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La Situazione dell'Est Europeo La Video Arte dell' Europa Orientale dal 1989 ai nostri giorni

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1 Zsófia Máthé Universitá di Pisa

SAVS 2015.

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Indice

1. Introduzione 3

2. Storia dell’ arte video

2.1 Il termine „installazione” 5

2.2 Il termine „video arte” 6

2.3 Il termine „video installazione” 8

2.4 Il gruppo Fluxus 10

3. Tendenze nell’arte video all’ Est Europeo

3.1 Il ruolo sociale dell’artista in regime dittatoriale 25 3.2 Video arte nel contesto del precedente Est Europeo 31

3.3 Video arte in Ungheria 35

3.4 Video arte nel Ex Jugoslavia 44

3.5 Video arte in Polonia 53

4. Le analisi dei video

4.1 Marina Gržinić, Aina Šmid – Bilocation 61 4.2 Marko Kovačič – No More Heroes Any More 66

4.3 Zbynek Baladrán – Socio-Fiction 72

4.4 Joanne Richardson – In Transit 75

4.5 Mike Stubbs, Ulf Langheinrich – Gift 79 4.6 Dan Mihaltianu – La révolution dans le boudoir 83

4.7 Irena Paskali – At this Bottom 91

4.8 Sophia Tabatadze – Self-Interview as

Eastern and Western Europe 95

4.9 Marina Gržinić , Aina Smid –

Post-socialism + Retroavantgarde + Irwin 100

5. Conclusione 110

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1. Introduzione

L'argomento principale della mia tesi è la video-arte dell'Europa Centrale ed Orientale dal 1989 fino ai nostri giorni.

In prossimità della fine del Blocco Sovietico, dopo la caduta del Muro di Berlino, molti cambiamenti complessi sono avvenuti sia nella dimensione personale che in quella della società intera, e nei loro gruppi organizzati sia politici che sociali, e questi cambiamenti drastici ovviamente hanno lasciato le loro tracce sulla condizione delle persone e della collettività.

Nel periodo successivo al 1989, in tutta questa zona d’Europa si sono avvicendate, radicali trasformazioni in campo politico, economico e sociale. Ma il manifestarsi di queste metamorfosi in ogni paese aveva ritmi e caratteristiche diverse. Per questo motivo le soluzioni individuate per affrontare le sfide della trasformazione dipendono sempre dalla situazione, dalla condizione della gente e di tali paesi.

Per la documentazione e per l'analisi di questi processi il video sembrava un mezzo perfetto, poiché proprio in quel periodo cominciava ad diffondersi tra gli artisti di questi paesi. Quel genere d'arte, dagli anni Sessanta, ha offerto alternative nuove sia a livello tecnologico che narrativo. In Europa Centrale ed Occidentale stava per nascere un fenomeno nuovo che ha permesso l'ingresso nel mondo creativo contemporaneo agli artisti che venivano provenienti da Paesi ai margini del mondo dell'arte e a coloro che non erano ancora riusciti ad adeguarsi al modello culturale occidentale.

Uno dei vantaggi del video rispetto alla complessa tecnica della registrazione filmica risiedeva nella sua semplicità. Anche l’uso dei video si è diffuso, e grazie alle videocamere portatili, questa forma di comunicazione é diventata un supporto molto diffuso sia tra gli amatori che tra i professionisti: il video ha reso accessibile a tutti la possibilità di registrare le immagini in movimento a tutti quanti. Dopo la fotografia e il film, il video ha offerto la possibilità di raccontare gli eventi accaduti in una determinata epoca e di perpetuare memorie che attraverso le immagini possono sopravvivere e rimanere disponibili anche per le generazioni future.

La formazione dell'opinione pubblica, ed i metodi d’influenza della pubblicità sono mutati, e l'arrivo della età dell'informazione non è stato solo un fenomeno che accompagnò tali cambiamenti, ma fu proprio il mezzo per cui tali innovazioni del sistema si sono avuti in quelle regioni.

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Il primo capitolo mi consente di presentare l’arte video in generale ed i principali termini della stessa video arte: attraverso le analisi di importanti studiosi metto a fuoco due aspetti di particolare interesse. Da un lato mi dedico allo studio di concetti-chiave come quelli di installazione, videoinstallazione e video arte; dall’altro cerco di dare un’immagine approfondita della vicenda storica di questa nuova forma artistica, dai suoi esordi alla sua diffusione.

Il secondo capitolo è dedicato al video nel contesto Est europeo durante il regime sovietico e dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989. Qui tenterò di soffermarmi sul ruolo dell’artista in un regime dittatoriale e sulle tendenze di tre Paesi: Ungheria, Polonia ed ex Jugoslavia. Tratterò qui delle figure e degli eventi più importanti che hanno trasformato ed influenzato la storia della video arte in ciascuno di tali Paesi.

Nel terzo capitolo cerco di presentare le riflessioni e le questioni principali di cui si occupavano gli artisti dei suddetti Paesi. Attraverso nove opere si può avere un’idea come gli artisti abbiano affrontato il passato e quali dubbi e speranze avevano riguardo il futuro. Durante la mia ricerca ho cercato di raccogliere video lavori diversi nel loro genere, nella tecnica da loro utilizzata e nella scedlta dei temi. Gli autori sono di diversi Paesi, con sfondo politico e sociale diverso e anche con diversi punti di vista, tuttavia hanno una cosa in comune: la voglia e il coraggio di offrire la loro opinione ed esperienza grazie a cui la gente possa avere la possibilità di capire meglio il contesto in cui gli è dato di vivere.

Nell’ultimo capitolo della mia tesi cercherò di raccogliere le opere in cui questi argomenti e problemi della società vengono presentati e discussi. Le opere scelte documentano e analizzano questo periodo e cercano di focalizzarsi sulle questioni che più erano importanti in questi paesi, ma invece evitando di dare una risposta definitiva alle domande, le quali offrono sempre più punti di vista.

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2. I termini principali del campo della videoarte

2.1. Il termine “installazione”

Il sostantivo installazione deriva dal verbo «in-stallare», ovvero, in ambito artistico, allestire un'opera in uno spazio. Il precedente storico per eccellenza va individuato proprio nelle esposizioni sperimentali delle avanguardie, da cui deriva il rapporto dialettico con lo spazio e l'esperienza fisica o anche solo mentale di tipo «immersivo» offerta al pubblico”.1 Alessandro Amaducci dice che il concetto di installazione si estende anche ad un'opera d'arte che rifiuta quelle idee tradizionali della pittura o della scultura che dominavano l'arte da secoli, e ad un'opera che viene realizzata tramite la combinazione di materiali diversi.2 Lo studioso Germano Celant parla di un'arte “sferica” oppure di un' avventura in una dimensione che cominciava proprio col Futurismo, si è poi consolidata negli anni Sessanta ed è valida ancora oggi. Si tratta anche delle opere d'arte in cui gli elementi sono connessi in modo vincolante tra di loro.

Il termine installazione viene usato anche come sinonimo di allestimento: nella lingua inglese è apparso solo a partire dagli anni Settanta del Novecento, con lo scopo di definire meglio quel particolare tipo di opere, come sinonimo di environment.3 Insomma, sotto il termine installazione si intendono opere composte da più elementi che sono state realizzate in maniera da essere fruite in modo intenso. Dalla metà degli anni Ottanta stava per nascere una sorta di sub-categoria dell’installazione, che cominciava ad usare gli apparati audiovisivi. La diffusione dell’uso del video tra gli artisti, almeno per coloro secondo i quali questi apparecchi erano materiali del tutto particolari, si può interpretare come metamorfosi culturale da individuare e valorizzare perché questo fenomeno poteva essere la conseguenza della crisi delle sale cinematografiche e della televisione. Il video è sicuramente un elemento emblematico nell'arte contemporanea, uno tra tante altre realizzazioni multimediali.4 Anne-Marie Duguet nel suo saggio afferma che le prime installazioni in cui i video furono utilizzati, furono anche le prime opere della sua storia. Lei vede radici del fenomeno nell'ambito delle esibizioni di John Cage, delle ambientazioni di Allan Kaprow e nei lavori degli artisti di Fluxus.5

1Barbara Feriani-Marina Pugliese, Monumenti effimeri. Storia e conservazione delle installazioni. Mandadori, Electa, 2009 p. 23

2Alessandro Amaducci, Videoarte. Storia, autori, linguaggi. Kaplan,Torino 2014 p.9

3B.Ferriani-M.Pugliese, Monumenti effimeri. Storia e conservazione delle installazioni. p. 23 4Ivi p.24

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2.2 Il termine “videoarte”

Col termine videoarte si indicano le sperimentazioni avvenute a partire dagli anni Sessanta e Settanta, ma già dagli anni Ottanta divenne eccessivamente generico in Europa. In questi anni il video è diventato per gli artisti una scelta precisa di mezzo artistico, come prima erano la pittura o la scultura. Per l'artista che lavora con quell’apparecchio elettronico, il video è un mero oggetto, la camera o il monitor sono solo dispositivi del processo di produzione, diffusione e anche della ricezione delle immagini e dei suoni, con lo scopo di creare un ambiente, uno spazio.

