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Pianificazione strategica e gestione dei social media nel settore dell'ottica: un caso di studio

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di laurea magistrale in

Marketing e Ricerche di Mercato

Tesi di Laurea

Pianificazione strategia e gestione dei

Social Media nel settore dell’ottica:

un caso di studio

Relatore: Candidato:

Dott.ssa Annamaria Tuan Matteo Maiolo

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Indice

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1:Marketing Relazionale e Social Media

Marketing: l’evoluzione della disciplina

1.1 Definizione e Obiettivi del Marketing Relazionale

1.1.1 Differenza tra Marketing di Transazione e Marketing relazionale 1.1.2 Passaggio dal Marketing Pre-industriale al Marketing Post industriale 1.1.3 L’evoluzione e lo sviluppo del RM

1.1.4 CRM come strumento di gestione delle relazioni 1.2 Le relazioni nel contesto del Marketing Digitale 1.3 Definizione di Social Media Marketing

1.3.1 Il processo di pianificazione strategica per i Social Media 1.3.2 Le Aree dei Social Media

1.3.3 Gli obiettivi di marketing raggiungibili tramite i social media 1.3.4 Le metriche per i social media

CAPITOLO 2: Analisi del fenomeno dei social media a

livello globale, in Italia e focus sul settore dell’ottica

2.1 Analisi dell’attuale contesto globale nell’ambito dei social media 2.2 Analisi del contesto italiano nell’ambito dei social media

2.3 Analisi sul settore dell’ottica

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CAPITOLO 3: Il caso studio Ottica Maiolo

3.1 Introduzione sull’azienda

3.2 Motivazioni e dati dell’azienda sui social media 3.3 I dati rilevati dai questionari

3.4 Piano di social media marketing per la pagina Ottica Maiolo

CONCLUSIONE

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Introduzione

L’obiettivo della tesi è analizzare l’applicazione di un piano di social media marketing attraverso un caso studio, nello specifico il caso Ottica Maiolo, utilizzando una chiave di lettura relazionale.

Sempre più utenti al giorno d’oggi utilizzano i social media e crescono a vista d’occhio le piattaforme nell’ambito di questo contesto, tramite l’accesso sul pc o smartphone. Proprio per la vastità che sta assumendo questo nuovo fenomeno è importante per le aziende entrare in questi nuovi spazi online, per comunicare e creare engagement con i consumatori. Un’azienda che ha compreso l’importanza di queste piattaforme è Ottica Maiolo, che è attualmente presente su Facebook e Instagram con una pagina pubblica in cui giornalmente (nel caso di Facebook) vengono postati nuovi contenuti; quest’analisi verrà trattata nello specifico nel terzo capitolo.

Il primo capitolo invece, è suddiviso in due parti:

Nella prima parte si discuterà dell’importanza del marketing basato sulle relazioni nel contesto attuale, differenziandolo dal marketing tradizionale che era basato sulle transazioni e aveva come obiettivo la crescita della quota di mercato e l’acquisizione di nuovi clienti; ci occuperemo inoltre del passaggio dall’epoca pre-industriale all’epoca post-industriale in ottica relazionale con le conseguenti implicazioni che queste epoche hanno portato nelle azioni di marketing e infine ci occuperemo del costumer relationship management (CRM) come strumento di gestione dei clienti attuali.

Nella seconda parte analizzeremo brevemente le relazioni nel contesto del marketing digitale, per poi soffermarci sulla definizione di social media marketing e sulla pianificazione strategica per gestire al meglio le piattaforme social. Verranno esaminate in seguito le quattro aree dei social media e le relative strategia da adottare per ogni area, gli obiettivi raggiungibili tramite questi strumenti e infine le metriche da utilizzare per valutare l’efficacia della campagna pubblicitaria sui social media.

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Nel secondo capitolo analizzeremo il fenomeno dei social media a livello globale e nazionale, esaminando alcuni fenomeni interessanti tra cui l’incremento dell’utilizzo dei dispositivi mobile, il tempo giornaliero speso in media su queste piattaforme e gli strumenti social più utilizzati in Italia e nel mondo

Infine nel terzo capitolo si discuterà del caso studio Ottica Maiolo, fornendo dati sui due punti vendita negli ultimi anni e indagando sulle motivazioni che hanno spinto l’azienda a iscriversi su Facebook e Instagram con i relativi dati in termini di fan e visualizzazioni ottenuti nell’ultimo anno. In seguito, tramite l’ausilio di un questionario, si è analizzato un campione casuale di 100 persone e le relative abitudini social; da queste informazioni siamo riusciti ad esporre un piano di social media marketing che dovrà essere adoperato dall’azienda nel breve periodo.

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CAPITOLO 1:Marketing Relazionale e Social Media

Marketing: l’evoluzione della disciplina

1.1 Definizione e Obiettivi del Marketing Relazionale

Il Marketing Relazionale nasce nella seconda metà degli anni ’70 a seguito delle riflessioni che hanno interessato il paradigma tradizionale di marketing. A partire da questa data infatti, le imprese americane sperimentarono una crescente perdita di competitività rispetto ai concorrenti giapponesi e alcuni autori attribuirono la causa di questo fenomeno all’orientamento strategico da queste assunto, che conferiva importanza agli strumenti operativi tipici del marketing tradizionale. Se alla fine degli anni ‘90 le attività di marketing avevano come obiettivo la crescita della quota di mercato, l’acquisizione di nuovi clienti o l’apertura di nuovi canali di vendita, negli ultimi tempi si è avvertita l’esigenza di concentrarsi sulla costruzione di un rapporto di lungo periodo con i clienti, siano essi potenziali o acquisiti. È cambiato anche il concetto stesso di cliente, che è visto come una persona di cui si devono conoscere le rispettive esigenze e aspettative, e di cui è utile stimare il valore che può generare in tutto il ciclo di relazione, soprattutto nel medio-lungo periodo. Il marketing relazionale ha conosciuto un’evoluzione graduale nel corso degli anni, passando da offerte rivolte quasi indistintamente alla massa dei clienti a situazioni dove, grazie anche alle potenzialità delle tecnologie interattive, si commercializzano proposte personalizzate anche su larga scala. È evidente che la sua diffusione non è avvenuta alla stessa maniera e con la stessa intensità in tutti i settori e in tutti i mercati geografici (Mattiacci, Pastore 2013). L’obiettivo diventa quello di iniziare, negoziare e gestire le relazioni di scambio con gruppi chiave di interesse al fine di conseguire vantaggi competitivi sostenibili in specifici mercati, sulla base di accordi a lungo termine con clienti e fornitori. Secondo questa impostazione il marketing deve essere rivolto a creare, mantenere e gestire un network di relazioni di lungo periodo in cui gli elementi chiave, come affermato da Gummeson (1991), sono:

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la relazione: richiede la presenza di almeno due parti che entrano in contatto tra loro (relazione tra cliente e fornitore)

il network: è un insieme di relazioni che può crescere fino a costituire un modello molto complesso

l’interazione: comprende il contatto attivo tra le parti in una relazione semplice o nei network.

Le relazioni svolgono un ruolo centrale nel business, basti pensare che neanche le grandi aziende globali possono sviluppare, produrre e commercializzare i loro prodotti e servizi da soli in modo proficuo e perciò si alleano con clienti, concorrenti, distributori e altri soggetti per ridurre tempi e costi e accedere più facilmente e velocemente ai mercati.

