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Aspetti farmaco-tossicologici nell'uso di rituximab nella sindrome di Churg Strauss

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Academic year: 2021

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ASPETTI FARMACO-TOSSICOLOGICI

NELL'USO DI RITUXIMAB NELLA

SINDROME DI CHURG-STRAUSS

INDICE:

1) SINDROME DI CHURG-STRAUSS

1a. Storia della patologia

1b. Le vasculiti... (pag. 5)

1c. Aspetti clinici della CSS... (pag. 27)

1d. Sviluppo della CSS... (pag. 29)

1e. Ruolo degli ANCA... (pag. 44)

1f. Sintomi e coinvolgimento d'organo.... (pag. 53)

1g. Diagnosi... (pag. 54)

1h. Terapia... (pag. 56)

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2) RITUXIMAB

2a. Proprietà farmacologiche... (pag. 64)

2b. Attività di Rituximab nella GW e MP... (pag. 67)

2c. Aspetti tossicologici... (pag. 75)

3) RITUXIMAB NEL TRATTAMENTO DELL'EGPA

3a. Studi scientifici sull'impiego di Rituximab nella

CSS... (pag. 81)

3b. Risposta al trattamento... (pag. 85)

3c. Conclusioni... (pag. 92)

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LA SINDROME DI CHURG-STRAUSS

Storia della patologia

La sindrome di Churg-Strauss (CSS), conosciuta anche come “Granulomatosi eosinofila con poliangite”(EGPA), è stata descritta per la prima volta da Churg e Strauss nel 1951 come una rara malattia caratterizzata da zone disseminate di vasculiti necrotizzanti con granulomi extravascolari (¹).

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L'EGPA è classificata come una vasculite dei piccoli vasi, associati con anticorpi anticitoplasma dei neutrofili (ANCA)(²) ed è caratterizzata dalla sindrome di ipereosinofilia in cui l'infiammazione dei vasi e la proliferazione eosinofila si ritiene contribuiscano al danno d'organo.

La CSS è una malattia ad interessamento multisistemico che si caratterizza dal punto di vista clinico per la presenza di asma (³)(⁴), ipereosinofilia e granulomatosi che colpisce 2.4 persone su un milione, solitamente nella quarta o quinta decade della loro vita senza una chiara distinzione tra i sessi.

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Le Vasculiti

Con il termine “vasculite” si indica un processo infiammatorio localizzato o sistemico che può colpire qualsiasi tipo di vaso, di qualsiasi calibro, in qualsiasi distretto, che conduce ad alterazioni del flusso ematico e a un danno dell'integrità del vaso (⁵). Le sindromi cliniche che ne derivano, sono per lo più conseguenza dell'ischemia tissutale, del danno vasale e dell'infiammazione sistemica con febbre, anoressia e calo ponderale.

Storia delle Vasculiti

Il primo riconoscimento della vasculite come malattia a sè stante è del 1801 quando Heberden descrisse il caso di un bambino di 5 anni affetto da una malattia che sarà poi riportata da Schöenlein nel 1937 e da Henoch nel 1974 e che noi conosciamo come porpora di Schöenlein-Henoch (HSP).

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Sul trattato di patologia cutanea “On cutaneous diseases” di Willan del 1808 si parla per la prima volta di “porpora”, definizione ancora oggi di uso corrente per indicare la più comune manifestazione clinica della vasculite cutanea. Nel 1866 Kussmaul e Maier forniscono la prima dettagliata descrizione morfologica di una nuova malattia infiammatoria che colpisce soprattutto arterie di medio calibro, “poliarterite nodosa”, riscontrata in un giovane uomo di 27 anni venuto a morte con un quadro clinico di grave compromissione dello stato generale e con segni e sintomi di interessamento di vari organi. Da allora la letteratura sulle vasculiti si è estremamente ampliata ma, nonostante il fiorire di contributi sempre più approfonditi e i vari tentativi di inquadramento di queste affezioni sulla base di criteri clinici e morfologici, il capitolo delle vasculiti rimane uno dei più complessi ed oscuri della patologia.

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comunque aspettare il 20° secolo per una piena caratterizzazione.

Nel 1903 la descrizione di Osler della vasculite in corso di Lupus eritematoso sistemico ingenera le prime difficoltà diagnostiche in quanto il quadro è nettamente distinto da quello della HSP e PAN (Poliarterite Nodosa) conosciute in precedenza.

Nel 1936 Klinger descrisse il primo caso della sindrome che sarà successivamente descritta in dettaglio da Wegener (granulomatosi di Wegener) (GW). Un anno dopo Behçhet descrisse la vasculite che porta il suo nome e nel 1948 Zeek per primo parla di vasculiti da ipersensibiltà e nel 1951 Churg e Strauss delineano una sindrome simile alla PAN con ipereosinofilia (CSS). Man mano che il numero delle sindromi vasculitiche aumentava si ravvisava la necessità di criteri classificativi per poterle distinguere le une dalle altre. In assenza di test specifici di laboratorio i primi tentativi di

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classificazione furono basati fondamentalmente sulle dimensioni dei vasi interessati.

Nel 1990, dopo uno studio durato 10 anni, l'American College of Rheumatology propose i suoi criteri classificativi per le vasculiti primitive. In questo studio le vasculiti, secondarie ad altre malattie (Lupus, Artrite Reumatoide, Crioglobulinemia), non furono considerate dal momento che esse erano, sia da un punto di vista clinico che per le caratteristiche sierologiche facilmente distinguibili dal gruppo delle vasculiti idiopatiche. Un anno dopo, nella Chapel Hill consensus conference, usando criteri istopatologi basati sulle dimensioni dei vasi interessati venivano riclassificate le vasculiti. Il risultato più evidente di questo lavoro fu l'identificazione di una nuova entità chiamata Poliangioite Microscopica (MP). Come la PAN essa può interessare i vasi di piccolo e medio calibro ma, a differenza di questa, può coinvolgere anche le arteriole e come la granulomatosi di Wegener

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può interessare polmoni e reni e condividere alcuni particolari markers sierologici: gli ANCA (antibodies to neutrophil cytoplasmic antigens). Gli ANCA, sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario, che erroneamente riconosce come estranee alcune proteine presenti nei neutrofili (globuli bianchi del sangue). I più comuni fra questi sono autoanticorpi contro la Mieloperossidasi (MPO) e contro la Proteinasi 3 (PR3). Gli ANCA, identificati da Davies nel 1982 in pazienti con glomerulonefrite necrotizzante segmentaria, rappresentarono un importante passo in avanti nella comprensione della patogenesi delle vasculiti.