Il concetto video può assumere diversi significati. Con «video» si definiscono oggetti e forme d'uso diversi. Secondo la studiosa Silvia Bordini il video è “uno strumento di produzione e riproduzione di immagini in movimento e di suoni, con cui gli artisti hanno condotto una varietà di esperienze incentrate sulla manipolazione delle sue emissioni e/o del dispositivo stesso.”6

Anne-Marieconfermò che il video come arte è stato sempre impuro e sospetto, è stato sempre un medium che si ibrida facilmente con altri media e riesce a nutrirli tutti, a riciclarli, rielaborarli e a veicolarli, mentre si appropria di tutti mezzi in cui entra in contatto.7 Una tipologia d'arte che crea la propria metamorfica ed ibrida identità dallo scambio dei linguaggi, delle forme e dei metodi (che comunque è un processo infinito). E spesso questo scambio continuo viene intessuto dai significanti sociali, concettuali, narrativi.

Il video era sempre uno strumento ibrido anche per la sua affinità con la tecnologia e i mass-media, anche a causa della seduzione derivata dalle svariate possibilità e da quella sensazione che quel medium offre all'osservatore di poter partecipare emotivamente, mentalmente e fisicamente.8 Ma il video, afferma Duguet, come arte non è stato accettato così facilmente né da parte del pubblico né dalla critica artistica. Per acquistare la sua dignità dovevano passare alcuni anni. Ormai oggi sembra riconosciuto nell’ambiente artistico, secondo la studiosa grazie sia all'interesse delle opere realizzate da artisti come Nam June Paik, Wolf Vostell, Dan Graham, Peter Campus o Bill Viola, sia al fatto che la critica si è evoluta in rapporto stretto ai nuovi problemi con lo sviluppo rapido dei mass-media.

2000 p.55

6Silvia Bordini, Arte elettronica.

7A cura di R. Albertini-S. Lischi, Metamorfosi della visione: saggi di pensiero elettronico, p.54 8Silvia Bordini, Arte elettronica.

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Il video è una creazione molto diversa dalle precedenti, ad esempio la televisione, dice Duguet. Un medium che sta mettendo sull'orizzonte dell'arte altre modalità di comunicazione, mentre è in grado di manipolare il tempo per raccogliere l'immagine come processo, di andare contro la narrazione classica, e di dare vita ad una propria propedeutica dello sguardo.9

Un'altra rilevante diversità tra la televisione e il video, è che le video-creazioni sono installazioni, mentre la televisione non sa far altro che trasmettere il contenuto. L'installazione invece è capace di andare oltre la trasmissione e riesce e creare qualcosa di nuovo. Anzi, tante volte anche la televisione stessa viene messa in esposizione nelle opere di installazione.

Secondo un'altra interpretazione “il termine stesso video arte propone in un'unica e inedita formulazione l'accostamento dei concetti di tecnica ed arte. La sua definizione più semplice è quella di un prodotto fatto dall'artista attraverso i meccanismi della televisione”.10

Nel suo libro Videoarte & Arte, Silvia Bordini conferma che ci sono due modi di registrazione: da un lato esiste la registrazione-trasmissione che prende la realtà esterna come punto di riferimento, come una nozione base dell'immediatezza, come se fosse un supporto immateriale della memoria; dall’altro lato, ci sono quelle creazioni immaginarie che non sono legate alla realtà esterna. L'apparecchiatura elettronica ha come riferimento il funzionamento stesso del mezzo.

Anche nel caso della sintesi di Fagone viene data grande importanza al rapporto tra arte e mezzo tecnologico. Secondo Fagone il termine video arte “viene usato per indicare la produzione originale di opere appositamente concepite per il mezzo video; la registrazione, spesso in tempo reale, di azioni, di performance ed eventi; la dislocazione in uno stesso spazio ambientale di diverse strutture video; la combinazione intermediale di dispositivi eterogenei- dispositive, film, immagini plastiche, oggetti; infine la coniugazione multimediae di produzioni e riprese televisive con altre tecniche e linguaggi.”11

9A cura di Rosanna Albertini-Sandra Lischi, Metamorfosi della visione: saggi di pensiero elettronico, ETS, Pisa 2000 p.54

10S. Bordini, Videoarte & Arte : tracce per una storia. Lithos, Roma, 1995, 15.p 11Ivi p.15

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8 2.3. La video installazione

La videoinstallazione sicuramente è la più suggestiva tra le diverse possibilità originate dalle nuove tecnologie. L'immagine elettronica crea il proprio modo unico con cui le immagini vengono mostrate per rendere possibile la comunicazione in un modo nuovo rispetto al precedente, quasi uscendo dallo schermo per collocarsi in un’ambiente tridimensionale, nel quale lo spettatore ha l’opportunità di interagire con l’opera, di far parte dell'opera stessa.

Così, dare una definizione precisa del concetto di installazione in generale risulta essere molto difficile, considerando che il concetto della video installazione nel campo artistico comprende in sé svariati tipi di opere.

Secondo Amaducci le video installazioni possono essere strutture miste, oppure un insieme di oggetti tecnologici e altri tradizionali. Possono essere mostrate sia in spazi chiusi che esterni. Amaducci poi sottolinea che quelle opere d'arte sono pensate appositamente per il luogo in cui vengono esposte, il legame tra l'opera e l'ambiente può essere così vincolato per l'artista che spesso la videoinstallazione può cambiare struttura.

Lo spettatore si può sentire libero di creare un proprio percorso di visione. Gli osservatori delle opere vengono coinvolti in esse e diventano quasi parte integrante del lavoro. Le videoinstallazioni, sostiene Amaducci, devono essere viste sempre in prima persona, perché tale visione offre l'unico possibile modo di approfondimento degli studi in questo campo.12

Comunque, i termini sono ancora molteplici e sembra che si sia ancora lontani dall’arrivare ad un termine univoco: si parla di videoinstallazione, installazione video, installazione audiovideo, videoproiezione, o proiezione video.

Nel corso degli anni Sessanta gli artisti americani della Pop Art hanno già cominciato ad usare gli oggetti più disparati, soprattutto apparecchi come la radio o la televisione, nei loro lavori. Al contempo in Europa un gruppo di artisti fondò il cosiddetto movimento Fluxus, è però da notare come gli inizi di Fluxus fossero in America, dove la ricerca artistica era molto vivace, soprattutto grazie a quegli artisti eccezionali che fuggirono dal nazismo negli anni Quaranta. In questo movimento lavoravano artisti come Joseph Beuys, Wolf Vostell, e Nam June Paik, riuniti dal comune sforzo di dissacrare l’arte ufficiale con l'uso della televisione. Gli artisti di Fluxus poi dall'ambiente newyorkese si espansero oltre Oceano, verso l’Europa, con epicentro in una Germania pronta a ricominciare e ad edificare una nuova immagine culturale di sé, in modo da

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9 riuscire a far nascere una nuova arte, l'arte del video.

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2.4. Il gruppo Fluxus

Fluxus: personaggi, eventi, dati

Fluxus è probabilmente uno dei movimenti artistici del ventesimo secolo tra i più difficili da inquadrare per gli storici e gli studiosi. Tale difficoltà si fonda su una serie di ragioni. Benché il contributo apportato al dibattito da molti artisti abbia dato vita ai più disparati commenti, da sempre si è cercato di chiarire l'argomento, ogni qualvolta sia stato manifestato un interesse nei confronti del movimento. Tuttavia, gli storici ritengono per lo più che gli artisti viventi abbiano come unico scopo quello di andare in cerca di guai. Fluxus è emerso quasi come una reazione alla triste realtà per cui, da più di duecento anni, l'arte aveva trovato la sua classificazione nell'ambito degli ”ismi” e si era rassegnata a essere ridotta a un'espressione personale stereotipata. Fluxus si è posto in totale contrasto con questo mondo, diventando un’entità incompatibile con esso. Fluxus comprende in sé tanti aspetti allo stesso tempo: musica, danza, letteratura, tipografia, struttura sociale, architettura, politica; tutti hanno un proprio ruolo. Fluxus è un modo di pensare, di vedere la società e la vita, è una filosofia delle esperienze, un ponte tra le arti diverse che le collega una all'altra, e le fa unire costruendo qualcosa di nuovo.

