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Validazione sperimentale del fenomeno della sincronizzazione in reti di circuiti di Chua: analisi e controllo

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(1)

Universit`

a degli Studi di Napoli “Federico II”

Facolt`

a di Ingegneria

Corso di Laurea in Ingegneria Informatica

Anno Accademico 2008/2009

Tesi di Laurea

Validazione sperimentale del fenomeno

della sincronizzazione in reti di circuiti

di Chua: analisi e controllo

Relatori:

Mario di Bernardo

Massimiliano De Magistris

Correlatore: Sabato Manfredi

Candidato: Edmondo Di Tucci Matricola: 41/2249

(2)

Ad A3 che da una vita mi sta a fianco

A chi ha atteso tanto questo momento ma poi `e dovuto andar via A quanti hanno percorso con me un pezzo di vita

(3)

Il giorno dopo si present`o in mezzo a loro mentre stavano

litigando e si adoper`o per metterli d’accordo, dicendo:

Siete fratelli; perch´e vi insultate l’un l’altro?

(4)

Sommario

Scopo del documento `e presentare una validazione sperimentale del fenomeno della sincronizzazione in reti di circuiti di Chua. Nel primo capitolo vengono presentati i

circuiti di Chua come semplici circuiti elettronici che presentano un funzionamento caotico. Nel secondo capitolo viene presentato il fenomeno della sincronizzazione e

la Master Stability Function (MSF) come miglior strumento che si ha disposizione per studiare la sincronizzazione nelle reti di dispositivi caotici. Inoltre viene esteso

il campo di applicabilit`a della MSF nel caso di dispositivi quasi identici. Col terzo capitolo viene definito un indice di sincronizzazione per dire numericamente la

qualit`a della sincronizzazione e vengono fatte una serie si simulazioni in Matlab per verificare se i dati predetti dalla teoria sono rispettati. Nel quarto capitolo

i risultati del terzo capitolo vengono verificati sperimentalmente in laboratorio usando una rete di 4 Chua di cui possiamo starare a piacere un parametro (la

resistenza) e facendo una serie di misurazioni con valori diversi di accoppiamento e di staratura dei Chua. Viene inoltre data una spiegazione del fenomeno della

sincronizzazione a meno della fase quando l’accoppiamento `e debole. Nel quinto capitolo viene presentato il pinning come tecnica di controllo per forzare una rete

di dispositivi a seguire la traiettoria di uno leader. In questo caso oltre all’indice di sincronizzazione si cerca di capire quanto siano veloci i tempi di assestamento

della rete e quanta energia spende il nodo pinning per guidare la rete. Anche in questo caso i dati teorici vengono verificati sperimentalmente su reti di 4 e di 8

Chua. In simulazione viene poi fatto vedere come la teoria presentata scala su reti pi`u grandi di 12 e 50 Chua. A valle delle verifiche sperimentali viene sintetizzato

un controllore, anch’esso provato poi sperimentalmente, per ottenere determinate caratteristiche di sincronizzazione, tempi di assestamento ed energia spesa.

(5)

Indice

1 Il circuito di Chua 1 1.1 Modello fisico . . . 2 1.2 Modello adimensionale . . . 5 1.3 Simulazione di un Chua . . . 5 2 La sincronizzazione 9

2.1 La Master Stability Function . . . 10

2.1.1 Esponenti di Lyapunov in caso di discontinuit`a . . . 13

2.2 Variazione della MSF rispetto alla variazione dei parametri nominali 16

2.3 Variazione della MSF in circuiti quasi identici . . . 21

3 Verifiche in simulazione 26

3.1 Sincronizzazione di 4 Chua con valori nominali . . . 27

3.1.1 Globally Connected . . . 28

3.1.2 Nearest Neighbor . . . 31

3.2 Sincronizzazione di 4 Chua in presenza di incertezze sui parametri . 31

3.2.1 Globally Connected . . . 33

3.2.2 Nearest Neighbor . . . 35

4 Verifiche sperimentali 38

4.1 Correzione ed estensione dei diagrammi di sincronizzazione . . . 38

(6)

Indice – Indice ii

4.2 Globally Connected . . . 40

4.3 Nearest Neighbor . . . 42

5 Il Pinning 59 5.1 Nearest Neighbor . . . 61

5.2 Pinning su reti di 8 Chua. . . 68

5.2.1 Globally Connected . . . 68

5.2.2 Nearest Neighbor . . . 73

5.2.3 Hub . . . 78

5.3 Pinning su reti di 12 e 50 Chua . . . 79

5.4 Sintesi di un controllore . . . 84

(7)

Capitolo 1

Il circuito di Chua

Figura 1.1: Il prof. Leon O. Chua

Il circuito di Chua `e un circuito elettronico non lineare inventato nel 1983 dal professor Leon

Ong Chua, docente all’universit`a di Berkeley in California, e fin dalla sua invenzione `e stato uno

dei circuiti elettronici pi`u studiati al mondo [2]. La sua peculiare caratteristica `e quella di essere

un circuito autonomo che esibisce un compor-tamento caotico. Inoltre la sua economicit`a di

realizzazione l’ha fatto diventare in poco tempo

il sistema caotico per eccellenza.

Fin da quando ci si rese conto che

l’attratto-re di Lol’attratto-renz, un sistema termico e per questo poco studiabile, ha un funzionamento caotico,

si cerc`o di riprodurre quel caos in qualche altro modo tramite un circuito elettronico pi`u

facil-mente studiabile.

Nel 1984, Matsumoto che stava anche lui cercando un modo per riprodurre il caos

(8)

Capitolo 1. Il circuito di Chua – 1.1. Modello fisico 2

dell’attrattore di Lorenz, verific`o la correttezza delle equazioni del circuito di Chua (che da allora fu cos`ı battezzato) e del suo funzionamento caotico tramite

simu-lazioni [5]. La verifica sperimentale del comportamento caotico arriv`o pochi mesi dopo, ad opera di Zhong ed Ayrom [11].

Il circuito `e molto semplice ed `e composto da 2 capacit`a, una resistenza, un indut-tore e un componente non lineare. Quest’ultimo elemento ha alcune varianti nella

realizzazione ed attualmente la pi`u studiata `e quella composta da due amplificatori operazionali e 6 resistenze.

1.1

Modello fisico

Il circuito di Chua `e composto da quattro elementi lineari (un induttore, un resi-store e due capacit`a) e da un elemento non lineare detto diodo di Chua. Ha cos`ı

tutti I requisiti minimi per avere un comportamento caotico e cio`e:

• almeno tre componenti dinamici; • almeno un componente non lineare; • almeno un componente attivo.

I tre componenti dinamici sono chiaramente l’induttore e i due condensatori mentre il diodo di Chua assolve alla doppia funzione di essere non lineare e di presentare

una impedenza negativa essendo cos`ı un elemento attivo. Inoltre, grazie all’impe-denza negativa del diodo di Chua, il circuito `e anche autonomo e cio`e per il suo

funzionamento non ha bisogno di alcun forzamento esterno comportandosi quindi da circuito auto oscillante anche se caotico.

(9)

Capitolo 1. Il circuito di Chua – 1.1. Modello fisico 3

Figura 1.2: Il circuito di Chua

Dall’analisi elettrica del circuito discendono facilmente le equazioni che lo

descrivono come sistema differenziale del primo ordine:

dvC1 dt = 1 C1  1 R(vC2 − vC1) − f (vC1)  (1.1a) dvC2 dt = 1 C2  1 R(vC1 − vC2) + iL  (1.1b) diL dt = − 1 LvC2 (1.1c)

Dove f (v) `e la caratteristica tensione-corrente del diodo di Chua.

Data la realizzazione del diodo di Chua che stiamo considerando, la

(10)

Capitolo 1. Il circuito di Chua – 1.1. Modello fisico 4

Figura 1.3: Caratteristica del diodo di Chua

f (v) =              Gav se |v| ≤ q sign(v)(Gaq + Gb(|v| − q)) se q < |v| ≤ q2 sign(v)(Gaq + Gb(q2− q) + Gc(|v| − q2)) se q2 < |v| (1.2)

Dove Ga, Gb e Gc sono le conduttanze dei vari tratti e q e q2 sono le tensioni che

delimitano i cinque tratti.