Dal 1985 al 1989 una serie di studi documentarono che questi anticorpi, diretti verso la proteinasi-3 contenuta nei granuli azzurrofili dei neutrofili, conferivano alle cellule una diffusa colorazione citoplasmatica (C-ANCA) ed erano estremamente sensibili (80-90%) e relativamente specifici (98%) per la GW.

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Anche il siero di pazienti con altre vasculiti (ma anche altre malattie) può contenere ANCA ma in genere in un pattern perinucleare (P-ANCA). Infatti il 50% dei casi di MP sono C-ANCA positivi ma il rimanente è positivo per i P-ANCA. La specificità antigenica di questi ultimi è costituita dalla mieloperossidasi, un altro enzima contenuto all'interno dei granuli dei neutrofili. Dal momento che i P-ANCA possono essere positivi in numerose altre patologie anche non vasculitiche come la colite ulcerosa, l'artrite reumatoide, la malattia di Crohn, l'epatite autoimmune, il valore predittivo positivo di questo pattern è più basso di quello dei C-ANCA.

Classificazione

Le numerose classificazioni proposte negli ultimi 30 anni, indicano come sia difficile procedere ad un inquadramento univoco delle sindromi vasculitiche. Nel

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identificato una serie di criteri clinici che consentivano di riconoscere la maggioranza dei pazienti con un particolare quadro morboso (sensibilità), escludendo una elevata proporzione di pazienti con altre malattie (specificità). Questi criteri erano basati su dati provenienti da pazienti con vasculite e non includevano tutti i sintomi di una particolare vasculite ma solo quelli che potevano aiutare a distinguerne una dall'altra. L'inappropiato uso di questi sistemi classificativi a scopo diagnostico in pazienti sospettati di essere affetti da vasculite si associa ad un basso valore predittivo positivo e ad una scarsa precisione diagnostica.

E' pertanto necessario separare i criteri diagnostici dai criteri classificativi. Questi ultimi, usati in modo appropiato, permettono il confronto di pazienti provenienti da diversi centri di studio per aumentare le nostre conoscenze su malattie rare e complesse come le vasculiti.

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Nel 1992, nel corso della Chapel Hill Consensus Conference (CHCC) è stata proposta la classificazione, riportata nella sottostante tabella:

Tipo di Vasculite Aorta esuoi rami

Arterie medie e grandi

Arterie

medie Arterie piccole Venule e arteriole Arterite di Takayasu Arterite a cellule giganti Poliarterite S. Churg-Strauss Angioite primitiva SNC G. di Wegener Poliangioite Microscopica Sindrome di Behçet M. di Kawasaki Granulomatosi Linfomatoide Vasculite associata a

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Vasculite leucocitoclastica, porpora di Schoenlein-Henoch vasculiti da ipersensività

Essa era incentrata sulla dimensione dei vasi prevalentemente colpiti dal processo infiammatorio, si distinguono vasculiti che colpiscono prevalentemente vasi di grosso calibro (aorta e sue collaterali), vasi di medio calibro (arterie dirette ai visceri e loro principali diramazioni), vasi di piccolo calibro (piccole arterie, arteriole, capillari, venule) e includeva solo le sindromi a nosografia meglio definita, escludendo le forme di incerto inquadramento, con manifestazioni da sovrapposizione e ovviamente le forme secondarie. Esistono tuttavia notevoli, importanti sovrapposizioni anatomo-cliniche tra i diversi tipi di vasculite, motivo per cui il calibro dei vasi non può e non deve rappresentare l’unico parametro

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Fu inoltre riconosciuta la Poliangioite Microscopica come nuova entità distinta dalle altre forme già note. Il confronto tra i criteri proposti dall'ACR e le definizioni elaborate dalla CHCC, applicati ad una stessa casistica di vasculiti primarie sistemiche, ha evidenziato una discordanza significativa tra questi due sistemi .

Vasculite dei Grandi Vasi

Sono quelle vasculiti che interessano, più spesso di altre, i vasi di grosso calibro. Vasi di grosso calibro sono l’aorta e le sue branche principali; può essere coinvolto qualsiasi distretto.

Fra questi tipi di vasculite ritroviamo:

- Arterite a cellule giganti (Arterite Temporale) L’arterite a Cellule Giganti (arterite temporale) predilige donne di età superiore ai 50 anni; coinvolge le arterie

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temporali, i rami delle carotidi, ma anche l’aorta e le sue principali diramazioni. Segni e sintomi comuni sono costituiti da stanchezza, cefalea, febbre e turgore della regione temporale con riduzione o flogosi necrotizzante di una piccola arteria muscolare, scomparsa del polso arterioso, perdita della vista, claudicazione del mascellare, aumento della VES e, nel 75% dei casi, polimialgia reumatica. I granulomi con cellule giganti da corpo estraneo si sviluppano intorno al tessuto elastico che appare frammentato, e residui di fibre elastiche sono spesso riconoscibili nel citoplasma delle cellule giganti plurinucleate. La distruzione della tunica media si accompagna ad una vivace iperplasia reattiva delle cellule miointimali che progressivamente restringe il lume vasale. A livello aortico l’arterite è responsabile di una dilatazione aneurismatica con insufficienza valvolare e le zone cicatriziali della media, retraendosi, condizionano il realizzarsi sulla superficie intimale di un caratteristico

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aspetto “a corteccia d’albero” o “ad acciottolato”; l’aortite può rappresentare l’esordio della malattia.