Secondo il concetto di Dick Higgins: “Fluxus differs from most art in being more purely conceptual. It is not just a group of people or a historic tendency so much as a class of form...”13. Il movimento aveva una sua identità in Europa nel 1962-1963 e più tardi un’identità completamente diversa negli Stati Uniti, all'epoca in cui George Maciunas, senza peraltro riscuotere un grande successo, cercò di organizzare il gruppo in un'unica forma e strategia. Jon Hendricks sostiene che

“Fluxus was an international art movement founded by George Maciunas in the early 1960s. Inspired by such art movements as futurism and dada, the artists, poets, musicians and dancers who embraced Fluxus were held together by the idea of an art for every man, a non-academic art, which encompassed satire and humour in order to poke fun at materialism, 'fine art,' and even itself through a series of exhibitions, festivals... etc”14.

13Ken Friedman, The Fluxus Reader. Academy Editions, Chichester 1998. p. 236 14

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Il termine Fluxus venne usato per la prima volta in Europa ed è sempre qui che ebbero luogo i primi festival del movimento: il primo si tenne a Wiesbaden e fu seguito dai festival di Copenhagen, Düsseldorf, Parigi, Amsterdam, Londra, Nizza, diffondendosi ampiamente in tutte le principali città d’Europa. I membri di questo ambizioso gruppo si sparserso un po’ ovunque nel mondo, in particolare in Giappone, Corea, Stati Uniti e Europa15. La cosa che li collegava era il modo di intendere l'arte, il loro rapporto tra l'arte e la vita. L'architetto lituano George Maciunas cercò di presentare il loro lavoro in una galleria e tramite l’omonima rivista chiamata Fluxus. Un festival venne organizzato a Wiesbaden, in Germania, nel 1962, con una serie di lavori di molti degli artisti che Maciunas voleva pubblicare nella rivista. L'obbiettivo principale del festival era quella di raccogliere abbastanza fondi per poter pubblicare la rivista. La stampa tedesca designò i partecipanti usando il nome del festival (Fluxus Festival), chiamandoli “Fluxus People”.16

A seguito di ciò, il gruppo di quegli artisti venne sempre chiamato gruppo Fluxus. I progetti di Maciunas hanno offerto a questi artisti un forum di discussione delle loro sperimentazioni e un luogo d'incontro senza ingerenze ideologiche o artistiche e senza rigidità. Gli artisti giunsero al gruppo da diversi ambiti della vita: ad esempio Dick Higgins prima si occupò della musica e della stampa, Nam June Paik si impegnò nella musica e sui robot e Brecht venne dalle scienze della biologia. Mentre alcuni autori erano già artisti professionali, ad esempio Wolf Vostell, rimanendo però anche loro aperti alle nuove sperimentazioni. E il personaggio principale, George Maciunas, uno dei fondatori del movimento Fluxus, organizzatore di tanti eventi ed attività, con il suo modo di essere ha determinato la particolare atmosfera di questo gruppo, e ha dato tanto coraggio e spazio libero agli altri artisti per realizzare le loro idee estreme.

Fluxus si è distinto come prima rete internazionale creata dagli artisti stessi, una specie di banca dati anteriore al Personal Computer e una rete per l'arte e la comunicazione. All'inizio questa “arte di comunicazione” aveva solo la funzione di trasmissione: ad esempio quando le opere (fotografie, quadri, disegni etc.) di una mostra dall’Europa orientale vennero spedite tramite posta e così poterono essere esposte anche negli Stati Uniti.

Purchase, Purchase, New York, 1983.

15 Lorenzo Tauiti, Arte e Media: avanguardie e comunicazione di massa, Costa & Nolan, Genova, 1996. p 92 16 Ken Friedman, The Fluxus Reader. p. 243

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C'erano due gruppi di originari Fluxus: il primo gruppo comprendeva i nove artisti che erano presenti già a Wiesbaden. Il secondo gruppo comprendeva quelli che si aggiunsero a Fluxus negli anni successivi e grazie ai loro innovativi lavori. Il gruppo Fluxus era sempre in grado di crescere e andare oltre i propri limiti, poiché l'aspetto principale della sua esistenza è la creatività, e la capacità di trasformazione continua, e del dialogo continuo con i cambiamenti sociali. Le figure principali furono Dick Higgins, George Brecht, Ben Patterson, Nam June Paik, Emmett Williams, George Maciunas, Yoko Ono, Philip Corner, Wolf Vostell, Meiko Shiomi. Senza dubbio sarebbe molto difficile trovare maggiori differenze di espressione, temperamento, posizione e opinione di quelle esistenti tra questi artisti. Questo gruppo pioniere era molto diverso dal mondo dell'arte e dal mondo di altre discipline in cui Fluxus poteva avere un ruolo. Per capire il come e il perché di Fluxus, cosa è e di cosa si occupa, è importante sapere che cosa era Fluxus e cosa ha prodotto.

L'Intermedia

L'atteggiamento delle arti è sempre lo stesso: tentano di correlare l'essere umano al suo ambiente che cambia continuamente. Intermedia fece la stessa cosa, cercò di interpretare la realtà secondo i suoi metodi, e reagire alla vita del nostro tempo. Secondo Udo Kultermann l'essenza di intermedia si può comprendere attraverso il suo rapporto con la realtà. Lui sottolinea tre aspetti principali di intermedia che lo rendono una nuova forma d'arte: il carattere del sintetizzare, il suo dinamismo, e il suo sistema aperto grazie a cui è in grado di contenere le nuove discipline (come ad esempio nel caso del rapporto tra l'artista e lo spettatore).17

«La maggior parte di essi avevano una cosa in comune: il concetto di arte quale Intermedia. Il termine è stato introdotto da Dick Higgins, in un suo saggio18 del 1966, tramite Something Else Press che è stato un editore innovativo,

17 Udo Kultermann , Az intermédia meghatározása felé [Towards a definition of Intermedia, Theoretical Analysis of the Intermedia Art] from the Solomon R. Guggenheim Museum, A cura di Experimental Intermedia Foundation , Buenos Aires 1981

18 Dick Higgins, Statement on Intermedia, in: Wolf Vostell (ed.): Dé-coll/age (décollage), Typos Verlag, Frankfurt -- Something Else Press, New York, Luglio1967

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pubblicando libri sperimentali e d'avanguardia. I decenni nei quali Fluxus emerse sono stati i decenni in cui le scienze transdisciplinari si sono diffuse: Fluxus è cresciuta con l'idea intermedia. Questa visione artistica fu originariamente concepita nel periodo tra il 1958 e il 1962 e da allora è continuamente cambiata. Per definizione, non può essere inquadrata come una cosa concreta, ma solo come metodo. L'intermedia rifiuta l'arte e la comunicazione in quanto produzione e cerca invece, attraverso un'innovazione costante, di svolgere una ricerca fondamentale nell'articolazione delle esperienze umane. L'opera qui non è un’entità demarcata. L'opera è aperta e sottoposta ad un cambiamento continuo perché include lo spettatore. Non si può fare a meno di partecipare a tale opera, anche solo attraverso la semplice riflessione»19.

L'intermedia si colloca tra gli altri mezzi di comunicazione, il video era uno degli strumenti più stimolanti: era la tecnologia evidente che gli artisti potevano sfruttare. L'opera Intermedia parte sempre dall'osservazione e dalla coordinazione di alcuni sistemi percettivi, e fa uso della capacità di ogni senso di comunicare le proprie informazioni agli altri, così come questi si sono sviluppate.

Per spiegare meglio il carattere di un'opera intermediale, nei seguenti paragrafi cercherò di presentare alcuni episodi di eventi di Fluxus che contengono questi dettagli specifici. In principio sotto l’organizzazione di George Maciunas sono stati realizzati gli eventi più celebri, come le Fluxus/Performances, il Festivals Fluxus, il Neodada in New York, il neo-Dada in der Musik a Düsseldorf e il Fluxus Internazionale Festspiele Neuster a Wiesbaden con Nam June Paik e Wolf Vostell20.

