HANS HOLBEIN IL GIOVANE
MATERIALE CLIL STORIA DELL’ARTE/TEDESCO
A.S. 2019/2020
prof. Claudio Pucceti (Storia dell’Arte)
in collaborazione con prof.ssa Anete Müller (conversazione tedesco) Classe 4EL
IL RINASCIMENTO TEDESCO
IL RINASCIMENTO TEDESCO
Per buona parte del XVI sec. l’arte dei Paesi tedeschi è dominata dall'influenza del gotico
internazionale e stenta
a sviluppare un linguaggio artistico proprio. Solo verso la fine del ‘400, influenzata dalla pittura
fiamminga e dal classicismo italiano, rompe definitivamente con la tradizione gotica ed elabora
un proprio linguaggio figurativo abbracciando in pieno
le tematiche rinascimentali in un percorso di piena autonomia, sempre pervasa da un’intensa
spiritualità che anticipa le inquietudini manieristiche, e da singole disgressioni verso un drammatico espressionismo.
Agli inizi del ‘500 la corte di Massimiliano I diventa un centro rinascimentale che feconda di nuova linfa l'arte europea e
vede primeggiare la pittura della Scuola danubiana austriaca, caratterizzata da un nuovo
sentimento nei confronti della natura con la scoperta del paesaggio come elemento predominante, e da un diverso modo di percepire il reale che ha forti echi internazionali.
Il Rinascimento tedesco riesce così a elaborare un linguaggio proprio e ben distinguibile, con un’interpretazione
del classicismo italiano estremamente autonoma. Dürer stesso conia la traduzione di ‘Rinascimento’ in ‘Wiedererwachung’,
a conferma di quanto sia pienamente cosciente dell'importanza di tale processo storico.
Va ricordato che il XVI sec. è un periodo di grandi cambiamenti politici, sociali e spirituali per tutta l’Europa.
In particolare, in Germania è l'epoca della Riforma luterana (1517) che darà vita a un’insanabile frattura nella cristianità
(Scisma della Chiesa cattolica) e alla grande onda spiritualista, e della Guerra dei contadini (1525) che produrrà profondi effetti, tanto sullo sviluppo economico-sociale quanto su quello politico,
portando i principi territoriali ad un maggior potere nell'Impero. Un'epoca che sconvolge il paese e che ha una profonda influenza anche sulla vita dei pittori tedeschi molti dei quali, influenzati
dall’Umanesimo, si avvicinano a Martin Lutero (monaco agostiniano contro la corruzione della Chiesa
e contro il commercio delle Indulgenze) sposandone in pieno le idee.
Da questo sodalizio nasce un’arte che riflette fedelmente la nuova religiosità del Protestantesimo e che diventa veicolo
di propaganda religiosa, grazie anche all’invenzione della stampa tipografica e allo sviluppo
dell’incisione che permettono, l’una una maggiore divulgazione delle nuove idee, l’altra una grande forza persuasiva.
Dopo il 1530 la Riforma tedesca, diversamente da quella svizzera che provocherà una vera e propria iconoclastia, darà vita
ad un ‘ri-orientamento’ di un’arte che da ‘sacra’ si fa ‘devota’, contenendo così i danni della
distruzione dell’arte cristiana attraverso l’abolizione del culto di Santi e reliquie. Se infatti il rigorismo morale di Calvino rifiuta le rappresentazioni figurative giudicate una cattiva consuetudine
dell’ostentazione cattolico-romana, Lutero, seppur subordinando l’immagine alla Parola, non solo ne sostiene la funzione pedagogica ma ne promuove l’uso, favorendo la nascita di un’iconografia capace di alimentare
la diffusione della sua concezione teologica anche se sempre antiromana.
Tuttavia questo ‘nuovo sentire’ anche in Germania creerà una sensibile diminuzione della richiesta di soggetti religiosi e un aumento di quella di ritratti di principi e mercanti, determinando un graduale distacco dell’arte dalla Chiesa.
In questo contesto spiccano cinque figure decisive che rappresentano l’ultimo capitolo della
‘Altdeutsche Malerei’ (antica
pittura tedesca) e cioè di quella produzione pittorica dei Paesi di lingua e cultura tedesca che va dal 1300 al 1500):
Matthias Grünewald (espressione del puro germanesimo, drammatico, profondo e irrazionale),
Albrecht Dürer (emblema dell’Umanesimo tedesco e artista rinascimentale per eccellenza, aperto
alla pittura italiana ma in modo molto personale),
Lucas Cranach il Vecchio (principale interprete della Riforma luterana dall'intellettualismo raffinato
ed estetizzante e ponte
tra Gotico internazionale e Manierismo), Albrecht Altdorfer (primo paesaggista della storia e principale rappresentante
della Scuola danubiana che valorizza il paesaggio come soggetto indipendente), Hans Holbein il
Giovane (fine ritrattista dal
penetrante realismo e perfetta fusione fra spirito analitico del Nord Europa e sintesi razionale del Sud Europa, nonché ultimo rappresentante del Rinascimento tedesco).
Con Holbein si chiude così un’epoca e un breve ma intenso periodo del Rinascimento tedesco e come in tutta Europa anche
la Germania aderirà al Manierismo ma, a differenza dell’Italia, con pochi pittori di scarso rilievo che non avranno spalle
capaci di portare il peso di una grande tradizione.
IL RINASCIMENTO TEDESCO
Approdato nella capitale europea dell’editoria, si dedica all’illustrazione di
libri con xilografie e metallografie che rivelano già l’espressione di uno spirito libero , garantendosi un sicuro guadagno con l’editore Froben.
