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Sogno o son desto? Un viaggio onirico nella letteratura inglese del XX secolo

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(1)

DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN LINGUE, LETTERATURE E

FILOLOGIE EURO-AMERICANE

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Sogno o son destro?

Un viaggio onirico nella letteratura inglese del XX secolo

CANDIDATO RELATORE

Lorenzo Moracchioli Chiar.ma Prof.ssa Roberta Ferrari

(2)

Indice

Introduzione

... 1

Capitolo 1 Breve storia di dreams e nightmares nella letteratura inglese

... 7

1.1 Old English: la manifestazione divina ... 7

1.2 Medieval Literature: dream allegory ... 11

1.3 Renaissance Literature: fra sogno e realtà ... 13

1.4 Restoration and Revolution: una doppia morale ... 18

1.5 Opere dell’intelletto umano al centro del XVIII secolo ... 21

1.6 Il misterioso mondo onirico nel periodo romantico ... 23

1.7 Una nuova golden age: il vittorianesimo ... 26

1.8 I primi quarant’anni del XX secolo ... 30

Capitolo 2 La ricerca del significato: orrore e irrazionalità in Graves

... 32

2.1 Robert Graves: fra miti classici e contemporaneità ... 32

2.2 The Shout: piani narrative e ontologici sovrapposti ... 34

2.3 Complessità narrative di un incubo a occhi aperti ... 37

2.4 Un sogno moderno ... 43

Capitolo 3 Sogni e bambini: Dahl e i sogni nelle giare ...

48

3.1 Fra guerre e fabbriche di cioccolato: Roald Dahl ... 48

3.2 Giganti, sogni e regine: The BFG ... 50

3.3 Volando nel sogno di Sophie ... 53

Capitolo 4 Rushdie e l’impronunciabile sogno del male ...

60

4.1 Salman Rushdie: una vita scandita dalla scrittura ... 60

4.2 Sacro e profano: The Satanic Verses ... 63

4.3 Fra grottesco e fantastico: magical realism in The Satanic Verses ... 71

4.4 Sogni ed incubi: The Satanic Verses e il linguaggio onirico ... 78

(3)

Bibliografia ...

91

(4)

1

Introduzione

:

Here we are all by day; by night w’are hurled By dreams, each one onto a sev’rall world1

La seguente ricerca si focalizzerà su una classificazione e analisi della tematica onirica all’interno di testi in prosa moderni e contemporanei. Conseguentemente, risulta fondamentale fornire una cornice teorica ai concetti che tante volte ricorreranno all’interno di questo testo; quest’impresa si rivela però tutt’altro che semplice, in quanto riuscire a dare una definizione unitaria del termine “sogno” risulta quasi utopistico. Il “sogno” accompagna da sempre l’essere umano (e anche altri membri del regno animale2), assumendo una serie virtualmente infinita di sfaccettature e prospettive: visione onirica, illusione, ambizione, processo psicologico e così via. Consultando un vocabolario della lingua italiana, ci troviamo davanti a quattro differenti significati:

1. Attività psichica, caratterizzata da immagini, pensieri, emozioni, che si svolge durante il sonno [..]

2. Immaginazione, cosa lontana dalla realtà […] 3. Avvenimento svanito, dileguato […]

4. Persona, cosa molto bella […].3

La consultazione di un vocabolario di lingua inglese, più attinente allo studio letterario che si andrà qui ad effettuare, rivela invece le seguenti accezioni:

1. A series of thoughts, visions, or feelings that happen during sleep […] 2. An idea or vision that is created in your imagination and is not real […]

3. Something that you have wanted very much to do, be, or have for a long time […]

4. Something that is beautiful, excellent, or pleasing […]

1 Herrick, Robert, “Dreams”, in The Poems of Robert Herrick, New York, Toronto, Oxford University

Press, 1965, p. 21.

2 Il sogno animale è rappresentato in un numero minore di scritti ma non per questo del tutto assente. Si

pensi ad esempio a Cane e Padrone (tit. orig. Herr und Hund) di Thomas Mann, dove il cane del protagonista, e voce narrante, sogna di poter correre e cacciare libero.

3 Zingarelli, Nicola, Lo Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 2014, p.

(5)

2

5. A state in which you are not thinking about or aware of the real things that are around you […].4

Le parole chiave di queste definizioni (“thoughts, visions, idea, immaginazione, avvenimento svanito”) rimandano, in gran parte, alla dimensione dell’immaginario e del possibile. Sorge quindi spontaneo il dubbio se il “sogno” sia di per sé qualcosa di definibile o di epistemologicamente analizzabile. Le risposte anche su questo aspetto sono molteplici ma in gran parte divisibili in due gruppi: chi ritiene che “Of alle sweuenes, that men meteth/ Day other nyht, when hue slepeth/ Nomon ne con that soothe thing/ Telle, bote the heuene-kyng”5 e coloro che sono sicuri sia possibile districarsi, sebbene in modi

e gradi diversi, nel viaggio onirico.

Nell’immaginario collettivo è, probabilmente, Freud ad essere visto come colui che ne sdoganò l’interpretazione in epoca moderna6, attribuendo al sogno l’abilità di rivelare

sintomi di diversi disordini mentali. Lo stesso padre della psicoanalisi cercò di delineare una breve storia di tale pratica, affermando che:

Nell’epoca che potremmo dire prescientifica, gli uomini non provavano difficoltà nel trovare una spiegazione del sogno. Quando lo ricordavano, al risveglio, appariva loro una manifestazione benigna o maligna di potenze superiori, demoniache e divine7. […] Ma, respinta l’ipotesi mitologica, si è resa necessaria una spiegazione

del sogno. La condizione della sua insorgenza, i suoi rapporti con la vita psichica della veglia, il suo dipendere da stimoli che si spingono verso la percezione durante il sonno, […] tutti questi problemi, e altri ancora, esigono da centinaia d’anni una soluzione soddisfacente, che sinora non si è potuta trovare.8

4 Merriam-Webster, Learner’s Advanced Learner’s English Dictionary, Springfield, Merriam-Webster,

2008, p. 512.

5 Fischer, Steven, Somnia Danielis, in The Complete Medieval Dreambook, Berne, Peter Lang

Publishers, 1982, p. 162.

6 Di cui la più famosa è sicuramente L’interpretazione dei sogni (tit. orig. Die Traumdeutung), edito nel

1899. Altri scritti che trattano tale tema sono presenti in Tre saggi sulla teoria sessuale (tit. orig. Drei

Abhandlungen zur Sexualtheorie), Il motto di spirito (tit. orig. Der Witz und seine Beziehung zum Unbewußten) e vari altri raggruppati in opere diverse.

7 A tale proposito, sono tantissimi i casi che potremo citare sia nella tradizione europea (di lingua

anglosassone o romanza, come ad esempio L’estasi di Santa Teresa) sia in quelle di altre culture (africana, australiana, sud-americana solo per citarne alcune).

(6)

3 Freud continua schernendo non solo chi crede in una funzione divinatoria del sogno ma anche coloro che lo vedono come derivante “esclusivamente (da)gli stimoli sensori o corporei, che colpiscono dall’esterno il sognatore o che si destano casualmente nei suoi organi esterni”9 e chi crede che si possa analizzare con una “sostituzione […] pezzo per

pezzo, secondo una chiave fissa, sia del sogno nel suo complesso con un altro complesso”10.

La spiegazione per l’autore austriaco risulta essere molto più articolata; ogni sogno sarebbe composto da due parti, così definibili:

Contrappongo il sogno, quale mi si presenta nel ricordo, al materiale ad esso corrispondente trovato con l’analisi, e chiamo il primo contenuto onirico manifesto, il secondo – per ora senza altre suddivisioni – contenuto onirico latente. […] Chiamerò lavoro onirico il processo di trasformazione del contenuto latente in contenuto manifesto. Il corrispettivo di questo lavoro, che opera la trasformazione inversa, lo conosco già: è il lavoro d’analisi.11

Riassumendo, ogni visione onirica deve essere analizzata come “una formazione psichica densa di significato, che va inserita in un punto determinabile dell’attività psichica della veglia”12.

