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Marina Gržinić, Aina Šmid – Bilocation, 1990 [12'06]91

Marina Gržinić e Aina Šmid ricoprono un ruolo fondamentale nella video-arte slovena, la loro video-arte si è sviluppata nel corso degli anni Ottanta, quando il controllo del governo sulle produzioni culturali era relativamente leggero, un periodo in cui tendenze all'avanguardia potevano apparire nell'arte. Gržinić descrive quel periodo cosí

«In the 1990s, our work evolved into a strategy of actions interrogating the transition to post-socialism and the global capitalist system of aesthetics, ethics, politics, and visual culture, as we sought to continually highlight and rearticulate the Eastern European conceptual tradition (which is also our own tradition). At this time, the wars in the Balkans became more than a metaphor in our video art, for we used the medium to illuminate every stage in the development of the conflict, beginning with the riots and brutal suppression in the 1980s in Kosovo, which anticipated the horrific wars that would later spread throughout the former Yugoslav territory in the 1990s (in Slovenia, Croatia, Bosnia–Herzegovina, and again in Kosovo)».

Essi collaborano fin dal 1982 e hanno realizzato insieme più di trenta progetti, numerosi lavori video, installazioni multimediali, e CD-ROM interattivi per il Centro d'Arte e Media di Karlsruhe, in Germania. I loro video sono stati premiati con svariati riconoscimenti presso numerosi festival sia in Slovenia che all'estero; ad esempio nel 1994 il Museo d'Arte Moderna di New York ha dedicato loro una mostra con i loro lavori. I due autori hanno creato tanti video documentari per la televisione slovena. Šmid è uno storico d'arte, e Gržinić è una filosofa e studiosa dei media, un'attivista culturale, organizzatrice di eventi internazionali, e curatrice di mostre video. Ha pubblicato numerosi saggi e libri che l'hanno resa famosa in Europa.

Il video Bilocation è un esempio di come il corpo umano viene posto in relazione alla storia e alle ideologie recenti, in questo caso nel periodo post socialista; il contesto di questo

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62 periodo si può percepire bene in questo video.

Il video si apre con una donna soldato, che indossa un vestito rosso e marcia in un ambiente rurale e tranquillo mentre la sua immagine viene moltiplicata più volte: due delle figure si avvicinano alla camera, mentre una muove nella direzione opposta, risultando visibile solo da dietro. I movimenti della donna imitano i passi della marcia militare e un suo duplicato abbraccia un oggetto che sembra essere una croce, lei l'alza e l'abbassa continuamente con la sua mano, e fa i movimenti con la valigia che viene spostata e poi aperta, in una scena otticamente manipolata che include le immagini della sua marcia. Sulla mano di un uomo che si sta tendendo verso la donna, vediamo i frammenti dei documentari della guerra civile in bianco e nero

Sottovoce si sente una voce maschile, il narratore della storia, che sta spiegando il significato della sfilata socialista, mette a nudo il contenuto concettuale del video: il rapporto tra l'individuo e lo Stato durante i conflitti. «A Socialist parade is not only a solemn performance; it is also a preparation involving the man condemned to death before he is taken to the scaffold. As if the final culmination of every parade were not the excitement it arouses, but might just as well be a body embalmed, glazed and made-up as a victim. When dressing up for a parade, I am actually adoring my body , which is soon to be destroyed by lust». Durante questo commento, la donna, con indosso un abito rosso, durante la marcia, prende ogni tanto la croce e si muove a passo di danza, poi l'appoggia per terra e continua la sua marcia.

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Il fenomeno della violenza tra gruppi etnici viene messo sotto i riflettori, ovvero, come possiamo vedere e riconoscere le trame del passato che hanno causato questi conflitti violenti?

«The past can be only be transmitted in the form of ruins, monuments, bric-a brac in retro. The stroke of lightening is like hypnosis. I am spellbound by the scene. First I am shocked, thrilled, rotated.»

Mentre queste parole vengono dette, possiamo vedere, da dentro un gigante osservatorio astronomico, come la donna comincia ad aprire il tetto dell'osservatorio e lascia filtrare i raggi del sole. Gržinić e Smid danno un effetto molto impressionante grazie a questo apparecchio ottico, facendo così emergere una domanda importante. In questo punto il video mette in dubbio l'evidenza dei documenti storici con la proiezione delle video documentazioni della televisione slovena relative alla guerra civile in Kosovo nel 1989 (nella zona a sud della Jugoslavia vi erano conflitti nazionali tra la popolazione albanese e serba), tali proiezioni appaiono sulla faccia e sul corpo della donna e vengono sovrapposte con il mondo immaginario dei due autori.

