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Effetto combinato del sovescio e del compost sulla dinamica di azoto e fosforo in sistemi colturali arativi biologici senza zootecnia (stockless)

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Academic year: 2021

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Università di Pisa Scuola Sant’Anna

Scuola di Dottorato Di Scienze Agrarie e Veterinarie Programma ‘Produzioni Vegetali’

XXV Ciclo (2010-2012) S.S.D. AGR/02

Effetto combinato del sovescio e del compost sulla

dinamica di azoto e fosforo in sistemi colturali arativi

biologici senza zootecnia (stockless)

Relatore

Co-relatore

Chiar.mo Prof.

Dr.

Marco Mazzoncini

Stefano Canali

Candidato

Corrado Ciaccia

Matr. 461678

Coordinatore della Scuola:

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A chi c’è

A chi non c’è più

A chi c’è sempre stato

A chi ci sarà sempre

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RINGRAZIAMENTI

La ricerca è stata condotta nell’ambito del progetto triennale CompAraBiMus – Impiego del COMPost in sistemi ARAtivi BIologici Mediterranei “Stockless” (senza zootecnia) – finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MiPAAF) e coordinato dal dr. Stefano Canali del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura – Centro di Ricerca per lo studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo (CRA – RPS) di Roma.

Questa tesi è dedicata a quanti hanno creduto che ce la potessi fare e a tutti coloro che a un certo punto hanno pensato il contrario…

Una dedica speciale va alla mia famiglia, che mi ha insegnato a non gettare mai la spugna, un’altra, forse più grande, va a Claudia che è un costante esempio che non bisogna arrendersi mai.

Un ringraziamento particolare al mio Tutor Marco Mazzoncini, e al mio co-relatore Stefano Canali, che hanno condiviso con me un’avventura (!).

E un grazie sincero anche a Fabio per l’abbondante lavoro di rifinitura.

Grazie infine anche a Daniele, che mi ha passato le cose sotto-banco: un giorno ricambierò!

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RIASSUNTO

In agricoltura biologica, in cui è limitato il ricorso ad input di origine esterna, la scelta della corretta rotazione, l’utilizzo del sovescio, di fertilizzanti e ammendanti organici sono le strategie più importanti per costruire e mantenere la fertilità del suolo nel tempo. Per questa ragione è importante che il bilancio tra gli input e gli output dei nutrienti sia gestito in modo tale da assicurare sia la produttività nel breve periodo che la sostenibilità nel lungo periodo. La gestione dei nutrienti dovrebbe essere quindi pianificata per un periodo più lungo di una semplice coltura o stagione colturale. Per l’azoto questo significa sincronizzare le esigenze della coltura con le disponibilità del nutriente nel tempo, attraverso l’ottimizzazione dei mezzi disponibili. In questo senso, la combinazione di diverse fonti di azoto, quali i sovesci, il letame e il compost può rappresentare un approccio efficace per migliorarne le disponibilità in funzione delle esigenze della coltura e allo stesso tempo massimizzare le produzioni. Diversamente, la disponibilità di fosforo non è strettamente legata al contenuto totale nel suolo ma, principalmente, alle proprietà fisico-chimiche e biologiche del suolo stesso, cui sono associati i fenomeni di adsorbimento e le trasformazioni biochimiche. Questi aspetti rendono il fosforo un elemento spesso limitante alle produzioni. Oltretutto, a causa delle restrizioni imposte dalla regolamentazione europea sul biologico, il bilancio a lungo termine input/output nei sistemi biologici è spesso negativo: in questi sistemi infatti, il fosforo è asportato con le produzioni e non opportunamente reintegrato. Questa tematica è quanto mai rilevanti nei sistemi (ortivi come arativi) in cui la produzione animale non è associata (sistemi

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‘stockless’). In tale scenario, l’utilizzo di compost di qualità può essere una valida opzione per gestire la carenza di fosforo in agricoltura biologica.

Con l’obbiettivo di migliorare le performance agronomiche ed ambientali di un sistema arativo biologico ‘stockless’, è stato valutato l’effetto combinato di compost e sovescio sul sistema pianta-suolo in un avvicendamento mais – frumento duro ripetuto per il 2011-2012 e il 2012-2013. La prova si è inserita all’interno della rotazione di lungo periodo del MASCOT (Mediterranean Arable Systems Comparison

Trial – prova di comparazione di sistemi arativi in ambiente

mediterraneo) presso il Centro Interdipartimentale per la Ricerca Agro-Ambientale (CIRAA) “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa. L’obbiettivo specifico è stato quello di valutare il contributo di compost, arricchito e non in fosforo, alla nutrizione di mais (Zea mays L.), condotto in assenza di irrigazione, in combinazione con un sovescio di leguminosa (Vicia villosa Roth.). In particolare sono state determinate: la produzione del mais, le asportazioni di azoto e fosforo e la loro efficienza di utilizzazione da parte della coltura. Il monitoraggio delle dinamiche dell’azoto minerale nel suolo è stato effettuato con lo scopo di valutare l’impatto potenziale sull’ambiente della combinazione di compost e sovescio; le dinamiche del fosforo assimilabile sono state altresì valutate per monitorarne la disponibilità durante il ciclo colturale. Un obbiettivo addizionale è stato quello di valutare l’eventuale effetto residuo degli ammendanti sulla nutrizione e lo sviluppo del frumento duro (Triticum durum Desf.) in successione al mais. Infine, è stato effettuato un monitoraggio del carbonio organico, all’inizio e alla fine di

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ciascun avvicendamento, con lo scopo di valutare eventuali variazioni nel contenuto in funzione delle diverse gestioni a confronto.

La prova è stata caratterizzata da un andamento climatico molto variabile nel corso del triennio oggetto di studio. I risultati ottenuti hanno evidenziato un importante ruolo del sovescio di veccia sulla fertilità azotata nel breve periodo. In particolare, quando il fattore idrico non è risultato essere una risorsa limitante, il sovescio ha garantito al mais maggiori disponibilità di azoto minerale, determinando maggiore produzione in termini di biomassa e maggiori asportazioni di azoto. I risultati relativi alle tesi fertilizzanti hanno invece mostrato scarse differenze in termini di produzione e di dinamiche di azoto e fosforo nel suolo, evidenziando però un diverso impatto sul bilancio dei nutrienti. In modo particolare per l’azoto, il compost non arricchito in fosforo ha mostrato un potenziale surplus per l’elemento, soprattutto se applicato in combinazione con il sovescio. Diversamente le strategie fertilizzanti adottate hanno mostrato tutte un efficacia nel sostenere le asportazioni di fosforo da parte del mais, senza implicare condizioni di deficit per l’elemento. Infine, non è stato rilevato alcun effetto residuo delle tesi fertilizzante studiate sulla coltura di frumento, ma un effetto residuo del sovescio sulle asportazioni di azoto da parte della coltura. Non si sono infine rilevate variazioni del contenuto di carbonio organico dei suoli oggetto di studio in funzione delle diverse pratiche di gestione della fertilità.