Sarebbe però sbagliato, ed in parte irrealistico, pensare che l’interpretazione psicoanalitica sia nata ed abbia concluso il suo percorso con Freud; anzi, con il passare degli anni le teorie di questa corrente si sono modificate ed evolute tanto che, già nel 1974, Garma affermava:

La definizione di Freud secondo la quale il sogno è un esaudimento (mascherato) di un desiderio (rimosso) è insufficiente per tre motivi principali. Essa si può infatti

9 Ibidem, p. 15. 10 Freud, Sigmund, ivi.

11 Freud, Sigmund, Ibidem, p. 25.

12 Freud, Sigmund, L’interpretazione dei sogni, a cur. di Renata Pinchera, Torino, Boringhieri, 1973, p.

(7)

4

applicare a qualsiasi fenomeno patologico, non considera poi l’aspetto caratteristico del sogno, che è l’allucinazione, e infine non descrive dettagliatamente la struttura psichica interna del sogno.13

Anche la teoria psicoanalitica non sembra fornire una definizione che rimanga stabile nel tempo14, finendo, quindi, per continuare ad alimentare varie ipotesi sull’origine di questo fenomeno che, come ricorda Freud stesso, suscita la curiosità dell’uomo fin dall’antichità. Volgendo quindi lo sguardo alle teorie pre-freudiane che si sono succedute nel corso dei secoli potremmo riassumerle in quattro macro gruppi15:

1. Teoria fisiologica: la causa delle visioni sarebbe da imputare a disturbi corporali, come ad esempio una cena mal digerita. In base alla parte della psiche che viene disturbata (o stimolata) dal malessere, il sogno rappresenterebbe un’immagine diversa; secondo questa ipotesi, la sete di un disperso nel deserto lo porterebbe a sognare di poter approvvigionarsi a una fonte d’acqua fresca.

2. Teoria della reminiscenza personale: il sogno sarebbe il ricrearsi nella mente del dormiente di un ricordo, in maniera più o meno accurata. Indipendentemente che l’evento sia avvenuto giorni o anni prima, ciò che viene riprodotto, per quanto possa sembrare piccolo o insignificante, avrebbe un significato simbolico fondamentale per la vita dell’individuo.

3. Teoria della reminiscenza razziale: similmente alla teoria precedente, il sogno sarebbe il riemergere di un’esperienza ma in questo caso di un nostro antenato. Questa teoria spiegherebbe, ad esempio, gli incubi collegati alle cadute nel vuoto: essi sarebbero imputabili al periodo in cui i nostri avi vivevano sugli alberi e una caduta avrebbe potuto causare danni mortali.

4. Teoria della premonizione: idea che collega i sogni a visioni del futuro.

13 Garma, Angel, Nuovi studi sul sogno, Roma, Astrolabio-Ubaldini editore, 1974, p. 29.

14 Per un ulteriore approfondimento di carattere scientifico rimando alla lettura di: Bertini, Mario &

Violani, Cristiano Cervello e sogno: neurobiologia e psicologia, Milano, Feltrinelli, 1982; Miglietta, Donata, Le interpretazioni dei sogni: scuole di psicoterapia a confronto, Bologna, CLUEB, 2008.

15 Cfr. Hadfield, James Arthur, Sogni e incubi in psicologia, Firenze, Editrice Universitaria, 1961, pp.

(8)

5 Analizzato il significato e le possibili origini del soggetto in esame, è necessario sottolineare un’ultima e fondamentale distinzione: la differenza con l’incubo. Fino a questo punto il termine “sogno” o “dream” è stato usato con valore positivo o come vox media16, al contrario il termine “incubo” ha una connotazione decisamente negativa. La parola stessa potrebbe essere ricondotta al termine ĭncubum: “composto da in ʻsopraʼ e derivato da cubāre ʻgiacereʼ, riferito allo spirito maligno che si credeva posarsi sul dormiente”17. Immagine preservatasi a lungo nell’immaginario comune18, l’incubo è

ancora oggi facilmente associabile a visioni mostruose e all’ Altro. Darne una definizione è però altrettanto difficile che riuscire a distinguerlo in modo univoco dal sogno:

There is perhaps no sharp line to be drawn between the nightmare and other intense anxiety dreams, but the typical typical one is characterized not only by the overwhelming awfulness of the terror but also by a sense of oppression on the chest of a heavy body lying there, with a consequent dread of suffocation. Intense apprehension and helpless paralysis may persist for hours after waking. The usual somatic accompaniments of morbid anxiety are also present, such as cold sweat, polyuria, and so on. Altogether it is one of the most distressing experiences that can be endured.19

La spiegazione data da Jones sembra assecondare l’idea inglese di nightmare come sinonimo di bad (o forse sarebbe meglio dire worst) dream, più che di un fenomeno a sé stante. Per cercare di chiarire meglio una definizione così vaga e ampia, è possibile classificare l’incubo secondo il suo elemento caratteristico; il terrore notturno può essere scaturito:

16 Con il termine vox media si intende un’“espressione usata in linguistica per indicare un vocabolo che

non ha in sé significato positivo o negativo, ma può determinarsi in un senso o in un altro secondo l’aggettivo che l’accompagna e secondo il contesto”; http://www.treccani.it/vocabolario/vox-media/ [consultato in data 22/11/2019].

17 Zingarelli, Nicola, op. cit., p. 1110.

18 Come è testimoniato da diversi dipinti e quadri, fra i quali il famoso Incubo di Johann Heinrich Füssli

(1781).

19 Jones, Ernest, “Beliefs Concerning the Nightmare”, in Essays in Applied Psycho-Analysis, Vol. II.,

(9)

6 • da esperienze traumatiche, siano essere recenti o lontane nel tempo;

• da accadimenti possibili, solitamente collegabili al timore di non riuscire a tenere sotto controllo i propri impulsi (siano essi sessuali o di altra natura); • da oggettivazioni/personificazioni di sensazioni o malesseri organici (ad

esempio, una malattia intestinale può manifestarsi con l’immagine di un bambino che dopo aver bevuto del latte scaduto lo rimette)20.

Fino a questo punto il tema del sogno, sia esso good o bad, è stato analizzato da vari punti di vista, in parte contrastanti, ma non siamo ancora arrivati a ricollocare tutti questi elementi nella cornice che è più consona a questo studio: quella letteraria. È quindi giusto domandarsi come, e se, queste varie ipotesi abbiano influenzato scrittori e letterati ma anche porsi molti altri quesiti: vi è differenza fra un sogno reale e uno rappresentato? Ha senso cercare di applicarvi i modelli di analisi psicanalitica? Quale funzione può avere un sogno all’interno della narrazione? È proprio dalla ricerca di soluzioni a questi dubbi che nasce questo studio.

Il primo capitolo introdurrà un breve resoconto storico della presenza di dreams and nightmares all’interno della letteratura inglese21. Le opere citate non verranno approfonditamente analizzate ma si cercherà di contestualizzarle nella forma mentis dell’epoca in cui sono state prodotte.

Una più profonda analisi dei testi, tutti di narrativa, inizierà a partire dal secondo capitolo. Questo blocco sarà la parte centrale della tesi, che tratterà tre sfaccettature dell’attività onirica. Inizialmente ci si focalizzerà sull’impossibilità di distinguere fra sogno e realtà, prendendo in considerazione The Shout di Robert Graves; il paragrafo successivo analizzerà la semplificazione del concetto di sogno nella children’s literature, portando come esempio The BFG di Rohal Dahl; per concludere, si analizzerà il “linguaggio del sogno” presente in The Satanic Verses.

20 Cfr. Hadfield, James Arthur, op. cit., pp. 236-59.

21 Per la suddivisione temporale si prenderà come riferimento: Sanders, Andrew, The Short Oxford

(10)

7

Capitolo 1

Breve storia di dreams e nightmares nella letteratura inglese

Il grande interesse dell’uomo verso il mondo onirico e le sue manifestazioni è dimostrato anche dai continui rimandi presenti in letteratura; già nell’epoca classica è possibile trovarne diversi: Achille esorta i compagni ad ascoltare i sogni perché derivanti direttamente da Zeus, nell’Odissea la dea Atena compare a Nausicaa durante il sonno e secondo la cosmogonia ovidiana vi sarebbero addirittura tre divinità che lo personificano e regolano (Morfeo, Fobetore e Fantaso). A ben vedere, i primi esempi di rappresentazione dei sogni in forma scritta sarebbero ancora più antichi: nell’Epopea di Gilgamesh22 viene raccontata una scena onirica, lo scontro fra l’eroe omonimo ed Enkidu, che viene interpretata come una profezia dalla madre dell’eroe.

Il seguente capitolo intende illustrare una breve storia di queste rappresentazioni all’interno della sola letteratura di lingua inglese. Inoltre, verranno proposti alcuni casi esemplificativi particolarmente interessanti al fine di questo studio.

