospetticamente i pazienti per valutare se la steatosi (e la sua gravità) sono predittori di sviluppo di cardiovasculopatia. Appare interessante la possibilità di predire, con un discreto grado di precisione, il grado di steatosi in base al numero e/o al tipo di criteri della sindrome metabolica. Tale predizione potrebbe quindi essere utilizzata sia pure in modo semiquantitativo anche sul piano clinico.

Tabella 7– Analisi univariata e multivariata in relazione ai gradi di steatosi (da0 a 3)

Parametro ANOVA (p) MANOVA (p)

Sesso 0.033 0.028

Età 0.011 0.009

BMI 0.001 0.001

Circonferenza addominale 0.001 0.001

Grading grasso viscerale 0.001 0.001

(47)

Tabella 8– Analisi univariata e multivariata in relazione ai cluster di steatosi: gruppo A 0-3, gruppo B 1-2.

Parametro ANOVA (p) MANOVA (p)

Età 0.002 0.002

BMI 0.036 0.038

Circonferenza addominale 0.004 0.003

Grading grasso viscerale 0.009 0.008

Diabete 0.015 0.015

Cardiopatia 0.009 0.006

Tabella 9– Prevalenza delle patologia croniche in Italia (dati ISTAT)

Parametro Popolazione generale Fascia età 55-59 aa

Pat.Cardiovascolare 25% 33%

Diabete 6,6% 8,1%

Dislipidemia 22%

-Pat. Epatodigestiva 3-6% 4,8%

Tabella 10– R relazionale e Eta

Steatosi epatica R relazionale Eta BMI 0,526 0,614* Circonferenza addominale 0,596 0,733* Spessore grasso viscerale 0,528 0,678* Patologia Cardiovascolare 0,202 0,239**

*steatosi variabile dipendente

**patologia cardiovascolare variabile dipendente

Tabella 11– analisi univariata della relazione tra patologia cardiovascolare e BMI, circonferenza vita, spessore grasso viscerale e steatosi epatica

ANOVA

Parametro Patologia cardiovascolare

BMI p<0,061 Circonferenza addominale p<0,006 Spessore grasso viscerale p<0,002 Patologia Cardiovascolare p<0,013

(48)

Conclusioni

Il riscontro ecografico di steatosi epatica si associa all'età avanzata, all'aumento di peso ma soprattutto all'aumento del grasso viscerale e girovita e prevale nel sesso maschile. In particolare il riscontro di steatosi lieve e moderata, si associa significativamente alla patologia cardiovascolare sia nei soggetti con che in quelli senza dismetabolismo e diabete. Tali dati se confermati su casistiche più ampie e in studi prospettici potranno proporre la valutazione quali-quantitativa della steatosi epatica come test di screening del rischio cardiovascolare e lo studio del ruolo della quantificazione delle variazioni della steatosi nel tempo quale possibile indicatore di efficacia delle misure preventive e terapeutiche intraprese nei singoli soggetti.

(49)

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Figura

Tabella 5 – Analisi univariata e multivariata in relazione ai gradi di steatosi (da 0 a 3)
Tabella   11–   analisi   univariata   della   relazione   tra   patologia  cardiovascolare   e   BMI,   circonferenza   vita,   spessore   grasso  viscerale e steatosi epatica

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