-

Arterite di Takayasu

L’Arterite di Takayasu colpisce soprattutto donne giovani tra i 15 e i 45 anni. Predilige l’arco aortico (malattia dei senza polso, sindrome dell’arco aortico, coartazione invertita) ma può interessare anche l’aorta toracica discendente, l’aorta addominale e i rami dell’arteria polmonare. In genere inizia con segni e sintomi aspecifici quali febbre, artralgie, mialgie, perdita di peso, anemia, aumento della VES, seguiti a varia distanza di tempo, da debolezza o scomparsa dei polsi alle estremità superiori, soffi a livello aortico o delle arterie succlavie. Una grave complicazione è l’ipertensione nefrovascolare. L’infiltrazione flogistica granulomatosa, particolarmente spiccata al limite tra media e avventizia, provoca soprattutto stenosi e occlusioni delle principali collaterali

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aortiche, talora anche dilatazioni ed aneurismi. L’intima dell’aorta può presentare il peculiare aspetto “a corteccia d’albero”.

Vasculite dei Vasi medi

Vasculiti che interessano in maniera predominante le arterie di medio calibro definite come le arterie maggiori dei visceri e le loro branche. Qualsiasi distretto può essere coinvolto. Sono comuni aneurismi infiammatori e stenosi.

- Poliarterite Nodosa

È una malattia ricorrente che può colpire soggetti di ogni età anche se è più frequente nella quinta e sesta decade di vita. La complicazione più temibile è l’ipertensione nefrovascolare per l’interessamento delle arterie renali, ma anche il cuore, i muscoli scheletrici, i nervi, il fegato, il tratto gastrointestinale, altri organi e tessuti ad

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eccezione del polmone possono essere coinvolti, con sindromi anatomo-cliniche quanto mai polimorfe. Nei casi tipici l’angiografia mette in rilievo la presenza di numerosi aneurismi viscerali. I reperti istologici sono assimilabili a quelli della malattia di Kawasaki. Con l’uso di immunosoppressori e cortisonici la prognosi, pur rimanendo grave, è assai migliorata.

- Malattia di Kawasaki

La Malattia di Kawasaki (sindrome mucosocutanea -linfonodale, SMCL) predilige bambini sotto i 4 anni di età e, nella forma classica, si presenta con febbre, emorragie e ulcerazioni della mucosa orofaringea, congiuntivite, linfoadenopatia cervicale, eritema palmare e plantare che si estende successivamente agli arti ed al tronco. Elementi di ordine clinico ed epidemiologico parlano a favore di un agente infettivo peraltro fino ad oggi non identificato e, in fase acuta, sono stati riscontrati nel siero

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autoanticorpi litici diretti contro cellule endoteliali attivate dalle citochine.

Le arterie coronarie rappresentano i vasi bersaglio: la flogosi necrotizzante, distribuendosi in modo focale e/o circonferenziale lungo i vasi, evolve con il tempo in fibrosi; lesioni vecchie e nuove spesso coesistono in una stessa arteria. Nella maggior parte dei casi la prognosi è buona ma nell’1-3% la vasculite può condurre a morte per rottura di aneurismi coronarici, per trombosi delle arterie coronarie e/o miocardite.

Vasculite dei Piccoli Vasi

Vasculiti che interessano in maniera predominante le piccole arterie, in particolare le arterie intraparenchimali, le arteriole, i capillari e le venule; possono essere coinvolte anche le arterie di medio calibro e le vene. Fra queste possiamo distinguere le vasculiti ANCA-associate dalle altre tipologie.

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Vasculiti ANCA associate

Vasculiti necrotizzanti, con pochi o assenza di depositi immuni. Sono interessati in misura maggiore i piccoli vasi (capillari, venule, arteriole e piccole arterie) associate alla positività di anti-mieloperossidasi (MPO), anti-proteinasi 3 (PR3). Non tutti i pazienti sono ANCA positivi. Vasculiti di questo tipo ne ritroviamo principalmente tre:

- Granulomatosi di Wegener (

)

Si distingue per il riscontro nelle vie aeree superiori ed inferiori di microvasculiti e di lesioni necrotizzanti basofile circondate da reazioni granulomatose il cui esito in cicatrizzazione provoca importanti stenosi. La malattia compromette seriamente il rene con una glomerulonefrite proliferativa extracapillare a focolai o diffusa e molti altri distretti; la prognosi, assai migliorata per il trattamento combinato con ciclofosfamide e cortisonici, rimane

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tuttavia grave.

- Sindrome di Churg-Strauss (⁷)

In merito alla Sindrome di Churg-Strauss , gli organi bersaglio sono rappresentati dal polmone, dal cuore e dal sistema nervoso periferico. Esordisce con crisi asmatiche, ipereosinofilia e, dopo un intervallo di tempo variabile di mesi o di anni, subentra la fase vasculitica che si rende evidente con segni e sintomi riferibili alla presenza di polmonite, pericardite, miocardite, mononeuriti, nonché di manifestazioni relative alla compromissione di altri organi ed apparati. La diagnosi istopatologica si avvale di tre parametri che tuttavia non sono mai presenti simultaneamente nel tempo e nello spazio: l’infiltrazione tissutale da parte di eosinofili, la vasculite necrotizzante, i granulomi peri ed extravasali che si sviluppano intorno ad un centro necrotico eosinofilo e che vanno incontro a fibrosi e calcificazione. La terapia con cortisonici consente

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di evitare serie ed irreversibili complicazioni. - Poliangioite Microscopica (MP)

Particolarmente insidiosa per il profilo clinico quanto mai polimorfo è la Poliangioite Microscopica (cosiddetta forma microscopica della Poliarterite Nodosa) il cui quadro istologico è caratterizzato da lesioni acute necrotizzanti, senza alcun accenno a fenomeni riparativi. Gli organi più colpiti sono il rene con la diffusa formazione di semilune ed il polmone dove la capillarite provoca estese emorragie alveolari; ma anche la cute, i nervi e numerose altre sedi possono essere interessate. La prognosi, non buona, è in rapporto alla rapidità della diagnosi peraltro difficile e della terapia con immunosoppressori.