1.1 Old English: la manifestazione divina

Il periodo compreso fra il VI secolo e il 1066 viene, solitamente, definito come Old English o Anglo-Saxon literature ed è principalmente ricordato per il poema epico Beowulf 23. Buona parte dei testi24 di questo periodo giunti fino a noi presentano evidenti contaminazioni cristiane, sebbene siano ambientati in epoca pre-cristiana, come nel caso del poema appena citato. Questo è collegabile allo strapotere culturale esercitato dai religiosi, derivato direttamente dall’ era alfrediana (871-899) e la successiva rinascenza

22 L’epopea di Gilgamesh è collocabile intorno al 2600/2500 A.C., circa 1900 anni prima della datazione

canonica dell’Iliade (circa 750 A.C.). Per la lettura in italiano si rimanda a: La saga di Gilgamesh, a cur. di Giovanni Pettinato, Milano, Rusconi, 1992.

23 L’opera è conservata in singola copia all’interno del Nowell Codex, la cui stesura è stimata attorno

all’inizio del XI° secolo nonostante l’origine del racconto si suppone essere di molto anteriore. Il codice, in parte danneggiato da un incendio, è conservato nella British Library come il resto della collezione di Sir Robert Cotton.

24 “Testo” va qui inteso non come un’opera con valenza estetica, bensì come qualunque elemento

(11)

8 benedettina (iniziata indicativamente con l’ascensione al trono di Eadgar nel 959)25. È in

questi periodi, il secondo risulta essere di natura più sistematica, che la produzione scritta fu accentrata all’interno di monasteri e abazie, cercando anche di creare una nuova classe dirigente e religiosa che rispettasse maggiormente i dettami delle sacre scritture.

Molte tradizioni pagane vennero etichettate come peccaminose e fra queste vi erano anche i dreambooks, come è possibile leggere nel De Temporibus Anni di Ælfric detto il grammatico. Queste opere cercavano di “interpret dream images as portents of future events; in some versions the phase of the moon at the time of the dream is regarded as critical to the outcome. […] All forms of divination, however, were condemned by orthodox writers and prohibited by the canon law”26. La condanna dell’interpretazione

dei sogni è chiaramente espressa nella Bibbia27, anche se alcuni passi dell’Antico Testamento, in particolare le vitae di Giuseppe e Daniele28, ne mostrano l’importanza per convertire i non-credenti. Non stupisce quindi un atteggiamento che potremmo definire, quantomeno, sospettoso nei confronti di queste opere che li usavano non come mezzo per lodare il Signore ma per scopi differenti.

Esse potrebbero essere suddivise in tre gruppi29:

• “libri della sorte”, che interpretavano un sogno attraverso la prima lettera della prima parola trovata aprendo un qualunque scritto una volta destatisi;

• “almanacchi dei sogni”, che proponevano una spiegazione in base solo a fattori esterni al mondo onirico (solitamente la fase lunare);

• i veri e propri “libri dei sogni”. Quest’ultima tipologia è l’unica che cercava di valutare le immagini intrinseche della visione notturna per poi darne una spiegazione. Però, differentemente dalla visione moderna, le immagini non sarebbero da interpretare con valenza individuale ma, in termini saussuriani, con una corrispondenza univoca e collettiva fra significato e significante.

25 Cfr. Battaglia, Marco, Medioevo Volgare Germanico, Pisa, Pisa University Press, 2016, pp. 73-79. 26 Hollis, Stephanie, “Scientific and Medical Writtings” in A Company to Anglo-Saxon Literature, ed.

by Philip Pulsiano & Elaine Treharne, Oxford, Blackwell Publishing, 2008, p. 192.

27 Cfr. Deuteronomio, 18, 9-12 in La Bibbia, a cur. di Francesco Vattioni, Bologna, Edizioni Dehoniane,

2004.

28 Cfr. Genesi 37;40; 41 & Daniele 2; 4; 7-8; 10-12, in La Bibbia, op. cit.

(12)

9 Questo risulta evidente avvicinandosi al Sommia Danielis30, il quale propone al lettore un elenco di possibili figure e il loro corrispondente significato, come se si stesse consultando un dizionario. Questo dreambook viene collegato, nelle sue edizioni più recenti, direttamente alla figura biblica del profeta Daniele, forse per aumentarne l’autorevolezza o per sfuggire alla censura religiosa: “Her comensez a bok of sweueyng, þat men meteþ in slepyng; þurþ [Daniel] hit yfounden ys, þat wes prophete of gret pris”31. Il testo sembra aver goduto di una fama abbastanza longeva tanto che nel suo Decretum (ca.119-1140) il vescovo Graziano di Chiusi, lo cita direttamente fra le pratiche di origine pagana che virano dalla vera dottrina cattolica:

Coloro che […] attraverso la negromanzia pitagorica cercano di sapere se i malati vivranno o moriranno, o se gli eventi futuri saranno felici o infelici, sia che si attengano ai libri dei sogni scritti e falsamente attribuiti a Daniele [corsivo dell’autore], alle sorti che si dicono dei santi apostoli, o ai presagi degli uccelli […] sappiano di aver deviato dalla fede cristiana e di aver commesso un crimine contro il battesimo, e che, come pagani e apostati (cioè come quanti rinnegano Dio e gli si oppongono), sono incorsi bell’ira severa di Dio per l’eternità, a meno che non si riconcilino con Dio una volta riformati dalla penitenza ecclesiastica.32

Date tutte queste premesse, non sorprende che le due principali narrazioni oniriche del periodo old English, The Dream of the Rood e la visione di Cædmon, riportata da Beda nella Historia Eclesiastica Gentis Anglorum, abbiano un forte carattere religioso.

L’Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum è un testo latino composto da Beda il Venerabile, il quale narra alcuni eventi fondamentali della storia inglese dall’epoca di

30 L’opera, composta originariamente in latino e tradotta successivamente in lingua vernacolare, è

probabilmente risalente al V secolo e si rifà ad una lunga tradizione di corrispettivi classici, fra le quali possiamo citare Onirocritica (tit. org. Ὀνειροκριτικά, lett. L’interpretazione dei sogni) dello scrittore e filosofo greco Artemidoro di Daldi (vissuto approssimatamene nel secondo secolo a. C.). Per completezza, si segnala che certi autori preferiscono usare il titolo Somniale Danielis.

31 Fischer, Steven, Somnia Danielis, in The Complete Medieval Dreambook, Berne, Peter Lang

Publishers, 1982, p. 22. Tale passaggio è presente nella copia contenuta nei manoscritti di Harleian, databili attorno al 1310 e quindi, tecnicamente, appartenente al periodo del Middle English; si è deciso di inserirlo in tale paragrafo per via della stesura originale in latino.

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10 Cesare fino all’anno 73133. All’interno di quest’opera, viene presentata al lettore l’origine

del leggendario cantore Cædmon, descritto come un pastore illetterato fino a quando in sogno gli era comparsa “una figura che lo salutò e lo chiamò per nome”34, incitandolo a

cantare della Creazione. Da quel momento, il povero guardiano di pecore aveva ottenuto il dono di lodare Dio e viene riportata anche una versione in latino del suo Hymn35,

sebbene sia lo stesso Beda ad affermare l’impossibilità di trascriverlo esattamente in latino, dato che i suoi componimenti erano nella “sua lingua, che era quella degli Angli”36.

Una volta ascoltate le opere di Cædmon, la badessa Hild (la cui vita viene raccontata nel capitolo precedente della Historia Ecclesiastica) lo invita ad unirsi alla vita monastica ed egli diviene così un uomo pio e rispettoso dei precetti divini, fino al giorno in cui muore pacificamente nel sonno.

The Dream of the Rood è invece un componimento poetico di 156 versi conservato nel Vercelli’s Book37 e tradizionalmente attribuito a Cynewulf, nonostante oggigiorno questa

ipotesi sia stata in gran parte accantonata. Il Sogno della Croce mostra un argomento fondamentale della teologia dell’epoca: il mistero della croce. Il sacrificio per la salvezza del mondo è visto come l’“evento culminante della vita di Cristo e luogo della rivelazione totale e finale dell’amore di Dio per l’umanità”38. La sacralità della croce (affrontata nel

poema solo a partire dal v. 122) è però un aspetto marginale ai fini di questo studio, per il quale risulta invece indispensabile concentrarsi sulla sezione iniziale: “Hwaet! A dream came to me at deep midnight/ When humankund kept their beds/ the dream of dreams! I shall declare it”39. La visione continua poi con la narrazione della croce stessa della sua

storia da albero a legno su cui fu inchiodato Cristo, raccontando la Crocifissione secondo un punto di vista fuori dall’ordinario. Il sognatore è quindi pervaso da un sentimento di

33 Per maggiori informazioni si invita a leggere: Francini, Marusca, “La letteratura anglosassone” in Le

civiltà letterarie del Medioevo germanico, a cur. di Marco Battaglia, Roma, Carocci editore S.p.A., 2017,

pp. 218-25.

