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Dermatologia Clinica: nel segno della continuità

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Academic year: 2021

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(1)Derm. Clin. Vol. XXIX - n. 4 Ottobre-Dicembre 2009. N. “Dermatologia Clinica”: nel segno della continuità “Dermatologia Clinica”: under the sign of continuity. AL I. editoriale. AZ I. O. U. BOTTONI*. ©. C IC. ED. IZ. IO N. II. N. TE R. N. Mi è stato chiesto di scrivere alcune note introduttive a questo numero della rivista di Dermatologia Clinica. Vorrei approfittare di questa occasione per fare con voi alcune riflessioni sperando di potere indurre una qualche forma di discussione. La prima domanda che mi pongo è quanto sia utile la parola scritta rispetto a quella espressa a voce. La vecchia massima “verba volant scripta manent” nell’accezione comune che mi è stata trasmessa è quella di una preminenza del pensiero scritto rispetto al pensiero espresso a voce perchè più facilmente tracciabile e rintracciabile e, in caso di dubbio o contestazione, maggiormente di supporto. Secondo alcuni però lo stesso detto potrebbe avere un significato del tutto opposto cioè che il pensiero espresso a voce, i “verba”, abbiano una capacità dinamica di propagazione estremamente maggiore rispetto agli “scripta” che “manent” rimangono cioè fermi statici potendolo essere anche a lungo senza che qualcuno si prenda la briga di leggerli e meditarli. Potremmo poi aggiungere che nell’era attuale di internet, con milioni di e-mail e di sms, siamo inondati di parole scritte provenienti da amici, colleghi, direttori, ministri, in misura tale da affogare potenzialmente nella parola scritta. Avverto poi una sottile problematica che si insinua negli “scripta”: essi sono stati introdotti perché più affidabili rispetto ai “verba” perché meno soggetti a manipolazione. Tutto ciò però attualmente sta cambiando se come testimonia la cronaca giudiziaria e politica c’è attualmente una tendenza inequivocabile di dare affidabilità e preminenza alle “intercettazioni telefoniche e ambientali” che altro non sono che “verba” registrati. Fatte queste doverose osservazioni, non possiamo non riconoscere che gli “scripta” però aiutino a “pensare”: quando si scrive si è “costretti” a riordinare il proprio pensiero e a correggerlo per renderlo più comprensibile. E veniamo al problema della comprensione. Il fine ultimo dei “verba” e degli “scripta” è la comunicazione, cioè la trasmissione dei propri pensieri e delle proprie esperienze ad altri uomini e donne. Questo non può però avvenire se non si ha un linguaggio o codice comune di trasmissione. In campo scientifico una osservazione clinica, una esperienza di terapia, una ricerca di laboratorio devono essere comunicati a una platea più ampia possibile scegliendo il “codice” attuale più diffuso di comunicazione cioè la lingua inglese (statunitense, britannica o australiana?). Ma un codice di comunicazione per essere ben compreso deve essere utilizzato continuativamente tutti i giorni. Quanti di noi utilizzano la lingua inglese tutti i giorni per farsi capire dai nostri pazienti/clienti, dal nostro direttore generale o sanitario o amministrativo, dai nostri fornitori, dai nostri colleghi? Non solo ma molti possono andare anche incontro a un “analfabetismo di ritorno” della lingua inglese, cioè una discreta conoscenza della lingua inglese acquisita in età giovanile può sfumare negli anni fino quasi a perdersi. C’è poi un altro aspetto che mi ha spesso fatto riflettere: nella “Lettera ad una professoressa”. * Professore Associato Malattie Cutanee e Veneree Università Magna Graecia Catanzaro © Copyright 2010, CIC Edizioni Internazionali, Roma. 95.

(2) U. Bottoni. ©. C IC. ED. IZ. IO N. II. N. TE R. N. AZ I. O. N. AL I. dei ragazzi della Scuola di Barbiana c’è un momento in cui uno dei ragazzi racconta la difficoltà di poter esprimere il mondo interno dei propri pensieri ed osservazioni; è un giovane abituato fin da piccolo al duro lavoro dei campi, spesso eseguito in silenzio, e avrebbe un enorme patrimonio culturale da esprimere ma non è in grado di farlo perché gli manca il “codice” di trasmissione. La domanda che mi viene conseguente è la seguente: quanti colleghi hanno avuto modo nel loro lavoro quotidiano di fare osservazioni “interessanti”, cioè tali da stimolare la propria riflessione e il proprio interesse? Bene: Dermatologia Clinica in questa ottica vuole mettersi a vostro servizio chiedendo di mandarci i vostri casi clinici nella continuità di una pubblicazione rivolta ai dermatologi italiani in lingua italiana, in un’ottica di continuità con le giornate di Dermatologia Clinica che proprio nella discussione dei casi clinici trova il suo momento culturale di incontro. ●. 96.

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