Nel 1516, entrato in contatto con numerosi umanisti, si lega in amicizia al teologo Erasmo da Rotterdam e coi più importanti esponenti dell’aristocrazia che gli commissionano numerosi
affreschi per le mura della città, nonché
i propri ritratti in cui mostra finezza d’indagine psicologica ed elevatissima abilità tecnica. Attraverso le incisioni, o più
probabilmente durante un viaggio in Italia forse nel 1518, conosce il Rinascimento italiano e le opere
di Mantegna e Leonardo, che ne influenzeranno segno, composizione, plasticità e ricchezza cromatica. Nel 1519, alla morte del fratello maggiore Ambrogio, eredita la bottega paterna e, dopo essersi iscritto alla Corporazione dei Pittori di Basilea, si sposa e avrà quattro figli. A 23 anni è già un artista apprezzato
e celebre. Da allora comincia un’intensa attività: crea il primo di una serie di dipinti a carattere religioso che riflettono i suoi studi sui disegni del Dürer e, con la collaborazione del padre, dal 1522 realizza molte importanti Pale d’altare che gli consentono di esprimersi in modo indipendente.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE (ANVERSA 1497-98 / LONDRA 1543)
HANS HOLBEIN IL GIOVANE (ANVERSA 1497-98 / LONDRA 1543)
Dopo aver studiato pittura ad
Augusta (uno
dei principali ‘porti d'entrata’ del Rinascimento italiano in
Germania) insieme al fratello nella bottega del padre Hans il Vecchio, apprezzato ritrattista di tradizione
fiamminga, nel 1515
Nel 1526 compie il primo viaggio in Inghilterra, probabilmente su consiglio di Erasmo per allontanarsi dalle lotte religiose che stanno sfociando nella crociata iconoclasta della Riforma: a Londra si lega a
Thomas More (umanista e politico cattolico) e al suo circolo umanistico per il quali lavora. "Il tuo pittore,
caro Erasmo, è un artista meraviglioso" scrive More all’amico Erasmo, contribuendo
alla sua fama di ritrattista, che crescerà rapidamente. Rientrato nel 1529 a Basilea per un breve periodo, si trova costretto a limitarsi
ai ritratti e alla decorazione di facciate per le ostilità della Riforma nei confronti delle immagini (vengono distrutte anche alcune sue opere religiose) che lo spingono, da libero pensatore, verso altri orizzonti. Così nel 1532 ritorna in Inghilterra e, lasciata la famiglia, vi si stabilisce definitivamente. Ma a Londra la situazione è cambiata
in seguito ai nuovi sviluppi politici e religiosi: More verrà giustiziato di lì a poco per alto tradimento (rifiuta di accettare l'Atto
di Supremazia del re sulla Chiesa), e i membri della sua cerchia per i quali aveva lavorato nel viaggio precedente non sono più nelle stesse condizioni. Tuttavia Holbein trova favore nei nuovi protettori: i ricchi mercanti tedeschi che gli commissionano varie opere decorative e soprattutto molti ritratti.
Aumentata la sua reputazione, nel 1536 diventa pittore di corte grazie al primo ministro del re Thomas
Cromwell , e realizza i suoi
più famosi ritratti che trasformano il sovrano in un’icona. Per Enrico VIII realizza anche una dozzina di
miniature delle sue future mogli,
che lo portano a spostarsi nelle corti europee dove si conquista apprezzamento e rispetto, consolidando la fama di grande ritrattista.
Durante la terribile epidemia di peste del 1543,che decima la popolazione londinese Holbein muore, nel pieno della sua fama.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
Acquistata piena maturità come artista
religioso e rotto
con la tradizione tardogotica (seppur ancora presente
in alcune opere), vi affianca l’intensa attività di
ritrattista,
che si caratterizza per lo studio del dato reale e per quella osservazione distaccata e obiettiva che lo renderà celebre.
Nel 1924 è in Francia, poi nei Paesi Bassi da cui ricava parecchie suggestioni artistiche.
Pittore e incisore tedesco, fine ritrattista dal penetrante realismo e dalla perfetta fusione
fra spirito analitico del Nord (Paesi tedeschi) e sintesi razionale del Sud (Italia), ultimo rappresentante della Altdeutsche
Malerei, Hans Holbein chiude un’epoca, quella del Rinascimento tedesco.
Aperto a tutte le influenze, da Grünewald a Leonardo, dalla scuola fiamminga alla
scuola di Fontainebleau, dai pittori inglesi ai francesi suoi
contemporanei, dà vita a un linguaggio originale guardando anche al passato. La sua arte si articola tra il potente espressionismo tedesco ereditato dal tardogotico, e l’obiettività’ degli artisti del Rinascimento italiano.
Se infatti le sue opere restano dominate da violenti effetti espressivi, si notano anche
i molteplici contatti stilistici con l’arte italiana.
Già i disegni delle decorazioni di alcuni edifici rivelano un’approfondita conoscenza delle soluzioni prospettiche, illusionistiche, e perfino
ornamentali, rintracciabili nella lezione
che Holbein trae dalle stampe di Mantegna, dalle incisioni lombarde, e dai disegni di Leonardo. Insieme con Dürer, Holbein è il più
‘italianizzante’ dei pittori tedeschi ell’epoca, ma il suo atteggiamento di fronte al grande Rinascimento italiano è profondamente
diverso da quello del Maestro di Norimberga.
Temperamento assai meno pensoso, Holbein si appaga di quel che si offre al suo occhio: dalla pittura italiana ricava un’impressione di
stabilità e di grandezza, di equilibrio e di magnificenza e, passandola al filtro della sua educazione tedesca, ne accentua gli aspetti
di monumentalità e di fasto
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
Holbein guarda la realtà con grande naturalezza e, con felicità creativa
priva di ansia e di tormento, la riproduce con un’esattezza perfetta e con chiaro distacco. È questa capacità di distacco, questa freddezza
di osservazione che fa di Holbein il ritrattista principe della sua epoca.
La sua arte si basa sulla soluzione di due problemi: il disegno, portatore dell’esattezza espressiva, e la
composizione, costruita in base a uno studio estremamente attento della prospettiva. In essa le strutture dello spazio variano costantemente per giungere negli ultimi ritratti a una sorta
di equilibrio tra realismo e astrazione, tra tradizione gotica e rinascenza umanistica.
L’incontro con Erasmo e Moro, che imbeve la sua pittura delle idee umanistiche, lo porta a sviluppare l’arte del ritratto ai massimi livelli, tra finezza d’indagine psicologica ed elevatissima abilità tecnica, consacrandolo alla celebrità in tutte le corti d’Europa.
Coi suoi ritratti, che hanno la capacità di penetrare nel
personaggio combinando ricchezza e purezza di stile, Holbein non solo descrive
l’Inghilterra dei Tudor in maniera straordinariamente viva e concreta, ma trasforma Enrico VIII in un’icona, diventando l’artefice dell’immagine dell’archetipo di potere che in seguito influenzerà i ritratti di tutti i sovrani.
