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L'interrimento degli invasi ad uso irriguo nelle regioni meridionali : rilievi diretti, metodologie e modellistica

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Academic year: 2021

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T E R R IM E N T O D E G L I IN V A S I A D U S O I R R IG U O N E L L E R E G IO N I M E R ID IO N A L I: R IL IE V I D IR E T T I, M E T O D O L O G IE E M O D E L L IS T

Istituto Nazionale di Economia Agraria

L’INTERRIMENTO DEGLI INVASI

AD USO IRRIGUO NELLE

REGIONI MERIDIONALI:

RILIEVI DIRETTI, METODOLOGIE

E MODELLISTICA

a cura di

Paolo Bazzoffi e Silvia Vanino

V o lu m e n o n i n v e n d it a IS B N 9 7 8 -8 8 -8 1 4 5 -1

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Gestione Commisariale ex Agensud

(2)

L’INTERRIMENTO DEGLI INVASI

AD USO IRRIGUO NELLE

REGIONI MERIDIONALI:

RILIEVI DIRETTI, METODOLOGIE

E MODELLISTICA

a cura di

(3)

Commissariale ex Agensud.

Lo studio è stato redatto dal personale CRA e da alcuni consulenti esterni, con la supervisione ed il referaggio di un comitato tecnico-scientifico all’uopo costituito, formato da:

- Ing. Antonino Casciolo – funzionario Gestione Commissariale ex Agensud, Responsabile unico del progetto; - Dr. Guido Bonati - responsabile INEA Servizio 4;

- Dr. Pasquale Nino - coordinatore INEA del progetto;

- Prof. Ing. Agostino Farroni – Professore aggregato del corso Idraulica e sistemazioni fluviali presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi dell’Aquila;

- Ing. Giacomo Romano - ingegnere idraulico, consulente della Gestione Commissariale ex Agensud. Coordinamento editoriale: Federica Giralico

Progettazione ed impaginazione grafica: Mannozzi Sofia

AUTORI

Dott. Paolo Bazzoffi – Dirigente di Ricerca c/o CRA-ABP Firenze (Responsabile dell’Azione “Efficienza e sicurez-za delle dighe e piccoli invasi”del progetto) ha redatto i capitoli 1, 2, 3, 4, 5 e 6.

Dr.ssa Silvia Vanino – INEA (Referente INEA dell’Azione “Efficienza e sicurezza delle dighe e piccoli invasi”) ha redatto l’Introduzione.

COLLABORATORI

Dr. Rosario Napoli - CRA RPS Roma - Rilievi in campo

- Applicazioni GIS

Dott. Giovanni Allegri - CRA ABP Firenze - Applicazioni GIS

Dr.ssa Vanessa Palermo - CRA ABP Firenze

- Coordinamento-contatti con enti gestori degli invasi. - Rilievi in campo

- Applicazioni GIS

Per. Agr. Andrea Rocchini – CRA ABP Firenze - Rilievi in campo

- Lettura tracce ecoscandaglio - Analisi Fisiche

Dr. Giorgio D’Egidio – CRA ABP Firenze - Rilievi in campo

Prof. Carlo Gaggi - Dipartimento di Scienze Ambientali, Università degli Studi di Siena - Analisi ed indagini chimiche sui sedimenti

Dott. Adriano Bassignana. Collaboratore esterno al CRA - Sviluppo del codice di navigazione SHOWKEA

Dott. Alessandro Fatighenti. Collaboratore esterno al CRA - Rilievi in campo e assistenza nei rilievi bato-sedimentometrici

(4)

L'irrigazione rappresenta uno dei fattori fondamentali nello sviluppo dell’agricoltura negli ultimi decenni, non solo perché ha consentito di ottenere produzioni elevate e di qualità, ma soprattutto perché ha reso possibile una flessibilità nella scelta degli ordinamenti produttivi da parte degli imprenditori agri-coli, svincolandoli dalla scarsità ed incertezza degli apporti idrici derivanti dalle precipitazioni.

L’impiego dell’acqua in agricoltura, quale mezzo tecnico della produzione, pone delle problemati-che peculiari rispetto agli altri fattori produttivi in quanto risorsa naturale e pertanto non producibile industrialmente e per la sua caratteristica di escludibilità nel consumo, che comporta una forte competi-zione con gli altri usi (civili, industriali, potabili, ricreativi, etc.).

L’INEA, con il servizio “Ricerche su ambiente e risorse naturali in agricoltura” ed in coerenza con gli attuali indirizzi comunitari tesi a garantire un approccio sostenibile alle risorse naturali, realizza studi specifici volti a promuovere un’efficiente gestione delle risorse idriche in agricoltura sia dal punto di vista economico che ambientale. Le attività del servizio pertanto, sono mirate allo sviluppo di strumenti agro-nomico-territoriali di supporto alla pianificazione e programmazione dell’uso delle acque, in un’ottica di contenimento dei consumi, e ad approfondire gli aspetti di carattere tecnico-ingegneristico, per fornire agli Enti gestori della risorsa un supporto per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche adottate nei sistemi irrigui.

Questo lavoro in particolare, nasce dalla collaborazione tra INEA e Gestione Commissariale ex Agensud, che hanno dato vita al progetto di “Assistenza tecnica e supporto agli Enti concessionari nel settore dell’uso irriguo delle risorse idriche”.

Il progetto costituisce la prosecuzione e l’approfondimento di precedenti studi effettuati dall’INEA (“Studio sull’uso irriguo della risorsa idrica, sulle produzioni agricole irrigate e sulla loro redditività”, finanziato con le risorse del QCS 1994-1999 nell’ambito del Programma Operativo Multiregionale “Ampliamento e adeguamento della disponibilità e dei sistemi di adduzione e distribuzione delle risorse idriche nelle regioni dell’Obiettivo 1” – sottoprogramma III, misura 3; studio “Assistenza tecnica nel set-tore delle risorse idriche” linee C, D ed E del Progetto Operativo, facente parte del “Programma Operativo Nazionale Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema QCS Obiettivo 1 2000-2006” (PON ATAS) – misura 1.2: Azioni di assistenza tecnica e supporto operativo per l’organizzazione e la realizzazione delle attività di indirizzo, di coordinamento e orientamento delle Amministrazioni Centrali), volti a fornire sup-porto scientifico, tecnico e operativo alla Gestione Commissariale ex Agensud per ampliare e approfondi-re le conoscenze sull'agricoltura irrigua nelle approfondi-regioni meridionali, allo scopo di ottimizzaapprofondi-re l’uso delle risorse finanziarie disponibili con l’individuazione degli interventi strutturali a maggiore valenza econo-mica.

Dal punto di vista operativo il progetto è rivolto principalmente al sostegno dell’attività degli Enti operanti nel settore irriguo – Consorzi di Bonifica ed altri soggetti pubblici – ed è articolato nelle seguen-ti quattro linee direttrici:

- Linea A: studi a carattere territoriale sulle aree irrigue; - Linea B: studi ed indagini sull’utilizzo della risorsa idrica;

- Linea C: elementi e linee guida per la progettazione di impianti irrigui;

- Linea D: supporto tecnico agli enti concessionari per l’accelerazione degli interventi e per le atti-vità connesse alla gestione degli impianti.

(5)

Nell’ambito delle diverse Linee del progetto sono state sviluppate le seguenti Azioni:

Azione 1 - Uso della risorsa idrica, strutture di distribuzione e tecniche irrigue nelle aree non servite da reti collettive dei Consorzi di Bonifica;

Azione 2 – Monitoraggio qualitativo dei corpi idrici utilizzati a scopo irriguo;

Azione 4 - Intrusione marina e possibilità di trattamento delle acque con elevato contenuto salino; Azione 5 – Utilizzo delle acque delle reti di bonifica;

Azione 6 - Controllo delle perdite nelle reti in pressione;

Azione 7 - Utilizzazione a fini naturalistici degli invasi a prevalente uso irriguo;

Azione 8 - Linee guida sulla scelta e l’impiego delle apparecchiature idrauliche, sugli impianti di sollevamento, sugli impianti di filtraggio;

Azione 11 - Efficienza e sicurezza delle dighe e piccoli invasi; Azione 12 - Supporto all’attività di rendicontazione;

Azione 14 - Supporto all’attività di progettazione;

Azione 15 - Analisi di rilevanti esperienze di progettazione a livello internazionale.

L’azione 11 ha dato luogo a questa ricerca, il cui obiettivo principale è stato quello di fornire un modello collaudato di stima della sedimentazione negli invasi artificiali, che è un fattore di depaupera-mento quantitativo e qualitativo delle risorse idriche. I sedimenti che vanno ad interrire gli invasi sono generati dall’erosione idrometeorica del suolo o da masse terrose che si originano nei movimenti franosi. Pertanto è necessario conoscere il tasso di produzione di sedimento bacinale al fine di programmare gli interventi di gestione e conservazione di queste risorse.

