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Col sorriso sulle labbra e la morte nel cuore

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Academic year: 2021

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COSIMA STELLA POZZI

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

COL SORRISO SULLE LABBRA

E LA MORTE NEL CUORE

STORIE DI EMIGRAZIONE PER UN’EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA

RELATRICE

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Ringraziamenti – Ringrazio innanzitutto i miei allievi con i quali questo percorso è nato ed è cresciuto, tanto in loro, quanto in me. Ringrazio anche la mia grande famiglia, per avermi sostenuta in questi anni e soprattutto in questo, il più difficile. Ringrazio poi la mia piccola famiglia: Gioele per avermi supportata – e sopportata – e Olga per il suo essere così come è. Ringrazio infine Sonia Castro Mallamaci, la mia relatrice, per i preziosi consigli e materiali che ha saputo darmi.

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Sommario

A) Presentazione del lavoro ... 1

1. Tema: domanda di ricerca ... 1

2. Motivazione ... 1

3. Contesto ... 2

B) Quadro teorico ... 3

1. Educazione al patrimonio culturale ... 3

2. Identità, educazione al patrimonio e educazione alla cittadinanza democratica ... 5

3. Quadro storico di riferimento ... 6

4. Quadro socio-psicopedagogico ... 8

C) Progettazione dell’itinerario ... 13

7. Finalità e competenze generali che si vogliono attivare nell’itinerario ... 13

8) Descrizione del percorso ... 14

9) Schema logico-didattico ... 18

D) Sperimentazione ... 23

10. Osservazioni sulla sperimentazione ed eventuali regolazioni ... 23

11. Analisi dati ... 24

11.1 La raccolta d informazioni da parte degli allievi attraverso una progressiva consapevolezza ... 24

11.2 La necessità di percorrere il passato del Ticino in quanto terra di emigrazione ... 25

11.3 Emigrazioni passate e presenti: parallelismi spontanei ... 26

11.5 Attività 18 – la discussione ... 27

11.6 La crisi migratoria e il diritto d’asilo ... 28

11.7 Verso un’educazione alla cittadinanza ... 29

11.8 Attività 22 ... 30

11.9 L’entusiasmo per le fonti ... 31

12. Bilancio ... 33

13. Conclusioni ... 37

12. Bibliografia ... 39

13. Allegati ... 42

Allegato 1: alcuni alberi genealogici prodotti dagli allievi ... 42

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Allegato 6: il commento al grafico relativo alla popolazione ticinese ... 48

Allegato 7a: I materiali utilizzati per il laboratorio sulle fonti storiche 1 ... 49

Allegato 7b Alcune tracce delle analisi delle fonti svolte dai piccoli gruppi con il sostegno delle domande guida prima della discussione a grande gruppo. ... 53

Allegato 9: fonti utilizzate per il laboratorio sulle fonti storiche 2 ... 57

Allegato 10 : il cartellone “ampliato” ... 62

Allegato 11: lettura “Ticino: terra di emigrazione” ... 63

Allegato 12: la linea del tempo dell’emigrazione ticinese ... 64

Allegato 13: la linea del tempo collettiva ... 65

Allegato 14: testo sull’immigrazione italiana del Secondo dopoguerra ... 66

Allegato 15: le immagini stimolo e le emozioni ipotizzate dagli allievi ... 68

Allegato 16: i materiali (fonti) assegnati agli allievi affinché li analizzassero in chiave emotiva ... 69

Allegato 17 : il cartellone prodotto al termine dell’attività ... 77

Allegato 18: lettura riguardo alla crisi migratoria ... 79

Allegato 19: le immagini legate alla crisi migratoria ... 81

Allegato 20: gioco per scoprire i diritti umani ... 82

Allegato 21: la lettera di una migrante ... 86

Allegato 22: una lettera immaginaria ... 88

Allegato 23: due esempi di produzione poetica sul tema dell’emigrazione ... 89

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A) Presentazione del lavoro

1. Tema: domanda di ricerca

Questo lavoro, attraverso una sperimentazione svolta con gli allievi della IV e V dell’Istituto Scolastico dell’Alto Malcantone, vuole rispondere alla seguente domanda di ricerca: la conoscenza delle migrazioni presenti e passate, può favorire l’educazione al patrimonio in ottica interculturale e quindi promuovere l’educazione alla cittadinanza?

2. Motivazione

L’attuale crisi migratoria costituisce uno dei fenomeni più complessi e drammatici del nostro tempo. Sempre più spesso le classi ticinesi si trovano ad accogliere bambini segnati direttamente da questa crisi. Quando ciò non accade, gli allievi sono confrontati quasi quotidianamente con notizie tragiche ad esso connesse. Ciononostante, spesso, i sentimenti legati all’accoglienza e alla solidarietà sono sovrastati da quelli legati alla paura e al pregiudizio.

Lo sviluppo della tolleranza e della solidarietà sono parte dei valori sociali che la scuola dell’obbligo ticinese considera come proprie finalità. Considero quindi un dovere per un insegnante affrontare questo tema così attuale con i propri ragazzi ed è questo sentimento che mi ha spinta a volerlo affrontare.

Non si tratta certamente di un argomento facile: tolleranza e solidarietà portano in sé la necessità di decentrare il proprio punto di vista, riuscire a guardare, almeno per un attimo, con gli occhi dell’altro, con gli occhi di chi consideriamo diverso. Lo studio della storia racchiude in sé questo grandissimo potenziale: conoscere il proprio passato, le proprie radici e le proprie storie familiari e, quindi, il proprio patrimonio culturale, ci permette di elaborare la nostra identità e ci regala occhi nuovi con cui guardare l’altro.

Queste riflessioni mi hanno portata a pensare che il punto di partenza dovevano essere proprio i bambini e le loro storie: sfruttare il patrimonio storico culturale della classe per affrontare il tema dell’emigrazione e avviare così una riflessione sull’accoglienza.

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Gli allievi della classe con cui mi sono trovata a lavorare non avevano mai svolto attività legate allo studio della storia, né del patrimonio, partire dalla loro storia mi è sembrato quindi imprescindibile. Ciò rappresentava inoltre un’occasione unica per conoscerci.

3. Contesto

Questo lavoro è reso possibile grazie alla IV e V elementare dell’istituto Scolastico Alto Malcantone. Gli allievi con cui ho avuto il piacere di svolgere questa sperimentazione sono 10 bambine e 9 bambini che compongono una vivace pluriclasse. Le loro età sono comprese tra i 9 e gli 11 anni. Gli allievi che frequentano l’istituto, provengono dai seguenti comuni: Alto Malcantone, Aranno, Iseo e Cademario.

La classe non è caratterizzata da particolare multiculturalità, per prendere coscienza di eventuali percorsi migratori di nonni e bisnonni è stata necessaria una ricerca da parte degli allievi.

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B) Quadro teorico

1. Educazione al patrimonio culturale

Il patrimonio culturale, inteso nella sua accezione più ampia, comprende qualsiasi traccia materiale o immateriale dell’opera umana. Con tracce immateriali s’intende tutto ciò che non è tangibile, e che viene trasmesso attraverso il linguaggio verbale o del corpo. Questa concezione è relativamente recente: come spiegato da De Troyer e Vermeersh (2005) è infatti soltanto da alcuni decenni che si è passati ad una visione così ampia; se nel XIX secolo il patrimonio culturale comprendeva generalmente monumenti e cimeli di valore storico, a partire dagli anni ’70, grazie al ruolo sempre più rilevante assunto dalla tutela del patrimonio, il concetto si è evoluto. Questa presa di coscienza ha portato, negli ultimi anni, all’inclusione del patrimonio immateriale che, tra le altre cose, comprende i racconti e le tradizioni popolari, ma anche i paesaggi antropizzati, che evidenziano l’impatto dell’uomo sull’ambiente naturale e urbanizzato.

Parallelamente si è sviluppato il concetto di educazione al patrimonio come pedagogia attiva e innovativa.

Secondo il Consiglio d’Europa, la principale finalità dell’educazione al patrimonio culturale è sensibilizzare i giovani a quest’ultimo, alla sua salvaguardia e alla sua trasmissione alle generazioni future considerando lo sviluppo globale della personalità, della dimensione europea, dell’integrazione e della coesione sociale (Lidia Branchesi, 2006). Proprio per questo motivo nella Raccomandazione N° R (98) 5 il Consiglio d’Europa ha definito l’educazione o pedagogia del patrimonio come un “approccio didattico basato sul patrimonio culturale che integri metodi educativi attivi, approcci cross-curricolari, un’alleanza tra i campi dell’educazione e quelli della cultura, e l’impiego di una varietà di forme espressive e comunicative che sia il più possibile ampia”1.