Descritto come il grande ‘solitario’ della storia dell'arte, dopo la scomparsa non avrà discendenza degna del suo nome e la sua efficacia non si prolungherà, come pensava Goethe, nei secoli a venire, ma la sua arte riacquisterà valore solo molto tempo dopo.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
HANS HOLBEIN IL GIOVANE LE OPERE SACRE
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
LE OPERE SACRE
I primi lavori di Holbein, o almeno quelli
scampati alla distruzione della crociata iconoclasta del 1539, riflettono in pieno la tradizione di una cultura ancora
in gran parte medievale e legata a Roma (pellegrinaggi, venerazione di reliquie,
preghiera per i morti…), ma il crescere del movimento riformista, guidato
da umanisti come Erasmo e More, inizia a cambiare le attitudini religiose.
Basilea, dove vengono pubblicate
le opere di Lutero, diventa il principale centro di
trasmissione delle idee riformate e anche i lavori di Holbein manifestano un
graduale spostamento seppur in piena autonomia (continua a lavorare sia per gli erasmiani che per i cattolici
tradizionalisti), fino a quando il fanatismo iconoclasta non prende
il sopravvento.
Da quel momento Holbein diventa insofferente al nuovo corso religioso, e lentamente lo abbandona.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE LE OPERE SACRE
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
LE OPERE SACRE
‘Cristo Morto’ (1521) È una celebre tavola dal formato realistico molto singolare (lunga 2 metri e alta solo 30
centimetri): una
brutale e grandiosa predella realizzata probabilmente per la cappella familiare degli Amerbach che ritrae Cristo prima della Resurrezione, le cui stimmate violacee risultano ancora più evidenti nel corpo emaciato, scarno, livido e verdastro, di quello che sembra proprio un corpo in decomposizione. Un cadavere
nell’assoluta solitudine priva di conforto.
In questo dipinto Holbein rivela una ricerca di verità che si spinge ad un rigore quasi scientifico,
esasperando quel gusto per l'osservazione distaccata e volutamente oggettiva che caratterizza tutta la sua attività ritrattistica (utilizza come modello il corpo
d’un affogato ripescato dal Reno). L’opera di Holbein, che ha la forza dell’espressionismo tedesco ereditato dal tardogotico
e la maestria di un chiaroscuro leonardesco, testimonia il graduale spostamento dalla religione tradizionale a quella riformata:
il suo Cristo esprime una visione umanista in pieno accordo col clima riformista della Basilea del tempo. L’iniziale stato di putrefazione lo rende così umano da portare l’osservatore a credere che in lui non ci sia proprio nulla di divino
e addirittura che sia impossibile ogni fede, se persino il corpo di Cristo è soggetto allo sfacelo post-mortem.
Quando Dostoevskij nel 1867 vede il dipinto ne rimane così colpito che lo introduce in uno dei dialoghi del romanzo ‘L'Idiota’:
"Quel quadro!…Osservando quel quadro c’è da perdere ogni fede”.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE LE OPERE SACRE
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
LE OPERE SACRE
‘Madonna di Darmstadt’ (1522) È la Pala d’altare
per il borgomastro Jacob Meyer: una Madonna
con Bambino e donatori (Jacob e due figli a sinistra, prima e seconda moglie e figlie a destra), con un’insolita forma della cornice forse parchè in origine inserita
in un'architettura. La composizione
rappresenta il punto più alto raggiunto da Holbein nello studio della ritrattistica condotto a Basilea.
L’artista conferisce un saldo ed equilibrato impianto
compositivo che prevale sull’intenso realismo dei particolari, e uno stacco monumentale nella nobile ampiezza delle forme dei volumi che rompe la tradizione tardogotica.
Se guardato di fronte le proporzioni dei personaggi sono innaturali, tuttavia l’effetto
è voluto: Holbein consente di apprezzarne le qualità solo a chi lo osservi dal basso, inginocchiato. La Pala, dove Madre e Bambino appaiono di una bellezza ideale quasi
anti-tedesca e i ritratti dei donatore sono di un perfetto naturalismo, mostra una
profonda conoscenza di Raffaello ma presenta anche elementi tipici della ritrattistica olandese dell'epoca.
Da notare la complessa composizione a più figure ricca di dettagli: dalle architetture
di fondo alla conchiglia, dai costumi ai copricapo, dai disegni sul tappeto agli espressivi volti, riconoscibili e intensi. Il quadro
testimonia l'assoluta fede cattolica del borgomastro apertamente opposto alla Riforma, e sottolinea il ruolo di Maria nella salvezza dell'uomo, ruolo contestato dai riformati.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE LE OPERE SACRE
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
LE OPERE SACRE
Le tavole, dominate da violenti effetti espressivi, rilevano l’influenza di artisti danubiani e di
Grünewald nel solco della tradizione tardogotica. Si notano anche evidenti richiami alla pittura italiana attraverso la conoscenza di incisioni (architetture), soprattutto quella dei pittori lombardi.
In particolare si nota l’influenza del Mantegna (personaggi)
e di Raffaello (composizione) ma non solo: la tecnica nella stesura cromatica, ottenuta con l’impiego di lievi velature e la mescola dei
pigmenti, richiama fortemente gli smalti italiani.
Pala della Passione’ (1524)
È un ciclo pittorico raffigurante la Passione di Cristo, costituito da quattro pannelli stretti e lunghi in cui sono
rappresentate otto scene del percorso:
Orazione nell’orto e incoronazione di spine, Cattura e trasporto della croce, Presentazione a Kaifa e Crocifissione , Flagellazione e Seppellimento.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE LE OPERE SACRE
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
LE OPERE SACRE
‘Noli me tangere’ (1526-28)
È una tavoletta
devozionale di tipo privato tratta dal Vangelo:
Maria Maddalena che, sgomenta per il sepolcro vuoto dopo aver scambiato Gesù per il custode
del giardino, viene esortata a non toccarlo, a ‘non
trattenerlo’ e perciò a non indagare.
Holbein coglie proprio ‘quel momento’ attraverso il gesto delle mani di Gesù che respingono Maddalena. Un gesto perentorio eppure ‘gentile’, che spiazza la donna piena di stupore. Il gesto della mano opponente
è esemplare tanto da diventare una sorta di icona del rifiuto,
una dichiarazione iconografica
dell’allontanamento da sé, che però qui non ha ancora quella componente
fortemente drammatica che assumerà nel
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I DISEGNI
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I DISEGNI
Per Holbein “Tutto inizia con un disegno": erede della tradizione tedesca del disegno lineare e preciso, inizia molto presto
a disegnare illustrazioni per libri tra i quali una copia dell’Elogio della Follia di Erasmo, suo primo contatto con l'umanesimo.