Le basi fondamentali del Marketing Relazionale sono:

- La relazione a lungo termine: può essere efficace per tutte le parti in causa che devono adattarsi reciprocamente, specialmente quando occorre molto tempo per costruire un rapporto proficuo. Per diventare efficace questo approccio deve penetrare nell’intera organizzazione e nella sua cultura, perciò è necessario che l’orientamento di tutte le aree aziendali siano incentrate su questo valore che enfatizza il ruolo della collaborazione in una relazione che potremmo definire di tipo win-win, in cui ogni parte coinvolta ha un vantaggio nell’instaurare e mantenere questo rapporto (Gummeson 1991). Le imprese che nel tempo riescono a prolungare le relazioni con i propri clienti profittevoli sono anche quelle che presentano maggiori tassi di crescita della redditività complessiva, poiché i clienti che si relazionano con le imprese hanno maggiore propensione ad indirizzare il proprio portafoglio verso offerte a più alto prezzo o valore; inoltre i costi per mantenere un cliente sono significativamente minori rispetto a quelli necessari per acquisirne uno nuovo e anche i costi di promozione sono in genere più bassi, in quanto le imprese sono già note al cliente. - Approccio di tipo 1- to- 1: l’interesse del RM si manifesta principalmente

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persone con una mentalità simile, definiti gruppi affini; questi membri del gruppo condividono un interesse comune che talvolta li porta ad unirsi formando delle comunità.

- Fiducia: il successo di una stretta collaborazione tra cliente e fornitore è spesso attribuito a questo fattore e a tal proposito, la vicinanza fisica rafforza la sensazione di sicurezza, anche se spesso può non bastare, soprattutto quando tra i Paesi esistono differenze culturali, etniche e religiose che causano un’ampia distanza mentale. Inoltre i clienti fedeli consentono all’impresa di ottenere anche altri vantaggi di natura immateriale, soprattutto quando comunicano la propria soddisfazione ad altri clienti generando passaparola positivo. Questo consente di migliorare l’immagine aziendale e la reputazione nei mercati in cui l’impresa opera. Il passaparola è una forma di comunicazione molto potente per il marketing: con l'avvento del blogging, delle recensioni online e dei social media, questo fenomeno è diventato una parte significativa per tutte le società. Tuttavia se un passaparola positivo può rivelarsi una forma di comunicazione gratuita per un’azienda, la diffusione di opinioni negative può anche rappresentare un serio rischio per l’immagine stessa del brand. Per questo motivo è necessario che le aziende svolgano un monitoraggio costante delle discussioni online, in modo da poter pianificare successive azioni di branding online finalizzate al miglioramento della reputazione. Hanno avuto influenza sullo sviluppo del marketing relazionale anche la crescita del potere informativo della clientela e la pressione concorrenziale. Questi fattori stanno spingendo le imprese a focalizzarsi sempre di più sui clienti già acquisiti, considerando la maggiore difficoltà ad acquisirne di nuovi (Gummeson 1991). È da considerare che un alto livello di collaborazione e un basso grado di concorrenza rappresentano una base di partenza per una solida relazione di lungo periodo, mentre se siamo in presenza di una bassa cooperazione e la concorrenza prende il sopravvento, diventa imperativo interrompere la relazione o lavorare attivamente per rinforzarla.

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1.1.1 Differenza tra Marketing di Transazione e Marketing

Relazionale

Al giorno d’oggi non è solo importante comunicare ma diventa cruciale il modo in cui si comunica. Il marketing si sta evolvendo e in questo suo continuo processo evolutivo le relazioni con i clienti e i vari stakeholders appaiono imprescindibili per avere successo, passando da un marketing di tipo tradizionale ad un marketing definito relazionale.

L’essenza del concetto del RM è comprendere le esigenze del cliente; se infatti un’impresa offre beni e servizi che soddisfano i bisogni e crea valore per il cliente, ha maggiori possibilità di successo. È evidente che questo approccio è in opposizione con l’orientamento alla produzione tipico del marketing di transazione, secondo cui il cliente è obbligato a comprare ciò che ha a disposizione oppure non comprare affatto.

L’idea tradizionale del marketing si basava sulle 4P: Product, Price, Promotion, Place, elementi che dovevano persuadere il cliente a comprare un prodotto. L’obiettivo dell’impresa era quindi definire il mix corretto di comunicazione e promuoverlo con un’adeguata intensità; cosi facendo vi erano più possibilità che il consumatore comprasse quel prodotto. In questo approccio, l’acquisto di un prodotto non aumenta la probabilità di un nuovo acquisto presso lo stesso fornitore e un cliente può servirsi ripetutamente da quest’ultimo senza per questo voler stringere un rapporto più stretto. Il prezzo è considerato la variabile centrale per avere successo nel mercato.

Certamente la produzione e il marketing di massa avranno sempre un ruolo significativo nella vita economica, ma non più cosi importante; si pensa infatti che nel futuro il suo ruolo sia destinato a diminuire, spostando sempre più il centro dell’attenzione sulla personalizzazione delle offerte e su un marketing più individualizzato.

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Nel descrivere l’approccio al marketing relazionale, è opportuno tralasciare l’espressione 4P e parlare soltanto di P, che si riferisce alle attività del fornitore finalizzata a gestire i clienti e persuaderli nell’acquisto. In questo nuovo approccio viene enfatizzato il ruolo del cliente che può diventare supporter o sostenitore del fornitore.

Nella seguente tabella possiamo vedere nello specifico le differenze tra marketing tradizionale e relazionale:

Tab.1 Differenze RM e Marketing Tradizionale:

CRITERIO MARKETING

TRADIZIONALE

MARKETING RELAZIONALE

Obiettivo primario Singola transazione Relazioni

Approccio generale Volto all’azione Volto all’interazione

Prospettiva Statico Dinamico – evolutivo

Orientamento Alle decisioni All’implementazione Lungo termine vs Breve

termine

Breve termine Lungo termine

Strategia fondamentale Acquisizione di nuovi consumatori

Fidelizzazione dei clienti attuali

Focus nel processo decisionale

Attività di pre vendita Decisione e azioni post vendita

Intensità di contatto Basso Alto

Grado di mutua dipendenza

Generalmente basso Generalmente alto

Misurazione della soddisfazione dei clienti

Monitoraggio quote di mercato

Gestione della base clienti

Qualità rilevante Qualità dell’output Qualità dell’interazione Ruolo del marketing

interno

Nessuna o limitata importanza

Importanza strategica

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11 per il successo del business

Focus della produzione Produzione di massa Personalizzazione di massa

Fonte: Henning-Thurau and Hansen (2012)

1.1.2 Passaggio dal Marketing Pre-industriale al Marketing Post

industriale

Le relazioni, i network e le interazioni sono stati il fulcro degli affari in tempi remoti; se infatti il RM sta emergendo come un nuovo fenomeno, il rapporto di pratiche orientate al marketing risalgono all’epoca pre-industriale dove produttori e consumatori interagivano direttamente tra loro.

Questa società si è basata in gran parte sull’economia agricola e sul commercio di arte e manufatti. Il ruolo del produttore non era separato da quello del commerciante che quindi produceva e rivendeva i suoi prodotti. Produttori e consumatori avevano sviluppato una forte relazione reciproca che ha portato alla produzione di prodotti personalizzati realizzati dagli artigiani per ogni cliente. L’obiettivo principale era il mantenimento dei clienti, tramite acquisti ripetuti che favorivano il rapporto di fiducia; a tale finalità si può ricondurre lo sviluppo del brand che ha avuto origine quando i proprietari di animali iniziarono a dare il loro cognome al bestiame di loro proprietà per distinguerlo da quello dei concorrenti. Il cognome è stato utilizzato come brand non soltanto per identificare il prodotto, ma anche per garantire al consumatore che il prodotto in questione rispecchiasse determinate garanzie di qualità e per incentivare la ripetizione dell’acquisto in futuro.

L’orientamento alle relazioni è continuato fino ai primi anni della rivoluzione industriale, poiché con l’avvento della produzione di massa, il marketing ha iniziato ad intraprendere un approccio basato sulle transazioni.