Fra gli altri tipi di vasculiti che colpiscono i piccoli vasi, non ANCA-associate, ritroviamo le seguenti:

- Porpora di Schonlein-Henoch

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mostra una spiccata predilezione per la cute, il rene, le articolazioni, il tratto gastrointestinale. La porpora palpabile è il segno clinico più appariscente ma il vero problema consiste nelle eventuali lesioni glomerulari renali (glomerulonefrite proliferativa mesangiale) che richiedono numerosi controlli clinico-strumentali nel tempo. Si tratta di una malattia ricorrente che in genere guarisce senza particolari terapie.

- Vasculite Crioglobulinemica

La cute e il rene costituiscono la sede di elezione anche nella Crioglobulinemia Mista Essenziale nella quale la risposta infiammatoria è evocata dalle crioglobuline, alcune in funzione di antigene altre in funzione di anticorpo, che si depositano nella parete dei piccoli vasi. La malattia predilige soggetti sui 40-50 anni, mostra un decorso cronico con remissioni e riesacerbazioni, ma la prognosi è in genere favorevole.

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- Vasculite cutanea leucocitoclastica

La Vasculite Leucocitoclastica Cutanea, interessa arteriole, venule e capillari e si manifesta in genere con una porpora palpabile: in una fase iniziale è caratterizzata da un infiltrato di granulociti neutrofili che degenerando danno luogo al peculiare aspetto della polvere nucleare (nuclear dust) e da necrosi fibrinoide, in seguito da una prevalente partecipazione di linfociti. L’immuno-fluorescenza mette in rilievo abbondanti depositi granulari di immunocomplessi nella parete dei piccoli vasi.

- Orticaria vasculitica

È una vasculite accompagnata ad orticaria ed ipocomplementemia con interessamento dei piccoli vasi ed associata ad anticorpi anti C1q. Sono comuni la glomerulonefrite, l’artrite, la malattia ostruttiva polmonare e la infiammazione oculare.

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- Malattia di Behcet

Vasculite nella malattia di BH; può interessare arterie e vene. La malattia di BH è caratterizzata da aftosi ricorrenti orali e genitali accompagnate da manifestazioni cutanee, oculari, articolari, gastrointestinali e del sistema nervoso centrale. Possono essere presenti vasculite dei piccoli vasi, tromboangioite, trombosi arteriose e venose, arterite ed aneurismi arteriosi.

- Sindrome di Cogan

La sindrome di Cogan è caratterizzata da manifestazioni infiammatorie oculari includenti cheratite interstiziale, uveite, episclerite, otite media, ipoacusia neurosensoriale, disfunzione vestibolare. Le manifestazioni vasculitiche (coinvolgenti piccoli, medi o grosse arterie) possono dare aortite, aneurismi infiammatori aortici, valvulite aortica e mitralica.

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- Vasculiti di singolo organo

Vasculiti di arterie e vene conivolgenti singoli organi senza aspetti clinici sistemici. La distribuzione di malattia all’interno dell’organo può essere diffusa o localizzata. Alcune forme isolate possono evolvere in vasculiti sistemiche.

- Vasculiti associate a malattie sistemiche

Sono vasculiti associate o secondarie a malattie sistemiche quali artrite reumatoide, lupus ed altre.

- Vasculiti associate a causa probabile nota

Vasculiti associate ad specifico agente causale (ad esempio associate a HCV e HBV).

5 Fattori Prognostici per le vasculiti

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fattori prognostici che indicavano la possibile presenza e il grado di severità della patologia (⁸). Tali fattori li possiamo raccogliere in:

1) Elevati livelli di creatinina sierica (>1,58mg/dl) 2) Proteinuria (>1g/gg)

3) Coinvolgimento del tratto GI 4) Cardiomiopatia

5) Coinvolgimento del SNC

I pazienti privi di questi fattori (FFS=0) presentano tassi di sopravvivenza migliori rispetto a quei pazienti con fattori diagnostici (FFS>1). Il profilo prognostico del paziente determina in primo luogo la scelta della terapia iniziale.

Aspetti Clinici della Sindrome di Churg-Strauss

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dei polmoni, naso e gola, con sviluppo di asma e altre manifestazioni allergiche, ad esempio la poliposi o rinocongiuntivite.

Diversamente, vi è una manifestazione sistematica che comunemente colpisce il cuore, tratto gastrointestinale e il sistema nervoso periferico.

Anche se ancora consiederata una condizione idiopatica, l'EGPA è classicamente considerata una malattia Th2-mediata (⁹)(¹⁰). Osservazioni cliniche emergenti forniscono prove convincenti che ANCA sono principalmente e direttamente coinvolti nella patogenesi di AASV (associated vasculitis syndromes asthma).

Recenti studi hanno stabilito come ulteriori “collaboratori” della patogenesi dell'EGPA, le cellule B e la risposta umorale. L' EGPA è stata tradizionalmente descritta come evoluzione attraverso una fase prodromica caratterizzata da asma e rino-sinusiti, una fase eosinofila, caratterizzata da eosinofilia periferica (¹¹) e coinvolgimento d'organi ed

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una fase vasculitica con manifestazioni cliniche dovute a vasculiti dei piccoli vasi. È stato riscontrato, che, praticamente, tutti i pazienti affetti da CSS hanno avuto, in precedenza, un'insorgenza, in età adulta, e solitamente cortisone-dipendenti, asma allergica (¹²) e altri sintomi allergici correlati. Pertanto, si è deciso che esiste un continuo patogeno che collega l'asma allergica alla CSS.

Sviluppo della patologia

FASE PRODROMICA

Una prima fase prodromica, della durata di mesi o anni, è comune e può includere artralgie, mialgie, malessere, febbre e perdita di peso (¹³)(¹⁴).