Tenendo presente la realizzazione del diodo di Chua che stiamo considerando

(due amplificatori operazionali e sei resistenze come in figura 1.2) ne possiamo calcolare agevolmente i parametri. Supponendo R1, R2 pi`u piccoli di R4, R5 e R3

pi`u piccola di R6 (in modo da mandare in saturazione sempre prima il secondo

operazionale) e indicando con Vsat la tensione di saturazione degli operazionali,

otteniamo: Ga= − 1 R3 − 1 R6 , Gb = − 1 R3 + 1 R4 , Gc= 1 R1 + 1 R4 q = R6Vsat R5+ R6 , q2 = R3Vsat R2+ R3 (1.3)

A questo punto `e chiaro anche il significato fisico di q e q2 che sono le tensioni di

(11)

Capitolo 1. Il circuito di Chua – 1.2. Modello adimensionale 5

1.2

Modello adimensionale

Per avere delle equazioni pi`u facilmente trattabili e numericamente pi`u stabili per le simulazioni si ricorre al modello detto adimensionale in cui tutte le quantit`a

vengono riscalate per ottenere un sistema di equazioni appunto adimensionali. Ponendo quindi: x1 = vC1 q , x2 = vC2 q , x3 = iLR q , τ = t RC2 (1.4)

Le equazioni 1.1 del circuito diventano:

˙x1 = α(x2− x1− g(x1)) (1.5a) ˙x2 = x1− x2+ x3 (1.5b) ˙x3 = βx2 (1.5c) Avendo posto: α = C2 C1 , β = C2R 2 L (1.6)

Mentre l’equazione 1.2 del diodo di Chua diventa:

g(x) =              ax se |x| ≤ 1 sign(x)(a + b(|x| − 1)) se 1 < |x| ≤ q2adim

sign(v)(a + b(q2adim− 1) + c(|x| − q2adim)) se q2adim < |x|

(1.7) Avendo posto: a = GaR, b = GbR, c = GcR, q2adim= q2 q (1.8)

1.3

Simulazione di un Chua

Dopo aver scritto le equazioni che governano il circuito di Chua possiamo provare

(12)

Capitolo 1. Il circuito di Chua – 1.3. Simulazione di un Chua 6

circuito. Useremo per le nostre prove quelli che sono i valori classici in letteratura che danno al circuito di Chua un funzionamento caotico.

C1 = 10nF, C2 = 100nF, L = 18mH, R = 1780Ω, Vsat = 8.38V

R1 = R2 = 220Ω, R3 = 2.2KΩ, R4 = R5 = 22KΩ, R6 = 3.3KΩ

(1.9)

Con questi valori i parametri della caratteristica del diodo sono:

Ga = −0.758mS, Gb = −0.410mS, Gc = 4.600mS

q = 1.094V, q2 = 7.637V

(1.10)

Mentre i valori dei parametri per la forma adimensionale sono:

α = 10, β = 18.293, q2adim = 6.970

a = −1.348, b = −0.728, c = 8.172

(1.11)

Con questi valori l’output di simulazione `e quello di figura 1.4 e1.5

Come ci aspettavamo l’orbita `e caotica con due centri di attrazione nello spazio (orbita double scroll). Generalmente, dato che `e pi`u semplice misurare e

diagram-mare le tensioni sui due condensatori, si tende a far riferimento a quelle per i diagrammi come in figura 1.5.

(13)

Capitolo 1. Il circuito di Chua – 1.3. Simulazione di un Chua 7

(14)

Capitolo 1. Il circuito di Chua – 1.3. Simulazione di un Chua 8

(15)

Capitolo 2

La sincronizzazione

Figura 2.1: L’esperimento di Huygens

In natura esistono numerosi esempi di sistemi che presentano caratteristiche di mutua

sincro-nizzazione. Il primo esempio storicamente `e stata la sincronizzazione del moto di due

pen-doli, scoperta fatta da Christiaan Huygens nel 1673[4]. Huygens not`o che, presi due orologi a

pendolo che avevano ognuno un moto proprio e uguale anche se con piccole differenze tra di

loro, se appesi ad una trave comune (trave che

fungeva da variabile di accoppiamento) sincronizzavano il loro moto oscillando insieme in fase (o in opposizione di fase). Huygens not`o pure che questa

sincroniz-zazione aveva luogo solo se il moto disaccoppiato dei due pendoli non era troppo dissimile e se le condizioni iniziali erano simili. C’erano dunque delle condizioni

preliminari da soddisfare affinch´e il moto si potesse sincronizzare.

Esistono molteplici altri esempi del genere come: il battere delle mani di

un’ap-plauso che spesso si sincronizza; l’oscillazione della colonna d’aria di due canne d’organo vicine e della stessa intonazione (il suono si pu`o rinforzare ma anche

(16)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.1. La Master Stability Function 10

smorzare del tutto se le colonne d’aria si sincronizzano in opposizione di fase); le lucciole che brillano in sincronia.

In questo nostro studio ci concentreremo sullo studio dei fenomeni di sincroniz-zazione che avvengono accoppiando una serie di circuiti di Chua.

L’accoppia-mento avverr`a tramite la variabile di stato data dalla tensione della prima ca-pacit`a per motivi di praticit`a dato che in seguito proveremo a validare anche

sperimentalmente i risultati ottenuti in simulazione.

2.1

La Master Stability Function

Il miglior strumento per analizzare la stabilit`a della sincronizzazione tra sistemi `e

certamente la Master Stability Function teorizzata nel 1998 da Louis M. Pecora[7]. Un singolo sistema ha la classica equazione:

˙x = F (x) (2.1)

Dove x `e un vettore di d componenti ed F `e una funzione generalmente non

lineare. Accoppiando N di questi sistemi possiamo scrivere l’equazione di uno di questi N sistemi come:

˙xi = F (xi) − c Nc

X

j=1

aijΓxj, i = 1, 2 . . . Nc (2.2)

Dove xi ∈ Rn `e il vettore di stato del sistema i, lo scalare c > 0 rappresenta

l’intensit`a dell’accoppiamento e la matrice costante Γ ∈ RNc×Nc definisce quale

variabile di stato `e usata per l’accoppiamento. La matrice A = (aij) ∈ RNc×Nc

definisce la topologia della rete di accoppiamento tra i nodi. Se c’`e un collegamento tra il nodo i e il nodo j allora aij = 1 altrimenti `e nullo. Una ulteriore condizione

`

(17)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.1. La Master Stability Function 11 principale saranno: aij = − Nc X j=1,j6=i aij (2.3)

Quando tutti i nodi saranno in sincronizzazione la soluzione unica che risolve il sistema di equazioni 2.2 sar`a x1 = x2 = . . . = xNc = ¯x. Possiamo ora scrivere

l’equazione del sistema accoppiato sottoposto ad una piccola perturbazione intorno al valore di equilibrio come:

dδxi dt = J (¯x)δxi− c Nc X j=1 aijΓδxj (2.4)

Dove δxi = xi− ¯xi e J `e lo Jacobiano della funzione F .

A questo punto, potendo diagonalizzare la matrice A con un insieme di autovalori reali (λi, i = 1, 2 . . . Nc) e con i rispettivi autovettori (ei, i = 1, 2 . . . Nc) si pu`o

porre δy = Q−1δx dove Q `e una matrice che ha per colonne gli autovettori di A. Otteniamo quindi:

dδyi

dt = (J (¯x) − cλiΓ)δyi (2.5)

Ponendo ki = cλi, (i = 1, 2, . . . Nc) si pu`o riscrivere la 2.5 come:

dδy

dt = (J (¯x) − kΓ)δy (2.6)

Dalla 2.6 si possono calcolare gli esponenti di Lyapunov e il pi`u grande di

questi `e la Master Stability Function Ψ(k). Se Ψ(k) `e negativa allora un’eventua-le disturbo dello stato di sincronizzazione decrescer`a asintoticamente a zero e la

sincronizzazione verr`a mantenuta. Di contro se la MSF sar`a positiva, eventuali disturbi si amplificheranno facendo perdere del tutto la sincronizzazione.

Una volta trovato il valore ¯k per cui Ψ(¯k) = 0, ordinando gli autovalori λi come

0 = λ1 > λ2 ≥ λ3 ≥ . . . ≥ λNc, si avr`a sincronizzazione se c ≥ ¯ k λ2 . Calcolare la MSF per un sistema da sincronizzare vuol dire calcolare gli autovalori della matri-ce del sistema 2.6 che per`o presenta una dipendenza dallo stato ¯x. Non `e quindi

(18)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.1. La Master Stability Function 12

possibile calcolarli in forma chiusa ma bisogna ricorrere a delle tecniche numeri-che. Una soluzione `e quella proposta in [10] e ripresa in [3]. Si tratta di risolvere

numericamente in contemporanea l’equazione 2.1 per calcolare ¯x e l’equazione 2.6

per calcolare gli esponenti di Lyapunov. Si usa come condizione iniziale della 2.6

δy(0) = INc per avere una base di Nc vettori ortonormali che, integrando la 2.6

ruoteranno e cambieranno lunghezza. Gli esponenti di Lyapunov allora saranno

dati da: λi = lim t→∞ 1 t ln δyi(t) δyi(0) (2.7)

C’`e per`o un problema numerico da tenere in conto. Dopo un certo tempo T ,

data la precisione finita della rappresentazione numerica degli elaboratori, si pu`o avere o roundoff o overflow a seconda che gli esponenti di Lyapunov che cerchiamo

siano negativi o positivi. Per ovviare si pu`o suddividere il tempo T in n intervalli Ti e alla fine di ognuno applicare l’algoritmo di reortonormalizzazione di

Gram-Schmidt per riottenere una base ortonormale e far ripartire l’algoritmo con i nuovi valori iniziali. In questo modo gli esponenti di Lyapunov saranno:

λi = 1 T n−1 X j=0 lnδyi(Tj+1) δyi(Tj) , con T = n−1 X j=0 Tj (2.8)

Per calcolare la MSF useremo per`o una versione pi`u semplice del diodo di Chua

1.7e cio`e una versione con solo tre tratti dato che, per le simulazioni che faremo per

il calcolo della MSF, il diodo non lavorer`a mai nelle due fasce esterne. Questo ci porter`a ad alcune semplificazioni nei calcoli che fare mo in seguito. La1.7diventa

quindi: g(x) =      ax se |x| ≤ 1 sign(x)(a + b(|x| − 1)) se 1 < |x| (2.9)

(19)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.1. La Master Stability Function 13 l’equazione 1.5e la2.9 e scegliendo Γ =      1 0 0 0 1 0 0 0 1     

in modo da utilizzare solo la

prima variabile di stato per l’accoppiamento (la tensione sul primo condensatore).

dδy dt =          −α − α      a se |x1| ≤ 1 b se 1 < |x1| α 0 1 −1 1 0 −β 0          δy − k      δy1 0 0      (2.10)

Per effetto della discontinuit`a presente nel diodo di Chua, anche lo Jacobiano verr`a discontinuo quindi si pongono dei problemi sulla liceit`a di integrare la 2.10

dato che l’espressione della matrice di transizione cambia a seconda dello stato in cui ci si trova.