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Table of Contents

1. Introduction……….…4

1.1. Agricoltura Biologica e ‘gap yield’...4

1.2. Agricoltura Biologica e allevamento animale: sistemi ‘stockless’…...9

1.3. Agricoltura biologica e il bilancio dei nutrienti……….……...11

1.4. La gestione del fosforo……….……….……14

1.5. Obbiettivi della ricerca……….…….18

2. Materiali e Metodi……….………19

2.1. Caratteristiche del sito………19

2.2. calcolo del bilancio input/output del P………23

2.3. Disegno sperimentale, itinerario tecnico……….24

2.4. Protocollo di campionamento e analisi………28

2.5. Indici di efficienza d’uso e bilanci………31

2.6. Analisi statistica………32

3. Risultati......33

3.1. Andamento meteorico nel periodo 2010-2013………33

3.2 Veccia……….33

3.3. Mais………35

3.3.1. Biomasse e produzioni………..35

3.3.2. Azoto: disponibilità nel suolo………43

3.3.3. Azoto: asportazioni………46

3.3.4. Azoto: efficienza di utilizzazione……….52

3.3.5. Azoto: bilancio surplus/deficit………..55

3.3.6. Fosforo: disponibilità nel suolo……….57

3.3.7. Fosforo: asportazioni………..60

3.3.8. Fosforo: efficienza di utilizzazione………65

3.4. Frumento duro……….……….66

3.4.1. Biomasse e produzioni……….………..66

3.4.2. Azoto e Fosforo: forme disponibili nel suolo………68

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3.5. C-sink:………71

4. Discussione……….73

4.1. Mais………73

4.1.1. Valutazione dell’Anno e del Sovescio……….73

4.1.2. Valutazione della fertilizzazione………..76

4.2. Effetto residuo………81

4.3. C-sink……….81

5.Conclusioni……….……….83

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1. Introduzione

1.1 Agricoltura Biologica e ‘yield gap’.

L’agricoltura biologica, a partire dalle intuizioni di Rudolf Steiner negli anni’20 del secolo scorso e dalle prime prove di coltivazione negli anni ’30, è passata da semplice movimento alternativo all’agricoltura convenzionale ad un vero e proprio sistema di produzione normato da regolamenti e standard di riferimento. Ad oggi oltre 37 milioni di ettari nel mondo sono investiti a biologico (FiBL e IFOAM, 2012). L’agricoltura biologica ha nell’utilizzo sostenibile delle risorse naturali e nei diversi aspetti della sostenibilità quali la salute ambientale, la profittabilità economica e l’equità socio-economica i suoi pilastri fondativi che sono chiaramente esplicitati in tutti i regolamenti comunitari che si sono succeduti nel tempo dagli anni ’90 in poi (Regolamento CE 2092/91, Regolamento CE 834/07 e successive modifiche). E’ soprattutto, però, sulle tematiche della mitigazione dei cambiamenti climatici, attraverso la riduzione dell’emissione dei gas serra , che nell’agricoltura biologica sono riposte le maggiori aspettative (Rodale Institute, 2014; FAO, 2014). Lo sviluppo di una produzione sostenibile di alimentazione per la popolazione mondiale, attraverso un uso efficiente delle risorse (Schulte et al., 2013), è un concetto tuttora di attualità (Lorek e Spangenberg, 2014) e, come indicato da Altieri (1999), l’unica alternativa all’agricoltura intensiva è una forma di agricoltura sostenibile basata sui principi agro ecologici, guidata dai cicli biologici e dalla biodiversità.

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Un ruolo chiave in questo senso (sequestro di carbonio e di gestione dei nutrienti) è dato dalle pratiche di gestione della fertilità del suolo. La fertilità di un suolo, indicata come la capacità di sostenere la crescita e lo sviluppo vegetale, è infatti strettamente connessa con il contenuto in sostanza organica e la sua conservazione risulta un aspetto chiave per la gestione della fertilità stessa. Secondo Stockdale et al. (2002), il contenuto di sostanza organica è il risultato dell’equilibrio, nel lungo termine, tra i processi di accumulo di nuovi input e il tasso di mineralizzazione del pool di carbonio (C) organico già presente nel suolo. E’ perciò dai processi di mineralizzazione della sostanza organica che deriva la liberazione dei nutrienti disponibili per l’assorbimento radicale. In accordo con quanto indicato dalla Federazione Internazionale dei Movimenti per l'Agricoltura Biologica (IFOAM), il principio generale per la gestione della fertilità in agricoltura biologica è, infatti, il riciclo dei residui organici (di origine vegetale, animale e microbica) al fine di incrementare, o per lo meno mantenere, la stessa fertilità del suolo e la sua attività biologica nel tempo. L’accumulo e la decomposizione della sostanza organica del suolo assumono, quindi, un ruolo fondamentale come processi promotori della vita. In questo ambito, le tecniche di coltivazione dovrebbero contribuire ad incrementare l’attività biologica del suolo e la conseguente disponibilità di nutrienti. Inoltre,dovrebbero essere realizzate in modo tale da non avere un impatto negativo su suolo, acqua e biodiversità (IFOAM, 2012). In agricoltura biologica, l’azienda è considerata da un punto di vista ecologico, riconoscendo le relazioni complesse che esistono tra i flussi di risorse interni e i fattori ambientali che li influenzano. Come risultato, in biologico, dovrebbe essere limitato l’utilizzo di materiali acquisiti all’esterno dell’azienda (off-farm inputs) al fine di costruire/mantenere la

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fertilità. Ne consegue l’importanza di un bilancio tra input e output di nutrienti dal sistema suolo che sia gestito in modo da assicurare sia la produttività nel breve periodo che la sostenibilità nel lungo periodo. Per questo la disponibilità di nutrienti deve essere pianificata e gestita su periodi di tempo più lunghi che un solo ciclo colturale (Moller, 2009; Watson et al., 2002a). Allo stesso tempo, poiché è evidente che in un sistema agricolo la produzione corrisponde a un output del sistema, è da considerare la condizione in cui sia necessario ricorrere a un reintegro di queste uscite. Tra i COROS - Common Objectives and Requirements of

Organic Standards - gli obbiettivi e i requisiti comuni per lo standard

biologico secondo IFOAM, è difatti sottolineato come, a sostegno della fertilità del suolo, debbano essere utilizzati materiali organici ottenuti principalmente all’interno della stessa azienda o, come alternativa, da aziende limitrofe o dall’ambiente naturale circostante. Solo come ultima opzione sono da considerarsi gli input esterni (off-farm input). La correttezza del metodo andrebbe verificata attraverso l’utilizzo di appropriati indicatori che verifichino la mancanza di accumulo significativo di metalli pesanti e di fosforo nel suolo, l’assenza di fenomeni di eutrofizzazione dei corpi d’acqua e il bilanciato apporto di nutrienti comparato con la richiesta degli stessi a sostegno della produzione. Al fine di rispondere a questa serie di raccomandazioni, l’utilizzo di fertilizzanti di sintesi è contro i principi dell’agricoltura biologica e il ricorso a fertilizzanti minerali è da considerarsi ammissibile solo nella forma in cui gli stessi sono naturalmente composti, senza l’ottenimento di una maggiore solubilità tramite processi chimici. In questo contesto, gli scarti di produzione, i residui colturali e le deiezioni animali dovrebbero essere reintegrate all’interno dello stesso sistema produttivo che li ha originati, a ricostituire lo stock di nutrienti e

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ad arricchire il contenuto di sostanza organica del suolo. Gli ammendanti organici (quali letami e compost) sono da considerarsi quindi uno strumento molto utile sia per la gestione della fertilità nel breve periodo che nella sostenibilità di lungo periodo di un sistema produttivo. Difatti, sono numerosi gli studi che ne sottolineano il ruolo nel miglioramento della struttura del suolo, della capacità idrica del terreno, del sequestro di carbonio, dello sviluppo radicale o dell’attività microbica (Khorramdel, 2013; Grandy et al. 2002; Gilley e Risse, 2000; Sommerfeldt et al. 1988). Inoltre, poiché solo una frazione dei nutrienti di questi ammendanti diventa disponibile nel primo anno dopo la loro applicazione, agli ammendanti è attribuito un effetto residuale (o residuo) a sostegno delle colture successive per più anni (Eghball et al., 2004; Eghball et al., 2002). Parimenti, il ricorso alla pratica del sovescio ha un ruolo fondamentale nell’arricchimento della sostanza organica del suolo, nel riciclo dei nutrienti altrimenti a rischio lisciviazione o perdita per erosione, nell’apporto di azoto (leguminose) e sulla fertilità biologica dei suoli stessi (Lenzi et al., 2009; Fageria et al., 2005; Lu et al., 2001). Di conseguenza, all’interno di una rotazione colturale poliennale, l’utilizzo combinato di ammendanti organici e sovesci, può migliorare la qualità del suolo e la sua fertilità (Mazzoncini et al., 2010).

In accordo con i principi citati, la normativa europea per l’agricoltura biologica (834/2007 e successive modifiche) stabilisce che la gestione della fertilità debba essere basata sulla rotazione poliennale, sul riciclo dei residui organici e sulla scelta di appropriate tecniche di coltivazione. Input addizionali di fertilità dovrebbero essere quindi utilizzati solo se compatibili con i principi dell’agricoltura biologica e,

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comunque, solo se previsti negli allegati della normativa vigente (Regolamento 889/2008).

A fronte di un tale contesto tuttavia, è stato dimostrato che esiste ancora un forte divario tra produzione biologica e convenzionale, yield

gap, usando il termine anglosassone, mediamente pari a circa il 20-25%,

con una deviazione standard del 21% a seconda dell’area e della tipologia di produzione (De Ponti, 2012; Seufert, 2012). A fronte di questa constatazione di carattere statistico, Seufert (2012) sottolinea come l’utilizzo di buone pratiche di gestione possa ridurre molto o del tutto questo gap. L’EIP-AGRI Focus Group on Organic farming, il gruppo di lavoro sull’agricoltura biologica selezionato nell’ambito dei Partenariati Europei per l’Innovazione (EIP) della Commissione Europea, ha individuato cinque punti chiave alla base del gap yield: 1) scarsa gestione della fertilità del suolo; 2) inadeguata messa a disposizione di nutrienti; 3) insufficiente gestione delle malerbe; 4) forte pressione degli organismi nocivi (malattie e insetti); 5) scarsa scelta varietale (EIP-AGRI Focus Group, 2014). Tale Focus Group identifica la possibile soluzione ridisegnando il biologico per il futuro. In particolare, attraverso un approccio sistemico che coinvolga tutti gli attori interessati (produttori, ricercatori, operatori, ecc…), nella condivisione della conoscenza e dell’innovazione, al fine di migliorare i sistemi produttivi esistenti e progettandone di nuovi, puntando sulla resilienza degli stessi ai cambiamenti ambientali, climatici e socio-economici.