Nel tempo però sviluppa la sua propensione al disegno in due precise direzioni: una nell’ambito della decorazione architettonica e nella
progettazione di arredi e gioielli, l’altra nell’ambito dei ritratti.
Nella prima elabora disegni decorativi di motivi architettonici classici che rappresentano il gusto della corte inglese cinquecentesca, la quale favorisce il suo vasto e ricco repertorio, derivato perlopiù da stampe italiane, intriso di uno
straordinario senso del movimento.
Nella seconda realizza disegni preparatori, studi e schizzi
di ritratti che usa come base per i suoi dipinti ma che, per la sua grande abilità, sono vere opere d’arte.
Di lui sopravvivono più disegni che opere pittoriche, in parte perché la maggioranza dei dipinti sono preceduti da disegni, in parte perché molte sue opere sono andate distrutte.
Gran parte dei disegni di ritratti sono relativi ai due periodi inglesi: nel primo periodo (1526-28) per gli studi preliminari utilizza la tecnica di Jean Clouet, combinando calce nera e colorata con carta non preparata; nel secondo (1532 fino alla morte) oltre alla calce utilizza anche la penna a inchiostro
.
‘Autoritrato’ (1542)
È un piccolo autoritratto dell'artista a 45 anni a pastello su carta, su sfondo oro, che ricorda l'arte medievale. Holbein si raffigura minuziosamente in tutti i dettagli del suo aspetto: sguardo intenso e assorto che non incrocia quello
dello spettatore, faccia larga, barba soffice. Indossa una giubba grigio azzurra sopra una camicia bianca, e una leggera cuffia di velluto da cui spuntano ciuffi di capelli. Sembra stia osservando ciò che è al di là del disegno: concentrato come chi
guarda il mondo con occhio interessato, attento, pronto a coglierne ogni sfumatura.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I DISEGNI
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I DISEGNI
attraverso le copie di altri pittori. Del gruppo a grandezza naturale, Holbein disegna anche undici singoli ritratti preparatori, sette dei quali sono
sopravvissuti (oltre a un ritratto di More in una posa simile), che rivelano la grande capacità di
penetrazione psicologica dei personaggi
caratterizzati da Holbein con abilità anche in pochi tratti.
Thomas More siede al centro, intorno a lui la sua famiglia (quattro figlie, figlio con fidanzata, suo padre, seconda moglie e domestico) all’interno di uno scenario domestico con animali
domestici, libri e strumenti musicali.
Questo ‘Ritratto di gruppo’ è considerato il preludio di un genere che diventerà molto popolare nella pittura olandese del XVII sec.
Studio per il ‘Ritrato della famiglia di Thomas More’
(1527)
È il cartone preparatorio del
‘Ritratto della famiglia di Thomas More’ andato distrutto nel 1752
nell’incendio del Castello di Kroměříž, noto solo
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I PRIMI RITRATTI
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I PRIMI RITRATTI
Holbein è il ritrattista oggettivo per eccellenza. Insieme a una tecnica arricchita dall’esperienza fiamminga che gli permette una resa nitida dei particolari e dell’insieme, Holbein assume infatti anche un atteggiamento distaccato
e rispettoso di fronte al modello: egli non proietta su di lui i propri sentimenti
e non cerca solo di penetrarne la psicologia, ma si impegna soprattutto nel cogliere l’accordo fra l’aspetto del personaggio e la sua posizione sociale.
"La pittura di Holbein vive di una visione dell’uomo come essere appartenente alla società: la dignità dell’individuo non è cercata nell’universale umano e tanto meno nella scintilla divina che è nell’uomo, bensì nell’accordo fra la persona
e la sua posizione e funzione sociale".
Come ritrattista si caratterizza proprio per lo studio della realtà e per quell’osservazione distaccata e obiettiva che lo renderà celebre: nel saper cogliere, dietro l'apparenza, le espressioni più personali e significative
dei suoi personaggi sino a descriverne le caratteristiche spirituali e morali, riuscendo a coniugare la tradizione gotica con le nuove tendenze umanistiche,
le influenze lombarde con quelle fiamminghe.
Va ricordato che Holbein realizza i ritratti partendo da schizzi e studi preliminari, e per potersi garantire un'assoluta precisione trasferisce ciascun disegno su un pannello con l'aiuto di uno strumento geometrico che ne mantiene perfettamente le proporzioni.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I PRIMI RITRATTI
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I PRIMI RITRATTI
‘Dittico dei coniugi Meyer’ (1516)
È il doppio ritratto del borgomastro Jakob Meyer Hasen e della seconda moglie Dorothea Kannengiesser. Sono i primi ritratti sopravvissuti dell'artista e gli vengono
commissionati dagli esponenti dell’aristocrazia di Basilea. I due coniugi sullo sfondo hanno
un’architettura classica con elementi decorativi derivati dal Rinascimento italiano (volta a cassettoni e fregio di foglia d'acanto) che uniscono
otticamente le due tavole e creano uno spazio condiviso.
Il dittico mostra un carattere vivido e colori sgargianti, e rivela l’attenta osservazione dei due modelli da parte dell’artista e la padronanza del vocabolario rinascimentale.
Di questi ritratti esistono anche i disegni preparatori eseguiti con la punta d’argento, una tecnica che Holbein apprende dal padre.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I PRIMI RITRATTI
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I PRIMI RITRATTI
‘Ritrato di Boniface Amerbach’ (1519)
È il ritratto del giovane Amerbach, un dotto accademico
di diritto romano che frequenta i circoli
umanistici di Basilea, amico stretto di Erasmo da Rotterdam da cui eredita
un vera fortuna.
Il ritratto, dall’insolito formato quadrotto, è il primo realizzato da Holbein con uno stile proprio, in particolare per l'uso dei colori.
Il dipinto è permeato da una forte componente psicologica
e rispetto ai ritratti dei Meyer rivela una
maggiore capacità nel rendere il carattere del soggetto, facendo trasparire
gli elementi peculiari dell’animo di Boniface, uomo risoluto e gentile.