La tecnica specifica che viene usata qui si chiama chiave cromatica (chroma key), più

precisamente intarsio a chiave colore; si basa sul fenomeno di impressione della realtà. In quell’effetto è fondamentale la coerenza tra l'immagine dello sfondo e l'immagine di primo piano. La chiave cromatica rende possibile unire due sorgenti video, sfruttando un particolare colore (di solito blu o verde) «per segnalare al mixer video quale sorgente usare in un determinato momento: supponendo di avere un video di sfondo e il video di un presentatore che si muove su uno sfondo uniforme di colore chiave, la console video trasmetterà in uscita il video del presentatore soltanto nei punti con un colore diverso dalla chiave: nei punt i del video in cui c'è il chroma key, invece, la console userà il video di sfondo. In altre parole, il colore chiave viene interpretato dalla console video come "trasparente"» La strategia del chroma key è in grado di creare un forum di rappresentazione, sopra un altro spazio che di solito fa parte di una figura intera.

Questa tecnica nel caso di Bilocation viene usata sia sul corpo intero della donna che in certi dettagli del suo corpo, ad esempio sulla parte sinistra dell’occhio, dove è presente un simbolo chiaro: la stella rossa, che era il motivo principale dello Stato socialista. Il conflitto, mostrato con le immagini dei paesaggi che stavano bruciando, i soldati che stanno marciando e le

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visite diplomatiche con tutta la loro assurdità e violenza, tutto è legato al corpo della donna, come se fosse una malattia da cui non si riesce a liberare e la sua vita emotiva fosse influenzata da questi conflitti esterni, con cui divide il suo destino.

«A young peasant loving the widow who has killed his rival. Identification is not something pyschological. Therefore he identifies with the fool and the peasant. Thousands of people in the past have done the same»

Mentre vediamo la donna proiettata sul corpo degli uomini morti in guerra (un corpo viene duplicato quattro volte), a mettere a ciascuno di loro una cesta d'alloro di ferro.

«The disaster in love comes very close to the final state: the final state is also an image of what happened at Dachau.But we may ask ourselves, is it not cynical to compare a lover's suffering to that of the deported men at Dachau? Can the worst atrocities in our history be compared to the almost infantile and gloomy states in which a lover finds himself? And yet, the two states have something in common. They are both panicky, with no way back and no future.»

Queste frasi vengono dette da un uomo di cui vediamo la faccia, che le pronuncia al telefono sullo sfondo delle immagini in primo piano. Dopo appare di nuovo la figura della donna, marciando con la valigia in mano, e l'uomo nell’osservatorio che legge un libro rosso e poi lo getta via. Nella scena successiva sono insieme, di nuovo abbracciati.

Alla fine del video, la croce rossa si muove come un logo in volo e si ferma sulla fronte della donna addormentata, marcando i suoi sogni e i suoi pensieri. Lo Stato, sta occupando ancora la mente e il corpo delle persone, ovunque esse siano, il conflitto viene percepito da ognuno, in qualsiasi parte della Jugoslavia.

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Marina Gržinić, Aina Šmid, Bilocation / Bilokacija, video, 1990

Nel 1990, quando il video è stato girato, lo Stato, portatore dell’idea della nazione jugoslava, aveva ancora un forte controllo degli eventi e movimenti artistici e sociali, tuttavia giorno dopo giorno questo diventava sempre più debole. Il video mostra una sequenza delle tragedie accadute nella sfera pubblica ma anche quelle che entrano nella vita quotidiana della gente come una malattia. Il video fa cambiare il corpo delle persone, imprimendo i loro corpi sullo schermo con le proiezioni di immagini violente. Secondo gli appunti degli autori di Bilocation, questo sta a rappresentare la presenza del corpo e dello spirito contemporaneamente in due posti diversi. Secondo loro, questo è il modo migliore di descrivere il processo del video. Bilocation è un video che ha radici profondamente politiche e storiche in Jugoslavia, animato dalle catastrofi umane riportate in una dimensione mediatica. Il video tende ad essere una prova fedele della condizione emotiva e culturale dello Stato.

Gržinić conferma che negli anni Novanta il loro lavoro si stava focalizzando sul sovvertimento del sistema estetico/etico/visualizzato. Oggi invece sono ossessionati con il rapido sistema del capitalismo con la processualità e la performatività della politica. Secondo l’artista il termine Bilocation descrive bene anche quel processo che caratterizzava questi tempi in Jugoslavia: una condizione ambigua, una transizione dall'ideologia socialista al capitalismo, una condizione tra due confini, uscendo dal sistema orientale ma non facendo ancora parte dell'Occidente (Ovest).