34 Beda, Storia degli Inglesi, Vol. II, a cur. di Michael Lapidge, trad. di Paolo Chiese, Milano,

Fondazione Lorenzo Valla Mondadori, 2010, p. 277.

35 “Nunc laudare debemus auctorem regni caelestis, potentiam creatoris, et consilium illius facta Patris

gloriae: quomodo ille, cum sit aeternus Deus, omnium miraculorum auctor exstitit; qui primo filiis hominum caelum pro culmine tecti dehinc terram custos humani generis omnipotens creavit”; tratto da: Beda, Ibidem, p. 278.

36 Beda, Ibidem, p. 277.

37 15 dei 156 versi sono anche riportati in caratteri runici sulla Croce di Ruthwell

38 Pezzini, Domenico, “Introduzione”, in Il Sogno della Croce, Parma, Pratiche Editrice, 1992, p. 7. 39 Alexander, Michael, Old English Literature, London, The Macmillan Press, 1983, p. 180.

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11 speranza e di voglia di lodare il Signore, sperando che Egli possa essere suo amico e salvatore.

Entrambe le opere presentano il mondo onirico come “luogo d’incontro” fra umano e divino, evento che cambia la vita dei rispettivi protagonisti; mentre, però, il primo ne fa una narrazione diretta, sebbene la figura celeste non sia dettagliatamente rappresentata, nel secondo l’intercessione avviene attraverso il racconto della croce, rimanendo meno evidente. In The Dream of the Rood l’io poetico ammette “I have not many powerful friends on earth. On the contrary, they have departed hence out of the world’s joys […]; and every day I look for the time when Lord’s rood, which once I gazed on here on earth, shall fetch me forth from this fleeting life and then shell bring me where is great rejoicing […] in the heavens”40; il sogno potrebbe quindi essere catalogabile non solo come

“manifestazione divina” ma anche come espressione di una “reminiscenza personale”: il trauma della perdita delle persone care è espresso e metabolizzato attraverso la figura salvifica di Cristo che dona la speranza di una vita gioiosa dopo la morte.

1.2 Medieval Literature: dream allegories

Il 1066 segnò la storia dell’Inghilterra e della sua letteratura; difatti, la conquista normanna portò a un cambio della classe dominante del paese che fu seguito da un profondo mutamento nell’estetica e nei gusti letterari. Nuovi elementi furono aggiunti al canone anglosassone41 e portarono alla nascita (o sarebbe meglio dire all’importazione) del chivalric romance. Si andò a diffondere anche il sottogenere della dream vision42: “a literary work which presents a retrospective account of dream(s) experienced by a first person narrator who also claims to be the poet. […] Typically, the dreamer is troubled by some need or lack that the dream fulfills”43.

40 Ibidem, p. 184.

41 Anche attraverso alla traduzione di lingua normanna in inglese, fra le quali possiamo ricordare Roman

de Brute di Robert Wace.

42 Per una breve storia dello sviluppo e della diffusione della dream vision si veda: Russel, J. Stephen,

The English Dream Vision; Anatomy of a Form, Columbus, Ohio State University Press, 1998, pp. 82- 114.

43 Preminger, Alex & Brogan, Terry V.F., The New Princeton Encyclopedia of Poetry and Poetics,

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12 Alcuni degli esempi più famosi sono The House of Fame, scritto da Chaucer inotrno al 1380, Pearl, di un autore sconosciuto ma databile intorno alla fine del XIV secolo, e l’opera di Langland Piers Plowman, scritta fra il 1370 e il 139044. Tutte le opere

presentano dei lunghi viaggi in un mondo onirico dove vizi e virtù del mondo reale sono rappresentati in maniera più o meno allegorica, elemento che molti critici hanno usato per avvicinarle alla Commedia dantesca45. Il sogno viene quindi rappresentato come la manifestazione delle problematiche collettive e non di un singolo individuo, che ne cerca però la soluzione rifacendosi agli insegnamenti della Chiesa e all’ispirazione divina. Si discosta leggermente da questo schema Pearl; quest’ultimo non solo tratta di tematiche che oggigiorno definiremmo sociali ma anche della perdita da parte dell’io poetico della propria giovane figlia, rappresentata dal prezioso gioiello eponimo; in questo caso è quindi possibile notare una commistione con il genere del consolation poem.

Se le dream visions presentano delle lunghe narrazioni oniriche, la Confessio Amantis di Gower, la cui prima edizione risale al 1389, propone al lettore una serie di sogni di contenuto più breve, per via della sua lunghezza episodica; tuttavia, non mancano rimandi o strutture simili al genere appena trattato: nell’incipit del liber primus, il protagonista Amans, stanco per essersi avventurato in un bosco, si addormenta e una volta destatosi si ritrova davanti alla dea Venere46. Inoltre, analizzando il prologo dell’opera, troviamo esempi di sogni come messaggi divini: quello di Nabucodonosor è l’allegoria della divisione politica del suo regno ed è solo attraverso la figura di Daniele che egli riesce a capire l’avvertimento47. Il sovrano babilonese è soggetto ad un ulteriore ammonimento

nel liber primus: qui però egli viene redarguito, solo grazie ad una nuova interpretazione di Daniele, per essersi macchiato del peccato di eccessivo orgoglio48. Nell’opera sono

44 Altri esempi attribuibili a Chaucher sono Book of Duchess e Parlament of Foules ma anche The

Parliament of Three Ages o Winner and Waster, i cui autori sono, ad oggi, sconosciuti.

45 Se la Divina Commedia sia classificabile o meno come dream vision è una questione ancora aperta e

molto dibattuta. Si veda: Tavoni, Mirko, “Dante ‘Imagining’ His Journey Through the Afterlife” in Dante

Studies, Vol. 133, Bronx, Fordham University Press, 2015, pp. 70-97.

46 Cfr. Gower, John, Confessio Amantis, ed. by Russell A. Peck, Toronto, Toronto University Press,

1986, pp. 37- 39.

47 Ibidem, pp. 18-21. 48 Ibidem, p. 88.

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13 inoltre presenti richiami a leggende del mondo classico e ad altre figure bibliche nelle cui storie i sogni giocano un ruolo fondamentale: Gedeone, Alcione e Paride49.

Di natura episodica, è anche una delle opere più famose della letteratura inglese: The Canterbury Tales, scritta da Chaucer a partire dal 1387. Come ricordato antecedentemente, l’autore aveva composto alcuni dream vision ma anche in quest’opera sono presenti rimandi o episodi collegati al mondo onirico. Soffermiamoci, ad esempio, sulla ventesima novella della raccolta: The Nun's Priest's Tale. In un cottage viveva una vedova proprietaria di molti animali, fra i quali un gallo e sette galline. Un giorno il pollastro, Chanticleer, si lamenta con la sua amante favorita, damoisele Pertelote, di un sogno che ha avuto e che teme possa essere divinatorio; egli dice di aver visto “a beest was lik an hound, and wode han maad arrest upon my body, and han had me deed […] this caused me my groning”50. La gallina allora lo schernisce dicendo che non può amare un codardo e che i sogni non dovrebbero fargli paura in quanto sono, appunto, solo sogni. Pertelote afferma che egli sia “ful colerik”51 e gli consiglia una serie di rimedi per ripulire il suo corpo dagli umori52 che lo affliggono. Chanticleer cerca allora di convincerla raccontando diversi episodi53 dove degli incubi si sono rivelati effettivamente degli avvertimenti e, di fatti, l’animale rischierà di essere ucciso proprio il giorno seguente da una volpe, come aveva previsto. Il lettore si trova davanti due punti di vista contrastanti: da una parte l’incubo viene visto come un ammonimento divino mentre dall’altra vi è un’idea molto più semplicistica, ricollegabile alla teoria fisiologica.