2.1.1

Esponenti di Lyapunov in caso di discontinuit`

a

Quando ci troviamo in presenza di discontinuit`a nelle equazioni di stato, il cal-colo degli esponenti di Lyapunov non pu`o essere fatto integrando direttamente

una equazione come la 2.10 ma vanno poste delle ulteriori condizioni nei punti di discontinuit`a come proposto da M¨uller in un suo articolo[6]. Supponendo che in

un istante t1 ci troviamo in presenza di una discontinuit`a allora, in quel punto

dobbiamo imporre in quel punto una condizione di continuit`a per l’equazione alle

(20)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.1. La Master Stability Function 14

Dato quindi il sistema descritto da:

t0 ≤ t < t1 ˙x = f1(x), x(t0) = x0 f1 ∈ C1 (2.11a)

t = t1 0 = h(x(t1)), h ∈ C1 (2.11b)

x(t+1) = g(x(t−1)), g ∈ C1 (2.11c) t1 ≤ t ˙x = f2(x), x(t1) = x(t+1), f2 ∈ C1 (2.11d)

Dove t1 `e l’istante di tempo in cui si ha la discontinuit`a, f1 ed f2 sono le funzioni

prima e dopo la discontinuit`a, h `e la funzione indicatrice della discontinuit`a e g `e

la condizione di continuit`a nell’istante di discontinuit`a. Le condizioni di continuit`a saranno:

t0 ≤ t < t1 δ ˙x = F1δ(x), δx(t0) = δx0 (2.12a)

t = t1 H(x−)f1(x−)δt = −H(x−)δx− (2.12b)

δx+= G(x−)δx−+ [G(x−)f1(x−) − f2(x−)]δt (2.12c)

t1 ≤ t δ ˙x = F2δ(x), δx(t1) = δx+ (2.12d)

Dove F1 ed F2 sono i due Jacobiani delle regioni continue prima e dopo la

disconti-nuit`a, H e G sono le derivate di h e g. Nel nostro caso abbiamo due discontinuit`a, una in 1 e l’altra in −1, entrambe attraversate in due direzioni. Analizziamo prima

la discontinuit`a in 1. f1 =      α(x2− x1− ax1) x1 − x2 + x3 −βx2      (2.13a) f2 =      α(x2− x1− a + b − bx1) x1− x2+ x3 −βx2      (2.13b) 0 = h(x(t1)) =  x1− 1 0 0  (2.13c) x(t+1) = g(x(t−1)) = x(t+1) = x(t−1) (2.13d)

(21)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.1. La Master Stability Function 15 F1 =      −α(a + 1) α 0 1 −1 1 0 −β 0      (2.14a) F2 =      −α(b + 1) α 0 1 −1 1 0 −β 0      (2.14b) H = 1 0 0  (2.14c) G =      1 0 0 0 1 0 0 0 1      (2.14d)

La funzione h descrive il passaggio per il punto di discontinuit`a mentre la g descrive

semplicemente la continuit`a delle variabili di stato che essendo grandezze fisiche sono certamente continue (tensioni sui condensatori e corrente nell’induttore). Nel

passaggio dalla zona |x| ≤ 1 a quella 1 < x, la 2.12b e la 2.12c, tenendo presente che in t = t1 vale x1 = 1, si particolarizzano in:

δt = − δx − 1 α(x2− x1− ax1) (2.15a) δx+ = δx−+      f1      1 x2 x3      − f2      1 x2 x3           δt = δx− (2.15b)

Il risultato `e che, nel punto di discontinuit`a, oltre a x, anche δx `e continuo e

questo per la particolare espressione di f1 ed f2. Nel passaggio inverso si ottiene lo

stesso risultato dato che si invertono semplicemente di ruolo f1 ed f2 nella 2.15b.

Discorso analogo si pu`o fare per l’altra discontinuit`a in −1. Quindi dato che per la particolare espressione del diodo di Chua la condizione di continuit`a `e in tutti i

(22)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.2. Variazione della MSF rispetto alla

variazione dei parametri nominali 16

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 −0.15 −0.1 −0.05 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 k Ψ (k)

Figura 2.2: Master Stability Function per valori nominali

2.2

Variazione della MSF rispetto alla variazione

dei parametri nominali

Per valori nominali pari a quelli nella possiamo integrare la 2.10 ottenendo questo andamento della MSF:

Come si vede in figura2.2 la MSF, accoppiando la prima variabile di stato dei Chua, ha un andamento monotono decrescente quindi aumentando sempre pi`u k

aumenta sempre di pi`u la sincronizzazione tra i Chua.

Nel dettaglio2.3 vediamo quindi che il valore di ¯k per cui la Ψ(k) = 0 `e 6, 087

ed `e questo il valore limite per ottenere sincronizzazione tra i Chua. Un valore pi`u grande per k migliora la sincronizzazione dato che rende pi`u negativo il maggiore

(23)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.2. Variazione della MSF rispetto alla

variazione dei parametri nominali 17

4 4.5 5 5.5 6 6.5 7 7.5 8 −0.08 −0.06 −0.04 −0.02 0 0.02 0.04 0.06 0.08 k

(24)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.2. Variazione della MSF rispetto alla

variazione dei parametri nominali 18

−5% +5%

R +4, 12% +1, 38%

C1 +7, 85% −11, 37%

C2 −6, 87% +4, 90%

L −0, 82% +1, 15%

Tabella 2.1: Variazione percentuale della MSF

esponente di Lyapunov smorzando quindi i disturbi sull’accoppiamento.

Vicever-sa, a valori minori di k corrisponde almeno un esponente di Lyapunov positivo portando alla desincronizzazione del sistema. `E interessante capire come una

va-riazione nei parametri del circuito pu`o influenzare la sincronizzazione dei Chua. Abbiamo quindi ricalcolato la MSF facendo variare di un ±5% singolarmente i

va-lori nominali dei parametri principali del circuito. Vediamo che una variazione su L `e praticamente insignificante mentre quella su C1 e C2 `e molto pi`u marcata. `E

inoltre interessante notare che la variazione su una capacit`a ha un effetto contrario rispetto a quello sull’altra. Questo perch´e, tornando al modello fisico, per come

abbiamo accoppiato i Chua, abbiamo (vedi equazione 3.3) ¯k = λ2 Rc C2R C1 e quindi, fissata una Rc di accoppiamento, aumentando C1 diminuir`a ¯k e viceversa per C2

ed R.

Per R per`o la variazione percentuale non `e cos`ı ben definita perch´e l’orbita

caotica del Chua `e molto sensibile alla variazione di R. Per questo motivo non dobbiamo aspettarci una relazione lineare tra la variazione di R e quella di Ψ(k).

Giusto per avere un’idea di quello che accade basta confrontare l’orbita del Chua per parametri nominali di figura 1.5 con quella con R diminuita del 5% di figura

2.5 dove si vede chiaramente che l’orbita sta diventando un ciclo limite perdendo la caratteristica di caoticit`a. Questo che abbiamo appena esaminato per`o `e un

(25)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.2. Variazione della MSF rispetto alla

variazione dei parametri nominali 19

5 5.2 5.4 5.6 5.8 6 6.2 6.4 6.6 6.8 7 −0.04 −0.02 0 0.02 0.04 0.06 0.08 k Ψ (k) R nom R +5% R −5%

(26)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.2. Variazione della MSF rispetto alla

variazione dei parametri nominali 20

(27)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.3. Variazione della MSF in circuiti quasi

identici 21

gli Nc dispositivi siano identici e questa `e una ipotesi troppo forte da soddisfare

nella realt`a. Anche volendo selezionare i componenti per la realizzazione dei Chua

una certa tolleranza percentuale ci sar`a sempre, soprattutto per quanto riguarda i condensatori che difficilmente avranno tolleranze inferiori al 3%.

2.3

Variazione della MSF in circuiti quasi

iden-tici

In caso di dispositivi quasi identici ci si aspetta chiaramente un peggioramento della MSF. I dispositivi andranno fuori sincronizzazione pi`u facilmente e ci

vor-ranno valori di ¯k pi`u grandi per sincronizzare dato che come gi`a not`o Huygens, per ottenere sincronizzazione `e necessario che i sistemi siano il pi`u simili possibili.