L'asma è la principale manifestazione durante questa fase, ed è presente in circa il 96-100% dei pazienti.

In questa fase iniziale i sintomi coinvolgono soprattutto le vie respiratorie superiori e ciò si manifasta in circa il 47-93% dei pazienti (¹⁵)(¹⁶).

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Essi presentano polipi nasali, rinite allergica, ricorrenti o croniche sinusiti. Altre manifestazioni includono: otite secretoria, perdita dell'udito (¹⁷)(¹⁸)e paralisi del nervo facciale (¹⁹).

Gli organi principalmente interessati sono i polmoni, e la tomografia computerizzata al polmone (CT) ha dimostrato essere un valido metodo nel rilevare cambiamenti parenchiamali. In uno studio retrospettivo, 22 pazienti con EGPA attivo, a dimostrato cambiamenti interstiziali su CT ad alta risoluzione, ma solo il 64% ha avuti risultati normali con la radiografia al torace. Circa il 25% dei casi con EGPA mostrano opacità nudulari periferiche.

Un'altro organo coinvolto è il cuore, ed il suo interassamento si ha nel 27-47% dei casi con EGPA, rappresentando la principale causa di morte precoce. Infine, si ha un coinvolgimento a livello gastrointestinale, spesso causato da un'infiltrazione eosinofila della mucosa e più frequentemente colpisce l'intestino tenue,

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provocando nei pazienti dolore addominale inspiegabile e talvolta emorragia digestiva che può proseguire verso una perforazione intestinale.

FASE EOSINOFILA

L'eosinofilo è la cellula principalmente coinvolta nella patogenesi della CSS. Nella fase attiva della malattia, l'ipereosofilia (valori >10% del totale dei leucociti o >1500 eosinofili/mm³) e alti livelli di immunoglobline (IgE) sono praticamente visibili nel sangue periferico (⁴). Inoltre, l'infiltrazione dei tessuti di esonofili, la vasculite ricca di eosinofili e l'infiammazione granulomatosa con o senza eosinofili, sono le caratteristiche istopatologiche della CSS. Inoltre, gli eosinofili attivati sono i principali mediatori nel danno di tessuto, principalmente tramite la liberazione delle maggiori proteine basiche (MPB), la proteina cationica eosinofila (ECP) e la neurotossina eosinofila derivata (EDN), quest'ultima coinvolta

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specialmente nella tossicità cardiaca e neurologica, che contribuiscono al danno d'organo. Un'alta concentrazione di tutti questi prodotti, è stata ripetutamente riportata nella fase attiva della CSS, sia nella circolazione sanguigna periferica, nei campioni di tessuti e nel lavaggio broncoalveolare (BAL). Sebbene l'ipereosinofilia sia un marcatore costante dello stato attivo della malattia, finora, il percorso che conduce alla risposta su queste cellule e, in particolare sull'innesco/inneschi è ancora sconosciuto.

FASE VASCULITICA

Essa è annunciata da alcuni sintomi, come febbre, perdita di peso, e stanchezza e spesso da un paradossale miglioramento dell'asma.

Ad essa sono associate manifestazioni di diverso tipo quali:

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di questa fase la quale colpisce circa il 70% dei pazienti (²º)(²¹)(²²). La presenza di sensibilità anormale, dolore, paralisi, mancanza di controllo sulla circolazione in una parte del corpo, mancanza o riduzione della sensibilità in qualsiasi parte del corpo, intorpidimento e formicolio possono essere tipiche manifestazioni della mononeurite multipla. Essa è una forma di danno ai nervi extracerebrali e del midollo spinale, e ciò può essere confermato con studi sulla conduzione nervosa o con la biopsia del nervo surale, il quale è coinvolto nell'infiammazione dei vasi nervosi (¹³)(¹⁴). Infatti, il SNC è coinvolto in circa il 25% dei casi con interessamento neurologico e possibile sviluppo di infarti celebrali ed emorragie. Sebbene tale coinvolgimento sia raro, rappresenta però la seconda causa di morte in CSS (²³).

- Manifestazioni renali: Sebbene meno frequenti e severe, le manifestazioni renali si presentano nel 25% dei

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pazienti con CSS e vanno da anomalie renali isolate a glomerulonefriti. Alcuni pazienti sviluppano insufficienza renale cronica al momento della diagnosi (²⁴).

- Lesioni della pelle: le lesioni della pelle sono una caratteristica importante della fase vasculitica (¹). Porpora e noduli palpabili, situati di solito sugli arti e nel cuoio capelluto, sono le manifestazioni cutanee più comuni. L'eruzione eritematosa maculo-papulare, vescicole, pustole asettiche e lesioni orticarioidi, possono anche apparire allo stesso tempo o in diversi stadi della malattia, con possibile evoluzione necrotico-ulcerosa (²⁵).

Interessamento Cellulare nella CSS

-

Cellule T (CD4 e Th2)

Come le altre malattie mediate da eosinofilia, una polarizzazione della risposta immunitaria della cellula T mediata verso un profilo Th2, è stata ben consolidata nella CSS (⁹)(¹º). La caratteristica di questa cellula T è

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la secrezione di IL-5, IL-4 e IL-13, ciascuno di loro è implicato nel meccanismo che promuove l'eosinofilia periferica e l'infiltrazione del tessuto tramite eosinofilia attivata (⁹)(¹¹ ). L'interleuchine, giocano un ruolo centrale nella stimolazione e maturazione della eosinofilia, la quale contribuisce ai processi patogeni nella EGPA. Esse sono citochine prodotte dal sistema immunitario e costituiscono uno dei sistemi fondamentali di comunicazione tra le cellule coinvolte nei complessi meccanismi di difesa dell'organismo. Vengono chiamate anche linfochine e monochine quelle prodotte, rispettivamente, dai linfociti e dai monociti. In genere il messaggio chimico portato dalle interleuchine rimane circoscritto alle cellule che entrano in contatto diretto con il linfocita che le produce ma, in certi casi, possono svolgere funzioni simili a quelle di certi ormoni e diffondersi tramite il sistema circolatorio, per raggiungere il cervello o il midollo. Ne sono state