1 Traduzione libera dall’inglese. 2 In G. Cheda (1981)

3 Nipote

4 Fonte tratta da Fosanelli (2001) 5 Fonte 1 : in Petrelli (2011) Fonte 2, 4, 5, 7 : in Barcella (2012)

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Annachiara Cerri (2006), illustra ciò che l’educazione al patrimonio permette di fare:

- “abbattere le barriere tra discipline scolastiche e quelle tra la scuola e il mondo esterno (...); - utilizzare metodi di comunicazione vari ed innovativi

- integrare aspetti multi- ed interculturali;

- accompagnare i programmi scolastici e lottare contro l’insuccesso scolastico, grazie, tra l’altro, ad una acquisizione di concetti teorici tramite un approccio concreto;

- sviluppare una pedagogia del progetto basata sul valore dell’esperienza e della sperimentazione e di favorire tanto il valore autonomo, quanto il lavoro di gruppo;

- risvegliare la curiosità, sviluppare la creatività, acquisire l’autonomia, lo spirito critico e la capacità di far scelte;

- rendere tangibile ciò che si è appreso attraverso l’immaginario e la creatività;

- avvicinare i giovani – consci della propria identità ma anche della diversità culturale – per favorire la tolleranza, la cittadinanza e la pace;

- prevenire i conflitti, facilitare l’integrazione sociale ed educare alla cittadinanza democratica;

- prendere coscienza dell’importanza dell’Altro, di colui che è differente e del suo apporto sul piano culturale e umano;

- comprendere l’importanza del patrimonio culturale e dell’ambiente, della loro fragilità, sensibilizzando i giovani alla necessità della loro conservazione, protezione e trasmissione alle generazioni future;

- accrescere il senso di responsabilità verso questo patrimonio e sviluppare lo spirito critico per poter suggerire proposte valide per migliorare l’ambiente e/o impedire il degrado del quadro di vita;

- educare allo sviluppo durevole e sostenibile – anche nella sua dimensione culturale – ed alla cittadinanza democratica; arrivare – per questo tramite – alla responsabilità ed alla solidarietà.”

Tra questi importanti vantaggi legati all’educazione al patrimonio emerge una qualità fondamentale, che è il suo valore fortemente “identitario”. Il patrimonio permette di sviluppare un profondo senso di appartenenza. Lidia Branchesi (2006) definisce il patrimonio “uno strumento privilegiato di educazione”, il quale permette di “conoscere meglio le proprie radici, la propria identità nel pieno rispetto di quella degli altri”. È, infatti, attraverso la scoperta del proprio patrimonio che, per analogie e differenze, si può scoprire la cultura dell’altro, avviando così un dialogo interculturale.

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Questa caratteristica del patrimonio trova un grande alleato nelle pratiche legate alla narrazione di sé. Questo tipo di pratica rappresenta, infatti, uno strumento potente il quale, come sostenuto da Demetrio (1997), permette di scoprire la pluralità della propria ricchezza identitaria.

2. Identità, educazione al patrimonio e educazione alla cittadinanza democratica

Da alcuni decenni anche l’educazione alla cittadinanza si è sviluppata notevolmente. Come affermato da Copeland (2006, p.68) si è infatti passati da un approccio basato sulla conoscenza ad uno che “si costruisce sull’esperienza individuale e la ricerca di pratiche che promuovano atteggiamenti e comportamenti che mostrino la considerazione dovuta ai diritti umani e alla cittadinanza democratica”.

Copeland (2006 p.71) stabilisce una relazione tra l’educazione al patrimonio e l’educazione alla cittadinanza democratica: “dal momento che l’educazione alla cittadinanza democratica è una delle finalità educative, ne consegue che la pedagogia del patrimonio, in quanto è un tipo di educazione, può contribuire a svilupparla”.

Copeland (2006, p.71) evidenzia anche una relazione tra patrimonio, cittadinanza democratica e identità. Come suggerito da Wagner P., Karnnouh C., Dolff Bonenkämper G, Klark K et al (2001), il termine patrimonio esprime il rapporto che c’è tra identità e memoria. Infatti, “non può esserci identità senza un atto di memoria relativa a una qualche origine, e ciò che è ricordato come origine è formulato all’interno del patrimonio dell’identità” (Copeland, 2006, p.72).

Una relazione simile viene evidenziata tra cittadinanza democratica e identità. Copeland (2006, p.72) sostiene infatti che “la cittadinanza democratica riguarda l’individuo e le relazioni con gli altri, e la costruzione di identità personali e collettive (...)”. L’appartenenza a gruppi, comunità e popoli è dunque parte integrante nella costruzione identitaria dell’individuo. D’altra parte è proprio grazie all’identità co-costruita che i raggruppamenti sociali esistono.

È quindi nella costruzione identitaria che educazione al patrimonio e educazione alla cittadinanza si legano inestricabilmente. Questo legame implica due considerazioni importanti per la società e per l’educazione (Copeland, 2006, p.73):

1. “La cittadinanza identifica diritti e responsabilità riguardo al patrimonio”. 2. “Il patrimonio fornisce una dimensione culturale per la cittadinanza”.

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Esercitare una cittadinanza attiva implica quindi avere dei diritti e dei doveri nei confronti del patrimonio culturale (in particolare quello materiale). Assumere questa verità permette all’altra di emergere: studiare il patrimonio storico culturale e, quindi, essere educati ad esso, può contribuire in modo significativo e unico all’educazione alla cittadinanza.

3. Quadro storico di riferimento

Nella fase d’ideazione di questo percorso il quadro di riferimento principale e punto di partenza dell’itinerario era quello dell’attuale crisi migratoria che ha visto, negli ultimi anni, un numero sempre maggiore di migranti cercare di spostarsi verso l’Europa per richiedere asilo, viaggiando attraverso la tratta del Mar Mediterraneo, oppure attraverso la Turchia e l’Europa Sudorientale (The Guardian, 2015).

La maggior parte di queste persone proviene dalle seguenti aree del mondo: Medio Oriente, Asia meridionale, Africa. La percentuale più alta (49 % nel 2015, secondo l’UNHCR) è rappresentata da migranti provenienti dalla Siria, paese che dal 2011 è dilaniato da una guerra civile.

Secondo l'UNHCR, il numero dei cosiddetti "migranti forzati" o forcibly displaced people è arrivato a un totale di 59,5 milioni nel mondo alla fine del 2014, il più alto livello mai raggiunto dopo la seconda guerra mondiale (The New York Times, 2015).

Non si possono definire con certezza tutte le cause che portano a questo fenomeno, la maggior parte delle persone che emigrano, lo fanno per fuggire da guerre o persecuzioni nel proprio paese di origine. Secondo i dati dell’UNHCR, infatti, nel 2015 l’84 % delle persone giunte in Europa attraverso la rotta del Mediterraneo provenivano dai primi dieci paesi al mondo per numero di rifugiati in fuga. Questi paesi, elencati secondo la percentuale sul numero complessivo di migranti dal Business Standard (2015), sono la Siria (49%), Afghanistan (21%), Iraq (8%), Eritrea (4%), Pakistan (2%), Nigeria (2%), Somalia (2%), Sudan (1%), Gambia (1%) e Mali (1%).

In Svizzera, nel 2016, sono state presentate 27207 richieste d’asilo (Statistica sull’asilo, 2016), ciò rappresenta una diminuzione delle richieste pari al 30 % rispetto al 2015. Il principale paese di provenienza dei richiedenti asilo nell’ultimo anno in Svizzera è l’Eritrea (ibidem). Sono invece diminuite drasticamente le richieste da parte di persone di nazionalità siriana, irachena e afghana: ciò è da attribuire alla chiusura della rotta balcanica, avvenuta nel marzo 2016 (ibidem). Nonostante questa “chiusura” centinaia di persone hanno continuato a cercare di percorrere questa rotta e, alcune stime, suggeriscono che siano più di 100000 le persone che vi ci sono bloccate (Annalisa Camilli, 2017).

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Secondo Swissinfo (2016), negli scorsi mesi, a Como, città vicina al confine italo-svizzero, migliaia di persone si sono ritrovate bloccate perché rifiutate alla dogana svizzera. Secondo laRegione (2016), tra queste persone vi sono moltissimi minori non accompagnati. Amnesty International ha condannato la condotta delle guardie di confine elvetiche, denunciando gravi violazioni dei diritti umani (ibidem).