On Lino Carlo Rava Ing. Roberto Iodice

(6)

I

nTRODUzIOne

CAPITOLO 1

I

nqUADRAmenTO DeLL

ATTIvITà

1.1 Le dighe e le problematiche relative all’intervento 5

CAPITOLO 2

m

eTODOLOgIe DI RILIevO ADOTTATe e nUOvI sTRUmenTI PeR L

InDAgIne BATImeTRICA e seDImenTOmeTRICA

2.1 Operazioni preliminari al rilievo batimetrico e sedimentometrico. 9

2.1.1 Definizione Delle Condizioni Di Misura 9

2.1.2 Individuazione di punti stabili di riferimento per la georeferenziazione delle misure 9 2.1.3 Georeferenziazione dei punti stabili di riferimento mediante allacciamento alla rete GPS IGM 95 9

2.2 Rilievi batimetrici e sedimentometrici 10

2.2.1 Tracciato delle range lines 10

2.2.2 Strumentazione utilizzata 11

2.2.3 Limiti di applicazione della tecnologia sub-bottom profiler 16

2.3 Presentazione dei report standard dei rilievi batimetrici e sedimentometrici ai fini

del progetto di gestione degli invasi 16

2.3.1 Contenuti del report 16

2.3.2 Illustrazione del report “tipo” 18

2.4 nuovi strumenti per l’indagine batimetrica e sedimentometrica sviluppati 22

2.4.1 Introduzione 22

2.4.2 Sviluppo del codice di navigazione ShowKea 26

2.4.3 Descrizione del software ShowKea e illustrazioni 27

CAPITOLO 3

A

TTIvITà DI RILIevO sU InvAsI PILOTA PeR svILUPPO e TARATURA DeL mODeLLO

FLORenCe

PeR LA PRevIsIOne DeLL

InTeRRImenTO

3.1 gli invasi e i valori di interrimento 31

3.2 Ubicazione degli invasi pilota 31

3.3 Invasi del sud Italia : applicazione del modello FLORenCe 33

3.4 qualità dei sedimenti 34

3.4.1 Componenti inorganici 35

3.4.2 Componenti organici 38

(7)

CAPITOLO 4

m

ODeLLO

FLORenCe:

mOTIvAzIOnI

,

APPLICAzIOne e RIsULTATI ATTesI

4.1 Inquadramento nel contesto del progetto di gestione degli invasi 45

4.2 Descrizione del modello FLORenCe 46

4.3 natura del dataset e variabili del modello FLORenCe 47

4.4 sovra-apprendimento e generalizzazione 49

4.5 verifica di affidabilità del modello FLORenCe 51

4.5.1 Confronto fra valori osservati ed attesi 51

CAPITOLO 5

P

RODUzIOne DeL mODeLLO CALIBRATO

FLORenCe2

5.1 verifica di affidabilità del modello FLORenCe 2 60

5.1.1 Confronto fra valori osservati ed attesi 60

5.2 Applicazione del modello FLORenCe2 agli 86 invasi del sud Italia 62

5.3 metodologia applicativa del modello FLORenCe2 64

5.3.1 Preparazione Basi Dati 64

5.3.2 Struttura Base Dati Invasi 64

5.3.3 Struttura Base Dati Bacini 65

5.3.4 estrazione dei bacini idrografici 65

5.3.5 Derivazione dei parametri per il modello FLoReNCe 66

5.3.6 Fonti Dati impiegate 66

5.4 estrazione dei parametri per l’applicazione del modello FLORenCe2 66

5.5 Base dati bacini finale: struttura e stato dell’arte 67

CAPITOLO 6

m

ODeLLO

FLORenCe

sU weB

6.1 Procedura online per l’applicazione semplificata del modello ad uso degli enti

gestori, per la preparazione del progetto di gestione degli invasi 69

6.2 Istruzioni per l’applicazione del software FLORenCe2 v. 1.0 69

(8)

In Italia l’agricoltura irrigua contribuisce per più del 50% alla produzione totale agricola e per più del 60% al valore totale dei prodotti agricoli (OECD, 2006). L’acqua destinata all’agricoltura è poco meno dei due terzi delle risorse idriche nazionali disponibili, circa il 60%, su una superficie che è solo il 21% della superficie totale agricola (EEA, 2009). Un uso così intensivo d’acqua per fini agricoli può indeboli-re le risorse, portando in alcune aindeboli-ree anche alla definitiva perdita delle risorse irrigue. Le fonti idriche disponibili sono costituite dalle precipitazioni meteoriche, dalle acque superficiali ( fiumi, laghi ed invasi artificiali) e dalle acque sotterranee.

Gli invasi artificiali rappresentano una risorsa moderna e costosa (Di Silvio, 1996), ma consentono di accumulare acqua nei periodi di abbondanza, generalmente in autunno ed in inverno, e di rilasciarla in caso di necessità, per uso agricolo, uso potabile o per la produzione di energia-idroelettrica.

Dagli inizi del secolo scorso si è assistito ad un rapido incremento nelle costruzioni delle grandi dighe. Attualmente in Europa si contano più di 7.000 grandi invasi artificiali, con una capacità totale che rappresenta il 20% delle risorse di acqua disponibile (EEA, 2009). La FAO stima che l’area totale di superficie irrigata in tutto il mondo sia di circa 389 milioni di ettari. Secondo la Commissione Mondiale sulle Dighe, tra il 30 ed il 40% di quell’area oggi è irrigata grazie alle grandi dighe, più di 45.000 in tutto il mondo, e produce il 10% di cibo e di fibra disponibile oggi nel mondo.

Secondo un’indagine su 118 Consorzi condotta dall’Associazione Nazionale Bonifiche ed Irrigazione (ANBI), la quasi totalità dell’acqua impegnata per le esigenze irrigue delle aziende viene deviata dai corsi d’acqua (54%) o accumulata all’interno di serbatoi artificiali (38%) dai quali viene suc-cessivamente prelevata e distribuita. Le regioni dove è maggiore l’uso di invasi sono l’Umbria ed il Molise (100%), la Sardegna (98%) e la Puglia (97%). Dai dati ANBI si evince che in Italia le opere di irrigazione sono in totale 1.224, 663 traverse e 564 invasi e vasche, per un totale di 2.475 milioni di m3 di acqua.

Nel tempo, però, i serbatoi possono perdere parzialmente o totalmente la loro capacità di invaso a causa dell’interrimento. Ed è per questo motivo che bisogna controllare e limitare la sedimentazione nei bacini per permettere la salvaguardia di una risorsa ambientale ed economica.

Le cause dell’interrimento vanno generalmente ricercate nelle attività antropiche condotte a monte dell’invaso. Il disboscamento, l’espansione dell’urbanizzazione e l’agricoltura nel tratto a monte, spesso incrementano l’erosione del suolo con il conseguente trasporto ed accumulo di sedimenti nell’invaso. L’entità e la velocità di accumulo dipendono dalle caratteristiche idrologiche del bacino, dal regime flu-viale del corso d’acqua intercettato e dalle caratteristiche geomorfologiche del bacino stesso.

Il fenomeno dell’interrimento degli invasi artificiali costituisce un grave problema anche a livello mondiale, infatti secondo i dati FAO (2002) circa l’1% del volume totale di acqua immagazzinata nei maggiori bacini idrici del mondo viene perso annualmente a causa della sedimentazione e ciò corrispon-de a circa 60 km3di acqua. L’apporto solido è estremamente variabile, per un notevole numero di serba-toi in Italia si è valutato un apporto compreso tra l’1% ed il 7% della capacità totale; questo significa che in assenza di interventi mirati a limitare gli effetti della sedimentazione la vita media di questi invasi è compresa tra 100 e 15 anni (Bianchini, ENEL).

E’ quindi necessario, soprattutto nelle aree in cui la scarsità di acqua è il fattore limitante dello sviluppo, considerare con attenzione il problema della prevenzione dell’interrimento, della sua mitigazio-ne e della riabilitaziomitigazio-ne degli invasi interriti.

(9)

Gli effetti negativi della sedimentazione vanno distinti in tre gruppi, quelli che si riflettono diretta-mente sulla struttura, quelli che si riflettono sul corso d’acqua sbarrato e quelli ambientali. I danni poten-ziali che possono interessare le strutture sono:

- riduzione del volume di invaso con conseguente minore capacità di regolazione dei deflussi e di lami-nazione delle piene;

- possibile blocco delle opere di derivazione e degli scarichi di fondo;

- abrasione delle opere civili (sfioratori, gallerie) e dispositivi elettromeccanici (turbine e paratoie); - aumento della sollecitazione sulla diga e possibili erosioni localizzate al piede della stessa.