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1.2. Agricoltura biologica e allevamento animale: i sistemi

stockless.

I limiti nell’attuazione della corretta pratica di gestione della fertilità del suolo nelle produzioni biologiche, sono da ritrovarsi soprattutto in problemi strutturali dei sistemi biologici stessi. Infatti, nel settore biologico, la maggior parte degli strumenti per la gestione della fertilità (letame, residui colturali, sovesci, concimi organici, ecc…) sono utilizzati in funzione della possibilità del produttore di accedervi e alla loro disponibilità sul mercato. In particolare nella normativa europea (Reg. CE 834/2007) è indicato che: “la produzione animale è una

componente essenziale dell’organizzazione della produzione agricola nelle aziende biologiche, in quanto fornisce la materia organica e gli elementi nutritivi necessari alle colture e quindi contribuisce al miglioramento del suolo e allo sviluppo di un’agricoltura sostenibile”.

Nonostante queste premesse, l’Europa è caratterizzata da sistemi produttivi molto diversi ed in cui l’allevamento ha un ruolo da predominante a quasi del tutto assente. In diverse aree dell’Europa, tra le quali diverse aree Mediterranee, i sistemi biologici sono ad esempio generalmente caratterizzati dall’assenza di produzione animale e definibili con il termine anglosassone di ‘stockless’, cioè privi di allevamento associato alla produzione vegetale (Stinner et al. 2008; Canali e Speiser, 2005; Heuwinkel et al., 2005). Per questa tipologia di aziende la gestione della fertilità è particolarmente difficoltosa, soprattutto a causa della conseguente scarsità di sostanza organica e nutrienti (principalmente l’azoto, N) di origine animale da riciclare e dei limiti imposti dalla normativa vigente stessa all’introduzione di input esterni (Migliorini et al., 2014). La gestione della fertilità in questi

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ambienti sarebbe quindi limitata alla gestione dei residui colturali, all’utilizzo di sovesci/colture di copertura e di ammendanti sostitutivi al letame (compost).

In tali sistemi, il rispetto dei principi agro-ecologici, ovvero del modello biologico nel riciclo delle risorse interne, è generalmente superato da un approccio di “sostituzione” degli input chimici normalmente utilizzati in agricoltura convenzionale con alternative ammissibili in biologico (come concimi organici di origine biologica). Questo fenomeno è noto come “convenzionalizzazione” dell’agricoltura biologica (Darnhofer et al., 2010). Ciò può risultare potenzialmente dannoso, in termini di fertilità, soprattutto in ambienti tendenzialmente caldi e con scarse precipitazioni, quale quello mediterraneo.In tali ambienti, infatti, possono avere origine intensi fenomeni di mineralizzazione della sostanza organica e, se non opportunamente reintegrata, una sua progressiva erosione (Montemurro et al., 2008; Pant

et al., 2004). I dati ottenuti nell’ambito di esperimenti a lungo termine

localizzati in questo tipo di ambienti sono perciò da considerarsi particolarmente utili nel valutare le modifiche del pool di carbonio organico e le disponibilità dei nutrienti nel tempo (Köpke, 2006). In definitiva si può affermare che, in questo come in altri contesti, l’obbiettivo di un’attività di ricerca in grado di ridurre l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente sia una necessità su cui fondare il futuro dell’agricoltura biologica stessa (Gomiero et al., 2011).

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1.3. Agricoltura biologica e il bilancio dei nutrienti.

Come sottolineato dal Focus Group sull’agricoltura biologica (vedi paragrafo 1.1), uno dei limiti principali per le potenzialità produttive del biologico è individuato nella carente disponibilità dei nutrienti a sostegno delle colture. L’impostazione del bilancio tra input e output per i nutrienti è già da solo in grado di dare importanti informazioni riguardo la capacità del sistema di sostenere le produzioni, senza determinare un impoverimento progressivo del suolo. Grande importanza, in questo senso, è assunta dai confini temporali entro cui il bilancio è calcolato (Watson et al., 2002b). Le indicazioni che ne derivano sono ovviamente diverse e funzionali al tipo di valutazione che si vuole fare. Un bilancio per singola coltura permette di evidenziare se la gestione della fertilità adottata è in grado di sostenere la produzione della coltura oggetto di studio. Ne derivano quindi informazioni riguardo l’esigenza o meno di correggere la gestione degli input, in modo tale da evitare condizioni di marcato surplus o di deficit, e le conseguenti esigenze di input esterni da addizionare al sistema; inoltre si può trarre qualche informazione circa la sostenibilità della gestione se protratta nel tempo. Diversamente, un budget su un’intera rotazione fornisce informazioni circa la sostenibilità del metodo di gestione, evidenziando eventuali deficit o surplus strutturali che possono portare a condizioni di impoverimento della risorsa o a fenomeni di inquinamento (Oenema et al., 2003; Watson et

al., 2002b), senza però evidenziare in quali punti della rotazione è

necessario intervenire.

Accanto al bilancio dei nutrienti è però necessario incrementare, attraverso le pratiche di gestione, l’efficienza di utilizzazione dei nutrienti. In modo particolare, argomento centrale risulta essere la

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sincronizzazione tra la messa a disposizione dei nutrienti e le richieste della coltura (van Noordwijk e Cadisch, 2002; Pang et al., 2000). Questa problematica risulta quanto mai sensibile quando riferita all’azoto. L’N è difatti un macronutriente e la sua richiesta da parte delle colture è generalmente alta nelle fasi centrali di sviluppo. Allo stesso tempo, l’azoto è anche caratterizzato da una elevata mobilità nel suolo delle sue forme minerali (azoto nitrico) e ciò lo rende particolarmente suscettibile ai fenomeni di lisciviazione (Pang e Letey, 2000). Essendo il ciclo dell’azoto strettamente legato a quello del carbonio, la gestione di questo elemento può essere effettuata tramite il corretto rapporto tra input e perdite (mineralizzazione) di sostanza organica, a formare un pool di azoto a sostegno della fertilità azotata nel lungo periodo (Moller, 2009; Fortuna et al., 2008; Watson et al., 2002a). La sincronizzazione tra il rilascio dei nutrienti e le esigenze della pianta è quindi strettamente dipendente dalla tipologia di sostanza organica con cui viene reintegrato il sistema. Infatti, il rilascio rapido da composti con un basso rapporto C:N (ad esempio sovescio di leguminose o fertilizzanti organici quali sangue secco, pollina, ecc…) può fornire nutrienti più rapidamente rispetto alle richieste della coltura. Al contrario, materiali con alto rapporto C:N (ad esempio gli ammendanti compostati verdi) possono dare luogo a fenomeni di carenza di N rispetto alle richieste delle specie coltivate. Sulla base di queste considerazioni , l’agricoltura biologica mira ad essere autosufficiente per la risorsa azotata attraverso la fissazione dell’azoto atmosferico con l’utilizzo delle leguminose, riciclando i residui colturali e applicando ammendanti organici quali il letame o il compost (Montemurro, 2013; Cuttle et al., 2003). In questo ambito, chiaramente, l’utilizzo di fonti diverse per la messa a disposizione dei nutrienti, e dell’azoto in particolare, rappresenta un

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argomento molto studiato nella gestione della fertilità nei sistemi agricoli, biologici in particolare (Dawson et al., 2008; Crews e People, 2005; Kramer et al., 2002; Pang e Letey, 2000; Sikora e Enkiri, 2000; Shaviv e Mikkelsen, 1993).

A fronte dell’impatto della fertilità azotata sulle produzioni vegetali, i piani di gestione della fertilità in biologico vengono normalmente impostati sulle disponibilità di azoto, con differenze in funzione della tipologia di sistema produttivo. In sistemi con produzione animale prevalente, o in sistemi misti (produzione animale e vegetale abbinate), la gestione della risorsa azotata è assicurata sia dal riutilizzo delle deiezioni animali che dalla coltivazione delle leguminose foraggere (e conseguente gestione dei loro residui) (Kayser et al., 2010; Berntsen

et al., 2006; Watson et al., 2002a). Nei sistemi stockless, in cui le

deiezioni animali sono molto scarse e costose o addirittura assenti, la fertilità azotata è per lo più gestita con compost, fertilizzanti organici

off-farm e soprattutto sovesci da leguminose (Preston, 2008; Canali, 2005;

Mazzoncini 2004). E’ evidente che le due tipologie di sistemi, nonostante abbiano un simile apporto di azoto, contano su fonti organiche diverse, e per questo sono caratterizzate da un diverso apporto per gli altri nutrienti, per i quali si hanno, quindi, sovente condizioni di squilibrio. Un esempio di come la gestione della fertilità impostata considerando l’azoto come elemento chiave possa creare squilibri per gli altri elementi, è rappresentata dalle disponibilità di Fosforo in questi sistemi (Nelson e Janke, 2007).