Durante il percorso si sono definiti altri due fenomeni storici rilevanti sotto il profilo della tematica scelta. Il primo è quello emerso proprio dalle storie familiari degli allievi e coincide con l’immigrazione italiana in Svizzera del Secondo dopoguerra.

Questo fenomeno trova le sue ragioni nel fatto che la Svizzera, alla fine delle Seconda guerra mondiale, si trova a far fronte a una carenza di manodopera (Piguet, 2004). In effetti, l’apparato produttivo svizzero, risparmiato dalle conseguenze della guerra, è confrontato a una forte domanda sia nazionale, che internazionale (ibidem). Tale domanda è così importante proprio a causa della ricostruzione europea e, in seguito, anche a causa della crescita economica degli anni ’50 (ibidem). Nel 1948 viene stipulato un accordo tra il Governo svizzero e quello italiano per il reperimento di manodopera, segnando l’inizio di un periodo di forte immigrazione di massa (ibidem). Tra il 1960-70, il movimento xenofobo contrario l’inforestierimento, riuscì a influenzare molto la politica migratoria svizzera (Heiniger, 2008). Infatti, a partire dal 1963, l’immigrazione venne ridotta, riducendosi, nel decennio successivo, del 60% (ibidem). Nel 1970, il popolo svizzero si trovò a votare per decidere se accogliere o meno l’iniziativa Schwarzenbach. Quest’ultima mirava a limitare fortemente l’immigrazione: il numero di stranieri non doveva superare il 10 % della popolazione in nessun cantone e nessuno svizzero poteva esser licenziato fintanto che ci fossero lavoratori stranieri assunti dal suo stesso datore di lavoro. Alla fine l’iniziativa fu respinta, ma il clima già teso s’inasprì ulteriormente (Piguet 2004).

Il secondo, invece, si è delineato attraverso la necessità di mettere in crisi alcune convinzioni forti degli allievi, emerse nelle discussioni legate al quadro storico appena citato. Discutendo, infatti, dei percorsi migratori affrontati da molti nonni, bisnonni o addirittura trisavoli degli allievi della mia classe, è emersa la concezione di un Ticino che è sempre stato caratterizzato da grande benessere e che è sempre stato, di conseguenza, una terra d’immigrazione.

Attraverso l’analisi di dati demografici e fonti relative all’emigrazione ticinese di fine Ottocento, gli allievi hanno avuto modo di decostruire questa concezione per arrivare, successivamente, a

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delineare il periodo delle grandi emigrazioni oltreoceano che ha caratterizzato il Ticino tra il 1850 e il 1930.

Effettivamente il nostro cantone vive, prima del traforo del Gottardo nel 1882, un forte isolamento rispetto ai venti del cambiamento portati dalla rivoluzione industriale. Questo isolamento ritarda ulteriormente il processo d’industrializzazione, rendendo la vita nel nostro Cantone e, in particolare nelle valli, ancora più dura. A partire dal 1850 queste condizioni, unite alla concomitanza di alcuni eventi negativi (catastrofi naturali, blocco di alimenti dalla Lombardia e la crisi finanziaria), portano migliaia di Ticinesi a lasciare la loro terra per partire verso le Americhe (in particolare California e Argentina) o verso l’Australia (Luigi Jorio, 2009). Si assiste, in questo periodo, a una vera e propria emigrazione di massa oltreoceano. Sebbene l’attività migratoria più intensa si verifichi nella seconda metà dell’Ottocento, questo fenomeno si protrae anche nei primi decenni del Novecento. Si stima, infatti, che tra il 1850 e il 1930 circa 50'000 ticinesi hanno lasciato il cantone per stabilirsi nei paesi d’oltremare (ibidem).

4. Quadro socio-psicopedagogico

Per questo lavoro, ho tenuto in considerazione quanto appreso dagli studi condotti da Jean Piaget e Lev Vygotskij riguardo alla costruzione delle conoscenze.

Il primo, che rappresenta l’ottica costruttivista, ci porta a riflettere sulle preconoscenze degli allievi. È fondamentale considerare che, quando ci troviamo a lavorare con una classe, ogni allievo possiede già delle idee, delle concezioni o, più semplicemente delle informazioni che fungeranno da filtro per le nuove conoscenze. In quest’ottica è fondamentale considerare l’allievo e le sue concezioni, proprio perché, altrimenti, difficilmente l’allievo potrà assimilare i nuovi apprendimenti. Essi, infatti, devono essere in grado di mettere in crisi concezioni improprie o di integrarsi alle conoscenze preesistenti.

Per completare questa visione è necessario avvalersi dell’ottica socio-costruttivista, di cui Vygotskij è considerato il padre. Quest’ultimo ha evidenziato il ruolo imprescindibile che l’interazione con gli altri svolge nell’apprendimento. Come espresso da Bruner (1992), s’impara con gli altri e dagli altri a condividere i significati da attribuire alla realtà. Lo stesso accade per quel che riguarda la capacità di ragionare e riflettere sulle conoscenze co-costruite.

Considerando il contesto scolastico, questa evidenza ci permette di scoprire nel gruppo-classe una risorsa essenziale: le preconoscenze di ognuno, analizzate e discusse all’interno del gruppo, confluiscono in un obiettivo comune, quello di rispondere a un problema conoscitivo che ci si è

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posti (Girardet, 2004). L’eterogeneità del gruppo e, quindi, le diverse competenze possedute dagli allievi, unite, permettono di risolvere problemi che nessun bambino, da solo, sarebbe in grado di affrontare (ibidem).

Queste considerazioni mettono in luce l’importanza delle interazioni verbali. Come suggerito da Pontecorvo, Ajello e Zucchermaglio (1991, citati da Girardet, 2004) la discussione rappresenta uno strumento privilegiato per imparare a pensare.

La discussione presuppone che il bambino abbia un ruolo attivo nelle dinamiche di apprendimento. L’idea dell’allievo come soggetto attivo e protagonista nei processi di apprendimento può essere ricondotta a John Dewey, considerato l’iniziatore del cosiddetto attivismo pedagogico. Secondo il pensiero di questo filosofo, infatti, i processi di apprendimento devono essere incentrati sul fare (learning by doing, imparare facendo); non è tanto importante apprendere delle conoscenze, quanto piuttosto apprendere delle attitudini e apprendere ad apprendere.

Queste considerazioni trovano un terreno fertile nella didattica della storia e più in particolare nel laboratorio storico, un approccio che si è sviluppato nel contesto di rinnovamento pedagogico e dei programmi scolastici degli anni Sessanta e Settanta, ma che ha fatto fatica ad imporsi a scapito della modalità puramente trasmissiva della conoscenza storica.

La storiografia si è trasformata moltissimo nel secolo scorso, modificando, tra le altre cose, il suo rapporto con le fonti. Bloch, nella sua Apologia della storia, definiva traccia qualunque “segno” lasciato dagli uomini nel loro passaggio nel tempo. Ma cosa rende fonte una traccia? Jerzy Topolski (1977, citato in Bernardi e Monducci 2012) ha formalizzato la concezione dinamica delle fonti: lo storico innalza la semplice traccia a livello di fonte storica interrogandola. La fonte è resa tale dall’azione che lo storico esercita su di essa. Questa concezione era già presente nella scuola degli Annales di Bloch e Febvre: essi consideravano, infatti, la fonte come un oggetto muto; gli storici ponendo domande alla fonte, la fanno parlare.

Questa evoluzione del concetto di fonte ha influenzato anche la didattica della storia, ci si è resi conto che “le operazioni sulle fonti sono uno dei perni centrali della formazione storica dello studente” (Bernardi e Monducci 2012, p.115) e così, attraverso pratiche di pedagogia attiva, si è sviluppata l’idea di laboratorio storico di cui si è parlato in precedenza. Contemporaneamente si è sviluppata un’idea dell’insegnamento della storia che unisce la conoscenza storica al “rispetto per lo statuto epistemologico della disciplina e per il valore formativo dei suoi strumenti, metodi e concetti” (ibidem, p. 116).