Gli effetti sul corso d’acqua sbarrato sono i seguenti:

- sovralluvionamento del letto a monte del serbatoio, con possibili maggiori rischi di inondazioni; - abbassamento generalizzato dell’alveo a valle del serbatoio, con possibili erosioni localizzate, pericoli

per la stabilità delle infrastrutture e riduzione di apporti solidi verso i litorali.

Oltre a questi effetti negativi, spesso ci possono essere delle ripercussioni anche a livello ambien-tale:

- effetti negativi sulla qualità delle acque dei corpi idrici;

- danni agli ecosistemi acquatici quali le zone umide, che possono minacciare la produttività e la biodi-versità (scomparsa di specie vegetali e riduzione del patrimonio faunistico);

- riduzione della possibilità di usi ricreativi di laghi e corsi d’acqua.

Le strategie, che si possono attuare per controllare e ridurre le sedimentazione, possono essere suddivise in due categorie:

- Strategie finalizzate a ridurre l’ingresso dei materiali nel bacino; - Strategie finalizzate alla rimozione dei materiali accumulati nel bacino.

Il primo gruppo di interventi tende a ridurre il volume di sedimenti che raggiungono l’invaso con-trollando i processi di erosione nel bacino imbrifero a monte del serbatoio. La costruzione di briglie per creare bacini di raccolta dei detriti, la creazione di barriere vegetazionali o di canali bypass costituiscono azioni efficaci per ridurre gli apporti di sedimento nell’invaso.

Il secondo gruppo di interventi è finalizzato alla rimozione diretta del materiale che già si è depo-sitato nell’invaso. Esistono diversi metodi per l’asportazione dei sedimenti. Lo svaso prevede lo svuota-mento parziale o totale del serbatoio, ma l’abbassasvuota-mento del livello del lago consente solo ad una limita-ta quantità di materiale sedimenlimita-tato in prossimità dello scarico di fondo di andare a valle. Le operazioni di sfangamento hanno invece il fine di eliminare totalmente o parzialmente il materiale accumulato nel serbatoio e possono essere effettuate mediante spurgo (flushing), utilizzando l’acqua come fluido vettore per erodere i sedimenti. Le altre operazioni di sfangamento prevedono l’asportazione di materiale a ser-batoio pieno (dragaggio meccanico o idraulico) o a serser-batoio vuoto con mezzi meccanici. Le tecniche di dragaggio rappresentano una soluzione di sicura efficacia al problema dell’interrimento, ma comportano dei costi elevati che variano da 10 €/m3ai 30 €/m3. (Molino, 2004)

In alternativa si può procedere prima allo svuotamento totale dell’invaso e poi alla rimozione del sedimento utilizzando escavatori e pale meccaniche. Questa operazione risulta meno costosa per quanto riguarda le spese per i mezzi meccanici, ma nel complesso è più onerosa. In ogni caso, comunque, il materiale rimosso va analizzato, caratterizzato chimicamente, fisicamente e granulometricamente e vanno eseguiti i test ecotossicologici.

Se il sedimento è alterato viene sistemato in luoghi opportuni di stoccaggio o portato in discarica; tale opzione comporta un costo considerevole. Il costo dello stoccaggio definitivo è ampiamente variabi-le. Nel caso di un utilizzo in agricoltura può essere negativo (ad esempio i sedimenti del Nutting Lake; Massachussets-USA, furono venduti a 2,5 €/m3 e i sedimenti del lago Trummen, Svezia, a 3,15 €/m3)

(10)

mentre nel caso di presenza di sostanze tossiche e nocive, il costo di smaltimento può raggiungere circa 41,5 €/m3(Autorità di Bacino del fiume Po, 2001).

Nel caso in cui il sedimento non presenta contaminazioni, esso può essere considerato una risorsa; può risultare di notevole qualità ai fini di un utilizzo in svariati settori, da quello industriale a quello agri-colo.

In ambito industriale, il sedimento prelevato dal fondale di un invaso artificiale può trovare impie-go nella fabbricazione del cemento (Bernardo et al, 2000) in sostituzione della frazione argillosa.

Invasi non distanti dalla foce possono essere causa o concausa dei fenomeni di arretramento dei litorali. In questi casi, una volta verificata la compatibilità granulometrica, fisico-chimica, microbiologi-ca e batteriologimicrobiologi-ca dei sedimenti presenti nell’invaso, è possibile trasportare il materiale rimosso nelle zone costiere dove questo può consentire il ripristino delle superfici di sabbia.

In ambito agricolo si può utilizzare il sedimento come ammendamento, contribuendo così anche a rallentare, se non arginare, il processo di desertificazione che caratterizza molte aree del mondo. Infatti in uno studio fatto sui sedimenti dell’invaso Camastra (Molino, 2006), si è visto che il suolo ammendato ha un aumento della capacità di immagazzinamento idrico e delle condizioni strutturali del suolo come porosità, infiltrazione, abitabilità dell’apparato radicale.

Affinché si preservi un approvvigionamento idrico adeguato sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo è necessario che ci sia una buona gestione dei corpi idrici.

La legge principale in materia di risorse idriche è la cosiddetta legge Galli del 1994: con questa legge viene sancito che l’acqua è un bene pubblico. Inoltre questa legge stabilisce che l’acqua deve esse-re governata ed utilizzata secondo i principi della solidarietà e del risparmio idrico, garantendo priorita-riamente l’uso umano, quello agricolo e poi quello industriale. Sempre secondo la legge Galli, l’utilizzo dell’acqua deve avvenire secondo criteri di sostenibilità, garantendo cioè alla popolazione di oggi di frui-re del bene senza pfrui-regiudicarla alle generazioni futufrui-re.

Per quanto riguarda la tutela delle risorse idriche, una delle norme più importanti è il decreto legi-slativo n. 152/99, con il quale sono state emanate importanti disposizioni in materia di protezione delle acque dall’inquinamento. Tale decreto si prefigge lo scopo di prevenire e ridurre l’inquinamento, attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati, proteggere in modo adeguato quelle destinate a particolari usi e perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche.

Nel 2000 è stata emanata un’importante Direttiva Europea detta “Water Framework Directive”, mediante la quale il problema della crisi idrica è stato affrontato con un approccio nuovo ed opposto alle strategie produttivistiche. La direttiva europea si prefigge l’obiettivo di prevenire le crisi idriche promuo-vendo l’adozione di apposite strategie di risparmio idrico, tutelando gli ecosistemi idrici così importanti per la tutela dell’ambiente e della biodiversità.

Nel 2006 è stato varato il “Codice dell’Ambiente” (decreto legislativo 152/2006) che ha varato importanti innovazioni in materia di gestione e di tutela delle risorse idriche.

Un primo contributo della Direttiva è quello di stabilire tempi, scadenze, modalità per una ricogni-zione della quantità e della qualità delle acque e degli usi che devono essere economicamente e social-mente giustificati; quindi il costo di recupero di un metro cubo d’invaso “annullato” dall’interrimento tende ad essere competitivo con il costo dello stesso metro cubo “creato” per mezzo di una nuova diga. Diventa fondamentale riconsiderare ex-novo la gestione dei sedimenti intercettati dai serbatoi, l’obiettivo sarà quello di trasformare gli invasi a vita limitata in infrastrutture durature, utilizzabili dalle generazioni future.

I cambiamenti climatici stanno causando un graduale aumento della temperatura ed alterando la distribuzione della piovosità; questo processo comporta un certo impatto sul ciclo dell’acqua e sugli eco-sistemi. Questo ci deve condurre a combattere contro le cause di questi fenomeni ed ad anticipare

(11)

strate-gie di gestione dell’acqua per il futuro. L’aumento della richiesta di acqua per l’irrigazione potrebbe rag-giungere il 20% in più rispetto alla situazione attuale con un aumento della competizione nell’uso del-l’acqua tra utenze civili, industriali ed agricole.

Per le emergenze idriche, ogni comprensorio irriguo dovrebbe avere un proprio piano di gestione per affrontare la siccità minimizzando i danni. In queste situazioni prima di richiedere nuovi ed ulteriori accumuli d’acqua, sarebbe necessario ed opportuno organizzare una gestione ragionata dell’emergenza, attuando una buona gestione dei bacini artificiali in modo da fornire i quantitativi d’acqua richiesti, pre-servare e migliorare la qualità delle acque irrigue.