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14 1.4. La gestione del fosforo.

Il fosforo è uno degli elementi essenziali per la produzione vegetale. Nella maggioranza dei suoli è, infatti, il secondo fattore limitante dopo l’azoto (Biswas e Narayanasamy, 2006) e costituisce fino allo 0,2% del peso secco di una pianta (Schachtman et al., 1998). E’assorbito principalmente durante la fase vegetativa e traslocato nei frutti e nei semi nella fase riproduttiva di una coltura. Nella maggior parte dei suoli, il fosforo è per lo più presente nella sua forma inorganica (dal 50 al 75 % del totale) legata a composti insolubili del ferro o dell’alluminio nei suoli acidi e a composti del calcio in terreni basici o calcarei. La quota organica è invece rappresenta dai composti umici del suolo e dai residui vegetali o animali reintegrati nel sistema suolo.

Nell’Unione Europea (EU) molti suoli agricoli risultano essere caratterizzati da un elevato tenore di fosforo, soprattutto nel nord Europa, come conseguenza di quattro decenni di pesanti fertilizzazioni. In questi suoli la disponibilità di fosforo eccede le esigenze delle colture, contribuendo a fenomeni di eutrofizzazione delle acque (Delgado e Torrent, 1997; Barberis et al., 1996). Questo problema è meno evidente in ambiente mediterraneo, dove il fosforo rimane un fattore limitante, data la natura calcarea di molti suoli di questi ambienti, che ne favorisce l’insolubilità sottoforma di complessi insolubili Ca-P (Singh et al., 1983).

Nei sistemi biologici la situazione è, in alcuni casi anche più complessa, con fenomeni di surplus e deficit in funzione del tipo di gestione (Stockdale et al., 2001). La disponibilità di fosforo, come visto anche per l’azoto, dipende molto dal turnover della sostanza organica e

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quindi dagli input che vengono reintegrati nel suolo. Di conseguenza, riveste un ruolo importante la tipologia di materiali che vengono integrati al sistema e, in accordo con l’impostazione del piano di fertilità, la proporzione con cui questi vengono applicati in funzione del tenore in azoto. La principale fonte per il reintegro del P nei sistemi biologici è da considerarsi il letame (e le deiezioni animali in genere), che dispone di un rapporto tra N e P molto basso (finanche 1:1 nelle polline), contro una richiesta da parte delle piante di circa 8:1 (Peng et al., 2011). Ne consegue che, negli ambienti in cui vi è concentrazione di produzioni animali e abbondante disponibilità di letame, vi siano soventi condizioni di progressivo arricchimento di fosforo nei suoli con possibile ripercussione negativa sull’ambiente (Schröder, 2005). Contrariamente, in ambiente stockless, in cui la penuria di letame è compensata dal ricorso al sovescio di leguminose e ad ammendanti organici di origine vegetale per integrare la fertilità azotata, si hanno condizioni comuni di deficit strutturali dei suoli per il fosforo (o P mining) dovuti a un più alto rapporto N:P di questi materiali. In effetti, il compost, derivando in ambienti stockless principalmente da materiali verdi (scarti di potatura, sfalci di prato, ecc…), non è capace di compensare gli output di fosforo dovute alle produzioni (Watson et al., 2002a).

In queste condizioni è necessario il ricorso ad input esterni; la vigente normativa del biologico (Regolamento 834/2007; Regolamento 889/2008) limita però l’ammissibilità ai soli fertilizzanti di origine animale e alla roccia fosfatica (Fosforiti). Questo però espone il produttore biologico ad una serie di altri problemi, di sostenibilità ambientale ed economica. La roccia fosfatica è infatti una risorsa non rinnovabile, con una riserva stimata di circa 16.000 milioni di tonnellate

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(Jasinki, 2010), concentrata in pochi paesi (Tabella 1) e con un costo di estrazione e di trasporto elevati. Tuttavia, non è stata ancora trovata nessuna fonte alternativa di fosforo alle fosforiti, anche se è stato dimostrato che il miglioramento dell’efficienza d’uso di questo elemento e del suo riciclo potrebbero ridurre notevolmente il ricorso alla roccia fosfatica (Schröder et al., 2010).

Tabella 1. Riserve mondiali di roccia fosfatica.

Stato Riserva Milioni di tonnellate Marocco 5700 Cina 3700 Sud Africa 1500 Giordania 1500 USA 1100 Brasile 260 Russia 200 Altri paesi 1670 TOTALE 16000

Fonte: Jasinki S (2010) – USGS.

Infine, va considerato che le fosforiti sono caratterizzate da una bassa solubilità e da un lento rilascio di fosforo disponibile nella

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soluzione del suolo nel breve periodo, tanto che il loro utilizzo potrebbe essere considerato per pianificare la fertilità fosfatica a lungo termine (Rajan et al., 1996). In particolare, in ambiente acido le fosforiti si possono dissolvere a causa del basso pH e formare dei composti con il ferro e l’alluminio (Hinsinger e Gilkes, 1996) ma in ambiente alcalino e calcareo sono insolubili (Singh et al., 1983). Per far fronte a questo problema, esistono delle strategie utili all’aumento di solubilità delle fosforiti, come la stessa applicazione della sostanza organica al suolo grazie alla capacità chelante di alcuni acidi organici in essa contenuti (Mohanty et al., 2006). Allo stesso modo, è stato verificato un effetto del ricorso al sovescio sulla solubilità delle fosforiti (Rick et al., 2001). Inoltre, si può avere un effetto positivo sulla solubilizzazione del fosforo utilizzando delle varietà coltivate con alta efficienza di asportazione dell’elemento o compostando le stesse fosforiti con residui colturali o materiali di scarto (Walker et al., 2006). Questa opzione, in particolare, ha un risvolto molto interessante per la gestione della fertilità fosfatica in sistemi arativi biologici stockless. Infatti, i compost ottenuti dagli scarti aziendali sono generalmente poveri in nutrienti, fosforo in particolare, e si prestano ad essere migliorati attraverso un arricchimento con materiali a bassa solubilità come le rocce fosfatiche, durante il processo di compostaggio con inoculazione di microorganismi con funzione solubilizzatrice (Biswas et al., 2008; Nishanth e Biswas, 2006). Questa linea di ricerca è di grande attualità, in quanto in linea con quanto previsto dal Focus Group per l’agricoltura biologica che riconosce nell’affinamento delle tecniche di compostaggio una delle strategie per colmare il gap yield con l’agricoltura convenzionale (EIP-AGRI Focus Group, 2014).

(26)

18 1.5. Obbiettivi della ricerca.

La ricerca si è incentrata sullo studio integrato degli effetti di diverse strategie di gestione della fertilità di azoto e fosforo in un sistema biologico arativo ‘stockless’, al fine di migliorarne le performance agronomiche ed ambientali. In particolare sono state valutate:

1. l’effetto dell’applicazione di compost arricchiti in fosforo con strategie diverse (durante il processo di compostaggio e alla distribuzione dei compost stessi) e di roccia fosfatica in precessione a mais e in combinazione con un sovescio di leguminosa, su sviluppo e produzioni della coltura;

2. le dinamiche di azoto e fosforo in termini di rilascio da parte dei fertilizzanti e del sovescio e di asportazioni ed efficienza di utilizzazione (use efficiency) da parte della coltura;

3. gli apporti complessivo di azoto e fosforo a sostegno della nutrizione del mais tramite bilancio semplificato input/output (Surface balance) e l’impatto delle tecniche di gestione sul deficit/surplus degli elementi considerati (impatto ambientale);

4. l’effetto residuo (dinamiche di medio periodo) del rilascio dei nutrienti per la coltura in successione al mais (frumento duro) e il ruolo potenziale del compost sullo “storage” di carbonio organico (C-sink)

(27)

19

2. Materiali e Metodi

2.1. Caratteristiche del sito.

La prova oggetto di studio del presente dottorato è stata inserita nell’ambito dell’esperimento a lungo termine del MASCOT (Mediterranean Arable Systems Comparison Trial – prova di comparazione di sistemi arativi in ambiente mediterraneo) condotto presso il Centro Interdipartimentale per la Ricerca Agro-Ambientale (CIRAA) “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa. Il CIRAA è presso la località di S. Piero a Grado, Pisa (latitudine 43°40’ N, longitudine 10°19’ E), nell’alta Maremma pisana, in Toscana. Dopo un periodo iniziale di conversione al sistema biologico, dall’Ottobre del 2001 sono stati confrontati due sistemi arativi stockless (senza produzione animale associata) con rotazione quinquennale, uno condotto con il metodo convenzionale e l’altro con il metodo dell’Agricoltura biologica (Bárberi e Mazzoncini, 2006). La rotazione, identica per i due sistemi a confronto, comprendeva: barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L. var.