1.3 Renaissance Literature: fra sogno e realtà

49 Per un’analisi più esaustiva si rimanda a: Davenport, William Anthony, “Dreams in Gower's

Confessio Amantis”, in English Studies, Vol. 91 (4), 2010, pp. 374-97; https://www.tandfonline.com/loi/nest20

50 Chaucer, Geoffrey, The Canterbury Tales, ed. by di Jill Mann, London, Penguin, 2005, p. 602. 51 Ibidem, p. 603.

52 A lungo si è creduto che disturbi di vario genere, sia fisici che psicologi, fossero legati a un eccesso

di uno dei quattro fluidi corporei: bile nera, bile gialla, flegma e sangue. La teoria è collegabile ad Anassimene di Mileto (VI secolo A.C.) e ad Alcemone (VI-V secolo A.C.) ma resa famosa da Ippocrate (460-370 A.C.). Per maggiori informazioni si rimanda a: Jouanna, Jacques, “The Legacy of the Hippocratic Treatise the Nature of Man: The Theory of the Four Humours” in, Greek Medicine from Hippocrates to

Galen Selected Papers, ed. by Philip van der Eijk, Leiden; Boston, Brill, 2012, pp. 335-60.

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14 Considerabile come la golden age del teatro inglese, la letteratura rinascimentale si andò a sviluppare durante un periodo di grande splendore anche da un punto di vista politico ed economico sotto la dinastia Tudor: l’influenza su Galles e Irlanda era sempre maggiore, il sovrano inglese divenne indipendente dal papa e l’alleanza fra Scozia e Francia non riuscì ad avere la meglio contro Enrico VII. Sempre più opere iniziarono a celebrare la potenza della Corona e della famiglia Tudor, che nel 1603 riuscì a riunire i regni di Inghilterra e Scozia e formare la “Gran Bretagna”, durante il regno di Giacomo I.

Proprio uno dei poemi celebrativi più famosi dell’epoca, The Faerie Queene di Spenser, presenta una fondamentale scena onirica per lo svolgimento della sua trama. L’opera, edita nel 1590, può essere vista come un tributo alla regina Elisabetta ma anche ad altre figure dominanti nell’immaginario dell’epoca. Fra queste vi è il Red Cross Knight, trasposizione letteraria di San Giorgio, e protagonista del primo libro. Il cavaliere, personificazione delle virtù, viaggia con la sua amata per sconfiggere terribili mostri fino a quando il malvagio Archimago non lo imbroglia, facendogli credere che la sua compagna, lady Una, sia impura. Questo inganno avviene attraverso “a fit false dreame, that can delude the sleepers sent”54. Il sogno di natura erotica diventa un incubo quando

il cavaliere si sveglia e crede di vedere la dama coricata vicino a lui. I suoi ideali cristiani sono messi in discussione dal tranello del malvagio mago che non solo gli fa dubitare delle sue azioni ma anche della purezza della figura angelica di Una.

Questa scena propone al lettore un archetipo di donna che verrà più volte incontrata all’interno del primo libro: la donna tentatrice che cerca di far deviare dal righteous path55. Infatti, l’illusione di Archimago diventa realtà poco dopo, quando il cavaliere viene ingannato da Duessa, un’antagonista dalle caratteristiche simili a quelle di una succube56. Il salvataggio da parte di Una e di Artù può essere interpretato come un

54 Spenser, Edmund, The Faerie Queene, ed. by di A.C. Hamilton, London, New York, Longman, 1977,

p. 40.

55 Per ulteriori informazioni: Cavanagh, Sheila T., “Nightmares of Desire: Evil Women in The Faerie

Queene’”, in Studies in Philology, Vol. 91(3), 1994, pp. 313-38; https://www.jstor.org/stable/i392507 [consultato in data 01/12/2019].

56 “Essere demoniaco in forma di donna che, secondo antiche superstizioni, aveva nella notte rapporti

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15 risveglio sia fisico sia morale, visto che il cavaliere si era ritrovato in una situazione nella quale la divisione fra veglia e sonno, realtà e illusione si era fatta sempre più flebile.

Molti altri sono i possibili esempi nella letteratura rinascimentale che mostrano un’impossibilità di discernere chiaramente fra il mondo onirico e quello della veglia, confusione che porta facilmente verso lo smarrimento. È il caso di Caelica CIII di Fulke Greville, dove viene affermato “The serpent, sin, by showing human lust/ Visions, and dreams, enticed man to doe/ Follies in which exceed his God he must,/ and know more than he was created to”57.

Tale tematica è presente anche in diverse opere teatrali, ad esempio, in The Spanish Tragedy (1587) di Thomas Kyd. Qui il figlio di Hieronimo, Horatio, viene ucciso per via della sua relazione con Bel-Imperia, desiderata da Balthazar, erede del viceré di Portogallo. Ella assiste all’omicidio dell’amato e chiama in aiuto proprio il padre della vittima che, una volta entrato in scena, afferma “Who calls Hieronimo? Speak; here I am. I did not slumber, therefore ‘twas no dream”58 ; scoperto il cadavere, inizia a disperarsi

fino al punto di autoconvincersi che fosse effettivamente un sogno: “Jaques, run to the Duke of Castile’s presently and bid my son Horatio to come home. I and his mother have had strange dreams tonight […]. Were not, Isabella [la madre di Horatio]? Dost thou dream it is?”59

Nel genere delle revenge tragedy, di cui The Spanish Tragedy è spesso considerato l’archetipo nel mondo anglosassone, il ricorso ai sogni è sicuramente usato come un mezzo per creare gelosie e suscitare l’ira dei vari personaggi; in Othello, opera shakespeariana il cui debutto fu nel 1603, Iago cerca di convincere il protagonista dell’infedeltà della moglie, raccontando di aver sentito Cassio sognare di avere una relazione proprio con Desdemona. Ancora una volta la distinzione fra i due mondi si presenta molto labile e arriva praticamente fino a sparire. Iago sfrutta la gelosia del Moro per i suoi diabolici piani:

57 Greville, Fulke, Caelica, ed. by di Martha Foote Crow, London, Kegan Paul, Trench, Trübner and

Co., 1898, p. 182.

58 Kyd, Thomas, The Spanish Tragedy, ed. by Clara Calvo & Jesús Tronch, London, Arden Shakespeare,

2013, p. 176.

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Othello: O monstrous! monstrous!

Iago: Nay, this was but his [Cassio’s] dream. Othello: But this denoted a foregone conclusion.

Iago: ‘Tis was a shrewd doubt, though it be but a dream,/ And this may help to thicken other proofs/ That do demonstrate thinly.

Othello: I’ll tear her all to pieces!60

Il sogno è fondamentale per lo sviluppo della trama, visto che il protagonista lo considera la prova finale del tradimento della moglie; questo può avvenire poiché Othello ripone completa fiducia in Iago ma anche nel finto sogno, che avrebbe la funzione di rivelare le colpe del passato. Un’idea simile, sebbene questa volta i peccati siano reali, era già presente in un’opera giovanile del drammaturgo: The Life and Death of King Richard III, composta attorno al 1593. In questo dramma storico, Clarance è imprigionato e prossimo alla morte ha un terribile incubo che fa riemergere i suoi sbagli attraverso una visione allegorica; essa racconta la sua morte attraverso una navigazione in un mare tempestoso ma continua anche con un viaggio ultraterreno61. All’interno dell’opera “the dream serves

a number of dramatic functions. It reminds the audience of Clarance’s past, […] but at the same time indicates that he too has a guilty part in the current political situation of which he is about to become a victim”62.

Analizzando il corpus delle opere di Shakespeare, non si può ignorare che esiste una commedia che presenta il termine dream nel suo titolo: A Midsummer Night's Dream. L’opera ha un tono ben diverso rispetto a quelle precedentemente trattate, in quanto mette in scena una serie di equivoci, rapporti amorosi causati dalla magia e creature mitologiche. Tuttavia, solo un sogno è rappresentato nello svolgersi della trama (l’incubo di Hermia alla fine del secondo atto), inducendoci a interrogarci su quale dream sia adombrato nel titolo. La risposta potrebbe celarsi nella natura stessa degli eventi trasposti

60 Shakespeare, William, Othello, ed. by di Paul Prescott, London, Arden Shakespeare, 2018, p. 182. 61 Cfr. Shakespeare, William, King Richard III, ed. by di Antony Hammond, London, New York,

Methuen, 1981, pp. 171-75.

62 McLuskie, Kathleen, “Reading Early Modern Dreams”, in Reading Dreams; The Interpretation of

Dreams From Chaucer to Shakespeare, ed. by Peter Brown, Oxford, Oxford University Press, 1999, p.