Per preservare le risorse idriche in modo da contrastare i periodi di siccità, è opportuno attuare una più attenta gestione delle esistenti risorse non rinnovabili, come sono appunto i bacini artificiali. La scar-sa disponibilità di nuovi volumi di invaso rende sempre più conveniente la conservazione di quelli esi-stenti e ciò porta a cercare di allungare il periodo di vita utile dei serbatoi, cercando di prevenire la sedi-mentazione all’interno dei bacini.

Con la presente attività di ricerca si è voluto definire una metodologia per rilevare l’interrimento degli invasi artificiali al fine di pianificare gli interventi necessari a ridurre i fenomeni di erosione e deposito all’interno dei bacini idrografici, e per programmare le attività di gestione e conservazione della risorsa idrica.

Lo studio è organizzato come segue. Nel capitolo 1 si presenta una descrizione delle attività che sono state svolte all’interno del Progetto. Il capitolo 2 presenta le metodologie dei rilievi bato-sedimento-metrici adottate nelle campagne di rilievo e descrive la strumentazione utilizzata in campo. Il capitolo 3 descrive l’attività di campagna che si è svolta nelle regioni obiettivo1: vengono descritte tutte le fasi, da quelle preliminari al rilievo in campo, alle analisi effettuate sui sedimenti prelevati dai fondali lacustri. I rilievi di campo sono stati effettuati per sviluppare e tarare il modello “Florence” che serve per una stima dell’interrimento nei bacini artificiali. Il capitolo 4 illustra il modello “Florence” e presenta i risultati della stima dei volumi sedimentometrici derivati dall’applicazione del modello su un database di bacini artificiali. Nel capitolo 5 si presenta il modello “Florence2” che è un miglioramento del precedente modello, perché introduce ulteriori variabili nei dati di input. Il capitolo 6 descrive la procedura di appli-cazione dei modelli “Florence”e “Florence2” su web.

(12)

I

nquadramento dell

attIvItà

1.1

le dighe e le problematiche relative all’interrimento

Le “grandi dighe”, definite dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584 come opere di sbarramento di altezza maggiore di 15 metri o che determinano un volume di invaso superiore ad un milione di metri cubi, sono circa 555 di cui 494 in esercizio, con capacità potenziale di invaso di circa 10.854 Mm3.

Il numero dei piccoli invasi, secondo differenti stime, è compreso fra 8.843 e 15.400, con capacità potenziale di invaso complessiva dell’ordine di 300 Mm3(tabella 1).

tabella 1. numero di invasi in Italia, suddivisi per regione

La capacità totale di invaso è una risorsa scarsamente rinnovabile e le problematiche di impatto ambientale derivanti dalla realizzazione dei serbatoi riducono notevolmente il numero di aree idonee alla realizzazione di nuovi invasi (Penta, 1980). Ciò vale sia per i grandi invasi che per i laghi di medie e pic-cole dimensioni.

Si stima che in Italia il tasso potenziale di interrimento nei grandi invasi sia compreso fra un valo-re minimo dello 0,1% ed un massimo dell’1%, rispettivamente in condizioni di bacino idrografico bosca-to o ad agricoltura intensiva. Negli invasi di medie e piccole dimensioni questi valori variano fra 0,3% e 2%.

Considerando ambedue le tipologie di invasi, la perdita di capacità di invaso annua media risulte-rebbe di circa l’1,59%. (Gazzolo e Bassi 1961, Chisci 1986, Bazzoffi et al. 1989, Bazzoffi e Chisci 1995, Chisci e Bazzoffi 1995).

Regioni Numero invasi da telerilevamento Grandi invasi Piccoli invasi

Abruzzo 631 15 616

Basilicata 146 16 130

Calabria 111 26 85

Campania 150 16 134

Emilia Romagna 1058 26 1032

Friuli Venezia Giulia 26 11 15

Lazio 266 21 245 Liguria 27 15 12 Lombardia 122 75 47 Marche 754 17 737 Molise 114 8 106 Piemonte 606 58 548 Puglia 60 8 52 Sardegna 392 56 336 Sicilia 1664 51 1613 Toscana 1741 58 1683

Trentino Alto Adige 49 36 13

Umbria 843 13 830

Valle d’Aosta 23 11 12

Veneto 60 18 42

(13)

In una indagine condotta su 13 grandi serbatoi situati in Sicilia, è stata rilevata una notevole perdi-ta di capacità di invaso a causa dei depositi sedimenperdi-tari, che è passaperdi-ta da 489 Mm3 a 432 Mm3; pari a una perdita complessiva di circa il 12% del volume (Tamburino et al., 1989; Barbagallo e Tamburino, 1989).

In uno studio condotto su 268 grandi dighe costruite in Italia negli ultimi 50 anni è stato dimostra-to che l’1,5% risultavano interrite completamente; il 17,5% erano interrite del 20% ed il 4,5% avevano perso il 50% della capacità d’invaso (Tomasi 1996).

Oltre alla considerazione dei costi elevati di sfangamento, è necessario tenere presente che i sedi-menti appena rimossi dal fondo dei laghi sono, in larga misura, anaerobici, con alte concentrazioni di ferro e manganese solubili (forme ridotte), di S--, S- e H2S (Pearsall 1920; Barko et al. 1986; Nichols 1992). Essi, pertanto, risultano fortemente tossici per le piante e possono causare problemi di impatto ambientale (Tomasi 1996); cosicché spesso si ricorre ad un rimedio temporaneo, spostandoli dalla zona prossima alla diga, ove creano i maggiori problemi alle opere idrauliche, a zone più lontane all’interno del medesimo invaso.

Come mostrato in tabella 1, in Italia i laghetti collinari sono più di 8000, con una capacità di inva-so complessiva di appena il 3% di acqua rispetto ai grandi serbatoi. Nonostante ciò, queste riserve d'ac-qua sono importanti per la loro polifunzionalità e per la dislocazione strategica sul territorio; essendo presenti in quelle zone della collina seccagna, ove l’acqua non è facilmente reperibile e l’adduzione da grandi invasi sarebbe troppo costosa.

Oltre alla funzione originaria di riserva idrica per il sostegno della produzione agricola in collina, attribuita originariamente ai laghi di medie e piccole dimensioni, oggi a queste risorse vengono ricono-sciute altre funzioni ambientali, fra le quali prevalgono: la difesa antincendio, gli aspetti ricreativi e pae-saggistici, l’incremento della biodiversità e l’eventuale regimazione delle piene in ambito locale.

Queste componenti assumono una rilevanza tale da giustificare la conservazione e l’incremento del numero dei laghi nelle aree collinari del Paese.

La realizzazione di nuovi laghetti collinari e la manutenzione di quelli esistenti è oggi incoraggia-ta da contributi pubblici. Infatti molti programmi regionali attuativi della PAC prevedono la tutela del patrimonio forestale, anche attraverso la disponibilità di invasi per l’approvvigionamento di acqua contro gli incendi.

In relazione all'enorme importanza delle risorse idriche nel contesto delle attività umane, la sedi-mentazione negli invasi artificiali, quale fattore di depauperamento quantitativo e qualitativo di tali risor-se, desta notevoli preoccupazioni. I sedimenti che vanno ad interrire gli invasi sono generati dall’erosio-ne idrometeorica del suolo o da masse terrose che si originano dall’erosio-nei movimenti franosi. Pertanto è dall’erosio- necessa-rio conoscere il tasso di produzione di sedimento bacinale al fine di programmare gli interventi di gestio-ne e conservaziogestio-ne di queste risorse.

Sulla base di queste premesse, l’attività di ricerca dell’azione 11 del progetto è stata finalizzata sui seguenti obiettivi:

1) Fornire un modello collaudato di stima della sedimentazione negli invasi, attraverso la calibra-zione e la riformulacalibra-zione di un precedente modello previsionale denominato FLORENCE in modo da renderlo maggiormente adatto alla previsione della sedimentazione negli invasi di medie dimensioni (comprese fra 100.000 e 1.000.000 m3).

2) Rilevare la sedimentazione occorsa in un gruppo di invasi-pilota con la duplice finalità: a) della calibrazione del modello FLORENCE 2,

b) di supportare l’attività degli enti gestori nella redazione del Progetto di Gestione (art. 114 D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152 e Decreto MATTM 30 giugno 2004).