A titolo di esempio si può inoltre menzionare la manifestazione di Philip Corner, le Piano Activities del 1962, che all'inizio sembrano la mera distruzione di un pianoforte, con cui veniva costruito un evento intermediale, in cui i materiali dello strumento fanno entrare in gioco una serie di sistemi percettivi che portano alla distruzione di quel pianoforte solo per caso. L'opera di Corner dà potere all'artista che suona il pianoforte, quel ruolo specifico di sfregare e tagliare,

19 A cura di Sandra Solimano,The Fluxus Constellation, Catalogo della mostra tenuta a Genova. Neos, Genova, 2002, p. 24

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affinché i meccanismi del feedback possano generare contemporaneamente un'esperienza sonora e tattile in forma d’arte. Le Piano Activities fanno vedere quello che succede quando la percezione aptica, o tattile, viene coinvolta dall’udito. L'intermedialità di quell’opera sta nel fatto che si colloca in un punto di mezzo tra le discipline della danza, della musica e della scultura. Questo essere tra le discipline è un sottoprodotto dell'interdipendenza naturale dei sensi nell'animale umano, ampiamente ignorata a causa del tentativo di tenere separate forme d'arte tanto diverse21.

Un altro esempio del 1985, in Danimarca: nella città di Roklide, Eric Andersen invitò il pubblico a partecipare alla sua opera. Iniziò chiudendo le porte e le finestre di una sala del tribunale locale e invitò il pubblico ad andare via. Il pubblico veniva allettato ad andarsene con varie ghiottonerie: da un vino raro alle salsicce più delicate, dai formaggi ai fiori, il pubblico era obbligato a scegliere tra la propria curiosità (vedere cosa sarebbe successo e pertanto non gustare, tenere fra le mani, o annusare) e i propri sensi più primordiali22

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Fluxus e (Neo) Dada

Tanti parlano di Fluxus come di un movimento derivato dal dadaismo, parlano di neo-dada; come sostiene Dick Higgins

«In the 1950s, the journalistic image of Dada was considered to be the limit of the extremely crazy in art... Thus, early happenings and fluxus (like the works of [Robert] Rauschenberg and [Jasper] Johns) were often dismissed as 'neo-Dada.' This was, of course, extremely annoying for those of us who knew what Dada was or had been.»23

Tuttavia, a causa di alcune sue caratteristiche, è da considerarsi anche neo-futurista. Il rifiuto tendente al Futurismo era il concetto di un’arte élitaria e decadente e confinata nei musei e negli spazi della cultura aulica, l'esaltazione della modernità. Veniva invece proposto un balzo in

21A cura di S. Solimano,The Fluxus Constellation, p. 60 22Ivi p. 62

23Dick Higgins, "Fluxus Theory and Reception" un saggio pubblicato durante il "Fluxus: A Workshop Series. The University of Iowa's Alternative Traditions in the Contemporary Arts" , Aprile 1985

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avanti, per esplorare il mondo del futuro, fatto dei parametri della modernità contro l’antico. Il fenomeno del futurismo ha una spiegazione genealogica chiara: la cultura dell’Ottocento era stata troppo condizionata dai modelli storici. Il passato è diventato un vincolo dal quale sembra impossibile affrancarsi. Oltre a ciò, la tarda cultura Ottocentesca si era anche caratterizzata per quel decadentismo che proponeva un’arte fatta di idee quali la fuga dalla realtà nel mondo dei sogni. Contro tutto ciò insorse il Futurismo, cercando un’arte che esprimesse vitalità e ottimismo per costruire un mondo nuovo basato su una nuova estetica. Un altro legame tra i due movimenti è il loro uso dei media di massa; di questo aspetto Lorenzo Tauti parla cosí: «L' intera griglia propositiva del futurismo è costruita su una vasta e articolata attivazione della tematica dei linguaggi di massa con una estesa e esauriente assunzione di conoscenza e di possesso di praticamente tutti i media, dalla stampa al cinema, dalla fotografia alla radio, dalla posta al manifesto […] la storia dei rapporti fra arte e media fino ai nostri giorni viene riconosciuta, definita e prevista quasi totalmente dal futurismo con ipotesi ancora oggi significative nel contesto dei nuovi media». 24

Molti esperti si sono occupati del rapporto tra Dada e Fluxus. Estera Milman nel suo saggio scrive:

«As was the case for historical Dada, Fluxus served as an interface among subsets of geographically dispersed international art cultures. Despite their aggressively anti-art personae, both the Dada collective and its paradigmatic neo-Dada counterpart was distinguishable from majority culture communities because of their (sometimes veiled, yet recurrent) selfidentification as alternative art cultures. As a result, it can be convincingly argued that not only were both fully fledged movements (albeit of the anarchic variety), but that both were heir to a number of other primary defining principles of the twentieth-century avant-garde.»25

Gino di Maggio invece parlò della differenza tra i due movimenti: ciò che in Dada era provocazione, in Fluxus diviene rifiuto. La volontà di stupire nasconde in Dada la rabbia e il rimpianto per il giocattolo rotto, per la verità ormai rilevata. È la consapevolezza del dominio che con Dada entra in crisi, una lunga, inarrestabile crisi. Se vuoi essere dada devi essere contro

24L.Tauti, Arte e Media. p. 25

25Estera Milman, Fluxus History and Trans-history: Competing Strategies for Empowerment. In: Ken Friedman, The Fluxus Reader. Academy Editions, 1998. p. 156

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Dada; Dada quindi come segno negativo costante, Dada come malattia inguaribile della cultura di questo mondo. Ma Dada anche come manifesto, come movimento e quindi ancora una volta Dada come modello ideologico, Dada come Dadaismo26. Secondo lo studioso Ken Friedman

«Dada was further from Fluxus in many ways than either De Stijl or Bauhaus. The seeming relationship between Fluxus and Dada is more a matter of appearances than of deep structure. Robert Filliou pointed this out in his 1962 statement making clear that Fluxus is not Dadaist in its intentions. Dada was explosive, irreverent and made much use of humour, as Fluxus has also done. But Dada was nihilistic, a millenarian movement in modernist terms. Fluxus was constructive. Fluxus was founded on principles of creation, of transformation and its central method sought new ways to build. »27

Il movimento Fluxus è nato come una reazione, come un abbandono, come un modo di negare la realtà dell'industrializzazione e del consumismo. Distruggere quindi per ricostruire. Fluxus similmente a Dada ha una carica enorme di rivolta contro il vecchio, contro i sistemi precedenti e tende alla liberazione di un flusso di energie in un clima lucido ed interattivo. La struttura dei lavori ormai cambia totalmente; si dissolve e si ricompone nel processo dello spettacolo-manifestazione multimediale in cui l'opera viene costruita e in cui lo spettatore comprende un ruolo nuovo e molto importante, quel ruolo di partecipante che comunque fa vivere ogni opera. Ma nel suo saggio Theory and Reception, Dick Higgins scrisse del rapporto fra Fluxus e Dada, della nascita dell’idea Fluxus:

«Fluxus seems to be like Dada - at least like the popular image of Dada - in being crazy, iconoclastic, essentially a negative tendency rejecting all its precedents, and so on. In fact, there is some truth to this: but it is oblique. Fluxus was never so undirected as Dada, never so close to its historical precedents. Dada was, in fact, a point of discussion on those long nights at Ehlhalten-am-Taunus, during the first Fluxus Festival at Wiesbaden in 1962, when George Maciunas, myself, Alison Knowles, and, occasionally, others would talk into the small hours of the morning, trying to determine what would be the theoretical nature of this tendency to which we were giving birth, which we found ourselves participating in. Maciunas was intensely aware of the rivalry between the French and German Dadaists; we wanted

26A cura di S.Solimano,The Fluxus Constellation, p. 50 27A cura di Ken Friedman, The Fluxus Reader. p. 243

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to keep our group together and avoid such splits as best we could. What could we do to prevent this fissioning? The answer was to avoid having too tight an ideological line. Maciunas proposed a manifesto during that 1962 festival - it is sometimes printed as a 'Fluxus Manifesto'. But nobody was willing to sign it. We did not want to confine tomorrow's possibilities by what we thought today. That manifesto is Maciunas' manifesto, not a manifesto of Fluxus. »28.