Nel 2009 Bollt e altri[9] hanno proposto con un loro articolo un metodo per avere una stima della MSF in presenza di dispositivi quasi identici. Partendo

dall’as-sunto che la F (xi) abbia una dipendenza dai parametri del circuito µi allora la2.2

diventa: ˙xi = F (xi, µi) − c Nc X j=1 aijΓxj, i = 1, 2 . . . Nc (2.16)

A questo punto perturbiamo la2.16 intorno al valore nominale di traiettoria ¯x

e ai valori nominali dei parametri ¯µ = N1

c

PNc

i µi ottenendo l’omologa equazione

della 2.4: dδxi dt = Jx(¯x, ¯µ)δxi− c Nc X j=1 aijΓδxj+ Jµ(¯x, ¯µ)δµi (2.17)

Dove Jx e Jµ sono gli Jacobiani della F (xi, µi) rispetto ai vettori di parametri

x e µ. Dopo alcuni passaggi simili a quelli per ottenere la 2.10, otteniamo: dδy

dt = (Jx(¯x, ¯µ) − kΓ)δy + Jµ(¯x, ¯µ)ψ (2.18) Con ψ = PNc

j=1eijδµj (media pesata dall’autovettore i della variazione dei

(28)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.3. Variazione della MSF in circuiti quasi

identici 22

+2% +5%

ψα +0, 64% +1, 20%

ψβ +1, 30% +3, 66%

Tabella 2.2: Variazione percentuale della MSF (¯k(ψ)) al variare dell’incertezze

Nel nostro caso i due Jacobiani saranno:

Jx(¯x, ¯µ) =          − ¯α − ¯α      a se |¯x1| ≤ 1 b se 1 < |¯x1| α 0 1 −1 1 0 − ¯β 0          (2.19a) Jµ(¯x, ¯µ) =      ¯ x2− ¯x1− g(¯x1) 0 0 0 0 −¯x2      (2.19b)

A questo punto possiamo ricalcolare la MSF tenendo in conto che i valori reali dei componenti non sono quelli nominali ma che c’`e una certa variazione

percentuale massima sui valori nominali. Dato che il modello linearizzato che usiamo dipende da soli 2 parametri, proviamo a calcolare la MSF facendo variare i

due parametri singolarmente entro un range del ±5%. In questo modo il nostro ¯k dipender`a dalle incertezze ψ che supponiamo presenti nei modelli e avremo quindi

una k(ψ).¯

Come si vede e come indicato nel lavoro di Bollt, la variazione della MSF `e

lineare con l’incertezza dei parametri (tabella 2.2 e figura 2.6) ed `e simmetrica rispetto a ψ = 0. Per questo motivo in seguito considereremo solo variazioni

positive di ψ.

Quello che sembra interessante notare `e per`o il fatto che la Ω(k, ψα) sembra

(29)

facil-Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.3. Variazione della MSF in circuiti quasi identici 23 0 0.005 0.01 0.015 0.02 0.025 0.03 0.035 0.04 0.045 0.05 6.1 6.15 6.2 6.25 6.3 6.35 ψα ψβ Ω(k,ψα) Ω(k,ψβ)

(30)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.3. Variazione della MSF in circuiti quasi identici 24 2 4 6 8 −0.05 0 0.05 −0.1 0 0.1 0.2 0.3 ψα k Ω (k, ψα ) (a) Ω(k, ψα) 2 4 6 8 −0.05 0 0.05 −0.1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 ψβ k Ω (k, ψβ ) (b) Ω(k, ψβ)

Figura 2.7: Master Stability Function in funzione di k e di ψ

mente guardando l’equazione 2.18. Quando diamo incertezze solo sul valore di

α stiamo perturbando con questa incertezza solo la prima variabile di stato che `

e anche l’unica ad essere influenzata da k dato il particolare accoppiamento che

stiamo facendo tramite la prima variabile di stato. In pratica il termine Jx(¯x, ¯µ)

pu`o essere considerato una matrice di variazione di stato, il termine kΓ come un

termine di controllo e Jµ(¯x, ¯µ) come un disturbo quindi, come si vede pure in

figu-ra , all’aumentare del guadagno k il disturbo sulla prima variabile di stato viene

attenuato. Nel caso di ψβ invece il disturbo `e, ricordando l’espressione di Jµ(¯x, ¯µ),

sulla terza variabile di stato e quindi aumentare k non influisce direttamente sul

disturbo.

Guardando la cosa invece dal punto di vista fisico del circuito, una incertezza

su α corrisponde ad una incertezza o su C1 o su C2 ma una incertezza su C2

vorrebbe dire incertezza pure in β (equazione 1.6) che per`o stiamo considerando

nulla, quindi l’incertezza su α si traduce in incertezza solo su C1. La tensione

su C1 per`o `e proprio quella che stiamo usando per l’accoppiamento ed `e quindi

quella soggetta all’azione di controllo degli altri Chua. Ne risulta che il disturbo alla sincronizzazione dato dalle incertezze su C1 pu`o essere facilmente attenuato

(31)

Capitolo 2. La sincronizzazione – 2.3. Variazione della MSF in circuiti quasi

identici 25

+5%

ψα +9, 03%

ψβ +11, 79%

Tabella 2.3: Variazione percentuale della MSF (¯k(ψ)) accoppiando vC2 al variare

dell’incertezze

aumentando leggermente la costante di accoppiamento. In ogni caso, aumentando k oltre un certo limite, l’effetto di disturbo dato dalle incertezze sui parametri

scompare del tutto. Per riprova abbiamo provato a ricalcolare la MSF accoppiano per`o i Chua tramite la tensione su C2. Facendo cos`ı, la MSF ha avuto grosso

modo la stessa sensibilit`a alle incertezze su α e β. In questo caso la MSF per valori nominali vale 0, 797.

(32)

Capitolo 3

Verifiche in simulazione

A questo punto dobbiamo validare in simulazione la stima della sincronizzazione

data dalla Master Stability Function. Per far questo, come prima cosa dobbiamo definire un indice di sincronizzazione per stimare con un numero quanto sia buona

la sincronizzazione. Definiamo quindi, nello spazio a tre dimensioni delle variabili di stato del Chua, un indice di sincronizzazione per misurare in media quanto le

traiettorie dei Chua si distanziano tra di loro. A questo scopo definiamo l’indice come: Is = 100 1 Nc 1 Ns Nc X c=1 Ns X s=1 v u u t 3 X i=1  xci(s) − ¯xi(s) ˆ xi  (3.1)

Dove Nc `e il numero dei Chua, Ns `e il numero di sample acquisiti, ¯x(s) = 1 Nc PNc c=1xc(s) `e l’orbita media e ˆx = 1 Ns PNs

s=1|¯x(s)| `e la media temporale del

va-lore assoluto dell’orbita media. Una cosa da precisare `e che per le simulazioni con i Chua non identici non si pu`o usare il modello adimensionale. Questo perch´e

nella 1.4, la costante di tempo rispetto cui si adimensionalizza, dipende da R e C2

che essendo diversi per ogni circuito porterebbero i vari Chua ad essere simulati

con una scala dei tempi diversa uno dall’altro facendo perdere il significato fisico di tempo che deve essere una quantit`a assoluta. Finora abbiamo considerato la

(33)

Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.1. Sincronizzazione di 4 Chua con valori

nominali 27

sincronizzazione in funzione del parametro k, `e giunto il momento di dare un signi-ficato fisico a questo valore. Abbiamo gi`a visto che c ≥ |λk

2| dove λ2 `e il pi`u grande

autovalore di A (la matrice di accoppiamento). Ora, tenendo presente che voglia-mo accoppiare i Chua tramite la tensione sul privoglia-mo condensatore, l’espressione

della prima equazione di un Chua accoppiato sar`a:

˙x1 = α(x2− x1− g(x1)) − c X j=1 Nca1jx1j (3.2a) ˙vC1RC2 q = C2 C1  vC2 q − vC1 q − R qg(vC1)  − c q X j=1 Nca1jvC1j (3.2b) ˙vC1C1 = 1 R (vC2 − vC1 − Rg(vC1)) − C1 RC2 cX j=1 Nca1jvC1j (3.2c)

Si capisce quindi che dimensionalmente il gruppo C1

RC2c deve essere

propor-zionale all’inverso di una resistenza (ovvero C1

RC2c ∝

1

Rc) che `e proprio quella di

accoppiamento quindi: Rc = C2 C1 R λ2 ¯ k (3.3)

3.1

Sincronizzazione di 4 Chua con valori

nomi-nali

La prima prova che facciamo `e quella di verificare che i valori di k trovati con

la MSF danno effettivamente sincronizzazione nel caso che tutti i Chua siano effettivamente identici tra loro.