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individuate più di una decina, ciascuna con la capacità di indurre un'azione specifica, in una particolare famiglia di cellule. IL-1 viene prodotta da cellule di tessuti diversi e produce effetti differenti, inducendo ad esempio la produzione di interleuchina 2(IL-2) da parte dei linfociti T, che è un fattore di crescita dei linfociti stessi, oppure stimola la produzione di immunoglobuline da parte dei linfociti B. IL-2 è stata particolarmente studiata nell'ambito dei deficit immunitari e, visto che è possibile ottenerla anche da linfociti in provetta, può essere utilizzata dal punto di vista farmacologico per aumentare il numero dei linfociti T, dei macrofagi e di altre cellule del nostro sistema difensivo in chi soffre di forme di immunodeficienza. È stato visto che la sintesi di IL-2 dai linfociti T, CD4+ e CD25, è decresciuta significativamente nella CSS attiva. L'Interleuchina 2 è considerata cruciale per l'introduzione di cellule T regolatrici periferiche (Treg). I ricercatori conclusero in

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fine che la diminuzione, da parte dei linfociti T, di produrre IL-2 e, pertanto rafforzare la differenziazione della Treg indotta, potrebbe essere uno scalino essenziale nell'evoluzione dall'asma alla CSS. Nell' EGPA è attiva anche IL-5, e sembra che una sua inibizione, porti benefici in pazienti con tale patologia. IL-5 agisce come elevatore potente periferico di eosinofilia; infatti in roditori geneticamente modificati e incapaci di produrre tale proteina, non è stata osservata una reazione eosinofila di fronte ad antigeni allergici. Non solo IL-5 induce un rapido rilascio di eosinofili provenienti dal midollo spinale, ma sostiene anche la loro differenziazione e la loro proliferazione all'interno del midollo spinale e costituisce la più importante citochina coinvolta nella sopravvivenza di questo tipo di cellule nel tessuto periferico (²⁶)(²⁷).

Tuttavia il ruolo della IL-5 nella CSS rimane elusivo, dal momento in cui ci sono risultati controversi, ma in

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accordo con i diversi studi, quando vi è la determinazione di questa citochina nella CSS attiva. Comunque, non vi è alcun incremento nella produzione di IL-5 da parte di cellule stimolate in vitro in pazienti affetti da CSS. Inoltre, alcune sequenze hanno precedentemente riportato elevati livelli di IL-5 nel sangue periferico solo nel 30% dei pazienti affetti da CSS. Recentemente, sono emerse prove che dimostrano che nella CSS gli eosinofili potrebbero promuovere e amplificare la differenziazione delle cellule Th2 (¹º). Comunque, il fenotipo clinico della patologia, non può essere spiegato solamente con una risposta Th-2 mediata; infatti, coerentemente con questa ipotesi, è presente un evidente coinvolgimento delle cellule Th1 e Th17, nell'aumento della secrezione di IL-17A. Inoltre, durante lo stato attivo della malattia, eosinofili e in minore entità neutrofili e mastociti producono e rilasciano grandi quantità di IL-25. Questa interleuchina interagisce con i suoi recettori, trovati nelle

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cellule della memoria T CD4+, e induce una risposta Th-2, mantenendo così un circolo vizioso (²⁸).

-

Linfociti T (Th17)

Sembra inoltre, che sia presente un altro fattore, che possa essere coinvolto nello sviluppo della CSS.

Il sottoinsieme funzionale Th17, come un distinto tipo cellulare rispetto ai classici linfociti T, CD4 e Th2, è stato coinvolto nella patogenesi di molte malattie considerate autoimmuni, tra cui l'artrite reumatoide, artrite psoriasica ma anche le altre vasculiti ANCA-associate (Granulomatosi Wegener e Poliangioite Microscopica)

(²⁹).

Le cellule Th17 sono caratterizzate dalla produzione di elevate quantità di IL-17 (A e F), IL-21 e IL-22, tra le altre citochine. In particolar modo sia IL-17A e IL-17F inducono la presenza di citochine pro-infiammatorie come IL-6 , IL-1 e TNF (Fattore di necrosi tumorale), e

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chemiochine pro-infiammatorie come CXCL1 e IL-8, nell'area dell'infiammazione (³º). Poco si sa circa lo sviluppo delle cellule Th17, ma sono considerate derivazioni di un contesto immunologico con forte presenza di IL-1β, IL-6 e TGF-β (fattore di crescita trasformante beta, è una proteina presente nello spazio extracellulare, che fa parte del gruppo delle citochine), essendo IL-23 principale per la stabilizzazione e la sopravvivenza. Si pensa che le Th17 siano cellule con vita di tipo breve, ed il passaggio a fenotipi più stabili segue la convergenza della risposta immunitaria, anche se questo aspetto rimane controverso (³¹). Tuttavia vi è una crescente evidenza che suggerisce una elevata plasticità funzionale tra le cellule Th17 e Th1, essendo possibile sia individuare i linfociti effettori T che definiscono le citochine ed i fattori di trascrizione della cellula Th17 e le altre cellule Th1 o Th2 (³²). E' stato dimostrato che la presenza di IL-17, producente cellule Th2 nel polmone dei

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modelli animali, insatura malattie di tipo polmonare durante le prime fasi dell'infiammazione allergica (³³). Nello stesso modello animale cellule Th2 e IL-17-produttive abilitano la produzione, tramite cellule bronchiali dell'epitelio, di molteplici chemiochine (tra le quali IL-8 ed eotaxina-3), con un conseguente e forte afflusso di una eterogenea popolazione leucocitaria, inclusi neutrofili ed eosinofili.

In particolare nella CSS, è stato osservato un aumento di produzione di IL-17 durante la fase attiva della malattia e un aumento della popolazione di cellule Th17 nel sangue periferico rispetto alle fasi inattive o alle bronchiti asmatiche (³⁴).