Secondo Higgins, Fluxus era invece costituito da una serie di pubblicazioni prodotte e create da George Maciunas e da un lavoro artistico che consisteva in esecuzioni, associate alle pubblicazioni, e in varie altre attività che hanno le loro radici nella tradizione Fluxus che è stata costruita nel corso degli anni precedenti che ora venivano ricondotti a queste pubblicazioni ed eventi.

Prima del 1960 la definizione Neodada è stata accettata dagli artisti, all'inizio solo da quelli americani, che ricominciavano ad utilizzare alcuni concetti tipici delle avanguardie, l'azione performativa, il college multimediale, l'interesse per l'ambiente urbano e per i mezzi di comunicazione di massa.

Fluxus fu un momento importante di acquisizione del contrasto tra il possibile ed il reale, che nel movimento e nei suoi protagonisti è, come scriveva Lefevbre nella sua Critique de la vie quotidienne, «conflitto più o meno cosciente tra la teoria e la pratica, tra il sogno e la realtà: conflitto che è causa d'inquietudine e di angoscia, come tutte le contraddizioni irrisolte o che sembrano insolubili.»29

Fluxus e la vita quotidiana

Fluxus è un attività che può entrare nella vita di tutti i giorni. Richiede infatti apparati e strumenti semplici, tecniche e materiali che chiunque si può procurare, anche un semplice amatore. L’artista Fluxus come scrive Maciunas «non deve essere professionale, parassita o elitario, ma deve dimostrare che ogni cosa può sostituire l'arte e che ognuno può farla. »30

Gli

28Ivi p. 219

29A cura di S. Solimano,The Fluxus Constellation, p. 52 30S. Bordini, Videoarte & Arte, p. 33

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artisti di Fluxus usano materiali insignificanti, come pezzi di carta, fotocopie, piccoli oggetti, poiché per loro anche questi piccoli documenti assumono un grande valore di testimonianza pari al manufatto artistico in quanto attestano un accadimento quotidiano. Il fare arte ha anche la qualità di essere ricerca individuale. L’esperienza consiste semplicemente nella percezione che noi, il pubblico e l'evento, esistiamo contemporaneamente. Ad esempio, nella presenza dell'assoluta assurdità di qualcuno che sta in piedi di fronte ad un pubblico, gonfiando un palloncino e bevendo dell’acqua. In quel momento che mai ci aspetteremmo di vedere, assistiamo a qualcosa di assurdo. E il suo significato sembra trovarsi nella conoscenza, nella sensazione che noi e l'evento siamo inseparabili, l’uno fa parte dell’altro, e nella consapevolezza che l'opera riesce ad avere il privilegio di esistere solo tramite la partecipazione dello spettatore. L'importanza non sta solo nella forma-opera finale, quanto nel processo di ricreazione di uno spazio di dialogo fra segni estetici e ritrovati della vita quotidiana e della comunicazione. Quella tentazione di prendere un frammento della realtà, e poi il suo inquadramento oppure il suo spostamento in un ambiente nuovo, è una pratica che comunque ha le sue radici già nelle neo-avanguardie. I caratteri della neo-avanguardia si presentano simili a quelli del futurismo. La Neo-avanguardia fu un movimento con impulso tale da favorire l’incontro con nuove discipline e indirizzi di pensiero come la sociologia, l’antropologia, la linguistica, la psicanalisi e la fenomenologia.

L'età della grande televisione

La televisione è un'immagine nuova che ha le caratteristiche di luminosità e di struttura che non possono non risultare interessanti per gli artisti. «La televisione ha, come una volta le arti visuali, una colloquialità immediata e diretta. La televisione è però un'istituzione che massifica il pubblico ad un basso livello (in quegli anni si diceva, e non senza fondamento, al più basso livello possibile); è uno strumento del potere suadente e violento al quale è impossibile rifiutarsi. »31 Come scrive la studiosa Silvia Bordini sui pensieri di Berger del mezzo televisore

«la televisione stessa non è pensabile come un neutro strumento di comunicazione, informazione e intrattenimento o come un puro dispositivo tecnico. Piuttosto è integrata ai modelli culturali vigenti, è l'inquietante depositaria e matrice

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di un vastissimo materiale simbolico, forse il simbolo più pregnante della massificazione della cultura contemporanea, vettore di miti totalizzanti, in un rituale della visione e dell'ascolto sempre più condizionante. »32

A differenza dell'uomo-massa della televisione, che era una persona influenzata dal mondo confezionato dalle industrie, l'uomo della società dell’informazione non è un semplice consumatore, ma è diventato un produttore. La velocità di quest'ultima permette l'accesso ad informazioni nuove, mentre la realtà esterna si sta espandendo. Il processo di espansione si nota anche tra gli artisti, perché tendono a trovare sempre modi nuovi per comunicare le loro idee, mezzi nuovi che offrono la capacità di creare nuove opportunità linguistiche.

«Il 1962 può essere ricordato come l'anno che presenta più avvenimenti: nuove tematiche invadono la musica, la danza, il teatro. Si formano gruppi che poco dopo si sciolgono e si ricompongono, creando matrici per nuove azioni e nuovi avvenimenti. La società è in crescita e l'economia vive il periodo più florido della sua storia, gli indici economici di quegli anni lo testimoniano. Il grande espansionismo industriale del consumo di massa, la grande urbanizzazione e il florido futuro che accompagnavano quegli anni di speranza sono vissuti dagli artisti come un entusiasmo che permetteva loro di rendere visibile il processo di appropriazione del segno urbano attraverso festivals, azioni, eventi e comportamenti. […] L’arte diviene per l'artista Fluxus il luogo totale, disponibile ad accogliere qualsiasi possibilità creativa, sia come personale proposta di se stesso, dalla propria fisicità, che come visualizzazione degli oggetti impiegati, a volte come utensili, nella comunicazione con gli spettatori.»33

Non è un caso che il movimento Fluxus contemporaneamente nasca e si sviluppi con la diffusione della televisione negli anni Sessanta, in un clima denso di tensioni internazionali e di tentativi di vivere in un modo diverso, di fare politica in una maniera diversa dalla precedente. Anche se i primi esordi della televisione in Gran Bretagna e negli Stati Uniti si hanno già nella seconda metà degli anni Trenta questo nuovo mezzo elettronico cominciò ad essere interessante

32 S. Bordini, Videoarte & Arte, p. 16

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per gli artisti di tutto il mondo in qualità di strumento di comunicazione solo dalla fine degli anni Quaranta e dai primi anni Cinquanta. Ma artisti come Nam June Pain, insieme a Wolf Vostell, hanno riconosciuto le nuove possibilità di quel mezzo televisivo, con cui la gente poteva venire sempre più coinvolta nella quotidianità, e che offriva una nuova realtà delle immagini sullo schermo. Berger afferma che gli aspetti del mezzo televisore sono stati usati volentieri dai primi videoartisti, «sperimentando proprio nella videoarte una forma di negazione della tecnologia, una esplicita e internazionale critica al mezzo, facendo “antitelevisione”; perturbanti di un codice che solo l'assenza di un atteggiamento critico e creativo rende monolitico, gli artisti hanno inventato un uso diverso, improprio e creativo dell'oggetto televisione e del suo stesso specifico, ricavando nel golem moderno uno spazio di libertà e di trasgressione.»34

La nuova etica che nasce con il movimento Fluxus non si basa più sul divieto assoluto, in quanto ora i divieti ammettono eccezioni. Tale etica mette in prima linea la qualità della vita e la sua attenzione si sposta non solo verso un adeguato benessere, ma sopratutto sul rispetto delle scelte autonome. Responsabilità e doveri dell'uomo sono quindi da ripensare in relazione alle nuove dinamiche dell'economia, della tecno-scienza e dell'industrializzazione.

Prima di questo movimento gli artisti erano separati a livello sia culturale che geografico. Lo scopo di Fluxus è la demolizione di queste divisioni, queste frammentazioni, per poi poter creare un’unità globale di cui tutti possono essere partecipi. L'arte invece di rappresentare la realtà, coincide totalmente con questa. Con Fluxus è nata la possibilità di organizzare degli eventi che inglobano in sé tutte le discipline esistenti. Fluxus insomma è sicuramente un movimento che ha un legame stretto con il futuro, poiché in grado di interpretarlo, anticiparlo, e aveva la capacità di prevedere l'avvenire senza la difficoltà di dover trovare attenzione sul piano del linguaggio da parte degli artisti, ovvero di farsi comprendere. Rispetto al cinema come modello linguistico per presentare i problemi dell'arte nuova, del tempo dello spazio e che comunque aveva ormai un preciso peso nell'immaginario degli artisti della prima metà del secolo. Quindi l'apparecchio televisivo, confrontato con il cinema, fu meno accettato e apprezzato da parte degli artisti. La televisione è stata considerata come uno strumento tecnologico in un periodo dove il linguaggio è controllato dal vertice sociale e quindi politicamente assolutamente non neutrale, si tratta di un linguaggio della manipolazione delle masse, di uno strumento elettro-domestico che realizza il ritorno all'ordine voluto della società

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nel pesante ambiente della guerra fredda. A causa di tutte queste influenze e caratteristiche negative né la gente comune né gli artisti avevano fiducia in questo mezzo, per questo il televisore non poteva certo diventare lo strumento preferito dall'arte e dagli artisti.