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17 sul palcoscenico: essi, per via della loro natura peculiare, potrebbero essere visti dall’audience come un’esperienza onirica, l’incontro fra il mondo del giorno e quello della notte. Questa teoria sembrerebbe essere rafforzata dal soliloquio finale di Puck, il quale afferma: “If we shadows have offended,/ Think but this, and all is mended,/ That you have but slumbered here/ While these visions did appear./ And this weak and idle theme,/ No more yielding but a dream,/ Gentles, do not reprehend:/ if you pardon, we will mend”.63 Ancora una volta, è presentato il tema della confusione fra reale e onirico64,

anche se a farne le spese in questo caso sono gli spettatori e non i personaggi dell’opera; tematica che un’analisi più approfondita rivelerà essere centrale, o almeno presente, in molte altre opere del massimo drammaturgo inglese. Ad esempio, Cristopher Sly viene convinto di aver sognato la sua vita da alcolista all’inizio di The Taming of the Shrew, Hamlet si chiede se la morte sia come dormire e se si possa sognare durante il sonno eterno.

La seconda metà del XVI secolo fu anche un periodo proficuo per quanto riguarda il dibattito circa l’interpretazione dei sogni65. Reginald Scot criticò i tentativi di analizzare

i fenomeni onirici, scagliandosi in particolar modo contro Thomas Hill, affermando nel 1584: “Therefore in mine opinion, it is time vainelie emploied, to studie about the interpretation of dreames. He that list to see the follie and vanitie thereof, maie read a vaine treatise, set out by Thomas Hill, Londoner, 1568”66. L’ autore si riferisce

chiaramente all’opera The moste pleasaunte Arte of the Interpretacion of Dreames. Qui Hill, rifacendosi anche alle teorie di diversi autori classici, cercò di creare una suddivisione quadripartita dell’origine dei sogni:

They are ‘bodilye’ or not whether they are ‘newe’ or ‘before wrought’. This gives him four kinds of dream: new and bodily (which are caused by meat and drink),

63 Shakespeare, William, A Midsummer’s Night Dream, ed. by di Barbara A. Mowat & Paul Werstine,

New York, London, Toronto, Sydney, Washington Square Press, 1993, p. 171-73.

64 Si noti che non solo opere inglesi presentano tale tematica ma tutta la letteratura europea del periodo

fra XVI e XVII ne è permeata: La vida es sueño di Pedro Calderón de la Barca, El Ingenioso Hidalgo Don

Quijote de la Mancha di Miguel De Cervantes, Le Berger extravagant di Charles Sorel sono tutti illustri

esempi.

65 Per maggiori informazioni si consulti: Holand, Peter “The Interpretation of Dreams’ in the

Renaissance”, in Reading Dreams; The Interpretation of Dreams from Chaucer to Shakespeare, pp. 125-46.

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18

precedent and bodily (caused by the imbalance of the humors), precedent and not bodily (caused by cares and worries), and, the last and crucial group, new and not bodily ‘which frame the superior cause come unto the soule’.67

1.4

Restoration and Revolution: una doppia morale

Il periodo fra il 1620 e 1690 fu ricco di cambiamenti per la struttura sociale della Gran Bretagna: la tensione religiosa e politica (si ricordi, ad esempio, la Petition of Right che decretò lo scioglimento del parlamento nel 1629 e i conflitti fra le posizioni anglicane e puritane) scoppiò nel 1642 con la guerra civile che portò alla decapitazione di Carlo I e alla fondazione della Repubblica Unita di Inghilterra, Scozia e Irlanda, guidata da Oliver Cromwell. Tale tipologia di governo durò però meno di vent’anni, in quanto a partire dal 1660 ebbe luogo la “Restaurazione” della monarchia.

A cavallo fra la letteratura della corte e quella repubblicana, gli esponenti della metaphysical poetry, gruppo molto eterogeneo sul piano stilistico, passarono dall’esaltare i governanti dell’Isola a lodare l’intelletto umano, attraverso un linguaggio estremamente ricco e una sovrabbondanza di figure retoriche. Questo può essere visto fin dal capostipite di questa “scuola”, John Donne. Egli vedeva il wit come capace di razionalizzare ed esprimere ogni aspetto della vita umana, compreso quello erotico, attraverso figure che, a prima vista, potrebbero sembrare ben lontane dal significato nascosto dietro al loro significante68. Proprio in una sua poesia d’amore, The Dreame (pubblicata per la prima

volta nel 1633), l’amata viene fortemente collegata al mondo onirico. Ella lo sveglia ma “My dream thou brok'st not, but continued'st it./ Thou art so true that thoughts of thee suffice/ To make dreams truths, and fables histories;/ Enter these arms, for since thou thought'st it best,/ Not to dream all my dream, let's act the rest”69. Di tono meno esplicitamente carnale rispetto alla più famosa The Flea, Donne propone l’idea di sogno come luogo del piacere e del desiderio, che può essere acceso e concretizzato durante la veglia solo dalla donna-angelo.

67 Holand, Peter, op. cit., pp. 143-44.

68 Per maggiori informazioni sui poeti metafisici, si veda: Williamson, George, 6 Metaphysical Poets;

A Reader’s Guide, New York, Syracuse University Press, 2001.

69 Donne, John, The Dreame, in id., Poetical Works, ed. by Herbert J.C. Grierson, Oxford, Oxford

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19 Studiando i riferimenti al termine dream, si può facilmente notare la natura bipartita della cultura dell’epoca; fra i vari scritti in prosa improntati a una religiosità di matrice puritana70, uno di essi, forse il più famoso del pastore John Bunyan, presenta tale termine nel sottotitolo: The Pilgrim’s Progress from this World to that which is to come; Delivered under the Similitude of Dream Wherein is Discovered The Manner of his setting out, His dangerous Journey; And safe Arrival at the Desired Country (1678). Fin dalla copertina è chiara l’intentio auctoris: presentare al lettore il viaggio spirituale che bisogna intraprendere per arrivare al “paese desiderato”, ossia il Paradiso. Per farlo, il narratore porta l’exemplum di un sogno in cui vede un uomo che, per ripulirsi dai suoi peccati, intraprende un lungo viaggio. Ci troviamo davanti a un uso opposto del mondo onirico: mentre in Donne il sogno era luogo del possibile piacere, qui esso diventa lo spazio della salvezza, che può avvenire solo attraverso una lunga e tortuosa espiazione.

Se per Bunyan il sogno è chiaramente di ispirazione divina, Crashaw, attraverso una traduzione de La strage degli innocenti di Marino, ebbe l’occasione di descrivere un sogno demoniaco. Qui Satana è tormentato dall’avvicinarsi della nascita di Cristo e istiga Erode a compiere il massacro del titolo per cercare di sbarazzarsi del Salvatore. Per causare l’incubo al governatore della Giudea il diavolo evoca nel suo sonno l’immagine del defunto fratello, Giuseppe, attraverso la personificazione della vendetta. Questa immagine di un parente defunto che tormenta un vivo nei suoi incubi71 è presente anche in un’altra opera del medesimo periodo: Davidies di Abraham Cowley. In questo poema epico incompiuto, il re Saul viene scagliato contro Davide dalle forze infernali proprio attraverso la visione di un suo antenato. Anche il protagonista omonimo è soggetto a diversi sogni, mandati però dal Creatore: nel primo libro, viene avvertito della minaccia del re Saul mentre, nel secondo, gli viene annunciata la sua gloriosa discendenza72.

70 Diversi studiosi di letteratura e antropologi hanno ricollegato l’origine dell’American Dream ad un

testo fortemente ispirato alla cultura protestante: A Model of Christian Charity di John Winthrop. Nonostante l’uso del termine “dream”, non si tratta propriamente di un fenomeno onirico quanto piuttosto di un’utopia politica e sociale; per questo il testo non verrà trattato all’interno di questo elaborato. Per maggiori informazioni sull’origine religiosa di tale concetto, si rimanda alla lettura di Sontag, Frederick,

The Religious Origins of the American Dream, in American Journal of Theology & Philosophy, Vol. 2 (2),

1981, pp. 67-79.

71 Archetipo molto antico che non può non richiamare alla memoria il libro VII dell’Eneide, dove

Giunone richiama la Furia Aletta per far impazzire la regina Amata e Turno.