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Marko Kovačič – No More Heroes Any More, 1992 [17'45]92

Questo è un lavoro grottesco sulla guerra in Bosnia. Una partita di scacchi come metafora di quei giochi che si svolgono sullo sfondo degli affari della politica e dell'economia del Paese. Il video è composto dai mise-en-scénes, dalle figurine meccaniche, e dalla presenza delle protagoniste. Quando la guerra è diventa la realtà vera, il gioco è una parte obbligatoria. Il video suggerisce di vedere la guerra come una partita di scacchi, un gioco strategico, in cui l'arma è il giocatolo degli adulti, e le persone sono solo un oggetto da condurre e manipolare.

La rappresentazione simbolica della guerra non è stata mai facile: da un lato le definizioni possono essere troppo deboli rispetto alla crudele realtà, dall'altro lato invece possono essere anche esagerate. La soluzione migliore sembra quella di rappresentare i processi e le scelte tattiche che si svolgono nello sfondo di ogni guerra con la metafora di piccoli giochi. Nel caso di No More Heroes Any More il gioco è obbligatorio, e come nello sport anche sul campo della politica ci sono le regole, i giocatori e il pubblico. Ma mentre in una partita di calcio le regole sono fisse, non possono essere cambiate da nessuno perché sono esterne ed indipendenti dalla volontà dei giocatori, in politica invece i partecipanti al “gioco” hanno il potere di influenzare e modificare le dinamiche dei processi. Per questo mettere in paragone il regolamento di una partita di scacchi con i processi politici non sarebbe una scelta giusta, perché i regolamenti nella politica spesso non sono rispettati dai “giocatori”. E questo fatto comunque viene mostrato anche in questo video: man mano che la partita va avanti, i due giocatori si preoccupano sempre meno l’uno dell'altro e gradualmente entrambi sembrano perdere la testa, impazzendo a causa del potere, rappresentato dal figurine meccaniche sopra le loro teste.

Nelle prime immagini del video appaiono due orologi, quelli che fanno parte della scacchiera e si muovono su di uno sfondo del tutto nero, con il suono dei freni delle macchine. La scena successiva invece ci mostra macchine di lusso che arrivano in fila, da queste escono persone importanti, probabilmente tutti politici, così sembra dai loro vestiti, circondati dai soldati della guardia. Aleksey Gan è uno dei giocatori che viene proiettato sulla registrazione d'archivio; il suo corpo sembra essere presente fisicamente tra i politici, e con i suoi gesti va verso loro: egli saluta gli altri, dà loro la mano, parla con i giornalisti. Ma la sua figura è significativamente diversa dalle altre persone sul video documentario: indossa un vestito lacero, che sembra essere

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sporco di polvere, di terra e di sangue ed una cravatta. La sua faccia è coperta da polvere bianca, e viene sfigurata da un trucco eccessivo, esibisce un sorriso spaventoso, con denti storti, come se non fosse un uomo ma invece un mostro. Mentre sta camminando con una borsa in mano, i suoi movimenti frammentati assomigliano ad un robot, o a quei giocattoli meccanici con cui giocheranno poi la partita sulla scacchiera rossa e nera. Dietro di lui ci sono piccole figure di persone, anche quelle sono come giocattoli. L'altro protagonista si sta avvicinando al posto del loro incontro, alla tavola degli scacchi, e sta passando in labirinti all’interno dei meccanismi dei televisori. I due giocatori stanno camminando in questi spazi surreali, pieni di pezzi metallici che costruiscono la televisione. Il loro modo di muoversi rimane per tutto il tempo frammentato e convulso.

Marko Kovačič , video , No More Heroes Any More, 1992

Uno arriva in una scena in cui vediamo una bambola gigante, con piccoli soldatini di piombo, uno sta puntando l'arma sull'atro affacciato al muro (che è tutto coperto dalle banconote) con le mani in alto.

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Marko Kovačič , video , No More Heroes Any More, 1992

Il commentatore appare dando il benvenuto agli spettatori ed introduce i giocatori Ivan Punyi e Aleksey Gun, il gioco vero e proprio ed altri dettagli del “duello del secolo”, del cosiddetto “gioco dei re”, promette che cercherà di commentare precisamente quest'evento a quelli che lo stanno guardando davanti allo schermo televisivo. Dopo questa introduzione, per la prima volta vediamo le due figure insieme nello stesso posto, mentre stanno facendo cerchi attorno alla tavola a scacchi che ha gli stessi colori del muro del cubo in cui loro sono dentro, cioè rosso e nero. Si stanno guardando, ostentando le rispettive forze e potenze, sembra che entrambi stanno cercando di conoscere meglio l'avversario. Tutti e due accendono un sigaro, entrambi irritando l'altro con il fumo, soffiandolo in faccia all’altro.