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Il lavoro sulle fonti costituisce una risorsa stimolante per l’apprendimento della storia già a partire dalla scuola elementare. Le fonti racchiudono in sé un potenziale enorme che va oltre gli aspetti intrinseci dello studio della storia. Apprendere gli aspetti metodologici legati all’analisi delle fonti storiche permette infatti di sviluppare competenze trasversali importantissime e in particolare il pensiero critico. Come ben spiegato da De Luna (2001, citato da Girardet 2004) l’approccio metodologico legato alle fonti induce nei ragazzi una “vigilanza critica nei confronti del flusso di immagini e suoni che la società contemporanea produce ossessivamente”. È fondamentale che gli allievi apprendano che interrogarsi attraverso i processi di identificazione e contestualizzazione è un’esigenza basilare della conoscenza in generale e di quella storica in particolare (Paola di Cori, 2001, citato da Girardet, 2004).

Proporre un lavoro sulle fonti nella propria classe significa rendere gli allievi attivi nella costruzione delle proprie conoscenze: gli allievi imparano facendo e ciò rende gli apprendimenti carichi di significato.

Secondo Bernardi & Monducci (2012, p.118) il laboratorio storico permette, attraverso l’uso delle fonti, di conseguire fondamentali abilità disciplinari:

- “consapevolezza del rapporto fra fonti e conoscenza del passato;

- consapevolezza delle funzioni documentarie delle fonti nei testi storiografici; - capacità di individuare le strutture informative di una fonte;

- capacità di controllare e criticare l’affidabilità di una fonte;”

Ma permette anche di perseguire obiettivi meno specifici: da una parte questo tipo di lavoro favorisce, infatti, l’educazione al patrimonio culturale (ibidem) e, dall’altro, permette di attivare quei processi inferenziali fondamentali nella costruzione della conoscenza storica, ma necessari anche nei processi formativi in generale.

Sempre secondo Bernardi & Monducci (2012, p.118) l’obiettivo legato all’educazione al patrimonio è carico di valore: “mostrare agli studenti che anche un monumento, una lapide o una strada sono fonti, significa educare al territorio, mostrare che un frammento forse per loro inutile è fonte, significa educare agli oggetti, educare a un’attenzione verso le cose che in tempi di iperconsumo è un valore educativo importante”.

Per quanto riguarda lo studio della storia occorre inoltre tener presente lo sviluppo della concezione del tempo, che si configura addirittura come propedeutica alla conoscenza storica

Secondo Antonio Calvani (1990), tra i 9 e i 12 anni il bambino sviluppa notevolmente la sua capacità di orientarsi nel tempo. È in grado di situarsi agilmente nell’arco dell’anno scolastico e di

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11 concepire consapevolmente lo scorrere dei giorni, delle settimane e dei mesi. Alla fine di questa fase l’orizzonte storico si allarga notevolmente, il bambino amplia la sua visione ed è in grado di pensare il mondo attraverso alcune grandi fasi storiche.

Queste considerazioni rendono evidente la necessità di uno strumento che permetta al bambino di situarsi nella storia studiata per sviluppare quelle competenze che gli permettano di muoversi nel tempo storico con maggior agio. La linea del tempo risulta, quindi, uno strumento privilegiato per la didattica della storia. L’allievo deve, infatti, potersi situare all’interno del tempo storico ed è importantissimo che abbia dei punti di riferimento vicini alla sua realtà.

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C) Progettazione dell’itinerario

7. Finalità e competenze generali che si vogliono attivare nell’itinerario

Le finalità di questo percorso sono l’educazione al patrimonio e l’educazione alla cittadinanza. Più precisamente, si vuole portare gli allievi a un’attenzione curiosa nei confronti del passato e di ciò che può esserne testimonianza per poi riflettere esplicitamente sul valore del patrimonio culturale e sull’importanza della memoria. Parallelamente s’intende avviare una riflessione sulle sofferenze legate all’emigrazione, in modo da poter riflettere, successivamente, sull’accoglienza.

La Scuola pubblica ticinese, assicura l’acquisizione e lo sviluppo di alcune competenze dette generali. Si tratta di ambiti che sono trasversali alle discipline e legati alle metodologie di lavoro; ogni docente deve sempre mirare al loro sviluppo. Questo percorso, in particolare, educa alla collaborazione, al metodo critico, al pensiero creativo, e alla comunicazione.

Le competenze legate alla collaborazione sono state attivate in molte occasioni e soprattutto nelle fasi laboratoriali, momenti in cui gli allievi hanno collaborato di fronte all’analisi di fonti di diversa tipologia.

Il lavoro sulle fonti favorisce lo sviluppo del metodo critico: procedere formulando ipotesi per poi confutarle o confermarle attraverso fonti storiche e dati, permette di riflettere su oggettività e soggettività oltre che sull’affidabilità delle fonti stesse. Questo metodo presuppone inoltre il decentramento del proprio punto di vista e l’attivazione di processi inferenziali, fondamentali per qualunque apprendimento e che perseguono quindi una obiettivo fondamentale: imparare ad imparare.

Risolvere situazioni-problema, indagare fenomeni e cercare collegamenti tra fenomeni diversi sono tutti processi che implicano capacità d’inventiva e creatività, nonché l’attivazione di competenze analitiche e logiche rilevanti. Nel lavoro sulle fonti e, in generale, nell’analisi di fenomeni, questo tipo di pensiero è fondamentale. Il percorso svolto con la mia classe comprende inoltre una fase legata alle materie artistiche, anche in essa c’è stato lo spazio per sviluppare alcune competenze legate al pensiero creativo.

Infine, anche le competenze legate alla comunicazione sono state attivate in modo significativo. Uno strumento importantissimo in questo percorso è stato la discussione, attraverso di essa gli

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allievi sviluppano le competenze che permettono loro di argomentare le proprie opinioni nel rispetto di quelle degli altri. Al termine delle attività laboratoriali gli allievi hanno inoltre sempre presentato ai compagni il lavoro svolto, anche questi momenti si sono rivelati preziosi per lo sviluppo delle competenze comunicative.

8) Descrizione del percorso

Questo percorso può essere suddiviso in almeno due fasi, le quali hanno implicato metodologie di lavoro diverse. Esse non sono successive bensì, almeno parzialmente, parallele.

Per facilitare la comprensione delle competenze specifiche attivate nei vari momenti della sperimentazione, di seguito descriverò a grandi linee questi momenti e indicherò le relative competenze attivate. Insieme a queste ultime saranno specificati gli strumenti e le metodologie di lavoro.

La prima parte è legata alla ricerca svolta dagli allievi presso le proprie famiglie: attraverso di essa gli allievi dovevano ricavare delle informazioni sui propri parenti approfondendo tale ricerca, se possibile, almeno fino ai bisnonni. Potevano scoprire, per esempio, quali erano stati i loro mestieri o i momenti più importanti delle loro vite, ma dovevano, in particolare, indagare eventuali percorsi migratori. Gli allievi hanno assunto questo compito, grazie all’aiuto dei propri parenti, con grande serietà. Il risultato è stato una ricchezza d’informazioni e fotografie inattesa.

Discutendo con gli allievi si è scelto di organizzare le informazioni e i materiali creando un libro (che in realtà diventerà la “scatola della memoria”) riguardo alla storia della propria famiglia.

È stato così avviato un percorso interdisciplinare con arti grafico-pittoriche e con arti plastiche attraverso il quale si è cercato di valorizzare la ricerca degli allievi organizzandolo in alcune tematiche, emerse in un momento di discussione. Questi temi sono stati le origini, le migrazioni, i mestieri e gli incontri d’amore. Se per le prime tre sono stati svolti dei lavori specifici, quella degli incontri d’amore è stata invece inserita in un altro lavoro, ovvero quello della linea del tempo. Ogni allievo ha, infatti, costruito una propria linea del tempo relativa agli ultimi 150 anni. In essa ha inserito le nascite e le morti dei propri parenti, le migrazioni, e i matrimoni (o incontri d’amore). Oltre ai lavori già citati, ogni allievo ha creato un proprio albero genealogico. In questa fase, oltre alle competenze legate alla dimensione artistica, si è lavorato su alcuni traguardi di competenza disciplinari attraverso determinati processi chiave. Essi sono illustrati nella seguente tabella, la quale comprende anche gli strumenti e le metodologie di lavoro impiegati.