L’emergere della produzione e del consumo di massa ha provocato conseguenze importanti: in primo luogo, la gente inizia ad allontanarsi dalle piccole aziende agricole a favore dei grandi centri; in secondo luogo, i produttori sono motivati a

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produrre in quantità di massa date le economie di scala associate. Se da un lato le economie di scala hanno aiutato i produttori ad abbassare il costo delle merci e quindi i prezzi dei prodotti venduti, dall’altro ha aumentato la necessità di trovare dei mercati per i loro prodotti. I produttori si sono trovati di fronte ad un aumento delle rimanenze e dei prodotti finiti e tutto ciò ha incentivato vendite sempre più aggressive che hanno dato origine alle pratiche moderne di marketing, quali la pubblicità e la promozione, al fine di creare nuova domanda per assorbire l’eccesso di merci che veniva prodotta. È emerso cosi l’orientamento al marketing di transazione e di breve periodo, in cui le vendite e la promozione risultano più importanti che costruire rapporti continuativi con i clienti.

Nel periodo industriale quindi, le attività di marketing erano finalizzate a promuovere il consumo di massa ed il marketing si rivelava di successo quando le azioni si trasformavano in una vendita. Difronte ad una concorrenza sempre più intensa c’è stata l’esigenza di differenziare il marchio e svolgere una pubblicità sempre più efficace che ha spinto l’azienda a concentrarsi su uno specifico segmento di clienti a cui indirizzare la propria offerta.

Nell’era post-industriale si ritorna ad avere più interesse nell’intrattenere una relazione con i clienti, poiché questi sono più interessati ad acquistare un rapporto con il fornitore che all’acquisto di un prodotto o di un servizio. Diversi fattori ambientali sono responsabili di questa rinascita della relazione diretta tra produttori e consumatori tra cui: i rapidi progressi tecnologici, l’adozione da parte delle aziende di programmi di qualità e l’aumento dell’intensità competitiva che porta le imprese ad intraprendere politiche di fidelizzazione con l’introduzione anche di nuovi prodotti sempre più complessi. Inizia ad essere significativo anche il mercato dei servizi, in particolare nei paesi avanzati. Attraverso una serie di cambiamenti nei processi organizzativi, le aziende stanno ora coinvolgendo direttamente gli utenti di prodotti e servizi nella progettazione della loro offerta produttiva.

Si può affermare quindi che solo nel periodo industriale l’attenzione si è spostata verso un approccio di tipo transazionale. Nell’era del marketing relazionale

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invece, i ruoli di produttori, venditori e acquirenti si stanno confondendo, con i consumatori che si stanno trasformando sempre più in co-produttori; in molti casi infatti questi partecipano al processo di progettazione, sviluppo e produzione di beni o di servizi (Seth 1995).

Nella Figura 2 si può comprendere l’evoluzione del marketing da una fase Pre-industriale a una Post-industriale:

Fig.2: L’orientamento alle relazioni nel passaggio dall’era pre-industriale all’era post-industriale

Fonte: Sheth, Parvatiyar (1995)

1.1.3 L’evoluzione e lo sviluppo del RM

Le relazioni, come abbiamo visto, hanno cambiato il paradigma di marketing e si è quindi passato da un punto di vista transazionale ad uno relazionale, che ha integrato concetti come il ciclo di vita dei clienti (LTV), analisi della profittabilità del cliente e patnership strategica con quest’ultimi. Questo ha portato ad un cambiamento, e si è passato dalle teorie della concorrenza e vantaggio competitivo alle teorie di cooperazione e di economia dei costi di transazione, cominciando a dare risalto al ruolo della fiducia reciproca e a

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programmi di fidelizzazione del cliente. Questi programmi di fidelizzazione sono praticamente ovunque, agevolati soprattutto dalla crescita di internet. Con la ricerca sulla redditività del cliente si è scoperto che è meglio dedicare attenzione e concentrare gli sforzi di marketing verso i clienti più redditizi piuttosto che sui clienti non redditizi; le aziende hanno cominciato a comprendere appieno le implicazioni della regola 80/20 che indica come l’80% del fatturato sia costituito dal 20% dei clienti. È ovviamente un fattore di fondamentale importanza mantenere le relazioni con questi clienti chiave e coinvolgerli sempre di più nei processi aziendali. Le aziende devono quindi identificare il grado di profittabilità di ciascun cliente poiché a causa di segmenti sbagliati, clienti non profittevoli nel lungo periodo e tipologie di clienti difficili, non occorre intrattenere buone relazioni con tutti. Si può fare una classificazione della clientela secondo 4 livelli (Zeithaml, Bitner 2015):

- Livello platino: clienti più profittevoli per l’azienda. Non sono troppo sensibili al prezzo, sono disposti a sperimentare nuove offerte e sono affezionati all’azienda

- Livello oro: i livelli di profittabilità non sono elevati come nel livello platino ma si tratta di forti utilizzatori del prodotto o servizio.

- Livello di ferro: in questa categoria si trovano i clienti che assicurano volumi necessari a sfruttare a capacità operativa dell’azienda, ma i cui gradi di spesa, di fedeltà e profittabilità non giustificano trattamenti speciali

- Livello di piombo: è costituito da clienti che costano all’azienda più di quello che rendono. Pretendono più attenzione di quella che si meritano in base al livello di spesa e di profittabilità e a volte sono anche più problematici, in quanto si lamentano troppo.

Il marketing relazionale, come illustrato nella Fig.3, si evolve nel tempo passando dalla quota del portafoglio (share of wallet) alla quota del cuore (share of heart) e dalla gestione della relazione con i clienti alla creazione di joint venture contrattuali o virtuali con i clienti.

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Fig.3 Passaggio da Share of wallet a Share of heart

Fonte: Jagdish N. Sheth (2015)

La “quota del cuore” come dice il nome, è un legame con i clienti sul piano emozionale che va oltre il valore funzionale o economico del prodotto; il rapporto trascende infatti dal business per il forte legame che si instaura tra azienda e clienti, favorendo un rapporto che potremmo definire di amicizia e che quindi è basato sulla passione e sul rispetto reciproco in cui l’azienda non considera il cliente come un semplice numero. Le aziende hanno cercato di attribuire ai prodotti e alle marche un significato che va oltre il puro valore merceologico e i benefici ad esso connessi tramite alcune azioni, tra cui le sponsorizzazioni di cause sociali, che hanno lo scopo di informare ed educare i clienti circa l’impatto delle loro scelte sulla società, portando il brand stesso ad agire come bussola morale. Un impatto decisamente notevole per sviluppare il proprio brand è dato dai social media, che hanno consentito a brand famosi in tutto il mondo come Harley Davidson ed Apple di creare consumatori fedeli alla marca e le tendenze attuali mostrano come i clienti stiano diventando sempre più ambasciatori di marchi, prodotti o aziende. I social network sono interattivi e consentono agli utenti di essere sia consumatori che produttori di informazioni sul marchio, permettendo inoltre di intrattenere relazioni con la società stessa. I

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contenuti dei social si diffondono ad un’altissima velocità, perciò le aziende devono essere reattive nella gestione dei momenti di crisi.

Una seconda dimensione del cambiamento nel marketing relazionale è dato dalla formazione e gestione di joint venture con i clienti. Una joint venture è una co-creazione collaborativa di valore in cui la fondazione del rapporto è ancorato nell’interdipendenza reciproca, impegno reciproco e obiettivi condivisi (Seth 2015). A differenza del marketing tradizionale in cui i clienti sono liberi di svincolarsi dal rapporto a meno che non siano vincolati da contratti (come ad esempio nel settore di servizi di telefonia mobile) oppure da barriere di uscita elevati, in una joint venture i clienti devono impegnare risorse intese in termini di tempo, denaro o capacità. Entrambe le parti devono accettare interdipendenza invece di dipendenza nel rapporto e questi rapporti sono spesso regolati da contratti. La co-creazione di valore diventa la missione o l'obiettivo della joint venture e gli utenti finali hanno tre ruoli diversi: sono utenti, contribuenti e acquirenti; come utenti cercano il valore delle prestazioni, come contribuenti cercano il valore del prezzo e come acquirenti cercano valore del servizio (Seth 2015).