A sinistra, appeso all’albero, spicca un cartello con un distico
in latino concepito dallo stesso Amerbach, in cui egli loda l’aderenza al vero del pittore.
Amerbach, grande ammiratore di Holbein, salva un gran numero di suoi dipinti durante la
crociata iconoclasta, iniziando a gettare le basi di una pregiatissima collezione di opere d’arte, ampliata poi dal figlio, che diventerà il celebre ‘Gabinetto Amerbach’.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I PRIMI RITRATTI
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I PRIMI RITRATTI
‘Ritrato di dama con scoiatolo e storno’
(1527-1528)
È il ritratto di una gentildonna della cerchia
di More identificata in Anne Lovell, moglie di Sir Francis Lovell, nel cui stemma figura uno scoiattolo.
Il dipinto, che esprime il candore della tradizione nordica, farebbe pensare ad un dittico raffigurante marito e moglie, tuttavia non si conosce la seconda tavola.
Mostra una giovane donna seduta, vestita
con un sobrio abito nero, uno scialle bianco e una cuffia Tudor di ermellino che le copre parzialmente il viso. In grembo uno scoiattolo legato a una catena mentre mangia una noce. Dietro la donna, sullo sfondo blu, uno storno dal petto maculato
sul ramo di un albero di fico sembra che punti
il becco al suo orecchio.
Da notare la coda dello scoiattolo che sottolinea la rotondità dei seni, un velato richiamo alla sensualità sotto il rigore della monocroma e pudica dama.
Lo scoiattolo simboleggia saggezza e prudenza, mentre lo storno ha una connotazione negativa per la sua voracità.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I PRIMI RITRATTI
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I PRIMI RITRATTI
‘Laide di Corinto’ (1526)
È il ritratto dell’amante di Apelle, famoso artista greco di cui Holbein porta
il soprannome nei circoli umanisti.
Laide, rappresentata come una venale cortigiana
cinquecentesca ammirata per la sua bellezza, rivela echi italiani d’impronta leonardesca, visibili soprattutto nello sfumato usato per fondere i toni della carnagione.
Una giovane donna, seduta dietro un parapetto su cui sono sparse delle monete d'oro, tende la mano destra verso lo spettatore.
La grazia della giovane è coinvolgente: la testa leggermente reclinata,
il volto d’immacolata bellezza, le palpebre socchiuse in modo che lo sguardo passi oltre lo spettatore.
Indossa una preziosa veste dai toni rosso ramato da cui fuoriescono sbuffi
di bianco, e una cuffia di passamaneria dorata a raccogliere i capelli.
Sullo sfondo la curva di una tenda drappeggiata verde a contrasto.
Il gesto della sua mano destra, che echeggia il Cristo del ‘Cenacolo’ leonardesco, è accentuato dall’ombra che fa da contrappunto ai punti luce sulle dita.
Tutta la composizione vive sul contrasto cromatico e sulla dualità luce-ombra, come lo stesso viso la cui metà sinistra è illuminata mentre la destra è leggermente ombreggiata enfatizzandone il contorno. La modella, la stesso usata per la Madonna di Darmstadt, probabilmente è Magdalena
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I PRIMI RITRATTI
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I PRIMI RITRATTI
‘Ritratto di Lady Mary Guildford’ (1527) È la tavola destra del dittico e raffigura la moglie. La
dama indossa la tipica cuffia Tudor (copricapo rigido quadrangolare con punta al centro della fronte che copre capelli e orecchie) con un corto velo nero che scende sulle spalle. L’abito, riccamente
guarnito di passamaneria marrone, ha un’ampia scollatura quadrata e maniche larghe da cui fuoriesce il pizzo della camicetta. Sul collo catenelle e medaglioni, e nella mano inanellata un libro devozionale che ne attesta l’attitudine. Dietro la dama due colonne con capitello e sul fondo blu lo stesso decoro con foglie di vite del ritratto accanto.
Lady Guildford incarna la prosperità mondana: una vita di agi e di preghiere.
‘Ritrato di Sir Henry Guildford’ (1527)
È la tavola sinistra del dittico e raffigura Henry Guildford, organizzatore dei
divertimenti di
corte e amico di Enrico VIII. Il soggetto è riccamente abbigliato
conformemente al suo elevato status: mantello di velluto scuro bordato di pelliccia sopra un farsetto bronzeo-dorato, ricamato e dallo scollo quadrato.
Le mani appoggiate alla corda legata intorno fianchi, al collo una grossa collana con pendente che raffigura un cavaliere. In testa un copricapo con una placca con incisi un orologio e
degli strumenti geometrici a ribadirne il ruolo.
Lo sfondo blu decorato con foglie di vite e la guida della tenda verde che passa da una tavola all’altra creano continuità tra i due ritratti.
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I PRIMI RITRATTI
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I PRIMI RITRATTI
‘La famiglia dell'artista’ (1528)
Il ritratto della sua famiglia, realizzato prima
di stabilirsi definitivamente in Inghilterra, rappresenta la moglie Elisabeth coi loro due figli Philipp e Katherina.
Definito dagli storici come “Uno dei
ritratti più
vivi dell'arte", evoca le immagini della
Vergine
e del Bambino con San Giovanni Battista. Quest’opera, in cui il realismo si tinge di calore umano, mostra fino a che punto Holbein abbia assimilato l’esempio fiammingo.
L’emozione intima si sublima nel
classicismo tranquillo della composizione, e il soggetto domestico acquista la
potenza di un simbolo.
Il quadro comunica la premonizione della separazione e della futura
solitudine: i volti tristi e stanchi, privi di speranza e carichi di commozione trasmettono l’atmosfera
di una pacata rassegnazione e, insieme, di una struggente nostalgia per una famiglia che non
sarà più tale.
La moglie dell’artista e i figli rimangono a Basilea.
Holbein li rivede solo una volta ancora nel 1538, durante una breve visita in città: Hans rimarrà
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I RITRATTI DEL POTERE
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I RITRATTI DEL POTERE
Nel secondo periodo londinese Holbein, diventato pittore di corte, realizza soprattutto
i ritratti dei Tudor, vivida testimonianza dell’irrequieto periodo storico e politico dell’epoca, caratterizzati da grande realismo, cura dei minimi dettagli e precisa resa psicologica
dei soggetti.