72 Cfr. Weidhorn, Manfred, Dreams in Seventeenth-century English Literature, Paris, The Hague, 1970,

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20 Una serie di sogni divini e satanici è presente anche in Paradise Lost (1667), il poema epico che riscrive la caduta di Lucifero e del genere umano. Adamo e, in particolare, Eva sono soggetti a una serie di sogni premonitori e tentatori che ne causeranno la cacciata dall’Eden. Uno degli esempi più citati è la tentazione di Eva nel libro V; la prima donna è spinta dal diavolo ad assaggiare il frutto proibito proprio attraverso una visione onirica che destabilizza la giovane, essendo diversa da ogni altro sogno esperito fino a quel punto:

O Sole in whom my thoughts find all repose, My Glorie, my Perfection [Adam], glad I see/ Thy face, and Morn return'd, for I this Night,/ Such night till this I never pass'd, have dream'd,/ If dream'd, not as I oft am wont, of thee,/ Works of day pass't, or morrows next designe,/ But of offense and trouble, which my mind/ Knew never till this irksome night.73

A questo si oppone quello descritto da Adamo nel libro VIII74, quando racconta del primo contatto con Dio e del primo sogno del genere umano, avvenuto subito dopo la Creazione. Differentemente da quello di Eva, il suo è gioioso e, in senso lato, un sogno premonitore, dato che gli viene promesso di essere il progenitore dell’intera razza umana; misterioso è invece il sogno postlapsario, ossia dopo la caduta dallo stato di grazia divina nel libro dodicesimo. In particolare, è Eva a raccontarlo al compagno, e quindi anche al lettore, affermando che “God is also in sleep, and Dreams advise,/ Which he hath sent propitious, some great good/ Presaging, since with sorrow and heart’s distress/ warried I fell asleep”75. Quest’ultimo contrasta chiaramente con l’altra esperienza onirica avuta e che ha portato all’allontanamento dal Paradiso terrestre. Nonostante una maggior distanza con il Creatore, i due non sono ancora del tutto caduti dalla sua grazia e anzi hanno ancora l’opportunità di ricevere il Suo consiglio proprio nel mondo onirico, protagonista ancora una volta della vita umana.

73 Milton, John, Paradise Lost, ed. by Christopher Ricks, London, Penguin Classics, 1989, p. 108, vv.

28-35.

74 Cfr, Ibidem, pp. 182-85, vv. 250- 369. 75 Ibidem, p. 296, vv. 611-613.

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21

1.5

Opere dell’intelletto umano al centro del XVIII secolo

L’Europa del Settecento visse una grande rivoluzione denominata Illuminismo; l’età dei lumi spostò il focus della cultura creando una riflessione fortemente antropocentrica e mettendo in dubbio molti dogmi imposti dalla Chiesa. Questo portò non solo alla creazione di nuovi generi letterari, in primis il romanzo, ma anche a una forte intertestualità con opere del passato e che mostravano lo splendore dell’intelletto umano. Questo atteggiamento di critica e approccio scientifico fu applicato anche al mondo del sonno e alle sue manifestazioni. Nel 1724, Swift afferma in una delle sue poesie:

Those Dreams that on the silent night intrude, And with false flitting Shades our Minds delude,

Jove [corsivo dell’autore] never sends us downward from the Skies,

Nor can they from infernal Mansions rise;

But all are mere Production of the Brain

And Fools consult Interpreters in Vain [corsivo mio].

For, when in bed we rest our weary Limbs, The Mind unburthen’d sports in various Whims, The busy Head with mimick Art runs o’er The Scenes and Actions of the Day before.76

L’autore muove una critica molto forte all’idea di un’origine divina dei sogni e addirittura stigmatizza chi fa ricorso ad aiuti esterni per interpretarli, dato che essi sono solo manifestazioni di eventi recenti. Questa idea non è solo espressa in On Dreams ma evocata anche in diversi altri suoi componimenti. Si prenda, ad esempio, A Beautiful Young Nymph Going to Bed: “No interpreter is required, either, for the dreams which torment Corrina, the streetwalker […]. Corrina has not yet been transported, and possibly not yet felt the Bridewell lash, but in other respects her day life and dream life are of a piece”77.

76 Swift, Jonathan, On Dreams; An Imitation of Petronius, in Swift Poetical Works, ed. by Herbert Davis,

London, Oxford University Press, 1967, p. 266.

77 DePorte, Michael, “Mere production of the brain: interpreting dreams in Swift”, in Literature and

Medicine during the Eighteenth Century, ed. by Marie Mulvey Roberts & Roy Polter, London, Routledge,

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22 Altro elemento caratteristico del XVIII secolo fu l’interesse per le grandi menti e le opere dell’antichità. Si pensi al Temple of Fame di Alexander Pope composto attorno al 1715 e chiaramente ispirato a The House of Fame di Chaucer. Entrambe le opere sono classificabili come dream vision (cfr. 1.2), sebbene Pope si rifaccia solo all’ultimo dei tre libri che componevano l’originale. Sfortunatamente, questo non permette a Pope di sviluppare un ragionamento compiuto sull'origine dei sogni, che era invece presente all’inizio dell’opera del poeta medievale.

Fra le varie opere composte da questo autore troviamo anche The Rape of the Lock. Rispetto alla precedente, Pope non si limita ad ispirarsi ad una grande opera dell’antichità ma compie un’operazione molto più complessa, creando una parodia del genere epico e dei suoi grandi esponenti, ad esempio Omero. Oltre che per la minuziosa e brillante ripresa e ribaltamento dei classici, il mock epic poem è utile ai fini di questo studio perché presenta all’inizio una lunga scena onirica. Lo spirito guardiano della protagonista, un Silfo/Silfide di nome Ariel, presenta alla sua protetta, Belinda, alcuni elementi che caratterizzano il mondo narrativo di The Rape of the Lock; ogni ragazza è protetta da simil-angeli guardiani, personificazioni dei quattro elementi, che la dovrebbe aiutare a mantenere intatto il suo onore78.

Logicamente, anche questo passaggio presenta diversi elementi ironici e parodistici a partire proprio dal sogno stesso. Come precedentemente affermato (cfr. pag. 8), nella letteratura classica i sogni venivano spesso usati come espedienti per far comunicare potenti divinità e protetti, mentre qui a visitare Belinda è lo spirito di una giovane che, proprio come l’addormentata, era un tempo una ragazza “frivola”. Inoltre, Ariel la mette in guardia da “some dread event”79 del quale però non solo non rivela la natura, ma

neanche il dove, il come e il quando accadrà, mostrandosi inappropriata nel proprio ruolo di protettrice. Inoltre il sogno viene del tutto dimenticato subito dopo, dato che “The eyes first opened on a billet-doux;/ ‘Wounds’, ‘charms’ and ‘ardours’ were no sooner read,/

But all the vision vanished from thy head”80.

78 Cfr. Pope, Alexander, The Rape of The Lock, in The Rape of the Lock and Other Major Writings, ed.

By Leo Damrosch, London, Penguin Classics, 2011, pp. 39-42, vv. 27-114.

79 Ibidem, p. 42, v. 109. 80 Ivi, vv. 118-120.

(26)

23 The Rape of The Lock ha come protagonista una nobildonna, ma durante l’età augustea è impossibile non riconoscere un consolidamento del potere della borghesia. Questa fu una delle ragioni che portò ad un cambio nella narrativa, che si allontanò dal genere del romance andando in direzione di un maggior realismo con il novel81. Uno degli esempi più significativi è il romanzo epistolare Pamela di Samuel Richardson, pubblicato per la prima volta nel 1740. La rappresentazione dei sogni della protagonista è ben diversa rispetto alla maggior parte di quelli incontrati fino a questo punto. Si noti, infatti, che l’autore non rappresenta il sogno come contatto con una forza ultraterrena ma, in linea con il pensiero di Swift, come il modo in cui la mente della protagonista esprime le preoccupazioni sollecitate dagli eventi della giornata. Esse vengono distorte e trasformate in incubi, come accade verso la fine del primo volume. La protagonista sogna due figure che la destabilizzano fortemente, Mrs. Jewkes e Colbrand, e le vede avvicinarsi maliziosamente al suo letto. Questa visione viene rafforzata dal fatto che Pamela, terrorizzata, “told her [Mrs. Jewkes] my Dream: and the wicked creature laughed, and said All I Fear’d was but a Dream, as well as that; and when it was over, and I was well awake, I should laugh at it as such”82.

1.6

Il misterioso mondo onirico nel periodo romantico

Rispetto al periodo augusteo, la letteratura fra la fine del XVIII secolo e il primo quarto del XIX poneva al centro della propria estetica e sensibilità il rapporto fra uomo e natura. Quest’ultima poteva essere vista come origine del “bello” e benefattrice dell’uomo, o come una forza incontrollabile che ricorda al genere umano la propria inferiorità, origine quindi del sentimento del “sublime”; nonostante la varietà del movimento romantico, tale dicotomia, illustrata da Burke in Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublim and Beautiful, può essere vista come centrale in questo periodo e applicata anche nell’uso di elementi onirici.