1.1.4 CRM come strumento di gestione delle relazioni

I manager hanno iniziato ad utilizzare il CRM (Customer Relationship Management) nelle aziende con l’obiettivo prioritario di consolidare il rapporto con i clienti e poiché analizzare e memorizzare le informazioni è diventato meno costoso gran parte delle aziende hanno iniziato ad utilizzare questo tipo di approccio per avere successo sul mercato.

Negli ultimi 10 anni c’è stato un grande interesse per la gestione delle relazione con i clienti sia da parte degli accademici che da parte dei dirigenti. Il termine CRM è spesso utilizzato per descrivere soluzioni per i clienti basati sulla tecnologia e nelle interviste con i dirigenti si è trovato spesso una vasta gamma di punti di vista sul significato di questo termine. Per alcuni il CRM è focalizzato

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sulla gestione del database, per altri significa attività di marketing post-vendita mentre per la maggior parte dei professionisti e studiosi, significa attuare programmi di fidelizzazione, di gestione e segmentazione del mercato sulla base delle analisi di redditività del cliente.

Certamente un aspetto che bisogna considerare nella definizione di CRM è la sua associazione con la tecnologia, poiché questo approccio può essere definito come una particolare soluzione tecnologica che enfatizza la gestione della relazione con i clienti per creare valore per gli azionisti. La definizione di CRM influenza in modo significativo il modo in cui tutta l’organizzazione accetta e pratica questo processo da un punto di vista strategico e non è semplicemente una soluzione IT che viene utilizzata per acquisire e far crescere una base clienti, ma si tratta di una profonda sintesi della visione strategica di un’azienda in cui si cerca di creare valore attraverso lo sviluppo di relazioni appropriate con i clienti principali. Questo strumento offre inoltre l’opportunità di utilizzare informazioni e dati più completi per conoscere i clienti e co-creare valore con loro. Un aspetto critico comporta l’identificazione dei processi strategici che avvengono tra un’impresa e i suoi clienti.

Come dichiarato da Payne e Frow (2005), i processi chiave del CRM sono 5: - Processo di sviluppo della strategia: questi processi devono comprendere

i compiti fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi delle organizzazioni; ogni processo deve essere perseguito a livello strategico e deve contribuire alla creazione del valore. L’assenza di un quadro strategico per definire il successo del CRM è uno dei motivi dei risultati deludenti per l’azienda. È necessario segmentare la clientela, che sfruttando le potenzialità di internet può essere ottenuta ad un livello molto più ampio e profondo e passare da un mercato di massa ad uno di tipo one-to-one.

- Processo di creazione del valore: in questo processo è necessario determinare ciò che l’azienda è in grado di fornire ai suoi clienti, il processo di co-creazione e co-produzione con i clienti e il valore di vita

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dei segmenti di clientela desiderabili. Per determinare se sia probabile che la proposta di valore si traduca in una costumer experience superiore, l’azienda deve effettuare una valutazione del valore per quantificare l’importanza che i clienti pongono sui vari attributi del prodotto. La creazione di valore è finalizzata alla fidelizzazione della clientela

- Processo di integrazione multicanale: questo processo rappresenta i canali che possono essere utilizzati per portare le informazioni dall’interno dell’azienda all’esterno e poterle gestire in maniera adeguata.

- Processo di gestione delle informazioni: riguarda la raccolta e l’utilizzo dei dati dei clienti per ottenere adeguate risposte di marketing. A differenza delle piccole aziende, nelle organizzazioni più grandi può essere compreso un data warehouse per la raccolta e gestione dati.

- Processo di valutazione delle prestazioni: questo processo serve per garantire che gli obiettivi strategici delle organizzazioni siano stati conseguiti ad un livello adeguato e accettabile per il CRM. Per il raggiungimento di questi obiettivi è necessario che l’organizzazione crei valore per i dipendenti e per i clienti.

Fig.4: Processi del CRM

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1.2 Le relazioni nel contesto del Marketing Digitale

La rivoluzione tecnologica digitale sta determinando, in particolare nelle società più avanzate, una crescente dipendenza dai beni basati sull’informazione come computer e smartphone. Il cosiddetto mondo digitale si sta diffondendo in quello analogico, confondendosi con esso e perciò stiamo vivendo una sorta di migrazione dell’umanità dal “mondo delle cose fisiche” ad un nuovo contesto, definibile come infosfera che è un ambiente composto principalmente da informazioni digitali (Mattiacci, Pastore 2013). L’utilizzo di queste tecnologie è oggi sempre più diffuso nelle imprese di ogni settore e tra gli individui; queste presentano caratteristiche uniche, che consentono di rendere più efficienti tutte le attività della catena del valore e devono fondarsi su un cambiamento culturale che ponga l’informazione al centro dell’attenzione. Emerge una nuova dimensione relazionale di tipo sociale, in cui imprese e clienti diventano i nodi di molteplici network e dove le relazioni di mercato assomigliano sempre di più a delle conversazioni. L’impresa potrebbe radicalmente innovare il proprio approccio relazionale, ponendosi costantemente in ascolto dei clienti e predisponendosi ad un continuo dialogo con questi tramite la mediazione delle diverse piattaforme social, in cui le potenzialità di interazione e di engagement tra impresa e clienti hanno raggiunto livelli senza precedenti. L’obiettivo ultimo perseguito dal marketing digitale è sempre quello di soddisfare il cliente nel tempo e costruire relazioni durature con quest’ultimo. Nel tendere a questo obiettivo, il marketing digitale punta soprattutto al coinvolgimento di individui e community di consumatori in processi collaborativi. Attraverso i canali digitali è possibile superare i tradizionali vincoli geografici e temporali per connettere il brand con un numero di interlocutori più ampio che in passato, e inoltre, si ha la possibilità di affinare i messaggi di marketing in modo molto preciso, per soddisfare specifiche nicchie o singoli consumatori. Per le imprese è necessario definire in quale misura e secondo quali modalità fare ricorso al digital marketing e per rispondere a ciò, bisogna comprendere quale sia il target di riferimento e se i prodotti/brand siano adatti al marketing digitale. La comunicazione si rivolge a molteplici destinatari, perseguendo una pluralità di obiettivi e assumendo

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differenti contenuti; questa viene articolata in 4 macroaree che sono: la comunicazione di marketing rivolta ai clienti attuali e potenziali, la comunicazione istituzionale, la comunicazione economico finanziaria e la comunicazione organizzativa o gestionale che è riferita a tutti i soggetti che sono coinvolti direttamente o indirettamente nella gestione dell’impresa (Mattiacci, Pastore 2013).

Gli investimenti in comunicazione di marketing determinano i loro effetti su tre piani distinti: cognitivo, affettivo e comportamentale (Mattiacci, Pastore 2013). Sul piano cognitivo, la comunicazione di marketing opera sul grado di notorietà del brand system e sulla conoscenza delle caratteristiche dell’offerta. Sul piano affettivo, gli effetti sono più compositi e coinvolgono aspetti sia razionali sia simbolici, emozionali ed esperienziali e quindi la comunicazione è finalizzata a comporre l’immagine e il posizionamento del brand. Dal punto di vista comportamentale, gli esiti della comunicazione di marketing si spostano sul piano dell’azione, assumendo finalità a scopo persuasivo, e riguardano principalmente l’influenza sulla decisione d’acquisto e sul comportamento post-acquisto.