(14)

1. Definizione ed individuazione degli invasi-pilota da rilevare per ampliare il dataset di misure necessa-rie alla calibrazione/validazione modello nelle Regioni Meridionali;

2. Recupero permessi di accesso, preparazione documentazione preliminare ed effettuazione delle cam-pagne di rilevo degli invasi-pliota;

3. Elaborazione dati rilevati e interpretazione dei profili e delle tracce da rilievo ecoscandaglio con zione del dataset di punti bato-sedimentometrici per ogni invaso-pilota. Spazializzazione dati e crea-zione reportistica per ogni invaso-pilota;

4. Creazione della base dati invasi del sud comprensiva di: a) invasi rilevati;

b) invasi su cui applicare il modello FLORENCE;

5. Definizione geografica dei bacini imbriferi degli invasi su cui applicare il modello in tutte le Regioni Meridionali; recupero parametri di input per il modello FLORENCE sui bacini scontornati.

(15)

m

etodologIe dI rIlIevo adottate e nuovI strumentI per l

IndagIne

batImetrICa e sedImentometrICa

2.1

operazioni preliminari al rilievo batimetrico e sedimentometrico

Prima dell’effettuazione dei rilievi. Su ciascun invaso si sono condotte le seguenti operazioni pre-liminari:

1) Ricognizione delle sponde e dei punti di accesso; 2) Definizione delle condizioni di misura;

3) Individuazione dei punti stabili di riferimento per la georeferenziazione delle misure, 4) Allacciamento dei punti stabili di riferimento alla rete geodetica GPS IGM95.

Le attrezzature fondamentali utilizzate sono le seguenti:

1) Barca in alluminio a fondo piatto o Battello gonfiabile trasportato da Jeep;

2) Ecoscandaglio Knudsen 320BP con funzione di profilatore eco di sottofondale (sub-bottom profiler); 3) Sistema di georeferenzazione GPS geodetico RTK Leica 1200;

4) Benna per il prelievo di sedimenti.

2.1.1 Definizione delle condizioni di misura

Durante lo svolgimento delle campagne di misura, i valori batimetrici sono stati riferiti alla quota altimetrica dello specchio libero dell’invaso. Tali valori sono stati successivamente riportati alla quota di invaso indicata dall’ente gestore (quota di sfioro, coronamento ecc.).

Inoltre, poiché le misure eseguite con l’ecoscandaglio sono riferite al pelo libero dell’acqua, si è registrato, nel corso dei rilievi batimetrico-pachimetrici, l’andamento delle oscillazioni del livello idrico per poter correggere, in fase di elaborazione dei dati, le profondità relative rilevate dall’ecoscandaglio riferirle all’altimetria indicata dall’ente gestore (m s.l.m.).

2.1.2 Individuazione di punti stabili di riferimento per la georeferenziazione delle misure

Il sistema di posizionamento plano-altimetrico utilizzato per l’allacciamento dei rilievi è di tipo satellitare GPS (Global Position System). Tale sistema si basa su coordinate spaziali riferite all’ellissoide WGS84 che richiedono una rototraslazione per il passaggio ad una qualsiasi altra rappresentazione carto-grafica piana.

Nel nostro studio è stata adottata la rappresentazione conforme di Gauss o proiezione UTM

(Universal Trasversal Mercator) standard che consente di posizionare nel piano qualsiasi punto in

coor-dinate metriche rettangolari o cartesiane.

2.1.3 Georeferenziazione dei punti stabili di riferimento mediante allacciamento alla rete GPS IGM 95 La georeferenziazione assoluta delle basi individuate a terra (materializzate con chiodi o altri segnali topografici) ha richiesto la conoscenza di elementi della rete GPS IGM 95 localizzati nell’area di indagine, possibilmente entro un raggio di 10 km. Le informazioni riportate sulle monografie relative ai vertici GPS IGM 95 hanno consentito di effettuare con precisione (grazie ai parametri sito specifici di

(16)

passaggio tra i diversi sistemi geografici di riferimento riportati sulla monografia) la rototraslazione dal sistema WGS84 al sistema UTM utilizzato per la georeferenziazione dei rilievi. Per allacciare i punti sta-bili di riferimento al sistema UTM, si è operato nel seguente modo:

- come prima operazione si è provveduto all’acquisizione dei punti GPS IGM 95, scelti tra i più prossi-mi al bacino da rilevare, di cui almeno 2 collegati a capisaldi della rete altimetrica nazionale, in modo da approssimare al massimo le quote altimetriche ellissoidiche misurate con GPS a quelle geoidiche locali s.l.m.

- Scelto un punto di stazione presidiato e sicuro, lo si è materializzato con apposito contrassegno. - Mediante centramento forzato si è messa in stazione l’antenna del ricevitore base GPS sul punto

indi-viduato e contrassegnato. Con il ricevitore rover si è provveduto a stazionare su uno o più capisaldi di riferimento presso la diga e sulle sponde dell’ invaso, ove ha stazionato la stazione base per l’esecu-zione del rilievo batimetrico-pachimetrico di dettaglio, nell’ambito della stessa sessione di misure. - La sessione di misure di inquadramento è stata effettuata con il metodo statico: metodo in cui le

misu-re acquisite dalla base e quelle acquisite dalla rover hanno la stessa valenza, per cui si può ottenemisu-re la massima precisione (1+2 ppm), con tempi di stazionamento di non oltre 30 minuti.

Completata la sessione di misure in campo, si è proceduto al post processo delle baseline tramite il software Leica GeoOffice, ottenendo un sistema radiale rigido a compensazione lineare in coordinate ellissoidiche WGS84.

2.2

rilievi batimetrici e sedimentometrici

2.2.1 Tracciato delle range lines

Per l’acquisizione delle batimetrie e delle pachimetrie sedimentarie si è seguito la metodologia uni-versalmente nota del rilievo con ecoscandaglio su punti regolarmente distanziati lungo sezioni trasversali agli assi principali del lago individuate sulla base della cartografia esistente. Questa metodologia, (deno-minata Range method) consigliata dal Corpo degli Ingegneri Civili Americani (U.S.D.A., 1979) resta ancora valida, anche se i moderni sistemi satellitari GPS (Global Positioning System) per la definizione delle coordinate dei punti di rilievo (Figura 1), consentendo l’acquisizione di un elevatissimo numero di punti in tempi molto rapidi, permettono di svincolarsi da una maglia di rilievo eccessivamente rigida.

Figura 1. (a) rilievo dei punti bato-pachimetrici per mezzo del profilatore echosounder di sotto-fondale e del sistema satellitare gps. (b) schema di rilievo di un lago.

(17)

2.2.2 Strumentazione utilizzata

Nella figura 2 viene mostrato l’ecoscandaglio subbottom profiler 320BP (Knudsen Engineering) ed il trasduttore 200/28 kHz usati per i rilievi.

Nella figure 3, 4, 5 e 6 sono illustrate le attrezzature utilizzate per la navigazione e per la georefe-renziazione.

Figura 2. ecoscandaglio sub-bottom profiler 320bp e trasduttore 200/28 kHz usati per i rilievi

Figura 3. Il trasduttore montato sotto una tavola da surf consente il mantenimento della verticalità del beam.

In linea di massima si è proce-duto stabilendo uno o più alli-neamenti base ben individuabili attraverso capisaldi di riferi-mento.

Spostandosi lungo la sezione con una barca attrezzata, il rilie-vo viene effettuato su punti aventi una distanza massima pari alla distanza che intercorre fra sezione e sezione.

La determinazione della profon-dità dell'acqua e dello spessore dei sedimenti avviene per mezzo di profilatore Sonar di sotto-fondale abbinato al GPS. In pratica, stazionando su cia-scun punto della maglia di rilie-vo per il tempo necessario all’acquisizione del dato GPS in modalità “stop and go”, si acquisiscono sia la posizione che gli spessori bato-pachimetrici di stazione attraverso un Ping echo in grado di penetrare nel pacco sedimentario e di rilevare la differenza di densità del sedimento rispetto al fondo originario.

(18)

Alle misure eco si sono aggiunte alcune misure di profondità dell'acqua mediante una rotella metri-ca munita all’estremità di un disco di ferro, di forma e dimensioni tali da consentire di percepire con notevole precisione il raggiungimento del livello del sedimento. Questa operazione deve essere effettuata per verificare la funzionalità del profilatore durante tutta la campagna di rilievo e per operare le opportune calibrazioni relative alla trasmissione del segnale in funzione della densità e della temperatura dell’acqua.

Il rilievo della linea di sponda è stato effettuato da immagini satellitari di buona qualità e detta-glio attraverso la digitalizzazione a video in ambiente GIS.

È comunque necessaria la conoscenza della data di acquisizione delle immagini, al fine di poter attribuire la quota esatta alla linea di sponda. Quota che viene dedotta direttamente dalle regi-strazioni effettuate dal personale di guardia della diga.