Per simulare utilizzeremo come topologie di connessione la Globally Connected

(34)

Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.1. Sincronizzazione di 4 Chua con valori

nominali 28

(a) Globally Connec-ted

(b) Nearest Neighbor (c) Star (d) Array

Figura 3.1: Alcune possibili tipologie di connessione per 4 dispositivi

3.1.1

Globally Connected

Questo `e il caso in cui ogni Chua `e collegato con tutti i suoi vicini. La matrice A,

nel caso di 4 Chua diventa A =         −3 1 1 1 1 −3 1 1 1 1 −3 1 1 1 1 −3        

che presenta tre autovalori

pari a −4 (λ2 = −4). Quindi nel nostro caso, avendo stabilito in precedenza che

k = 6, 087, otteniamo una Rc limite pari a circa 11.697Ω. Simuliamo il sistema

facendo variare Rc entro il limiti ±10% dal valore dato dalla MSF con passi di

1% e diagrammiamo l’andamento dell’indice di sincronizzazione Is come definito

nella 3.1. I valori sono stati cimati ad un valore di 50 in modo da poter avere un

grafico pi`u leggibile. Comunque, come vedremo, con un indice oltre 30 non c’`e pi`u sincronizzazione. Come ci si aspetta, per valori piccoli di Rc (e quindi valori

di k grandi) c’`e molto forzamento nell’accoppiamento e gli autovalori diventano tutti negativi dando un’ottima sincronizzazione. Effettivamente il valore di Rc

calcolato con la MSF `e quello che separa la zona di sincronizzazione da quella di non sincronizzazione.

Un fenomeno interessante `e quello che si vede facendo aumentare Rcmolto oltre

(35)

improvvisa-Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.1. Sincronizzazione di 4 Chua con valori

nominali 29

Figura 3.2: Andamento dell’indice di sincronizzazione al variare di Rc nel caso

(36)

Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.1. Sincronizzazione di 4 Chua con valori

nominali 30

(a) Sincronizzazione con Rc minore di quella

della MSF

(b) Sincronizzazione con Rcpari a quella della

MSF

(c) Sincronizzazione con Rc maggiore di

quella della MSF

(d) Sincronizzazione con Rc molto maggiore

a quella della MSF

(37)

Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.2. Sincronizzazione di 4 Chua in

presenza di incertezze sui parametri 31

mente, migliora. In figura3.3dsi capisce cosa sta succedendo: i Chua modificano il loro regime di funzionamento; da un’orbita caotica si passa ad un’orbita periodica.

Analizzeremo meglio questa cosa nel capitolo seguente.

3.1.2

Nearest Neighbor

Questo `e il caso in cui ogni Chua `e collegato solo ai due pi`u vicini a formare un

anello. La matrice A, nel caso di 4 Chua diventa A =         −2 1 0 1 1 −2 1 0 0 1 −2 1 1 0 1 −2         che

presenta due autovalori pari a −2 e uno pari a −4 (quindi λ2 = −2). Otteniamo

allora una Rc limite pari a circa 5849Ω.

Anche in questo caso si possono ripetere i ragionamenti fatti nel caso

prece-dente. Il limite dato dalla MSF si dimostra ancora una volta valido.

3.2

Sincronizzazione di 4 Chua in presenza di

incertezze sui parametri

Proviamo ora a capire quanto `e buono il calcolo di k della MSF in caso di in-certezze sui parametri. I calcoli che abbiamo fatto sono stati fatti sul modello

adimensionale dei Chua e quindi sui parametri α e β. Nel modello fisico invece queste quantit`a corrispondono, secondo la 1.6, a C1, C2, R e L. Faremo quindi

adesso una serie di simulazioni introducendo una incertezza su ognuno di questi parametri (tranne che per L che abbiamo visto influenza poco la sincronizzazione

per l’accoppiamento che stiamo facendo) in modo che δP arP ar

<  dove P ar `e il va-lore nominale del parametro che andiamo a starare e  `e la staratura percentuale

(38)

dia-Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.2. Sincronizzazione di 4 Chua in

presenza di incertezze sui parametri 32

Figura 3.4: Andamento dell’indice di sincronizzazione al variare di Rc nel caso

(39)

Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.2. Sincronizzazione di 4 Chua in

presenza di incertezze sui parametri 33

Rc ε 0.95 1 1.05 1.1 1.15 1.2 x 104 0% 5% 10% 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Figura 3.5: Indice di sincronizzazione, caso GC, incertezze su C1

grammi dove sull’asse delle ascisse avremo Rc, su quello delle ordinate l’ massimo

e rappresenteremo con un colore l’indice di sincronizzazione. Inoltre simuleremo utilizzando valori per le incertezze fino al 15% anche se le approssimazioni fatte

per il calcolo della MSF nel capitolo precedente valevano per circuiti quasi identici ovvero per variazioni piccole intorno ai valori nominali. Dalle figure 3.5, 3.7 e 3.8

vedremo che le approssimazioni sono effettivamente buone fino al 5% e che oltre si perde del tutto la sincronizzazione. Questo per`o non accade se le incertezze

sono su R (figure 3.6 e 3.9). Questo perch´e, con alte incertezze su R, i Chua, come vedremo nel capitolo seguente, modificano la loro orbita che diventa pseudo

periodica e mantengono la sincronizzazione.

3.2.1

Globally Connected

Imponiamo inizialmente una incertezza su C1 che, come detto in precedenza, `e

le-gata solo al parametro α. La MSF nel caso ideale ci dava una Rclimite pari a circa

(40)

Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.2. Sincronizzazione di 4 Chua in

presenza di incertezze sui parametri 34

Rc ε 0.95 1 1.05 1.1 1.15 1.2 x 104 0% 5% 10% 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Figura 3.6: Indice di sincronizzazione, caso GC, incertezze su R

un poco oltre (fino a circa 11.800Ω). Dalla tabella 2.2 poi si vede che, nel caso di

incertezza massima sui parametri del 5%, bisogna forzare la sincronizzazione tra i Chua con una Rc pi`u piccola del 1, 20% (ovvero aumentare k) che corrisponde

circa a 11.400Ω. Disegnando quindi una retta tra questi due valori vediamo che l’andamento della sincronizzazione, considerando come limite per la

sincronizza-zione un indice pari a circa 30) effettivamente segue un andamento lineare pari a quello predetto.

Imponiamo ora una incertezza su R che come sappiamo `e legata al parametro β. Possiamo fare un discorso analogo a quello per C1. Tracciamo una retta tra il

valore della Rc nel caso ideale e quello della Rc quando abbiamo una incertezza

del 5% su β che corrisponde a circa 11.000Ω. Anche in questo caso l’andamento `e

lineare come predetto.

Imponiamo ora una incertezza su C2. In questo caso C2 `e legata sia a α che a

β e, dato che abbiamo sempre considerato separatamente incertezze su α e su β, non abbiamo un valore di riferimento da confrontare. Abbiamo per`o detto che le

(41)

Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.2. Sincronizzazione di 4 Chua in

presenza di incertezze sui parametri 35

Rc ε 0.95 1 1.05 1.1 1.15 1.2 x 104 0% 5% 10% 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Figura 3.7: Indice di sincronizzazione, caso GC, incertezze su C2

incertezze su α sono meno significative rispetta a quelle su β per cui proviamo a

considerare un limite per la Rccome se variasse soltanto β. Come ci aspettavamo,

all’aumentare dell’incertezza, la sincronizzazione peggiora pi`u rapidamente che nei

due casi precedenti anche se l’indice di sincronizzazione rimane comunque inferiore a 30 nella zona destra del grafico e quindi entro i valori predetti di sincronizzazione.

3.2.2

Nearest Neighbor

Anche in questo caso faremo le stesse considerazioni fatte nel caso precedente. Abbiamo visto che il limite per Rc per avere sincronizzazione `e circa 5.900Ω come

si vede in figura 3.4. Questo si traduce in un limite per Rc, con incertezze sui

parametri del 5%, di circa 5.800Ω nel caso di incertezze su α e di circa 5.680Ω nel

caso di incertezze su β.

Imponiamo quindi prima una incertezza su C1. Vediamo che l’andamento `e

lineare ed entro i limiti che ci aspettavamo.

(42)

Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.2. Sincronizzazione di 4 Chua in

presenza di incertezze sui parametri 36

Rc ε 4800 5000 5200 5400 5600 5800 6000 0% 5% 10% 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Figura 3.8: Indice di sincronizzazione, caso NN, incertezze su C1

Rc ε 4800 5000 5200 5400 5600 5800 6000 0% 5% 10% 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

(43)

Capitolo 3. Verifiche in simulazione – 3.2. Sincronizzazione di 4 Chua in

presenza di incertezze sui parametri 37

l’andamento `e si grosso modo lineare ma il grafico presenta dei buchi piuttosto evidenti in cui l’indice di sincronizzazione ridiventa buono. Questo accade perch´e,

come gi`a visto in tabella2.1, variare R vuol dire variare sensibilmente il funziona-mento del Chua. Evidentemente, dato che stiamo considerando una rete piccola di

soli 4 dispositivi e che nella configurazione Nearest Neighbor i singoli Chua sono connessi solo ai loro diretti vicini, sta accadendo che i Chua si sincronizzino

local-mente a due a due e che i due gruppi a loro volta sono in quasi sincronizzazione. Una situazione come questa fa migliorare di colpo l’indice di sincronizzazione che

(44)

Capitolo 4

Verifiche sperimentali

Dopo aver validato in simulazione i risultati ottenuti tramite la Master Stability

Function nel caso Near Identical proviamo una validazione sperimentale sul cam-po. A tal proposito utilizziamo un setup di 4 circuiti di Chua dove, tramite una

connessione USB, possiamo pilotare una resistenza variabile su ogni Chua in modo da poter variare la variabile R di ciascun Chua. In questo modo possiamo validare

sperimentalmente i dati ottenuti starando opportunamente le R. Tra l’altro questo sembra essere anche il caso pi`u interessante da analizzare dato che fino ad oltre il

15% di errore nel parametro R sembra ancora esserci linearit`a nel peggioramento della sincronizzazione (figure 3.6 e 3.9) mentre negli altri casi, starando gli altri

componenti, oltre il 5% si perde del tutto la sincronizzazione (figure 3.5,3.7 e3.8).