Nell’ambito del processo di comunicazione, gli strumenti costituiscono le modalità attraverso le quali l’impresa raggiunge il proprio target, veicolandogli un messaggio attraverso un mezzo. Possiamo trovare strumenti più idonei ad influenzare la sfera cognitiva del consumatore come ad esempio la pubblicità, altri più efficaci nella dimensione affettiva come le pubbliche relazioni che vengono utilizzate per creare interesse e ottenere un atteggiamento favorevole, altri ancora che maggiormente possono influenzare una risposta comportamentale come le promozioni per favorire l’incremento delle vendite. I consumatori sono raggiunti da una straordinaria quantità di informazioni comunicazionali, perciò sono indotti ad elevare dei filtri cognitivi che rendono i suddetti input inefficaci. Pertanto, oggi più che mai, la comunicazione di marketing deve basarsi su strumenti, mezzi e messaggi capaci di coinvolgere l’audience mediante un mix di contenuti soprattutto di carattere emozionale. I

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brand cercano di coinvolgere i consumatori operando congiuntamente sul piano cognitivo, affettivo e comportamentale, allo scopo di incrementare la fidelizzazione. La varietà di mezzi a disposizione delle imprese per comunicare è enormemente cresciuta, e i nuovi mezzi aumentano a dismisura il potenziale d’interazione nei processi di comunicazione; sospinta dalle nuove tecnologie, nell’ultimo decennio si è realizzata una vera e propria media revolution, caratterizzata dalla moltiplicazione e frammentazione dei mezzi e dall’accrescersi del loro potenziale interattivo. I media tradizionali, come la televisione e la radio, giocano ancora un ruolo importante nella strategia di comunicazione delle imprese, tuttavia oggi con l’utilizzo di nuovi mezzi dalle caratteristiche molto attraenti, stanno assumendo un ruolo sempre più subordinato.

Le imprese quindi, devono saper gestire la comunicazione di marketing integrando i mezzi tipici della comunicazione offline con i cosiddetti “media digitali”; dal punto di vista del fruitore finale, questi media sono soprattutto i device, quali smartphone, pc, tablet. Il fatto che gli obiettivi di fondo della comunicazione di marketing siano i medesimi del mondo offline, seppur arricchiti di nuovi obiettivi come la partecipazione e il coinvolgimento del cliente, non deve trarre in inganno, conducendo a sottovalutare la portata innovativa dei nuovi strumenti che vanno ad integrarsi nel mix comunicativo. La digitalizzazione infatti consiste in una vera e propria rivoluzione, che introduce, dal punto di vista dell’impresa, non solo nuovi significativi elementi di complessità manageriale, ma anche opportunità rilevanti in termini di engagemet.

1.3 Definizione di Social Media Marketing

“Social media is a group of Internet-based applications that build on the ideological and technological foundations of Web 2.0, and that allow the creation and exchange of User Generated Content” (Kaplan & Haenlein, 2010, p. 61).

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Il termine social media riguarda una serie di strumenti online aperti all’adesione del pubblico che crea e modifica contenuti, condivide idee e costruisce relazioni con i brand tramite l’interazione e la collaborazione.

Come si può leggere dalla definizione tre sono in concetti che definiscono i Social Media:

- internet-based applications: si riferisce alle applicazioni accessibili via web per mezzo di un network e si basano sulle conversazioni online

- web 2.0: è un termine che è stato utilizzato nel 2004 per descrivere un nuovo modo in cui gli sviluppatori di software e gli utenti finali hanno iniziato a utilizzare il World Wide Web e, grazie alle enormi potenzialità di cui esso dispone, si ha la possibilità di utilizzare una molteplicità di dispositivi per accedere ai social media attraverso internet. L’elemento di maggiore distinzione rispetto al passato è che rispetto al web 1.0, che si focalizzava sulla sola pubblicazione di contenuti e informazioni, il web 2.0 è caratterizzato dalla partecipazione attiva dell’utente che, tramite i contenuti da esso pubblicati, diventa co-produttore e può perciò aggiunge valore per tutti gli altri utenti. La comunicazione di conseguenza non è più orientata da uno a molti, ma diventa multidirezionale e multimodale.

- user generated content: si riferisce ai contenuti generati nel web dagli utenti e possono essere spontanei o incentivati da un’impresa.

Nel giro di pochi anni si è assistito alla continua espansione di attività, tecnologie e dispositivi che stanno cambiando il mondo in cui viviamo e, certamente, per gli operatori di marketing i social media rappresentano opportunità interessanti e nuove per raggiungere il proprio pubblico.

Questi nuovi strumenti rappresentano una forma evoluta di relazione che facilita la connessione di migliaia, e talvolta milioni, di persone e imprese in modo rapido, semplice ed economico. Le evidenti potenzialità che detengono, costituiscono una notevole opportunità sia in termini di comunicazione che di

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marketing: i social media sono identificabili come ottimi strumenti per una migliore relazione tra produttore e consumatore ed inoltre, offrono agli operatori del settore la possibilità di raggiungere i consumatori nei luoghi in cui essi vivono e lavorano. Bisogna però ricordare che alle opportunità si affiancano sempre dei rischi: ci si deve infatti chiedere se produttori e utenti hanno le competenze e la professionalità adatta per poter governare questa macchina potente ma anche pericolosa nel caso di uso scorretto. Molti temono che l’efficacia dei social media possa essere minata da comportamenti opportunistici da parte sia dell’offerta che della domanda come ad esempio la presenza di falsi consumatori o, comunque, pilotati al fine di generare una web reputation artificiale e di convenienza. È necessario cercare di limitare questi fenomeni, poiché il futuro di lungo termine dei social media è legato alla capacità di esprimere fiducia e non manipolazione: in questa prospettiva questi strumenti dovrebbero sviluppare orientamenti innovativi basati sulla centralità e protagonismo del consumatore o delle comunità di consumo.

La comunicazione innovativa incentrata sul consumatore crea un nuovo valore del brand, che è determinato dalla qualità, dalla credibilità e dal prodotto, ma anche dall’attenzione comunicativa che l’impresa dedica ai clienti. Gli operatori di marketing, inoltre, devono osservare e comprendere le comunità di consumo, poiché il mondo del marketing e della comunicazione oggi funziona sempre più attraverso le community create sul mondo social; comunità vuol dire condividere interessi, riti comuni e valori con altri utenti della rete.

I social media sono il nuovo fattore che mette ordine, seppur con nuovi criteri, alla sovrabbondanza di informazioni che ci circondano e che ci arrivano dalle fonti più disparate (TV, radio, giornali..), nelle forme più varie (scrittura, audio, video..) e a velocità incontrollabile. Questi nuovi mezzi sono indispensabili per costruire una solida e duratura relazione tra i consumatori e la marca in cui la parola d’ordine è l’engagement (Cherubini, Pattuglia 2012).

Le aziende per essere social devono adottare cinque tipologie di comportamento (Kaplan, Haenlein 2010):

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1. Essere attive sui social media ed assicurarsi che i contenuti pubblicati siano sempre freschi e stimolino la conversazione con i clienti

2. Essere interessanti: bisogna dare ai clienti un motivo per interagire con loro e per far ciò, il primo passo è quello di ascoltarli per scoprire quello che vorrebbero sentire e quali notizie reputano interessanti, divertenti e di valore.

3. Essere umili: prima di entrare in una qualsiasi applicazione, si deve impiegare del tempo per conoscere la storia e le regole di base. Solo dopo aver compreso queste necessarie informazioni, si può iniziare a partecipare alle attività dell’applicazione in questione.

4. Essere professionali: bisogna evitare di pubblicare contenuti eccessivamente professionali poiché gli utenti dei social media sono persone che spesso non hanno le competenze per comprendere il linguaggio tecnico.

5. Essere onesti: ultimo, ma non meno importante, è essere onesti e seguire le regole di comportamento che stanno dietro ogni applicazione social. L’utilizzo dei social media non è certo un compito facile per le imprese e spesso richiede un nuovo modo di pensare; tuttavia, i guadagni che si potrebbero ottenere con un buon uso di questi mezzi sono tutt’altro che trascurabili. Questi nuovi strumenti possono inoltre avere un impatto notevole sulla reputazione della marca e, a tal proposito, alcuni dati ci devono far riflettere: il settanta per cento dei consumatori ha visitato siti di social media per ottenere informazioni e il quarantanove per cento di questi consumatori ha preso una decisione d’acquisto sulla base delle informazioni che hanno trovato attraverso questi siti. Alla luce di ciò, è necessario considerare la tecnologia come un’opportunità piuttosto che una minaccia e, diversamente da ciò che si può pensare, i social media non agiscono contro la reputazione positiva del brand.