I giocatori si siedono al tavolo, aprono le loro borse piene di giocattoli, la partita ha cominciato: iniziano a svuotare la borse e mettono i giocattoli sul tavolo l’uno dopo l'altro. Le piccole figurine prima vengono caricate, poi i giocatori le lasciano sulla scacchiera mentre quelli stanno girando, emettono suoni, alcuni di loro si sparano anche. Quando nella camera si mostra solo un giocatore, dietro di lui viene proiettata l'immagine del suo rivale, e così lo spettatore ha la possibilità di vedere sia le azioni che le reazioni di tutti e due, la loro mimica quasi non sembra umana, sembra quasi che siano animali. Ad esempio in un certo momento uno di loro prende una figura nella sua bocca, come un predatore la sua vittima.

Nelle immagini successive la camera si avvicina e ruota attorno al tavolo sul quale le figurine meccaniche vanno l’una contro l'altra, mentre sullo sfondo vediamo gli stessi giocattoli ma da un altro punto di vista. La situazione comincia ad essere un po’ caotica, gli animali caricati non si fermano, stanno distruggendo gli altri e se stessi. Al minuto 08’38’’ entrano in scena due robot e attraverso il loro punto di vista possiamo vedere la battaglia, possiamo essere proprio nel

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mezzo della lotta che da questo punto di vista sembra un video gioco, in cui i giocatori stanno cercando gli obbiettivi da annullare con un bersaglio sullo schermo su cui appare il comando «Attack» oppure «Fire». Il commentatore appare in televisione

«Look, if a man once engages in murder, he soon won't see anything wrong in robbery, and then it's only a small step from robbery to drinking, to disrispecting the fast days, and from there to impoliteness, and wasting time. Thus once you go astray, you never know where you will stop. And since it is said that a murder happens in every minute, I don't want to take up any more of their, and your time, I know they want to get to work.»

E siamo di nuovo nell'arena della battaglia, dove le figure sono ancora più distrutte, poiché sul tavolo divampano fiamme di fuoco e vi giocattoli che stanno sparando. Mentre i due giocatori diventano sempre più folli, con i denti pieni di sangue e con voci non umane gridando uno contro l'altro.

Al minuto 11’36’’ arriva sul campo un uomo su un monociclo, vestito con un giubbotto e un capello bianco con macchie di sangue e con stivali da gomma. Va da uno dei giocattoli lo coccola e improvvisamente lo prende a calci, poi scappa. Lui sembra ancora più spaventoso degli altri, con uno sguardo ancora più folle.

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Le piccole figure sono di nuovo in schieramento da guerra. Sullo schermo di questi robot ogni tanto appaiono le facce, o i dettagli delle facce (un occhio ad esempio), dei due giocatori.

Ormai non rimane in piedi nessuno tranne i due robot principali che stanno faccia a faccia sul disastrato campo da gioco. In quel momento sullo sfondo vediamo la duplicazione di quell’uomo vestito di bianco, e la terza figura si trova già fisicamente nello spazio in cui i due giocatori svolgevano la partita. Lui da un colpo sul tavolo, distruggendo tutto, mentre ali altri due sono spaventati e non capiscono cosa sta succedendo. Lui poi prende due coltelli creando un panico ancora più grande e li conficca sulla tavola, mettendo in fuga i due con una sega. I due giocatori prendono subito i coltelli e iniziano a darsi la caccia, tentando di ammazzarsi l’un l'altro, nel frattempo, il terzo uomo smonta quel cubo in cui tutta la partita svolgeva. I colori rossi e neri spariscono e ci troviamo così in un ambiente bianco e nero.

Nelle ultime immagini del video, in primo piano troviamo quest’uomo folle che ha un giocattolo in mano, dandogli baci e sorridendo molto. Mentre sullo sfondo ci sono due giocatori che hanno ancora i coltelli, e si danno la cacci l’un uno l'altro. Il video si chiude con l'immagine dei due orologi degli scacchi con cui la storia era iniziata.

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Ogni frammento del video porta con sé un grande significato. Non ci si preoccupa di un montaggio in cui le rapide immagini vengano messe una accanto all'altra, e tuttavia non lo si può considerare neanche un video artistico in cui le immagini vengano rallentate e recitate teatralmente. Ci si preoccupa invece di una piccola mise en scene tra la cornice di un televisore svuotato e poi riempito con le figurine meccaniche e con quattro elementi di carne e ossa. La superficie bidimensionale dello schermo esplode in una sfera in cui possono succedere le cose più impensabili, assurde ed irreali. Questo ormai non è un semplice gioco: è una battaglia, anzi, un massacro. No More Heroes Any More racconta la storia della Jugoslavia negli anni Novanta, restituendo la stupidità e l’inutilità di coloro che stavano manipolando la vita degli altri, con la convinzione di poter compiere ciò senza con questo sporcarsi le mani o ferirsi. Il controllo del gioco sta per uscire dalle loro mani: anche i giocatori diventano le figurine di una battaglia, e

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