4.1

Correzione ed estensione dei diagrammi di

sincronizzazione

Per effettuare un’analisi migliore dei dati raccolti abbiamo dovuto allargare i grafici

3.6 e 3.9 fino a portare Rc a circa 15.000Ω per il primo e a 7.500Ω per il secondo

(45)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.1. Correzione ed estensione dei

diagrammi di sincronizzazione 39

il tutto perch´e dai dati sperimentali i Chua si sincronizzavano per valori di Rc

superiori a quelli dati dalla teoria.

Questo si spiega facilmente se si ricorda la tabella2.1 dove avevamo visto che, se tutte le C1 sono pi`u grandi o se tutte le C2 sono pi`u piccole di quella nominale

di solo qualche punto percentuale allora la Master Stability Function ci dice che la rete `e molto pi`u facilmente sincronizzabile. I circuiti che stiamo utilizzando per le

verifiche utilizzano delle capacit`a con tolleranze nominali del 5% che vengono tutte dalla stessa partita. Abbiamo quindi misurato il valore di circa trenta capacit`a per

ciascuno dei valori dei condensatori e abbiamo visto che la tolleranza in un certo qual modo `e polarizzata. Infatti le C1 presentano una capacit`a media superiore

alla nominale del 2, 78% e le C2 una capacit`a inferiore dello 0, 54%1.

A questo punto abbiamo ricalcolato la Master Stability Function con questi nuovi

valori e abbiamo trovato che la Ψ(k) = 0 per un valore di ¯k che `e passato da 6, 087 a 5, 66 portando quindi le Rc limite nei due casi a 12.690Ω e a 6.345Ω.

Abbiamo quindi rifatto le simulazioni utilizzando per i Chua questi nuovi valori delle capacit`a trovate e rifatto le figure 3.6 e 3.9. Inoltre abbiamo ridotto i colori

a tre in modo da identificare tre fasce: una di sincronizzazione certa, una di non sincronizzazione e una intermedia dove la sincronizzazione non `e puntualmente

predicibile (figure 4.2 e 4.3).

Per avere una migliore stima dell’errore massimo di sincronizzazione possiamo

calcolare una stima del limite superiore di questo errore come indicato in [9]. Partendo dall’equazione dδydt = (J (¯x) − kΓ)δy possiamo scriverne la soluzione nel

tempo come δy(t) = Φ(t) ∗ δy(0) dove la matrice di transizione Φ(t) pu`o essere massimizzata da:

kΦ(t)k ≤ γe−λt (4.1)

1Le C

(46)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.2. Globally Connected 40 0 100 200 300 400 500 600 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 t || Φ (t)|| γ=1.1 λ=3.5*10−3 ||Φ(t)|| γ e−λ t (a) kΦ(t)k 0 100 200 300 400 500 600 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 t ||J µ || (b) kJµ(¯x, ¯µ)k Figura 4.1: Massimizzazione di kΦ(t)k e kJµ(¯x, ¯µ)k

In figura 4.1a vediamo diagrammata la kΦ(t)k e la funzione γe−λt che la mas-simizza. Otteniamo cos`ı i due valori per γ e per λ.

A questo punto possiamo calcolare la stima dell’errore di sincronizzazione come

kδy(t)k ≤ γ

λsup kJµ(¯x, ¯µ)kkΨk (4.2)

Il limite superiore per l’errore `e quindi lineare con la norma delle incertezze. Abbia-mo quindi errore nullo con incertezze nulle e, con in valori di γ, λ e sup kJµ(¯x, ¯µ)k

calcolati in 4.1, imponendo una incertezza del 10% otteniamo un limite superiore per l’errore di circa 22 che riportato sui grafici ci consente di tracciare le linee

tratteggiate in figura 4.2 e4.3.

4.2

Globally Connected

Come nel capitolo precedente analizziamo prima il caso completamente connesso.

Abbiamo fatto una serie di misurazioni facendo variare la resistenza Rc di

(47)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.2. Globally Connected 41 Rc ε 1.05 1.1 1.15 1.2 1.25 1.3 1.35 1.4 1.45 1.5 x 104 0% 5% 10% 15% 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

Figura 4.2: Indice di sincronizzazione con incertezze su R

ogni misurazione abbiamo salvato le serie temporali dei segnali e calcolato l’indice

di sincronizzazione. Poi abbiamo messo sul diagramma visto in precedenza i punti ottenuti come si vede in figura 4.2.

Saltano subito all’occhio due cose guardando la figura4.2.

Innanzitutto il diagramma, nella zona in cui `e stato allargato, presenta un’ampia

area azzurra, segno che i Chua sono in sincronizzazione. Questo sembra strano ma ne daremo una spiegazione nel paragrafo successivo (4.3).

Altra cosa interessante da notare `e che l’effetto negativo sulla sincronizzazione dato dalla staratura delle R dei Chua `e molto ben compensato dalla topologia della rete.

Infatti, essendo ogni Chua collegato con tutti gli altri, `e pi`u difficile, a parit`a di Rc, che si perda la sincronizzazione anche in presenza di R molto differenti tra

(48)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 42

loro.

4.3

Nearest Neighbor

Questa seconda topologia sembra essere pi`u interessante della precedente dato che

l’effetto negativo sulla sincronizzazione dato dalle R starate non `e tanto mascherato dalla topologia della rete.

Per un’analisi migliore dei dati ottenuti ci limiteremo ad analizzare solamente 5 gruppi di punti cos`ı suddivisi:

• A, punti di forte sincronizzazione

• B, punti di sincronizzazione a ridosso del limite di sincronizzazione

• C, punti di non sincronizzazione a ridosso della fascia di sincronizzazione incerta

• D, punti di non sincronizzazione

• E, punto di non sincronizzazione con orbita periodica

Per ogni punto confronteremo i risultati sperimentali con le simulazioni Matlab e

Spice diagrammando l’andamento temporale delle vC1i e vC2i con i = 1, 2, 3, 4 e

se-gnando il valore dell’indice di sincronizzazione Is. Dove necessario diagrammeremo

anche l’orbita dei Chua nel piano vC1ivC2i.

Nelle due serie di punti, A5, A10, B5 e B10 (figure 4.4, 4.5,4.7 e 4.8),

l’anda-mento temporale `e pressoche identico nei due simulatori e nei dati sperimentali. I Chua si sincronizzano e i valori degli indici di sincronizzazione sono comparabili

tra loro. In figura 4.6 si vede che i Chua si sincronizzano su un’orbita caotica. Nel punto C5 (figura 4.9), che si trova oltre il limite dato dalla MSF, come c’`e

(49)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 43 Rc ε 5500 6000 6500 7000 7500 0% 5% 10% 15% 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 A10 A5 B10 B5 C5 C10 D10 D5 E5

(50)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 44 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −4 −2 0 2 4 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1 −0.5 0 0.5 1 (a) Matlab Is= 5 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −4 −2 0 2 4 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −1 −0.5 0 0.5 1 (b) Spice Is= 6 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −4 −2 0 2 4 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1 −0.5 0 0.5 1 (c) Sperimentali Is= 5

(51)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 45 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −4 −2 0 2 4 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1 −0.5 0 0.5 1 (a) Matlab Is= 10 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −4 −2 0 2 4 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −1 −0.5 0 0.5 1 (b) Spice Is= 11 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −5 0 5 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1 −0.5 0 0.5 1 (c) Sperimentali Is= 7

(52)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 46 −4 −3 −2 −1 0 1 2 3 4 −1 −0.8 −0.6 −0.4 −0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 Is=5 (a) Matlab −4 −3 −2 −1 0 1 2 3 4 −1 −0.8 −0.6 −0.4 −0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 Is=10 (b) Spice −4 −3 −2 −1 0 1 2 3 4 −0.8 −0.6 −0.4 −0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 Rc=5200Ωε=5 Is=5 (c) Sperimentali

Figura 4.6: A5, punto di forte sincronizzazione con tolleranze al 5%

Una cosa diversa avviene invece nel punto C10 (figura 4.10). In questo punto

i Chua sono al limite della sincronizzazione. Questo accade perch´e una Rc pi`u

piccola fa migliorare la sincronizzazione pi`u di quanto l’errore sui parametri la

fa peggiorare. Daltronde abbiamo definito i punti in questa fascia come punti di sincronizzazione incerta. Sono dei punti che si trovano oltre il limite dato dalla

MSF ma in cui comunque l’errore di sincronizzazione dovrebbe restare limitato. Nelle figure4.11e 4.12si comincia a vedere una cosa interessante. Pi`u

aumen-tano incertezze ed Rc e pi`u le orbite dei Chua tendono ad un regime periodico.