saccharifera), grano duro (Triticum durum Desf.), girasole (Helianthus annus L.), favino (Vicia faba L. var. minor), grano tenero (Triticum aestivum L.). Nella primavera del 2006, la barbabietola è stata sostituita

con mais da granella (Zea mays L.). Nel sistema biologico è stato inserito, in aggiunta, il trifoglio rosso (Trifolium pratense L.) intraseminato con il frumento duro e il frumento tenero e gestito come sovescio in precessione a girasole e barbabietola da zucchero (mais dal 2006). L’area sperimentale complessiva di 24 ettari è stata suddivisa in campi di 0,35 – 1 ha ciascuno. Le cinque colture in rotazione sono quindi state inserite in cinque campi in ogni blocco e gestite con il metodo

(28)

20

convenzionale o biologico (ogni gruppo di cinque campi rappresenta un sistema all’interno di ogni blocco; ogni coltura è coltivata ogni anno) (Figura 1). I sistemi sono stati replicati tre volte (tre blocchi) secondo un disegno sperimentale a blocchi completamente randomizzati (RCB).

Figura 1. Schema di un blocco dell’esperimento a lungo termine MASCOT. Ogni coltura è coltivata ogni anno. S, sovescio.

Nell’inverno del 2001-2002 sono state inserite nello schema delle infrastrutture ecologiche di vegetazione coltivata (strisce di erba medica – Medicago sativa L.) e naturale (siepe composta da specie locali:

(29)

21

Lonicera xylosteum L., Prunus spinosa L. e Rhamnus cathartica L.) con

lo scopo anche di separare fisicamente i campi convenzionali e biologici. Inoltre, due serie di 5 campi (playground) sono stati inclusi tra i sistemi convenzionali e biologici. I playgrounds sono stati gestiti con il metodo biologico e con la stessa rotazione del sistema biologico, e sono utilizzati per confrontare, in prove separate, diverse opzioni per la gestione delle cinque colture (ad esempio prove di fertilizzazione, introduzione di diverse colture da sovescio e loro gestione, confronto tra tecniche di controllo delle infestanti, ecc…). I risultati delle prove effettuate nei

playgrounds sono utilizzati per rivedere l’impostazione del sistema

biologico alla fine di ogni ciclo di rotazione e, se ritenuto necessario, come modello per le sue modifiche. La gestione della fertilità è stata eseguita in funzione del sistema adottato. In particolare, nel sistema biologico gli input esterni al sistema sono stati eseguiti per ciascuna coltura in pre-semina con Nutex Letame 3.3.3 (SIPCAM Italia; ammesso in biologico, Regolamento 889/2008) alla dose di 1 t ha-1. In aggiunta sul frumento tenero e duro è prevista una concimazione di copertura di sangue secco (ammesso in biologico, Regolamento 889/2008) per una dose di 27 kg ha-1 di azoto.

Le caratteristiche climatiche del sito sono rappresentative dell’areale costiero mediterraneo, con piovosità e temperatura medie annue di 844 mm e 15°C, rispettivamente. La piovosità è concentrata principalmente in autunno e la prima primavera, con estati molto secche. Durante la stagione fredda le temperature scendono raramente a valori molto bassi (le temperature medie mensili minime, 2.1°C, sono registrate nel mese di Febbraio), mentre d’estate possono raggiungere valori molto

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22

alti (le temperature medie mensili massime, 29.7°C, sono registrate nel mese di Agosto).

Le caratteristiche del suolo del MASCOT (argilloso; Typic Xeropsamment) sono riportate nella tabella 2 (Mazzoncini et al.,2006).

Tabella 2. Principali caratteristiche dei suoli MASCOT. Fonte: Mazzoncini et al.,2006

Strato del suolo (cm)

Da 0 a 15 Da 15 a 30 Sabbia (%) 43,7 43,5 Limo (%) 33,3 33,8 Argilla (%) 23,0 22,7 pH 8,47 8,40 Sostanza organica (%)1 1,62 1,60 Azoto totale (%)2 0,11 0,11 Fosforo assimilabile (ppm)3 12 13

Capacità di campo (% del peso secco) 26,5

11,5 Punto di appassimento

1

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23

2.2. calcolo del bilancio input/output del P.

La ricerca è stata condotta nell’ambito del progetto triennale CompAraBiMus – Impiego del COMPost in sistemi ARAtivi BIologici Mediterranei “Stockless” (senza zootecnia) – finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MiPAAF). Ai fini dell’impostazione della prova è stato calcolato il bilancio sulla rotazione per il fosforo, al fine di valutare l’eventuale surplus/deficit strutturale del sistema per l’elemento. Con tale obbiettivo è stato calcolato un Surface balance (Oenema et al., 2003; Watson et al., 2002b) considerando la differenza tra input esterni (concimi) e output (calcolati come asportazioni da parte del solo prodotto commercializzabile di ciascuna coltura) del sistema nell’arco di un’intera rotazione. A tal fine sono stati valutati gli input esterni e le asportazioni di fosforo elementare (P), di tutte le colture della rotazione utilizzando i dati disponibili dal 2001 al 2006, secondo la formula:

P surplus/deficit = Pinput - Poutput

Dove,

Pinput: letame pellettato Nutex 3.3.3 a 1 t ha

-1

(tot: 30 kg ha-1 di P2O5, corrispondenti a 13 kg ha-1 di P per mais frumento

duro, girasole e frumento tenero)

Poutput: P (asportazione da produzione in mais, frumento duro,

girasole, favino e frumento tenero)

Il bilancio, così impostato, ha presentato un deficit strutturale di P pari a 14 kg ha-1 (Mazzoncini, comunicazione personale, dati non pubblicati). Al fine di spostare questo trend verso valori positivi,

(32)

24

l’esperimento si è caratterizzato con l’obbiettivo di portare la concimazione del MASCOT a una dose di 24 kg ha-1 di P.

2.3. Disegno sperimentale, itinerario tecnico.

La prova è stata svolta, in accordo con quanto previsto nella gestione del MASCOT, sui campi playgrounds nel periodo compreso tra l’autunno del 2010 e l’estate del 2013 sull’avvicendamento mais-frumento duro in due annualità successive (campi diversi). In un disegno sperimentale a split-plot con tre blocchi completamente randomizzati (RCB; Gomez e Gomez, 1984) è stato valutato l’effetto combinato di Sovescio di veccia (Vicia villosa Roth. var. latigo) e di cinque tesi Fertilizzanti (figura 2 ). Le tesi fertilizzanti a confronto sono state:

- C-: controllo negativo senza concimazione,

- C+a: controllo positivo con fosforiti in polvere (dose di 24 kg ha-1 di P),

- PNA: compost non arricchito in P (dose 24 kg ha-1 di P, pari a 150 e 143 kg ha-1 di N nel 2011 e 2012, rispettivamente),

- PA: compost arricchito in fosforo (dose 24 kg ha-1 di P, pari a 35 kg ha-1 di N in entrambi il 2011 e 2012) e

- C+b: controllo positivo di compost non arricchito in P e fosforiti (dose compost: stesso quantitativo in sostanza organica di PA più dose aggiuntiva in fosforiti per raggiungere i 24 kg ha-1 di P, per un apporto di N di 33 e 34 kg ha-1 nel 2011 e 2012, rispettivamente).

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Figura 2. Disegno sperimentale. Effetto combinato del sovescio di veccia e delle cinque tesi fertilizzante.

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I compost utilizzati sono stati realizzati presso l’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari (CIHEAM – IAM di Bari) partendo dalle medesime matrici e con le stesse dosi in entrambe le tipologie di compost (PNA e PA) e nei due anni. Nello specifico, le matrici sono state sfalci di prato e residui di potatura (foglie di palma, potatura di olivo e di piante ornamentali). Al compost PA nella fase di compostaggio è stata quindi aggiunta roccia fosfatica (fosforite SACOM), finemente macinata, alla dose di 100 kg per ogni tonnellata di sostanza fresca della miscela iniziale (Ceglie F, comunicazione personale – dati non pubblicati, CIHEAM – IAMB). Le principali caratteristiche dei due compost nei due anni sono riportate nella tabella 3.