81 Per maggiori informazioni sulla nascita e lo sviluppo di tale genere si veda: Watt, Ian Pierre, The Rise

of the Novel: Studies in Defoe, Richardson and Fielding, London, Hogarth Press, 1987.

82 Richardson, Samuel, Pamela or, Virtue Rewarded, ed. by T.C. Duncan Eaves and Ben D. Kimpel,

(27)

24 Il mistero e l’indomabilità della natura sono centrali nella narrativa gotica che cercava di suscitare un piacevole terrore nella mente del lettore attraverso esseri sovrannaturali, atmosfere oscure, lande desolate e incubi. Uno degli esempi più famosi di questo genere è probabilmente Frankenstein di Mary Shelley83; l’opera del 1818 presenta un protagonista che cerca di andare oltre l’ordine naturale degli eventi e far prevalere l’intelletto sull’inevitabile decadenza del corpo. La narrazione è scandita da diversi momenti onirici con funzioni diverse: il primo è una visione dell’amata che passa dall’essere “in the bloom of health” al “corpse of my [dottor Frankestein’s] dead mother”84. Questo incubo si presta a una doppia interpretazione: esso può essere visto

semplicemente come una premonizione della morte di Elizabeth o può avere un valore più simbolico. Esso potrebbe preannunciare il disastro che aspetta il dottore se proseguirà con il suo piano per appropriarsi del dono del genere femminile di creare la vita. In entrambi i casi, esso è un’ammonizione per il suo folle desiderio di sovvertire l’ordine delle cose.

Se il Dottore ha quindi sogni che lo preavvisano di ciò che lo attende85, il mostro da lui creato manifesta la sua continua ricerca di sé e di rapporti umani anche nel sonno. Questo è evidente quando egli ammette “the fever of my blood did not allow me to be visited by peaceful dreams. The horrible scene of the preceding day was for ever acting before my eyes; the females were flying and the enraged Felix tearing me from his father’s feet”86.

Un’atmosfera cupa e l’impossibilità di distinguere chiaramente fra incubo e realtà è centrale anche in uno degli autori americani più importanti del medesimo periodo: Nathaniel Hawthorne. Ci concentreremo solo su una delle sue creazioni ossia Young Goodman Brown. Ambientato nella sua città natale, Salem, la short story focalizza l’attenzione sul giovane Brown e sul suo incontro con alcune forze demoniache, in un

83 È interessante sottolineare come la scrittrice riporti più sogni che potrebbero avere ispirato la sua

creazione più famosa. Nella registrazione del suo diario di Sunday, March 19, 1815, riporta il desiderio di poter rianimare il figlio nato morto mentre nell’estate del 1816 sognò di uno studente che aveva creato una creatura molto simile a quella presente nel romanzo. Cfr: Marshall, Julian, The Life and Letters of Mary

Wollstonecraft Shelley, Vol. I, London, Richard Bentley & Son, 1889, p. 110, 142.

84 Shelley, Mary, Frankenstein, ed. by Paul Hunter, New York, London, Norton & Company, 1996, p.

30.

85 Si noti anche la visione che avviene nel penultimo capitolo dell’opera e che preannuncia la sua morte

per mano della sua creatura.

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25 crescendo di terrore sia per il protagonista che per il lettore. Arrivato a partecipare a un vero e proprio Sabba, al quale prendono parte tutti gli abitanti del villaggio, compresa la sua fidanzata, egli sviene per ritrovarsi la mattina seguente nella sua casa. Nessuno dei suoi concittadini sembra comportarsi in modo diverso da quello ordinario e allora il dubbio fondamentale va a insinuarsi nella mente di Brown: “Had goodman Brown fallen asleep in the forest, and only dreamed a wild dream of witch-meeting?”87

La risposta a questa domanda è quindi fondamentale per interpretare l’opera; esistono alcuni indizi che suggeriscono al lettore che l’avvenimento potrebbe essere una visione onirica: primo fra tutti, il Diavolo sembra parlare per Brown, rivelandone i segreti e i timori. Inoltre, il viaggio stesso nella foresta potrebbe essere visto come un viaggio allegorico alla ricerca di se stesso, che ne mostra le paure e le ansie, caratteristica usata più volta come centrale nel sogno. D’altra parte, nonostante più elementi suggeriscano di un incontro avvenuto in uno stato dormiente, l’evento ha un effetto fortemente deleterio per il ragazzo: la sua vita e la sua relazione con l’intero villaggio è rovinata. Questo è possibile perché “per i puritani americani […] sogno e realtà non appartengono a due campi ontologici differenti: la dimensione materiale e quella dell’immaginazione si collocano sullo stesso paino, e anzi è spesso la seconda a prevalere, imponendo sulla prima la propria matrice. […] Il postulato di base è che ogni segno (o sogno) non può che essere inviato da Dio, o per sua concessione.”88

Non tutti i sogni raccontati in questo periodo sono però da accostarsi a un background religioso, anzi nella poesia romantica è possibile trovare diversi esempi di sogni “autoindotti” attraverso l’uso di droghe e allucinogeni. Questo è il caso di Kubla Kahn di Samuel Coleridge; il poema è, come suggerisce il sottotitolo, a vision in a dream. La maggior parte dell’opera si concentra sulla descrizione del palazzo e della terra dell’imperatore mongolo Kubla Kahn, con elementi misteriosi e esotici. L’autore cerca di riprodurre il “linguaggio del sogno” con delle brevi descrizioni e immagini che, in più di un’occasione, si ripetono e si intersecano l’uno con l’altro in modi che non sarebbero normalmente possibili. Il sogno, o forse sarebbe meglio dire l’allucinazione, è il luogo

87 Hawthorne, Nathaniel, Young Goodman Brown and Other Tales, ed. by Brian Harding, New York,

London, Oxford University Press, 1987, p. 123.

88 De Angelis, Valerio Massimo, “L’incubo della realtà: Young Goodman Brown di Nathaniel

Hawthorne”, in Sogno e racconto; Archetipi e funzioni, a cur. di Gabriele Cingolani & Marco Riccini, Firenze, Le Monnier, 2003, p. 271.

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26 dove l’impossibile diventa possibile attraverso l’assunzione del “milk of Paradise”89,

probabile riferimento all’uso di oppiacei90.

Una serie di visioni oniriche e di alternanze fra stati di veglia e di sonno sono fondamentali nel poema epico di Keats del 1815 The Fall Of Hyperion: A Dream. Già dalla prima stanza, il sogno viene visto come elemento caratterizzante di due gruppi diversi e contrapposti: da una parte i fanatici religiosi sognano il Paradiso mentre il sogno del poeta-profeta cerca un nuovo mondo attraverso premonizioni oniriche. La dualità del termine dream è quindi chiara: da una parte esso potrebbe essere sostituito con il termine goal e dall’altra con vision.

1.7

Una nuova golden age: il vittorianesimo

Il lungo regno della regina Vittoria (1837- 1901) segnò un periodo di splendore e cambiamento per la società inglese. Lo sviluppo avvenne in molti campi (economico, scientifico e militare) ma non fu omogeneo, portando a diverse contraddizioni sociali spesso centrali nella letteratura del periodo. La fiducia assoluta nel progresso non aveva riscontri effettivi nella realtà quotidiana come è possibile notare in diversi romanzi di Charles Dickens.

Uno dei massimi autori della letteratura inglese inserì un piccolo numero di sogni nelle sue opere (in primis David Copperfield); verrà qui presa in considerazione una lettera scritta a Cornelius Conway Fenton, professore presso l’Università di Harward. Dickens in questa lettera datata 1° settembre 184391, afferma che nessuno scrittore potrebbe mai

sognare i propri personaggi, nemmeno gli autori che li presentano in modo estremamente plausibile, come Scott, non essendo mai esistiti davvero. Poco prima, egli stesso aveva però ammesso di sognare ancora il suo soggiorno in America, dove era stato per una serie di conferenze. Il romanziere prosegue poi a raccontare un’assurdità che gli era balzata in testa qualche notte prima della stesura della lettera: la morte di un gentleman suo amico

89 Coleridge, Samuel, Kubla Kahn, in Samuel Taylor Coleridge; A Critical Edition of The Major Works,

ed. by H. J. Jackson, Oxford, New York, Oxford University Press, 1985, p. 104.

90 Le allucinazioni causate da oppio sono materia di studio in diversi studi dell’epoca. Si prenda ad

esempio The Confessions of an Opium Eater di Thomas De Quincey.

91 Cfr: Dickens, Charles, The Complete Writings of Charles Dickens, Vol. 37, Boston, Charles E. Lauriat

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