Nei punti D5 e D10 (figure 4.13 e 4.14) assistiamo ad un fatto strano. Le

si-mulazioni Matlab danno i Chua perfettamente sincronizzati mentre le sisi-mulazioni Spice e i dati reali danno i Chua completamente fuori sincronia. Per capire

me-glio dobbiamo guardare anche le figure 4.15 e 4.16. Nelle simulazioni Matlab i Chua hanno assunto un’orbita periodica si sono sincronizzati perfettamente.

An-che nelle simulazioni Spice i Chua hanno assunto un’orbita periodica ma non sono sincronizzati anche se, guardando la figura 4.16b non sembrerebbe cos`ı. Anche

i dati sperimentali ci fanno vedere delle orbite pi`u o meno periodiche anche se molto disturbate. In definitiva, all’aumentare di Rc, le orbite tendono ad essere

periodiche.

(53)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 47 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −4 −2 0 2 4 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1 −0.5 0 0.5 1 (a) Matlab Is= 11 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −4 −2 0 2 4 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −1 −0.5 0 0.5 1 (b) Spice Is= 7 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −4 −2 0 2 4 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1 −0.5 0 0.5 1 (c) Sperimentali Is= 5

Figura 4.7: B5, punti di sincronizzazione a ridosso del limite di sincronizzazione

(54)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 48 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −6 −4 −2 0 2 4 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1 −0.5 0 0.5 1 (a) Matlab Is= 15 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −5 0 5 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −1 −0.5 0 0.5 1 (b) Spice Is= 15 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −5 0 5 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1 −0.5 0 0.5 1 (c) Sperimentali Is= 10

Figura 4.8: B10, punti di sincronizzazione a ridosso del limite di sincronizzazione

(55)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 49 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −5 0 5 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −2 −1 0 1 2 (a) Matlab Is= 82 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −2 −1 0 1 2 3 4 5 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −2 −1 0 1 2 (b) Spice Is= 388 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −4 −3 −2 −1 0 1 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 (c) Sperimentali Is= 122

Figura 4.9: C5, punti di non sincronizzazione a ridosso della fascia di

(56)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 50 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −4 −2 0 2 4 6 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1 −0.5 0 0.5 1 (a) Matlab Is= 22 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −5 0 5 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −1 −0.5 0 0.5 1 (b) Spice Is= 23 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −2 −1 0 1 2 3 4 5 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 (c) Sperimentali Is= 37

Figura 4.10: C10, punti di non sincronizzazione a ridosso della fascia di

(57)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 51 −5 −4 −3 −2 −1 0 1 2 3 4 5 −2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2 Is=82 (a) Matlab −2 −1 0 1 2 3 4 5 −2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2 Is=388 (b) Spice −4 −3 −2 −1 0 1 2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 Rc=6500Ωε=5 Is=122 (c) Sperimentali

Figura 4.11: C5, punti di non sincronizzazione a ridosso della fascia di

sincronizzazione incerta con tolleranze al 5%

−4 −3 −2 −1 0 1 2 3 4 5 −1 −0.8 −0.6 −0.4 −0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 Is=22 (a) Matlab −5 −4 −3 −2 −1 0 1 2 3 4 5 −1 −0.8 −0.6 −0.4 −0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 Is=23 (b) Spice −2 −1 0 1 2 3 4 5 6 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 Rc=6300Ωε=10 Is=37 (c) Sperimentali

Figura 4.12: C10, punti di non sincronizzazione a ridosso della fascia di

(58)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 52 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −10 −5 0 5 10 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −10 −5 0 5 10 (a) Matlab Is= 5 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −5 −4 −3 −2 −1 0 1 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −2 −1 0 1 2 (b) Spice Is= 426 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1 0 1 2 3 4 5 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 (c) Sperimentali Is= 274

(59)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 53 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −10 −5 0 5 10 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −10 −5 0 5 10 (a) Matlab Is= 9 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −3 −2 −1 0 1 2 3 0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 −2 −1 0 1 2 (b) Spice Is= 6.224 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −2 0 2 4 6 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 (c) Sperimentali Is= 72

(60)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 54 −8 −6 −4 −2 0 2 4 6 8 −8 −6 −4 −2 0 2 4 6 8 Is=5 (a) Matlab −5 −4 −3 −2 −1 0 1 −2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2 Is=426 (b) Spice −1 0 1 2 3 4 5 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 Rc=7000Ωε=5 Is=274 (c) Sperimentali

Figura 4.15: D5, punti di non sincronizzazione con tolleranze al 5%

−8 −6 −4 −2 0 2 4 6 8 −8 −6 −4 −2 0 2 4 6 8 Is=9 (a) Matlab −3 −2 −1 0 1 2 3 −2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2 Is=6224 (b) Spice −2 −1 0 1 2 3 4 5 6 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 Rc=7000Ωε=10 Is=72 (c) Sperimentali

(61)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 55 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −10 −5 0 5 10 0.05 0.051 0.052 0.053 0.054 0.055 0.056 0.057 0.058 0.059 0.06 −10 −5 0 5 10 (a) Matlab Is= 5 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2 x 10−3 −3 −2 −1 0 1 2 3 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2 x 10−3 −2 −1 0 1 2 (b) Spice Is= 12.468 0.05 0.0505 0.051 0.0515 −4 −2 0 2 4 0.05 0.0505 0.051 0.0515 −2 −1 0 1 2 (c) Sperimentali Is= 1.149

Figura 4.17: E5, punto di non sincronizzazione con orbita periodica con tolleranze

(62)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 56 −8 −6 −4 −2 0 2 4 6 8 −8 −6 −4 −2 0 2 4 6 8 Is=5 (a) Matlab −3 −2 −1 0 1 2 3 −2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2 Is=12468 (b) Spice −4 −3 −2 −1 0 1 2 3 −2 −1.5 −1 −0.5 0 0.5 1 1.5 2 Rc=7500Ωε=5 Is=1149 (c) Sperimentali

Figura 4.18: E5, punto di non sincronizzazione con orbita periodica con tolleranze al 5%

molto pi`u grande. Il punto E5 infatti, `e molto al di l`a della zona di sincronizzazione.

Guardando la figura 4.18 i Chua sembrano in sincronia su orbite periodiche ma guardando meglio le serie temporali in figura 4.17 vediamo che le orbite sono si

periodiche ma, in Spice e nei dati sperimentali, sono sfasate tra di loro di 90◦ l’una dall’altra.

Le orbite dei Chua hanno quindi lo stesso andamento temporale a meno della fase e questa si potrebbe certamente considerare una forma di sincronizzazione (`e

il motivo per cui in figura 4.3 abbiamo indicato il punto in viola anzich´e in rosso). Noi per`o stiamo usando un concetto di sincronizzazione pi`u forte, le orbite devono

essere uguali istante per istante e quindi questi punti devono essere considerati fuori sincronizzazione.

Da tutte queste analisi emerge che, come ci si poteva aspettare, il modello utilizzato per le simulazioni da Spice `e migliore e pi`u aderente alla realt`a rispetto

a quello che abbiamo utilizzato in Matlab. Uno dei limiti del modello Matlab usato `

e che non si tiene conto di tutte le dinamiche presenti nel circuito complessivo.

Ad esempio (figura4.19) la tensione vC1 di un Chua passa attraverso la Rc e va

a finire sulla C1 di un’altro Chua. In questo modo la Rc e la C1 formano un filtro

(63)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 57

Figura 4.19: Schema del filtro RC

(con Rc = 7.000Ω e C1 = 10µF ). Ricordando che la vC1 ha come contenuto in

frequenza un picco proprio intorno ai 3KHz possiamo allora dire che un Chua vede la tensione dell’altro Chua con un certo ritardo e che parte del contenuto in

frequenza del segnale arriva attenuato. Questo vuol dire che la relazione 2.2 deve essere riscritta come:

˙xi = F (xi) − c

Nc

X

j=1 j6=i

aij(fRcC1(Γxj) − Γxi), i = 1, 2 . . . Nc (4.3)

dove fRcC1 `e la funzione che descrive il filtro RC.

Utilizzando questa espressione riusciamo ad ottenere lo stesso andamento

pe-riodico e sfasato nel punto E5 che abbiamo nel caso reale e nelle simulazioni Spice come si pu`o vedere in figura 4.20.

(64)

Capitolo 4. Verifiche sperimentali – 4.3. Nearest Neighbor 58 0.038 0.0382 0.0384 0.0386 0.0388 0.039 0.0392 0.0394 0.0396 0.0398 0.04 −4 0 4 −4 0 0.038 0.0382 0.0384 0.0386 0.0388 0.039 0.0392 0.0394 0.0396 0.0398 0.04 −2 0 2 −2 0

(65)

Capitolo 5

Il Pinning

Il pinning consiste nel pilotare (pinning) una rete di dispositivi tramite un’altro

dispositivo detto leader. Il leader `e collegato in modo unidirezionale a uno o pi`u dispositivi della rete e tenta di forzare la rete a seguire la propria traiettoria.