Ma Holbein fa molto di più e diventa l’artefice dell’immagine di Enrico VIII, dell’archetipo
del re: crea un’icona che in seguito influenzerà tutti i ritratti più importanti.
Rimangono ancora oggi fissati nell'immaginario collettivo i volti di alcune figure storiche:
da Enrico VIII a Erasmo da Rotterdam, da Thomas More a Thomas
Cromwell. Ritratti come rappresentazione simbolica del potere politico, valorizzati da una realizzazione plastica virtuosa e da una notevole oggettività.
La sua tecnica non è arricchita solo dall’esperienza fiamminga, che gli permette una resa nitida dei particolari e dell’insieme, ma anche da un atteggiamento distaccato e rispettoso
di fronte al modello: Holbein non cerca solo di penetrare l’uomo che ha di fronte né di proiettare su di lui i propri sentimenti, ma si impegna
soprattutto nel cogliere l’accordo fra l’aspetto del personaggio e la sua posizione sociale.
Nei suoi ritratti coglie, dietro l'apparenza di una straordinaria resa fisica, le espressioni più personali e significative dei personaggi sino a
descriverne le caratteristiche spirituali e morali, coniugando tradizione gotica e nuove tendenze umanistiche, influenze lombarde
e suggestioni fiamminghe.
Il risultato è quello di una ritrattistica brillante che attraverso la
precisione di tutti i dettagli rende chiaramente riconoscibile ogni persona ritratta, e costituisce nel contempo anche
una fonte ineguagliabile sulla storia del costume del periodo
Tudor. Nondimeno i suoi colti personaggi, umanisti che hanno grande considerazione dell'individualità, con Holbein
vivono “…una nuova esperienza, una profonda visione degli ideali
HANS HOLBEIN IL GIOVANE I RITRATTI DEL POTERE
HANS HOLBEIN IL GIOVANE
I RITRATTI DEL POTERE
‘Ritrato di Erasmo da Roterdam’ (1523)
È il suo primo grande ritratto dello studioso olandese Desiderius Erasmus, uomo colto e stimato che denuncia il fanatismo e
l'intolleranza religiosa, dall’incalcolabile rilevanza nel panorama culturale europeo, definito dai suoi contemporanei il ‘Principe degli Umanisti’.
A questo ritratto ne seguono altri in cui Holbein, divenuto amico di Erasmo, usa sempre la formula dello ‘studioso nel suo studio’.
Erasmo è raffigurato seduto alla sua
scrivania, in primo piano di profilo, il volto ben caratterizzato dalle rughe
sul mento. Indossa un ampio abito scuro e un cappello nero. In una mano degli anelli preziosi, nell’altra
una matita. Sullo sfondo una parete in legno e un arazzo con motivi floreali molto
regolari.
Erasmo sembra concentrato su ciò che sta scrivendo: intento e raccolto, come ritirato fisicamente dal mondo ma sereno.
Lo straordinario realismo di Holbein si accompagna al
distacco mentale e obiettivo
nell’accuratezza del dettaglio, eseguito con il tratto sicuro della pennellata, e ci
restituisce un personaggio fotografato nella sua essenza di saggio meditatore.
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I RITRATTI DEL POTERE
‘Ritrato di Sir Thomas More’ (1527)
È il ritratto dell’umanista More, trattatista e politico cattolico inglese di fama europea nonché potente personaggio alla corte di Enrico VIII che, caduto in disgrazia per aver rifiutato la supremazia del sovrano sulla Chiesa, verrà accusato di alto tradimento e perciò giustiziato.
È rappresentato a mezzo busto di tre quarti, seduto: indossa l’abito da Lord Cancelliere col ‘Collar of Esses’
e la rosa dei Tudor, simbolo di Enrico VIII. Lo sguardo rivolto all’esterno, l’espressione austera e attenta che rispecchia l'interiorità del personaggio: severità di giudizio e
rigorosità religiosa (entrambe poi fatali nei confronti del re).
L'estremo realismo della rappresentazione è percepibile anche nei dettagli: dal velluto bordeaux del vestito
al raso verde della pesante tenda di fondo, dai riflessi dorati della catena ai peli della barba appena accennata: ogni piccolo
dettaglio contribuisce a un’ulteriore veridicità della rappresentazione.
Del ritratto di More esiste anche il disegno preparatorio.
Moro commissiona ad Holbein anche un ritratto della sua stessa famiglia, di cui è rimasto solo lo studio
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‘Ritrato di Sir Brian Tuke’ (1532-’34)
È il ritratto del tesoriere, segretario e
consigliere della famiglia reale, creatore del servizio postale inglese, letterato saggio e colto legato alla cerchia di More.
Tuke è a mezzo busto di tre quarti, le mani appoggiate
sul parapetto rosso. Indossa un copricapo scuro,
un sobrio e pesante mantello col collo di pelliccia e, sopra, una catena e un grosso crocifisso con le Cinque Ferite di Cristo su cui è inciso INRI, con lo scopo di proteggere il suo proprietario contro la cattiva salute. L'osservazione precisa dei dettagli e
l'imparziale, accurata rappresentazione del viso si focalizzano sullo sguardo triste e sul debole sorriso, che comunicano
una malinconia venata di dolcezza.
Sul tavolo una mano stringe dei guanti sopra un foglio piegato, con una citazione dal libro di Giobbe:
“Non sono pochi i giorni della mia vita?”.
La gravità della riflessione traspare dal volto di Tuke, perso nei suoi pensieri, quasi
assente.
Ai lati della testa il suo motto: ‘onestà e schiettezza’.
Questo ritratto è una delle sei versioni esistenti di Tuke, tutte simili per
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I RITRATTI DEL POTERE
‘Ritratto di Derich Born’ (1533) È il ritratto di un
altro mercante tedesco, uno dei membri più giovani costretto di lì a poco a tornare a Basilea in seguito a una lite.