Al giorno d’oggi, non sono solo le grandi imprese ad essere presenti sui social ma sempre di più le piccole imprese cercano di inseristi in questi spazi virtuali, anche se va precisato che dichiarare di utilizzare i social media è ben diverso

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dall’avere una strategia che incorpora questi nuovi mezzi di comunicazione e molti continuano a sperimentare a piccoli passi anziché considerare i social media come elementi fondamentali della loro strategia di marketing; le aziende sono infatti ansiose di entrare nell’arena dei social media, ma molte stanno ancora cercando di capire che ruolo questi social media possono avere nel piano di marketing generale.

Si possono rilevare tre fasi nell’utilizzo dei social media per le aziende (Tuten, Solomon 2014):

Fase di Prova: questa fase porta all’adozione delle strategia di social media marketing, in cui le imprese provano le piattaforme social. Il problema della fase di prova è che non viene considerata da molti come uno stadio esplorativo di ciò che è un processo che si sviluppa in più fasi, ma ci si concentra sui singoli nuovi mezzi apparentemente facili da utilizzare per la comunicazione aziendale.

Fase di Transizione: è la fase che si ha quando le aziende maturano nell’utilizzo dei social media; le attività si svolgono ancora in un modo parzialmente casuale, ma nelle organizzazioni inizia a svilupparsi un modo di pensare più sistematico

Fese Strategica: le aziende entrano nella fase strategica quando, con obiettivi e metriche chiari, adottano un processo formale per pianificare le attività di social media marketing. In questa fase i social media vengono considerati come una parte importante del piano marketing complessivo dell’azienda.

1.3.1 Il processo di pianificazione strategica per i Social Media

Le imprese che sono entrate nella fase strategica, cercano di sviluppare strategie mirate per raggiungere gli obiettivi di marketing prefissati e per far ciò, utilizzano un piano di social media marketing che è caratterizzato da diverse fasi:

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1. Analisi del contesto competitivo: è il primo passo nel piano di social media marketing e si basa sull’analisi e sulla valutazione dell’ambiente mediante l’uso dell’analisi SWOT, che permette di rilevare l’ambiente interno (costituito da punti di forza e debolezza dell’azienda) e ambiente esterno (costituito dagli elementi che stanno al di fuori dell’azienda come opportunità e minacce).

2. Definizione degli obiettivi: in questa fase vengono definiti gli obiettivi da raggiungere e le risorse disponibili a tal fine. È importante stabilire obiettivi che siano specifici, misurabili, definiti rispetto a un punto di partenza e ad un orizzonte temporale e, infine, è necessario che siano coerenti e realistici. Bisogna considerare che i social media non sono gratis perciò, quando si progetta una campagna, è necessario allocare un budget in grado di assicurare risorse sufficienti per il raggiungimento degli obiettivi; questo può essere definito utilizzando il metodo della percentuale di spesa pubblicitaria (viene assegnata una quota di budget pubblicitario per le attività di social media), il metodo della parità con la concorrenza (adotta come punto di riferimento la spesa dei concorrenti per le campagne sui social), oppure può essere preso in considerazione il metodo degli obiettivi, che prende in considerazione gli obiettivi definiti dalla campagna e determina le stime e i costi necessari al raggiungimento di ognuno di essi.

3. Analisi e scelta di uno o più segmenti di social consumer: i piani di social media marketing devono rivolgersi al pubblico desiderato in modo efficace ed efficiente. Il mercato di riferimento deve essere valutato in termini di caratteristiche demografiche, geodemografiche, psicografiche e di utilizzo del prodotto e per far ciò, occorre considerare anche le attività e gli stili social del consumatore potenziale, il suo livello di partecipazione sui social media e i canali da esso utilizzati poiché per redigere un profilo social dei consumatori è necessario comprendere i tempi e i modi con cui i clienti interagiscono online nelle comunità social e i device utilizzati.

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4. Selezione di canali e veicoli di social media: si riferisce alla combinazione di mezzi, attuabile tramite il social media mix, che la strategia utilizzerà per il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

5. Creazione di una strategia esperienziale: si riferisce all’approccio creativo che verrà utilizzato durante tutta la campagna, che parte dalla scelta di posizionamento del brand ed esprime la posizione che la marca desidera arrivare ad occupare nella mente del proprio pubblico target. La definizione del posizionamento è quindi una fase cruciale nella preparazione di una strategia di social media marketing, perché tutte le attività devono supportare in maniera costante il messaggio desiderato e il messaggio essere coerente con gli obiettivi della campagna.

6. Definizione del piano di azione: a differenza delle campagne per i media tradizionali, che generalmente vivono per un arco di tempo predeterminato, le campagne dei social media non hanno necessariamente una data di inizio o fine e le conversazioni nella comunità rimangono nel tempo.

7. Esecuzione e misurazione dei risultati: è l’ultima fase del processo di pianificazione strategica e si basa sull’implementazione del piano strategico e sulla misurazione dei risultati.

1.3.2 Le Aree dei Social Media

A causa dell’elevata complessità dei social media, possiamo suddividere lo spazio da questi occupato in 4 aree:

Area 1 – Social Community

Area 2 – Social Publishing

Area 3 – Social Entertainment

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Fig.5: Le aree dei social media

Fonte: Tuten e Solomon (2014), p.17

Area 1: Social Community

1. Il termine social community si focalizza sulle relazioni e le attività comuni a cui le persone partecipano insieme ad altre che condividono lo stesso interesse o fattore identitario (Tuten, Solomon 2014). I canali inclusi in quest’area sono molteplici e tra questi possiamo riscontrare i siti di social network, le bacheche elettroniche e forum, i wiki; molto importante a riguardo è l’uso dei profili, che sono il pilastro su cui si basa la partecipazione alle comunità social e che consente di migliorare la capacità dei membri di sviluppare un’identità usando un’immagine o avatar. I nostri profili riflettono le nostre identità social, ma potremmo anche desiderare che la nostra privacy rimanga protetta, promuovendo immagini di noi diverse a seconda dei diversi gruppi di riferimento. I singoli utenti, inoltre, scelgono di utilizzare degli indicatori di presenza che li mettono in grado di offrire agli altri membri della comunità una proiezione più reale della propria identità; tra questi indicatori troviamo le

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icone di presenza che indicano se un membro è online o offline, mood icon che permettono ai membri di indicare il proprio stato d’animo in un determinato momento, le liste di amici nel network che possono essere personalizzate in modo da mettere in evidenza determinati tipi di relazione e gli status update che sono dei post al newsfeed dei siti che vengono condivisi con gli amici della rete. Tutti questi indicatori aumentano la percezione dell’ambient intimacy che si riferisce alla capacità di stare in contatto , grazie alle comunicazione digitali e ai social media, con persone con cui non potremmo mantenere i rapporti in altro modo, per mancanza di tempo e limiti geografici (Tuten, Solomon 2014). L’interazione è la base del valore dei social network e può avvenire tramite aggiornamenti di stato e commenti, direct message e istant message. Si può fare una differenziazione in base ad alcune importanti dimensioni tra cui (Tuten, Solomon 2014):

1. La tipologia di audience e livello di specializzazione: i tipi di social networking possono essere interni o esterni e generici o specializzati. I siti interni sono quelli che possono essere utilizzati solo dai dipendenti delle imprese che li hanno realizzati mentre i social network esterni sono aperti a tutti i potenziali utenti.