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15 Tabella 1 – Processi chiave e traguardi di competenza relativi alla prima fase del percorso

Parallelamente al lavoro sui percorsi migratori presenti nelle storie familiari degli allievi è stata avviata una riflessione per confrontare quanto emerso dalle ricerche di questi ultimi. Essa si è declinata sui luoghi di origine dei parenti emigrati e sulle ragioni che hanno portato a questi spostamenti. Abbiamo così preso coscienza che, su diciannove allievi, sedici avevano almeno un nonno o un bisnonno proveniente dall’Italia. Trattandosi di percorsi migratori lontani tre generazioni, nessun allievo della classe ha dei legami con i luoghi di origine dei propri parenti emigrati in Svizzera. Come spiegherò meglio nell’analisi dei dati, questa “distanza” è emersa soprattutto in una discussione: pur avendo preso coscienza dei percorsi migratori familiari (diversi allievi non ne erano a conoscenza), dalle parole degli allievi emergeva l’apparente necessità di definire una distanza identitaria (dall’Italia). Un’impressione molto condivisa è risultata essere quella di un’Italia rovinata e sporca contrapposta a un Ticino (o Svizzera) preciso e pulito. A essa era inoltre legata la convinzione collettiva che il Ticino fosse sempre stato una terra d’immigrazione proprio grazie a queste sue qualità. Questa convinzione veniva giustificata con l’idea che la popolazione ticinese fosse sempre stata in crescita, alla mia domanda “Cosa vi fa pensare questa

Processi chiave Traguardi di competenza

Indagare Problematizzare le proprie e altrui esperienze e individuare domande d’indagine.

Orientarsi nello spazio e nel tempo

Riconoscere e valorizzare, attraverso varie forme espressive, la propria storia personale e familiare. Costruire una linea del tempo per rappresentare i periodi storici.

STRUMENTI, MATERIALI E METODOLOGIE

Ciò su cui si è basata tutta questa fase sono le ricerche svolte dagli allievi presso le proprie famiglie. Essi avevano, infatti, raccolto tutte le informazioni su un piccolo quaderno.

Lo strumento principale per il lavoro in classe è stato la discussione. È grazie ad essa infatti che sono emerse le diverse tematiche legate alle ricerche degli allievi e che si sono avviate le riflessioni che stanno alla base dell’intero percorso. Un altro strumento importantissimo è quello che è stato costruito in questa fase, ovvero la linea del tempo. Grazie ad essa gli allievi hanno potuto contestualizzare la propria storia familiare in una “collettiva” e situarsi all’interno di esse.

Per il lavoro “creativo” sono state utilizzate tecniche e materiali diversi. Ogni allievo ha creato manufatti legati alla sua storia familiare, per questo motivo, i momenti di lavoro sono stati soprattutto individuali.

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cosa?”, un’allieva (F.) rispondeva: “che siamo passati.. che so.. in Ticino una volta eravamo 1000 e adesso siamo.. non so... 10000”.

Queste considerazioni mi hanno fatto capire che prima di procedere con l’analisi più approfondita dei percorsi migratori degli allievi, fosse necessario mettere decostruire questa concezione di un Ticino che è da sempre terra d’immigrazione. Questo, poteva essere fatto attraverso il tema dell’emigrazione ticinese oltreoceano che ha caratterizzato il periodo compreso tra il 1850 e il 1930. Trattare questo fenomeno risultava inoltre una tappa necessaria al fine di permettere agli allievi di sentirsi più vicini al fenomeno migratorio.

Ho così proposto agli allievi di costruire un grafico sullo sviluppo demografico maschile e femminile in Ticino a partire dal 1850. L’analisi di questo grafico ha permesso, in particolare, di vedere come la popolazione maschile fosse, in alcuni momenti, diminuita. Ciò ha chiaramente messo in crisi le convinzioni degli allievi e siamo così entrati in un’ottica d’ipotesi e verifica che ci ha permesso, attraverso alcuni laboratori didattici sulle fonti, di scoprire alcuni aspetti dell’emigrazione ticinese verso la California e l’Argentina. Nel frattempo è stata costruita dagli allievi una linea del tempo collettiva. Le diverse fonti utilizzate per trattare il tema dell’emigrazione sono state collocate su di essa.

In seguito, siamo tornati sui percorsi migratori di nonni e bisnonni; grazie alla linea del tempo collettiva, sulla quale gli allievi hanno incollato dei bollini per mostrare in quale momento storico i propri familiari sono emigrati in Svizzera, abbiamo scoperto che 12 allievi avevano almeno un parente italiano emigrato in Svizzera dopo la Seconda guerra mondiale. Dopo aver formulato delle ipotesi che potessero spiegare tal evidenza, attraverso una lettura abbiamo contestualizzato questo fenomeno. A questo punto, gli allievi avevano in mente chiaramente questi due fenomeni migratori. Attraverso l’attività laboratoriale abbiamo confrontato fonti relative ai due fenomeni per indagare gli aspetti legati ai sentimenti e alle emozioni. I processi chiave attivati e i relativi traguardi di competenza a cui si è mirato in questa fase sono illustrati nella tabella illustrata nella pagina seguente.

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17 Tabella 2 – Processi chiave e traguardi di competenza relativi alla seconda fase del lavoro

Processi chiave Traguardi di competenza

Indagare Problematizzare le proprie e altrui esperienze e

individuare domande d’indagine.

Problematizzare e formulare ipotesi

Ragionare sui motivi all’origine delle migrazioni, in precisi contesti storici.

Analizzare, cogliendo le analogie, le migrazioni del passato e quelle attuali.

Costruire un pensiero temporale Usare una linea del tempo per rappresentare i periodi nei quali è possibile segmentare i flussi migratori secolari.

Analizzare fonti storiche e carte storiche Interpretare fonti iconografiche, letterarie, qualitative per acquisire informazioni e allenare il metodo storico.

Progettare

Riconoscere l’importanza dei doveri e dei diritti dell’essere umano.

Prendere coscienza dell’importanza della dimensione etica e della pluralità di valori che caratterizzano l’umanità.

STRUMENTI, MATERIALI E METODOLOGIE

Anche in questa fase gli strumenti fondamentali sono stati la discussione e la linea del tempo. Quest’ultima si è rivelata uno strumento utile per favorire la comprensione cronologica degli allievi, ma ha svolto un ruolo significativo anche per ciò che concerne il confronto tra le storie personali, il conseguente rilevamento di fenomeni storici e la contestualizzazione di questi ultimi.

Questa fase è stata caratterizzata da attività laboratoriali legate alle fonti storiche e ai dati demografici, materiali che sono alla base di tutta l’attività svolta. Le fonti utilizzate sono state perlopiù scritte, si è però utilizzata anche una canzone ed alcune fonti iconiche (fotografie ed ex voto). Inoltre si è riflettuto sui lavori di ricerca svolti dagli allievi evidenziando il grande valore delle fonti orali.

Nel laboratorio gli allievi hanno sempre lavorato in piccoli gruppi, la discussione ha quindi avuto un ruolo dapprima all’interno di essi e, in un secondo momento, nei momenti di “messa in comune”, in cui i gruppi, dopo aver presentato il proprio lavoro, cercavano di mettere in relazione le diverse fonti analizzate.

(24)

9) Schema logico-didattico

Tabella 3 – Prima fase: la scatola della memoria

La ricerca Introduzione 1 u.d

Realizzazione: 2 settimane

Nel mese di novembre agli allievi viene assegnato il compito di svolgere una ricerca presso la propria famiglia con lo scopo di costruire un albero genealogico “ricco”. In particolare, viene chiesto di indagare eventuali percorsi migratori. Gli allievi hanno a disposizione un piccolo quaderno e due settimane di tempo. Sono inoltre invitati a considerare qualunque oggetto possa rivelarsi una testimonianza del passato. Si avvia così una discussione su cosa può essere considerato fonte storica.

Attività 1 - Discussione 1 u.d.

Momento di discussione sull’andamento delle ricerche svolte. Gli allievi condividono le scoperte più significative. Esse vengono raggruppate in alcune tematiche:

Le origini Le migrazioni Gli incontri d’amore I mestieri

I “nomi particolari” Le nascite/le morti Aneddoti particolari

Insieme si decide di costruire un libro, ad ogni pagina sarebbe corrisposta una delle tematiche sopracitate.

Attività 2 –

L’albero genealogico 2 u.d.

La docente propone di costruire comunque un albero genealogico (cfr. allegato 1) che favorisca una visione immediata della storia familiare oltre che comprendere eventuali nomi particolari.

Ognuno crea il proprio albero genealogico con modalità diverse (uso di fotografie, nomi, simboli legati alle caratteristiche delle persone).

Attività 3 – Le origini 1 u.d.

Ogni allievo, in modo libero, crea la pagina legata al tema delle origini (cfr. allegato 2). In essa descrive i diversi luoghi di provenienza dei suoi familiari.

Attività 4 – Discussione

Quest’attività ha dato avvio alla seconda fase, descritta nella tabella 2.

Discussione sulle cause che hanno spinto nonni, bisnonni e trisavoli a emigrare in Ticino (o in Svizzera).