Holbein si concentra sulla naturalezza del viso dall’intenso sguardo, e sulle delicate mani
affusolate, unici punti illuminati insieme al colletto della camicia e al parapetto che emergono dal nero. Da notare la notevole precisione della pennellata che incorpora la modulazione regolare dei toni della carne, esaltata dalla luce nitida, dal ricamo sul colletto e dal fogliame di fondo. L’innovativa composizione semplificata, che contrasta con
l’elaborato ritratto del commerciante Gisze, rivela lo sviluppo della ritrattistica di Holbein passato dal trattamento meticoloso degli oggetti di natura morta precedente alla composizione più contenuta di
questo. Il dipinto si ispira ai ritratti italiani: Leonardo (Gioconda ), Tiziano (Ritratto di un uomo), Raffaello (Ritratto di Baldassare Castiglione), e Giovanni Bellini. L’espediente del parapetto, già usato in altri dipinti, potrebbe essere stato influenzato proprio dalle sue balaustre. Qui la barriera formata dal
parapetto è annullata dal posizionamento della testa in relazione all'angolo delle spalle e dal gomito
sporgente: espedienti
che aiutano a definire la posizione della figura sia all'interno
dello spazio dell'immagine, sia rispetto allo spettatore.
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I RITRATTI DEL POTERE
‘Gli Ambasciatori’ (1533)
È il doppio ritratto dell’ambasciatore di Francia Jean de Dinteville e del vescovo di Lavaur Georges de Selve, entrambi in visita alla corte inglese.
Questo grande pannello, considerato il manifesto della pittura di Holbein, è una delle prime ‘nature morte’ ed ha un forte contenuto moraleggiante. I due soggetti sono a figura intera e grandezza naturale:
in piedi su un pavimento con disegni
‘cosmateschi’, i gomiti appoggiati su uno scaffale carico di strumenti musicali (arte) e ed altri di misurazione del tempo (scienza).
Il quadro è un'allegoria: una grande ‘vanitas’, un ‘memento mori’ dove le innumerevoli allusioni simboliche al tema
della morte sottolineano la caducità della vita e la fugacità delle cose.
Tutti gli oggetti descritti con grande meticolosità ci ricordano infatti che la morte giunge anche per i Grandi della Terra poiché il Tempo che ci è stato assegnato è limitato: rilevato dagli strumenti di misurazione e scandito da quelli musicali che creano la più inafferrabile delle arti. "Musica,
sventurata,
che muori mentre nasci", afferma Leonardo da
Vinci nel suo ‘Paragone delle Arti’.
Il richiamo alla morte è ribadito anche dal grande teschio in primo piano sul pavimento, dipinto in ‘anamòrfosi’ e cioè con una deformazione che lo rende visibile solo guardando il quadro da una
determinata angolazione: un inganno prospettico molto usato dalla metà del ‘500 soprattutto nel nord Europa, e studiato anche da Leonardo.
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I RITRATTI DEL POTERE
‘Ritrato di Thomas Cromwell’ (1533-34)
È il ritratto del primo ministro di Enrico VIII, primo conte di Essex, uomo
d’innegabile abilità politica. Fedele alla corona ma sempre defilato, è l’architetto dello Scisma anglicano dalla Chiesa di Roma nonché l’attento timoniere di tre dei sei matrimoni del re Enrico VIII.
Proprio per il quarto matrimonio con Anne de Cleves, tanto caldeggiata, perderà la fiducia del re e finirà giustiziato.
Ritratto seduto su una panca dietro a un tavolo,
quasi di profilo: rigido, freddo e cupo, l’espressione giudicante e severa.
Appare basso e robusto: viso largo e liscio, occhi stretti e sguardo sfuggente, doppio mento,
bocca sottile. Il gomito appoggiato, la mano stretta a un foglio (forse un documento), sul dito un grosso anello dalla pietra verde.
Indossa un soprabito nero foderato di pelliccia scura e un cappello nero. Sul tavolo coperto da un panno verde dei documenti legali e alcuni oggetti tra cui una un libro di preghiere. Rispetto agli altri ritratti di politici, questo di Cromwell è sicuramente il meno lusinghiero.
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I RITRATTI DEL POTERE
‘Ritrato di Sir Richard Southwell’ (1536)
È il ritratto di un importante e inviso personaggio
di corte di Enrico VIII, seguace di
Cromwell, uno dei membri più calcolatori e infidi, che avrà il ruolo di delatore nell'azione contro Thomas More. Ritratto a mezzo busto di tre quarti, i gomiti appoggiati su un’invisibile parapetto, le mani con l’anello in evidenza.
Il volto imperturbabile è indagato con minuzia
e dettagli di grande realismo: sguardo freddo, barba ricresciuta, mento
lievemente rilassato, naso grosso, labbra sottili, cicatrici di tubercolosi.
In primo piano la manica dell'abito di velluto bruno è messa in evidenza dalle pennellate luminose sulle pieghe. Alcuni gioielli sono indossati con disinvoltura, come la catena d'oro e la spilla sul berretto nero.
Il personaggio, che ricorda i ritratti del Bronzino, appare altero arrogante e calcolatore: anche il semplice sfondo di colore lo fa apparire ancora più sinistro e sprezzante, quasi che il pittore abbia voluto evidenziarne le negatività. Di questo ritratto, commissionato per Cosimo de’ Medici, esiste anche un disegno preparatorio.
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Tutti i ritratti successivi a grandezza naturale del re deriveranno dallo schema
del dipinto di Holbein, divulgato attraverso le sue riproduzioni. Questa copia perciò, pur non essendo l’originale, merita
un’attenta analisi
per l’importanza che acquisirà nel formare l’immagine del potere.
Un potere rappresentato simbolicamente da una realizzazione plastica molto virtuosa: Enrico VIII a figura intera e postura aggressiva che guarda dritto allo spettatore con prepotenza e sfida, le labbra strette che sottolineano volontà
di ferro, crudeltà e potenza del sovrano.
Holbein mostra un re ancora giovane e prestante, in cui tutto contribuisce ad esaltarne la mascolinità (gambe divaricate, conchiglia, braccio sui fianchi e mano sul pugnale), anche se in realtà ha oltre quarant’anni e parecchi problemi di salute. Ma nell’immaginario collettivo rimarrà sempre l’icona del re.
‘Ritrato di Enrico VIII’ - Copia (1536-37)
È il ritratto del re d’Inghilterra, uomo dispotico e sanguinario, fautore dello Scisma religioso che sancisce il distacco dalla Chiesa cattolica di Roma, dalla turbolenta vita privata segnata da sei
matrimoni, vari ripudi e decapitazioni di mogli e da un’illimitata serie di amanti e figli illegittimi.