Le tesi fertilizzanti sono state distribuite al sovescio della veccia. Ciascun blocco (16 m di larghezza x 45 m di lunghezza) è stato quindi suddiviso in 10 plot di 8 x 9 m corrispondenti alle tesi fertilizzanti, 5 con veccia e 5 senza veccia in precessione al mais. La veccia è stata seminata con una dose di 100 kg ha-1 (15 Settembre 2010 per il primo ciclo e 31 Ottobre 2012 per il secondo ciclo) in seguito a discissura a 0,30 m e interramento dei residui del precedente frumento tenero (vedi paragrafo 2.1). L’interramento del sovescio (erpicatura tramite erpice rotante) e delle tesi fertilizzanti è avvenuto nella successiva primavera (8 Aprile 2011 e 24 Aprile 2012, rispettivamente) cui è seguita la semina del mais (classe FAO 300; ibrido PR36Y03, Pioneer) alla densità di 8 pp m-2, condotto in asciutta (senza irrigazione). A un mese dalla semina è stata effettuata una rincalzatura. La raccolta è stata effettuata a maturazione fisiologica nel mese di Settembre (14 e 25 Settembre nel 2011 e 2012 rispettivamente). Nel 2011, il frumento duro (cv Claudio) è stato seminato il 3 Novembre a una dose di 220 kg ha-1 e raccolto il 16 Luglio

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27

2012. Nel 2012, a causa delle avverse condizioni climatiche (vedi paragrafo 3.1) non è stato possibile effettuare la semina della seconda annualità di frumento duro.

Tabella 3. Principali caratteristiche chimico-fisiche dei compost non arricchito in fosforo (PNA) e arricchito in fosforo (PA) utilizzati nel 2011 e nel 2012. Fonte: Ceglie F, CIHEAM-IAMB (comunicazione personale). 2011 2012 PNA PA PNA PA pH 7,5 7,7 7,7 7,5 EC (ds m-1) 3,5 3,5 1,8 2,3 Carbonio organico (%)1 35,9 32,3 37,6 36,0 Azoto Totale (%)2 2,5 2,6 2,2 2,1 C/N 14,4 12,7 17,1 16,9 Fosforo Totale (%)3 0,4 1,8 0,4 1,5 Fosforo organico (%) 0,09 0,18 0,22 0,36 Fosforo solubile (ppm) 27 18 23 25 1

metodo ISPRA 2011; 2metodo Dumas (N-analyzer); 3Spettrofotometro

Al fine di valutare l’effetto residuo dei trattamenti sulla coltura in successione non è stato effettuato nessun intervento fertilizzante dopo la

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28

raccolta del mais e prima della semina del frumento duro, né in copertura a quest’ultimo.

Sul Mais sono state valutate: produzioni, dinamiche di sviluppo, nutrizione minerale (disponibilità e asportazioni di N e P) ed efficienza d’uso di N e P distribuiti con le concimazioni. Su frumento sono quindi state previste il monitoraggio delle disponibilità di N e P e lo sviluppo della coltura.

L’effetto delle diverse pratiche di gestione sull’accumulo di sostanza organica è stato inoltre valutato attraverso il confronto del contenuto di carbonio organico all’inizio e alla fine della successione mais-frumento per il 2010-2012 e il 2011-2013.

2.4. Protocollo di campionamento e analisi.

L’effetto dei trattamenti sul mais non è stato valutato solamente alla raccolta, ma anche durante il ciclo colturale, con l’obbiettivo di analizzare eventuali modifiche sulle dinamiche di crescita, di sviluppo e di nutrizione minerale della coltura. Con questa finalità, sono state identificate sei epoche di campionamento corrispondenti alle principali fasi del ciclo colturale (Semina, Emergenza, Levata, Inizio Antesi, Maturazione delle cariossidi, Raccolta) corrispondenti a 0-18-51-74-102-151 gg dopo la semina (DAS) nel 2011 e a 0-27-42-64-98-133 DAS nel 2012.

Campionamento e analisi del suolo: in ciascuna fase sono state

prelevati tre sotto-campioni di suolo, per uno strato pari a 0-30 cm, in ciascuna combinazione Sovescio-Fertilizzante e in ogni blocco. I tre

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sotto-campioni sono stati quindi uniti e mescolati a formare un campione unico. Sui campioni è stata effettuata l’estrazione dell’azoto minerale (Nmin) con una soluzione 2 M KCl (1:10, w/v) ed eseguita la misura dell’azoto ammoniacale (NH4

+

-N) e nitrico (NO3 —

N) attraverso analizzatore a flusso continuo (Systea Autoanalyzer) in accordo con Krom (1980) e Henriksen e Selmer-Olsen (1970), rispettivamente. I campioni sono stati quindi essiccati all’aria, macinati, vagliati a 2 mm (USD-NRCS, 1996) e conservati per le successive analisi. Sui campioni essiccati è stata determinata la concentrazione di fosforo assimilabile (Pass) in accordo con la metodica Olsen (Olsen e Sommers, 1982).

Campionamento e analisi del materiale vegetale: all’interramento

della veccia sono stati prelevati tre campioni rappresentativi (1 m2) per blocco per la determinazione del peso fresco e, previo essiccamento per 48 h a 70°C, del peso secco. Sugli stessi campioni è stato determinato il tenore in azoto totale (N%, metodo Kjeldahl) e il relativo contenuto di N (N% x peso secco). Per il mais, in tutte le fasi considerate con l’esclusione di quella di Semina, sono stati effettuati campionamento distruttivi per ciascuna combinazione Sovescio-Fertilizzante in ogni blocco, con una area di saggio di 1 m2. In ciascuna fase, sono state determinate le biomasse epigee complessive. Nella fase di Maturazione la biomassa epigea è stata partizionata in stocchi e spadice; nella fase di Raccolta la biomassa è stata partizionata in stocchi, tutolo e cariossidi. La biomassa degli stocchi e del tutolo sono state sommate al fine di ottenere la biomassa totale dei residui colturali alla Raccolta. Le biomasse così ottenute sono state quindi essiccate per 48 h a 70°C per determinare il loro peso secco. Per tutti i campioni (esclusi quelli della fase di Emergenza) il contenuto in azoto totale (N%) e di fosforo totale

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30

(P%) sono stati determinati mediante metodo Khjeldahl e misura ad ICP/ottico, rispettivamente, permettendo il calcolo delle asportazioni di N e P (N/P% x peso secco) per ciascuna fase/componente.

Effetto residuo: il ciclo del frumento duro è stato monitorato

individuando tre fasi: Semina, Fioritura e Raccolta (corrispondenti a DAS 0-156-236). In ciascuna fase e per ciascun trattamento sono stati eseguiti i campionamenti del suolo e le determinazioni di Nmin e Pass, come riportato per il mais. Inoltre nelle fasi di Fioritura e Raccolta sono stati determinate la biomassa epigea fresca, il peso secco e le relative asportazioni di N e P. La produzione di cariossidi è stata ottenuta attraverso l’utilizzo di un indice granella:paglia di 1,0:0,8, ottenuto in ambienti simili (disciplinari di produzione).

C-sink: l’effetto di accumulo di carbonio (C-sink) è stato valutato

attraverso la determinazione del Carbonio organico totale (Corg) mediante combustione secca (LECO AC 612, analizzatore di Carbonio) su campioni di suolo prelevati alla semina della veccia e alla raccolta del frumento (Settembre 2010 – Luglio 2012 per il primo avvicendamento, Ottobre 2011 – Luglio 2013). Le determinazioni sono state effettuate previa essiccazione all’aria e vagliatura a 2 mm.

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2.5. Indici di efficienza d’uso e bilanci.

Alla Raccolta sono stati calcolati degli indici di efficienza d’uso per N e P. In particolare sono stati calcolati:

- NUsE (Nitrogen Use Efficiency): rapporto tra la produzione in cariossidi e l’N applicato in kg kg-1

- NRE (Nitrogen Recovery Efficiency): rapporto di (N asportato nella tesi fertilizzata – N asportato nel controllo negativo) e l’N applicato in kg kg-1

-

PUsE (Phosphorus Use Efficiency): rapporto tra la produzione in cariossidi e il P applicato in kg kg-1

-

PRE (Phosphorus Recovery Efficiency): rapporto di (P asportato nella tesi fertilizzata – P asportato nel controllo negativo) e il P applicato in kg kg-1

Gli indici dell’N sono stati definiti in accordo con Delogu et al. (1998), Lòpez-Bellido et al. (2005), Montemurro et al. (2006) e Canali et al. (2010). Gli indici per il P (Veneklaas et al., 2012) sono stati calcolati utilizzando terminologia similare.