Nei lavori di Nam June Paik, invece, lo strumento televisore spesso era l'oggetto principale. In una sua esposizione del 1963 sono stati esposti diversi monitor sintonizzati su trasmissioni televisive e collegati a dispositivi elettronici che potevano disturbare la ricezione dell'immagine video.35

In un'altra sua opera, TV Buddha, il televisore viene nuovamente inserito come protagonista. Una statua di Buddha che medita sta di fronte al proprio riflesso, rivolta verso un televisore iper-futuristico che fissa la propria immagine inquadrata da una telecamera a circuito chiuso, così creando la commistione tra la filosofia occidentale e orientale. Era il 1974 e quegli anni erano ancora gli albori della video arte, per cui lo schermo di un televisore proprio in quel periodo cominciava ad essere un nuovo campo linguistico. Quel tipo di installazione a circuito chiuso rendeva possibile far vedere il tempo come flusso. L'obbiettivo di Paik era di mettere il visitatore in una situazione nuova, e di offrirgli un'esperienza di rapporti nuovi con una proposta artistica. Per Paik il video, grazie al suo carattere ibrido, è uno strumento con cui ci si avvale in modo fluido e naturale della pluralità delle forme variabili di un'opera. Paik parlò di «un'opera creativa basata completamente sulle nuove tecniche elettroniche […] come la tecnica del collage ha sostituito la pittura a olio, il tubo catodico sostituirà la tela. Un giorno gli artisti lavoreranno con condensatori, resistenze e semiconduttori come oggi lavorano con pennelli, violini o robaccia varia»36

In un altro suo lavoro, TV Candle, nel mezzo-televisore che è stato esposto Paik realizza una video-scultura in cui una candela accesa veniva messa all'interno di un apparecchio televisivo svuotato. Nel sostituire la luce elettrica con la fiamma della candela, l'artista coreano crea una relazione interattiva, dato che la candela si consumerà e dovrà quindi essere sostituita con un'altra.

35Simonetta Cargioli, Sensi che vedono, Nistri-Lischi, Pisa, 2002, p. 45 36L. Taiuti, Arte e Media, p .98

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Il fenomeno Fluxus

Per definire il fenomeno Fluxus e le sue radici nella storia dell'arte, ci sono tanti concetti e definizioni diverse sia da parte degli storici che degli studiosi d’arte. Ad esempio, concordando con altri studiosi, anche Ben Vautier ritiene che il nome Fluxus sia stato dato da George Maciunas37, personaggio chiave nella storia di Fluxus, non tanto in quanto artista quanto piuttosto come organizzatore ed editore molto importante di eventi e di manifestazioni Fluxus, che incarna l'esigenza di sperimentare i diversi mezzi che sono capaci di creare una cultura interamente nuova. Fluxus non si struttura mai come un gruppo vero oppure come un movimento organizzato. Fluxus «è un modo di vita, non un concetto artistico»38 come scrisse Paik.

L'arte è elitaria ed autoreferenziale, confermò Maciunas, mentre Fluxus cerca di essere non professionale; l'arte è una cosa rara e per quello anche un privilegio e limitata, intellettualmente esclusiva e per la massa quasi inaccessibile. In contrasto con il suo scopo ideologico e il volere di impegnarsi verso la gente, la società, il movimento Fluxus tende a far vedere che chiunque può fare arte. Maciunas aggiunge che invece di essere un prodotto limitato, deve divenire illimitato e prodotto da tutti.39 «L’arte deve essere semplice, divertente, senza pretese, deve coinvolgere cose insignificanti senza richiedere alcuna abilità particolare […] Tutto può essere arte e chiunque può fare arte».40

In un'intervista affermo che: «... it became I would say not a group, but more like a way of life, you know. Now Dada was definitely a tight group with a strict membership. Fluxus is not. It's more like a way of doing things, you know. Very informal, sort of like a joke group. It's like if you ask people like George Brecht, 'Are you Fluxus?', then he'll just laugh at you...»41

Fluxus è un movimento in cui i principi delle avanguardie si mescolano con elementi nuovi, ad esempio si può anche notare l'influenza della filosofia orientale.42

Nel caso di Fluxus possiamo parlare di una collaborazione interlinguistica fra la musica e le arti plastiche, in cui vengono usate le tecniche fotografiche e cinematografiche e tutto questo è circondato dall’interesse per nuove soluzioni tecnologiche, sempre collegate sempre a temi artistici.

37A cura di S. Solimano,The Fluxus Constellation, p. 106

38Cura di S. Ferrari/S. Goldoni/M. Pierini, Nam June Paik in Italia, Cinisello Balsamo, Silvana, 2013, p. 20 39A cura di S. Solimano,The Fluxus Constellation, p. 70

40Ivi p. 86

41A cura di Ken Friedman, The Fluxus Reader. p. 195 42L.Taiuti, Arte e Media, p. 76

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Dagli anni Sessanta il fenomeno dell’interscambio tra i campi artistici diventò molto significativo. La mescolanza fra teatro, musica e arti visive si fece sempre più fitta tra neodada, popart, arte concettuale e arte di strada, che utilizzano e scambiano le loro idee e stili con il cinema sperimentale. George Maciunas porta l'esperienza filmica nella pratica Fluxus, prestandosi anche come operatore per gli artisti del gruppo.43

Tra i Paesi europei il Gruppo Fluxus inizia ad attivarsi in Germania, negli anni Sessanta, includendo in sé artisti che in tanti punti di vista erano diversi, ma che comunque avevano una cosa in comune, cioè l'interesse a linee di ricerca non oggettuali e a pratiche performative che hanno legami con eventi e avvenimenti che hanno luogo in uno spazio convenzionalmente stabilito, ma che offrono spazi sociali e socializzabili per realizzare il coinvolgimento assoluto del pubblico.

Il primo Fluxus Festival fu tenuto a Wiesbaden nel 1962. Poi il festival ebbe nuove sedi, spostandosi in città come Amsterdam, Londra, Düsseldorf, Parigi, Copenhagen, Nizza e altre città europee. Durante queste esibizioni, fu presentata al pubblico una serie di eventi, come i lavori di George Maciunas, Dick Higgins, Nam June Paik, Daniel Spoerri, Wolf Vostell e altri artisti. Una delle loro idee è quella di distruggere per poter costruire: tutte le loro azioni tendono alla distruzione delle barriere fra i linguaggi e ad utilizzare la destrutturazione dell'ordine per poter articolare gesti e materiali in una maniera diversa dal passato.

Altri momenti importanti nella storia del movimento Fluxus furono nel marzo 1963 a Wuppertal, e nel 1965 a New York, quando Nam June Paik, insieme a Wolf Vostell intervenne in modo rivoluzionario sull'immagine video. Queste due date sono fondamentali perché si può dire che da questi eventi si può far partire la storia della video-arte. La prima data indica l'inizio e con esso il clima in cui stava crescendo l'attenzione verso il nuovo mezzo di comunicazione: il movimento Fluxus che comprende e fa esplodere lo spazio della comunicazione con tutti i mezzi possibili, e con nuove promesse di comportamenti liberatori. Sarà quello il punto di partenza di

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quella dimensione complessa, per niente formalistica, della ricerca artistica che cominciava a diffondersi, aprendo così un nuovo campo critico di scambio sociale, più di quanto ci si sarebbe potuto aspettare dal recupero dell'ideologia dadaista. Ormai era possibile impiegare le nuove tecnologie nel campo della televisione.