Holbein lo dipinge frontalmente, riccamente vestito, in posa eroica, e crea un’icona: l‘effige archetipica del sovrano d’Inghilterra
nell'immaginario collettivo.
In realtà quest’immagine di Enrico VIII è la copia fedele
e parziale dell’affresco ‘Ritratto della famiglia
Tudor’ che va distrutto nell’incendio del 1665, di
cui sopravvive solo parte del cartone preparatorio coi disegni relativi, e le riproduzioni fatte almeno per un secolo dai vari artisti.
Hans Eworth ‘Copia di Enrico VIII dall’affresco di Hans Holbein’ 1536-37 Olio su tavola
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‘Ritrato di Edoardo VI da bambino’ (1538)
È il ritratto del figlio della regina Jane Seymour terza moglie di Enrico VIII, morta poco dopo
aver dato alla luce l'unico erede maschio del re:
il principe Edoardo VI a due anni, futuro re d’Inghilterra.
Holbein lo ritrae frontalmente con un sonaglio in mano, vestito di rosso e oro e col cappello piumato come un nobile Tudor.
Incarnato roseo, tratti infantili e gote cicciottelle,
in contrasto con una gestualità più adulta.
Il sonaglio, simile a uno scettro, è chiara metafora dell’erede al trono, ed esempio d’innata maestà.
Inoltre il piccolo Edoardo saluta con la mano aperta, gesto tipico e simbolico della generosità
del sovrano verso il suo popolo. Holbein rappresenta l’innocenza del bambino contestualmente al suo potere regale in tutta la sua magnanimità. Quando il dipinto viene esposto a corte ha
un immediato successo, tanto da ispirare a John Leland una poesia dal titolo ‘On the Image of the Incomparable Prince Edward’.
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‘Ritrato di Cristina di Danimarca’ (1538)
È un grande ritratto a figura intera che
Holbein dipinge a Bruxelles per conto di Enrico VIII alla ricerca della sua quarta moglie, dopo
la morte della regina Jane Seymour. Cristina, conoscendone la reputazione come marito, rifiuta dicendo: "Se
avessi due teste, sarei felice di darne una al re d'Inghilterra",
e il re sposerà Anna di Clèves.
La giovane sedicenne, vestita a lutto per una vedovanza anche se non più recente, è ritratta frontalmente e a misura reale su fondo turchese. Indossa un abito nero sotto un lungo cappotto di velluto foderato di
pelliccia, e una cuffia pesante molto castigata.
Colorito chiaro, labbra rosse e lieve sorriso, sguardo dritto e vivace. Dal ritratto traspare una timida e serena giovinezza, accentuata dalle fossette e dalle dita con un solo anello (rosso) intrecciate per tenere
i guanti che non indossa, creando perciò un’atmosfera più intima e informale.
Da notare l'ombra di lei sul muro e l’ulteriore striscia d’ombra verticale sul lato opposto gettata da una fonte invisibile (forse la stessa cornice), che crea quasi una quinta dando profondità all’insieme.
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‘Miniatura di Anne de Clèves’ (1539) Durante gli ultimi decenni della sua carriera
Holbein,
inviato nelle corti di tutta Europa alla ricerca di principesse in grado di soddisfare le esigenze
del re, torna ogni volta con una collezione di miniature, piccoli ritratti sulla base dei quali
Enrico VIII opera le proprie scelte.
Questa miniatura raffigura la duchessa di Clèves, quarta moglie del re il quale s’invaghisce
del lusinghiero ritratto e la chiede in sposa. Tuttavia, deluso dopo averla conosciuta, la liquida
con un divorzio inaspettatamente incruento, perdonando il diletto Holbein. L’artista in effetti, ben consapevole della scarsa avvenenza di Anne, la ritrae con una luce che
ne sbianca il volto e ne elimina le ombre, nascondendo il lungo naso ed annullando le cicatrici.
‘Ritrato di Anne de Clèves’ (1539) Della duchessa Anne, oltre alla miniatura,
Holbein
realizza anche un ritratto più grande sempre nello stesso periodo, focalizzandosi
sullo splendido e ricco abbigliamento.
La giovane, ritratta frontalmente e quasi a figura intera, appare sempre nel fiore degli anni, appena offuscata dal velo di malinconia presente nello sguardo.
Le mani affusolate ed eleganti, come abbandonate sul grembo, risaltano insieme al pallido
volto sul rosso carminio dell’abito, riccamente decorato con guarnizioni e ricami ramati
e piccole perle, secondo l’uso danese. L’artista la ripropone con un’illuminazione che ne cela
i segni del vaiolo e ne addolcisce i lineamenti tanto da risultare delicata, sensibile e docile, tratti più intimi e sicuramente veritieri del suo
carattere.
Va precisato che i ritratti di Holbein a dimensione tradizionale nel tempo subiscono una
sorta di ‘regressione’ e si riducono quasi alla condizione della ‘miniatura medievale’, risultando dominati da maggior piattezza decorativa, privi di effetti di tridimensionalità e realismo, e focalizzati maggiormente sul volto e sui vestiti. Proprio come le miniature.
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‘Ritrato di Enrico VIII’ (1540)
In questo dipinto Holbein ritrae Enrico VIII
a busto Intero, frontale su fondo blu oltremare:
la figura massiccia, il braccio destro che serra la cintura in segno di forza, l'altro sul fianco che stringe virilmente il pugnale, nelle dita due grossi anelli. Il volto realisticamente disegnato con le guance molli, le borse sotto gli occhi e la bocca serrata: impassibile e indomito, lo sguardo dritto
e volitivo, ‘superiore’, a conferma del ruolo.
Indossa ricche vesti dalle tonalità dell'oro ulteriormente enfatizzate da ricami sotto una giacca foderata di pelliccia, e un cappello piumato.
L’abilità tecnica di Holbein permette di scorgere in modo sorprendentemente esatto ogni piccolo dettaglio: dai broccati cangianti ai ricami arabescati delle vesti, dalle elaborate decorazioni del pugnale alla sfaccettatura delle pietre dure.
Holbein lo ritrae su fondo azzurro, neutro e privo d’ombra, come sottratto al tempo per tramandarne ancora più a lungo la ‘memoria’.
Un uomo talmente sicuro di sé e del proprio ruolo
da farsi largo a gomitate nello spazio pittorico, occupando praticamente tutta la superficie
Prof. Claudio Puccetti