L'equilibrio tra Th17 e Treg (cellule T regolatrici periferiche) ha mostrato di essere fondamentale per definire lo stato clinico della CSS. Sembra che attraverso lo sviluppo della malattia (CSS) possa esserci una diminuzione nel numero o nelle funzioni di una Treg

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particolare, chiamata Tr1 (³⁴). Tr1 è caratterizzata dalla produzione di grandi quantità di IL-10, con o senza TGF-β e IFN–γ, tutte citochine con profilo immunitario soppressore. Si pensa che questo tipo di cellula sia derivata da linfociti T CD4+ e CD25+, sotto l'influenza di cellule paracrine e di alcune citochine, e tramite lo stimolo di alcuni tipi di cellule dendritiche (³⁵). Nella CSS vi è una diminuzione delle cellule Tr1 durante lo stato attivo della malattia, e presenta un parallelismo con un aumento, invece, della quantità di linfociti effettori Th17.

-

Cellule B

Particolare attenzione è stata posta su un altro tipo di cellule: le cellule B. Non molto è stato stabilito sul ruolo del linfocita B nella patogenesi della CSS, anche se vi è una crescente evidenza che suggerisce un coinvolgimento dell'immunità umorale. Le IgE sono state riconosciute come biomarker della malattia attiva, essendo

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particolarmente elevato nel 70-90% dei pazienti (⁴).

Diversamente dalle altre malattie sistemiche e autoimmuni (³⁶)(³⁷), non è stato dimostrato un particolare aumento del linfocita stimolatore B (B-LyS) durante la malattia (CSS). B-lyS, è un legame espresso dai monociti, macrofagi, neutrofili e cellule dendritiche, che innescano un percorso di attivazione delle cellule B e una loro sopravvivenza, e per ultimo aumentano il numero di anticorpi producenti cellule B (³⁸)(³⁹).

E' interessante notare che, Schneeweis, ha dimostrato un aumento significativo, rispetto ai controlli sani, dei livelli di B-lyS nei pazienti con GPA (Granulomatosi di Wegener), ma non un aumento nei pazienti con CSS o MPA.

- Livelli di IgG

È stato inoltre osservato che nei casi attivi di EGPA si sviluppa un drastico aumento del livelli di IgG (IgG4), che

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rientrano nei normali valori dopo trattamento con immunosoppresori (⁴⁰). E' stata trovata anche una correlazione positiva e significativa tra IgG4 nei livelli del sangue periferico, il numero di manifestazioni dei sintomi negli organi e il punteggio della BVAS (Scala di attività vasculitica di Birmingham) (⁴¹).

Ruolo degli Anticorpi anticitoplasma dei

neutrofili (ANCA)

Gli anticorpi anticitoplasma dei neutrofili (ANCA), costituiscono un gruppo di autoanticorpi, prevalentemente del tipo IgG, diretti contro antigeni situati nel citoplasma dei granulociti neutrofili (il tipo più numeroso di globuli bianchi) e dei monociti. Si possono rilevare nel siero, mediante un semplice esame del sangue, in molte malattie autoimmuni, ma in particolare sono associati con alcune forme di vasculiti, le cosiddette vasculiti ANCA-associate. Infatti, alcuni studi in vitro,

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hanno evidenziato come gli ANCA provocano l'attivazione dei neutrofiili a cui si legano e reagiscono con le cellule endoteliali che esprimono l'antigene PR3 (⁴²). Gli ANCA potrebbero indurre il rilascio di enzimi litici da parte dei globuli bianchi (⁴³), provocando un'infiammazione delle pareti del vaso e quindi vasculite.

Classificazione degli ANCA

Gli ANCA si possono suddividere in due classi, chiamate rispettivamente c-ANCA e p-ANCA, in base alla disposizione che assumono legandosi ai neutrofili e al loro principale antigene bersaglio. I p-ANCA si legano alla cellula bersaglio intorno al nucleo (pattern perinucleare), e l'antigene contro il quale sono diretti è la mieloperrossidasi (MPO). I c-ANCA, che si dispongono sulla cellula secondo un disegno di tipo granulare, presentano come antigene più comune la proteinasi 3 (PR3). Il titolo anticorpale degli ANCA si misura

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solitamente con metodica ELISA o con l'immunofluorescenza indiretta. In molti soggetti affetti da CSS è stata riscontrata una positività agli ANCA (circa nel 37%-47% dei casi), (²º)(²¹) con una prevalenza dei p-ANCA rispetto ai c-ANCA. I p-ANCA sono anche maggiormente espressi nella Poliangioite Microscopica (MP). I c-ANCA, invece, sono coinvolti, con maggior frequenza, nella Granulomatosi di Wegener. Sia MPO, che sono coinvolti nella produzione di acido ipoclorico, sia PR3, sono enzimi costitutivamente situati nei granuli nel citoplasma polimorfonucleare (PMN) neutrofilo, nel quale il suo ruolo principale è la distruzione di batteri fagocitati e virus (⁴⁴).

Tuttavia, è stato provato che dopo essere stati stimolati dai batteri lipopolisaccaridi (LPS) o da un fattore di necrosi tumorale alfa (TNFα), i neutrofili traslocano dall'MPO e dalla PR3 alla membrana cellulare, consentendo a questa molecola di essere bersagliata

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dall'ANCA (⁴⁵)(⁴⁶).