2. Gli oggetti/obiettivi social che mediano le relazioni tra membri: i siti progettati sulla socialità degli oggetti sono conosciuti come network verticali e quindi enfatizzano hobby, interessi o caratteristiche particolari che attirano i membri sui siti. Questi network non attirano il traffico tipico dei siti generici ma i suoi membri sono più coinvolti per via dell’interesse iniziale che li ha portati ad arrivare sul sito. Funzionano in maniera molto simile ai mercati di nicchia del mondo reale.

L’area della social community, come abbiamo visto, si concentra sulle relazioni. Tra i social network che consentono le interazioni il più famoso è Facebook che ha una definizione molto vasta e può essere inserito nella categoria Social Utility,

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considerando che le sue applicazioni abbracciano tutte e quattro le aree dei social media.

Area 2: Social Publishing

Quest’area comprende i canali dove le imprese e le persone pubblicano i loro contenuti come blog, siti di media sharing, microblog, e reti di informazioni e notizie. I blog sono siti web che contengono contenuti che vengono aggiornati con regolarità, i microblog sono simili ai blog ma hanno lunghezza dei contenuti ammessi differenti mentre i siti di media sharing comprendono i siti per la condivisione di video come YouTube, siti per la condivisione di immagini come Instagram, siti di condivisione audio come Podcast Alley e siti di condivisione di documenti e presentazioni.

Il contenuto è la principale unità di valore che viene scambiata in una comunità social, al pari della moneta nell’economia reale e queste tipologie di contenuti non dovrebbero limitarsi a riproporre in versione digitale materiali già esistenti offline. Questi hanno iniziato la propria vita come materiale tradizionale, successivamente sono stati riciclati per la versione online, ma non sono diventati social finché non sono stati irrobustiti con interattività, partecipazione e possibilità di condivisione. I contenuti possono assumere cosi tante forme che a volte diventano difficili da categorizzare e questo vale specialmente nel mondo online, dove diventa sempre più complicato distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è; una volta era semplice classificare un messaggio come editoriale o commerciale: un messaggio editoriale è obiettivo e imparziale e la fonte esprime un’opinione o informazioni senza voler contribuire al programma di un’impresa, un messaggio commerciale invece, fa capire che il suo scopo è quello di convincere il lettore o lo spettatore a cambiare il proprio comportamento dietro pagamento di un prezzo per posizionare un messaggio su un mezzo di comunicazione. Oltre alla differenziazione tra messaggi commerciali ed editoriali, oggi ci troviamo di fronte ad un esplosione di contenuti generati dagli utenti (UGC) che costituiscono la linfa vitale dei social media e che in molti casi sono creati dalla gente comune che posta questi contenuti per motivi personali. Si

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può fare una distinzione tra l’UGC pubblicato volontariamente e quello che compare perché alcune organizzazioni hanno richiesto il contributo degli utenti: il contenuto organico è quello realizzato da un individuo che si sente intrinsecamente motivato a condividere mentre il contenuto incentivato è incoraggiato dall’offerta di un incentivo, come la possibilità di vincere un concorso, ricevere merci gratuitamente oppure guadagnare dei soldi.

Nello sviluppo dei contenuti da postare sui social media, gli operatori di marketing dovrebbero tener conto di diverse linee guida. Alcune componenti importanti per il Social Publishing riguardano l’identificazione degli argomenti rilevanti, dei tipi di contenuti, dei luoghi di pubblicazione e del programma di pubblicazione, espresso sotto forma di calendario editoriale che serve da supporto per i blogger e gli altri produttori di contenuti a prevedere il tempo necessario per gestire il processo di sviluppo dei materiali. Le imprese possono avere un gruppo di calendari editoriali, tra cui un calendario principale che offrirà una visione d’insieme di tutti i contenuti, suddivisi per settimana e altri calendari per le attività più specifiche.

Non tutte le tipologie di contenuti sono uguali: questi possono essere distinti in base alla loro originalità e complessità rispetto ad una scala di valore dei contenuti in cui al gradino più basso troviamo il contenuto riempitivo che è costituito da informazioni che la gente copia da altre fonti; salendo la scala troviamo i contenuti originali che sono creati da chi li posta e che possono essere suddivisi in contenuti base che comprende contenuti originali ma non abbastanza pesanti per dare all’autore credibilità nell’area dell’argomento trattato, contenuti che generano autorità, contenuti pilastro che riguardano contenuti educativi che gli utenti possono utilizzare nel tempo, ed infine troviamo il contenuto principale che crea autorità ed aiuta a descrivere un determinato fenomeno (Tuten, Solomon 2014).

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32 Area 3: Social Entertainment

L’area dedicata al Social Entertainment abbraccia i giochi social, nelle varianti che vanno dai videogiochi con funzionalità social ai giochi a realtà alternativa e comprende molte app che permettono di giocare online. È interessante notare come il canale dei giochi social è una delle aree dei social media che mostra la crescita maggiore, considerando che nel 2010 ha visto entrate per un milione di dollari negli USA e regno unito, quasi il doppio rispetto all’anno prima. Ciò che rende un gioco social è la presenza di una comunità, la partecipazione a questa comunità e la condivisione al suo interno e pertanto definiamo un gioco social come un’attività che coinvolge più giocatori, competitiva e orientata al risultato, con regole di ingaggio definite e basate sulla connettività online tra una comunità di giocatori (Tuten, Solomon 2014). Il gioco non è un’attività limitata agli adolescenti maschi: a livello di genere, la maggioranza dei giocatori è costituita da maschi (60%) ma tra i giocatori social occasionali il 55% è rappresentato da femmine. Proprio per questa sua eterogeneità degli utenti si può affermare che il gioco è un mezzo praticabile per diffondere messaggi, poiché rispetta tutti i criteri per una segmentazione del mercato attuabile: il mercato è misurabile, gli aspetti demografici del gioco si sono ampliati e al giorno d’oggi possono raggiungere non solo maschi ma anche donne e consumatori più anziani e infine i giocatori passano giocando il tempo sufficiente, e con un’attenzione sufficiente, per ricevere impression di annunci pubblicitari.

I giochi social sono potenzialmente uno strumento molto efficace per gli operatori di marketing e con la continua crescita del gioco come attività praticata dai consumatori, ci si aspetta di vedere un aumento di questi strumenti. È utile comprendere come durante il gioco, i giocatori si trovano in uno stato d’animo più ricettivo e perciò le attività di branding ottengono risultati migliori. Come qualsiasi altro mezzo pubblicitario, i giochi hanno anche degli aspetti negativi e tra questi uno dei principali rischi è il game clutter, vale a dire l’eccesso di offerta di giochi che sono disponibili sul mercato; per la pubblicità nei giochi

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esiste un altro problema che riguarda lo spazio disponibile per mostrare il prodotto all’interno del gioco.