Gli allievi decidono di fissare queste spiegazioni: Lavoro

(25)

19

1 u.d.

Adozione

Democrazia/ benessere / sicurezza Amore

Causa sconosciuta

In questa discussione emerge pure la forte concezione di una Svizzera pulita e ricca in contrapposizione a un’Italia sporca e povera. Dalle parole degli allievi emerge una forte identità ticinese o Svizzera, mentre nonostante si sia scoperto che molti allievi hanno origini italiane, quasi nessuno dimostra un attaccamento affettivo a questo paese. Gli allievi esprimono inoltre la convinzione che il Ticino sia sempre stato terra di immigrazione grazie alla sua grande ricchezza. Nessun allievo mette in discussione questa idea che viene giustificata con la crescita continua della popolazione ticinese. Attività 5 -

Le migrazioni 1 u.d.

Ripresa delle cause fissate dagli allievi durante la discussione e scelta di un colore per ogni causa.

Ogni allievo riceve la cartina dell’Europa (o della Svizzera se le migrazioni della sua famiglia sono state soltanto nazionali) e con fili colorati indicano i percorsi migratori (cfr.

allegato 3).

Parallelamente viene creata una cartina collettiva. Attività 6 -

La linea del tempo 3 u.d.

La docente propone alla classe di costruire una linea del tempo personale (cfr. allegato

4) degli ultimi 150 anni in cui inserire alcune tematiche emerse in precedenza: nascite e

morti, matrimoni (o incontri d’amore) e migrazioni.

Alcuni allievi che avevano del tempo libero, grazie ad alcuni manuali di storia portati in classe, hanno svolto una piccola ricerca per identificare alcuni fatti storici significativi degli ultimi 150 anni. Alcuni elementi sono stati, invece, aggiunti da me.

Parallelamente gli allievi partecipano alla costruzione di una grande linea del tempo collettiva.

Attività 7 –

I fatti storici inseriti nella linea del tempo (discussione)

2 u.d.

La docente consegna agli allievi delle immagini che ha scelto per i fatti storici da inserire nella linea del tempo (perlopiù selezionati dagli allievi). Ogni elemento storico viene discusso, gli allievi condividono le proprie preconoscenze e concezioni, la maestra risponde alle domande poste dagli allievi e interviene per correggere o, a grandi linee, completare le informazioni.

In seguito gli allievi incollano le immagini sulla linea del tempo.

Attività 8 – I mestieri (in corso)

Gli allievi, attraverso materiali diversi, riproducono degli oggetti legati ai mestieri svolti dai loro genitori, nonni e bisnonni (cfr. allegato 5).

Costruiscono inoltre un oggetto che rappresenti il mestiere che loro stessi vorrebbero intraprendere.

(26)

Attività 10 – Costruzione della Scatola della memoria (Non ancora realizzata)

Gli allievi costruiscono una scatola per contenere tutti i lavori realizzati in questa fase.

Tabella 4 – Questa fase ha avuto inizio a partire dalla discussione legata all’attività 4 descritta nella tabella 1.

Attività 11 –

Costruzione di un grafico a partire dai

dati relativi alla

popolazione maschile e femminile in Ticino tra il 1850 e il 2010. 2 u.d.

Gli allievi ricevono i dati della popolazione maschile e femminile in Ticino tra il 1850 e il 2010 e costruiscono un grafico (cfr allegato 6).

Osservazione del grafico: viene in particolare notato come la popolazione maschile sia diminuita a più riprese, in particolare nella seconda metà dell’Ottocento.

Formulazione di diverse ipotesi, tra le quali emerge quella dell’emigrazione maschile per lavoro.

Attività 12 –

Laboratorio sulle fonti storiche 1.

3 u.d.

Introduzione : ripresa del concetto di fonte storica di cui si è parlato prima di svolgere la ricerca.

Gli allievi vengono suddivisi in 8 gruppi a cui vengono distribuite 4 fonti diverse (doppie) con delle domande guida a cui rispondere(cfr. allegato 7a e 7b).

Fonti utilizzate:

Ex voto della Valle Maggia rappresentante donne con gerle che vengono colpite da una frana.

Lettera tratta dall’epistolario curato da Giorgio Cheda (Emigrazione in California) da cui emerge il tema della grande povertà e siccità. La lettera è scritta da una donna che chiede un aiuto a suo nipote.

Fotografia di emigranti a Ellis Island con una didascalia che fornisce alcune informazioni su questo luogo.

Estratto del romanzo “Il fondo del sacco” di Plinio Martini da cui emerge il tema della povertà e della partenza (la meta non è specificata)

Presentazione delle diverse fonti dai gruppi riuniti che si sono precedentemente preparati per questo momento.

Discussione collettiva, si cerca di mettere in relazione le fonti.

Vengono in questo modo fissate delle “scoperte” e formulate nuove ipotesi. Gli allievi riflettono sulle fonti necessarie per verificare le nuove ipotesi. (cfr. allegato 8)

Le fonti vengono attaccate sulla linea del tempo collettiva. Oltre a una traccia scritta da mettere nel classificatore, viene costruito un cartellone in cui sono mostrate le ipotesi e le scoperte e, ancora una volta, le fonti storiche che le hanno permesse.

Attività 13

-Laboratorio sulle fonti storiche 2

La docente propone agli allievi nuove fonti tra cui la maggior parte di quelle richieste dagli allievi.

La classe viene nuovamente divisa in 8 gruppi che ricevono 8 fonti diverse (cfr. allegato

(27)

21

3 u.d. Fonti utilizzate:

1. Lettera di un emigrante ticinese giunto a New York (resoconto del viaggio. 2. Contratto di viaggio di un giovane abitante di Bosco Gurin diretto a San

Francisco.

3. Lettera di un emigrato ticinese in Argentina.

4. Dati relativi alla popolazione di Corippo nella seconda metà dell’Ottocento con la richiesta di costruire un grafico e di analizzarlo.

5. Manifesti destinati agli “emigranti in California” per pubblicizzare agenzie di viaggio.

6. Canzone “Il naufragio della nave Sirio”

7. Fotografia scattata in California rappresentante alcune lapidi con iscrizioni che riportano a persone nate in Ticino.

8. Ex voto rappresentante una nave in tempesta. Presentazione.

Discussione e messa in relazione delle fonti analizzate dai vari gruppi.

Viene così confermato il fenomeno dell’emigrazione ticinese verso Argentina e California. Si scopre che l’emigrazione ha interessato anche, almeno parzialmente, la popolazione femminile. Emerge il tema legato al rischio e alla condizioni di viaggio. Le fonti vengono attaccate alla linea del tempo inizia ad evidenziarsi un periodo storico definito. Il cartellone viene sviluppato ulteriormente ( cfr. allegato 10).

Attività 14 – Lettura

sull’emigrazione ticinese

2 u.d.

Attraverso una lettura preparata dalla docente (cfr. allegato 11) vengono fissate le caratteristiche del fenomeno legato all’emigrazione ticinese oltreoceano: cause, mete, e cronologia.

Costruzione di una linea del tempo (cfr. allegato 12) che contestualizzi l’emigrazione ticinese all’interno di alcune fasi e periodi storici.

Attività 15 –

Le storie migratorie degli allievi sulla linea del tempo

1 u.d.

Gli allievi incollano dei bollini sulla linea del tempo collettiva (cfr. allegato 13) in modo da indicare il momento in cui i propri nonni, bisnonni o trisavoli sono emigrati in Ticino (o Svizzera).

Osservazione della linea del tempo e discussione.

Emerge l’evidenza che la maggior parte degli allievi (12 su 19)ha dei nonni o bisnonni che sono emigrati dall’Italia alla Svizzera nel Secondo dopoguerra.

Formulazione d’ipotesi che spieghino questa osservazione. Attività 16 –

Lettura

sull’immigrazione italiana del Secondo dopoguerra

1 u.d.

Grazie alla lettura di un testo (cfr. allegato 14) preparato dalla docente e la riflessione su alcuni dati, viene fissato il fenomeno legato all’immigrazione italiana del Secondo dopoguerra.

Attività 17 –

Laboratorio sulle fonti storiche 3

3 u.d.

A partire da due immagini-stimolo gli allievi ipotizzano quali potevano essere le emozioni vissute dagli emigranti legati ai due fenomeni studiati (cfr. allegato 15).

La classe, divisa in 8 gruppi, analizza 8 fonti diverse (cfr. allegato 16) 4 fonti sono legate all’emigrazione ticinese oltreoceano, le altre 4 sono legate all’immigrazione italiana in Svizzera avvenuta nel Secondo dopoguerra.