Cos'é Fluxus? Secondo la risposta di Dick Higgins: «Fluxus is not a moment in history, or an art movement. Fluxus is a way of doing things, a tradition, and a way of life and death.»44 Higgins considera Fluxus non come un semplice gruppo di artisti o una collezione di oggetti, ma come un'idea che porta in sé l'opportunità di un cambiamento della società. L'idea Fluxus esisteva molto prima rispetto al gruppo specifico di persone poi denominato Fluxus, con i lavori di artisti sperimentali, architetti, compositori e designer che sono stati creati, pubblicati, esposti ed eseguiti sotto il nome di Fluxus. Col passare del tempo, l'idea si trasformò in una comunità più ampia rispetto al gruppo, comprendente persone le cui idee e lavori incorporano elementi rispondenti all'esperimento Fluxus.

Fluxus è un complesso sistema di pratiche artistiche, combinate sempre con la tecnologia più recente. Il fatto che il mondo dell'arte a volte può essere un forum di filosofia pratica ha reso Fluxus in grado, usando i nuovi strumenti tecnologici, di sviluppare e dimostrare le idee che in seguito potevano essere discusse in un contesto diverso dal precedente, come in un contesto multimediale, di telecomunicazione, ipertestuale, di design industriale, di urbanistica, di architettura, editoria o filosofia. Grazie alla sua poliedricità Fluxus risulta vivace, coinvolgente e così difficile da descrivere.

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3. Tendenze nell’arte video all’ Est Europeo

3.1 Il ruolo sociale dell’ artista in regime dittatoriale

L'artista può essere un testimone molto significativo della storia, del contesto politico e dei cambiamenti della società. Gli artisti hanno sempre avuto (e sempre avranno) un ruolo critico contro il sistema politico. Tramite la loro arte e il loro linguaggio, spesso simbolico, sono in grado di criticare la società e i dirigenti politici. Nel caso dei paesi in cui un regime dittatoriale hanno il potere ed entrava in ogni piccolo segmento della vita quotidiana dei cittadini, la voce critica degli artisti è ancora più importante: la società ha bisogno di propri mezzi artistici con cui richiamare l'attenzione sui gravi difetti del regime dittatoriale.

Gli artisti sono sempre i primi a ribellarsi contro il sistema, e sono sempre i primi a rompere la realtà di un regime. E il potere politico è sempre attento agli artisti, perché come sostiene Herbert Marcuse, la verità dell'arte sta proprio in questo, nella realtà cosí come viene mostrata nei lavori dell'arte. Anzi, più che rappresentare il mondo, nelle mani degli artisti c'è il potere di rielaborarlo e cambiarlo. Gli artisti cercano sempre di far esplodere la realtà e con i loro mezzi cercano anche di trasformarla. A causa di questo potere quegli artisti che non possono essere piegati alle idee del regime politico, non appena si rifiutano di servire il sistema politico attuale, sono sempre i primi ad essere esclusi dalla società da parte di chi cerca di rendere più difficile la loro esistenza, perché la loro potenza simbolica sopra la mente e lo spirito dei cittadini rappresenta un pericolo sempre significativo, pericolo capace di indebolire il potere del sistema politico. Questo è uno degli motivi principali per cui i loro lavori, i loro metodi devono essere analizzati non solo artisticamente, ma anche dal punto di vista dei significati politici. In questo modo, essi ci offrono la possibilità di trovare una strada verso la libertà che ci guidi fuori dall’oppressione dittatoriale e dalla servitù volontaria.

Nelle dittature la disobbedienza possiede una moltitudine di significati: per esempio ogni gesto può avere un significato ribelle osservando comportamenti in generale. A volte quindi anche una semplice fotografia scattata in una dimensione quotidiana può già rappresentare una scena contraria all’ideologia del regime e, quindi, subito essere considerata come uno strumento

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contro la morale del sistema e spesso anche essere fonte di punizione per l'artista. I lavori degli artisti che sono nati in un ambiente dittatoriale aiutano a far vedere la vita reale durante il regime e a far capire come i cittadini hanno vissuto, nei quale condizioni passavano I loro giorni e ci aiutano a capire meglio come questi regimi dittatoriali sono stati costruiti. Gli artisti ci fanno confrontare con la realtà sporca, scura, fangosa e ogni tanto noiosa della vita dittatoriale. Quelle opere d'arte hanno la capacità di rappresentare bene la complessità dell'esperienza dittatoriale. Per esempio le collaborazioni, le tecniche di sopravvivenza, la necessità di rispettare il regime ecc. Ed oltre la rappresentazione di questo mondo oppressivo attraverso queste opere d'arte, loro sono le fedele testimonianze che documentano un che senza quei lavori fossere stati dimenticati. In questo modo gli artisti vanno contro la volontà e l'ideologia dell’autorità centrale che ha proibito azioni del genere.

A questo punto potremmo porci una domanda: perché le fonti artistiche ci portano più vicino alla realtà e all'essenza di un’era rispetto alle fonti scientifiche? Perché possiamo conoscere meglio le dittature moderne tramite le documentazioni artistiche? Durante la dittatura l'artista ha un ruolo importante nella registrazione, nella cronaca ed è lui che offre una via di fuga dalla realtà circostante. Finite le dittature invece le fonti artistiche forniscono le prove oppure esprimono l’esperienza di qualcuno, che è un modo di affrontare il trauma. L'artista tramite la sua opera d'arte e le sue esperienze personali porta la testimonianza di un contesto che ci aiuta a capire il regime dal punto di vista di un cittadino che ha vissuto in quell’epoca dittatoriale, una prospettiva diversa da quella dei documenti scientifici.

L'artista si erge come osservatore degli eventi traumatici durante i regimi dittatoriali, e anche dei momenti della vita quotidiana, della routine quotidiana; con il suo ruolo di testimone, piuttosto solo dopo il periodo del regime, attraverso i suoi lavori l'artista richiama argomenti che non potevano essere discussi per anni, di colori era proibito parlare in pubblico. Così, gli artisti avevano registrato un'altra realtà che era molto diversa da quell'immagine felice e da quella ottimistica ideologia che la politica dipingeva della società, e che doveva venire accettata dai cittadini. Per questi motivi tanti di questi lavori che sollevavano una voce critica contro i dirigenti della politica erano spesso considerati come illegali da vedere, da condividere, da distribuire, perché vedere senza il filtro della loro ideologia era inaccettabile. Però gli artisti, oltre che vedere, hanno anche la possibilità di registrare la desolazione e focalizzarsi su problemi gravi della società, e quelle immagini registrate sono sempre abbastanza lontane da quelle che il potere primario cerca di creare e far credere ai cittadini.

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dell’ambiente in cui hanno vissuto, ma spesso erano costretti a nascondere queste prove scoperte. Nei regimi dittatoriali le opere d'arte che hanno visto una realtà diversa da quella offerta dalla politica nelle maggior parte dei casi avevano il destino di rimanere nel cassetto di una scrivania. Sono rimaste prove invisibili, che potevano condividere le loro esperienze soggettive solo con le generazioni seguenti. Infine, alcuni artisti vanno oltre il fatto di essere testimoni della Storia, riuscendo addirittura a trasformare la realtà attraverso i mezzi artistici, offrendo alternative alla realtà medesima.

Le verità nascoste

Uno tra i ruoli più importanti in cui gli artisti agiscono come testimoni, quando stanno criticando anche la realtà in cui vivono, è registrare gli elementi proibiti da discutere, perché sono proprio i dettagli che portano alla luce i metodi secondo cui la dittatura funziona e allo stesso tempo sono quelli che possono far vedere come si vive sotto la pressione di un regime.

La semplice documentazione della realtà circostante è sempre rilevante. Secondo l'osservazione della studiosa Martha Rosler, la fotografia è stata la prima medium che portava in sé un significato politico45

. Secondo lei le immagini hanno il potere di mettere in luce gli argomenti da discutere, come ad esempio i rapporti sociali, oppure gli effetti dei cambiamenti economici. Il fotografo professionista era un artista che ha registrato e raccolto i segni della realtà dei regimi dittatoriali. Un buon esempio è il fotografo rumeno Andrei Pandele: con le sue fotografie nel corso degli anni Ottanta registrava la vita quotidiana nella Romania comunista46. Attraverso queste opere d'arte la gente ha la possibilità di vedere ciò che prima non poteva essere visto, o di rivedere ciò che aveva già visto, ma da una prospettiva completamente diversa.

Il ruolo documentario di questi artisti è molto significativo, poiché grazie al loro lavoro viene mostrata la vita quotidiana dai punti di vista diversi, le storie di un'epoca vengono raccolte e conservate per i posteri altrimenti sarebbero state dimenticate.