Durante il rilievo si sono prelevati campioni di sedimento in vari punti dell’invaso, per la determi-nazione delle caratteristiche fisico chimiche. Nel presente studio si è utilizzata una benna campionatrice a strascico (Figura 7) ed una benna Ekman (Figura 8), interamente realizzata in acciaio inox al fine di non inquinare il campione sedimentario con residui di ruggine.

Figura 5. zattera attrezzata di proprietà enas utilizzata per i rilievi sugli invasi sardi Figura 4. barca attrezzata utilizzata per i rilievi

(19)

Terminati i rilievi in campo si è proceduto all’interpretazione delle tracce Sonar. In questa opera-zione l'esperienza dell'operatore riveste una particolare importanza. La traccia eco, infatti, mette in evi-denza una differente permeabilità sonora in relazione alla densità del mezzo attraversato ed il riconosci-mento dell’interfaccia fra il fondo originario ed il sediriconosci-mento non sempre é di facile interpretazione.

L’acquisizione degli spessori di sedimento è stata effettuata in ambiente ArcView 3.2, creando uno shapefile dei punti all’interfaccia acqua-sedimento sui marker rilevati in campo (punti rossi di figura 9). Successivamente lo shapefile è stato duplicato ed i punti della replica sono stati editati con il comando drag, trascinandoli all’interfaccia sedimento-fondo originario (punti gialli della medesima figura 9).

Nella figura 10 si riporta un esempio di interpretazione dello spessore sedimentario.

Nelle seguenti figure sono mostrate alcune tracce eco di diversa struttura, al fine di esemplificare la complessità e la diversità dei fondali dei 21 invasi rilevati.

Figura 6. georeferenziazione dei punti di rilievo tramite gps differenziale rtK leica 1200

(20)

Figura 8. benna campionatrice tipo ekman usata da enas negli invasi sardi

(21)

Figura 11. tracciato eco di una sezione trasversale dell’invaso pertusillo.*

* Si noti la valle sommersa del fiume Agri, riempita di sedimenti (spessore > 6 m).

Figura 10. esempio di interpretazione dello spessore sedimentario in un tributario sommerso dell’invaso santa rosalia (rg).*

(22)

2.2.3 Limiti di applicazione della tecnologia sub-bottom profiler La tecnologia sub-bottom profiler ha alcuni limiti:

1) I profilatori di sottofondale non penetrano la roccia, i massi, la ghiaia, le tasche gassose;

2) Le caratteristiche dei sedimenti variano da invaso ad invaso e da zona a zona all’interno del medesimo invaso, determinando risposte eco variabili (interpretazione esperta);

3) Se il sedimento è rimasto all’aria e si è consolidato potrebbe non essere distinguibile; 4) La precisione nella determinazione degli spessori è variabile (con 28 kHz è intorno a 10 cm); 5) Non si può distinguere ciò che non è distinguibile (es: sedimento di sponda lavorato con l’aratro).

Generalmente i sedimenti che si depositano nei pressi della diga posseggono una natura limoso-argillosa con rara presenza di sabbie fini; pertanto la metodologia risulta applicabile nella maggioranza dei casi.

Una volta associati a ciascuna posizione GPS i valori batimetrici e pachimetrici, i punti di rilievo e i punti rilevati sulla linea di massimo invaso vengono combinati in un unico data-set di posizioni.

Si ottengono così tre files di punti ASCII (X,Y,Zm): uno della profondità dell'acqua (batimetria) uno per lo spessore del sedimento (X,Y,Zp) ed uno della profondità originaria dell'acqua riferita all'entra-ta in esercizio (X,Y,Z0), derivato dalla somma dei valori di spessore di acqua e di sedimento (Z0=Zm+Zp). Dai files così ottenuti si ricavano, in ambiente ArcGis, i grid derivanti dall’interpolazione e la rela-tiva rappresentazione grafica.

Con l'applicazione di un programma di analisi geostatistica o attraverso la classica interpolazione topografica si possono ottenere:

1) la restituzione geografica delle curve iso-batimetriche attuali;

2) le curve iso-pachimetriche del sedimento e le curve iso-batimetriche originarie del serbatoio.

I files GRD vengono infine utilizzati per la determinazione delle due curve di regolazione (Quote-volumi) dell’invaso; ovvero della curva originaria e di quella alla data del rilievo (entrambe riferite al massimo invaso o alla quota desiderata dal gestore dell’invaso).

2.3

presentazione dei report standard dei rilievi batimetrici e sedimentometrici ai

fini del progetto di gestione degli invasi

Fra i risultati metodologici acquisiti, di particolare importanza è la standardizzazione sia delle operazioni di rilievo della sedimentazione sia della preparazione dei report di presentazione dei risultati acquisiti.

Si ritiene opportuno indicare brevemente un “modello tipo” di report che, se adottato su vasta scala negli studi necessari alla preparazione dei progetti di gestione degli invasi italiani, contribuirebbe alla creazione di una repository nazionale coerente con le esigenze dettate dal Decreto Legislativo 3 Aprile 2006 n. 152 e dal Decreto MATTM 30 giugno 2004.

2.3.1 Contenuti del report Il report dovrebbe contenere:

1) Una copertina (fig. 12) con un cartiglio che contenga: a) il nome dell’invaso;

b) la data dei rilievi ;

(23)

d) il nome della ditta o dell’Ente che ha effettuato i rilievi; e) una fotografia che identifichi visualmente l’invaso. 2) Un’immagine degli strumenti usati per i rilievi; 3) L’indice del report;

4) Le caratteristiche salienti dell’invaso utili alla comprensione dei risultati;

5) La sintesi dei risultati fra cui il volume totale di sedimento alla data del rilievo, il volume totale dell’invaso all’origine ed il volume totale residuo alla data del rilievo. I suddetti totali volumi dovranno essere riferiti ad una quota di interesse dell’ente gestore (es: massima regolazione, massi-mo invaso ecc.);

6) La quota dello specchio dell’invaso alla data dei rilievi in m s.l.m. Qualora le quote rilevate in campo differissero da quelle dichiarate in diga o da quelle dei documenti di riferimento se ne farà menzione nel report. Comunque le quote rilevate (es: coronamento, massima/minima regolazione ecc.) dovranno essere forzate su quelle dei suddetti documenti di riferimento, al fine di non creare pericolose confusioni che potrebbero indurre l’ente gestore ad errori nella erogazione dei volumi d’acqua agli utenti;

7) Una figura georeferenziata che identifichi su foto aerea o satellitare la posizione dei punti di rilievo (figura 13);

8) Una figura georeferenziata che identifichi su foto aerea o satellitare la batimetria originaria dell’in-vaso, riferita ad una quota significativa (es: alla massima regolazione o al massimo invaso) (figura 14);

9) Una figura georeferenziata che identifichi su foto aerea o satellitare la batimetria dell’invaso alla data del rilievo, riferita ad una quota significativa (es: alla massima regolazione o al massimo inva-so) (figura 15);

10) Una figura georeferenziata che identifichi, su foto aerea o satellitare, gli spessori sedimentari all’in-terno dell’invaso alla data del rilievo (figura 16);

11) Un grafico che riporti le curve di regolazione originaria e al momento del rilievo (curva delle quote vs. volumi) (figura 17);

12) Il libretto delle quote e dei volumi invasati in forma numerica (figura 18);

13) La tabella dei punti di rilievo contenente, per ciascun punto, le coordinate piane nel sistema WGS84 UTM, la batimetria riferita ad una quota significativa di interesse dell’ente gestore (es: alla massima regolazione o al massimo invaso), lo spessore del sedimento, la quota originaria e la quota al momento del rilievo del fondo dell’invaso (figura 19).

(24)

2.3.2 Illustrazione del Report “Tipo”

Nelle figure che seguono sono esemplificati i contenuti del report.

Figura 12a. Frontespizio del report con Cartiglio identificativo

(25)

Figura 13. Illustrazione dei punti di rilievo su foto (da google earth)

Figura 14. batimetria originaria riferita ad una quota significativa (generalmente la massima regolazione)

(26)

Figura 15. batimetria riferita alla data del rilievo, riferita ad una quota significativa (gene-ralmente la massima regolazione)

(27)

Figura 17. spessori di sedimento alla data del rilievo

(28)

2.4

nuovi strumenti per l’indagine batimentrica e sedimentometrica sviluppati

2.4.1 Introduzione

Le metodologie classiche di rilievo dei sedimenti depositatisi negli invasi sono sostanzialmente tre:

a) carotaggi su una griglia di punti ed interpolazione degli spessori; b) confronto di modelli digitali delle quote del fondo dell’invaso;

c) rilievo diretto pachimetrico stratigrafico degli spessori, tramite ecoscandaglio (profilatore di sottofon-dale).