I bilanci di N e P sono stati calcolati secondo quanto indicato per il

Surface balance da Watson et al. (2002b) e Oenema et al. (2003) al

termine del ciclo colturale del mais. Per l’N, tra gli input alla fertilità di origine esterna, oltre i compost, è stato inserito l’N apportato dalla biomassa epigea della veccia, laddove presente, calcolato alla terminazione del sovescio, approssimando questo contributo come totalmente derivante dall’attività azoto-fissatrice della leguminosa. Per

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entrambi i bilanci, tra gli output, sono state inserite anche le asportazioni dei residui colturali, destinati ad essere reintegrati nel suolo alla fine del ciclo, per permettere di valutare la capacità di ogni combinazione Sovescio-Fertilizzante di sostenere la nutrizione azotata e fosfatica della coltura nella sua interezza, oltre a fornire una stima della sostenibilità nel breve periodo dei diversi trattamenti.

2.6. Analisi statistica.

I valori di tutti i parametri studiati, con l’esclusione di quelli relativi al Frumento duro, sono stati analizzati tramite ANOVA per un disegno sperimentale a blocchi randomizzati, considerando come fattori fissi il Sovescio e la Fertilizzazione e come fattore random l’anno (SPSS versione 17). Per i parametri relativi al frumento, data l’assenza del secondo ciclo (vedi paragrafo 3.1), l’ANOVA è stata effettuata considerando i soli fattori Sovescio e Fertilizzante.

Prima di effettuare l’analisi della varianza è stato effettuato il test di Levene per verificare l’omogeneità delle varianze e ricorrendo all’appropriata trasformazione dei dati laddove necessario (SPSS).

Per valutare le differenze significative tra 3 o più livelli è stato utilizzato il test di Tukey per P<0,05 come post-hoc, mediante Statistica versione 8.0.

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33

3. Risultati:

3.1. Andamento meteorico nel periodo 2010-2013.

L’andamento meteorico, nei tre anni di sperimentazione (Settembre 2010 - Luglio 2013), è stato caratterizzato da una forte variabilità (figura 3).

In particolare, per ciò che riguarda le precipitazioni, si sono registrati valori molto superiori alla media di lungo periodo nei mesi Ottobre – Dicembre 2010 (549 mm contro 354 mm), nel mese di Aprile 2012 (160 mm contro 70 mm) e nel periodo Ottobre 2012 – Marzo 2013 (1129 mm contro 538 mm). Diversamente, si sono registrati periodi di carenza idrica nei mesi di Aprile – Maggio 2011 (29 mm contro 126 mm), Ottobre 2011 – Marzo 2012 (130 mm contro 538 mm) e di Giugno-Luglio 2012 (20 mm contro 54 mm). Per quanto riguarda le temperature medie non sono stati registrati particolari scostamenti dalle medie di lungo periodo, con medie estive di 23°C e medie invernali di 7°C.

Data la forte piovosità dell’autunno – inverno 2012-2013 non è stato possibile realizzare la seconda annualità di frumento in avvicendamento con il mais 2012.

3.2 Veccia.

La biomassa epigea totale della Veccia è stata significativamente diversa (P<0,001) nei due anni (1,2 e 5,3 t ha-1di s.s. nel 2011 e nel 2012, rispettivamente) con un valore di N di 2,4% e 3,7% per un apporto complessivo, nelle tesi con sovescio, di 27,4 e 193,5 kg ha-1 di N nel 2011 e 2012 (differenza significativa per P<0,001).

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3.3. Mais.

3.3.1. Biomasse e produzioni

Nella tabella 4 sono riportati i valori di P relativi all’analisi della varianza per le produzioni di biomassa epigea secca del mais nei diversi stadi di sviluppo, mentre nella tabella 5 le relative medie per i fattori sperimentali studiati.

Tabella 4. Risultati dell’analisi della varianza sulla produzione di biomassa epigea secca del mais (valori di P)

Biomassa

totale Emergenza Levata

Inizio

Antesi Maturazione Raccolta Sovescio (S) 0,485 0,282 0,050 0,410 0,045 Fertilizzante (F) 0,854 0,343 0,392 0,392 0,307 Anno (A) 0,342 0,308 0,385 0,049 0,048 S x F 0,987 0,219 0,220 0,676 0,661 S x A 0,001 0,009 0,778 0,217 0,924 F x A 0,435 0,469 0,880 0,297 0,686 S x F x A 0,895 0,387 0,249 0,435 0,316

Il fattore Sovescio ha registrato differenze significative agli stadi di Inizio Antesi e di Raccolta (P<0,05) mostrando una maggiore produzione nelle tesi con sovescio di veccia. Lo stesso trend, anche se non significativo (P>0,05), è stato riscontrato anche nelle altre fasi di sviluppo della coltura. Nessuna differenza significativa è stata altresì riscontrata per il fattore Fertilizzante. Alla raccolta è stata registrata comunque una maggiore produzione di biomassa nella tesi PA (7,5 t ha-1

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contro una media delle altre tesi di 6,2 t ha.1), ma la differenza non ha mostrato un P significativo (P=0,307). Per il fattore Anno è stata registrata una maggiore produzione di biomassa nelle fasi di sviluppo vegetativo (Emergenza – Antesi) nel 2012 (P>0,05) e un’inversione di produzione nelle fasi successive all’emissione del Pennacchio (Maturazione e Raccolta) con differenze significative per P<0,05. Nelle fasi di Emergenza e di Levata è stato riscontrato una significativa interazione tra i fattori Sovescio ed Anno (P<0,01), riportata nelle Fig. 4a e 4b. Nella fase di Emergenza è stata registrata una maggiore produzione di biomassa in presenza di sovescio di veccia nel 2012 (0,3 t ha-1) rispetto al non sovesciato nel 2012 (0,2 t ha-1) e alle tesi sovesciate e non sovesciate del 2011 con una produzione media di 0,1 t ha-1 (fig. 4a). Alla Levata le tesi con sovescio di veccia hanno registrato una significativa e maggiore produzione di biomassa epigea (2,8 t ha-1 nel 2012 e 1,5 t ha-1 nel 2011, significativamente diversi per P<0,05) rispetto alle tesi non sovesciate (1,5 e 0,9 t ha-1 nel 2012 e 2011, rispettivamente, diversi per P<0,05), fig. 4b

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Tabella 5. Biomassa epigea secca del mais nelle diverse fasi del ciclo colturale

Biomassa epigea

t ha-1 Emergenza Levata Inizio antesi Maturazione Raccolta

Sovescio (S) Assenza 0,13 1,1 4,4 b 6,3 6,3 b Presenza 0,22 2,2 5,0 a 7,1 6,8 a Fertilizzante (F) C- 0,17 1,7 4,7 6,2 6,3 C+a 0,18 1,6 4,6 6,7 6,4 C+b 0,19 1,6 4,9 7,7 5,7 PNA 0,17 1,8 4,7 7,2 6,8 PA 0,18 1,6 4,4 5,8 7,5 Anno (A) 2011 0,11 1,2 4,3 8,8 a 7,6 a 2012 0,24 2,2 5,1 4,7 b 5,4 b Media 0,18 1,7 4,7 6,7 6,5

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Figura 4a e 4b. Effetto del sovescio e dell’anno sulla produzione di biomassa epigea nelle fasi di Emergenza (4a) e Levata (4b)

(47)

39

Nella tabella 6 sono riportati i valori di P relativi all’analisi della varianza per le produzioni di biomasse secche delle componenti del mais nelle fasi di Maturazione e di Raccolta. Nessuna differenza significativa è stata evidenziata per i tre fattori sperimentali studiati. L’interazione tra il Sovescio e l’Anno è stata trovata significativa per la biomassa della spadice a Maturazione e alla Raccolta (P<0,05) e per la produzione di cariossidi alla Raccolta (P<0,05). Nella tabella 7 sono riportate le medie relative alle componenti del mais nelle fasi di Maturazione e Raccolta. Alla raccolta, anche se non supportato però da differenza significativa e relativamente al fattore Fertilizzante, si è evidenziata una maggiore produzione di cariossidi nelle tesi PA (2,5 t ha-1 contro una media di 1,8 t ha-1 delle altre tesi). Analogamente, lo stesso trend è stato riscontrato per la biomassa complessiva della spadice (3,2 t ha-1 per PA contro una media per le altre tesi di 2,3 t ha-1) e del tutolo alla Raccolta (0,67 t ha-1 per PA contro una media di 0,50 t ha-1 per le altre tesi).