45Rosler, M. In, Around, and Afterthoughts. Il testo online: http://everydayarchive.org/awt/wp-content/uploads/2014/01/rosler-martha_in-around-afterthoughts.pdf

46L'elenco dei lavori di Andrei Pandele: http://estost.photoshelter.com/gallery/Romania-Life-1975-89/G0000E5xgbtlGc7w

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La vita quotidiana dei cittadini nella dittatura

Tramite le opere dei video-artisti la vita sotto l’oppressione del regime, i soliti giorni della gente, la loro vita quotidiana con le sue limitazioni politiche ed economiche prendono spazio e voce nel campo artistico, ed anche nel discorso comune, dimostrando così come la loro vita è cambiata a causa dei cambiamenti politici, sociali, economici. Maria Rosa Sossai nel suo libro descrive l'importanza dell’artista nella società con queste parole: “A contatto con un mondo sempre più segnato da differenze di tipo etnico, economico, sessuale, gli artisti non vivono più l'esperienza estetica come un modello di conoscenza privilegiata della realtà, ma come una possibilità concreta di entrare nelle diverse realtà economiche e comunicative per manipolare o smascherale dall'interno.”47 E infatti, quel compito di scoprire la verità dell’interesse politico e guardare dietro ai processi economici, e occuparsi dell’effetto di questi meccanismi sulla dimensione personale, diventa ancora più importante nel caso di paesi al centro di conflitti politici e in condizioni molto instabili sia nella dimensione sociale che economica.

Ci sono tanti modi di testimoniare le proprie esperienze. Uno di questi è costituito dalle forme letterarie, in cui gli autori raccontano le loro storie, spostandole in altri ambienti, in altre epoche, ad esempio parlandone nelle pagine di un diario, da cui possiamo conoscere la storia da prima persona. Nelle arti visuali, invece, gli artisti possono semplicemente fermare delle immagini e immortalare dei momenti, oppure raccontare le storie loro o di qualcun altro anche con immagini in movimento. Nel suo saggio „Dentro il sociale”, Sossai porta anche un esempio da più lontano, parlando dei pensieri di Walter Benjamin nel rapporto tra la società e l'artista. Secondo Benjamin la figura dell'artista ha dei doveri verso la società intera, ad esempio trasformando radicalmente il sistema della cultura borghese e prendendo le difese del proletariato contro cultura borghese medesima, e cercando di far cambiare le tecniche tradizionali dell'espressione creativa48.Dell'idea dell'arte per il popolo già nel 1932 Bertolt Brecht, ipotizzando una radio gestita dal proletariato, spiegava: «si dovrebbe trasformare la radio da mezzo di distribuzione in mezzo di comunicazione. La radio potrebbe essere per la vita pubblica il piú grandioso mezzo di comunicazione che si possa immaginare, uno straordinario sistema di

47Sossai, Maria Rosa, Artevideo. Silvana, Milano, 2002. p. 61 48Ibidem

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canali, cioè potrebbe esserlo se fosse in grado non solo di trasmettere, ma anche di ricevere, non solo di far sentire qualcosa all'ascoltatore, ma anche di farlo parlare, non di isolarlo ma di metterlo in relazione con gli altri. La radio dovrebbe di conseguenza abbandonare il suo ruolo di fornitrice e far sì che l'ascoltatore diventi fornitore..»49

Quindi secondo l'ipotesi brechtiana, il valore ideologica oltre di essere creativa, la radio diventa un medium, che funziona come uno specchio della classe proletaria e della cultura che la rappresenta.

Dopo la dittatura

La versione della realtà offerta dagli artisti della Storia spesso è più chiara per i posteri, poiché quelle opere fanno vedere le dimensioni nascoste della vita nella dittatura che possono aiutarci a capire meglio il passato rispetto alle nuove democrazie, dove viene presentata e ricostruita in un modo diverso (che comunque sarebbe il modo “ufficiale”, oppure quello proposto dal governo del paese).

A volte, anche dopo le dittature, alcuni artisti sono in grado di darci un punto di vista unico, basato sulle loro esperienze. Un esempio interessante è il film documentario, L'autobiografia di Nicolae Ceausescu, del 2010, lavoro di Andrei Ujica50 che rappresenta il mondo dalla prospettiva del dittatore rumeno. L'importanza di quest'opera sta nell'offrire un'immagine molto più complessa di Ceausescu, grazie alla quale possiamo conoscere il suo carattere e le ragioni della sua attività politica. E quell'immagine di lui sembra più fedele alla verità rispetto a quelle memorie basate solo sui fatti accaduti, sugli eventi politici che sono considerati come le memorie „ ufficiali”.

Per concludere l'argomento del ruolo dell'artista nella società durante la dittatura, si può dire che ci sono tre compiti fondamentali. Prima di tutto il ruolo del documentario: gli artisti stanno registrando i momenti della vita quotidiana, con i suoi lati negativi e positivi, mentre portano alla luce le „ prove” delle questioni ancora irrisolte di una dittatura già finita.

Allo stesso tempo gli artisti possono avere il ruolo di fautori del cambiamento, il ruolo di trasformatori della loro realtà, aprendo a nuovi punti di vista e offrendo nuove soluzioni ai problemi delle società dei regimi dove l'orizzonte del cambiamento spesso non era nemmeno più

49Germano Celant, OffMedia. Nuove tecniche artistiche: video disco libro. Dedalo Libri, Bari, 1977. p. 7 50Pontiggia, F. L'autobiografia di Nicolae Ceausescu, 2010.

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considerato. Le analisi nel campo delle scienze politiche sono state molto arricchite, tenendo conto che grazie all'approccio artistico l'immagine di un'epoca diventa ancora più complessa, rendendo più facile capire le condizioni delle persone, visto che queste opere mostrano dettagli che tante volte sono stati cancellati dalla memoria di tali regimi.

Infine, il punto di vista artistico è molto più ampio rispetto a quello della “gente comune”, che pure aveva esperienze e condizioni simili a quelle degli artisti. Con le loro opere d'arte gli artisti cercavano di focalizzarsi sui dettagli più importanti e attraverso queste opere di fornire un'immagine complessa e fedele per la comprensione dei posteri.

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3.2 Video arte nel contesto del precedente Est europeo

In questa parte della tesi vorrei affrontare una genealogia teorica, concettuale e politica del video contemporaneo, delle pratiche performative e degli spazi politici nella zona dell'Europa orientale ed altresì della condizione e della possibilità di creazione di video in questo territorio.

Negli anni Ottanta i video sono riusciti a guadagnare una posizione molto particolare nella storia dell'arte, proprio quando gli Stati Comunisti, soprattutto quelli più repressivi, hanno iniziato ad esercitare un controllo meno ossessivo sulle produzioni artistiche e culturali, rispetto al loro passato.

Nonostante il differente impatto del regime comunista, i Paesi del precedente blocco sovietico poterono creare film e produzioni artistiche avanguardiste durante gli anni Settanta, essendo poi in grado di collegarli al medium del video negli anni Ottanta.

Nel saggio51 dello studioso ungherese, Miklós Peternák si sostiene che i Paesi totalitari di “prima linea” nella zona dell’Est Europa Socialista (come l’Unione Sovietica, la Romania, la Bulgaria, la Germania dell’Est) avevano almeno un ritardo di dieci anni rispetto ad altri paesi dell’Est come la Polonia, l’Ungheria o l'ex Yugoslavia, per quanto riguarda lo sviluppo del rapporto tra arte e media elettronici, compreso l'uso del mezzo video come strumento sociale. Il motivo di questo ritardo risiede nel carattere della società Comunista di quei Paesi, dove avveniva un rigido controllo nel campo dell'arte e della cultura; tale controllo non si esplicava solo sulla letteratura e sulle parole scritte, ma anche su tutti i media di riproduzione e tecnologia visuale sotto la gestione del potere politico (come le macchine di copisteria, la tecnologia del Video Home System – VHS –, e addirittura anche le Polaroid). La severa censura della letteratura poteva facilmente estendersi per prendere il controllo anche della tecnologia della riproduzione visiva.

Gli anni Ottanta furono un periodo in cui il nuovo regime della realtà contemporanea stava prendendo la propria forma, dando priorità alle opere che sono state create per essere viste. Questo oculo-centrismo può essere legato ad eventi sia politico-sociali che culturali ed artistici. Dobbiamo ricordarci che il periodo degli anni Ottanta, in generale, è stato definito come un

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