Nonostante le tre metodologie differiscano molto fra loro, esse hanno in comune sia la necessità della corretta esecuzione del lavoro in campagna; ovvero l’acquisizione ottimale, riguardo al numero e alla posizione, dei punti di rilievo, sia la necessità di verificare se i valori di spessore acquisiti sono rea-listici o meno.

Il primo dei tre metodi confronta il modello digitale delle quote del fondo dell’invaso dopo “n” anni dall’entrata in esercizio con il modello del fondo prima che iniziasse la deposizione dei sedimenti.

Le quote del fondo attuale vengono generalmente acquisite con un sonar ad alta frequenza (alme-no 200 kHz, per una buona definizione dell’interfaccia acqua-sedimento)(fig. 20); mentre le quote del fondo originario vengono acquisite dalla cartografia a curve di livello originaria (Figura 21). La sottra-zione delle quote determina lo spessore dei sedimenti su ciascun nodo della griglia (Figura 22).

Nello svolgimento del lavoro si è riscontrato che la planimetria originaria non è sempre

disponibi-Figura 19. libretto dei punti di rilievo bato-sedimentometrico, georeferenziati, con batime-tria e spessore del sedimento.

(29)

Figura 20. esempio di rilievo del fondo attuale

(30)

le oppure è di scarsa qualità.

I problemi più frequenti relativi all’utilizzo delle planimetrie originarie in possesso degli enti gestori degli invasi consistono nell’eccessiva equidistanza delle curve di livello; nella mancanza di infor-mazione sui materiali e sui metodi di rilievo delle quote e sul metodo di interpolazione adottato.

Spesso le planimetrie sono cartacee (soggette a deformazione) e mancano di georeferenziazione; per cui l’esatta sovrapposizione su foto aerea o su immagine satellitare risulta compromessa.

In genere le planimetrie originarie derivate da aerofotogrammetria sono affette da un errore insito nella metodologia per la loro realizzazione; che dipende dalla quota di volo e dagli strumenti usati per la fotorestituzione.

Nella figura 23 viene mostrata la relazione approssimativa fra la scala della cartografia e l’errore atteso sulle quote delle curve di livello. Tale relazione è stata ricavata utilizzando a) la formula che lega la scala dei fotogrammi alla scala della carta;

b) la formula che lega l’altezza del volo alla scala dei fotogrammi e la formula che lega l’altezza di volo all’errore atteso:

sf = k√sc

Dove

Sf = Scala media dei fotogrammi (es: 1:8000);

k = Fattore variabile fra 200 e 300 in rapporto al restitutore utilizzato; Sc = Scala della carta (es: 1:10.000).

H = s · F

(31)

Dove:

H = quota di volo (in metri) per ottenere una determinata scala Sc (es: 1:10000); F = focale della camera di ripresa aerea, espressa in metri;

S = scala dei fotogrammi (es: 1:8.000).

p = 2,5 .10-4 H

Dove:

P = errore atteso (in metri) relativamente alle quote riportate sulla carta; H = quota di volo.

Figura 23. relazione approssimativa fra la scala della cartografia e l’errore atteso sulle quote delle curve di livello.

Una dimostrazione del calcolo degli errori teorici è riportato nella figura 24. Essa mostra la com-parazione fra la linea di sponda dell’invaso Piano della Rocca (SA) a quota 113 m s.l.m. e l’isoipsa 113,00 estratta da DWG (linea rossa).

Si nota chiaramente come la quota della curva di livello non coincide con la linea di sponda (che delinea una isoipsa naturale). L’isoipsa della cartografia numerica CTR in scala 1:5000 (in rosso) in alcu-ne zoalcu-ne appare più arretrata alcu-nell’entroterra, mentre in altre zoalcu-ne si trova all’interno dello specchio del serbatoio.

In conclusione: la comparazione di un DEM molto preciso da rilievo sonar con un DEM derivato da una planimetria originaria scadente determina errori molto grossolani nel calcolo degli spessori di sedimento.

I problemi si acuiscono sui fondali scoscesi dove maggiore è la mancanza di precisione plano-alti-metrica delle curve di livello.

(32)

Pertanto la comparazione dei modelli digitali del fondo dell’invaso sono sicuramente affetti dagli errori che derivano dai limiti di precisione delle quote della planimetria originaria.

Disporre della planimetria originaria del fondo dell’invaso prima dell’entrata in esercizio è comunque indispensabile anche nella metodologia sub-bottom profiling con ecoscandaglio.

2.4.2 Sviluppo del codice di navigazione SHOWKEA

Per eseguire il rilievo batimetrico e sedimentometrico con ecoscandaglio degli invasi artificiali occorre rispettare alcune condizioni fondamentali. Oltre all’inquadramento e alla georeferenziazione plano-altimetrica, di cui al precedente capitolo, occorre che venga effettuata una rapida “semina” di punti di rilievo in numero tale da rappresentare in modo sufficiente il fondo dell’invaso. È bene che il rilievo venga concluso in tempi rapidi, affinché non varino eccessivamente le condizioni di quota dell’in-vaso e di temperatura dell’acqua; inoltre è necessario che il numero di punti rilevati non sia ridondante, al fine di non rendere eccessivamente onerosa la fase di interpretazione delle tracce del sub-bottom profiler.

Nel presente lavoro, inizialmente si è provato ad utilizzare il software Hypack Max. Si tratta di un prodotto molto conosciuto nel settore della navigazione marina e soprattutto dei dragaggi in acque costiere.

Dopo alcuni tentativi deludenti si è preferito abbandonare l’uso del suddetto software e si è svilup-pato un codice molto versatile ed adatto agli scopi del rilievo degli invasi italiani.

Attualmente esistono molte applicazioni che integrano le informazioni provenienti di da un siste-ma di raccolta ed analisi dati con le inforsiste-mazioni di localizzazione provenienti da un GPS.

Nella presente ricerca era necessario costruire un sistema che integrasse le informazioni prove-nienti da un ecoscandaglio doppia frequenza Knudsen 320BP con i dati posizionali di un GPS Leica 1200

Figura 24. evidenziazione dell’errore di determinazione e le quote da planimetria originaria.*

Comparazione fra la linea di sponda dell’invaso Piano della Rocca (SA) a quota 113 m s.l.m. e l’isoipsa 113,00 estratta da DWG (linea rossa).

(33)

RTK e nello stesso tempo permettesse la costruzione di sistema di visualizzazione e navigazione all'inter-no di un invaso.

Per questa specifica integrazione esistono solo poche applicazioni le quali sono oltretutto specia-lizzate per applicazioni di ricognizione in alto mare e quindi ben difficilmente si prestano all'uso specifi-co in aree limitate specifi-come quelle dei laghi. Non solo, ma tali software non prevedono veri sistemi di navi-gazione, in quanto questi sono demandati alla strumentazione presente nelle imbarcazioni d'altura.

Per questo è nata l'esigenza di sviluppare un software denominato Showkea (mostra i files SCII con estensione Kea generati dall’ecoscandaglio Knudsen) con funzionalità idonee a risolvere tutte le pro-blematiche che si sono presentate in campo. Tali funzionalità sono qui elencate:

• Integrazione dei dati batimetrici prodotti dallo strumento Knudsen 320BP con i dati posizionali del GPS.

• Capacità del codice Showkea di leggere i file prodotti dallo strumento Knudsen, sia durante la loro creazione che durante l'elaborazione successiva, senza interferire con le funzionalità dell’ecoscanda-glio.

• Convertire i file letti in altri formati utili ad ulteriori elaborazioni.

• Visualizzare su una immagine satellitare o aerea, durante la navigazione, i punti battuti e i punti di rilievo bato-sedimentometrico (mark-point) che vengono inseriti dall'operatore.

• Visualizzare, al termine del lavoro o in fasi intermedie, l’insieme dei punti battuti.

• Permettere, durante la navigazione, la visualizzazione della localizzazione dell’imbarcazione, la dire-zione attuale, la profondità rilevata dall’ecoscandaglio, la velocità assoluta dell'imbarcadire-zione e la pen-denza reale del fondo.

• Definire un sistema di navigazione semplice tale da permettere la costruzione di una griglia di punti a passo costante.

• Possibilità di inserire una qualsiasi foto planimetrica non georeferenziata come base di visualizzazio-ne del punto barca.

• Possibilità di funzionare con un hardware leggero ed in assoluta indipendenza dal sistema operativo. • Utilizzo di un sistema di sviluppo assolutamente standard ed open source quale è Java 1.6 di SUN su

piattaforma di sviluppo sempre open source Eclipse.