(28)

A ogni fonte di un’epoca ne corrisponde una dell’altra per caratteristiche o tematiche. Gli allievi analizzano le fonti in chiave emotiva per poi rappresentare le loro riflessioni in maniera creativa attraverso l’uso di cartellini colorati.

Una volta riflettuto sui parallelismi presenti tra le fonti di epoche diverse attraverso le presentazioni e la discussione, si crea un cartellone in cui siano evidenziati questi parallelismi (cfr. allegato 17).

Gli allievi sono invitati a indagare i vissuti di persone che hanno vissuto sulla loro pelle il fenomeno dell’emigrazione (parenti o conoscenti).

Attività 18 – Discussione

esperienze migratorie 1 u.d.

Discussione: gli allievi riportano quanto gli è stato raccontato da persone che

conoscono.

L’intervento di un’allieva porta la discussione sul tema dei migranti provenienti dalla Siria. Gli allievi condividono conoscenze e concezioni in merito a questo tema.

Attività 19 – 2 u.d.

Attraverso una scheda preparata dalla docente (cfr. allegato 18), viene discusso il tema del diritto d’asilo e dell’attuale crisi migratoria.

Successivamente, vengono analizzate alcune immagini legate alla crisi migratoria in modo orale e colettiva (cfr. allegato 19).

La discussione attorno alle immagini ha portato a una riflessione sull’importanza del lavoro dei reporter.

Attività 20 – I diritti umani 1 u.d.

Gioco di gruppo per scoprire i contenuti della dichiarazione dei diritti dell’uomo (cfr.

allegato 20). Si tratta di una specie di gioco dell’oca: gli allievi tirano il dado e leggono ai

compagni il diritto “semplificato” su cui sono capitati. Attività 21 –

Attività con fonti

diverse e riflessione 2 u.d.

Ripresa del discorso sui fotoreporter, presentazione del lavoro svolto da Gianluca Grossi.

Gli allievi girano per l’aula dove è stata allestita una piccola mostra con fotografie scattate sulla “rotta dei balcani”.

Discussione, ripresa di ciò che era emerso nella discussione sui fotoreporter: cosa cambia in pratica se noi sappiamo?

Lettura di una lettera di un’emigrante (cfr. allegato 21) arrivata a Lampedusa e produzione individuale libera (cfr. allegato 22) (poesia o continuazione della storia dell’emigrante).

Attività 22 - Ospiti in

classe con

l’associazione DaRe 2 u.d.

Attività in classe organizzata dall’associazione DaRe. Ospiti previsti: Seare, un ragazzo di origine eritrea con statuto di rifugiato, che ci regala la sua testimonianza e la presidente dell’associazione, Lara Tognina, che gestisce l’attività.

In realtà il Seare, per motivi di salute, non ha potuto essere presente.

Lara Tognina ha raccontato in maniera molto toccante il suo lavoro e le esperienze legate ad esso. In particolare ha raccontato le esperienze di Seare, che per grande delusione degli allievi, era assente. Gli allievi hanno potuto porre

(29)

23

D) Sperimentazione

10. Osservazioni sulla sperimentazione ed eventuali regolazioni

Il percorso svolto è quello descritto nelle pagine precedenti, gli stimoli provenienti dagli allievi sono stati tali da legittimare in modo assoluto ogni tema trattato. L’itinerario è stato quindi co-costruito strada facendo. Se l’idea di partire dalle storie degli allievi per cercare eventuali percorsi migratori e arrivare a riflettere sull’attuale crisi dei migranti era ciò che io mi ero prefissata fin dall’inizio, non c’è un solo tema, tra quelli trattati, che non sia emerso in modo spontaneo, per una necessità degli allievi e del percorso stesso. Gli allievi hanno risposto con grande coinvolgimento, dimostrando di avere la profondità e le capacità necessarie per affrontare tutti gli argomenti trattati.

Tutti gli allievi hanno potuto raccogliere le informazioni necessarie per il percorso e la maggior parte di essi sono riusciti anche ad avere molte informazioni riguardanti i bisnonni.

Per quanto riguarda i percorsi migratori, sedici allievi hanno riportato almeno una migrazione internazionale (verso la Svizzera e principalmente dall’Italia, ma anche dalla Francia, dalla Germania), un allievo migrazioni soltanto nazionali (inter cantonali) e due allievi non hanno riportato emigrazioni. Per il primo di questi due abbiamo scelto di valorizzare l’emigrazione stagionale per lavoro dei suoi bisnonni verso Baden (Argovia), l’ultima allieva, invece, ha scelto di raccontare l’esperienza del viaggio in Messico del padre. Includere questa storia è stato importante per permettere anche a lei di partecipare ed essere valorizzata. Sebbene la scelta possa apparire incoerente dal punto di vista del tema trattato, ha in realtà permesso all’allieva di portare spunti utili sulle sofferenze legate all’emigrazione. Essa ha, infatti, raccontato che il padre, in questo viaggio, aveva avuto una relazione amorosa con una donna messicana la quale aveva provato a seguirlo in Svizzera; le sofferenze legate allo sradicamento si erano però rivelate troppo dure e avevano finito col separarsi.

(30)

11. Analisi dati

11.1 La raccolta d informazioni da parte degli allievi attraverso una progressiva consapevolezza Una prima considerazione importante è che il punto di partenza dell’intero percorso, ovvero la ricerca sulla propria storia familiare ha coinvolto moltissimo gli allievi e le rispettive famiglie. Ciò è dimostrato dall’entusiasmo con cui gli allievi hanno riportato le proprie scoperte e dalla ricchezza delle informazioni raccolte: chi ne ha avuto l’opportunità non si è limitato a poche informazioni superficiali, ma ha raccolto aneddoti, documenti, informazioni di ogni genere. Una tale ricchezza d’informazioni ne ha, in un certo senso, limitato la consapevolezza. Molti allievi, infatti, hanno inizialmente faticato a tenere a mente tutto ciò che gli era stato comunicato. Se, con l’aiuto dei quaderni, erano in grado di riferire i luoghi della loro storia familiare, nei momenti di discussione, a volte, non ne erano in grado. Nella discussione 4, per esempio, un allievo che in precedenza aveva mostrato le fotografie del proprio nonno napoletano vestito da cuoco, non ha alzato la mano con chi affermava di avere predecessori di origine italiana. Alla mia domanda riguardo al luogo di nascita e di giovinezza di questo nonno-cuoco, lui, pronto, ha risposto “Napoli” per poi, da solo, rendersi conto di quale fosse il Paese legato a questa città. Quest’apparente difficoltà può essere, a mio avviso, spiegata dai seguenti fattori: innanzitutto dalla molteplicità delle informazioni raccolte; secondariamente, dal fatto che, in alcuni casi, fossero stati i genitori, addirittura, a scriverle (questo indubbiamente con il coinvolgimento degli allievi, non ho mai avuto la sensazione che un genitore avesse svolto il “compito”, ma piuttosto che avesse voluto supportare il figlio nella scrittura, volendo fornire una quantità d’informazioni elevata). Hanno inoltre contribuito i limiti delle conoscenze geografiche individuali, oltre che, infine, la scarsa conoscenza dei fenomeni migratori. Nelle attività successive, questi momenti d’inconsapevolezza sono progressivamente diminuiti fino a non verificarsi più. Nell’attività 15, quando gli allievi hanno dovuto situare sulla linea del tempo collettiva le emigrazioni familiari, hanno poi saputo spiegare quanto rappresentato con facilità. Suppongo che questa progressiva consapevolezza sia dovuta, in buona parte, alle attività 4 e 5, e alla linea del tempo personale, ma anche alla maggiore comprensione del fenomeno migratorio in seguito alle attività legate all’emigrazione ticinese.

Questa graduale crescita delle conoscenze in merito alle proprie storie familiari si è verificata anche per altri temi, come, per esempio, quello dei mestieri.