Tenendo presente la rete di Chua dell’equazione 2.2 possiamo aggiungervi il nodo di pinning in questo modo [8]:

˙xi = F (xi) − c Nc X j=1 aijΓxj− c Nc X j=1 pΓ(xp− xi)ηi, i = 1, 2 . . . Nc (5.1)

dove xp `e la traiettoria del nodo di pinning, p `e il guadagno del link di pinning

rispetto agli altri link della rete e η = [η1, η2, . . . , ηNc] `e un vettore il cui elemento

(a) Globally Connected (b) Nearest Neighbor

Figura 5.1: Alcune possibili topologie di connessione per 4 dispositivi con pinning

(66)

Capitolo 5. Il Pinning – 60

i-esimo vale 1 se su quel nodo si effettua pinning, 0 altrimenti. Possiamo inglobare il nodo di pinning nella matrice A in modo da ricondurci al caso gi`a trattato.

Utilizziamo perci`o una nuova matrice Ap = (apij) ∈ RNc+1×Nc+1 che ha questa

forma: Ap =   A − diag(η)p ηp 0 0   (5.2)

A questo punto, sostituendo la matrice A con la matrice Ap otteniamo:

˙xi = F (xi) − c Nc+1

X

j=1

apijΓxj, i = 1, 2 . . . Nc+ 1 (5.3)

La 5.3 `e formalmente identica alla 2.2; ci siamo quindi ricondotti al caso gi`a

stu-diato nei capitoli precedenti e valgono quindi tutti i ragionamenti e i calcoli gi`a fatti. L’unica differenza `e che i dispositivi non si sincronizzeranno pi`u su di una

traiettoria ¯x non nota a priori ma si sincronizzeranno tutti rispetto al Chua leader che fa pinning e cio´e avremo x1 = x2 = . . . = xNc = xp. In particolare, dato che

il calcolo della MSF sia nel caso di circuiti identici che in presenza di incertezze prescinde dalla topologia della rete, continueremo ad avere un valore per k ' 5, 66

che crescer`a linearmente con le incertezze. Inoltre varr`a ancora il discorso sul limite superiore per l’errore di sincronizzazione con gli stessi valori calcolati in

precedenza.

Dato che la matrice Ap dipende dal guadagno di pinning p allora anche i suoi

autovalori dipenderanno da p ed in particolare λ2(p) dipender`a da p. C’`e da

chiedersi per`o in che modo il guadagno p influenzi la matrice Ap e quindi i suoi

autovalori. La prima cosa che andiamo a notare `e che per sincronizzare la rete bisogna che si verifichi la disuguaglianza:

cλ2(p) ≥ k (5.4)

Mentre prima per soddisfare la disuguaglianza potevamo agire solo su c dato che

(67)

Capitolo 5. Il Pinning – 5.1. Nearest Neighbor 61

λ2(p) ed abbiamo quindi un grado di libert`a in pi`u da poter sfruttare per ottenere

sincronizzazione. A differenza di c che possiamo, almeno teoricamente, scegliere

grande a piacere, per λ2(p) non `e cos`ı. In [1] viene dato come limite superiore

λ2 < dmin dove dmin `e il numero di link relativi al nodo che ha meno link (vale

quindi dmin = min apii, i = 1, 2 . . . Nc + 1). Si capisce quindi che l’unico caso

in cui possiamo scegliere λ2(p) grande a piacere `e quando facciamo pinning su

tutti i nodi che `e per`o un caso poco interessante dato che la sincronizzazione `e totalmente indipendente dalla rete (al limite si potrebbero avere N c Chua isolati

ognuno pilotato dal leader ). Nel caso Nearest Neighbor, dove gli elementi apii

valgono −2 − p se sul nodo i-esimo si fa pinning e −2 altrimenti, λ2(p) sar`a sempre

limitato da −2 tranne nel caso in cui si faccia pinning su tutti i nodi nel qual caso sar`a limitato da −2 − p. In figura 5.2 si vede l’andamento di λ2(p) al crescere

di p. Nel caso si faccia pinning su pi`u di un nodo il limite dato da λ2 < dmin

`

e molto buono mentre si rivela un po’ troppo conservativo nel casi di pinning su

un solo dispositivo. Torniamo adesso al circuito fisico e diamo un significato ai guadagni c e p. L’espressione di Rcdata in3.3rimane pressoche uguale sostituendo

semplicemente λ2(p) al posto di λ2 ottenendo quindi:

Rc= C2 C1 R λ2(p) ¯ k (5.5)

Per come abbiamo definito p (una frazione del guadagno dei link della rete),

l’espressione di Rp `e: Rp = Rc p = C2 C1 R λ2(p) ¯ kp (5.6)

5.1

Nearest Neighbor

Fissiamo ora come topologia di connessione quella Nearest Neighbor che abbiamo analizzato nel capitolo precedente e facciamo pinning su un solo nodo come in

(68)

Capitolo 5. Il Pinning – 5.1. Nearest Neighbor 62 0 20 40 60 80 100 −0.7 −0.6 −0.5 −0.4 −0.3 −0.2 −0.1 0 p λ2

(a) Pinning su 1 Chua (min λ2' −0, 58)

0 20 40 60 80 100 −2 −1.8 −1.6 −1.4 −1.2 −1 −0.8 −0.6 −0.4 −0.2 0 p λ2

(b) Pinning su 2 Chua (min λ2' −1, 98)

0 20 40 60 80 100 −2 −1.8 −1.6 −1.4 −1.2 −1 −0.8 −0.6 −0.4 −0.2 0 p λ2

(c) Pinning su 3 Chua (min λ2' −1, 99)

0 20 40 60 80 100 −100 −90 −80 −70 −60 −50 −40 −30 −20 −10 0 p λ2

(d) Pinning su 4 Chua (min λ2' −p)

(69)

Capitolo 5. Il Pinning – 5.1. Nearest Neighbor 63 Rc Rp 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 100 200 300 400 500 600 700 800 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 (a)  0% Rc Rp 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 100 200 300 400 500 600 700 800 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 (b)  5% Rc Rp 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 100 200 300 400 500 600 700 800 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 (c)  10% Rc Rp 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 100 200 300 400 500 600 700 800 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 (d)  15%

Figura 5.3: Pinning al variare di Rc ed Rp fissato un 

di p. Dato che per ogni tolleranza massima sui componenti abbiamo un valore diverso per la MSF avremo dei limiti diversi per la sincronizzazione come si vede

nelle figure5.3. Nelle figure e si vede pure bene che, per quanto vogliamo forzare il controllo, non possiamo avere un errore piccolo a piacere se le incertezze sono alte.

Nel capitolo precedente avevamo calcolato che, per incertezze al 10%, otteniamo un limite superiore per l’errore di circa 22 che `e quanto ritroviamo nei grafici.

Vediamo che il limite dato dalla Master Stability Function, come era da aspet-tarsi, `e molto buono anche nel caso del pinning. La linea che segna il limite della

(70)

Capitolo 5. Il Pinning – 5.1. Nearest Neighbor 64 Rp ε 480 500 520 540 560 580 600 620 640 660 680 700 0% 5% 10% 15% 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 (a) Rc250Ω Rp ε 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 220 0% 5% 10% 15% 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 (b) Rc1350Ω

Figura 5.4: Pinning con Rc piccolo e grande

sincronizzazione effettivamente segue la zona di transizione tra sincronizzazione e non sincronizzazione inoltre la linea non `e una retta ma `e curva e tende ad essere

orizzontale con un alto valore di accoppiamento della rete e a diventare verticale per bassi accoppiamenti. Questo perch´e nell’equazione5.4 la variabile c cresce

co-me R1

c e λ2(p) come 1

Rp quindi se scegliamo una Rc piccola vuol dire che abbiamo

una c grande e quindi piccole variazioni di Rp e quindi di λ2(p) fanno verificare o

no la disuguaglianza 5.4. Viceversa, con Rc grande allora c sar`a piccolo e quindi

per soddisfare la disuguaglianza 5.4 ci vogliono pi`u ampie escursioni di λ2(p) e

quindi di Rp. Questo porta anche ad una migliore robustezza della

sincronizzazio-ne rispetto alle incertezze sincronizzazio-nei parametri come si vede sincronizzazio-nelle figure5.4 dove abbiamo

fissato Rc e abbiamo fatto variare Rp ed .

Come nel capitolo precedente proviamo a validare sperimentalmente i risultati teorici. In particolare cerchiamo di validare la robustezza del pinning in presenza di

incertezze. Per quanto detto prima fissiamo una Rcper la rete da controllare che sia

abbastanza grande in modo da non mascherare gli effetti negativi dell’incertezza

Figura

Figura 1.3: Caratteristica del diodo di Chua
Figura 2.3: Master Stability Function per valori nominali, dettaglio
Figura 2.5: Orbita del Chua con R −5% sui valori nominali
Figura 2.6: Andamento lineare di Ω(¯ k(ψ α ), ψ α ) e Ω(¯ k(ψ β ), ψ β )
+7

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