Tabella 6. Risultati dell’analisi della varianza sulle componenti del mais a Maturazione e alla Raccolta (valori di P)

Biomassa componenti Maturazione Spadice Raccolta Spadice Raccolta Residui tot Raccolta Tutolo Raccolta Cariossidi Sovescio (S) 0,932 0,671 0,390 0,645 0,679 Fertilizzante (F) 0,489 0,231 0,741 0,441 0,095 Anno (A) 0,306 0,209 0,825 0,307 0,193 S x F 0,581 0,552 0,761 0,865 0,449 S x A 0,030 0,048 0,114 0,101 0,045 F x A 0,615 0,638 0,442 0,641 0,649 S x F x A 0,076 0,391 0,254 0,238 0,441

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Tabella 7. Biomassa secca delle componenti del mais a Maturazione e alla Raccolta. Biomassa epigea t ha-1 Maturazione Spadice Raccolta Spadice Raccolta Residui tot Raccolta Tutolo Raccolta Cariossidi Sovescio (S) Assenza 2,3 2,7 3,5 b 0,59 2,1 Presenza 2,2 2,3 4,5 a 0,48 1,8 Fertilizzante (F) C- 2,5 2,3 4,0 0,48 1,8 C+a 2,0 2,3 4,0 0,53 1,8 C+b 2,5 2,2 3,5 0,47 1,7 PNA 2,4 2,5 4,2 0,53 2,0 PA 1,9 3,2 4,3 0,67 2,5 Anno (A) 2011 3,2 3,7 3,9 0,71 3,0 2012 1,3 1,3 4,1 0,36 1,0 Media 2,3 2,5 4,0 0,54 2,0

(49)

41

Nella figura 5 è riportata l’interazione tra Sovescio ed Anno per la produzione di cariossidi. La produzione è stata significativamente più alta nel 2011 rispetto al 2012. Nella seconda annualità la presenza del sovescio ha determinato un significativo abbassamento delle produzioni rispetto alla sua assenza.

Figura 5. Effetto del sovescio e dell’anno sulla produzione di cariossidi alla Raccolta.

Lettere diverse indicano differenze significative a P<0,05 utilizzando il test di Tukey come post-hoc

(50)

Figura 6a e 6b. Effetto del Sovescio e dell’Anno sulla biomassa della spadice nelle fasi di Maturazione (6a) e Raccolta (6b)

(51)

43

Nella figura 6 è riportato l’effetto del Sovescio e dell’Anno sullo sviluppo della spadice nelle fasi di Maturazione (fig. 6a) e di Raccolta (fig. 6b). Nel 2011 la biomassa della spadice è stata significativamente maggiore che nel 2012, con una maggiore produzione per le tesi con sovescio (significativa a Maturazione); nel 2012 la produzione è stata significativamente minore, in entrambe le fasi, per le tesi con sovescio di veccia in precessione.

3.3.2. Azoto: disponibilità nel suolo

Nella tabella 8 sono riportati i valori di P relativi all’analisi della varianza per il contenuto in azoto minerale del suolo (Nmin) nelle diverse fasi monitorate del ciclo colturale, dalla Semina alla Raccolta del mais. L’interazione del Sovescio con l’Anno è stata significativa nelle fasi di Semina (P=0,001), di Emergenza e di Raccolta (P<0,05).

Nella Tabella 9 sono riportate i valori medi di Nmin per i livelli dei fattori studiati. Relativamente al fattore Sovescio, una maggiore disponibilità di Nmin nelle tesi con sovescio è stata riscontrata in tutte le fasi analizzate (differenze non significative). Nessuna differenza si è evidenziata in funzione del fattore Fertilizzante e dell’Anno.

Nella tabella 10 è riportato l’effetto del Sovescio e dell’Anno sulla disponibilità di Nmin nelle fasi di Semina, Emergenza e Raccolta. I risultati evidenziano una maggiore disponibilità delle forme minerali dell’azoto nelle tesi con sovescio: questa differenza è maggiore nel 2012 e limitata alla sola fase di Emergenza nel 2011.

(52)

Tabella 8. Risultati dell’analisi della varianza sulla disponibilità di azoto minerale nelle diverse fasi del ciclo del mais (valori di P)

Nmin Semina Emergenza Levata Inizio Antesi Maturazione Raccolta

Sovescio (S) 0,390 0,187 0,178 0,164 0,098 0,229 Fertilizzante (F) 0,309 0,261 0,175 0,095 0,608 0,652 Anno (A) 0,732 0,096 0,341 0,241 0,207 0,185 S x F 0,454 0,211 0,629 0,478 0,169 0,478 S x A 0,001 0,050 0,136 0,496 0,439 0,047 F x A 0,821 0,516 0,605 0,885 0,281 0,238 S x F x A 0,387 0,425 0,531 0,367 0,429 0,463

(53)

Tabella 9. Azoto minerale del suolo nelle diverse fasi del ciclo colturale.

Nmin

mg kg-1 Semina Emergenza Levata Inizio Antesi Maturazione Raccolta

Sovescio (S) Assenza 23,8 41,4 22,1 23,3 20,9 28,0 Presenza 42,2 56,4 31,4 26,3 27,2 41,3 Fertilizzante (F) C- 32,2 49,4 25,9 23,6 24,3 30,9 C+a 35,2 45,3 25,3 25,2 22,5 36,4 C+b 32,4 47,6 30,8 26,1 22,6 35,9 PNA 33,3 51,3 26,7 23,4 24,9 38,1 PA 32,0 50,9 25,2 25,7 26,0 31,9 Anno (A) 2011 30,1 64,2 29,2 24,1 25,5 28,0 2012 35,9 33,6 24,3 25,6 22,5 41,2 Media 33,0 48,9 26,8 24,8 24,0 34,6

(54)

46

Tabella 10. Effetto del Sovescio e dell’Anno sulla disponibilità di Nmin nelle fasi di Semina, Emergenza e Raccolta

Nmin mg kg-1 2011 2012 Semina Assenza 27,4 c 20,3 d Veccia 32,9 b 51,6 a Emergenza Assenza 59,0 b 23,9 d Veccia 69,4 a 43,3 c Raccolta Assenza 23,9 b 32,1 b Veccia 32,2 b 50,4 a

Lettere diverse indicano differenze significative a P<0,05 utilizzando il test di Tukey come post-hoc

3.3.3. Azoto: asportazioni

Nella tabella 11 sono riportati i valori di P relativi all’analisi della varianza per le asportazioni di N da parte dell’intera pianta nelle fasi di Levata, Inizio Antesi, Maturazione e Raccolta. I risultati hanno mostrato un effetto significativo del Sovescio nella fase di Maturazione (P<0,05) e del Fertilizzante alla Raccolta (P<0,05). L’interazione tra Sovescio e Anno è risultata significativa nelle fasi di Levata (P=0,001) e di Inizio Antesi (P<0,05), mentre l’interazione tra Sovescio e Fertilizzante è stata significativa nella fase di Raccolta (P<0,05). In funzione dell’Anno, le asportazioni sono risultate significativamente maggiori nel 2011 rispetto al 2012 alla Maturazione (107,3 contro 48,7 kg ha-1 di N; P<0,05) e alla Raccolta (100,2 contro 52,6 kg ha-1 di N; P<0,05) (tabella 12).

(55)

47

Tabella 11. Risultati dell’analisi della varianza sulle asportazioni del mais da Levata e a Raccolta (valori di P)

Asportazioni N Levata Inizio Antesi Maturazione Raccolta

Sovescio (S) 0,404 0,234 0,036 0,221 Fertilizzante (F) 0,327 0,392 0,181 0,045 Anno (A) 0,421 0,481 0,050 0,040 S x F 0,219 0,333 0,667 0,032 S x A 0,001 0,044 0,888 0,147 F x A 0,362 0,805 0,921 0,291 S x F x A 0,492 0,552 0,179 0,950

Tabella 12. Asportazioni del mais nelle fasi da Levata e a Raccolta.

Asportazioni N

kg ha-1 Levata Inizio Antesi Maturazione Raccolta

Sovescio (S) Assenza 17,0 45,7 65,1 b 70,1 Presenza 45,4 72,3 91,0 a 85,0 Fertilizzante (F) C- 31,4 58,4 73,8 69,7 b C+a 28,7 60,0 74,0 77,6ab C+b 29,2 61,3 87,2 70,5 b PNA 37,8 62,0 86,1 75,2 ab PA 29,0 53,7 68,9 94,6 a Anno (A) 2011 17,9 64,7 107,3 a 100,1 a 2012 44,6 53,3 48,7 b 55,9 b Media 31,2 59,0 78,0 77,5

Lettere diverse indicano differenze significative utilizzando per P<0,05 (per i confronti Fertilizzante tramite test di Tukey come post-hoc)

Figura

Figura  1.  Schema    di  un  blocco  dell’esperimento  a  lungo  termine  MASCOT. Ogni coltura è coltivata ogni anno
Figura  2.  Disegno  sperimentale.  Effetto  combinato  del  sovescio  di  veccia e delle cinque tesi fertilizzante
Tabella  3.  Principali  caratteristiche  chimico-fisiche  dei  compost  non  arricchito  in  fosforo  (PNA)  e  arricchito  in  fosforo  (PA)  utilizzati  nel  2011  e  nel  2012
Tabella  4.  Risultati  dell’analisi  della  varianza  sulla  produzione  di  biomassa epigea secca del mais (valori di P)
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