(31)

25 11.2 La necessità di percorrere il passato del Ticino in quanto terra di emigrazione

Un momento particolarmente significativo è stato la discussione affrontata durante l’attività 4. Attraverso di essa ogni allievo ha raccontato i percorsi migratori presenti nella propria storia familiare, i quali, spesso erano più di uno per un parente. In questi racconti sono emerse alcune storie dettagliate o particolarmente intense, per esempio la storia di una bisnonna rimasta orfana di madre, ma con undici sorelle: il padre, non riuscendo a sfamare tutti i figli, l’aveva mandata a vivere con una famiglia ticinese. Altre storie risultavano piuttosto vaghe, gli allievi, nelle loro ricerche, non erano andati così a fondo sul tema delle migrazioni. Durante questo momento siamo però riusciti a definire un ventaglio di cause che hanno portato a queste migrazioni. Per ciò che concerne le ragioni che, secondo gli allievi, portavano a emigrare proprio in Svizzera, sono emersi principalmente temi legati alla sicurezza, alla democrazia, alla pace e all’ordine.

Molti allievi hanno, in seguito, parlato dell’Italia come di un luogo sporco e disordinato: S. ha raccontato di come la ringhiera presente sul ponte della dogana di Ponte-Tresa, sia, fino al confine con l’Italia, “riverniciata, pulita e lucente”, mentre sul punto di confine, diventi immediatamente “sporca, rotta e arrugginita”. Un’allieva, Em., ha, successivamente, riferito di come “In Italia ci sono pochissimi divieti...(...) sul ponte dalla parte Svizzera c’è il divieto di pesca... dall’altra parte non c’è”. La stessa allieva si è ritrovata, dopo alcuni scambi verbali, a ritrattare l’origine italiana - appena annunciata e scoperta da poco - della propria bisnonna. Sebbene gli allievi non abbiano assunto mai toni irrispettosi o per forza riconducibili a pregiudizi (“mi sembra che in Svizzera usiamo i soldi per verniciare, lucidare... mentre in Italia non mi ricordo... però mi sembra che fanno un modo diverso”, S.), ho percepito un forte distacco e mi è parso evidente come questo ponte fosse simbolo forte di una frontiera non solo politica, ma anche identitaria.

Inoltre, in risposta alla mia domanda: “In Ticino le persone hanno sempre voluto emigrare?” e successivamente “Anche i Ticinesi sono emigrati in passato per cercare una vita migliore?”, è emersa la convinzione assoluta che il Ticino sia stato sempre una terra attrattiva per chi cercava una vita migliore e che i soli ad andarsene potevano essere “magari persone che erano emigrate qui.. ma che non gli piaceva la vita qui e allora andavano via...”(M.). Un’allieva, F., ha voluto confermare questa convinzione avvalendosi di dati ipotetici sulla crescita continua della popolazione ticinese.

Questo importante momento mi ha permesso di capire che la maggior parte degli allievi, com’è normale che sia, non sentiva affatto, nella propria identità culturale, una vicinanza ai Paesi d’origine di nonni o bisnonni e al loro vissuto migratorio. Ho ritenuto importante, quindi, permettergli di

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conoscere alcuni aspetti legati al passato del nostro territorio trattando il fenomeno dell’emigrazione ticinese oltreoceano (1850 – 1930). Trattare questo argomento avrebbe innanzitutto permesso di far leva sul valore identitario del patrimonio culturale: scoprire che il Ticino non è sempre stato una terra di benessere, ma che, addirittura, è stato caratterizzato da un periodo di forte emigrazione avrebbe favorito un punto di vista diverso. Inoltre, avrebbe permesso di capire meglio il fenomeno dell’emigrazione attraverso le fonti storiche.

11.3 Emigrazioni passate e presenti: parallelismi spontanei

Il parallelismo tra l’attuale crisi migratoria e le emigrazioni passate è emerso spontaneamente a più riprese, un esempio significativo è quello legato all’analisi della fonte orale “Il naufragio della nave Sirio” (attività 13 cfr. allegato 9), di fronte alla strofa “Ed a bordo / Cantar si sentivano/ Tutti allegri /Del suo destin”, Ab. interviene dicendo che i migranti erano felici perché credevano di andare ad arricchirsi in Sud America, un altro allievo, E. - appassionato hockeista - commenta così: “è come nell’hockey.. quando il portiere esce dalla porta... per la vita rischi tutto”. A questo punto En. riporta alla luce, attraverso un paragone, un evento drammatico avvenuto durante il fine settimana: un ragazzo camerunense di 22 anni era salito sul tetto di un treno per cercare di oltrepassare il confine svizzero ed era rimasto folgorato. Ritengo questo intervento significativo, l’allievo in questione, come altri in altre occasioni, ha dimostrato di aver colto la disperazione che talvolta accompagna chi emigra. Mi sarei aspettata piuttosto un parallelismo con le morti del Mediterraneo, e invece ha fatto un paragone con una storia ancora più vicina a noi, sia geograficamente, che cronologicamente. Questo parallelismo, come altri in precedenza, non è però risultato carico di partecipazione, non ho percepito un’identificazione da parte degli allievi. L’accenno all’episodio, di fatti, è stato accompagnato da alcuni giudizi negativi sul comportamento – considerato “stupido” – del giovane.

11.4 Le emozioni dei migranti: due fenomeni a confronto

L’attività 17, nella quale gli allievi hanno confrontato fonti legate ai due fenomeni migratori studiati per indagarli in chiave emotiva, è stata molto toccante e ho percepito una forte empatia da parte degli allievi. Anche nei due laboratori precedenti essi sono stati coinvolti da ciò che le fonti raccontavano, ma in questa circostanza, probabilmente per il tipo di fonte analizzato e forse anche perché si parlava di qualcosa che aveva strettamente a che fare con le loro storie familiari, il coinvolgimento emotivo è stato maggiore. Gli allievi sono stati capaci di trovare i parallelismi tra le fonti e di descrivere emozioni e sentimenti provati dai personaggi in esse celati, scegliendo parole intense. Gli allievi hanno scritto sui cartellini le seguenti parole-chiave: felicità, tristezza, paura,

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27 vergogna, terrore, “non sentirsi all’altezza”, amore, malinconia (cfr. allegato 17). È stato significativo notare un cartellino caratterizzato dal rosso e dal nero ricoperto dalle parole-chiave come “terrore” e “non sentirsi all’altezza”... ed uno giallo e azzurro, nel quale erano descritti sentimenti piacevoli insieme alla scritta “ben accolto” (cfr allegato 17). Questo lavoro non è stato guidato e di accoglienza non si era mai parlato, ma ecco che gli allievi avevano associato – grazie al contenuto di una fonte – il sentimento di gioia con l’idea di essere “ben accolti”.

11.5 Attività 18 – la discussione

Un’ulteriore prova del maggior coinvolgimento della classe è dimostrato anche dal fatto che diversi allievi, dopo l’attività 17, sono andati a interrogare i propri nonni o bisnonni sul loro vissuto. Un’allieva aveva, ad inizio attività, proposto questa modalità per indagare le emozioni di chi emigrava e così ho invitato chi ne avesse avuto la possibilità a interrogare parenti o conoscenti in merito a questa esperienza. I percorsi migratori, prima indagati solo in superficie, si sono arricchiti di particolari e caricati di emozioni. Ar ha, per esempio, riportato la storia della bisnonna arrivata in Svizzera a quindici anni “lei ha pianto molto... ha detto che piangeva praticamente tutto il tempo perché a quindici anni ha dovuto andare là a lavorare che sua mamma e la sua sorellina erano rimaste ancora in Italia... che la sua sorellina aveva dieci anni... ha detto che poi era contenta ma non si è fatta degli amici stretti(...); un altro allievo, L. ha poi raccontato del proprio nonno immigrato che’“all’inizio era molto triste di venire in Svizzera e è stato difficile perché si parlava francese... ma poi era felice perché ha trovato la morosa”.

In queste circostanze, uno stimolo risultato importante, è stato portato da un’allieva, F., si tratta di una bambina curiosa e intraprendente che, non avendo nessuno a cui porre domande riguardo a un eventuale percorso migratorio, ha voluto presentarci una “piccola ricerca sulle difficoltà legate all’emigrazione” svolta a casa grazie all’uso di internet. Essa ha parlato di “integrazione sociale”, “diversa mentalità”, “difficoltà linguistiche”, “lavoro” e “irregolarità”. Discutere di questi temi ha portato un’altra allieva, A., a far riemergere un racconto che era già stato citato da altri allievi in precedenza. Si tratta della storia (poco conosciuta) di R., bambino siriano che, due anni prima, era arrivato nella scuola di Cademario per visitare la loro classe, ma che non aveva voluto entrare. Successivamente, era andato ad abitare a Lugano, e quindi, l’occasione di conoscerlo non si era più presentata. È stato molto interessante il modo in cui A. ha fatto emergere questa storia, non ha voluto semplicemente raccontare quello che, del resto, sapevamo già, ma ha messo in relazione il

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