Area 4: Social Commerce

Il social commerce è un sottoinsieme dell’e-commerce che utilizza le applicazioni dei social media che consentono al venditore di interagire e collaborare durante l’esperienza d’acquisto e d’uso del consumatore (Tuten, Solomon 2014). Il processo di acquisto è suddiviso in cinque fasi: la percezione del bisogno, la ricerca delle informazioni, la valutazione delle alternative, l’acquisto e infine la valutazione post-acquisto; questo processo, con la diffusione di internet è stato ricondotto a tre attività distinte: le attività di pre-acquisto, l’acquisto e-commerce e la fase post-acquisto. Con lo shopping online, gli acquirenti hanno molti vantaggi , tra cui la possibilità di confrontare i prodotti in modo rapido ed efficiente, la comodità di effettuare acquisti da qualsiasi luogo e a qualsiasi ora, ampiezza delle alternative disponibili e, a volte, risparmio; inoltre, le applicazioni dei social media consentono di condividere online le informazioni sui prodotti, di pubblicare con facilità le opinioni e accedere a quelle degli altri, perciò potremmo affermare che i consumatori fanno social shopping ogni volta che consultano informazioni sui prodotti utilizzando gli strumenti del social commerce. È opportuno comprendere come le motivazioni e abitudini d’acquisto dei consumatori non sono cambiate rispetto a quelle dell’era pre-digitale ma l’elemento di differenziazione è che queste applicazioni dei social media aiutano i consumatori in ciascuna fase del processo d’acquisto tramite l’ausilio delle valutazioni e delle recensioni. Le valutazioni sono rappresentate da punteggi che le persone assegnano a un prodotto o a un servizio mentre le recensioni sono giudizi con commenti, a volte, approfonditi sull’oggetto in questione. Le opinioni pubblicate dai consumatori sono una forma potente di UGC e si può affermare che, tra i contenuti generati dagli utenti, questi hanno la maggiore influenza sul potere d’acquisto, in particolar modo nel settore dei viaggi, in cui i contenuti online sono la fonte primaria di informazioni. Bisogna però considerare che la percentuale di persone che scrive recensioni è

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relativamente bassa e si attesta sul 25 per cento dei consumatori online, ma nonostante ciò, valutazioni e recensioni sono l’elemento che le persone dicono di desiderare maggiormente in un sito web di vendita al dettaglio; queste fungono da strumento per verificare la decisone prima di effettuare l’acquisto e quindi possono essere definite anche scorciatoie mentali che i consumatori utilizzano per aiutarsi nelle decisioni.

le motivazione ricorrenti adottate dall’impresa per non ospitare le recensioni sui propri siti sono legate al timore che queste recensioni, fornite da consumatori insoddisfatti, danneggino la brand reputation; la convinzione è, infatti, quella che il passaparola negativo sia più efficace di quanto non lo sia quello positivo, ma non si considera che le statistiche dicono che solo nel 20 per cento dei casi i consumatori fanno critiche negative. È necessario perciò, per gli operatori di marketing, incoraggiare i consumatori ad esprimere le proprie opinioni del brand su un forum e, tramite l’ascolto delle recensioni sulla rete, migliorare i punti di debolezza.

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Ad ogni area dei social media corrispondono relativi strumenti da poter utilizzare per ottimizzare al meglio il lavoro. Nella Fig.6 possiamo vedere quali sono questi strumenti area per area:

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Fig.6: Aree dei social media e relativi strumenti

Fonte: Tuten e Solomon (2014), p.19

1.3.3 Gli obiettivi di marketing raggiungibili tramite i social media

I brand possono far leva sui social network per raggiungere diversi obiettivi di marketing, tra cui la promozione e il branding, il servizio clienti, la gestione dei rapporti con la clientela e la ricerca di marketing; tutto ciò può essere conseguito facendo pubblicità sullo spazio della comunità e cercando di coinvolgere interattivamente i consumatori.

Per raggiungere gli obiettivi prefissati, gli operatori di marketing programmano campagne social sia in termini di paid che di earned media. I paid media sono spazi a pagamento all’interno dei contenuti di interesse degli utenti nei quali le imprese promuovono brand o prodotti e possono comprendere testo, grafica, video e suoni proprio come negli inserti tradizionali, con la differenza di essere visualizzati sui siti web; la differenza sostanziale con i media tradizionali è data dalla possibilità per gli utenti di poter interagire all’interno della pagina di

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riferimento. Gli earned media invece, si riferiscono al guadagno che le marche ottengono quando nel tempo riescono a spingere i consumatori ad interagire con il brand e il beneficio che ottengono è dato da un aumento del livello di fedeltà tra i consumatori coinvolti.

I brand possono cercare di incrementare coinvolgimento e condivisone tramite l’utilizzo delle campagne di contenuti generati dagli utenti (UGC), che consentono di invitare i consumatori ad impegnarsi e interagire con la marca, tramite alcuni concorsi. Queste campagne UGC sono definite anche pubblicità partecipativa, poiché i marchi chiedono ai consumatori di generare un contenuto su linee guida definite dall’azienda. Inoltre, possono creare anche un profilo della marca con l’obiettivo di creare relazioni con i fan. In un social network si diventa fan cliccando “mi piace” su facebook o seguendo una pagina sponsorizzata su un sito e si può affermare che la fan base è un indicatore di successo che un brand ha ottenuto nello stabilire una presenza riconosciuta in una comunità. È interessante vedere come i consumatori che hanno affiliazione con una marca su un social network sono disposti a spendere di più per l’acquisto di un prodotto.

Gli obiettivi che un’azienda cerca di raggiungere possono essere di diverso tipo e tra questi possiamo affermare che i più significativi sono: aumentare la consapevolezza del brand, migliorare la reputazione del brand o del prodotto, aumentare il traffico sul sito aziendale, amplificare o aumentare l’efficacia delle pubbliche relazioni, migliorare il posizionamento sui motori di ricerca, migliorare la percezione della qualità del servizio da parte dei clienti e per ultimo, ma certamente non meno importante degli altri, aumentare le vendite. Kumar et al. (2016) hanno evidenziato una relazione positiva dell’impatto dei social media sulle vendite. Il loro effetto positivo dipende dal sentiment del messaggio, dalla risposta dei clienti a questo messaggio e dalla predisposizione dei clienti verso i social media.

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1.3.4 Le metriche per i social media

Come abbiamo visto, le marche possono trarre giovamento dalla partecipazione ai social media, ma nessuna campagna di social media marketing può essere portata a termine se mancano gli obiettivi e la valutazione dell’efficacia e perciò bisogna cercare di individuare le giuste misure da utilizzare. Le metriche che vengono utilizzate devono essere appropriate con gli obiettivi della campagna: tra le varie misurazioni, si può calcolare il reach (numero di persone esposte al messaggio) e la frequenza (quante volte in media una persona è esposta ad un messaggio). È importante conoscere anche il grado di coinvolgimento che le persone sentono durante e dopo l’interazione con una certa marca e come queste esposizioni ne influenzino le sensazioni; considerando che il coinvolgimento è un processo molto complesso, è bene essere selettivi nel decidere quali misure sono importanti e quali vanno raccolte e a tal proposito, indicatori importanti sono i KPI (key Performance Indicators) che sono metriche legate agli obiettivi dell’impresa.

Le metriche utilizzate da un’impresa possono cambiare con il procedere di una campagna e a tal proposito, nei primi giorni dopo il lancio di un brand potremmo essere interessati principalmente alla notorietà, successivamente, con il progredire della campagna, si potrebbe essere interessati ad obiettivi più tangibili come l’incremento delle vendite. A ciascuna fase della cronologia della campagna dovrebbero essere associate delle metriche.

Il processo di misurazione è suddiviso in quattro fasi ed è noto come approccio

DATA (Tuten, Solomon 2014):

1. Define: definisce i risultati che rappresentano lo scopo del programma; questo processo si basa sul definire gli obiettivi della campagna di social media marketing, che possono variare tra un marchio e l’altro. Questi obiettivi devono essere formulati in modo che abbiano le caratteristiche SMART, vale a dire che siano specifici, misurabili, appropriati, realistici e temporalmente orientati.

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2. Assess: stima i costi del programma e il potenziale valore dei risultati. Per far ciò bisogna considerare tre tipologie di costi che sono: il costo opportunità, che si riferisce a cosa avrebbero potuto fare i dipendenti se non fossero stati impegnati a contribuire all’attività della marca nei social media, la rapidità di risposta e, infine, il controllo del messaggio.

3. Track: rileva i risultati effettivi e li associa al programma. Nella fase di tracking non ci si occupa soltanto di determinare come verranno raccolti i dati necessari per la valutazione, ma si cerca di organizzare i dati in un modo da accrescere la loro utilità.

4. Adjust: corregge il programma in base ai risultati per ottimizzare gli esiti futuri. Bisogna tener presente che per misurare una campagna sui social media si possono applicare molti criteri, approcci e strumenti.

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