• Possibilità di funzionare su dispositivi hardware semplici con qualsiasi sistema operativo quali Windows XP, Vista e Linux. Quest’ultimo sistema ha mostrato i migliori risultati sia in termini di pre-stazioni che di fruibilità.

2.4.3 Descrizione del software SHOWKEA e illustrazioni

Il software ha una interfaccia semplicissima che rispecchia la necessità di non utilizzare il mouse durante la navigazione.

Tutti i comandi necessari durante la navigazione utilizzano principalmente i tasti funzione e le frecce del cursore. Nella Figura 25 sono mostrate le informazioni fornite da SHOKHEA durante la navi-gazione.

Nella Figura 26 è mostrata l’importante funzionalità di contrasto/solarizzazione dell’immagine di sfondo, che consente di superare le difficoltà visuali dovute al riflesso dello schermo quando è colpito dalla luce solare.

(34)

Figura 25. Informazioni fornite da sHoWKea durante la navigazione.*

* A=nome progetto, B=identificativo ultimo markpoint, C=ora, D=direzione assoluta rispetto al Nord, E=direzione rispetto al markpoint precedente, F=distanza dal prossimo markpoint, G=profondità del fondo, H=velocità in km/ora, I=pendenza del fondo, L=comando di esportazione dei punti, M=Autocentramento, N=zoom, 0=diametro del cerchio di rilevamento, P=fattore di sovrapposizione

Figura 26. Funzionalità di contrasto/solarizzazione dell’immagine di sfondo, che consente di superare le difficoltà visuali dovute al riflesso dello schermo quando è colpito dalla luce solare.

(35)

L'uso della applicazione permette di ottenere una ottima qualità nella copertura della griglia, sia nel verso della navigazione, come densità di punti, che nella costante distanza tra le passate.

Tali risultati sono stati ottenuti con una navigazione manuale, senza nessun ausilio alla navigazio-ne che non fosse lo strumento stesso.

Nella Figura 27 si noti il particolare della navigazione: i cerchi rossi, il cui diametro è selezionabi-le dall’utente, consentono di effettuare sezioni di rilievo paralselezionabi-leselezionabi-le fra loro.

Anche se non si dispone di una foto georeferenziata, è sempre possibile utilizzare un’immagine qualsiasi (es: Google Earth) e georeferenziarla direttamente in campo. A tal fine, con il mouse si spostano i due cerchi gialli nelle posizioni di altrettanti punti rilevati direttamente in campo con il GPS. Quindi si attribuiscono, tramite una funzione di editing, i valori XY da GPS ai due punti di inquadramento.

Nella medesima Figura 27, si noti la possibilità di utilizzare una immagine editata in ambiente ArcMap, ove all’immagine satellitare sono state aggiunte in trasparenza le curve di livello da planimetria CTR 1:5000. Si è così ottenuta una immagine “navigabile” che mostra la topografia originaria del fondo dell’invaso, consentendo all’operatore di effettuare le opportune scelte in relazione alla frequenza di acquisizione dei mark-points secondo la complessità morfologica del fondale.

Figura 27. particolare della navigazione. I cerchi rossi, il cui diametro è selezionabile dall’u-tente, consentono di effettuare sezioni di rilievo parallele fra loro.

(36)

CapItolo 3

a

ttIvItà dI rIlIevo su InvasI pIlota per svIluppo e taratura

del modello

FlorenCe

per la prevIsIone dell

InterrImento

3.1

gli invasi e i valori di interrimento

Sono stati rilevati 16 invasi in Abruzzo, Calabria, Puglia, Basilicata, Campania e Sicilia con due campagne nel periodo aprile-maggio 2008, ed una campagna finale dal 20 al 31 luglio per il rilievo di 5 invasi in Sardegna, con il supporto del personale locale dell’Ente Acque Sardegna, per un totale di 21 invasi. Nella tabella 2 si riporta la situazione riepilogativa per i rilievi effettuati ed il materiale documentale relativo a 17 invasi rilevati in precedenti studi (rilevati con altri progetti ed oggetto di consegna all’INEA). Si specifica che alcuni report non sono stati completati (indicati con “in corso”, nella tabella 2) per vari motivi; in alcuni casi non sono stati ancora acquisiti i documenti necessari alla conclu-sione delle elaborazio-ni (es.:plaelaborazio-nimetria ori-ginale del fondo del-l’invaso), in altri casi ciò dipende dalla necessità di effettuazione di verifiche accurate sui dati acquisiti in campo, attraverso il confronto con documenti preesistenti e l’interpretazione particolarmente approfondi-ta delle tracce ecografiche del subbottom profiler, che si presenapprofondi-tano assai confuse a causa della composi-zione complessa dei fondali.

Nella tabella 3 si riportano i valori di interrimento e di perdita annua di capacità di invaso (perdita percentuale annua e perdita percentuale complessiva dall’entrata in esercizio) dei 21 invasi rilevati nel progetto.

3.2

ubicazione degli invasi pilota

Nella figura 28 è mostrata la localizzazione dei soli invasi rilevati attraverso il progetto “Attività di assistenza tecnica e supporto agli enti concessionari nel settore dell’uso irriguo delle risorse idriche”.

(37)

Nome Invaso Regione Comune Prov. Volume Mm3 Stato del Report Attività

Angitola (M.te Marello) Calabria Maierato VV 21.0 consegnato REL

Basso Cixerri (Genna Is

Abis) Sardegna Uta CA 25.3 in corso REL

Bidighinzu Sardegna Bessude SS in corso REL

Carmine Campania Cannalonga SA 3.0 in corso REL

Cedrino Sardegna Dorgali NU 48.7 consegnato REL

Disueri Sicilia Gela CL 4.4 in corso REL

Fabbrica Campania Ceraso SA 1.2 consegnato REL

Farneto del Principe Calabria Roggiano Gravina CS 27.0 consegnato REL

Lago S. Giovanni Abruzzo Ocre AQ 0.4 in corso REL

Macchioni Campania Castel Baronia AV 0.5 consegnato REL

Occhito Puglia e Molise Macchia Valforte FG 333.0 consegnato REL

Paceco Sicilia Trapani TP 0.9 consegnato REL

Pertusillo Basilicata Montemurro PZ 152.2 consegnato REL

Piano della Rocca Campania Prignano Cilento SA 28.5 consegnato REL

Saetta Basilicata Pescopagano PZ 3.5 consegnato REL

San Giovanni Sicilia Naro AG 16.0 in corso REL

San Giuliano Basilicata Matera MT 94.7 consegnato REL

Santa Rosalia Sicilia Ragusa RG 20.0 consegnato REL

Simbirizzi Sardegna Cagliari CA 15.0 in corso REL

Sos Canale Sardegna Seui-Ulassai NU 1.4 consegnato REL

Tavo (Penne) Abruzzo Penne PE 8.8 in corso REL

Invasi rilevati dal CRA-ABP precedentemente al progetto REL

Azzurro Abruzzo Chieti CH 0.0 consegnato MONIDRI

Mezzanotte Abruzzo Chieti CH 0.0 consegnato MONIDRI

Bomba Abruzzo Chieti CH 82.5 consegnato MONIDRI

Casoli Abruzzo Chieti CH 21.0 consegnato MONIDRI

Alto Temo Sardegna Sassari SS 91.1 consegnato MONIDRI

Cuga Sardegna Sassari SS 34.9 consegnato MONIDRI

Maristica Sardegna Sassari SS 0.0 consegnato MONIDRI

Surrigheddu Sardegna Sassari SS 1.9 consegnato MONIDRI

Camastra Basilicata Potenza PZ 23.7 consegnato CRA-ABP

Majorana Calabria Crotone KR 0.2 consegnato CRA-ABP

Locone Monte Melillo Puglia Bari BA 118.5 consegnato CRA-ABP

Serra di Corvo Puglia Gravina di Puglia BA 33.5 consegnato CRA-ABP

Flumendosa Sardegna Nuoro Nu 299.3 consegnato CRA-ABP

Mulargia Sardegna Cagliari CA 332.0 consegnato CRA-ABP

San Cosimato Lazio Vicovaro RM 0.1 consegnato CRA-ABP

tabella 2. situazione delle consegne relativa agli invasi di taratura/calibrazione del modello FlorenCe

Figura

Figura 2. ecoscandaglio sub-bottom profiler 320bp e trasduttore 200/28  kHz usati per i rilievi
Figura 5. zattera attrezzata di proprietà  enas  utilizzata per i rilievi sugli invasi sardiFigura 4
Figura 6. georeferenziazione dei punti di rilievo tramite gps differenziale rtK leica 1200
Figura 8. benna campionatrice tipo ekman usata da enas negli invasi sardi
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