Un'evidenza è stata fornita dal fatto che sia MPO-ANCA (p-ANCA) che PR3-ANCA (c-ANCA) possano agire come induttori dell'attivazione neutrofila. E' interessante notare, però, che MPO-ANCA esercita una induzione più potente ed una precoce attivazione dei neutrofiili e possiede un'attività fagocitaria migliore rispetto a quella della PR3-ANCA (⁴⁶). Il danno delle cellule endoteliali, che è la primordiale lesione dell'ANCA associata alle vasculiti, si suppone di essere “guidata” in vivo, attraverso l'incremento della produzione di specie reattive dell'ossigeno e il rilascio di enzimi proteolitici dai granuli citoplasmatici (⁴⁶)(⁴⁷). La presenza o l'assenza di ANCA sembra permettere una clinica distinzione tra due sottotipi di CSS. La coesistenza di ANCA potrebbe essere associata ad una maggiore prevalenza di coinvolgimento renale nella CSS (glomerulonefrite rapidamente progressiva), centrale e periferico coinvolgimento del

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sistema nervoso, porpora ed emorragia alveolare. Questa distinzione clinica apparente riflette diversi modelli di affetto istologico in base alla presenza o assenza di ANCA. La vasculite e/o capillarite che colpisce i piccoli vasi, glomerulonefrite e porpora, nei campionari della biopsia sono più comuni in casi di ANCA-positiva, mentre coinvolgimento cardiaco, infiltrati polmonari, sintomi gastrointestinali è più comune nei casi di ANCA-negativa. Allo stesso modo le differenze sono state riportate nell'affezione istologica nei campionari della biopsia del nervo, la quale dipende da una stato seriologico dell'ANCA, quindi la vasculite necrotizzante era più frequente nei pazienti con ANCA positivo che in quelli il cui test risultava negativo (63% contro 21%) e una massiva infiltrazione eosinofila dell'epinevrio, che costituisce il tessuto connettivo più esterno di un nervo periferico, e la presenza di granulomi eosinofili fu osservata unicamente in pazienti con ANCA negativo (⁴⁸).

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Definitivamente, ANCA può essere un marcatore del prominente profilo della vasculite nella CSS, e gioca un certo ruolo patogeno quando è presente.

Le differenze tra ANCA positiva e ANCA negativa nei pazienti CSS può essere tale a causa del risvolto genetico. In questo senso, uno specifico aplotipo del gene che codifica l'IL-10, una citochina conosciuta per l'accrescere del tipo Th-2 nella risposta cellulare, è stato correlato al gruppo CSS con ANCA-negativo (⁴⁹). E' interessante notare che questo aplotipo è relazionato a una espressione di crescita di IL-10. Nonostante la crescita evidente di due sottoinsiemi clinici, al momento non c'è alcuna risposta per il trattamento; la recidiva e la sopravvivenza in base alla presenza di ANCA nei pazienti affetti da CSS, non sono state ancora dimostrate.

Il ruolo della eotaxina

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costituisce la parte finale del processo che porta gli eosinofili fuori dal flusso sanguigno verso l'area infiammata. Questo spostamento è guidato da una famiglia di citochine, chiamate eotaxine (⁵⁰). Esse hanno caratteristiche eosinofile e chemiotattiche attive. Principalmente troviamo tre tipi di eotaxine; eotaxina-1 (CCL11), eotaxina-2 (CCL24) ed eotaxina-3 (CCL26). Nonostante il fatto che tutti e tre i rami di eotaxina si leghino e attivino esclusivamente il recettore 3 della chemiochina (CCR3), esse condividono solo il 40% degli amminoacidi (²⁶). Perciò tutte le attività chemioterapiche delle eotaxine dipendono dall'interazione con questo recettore, il quale è altamente palesato nella membrana cellulare degli eosinofili e, in quantità minore, nei mastociti, basofili e anche sulla superficie delle cellule CD4+ dei linfociti T con profilo Th2 effettivo.

La presenza di CCR3 nel tipo cellulare finale è particolarmente interessante, dal momento in cui è stato

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sostenuto che le eotaxine esercitano una importate attrazione chemioterapica sui linfociti Th2 nelle prime fasi della reazione immunoallergica, spingendo quindi la reazione eosinofilica all'area di infiammazione (²⁶)(⁵¹). La catena delle eotaxine per CCR3 situata negli eosinofili, innesca una serie di eventi, tra cui la mobilizzazione del calcio, dell'ossigeno, produzione di radicali e polimerizzazione, e alla fine si conclude in un cambiamento nella forma rapida, che è precedente allo spostamento e rilascio dei granuli.

L'esistenza di una produzione di base di eotaxine nel polmone e nel tratto digestivo è stata dimostrata, finalizzata a mantenere una stabilità degli eosinofili che popolano questi organi, e di per sé costituiscono una barriera immunitaria naturale. Tuttavia, durante una reazione immunoallergica, un aumento della produzione di eotaxine, principalmente proveniente dalle cellule epiteliali e endoteliali delle zone dell'infiammazione,

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avviene in pazienti con asma allergica, con esofagite eosinofila e anche nei pazienti affetti da morbo di Chron e colite ulcerosa (²⁶)(⁵²).

In particolar modo eotaxina-2 e eotaxina-3 sarebbero responsabili del sostenimento del tessuto eosinofilo e la sua produzione dipenderebbe dal tipo di cellule Th2 con reazione CD4 dei linfociti T (⁵³). Grazie ai modelli animali, sappiamo che sia IL-13 che IL-4, ma non IL-5, sono promotori forti e sinergici della sintesi di tutte le eotaxine e si trovano nei processi allergici. Al contrario, le eotaxine stesse non solo facilitano lo spostamento delle cellule Th2 nelle aree di infiammazione, ma inducono anche la polarizzazione delle cellule T CD4+ verso un tipo Th2, agendo come antagonista del CCR3, che è espresso in modo preferenziale nelle cellule Th1 (²⁶).

Le eotaxine (e in partciolare eotaxina-3) hanno mostrato un aumento durante lo stato attivo della CSS. La marcatura specifica dell'eotaxina-3 in campioni di tessuto

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di vari organi (respiratorio, nervoso e lingua) di pazienti con CSS attiva, mostra una espressione locale di chemiochine nelle cellule endoteliali, nelle cellule muscolari lisce e nelle cellule epiteliali (⁹). Per di più, livelli di eotaxina-3 nel sangue periferico hanno dimostrato di essere correlate con l'attività della malattia, con l'eosinofilia periferica e i livelli IgE. Allo stesso modo, una risposta clinica al trattamento con immunosoppressori è associata ad una marcata diminuzione dei livelli ematici di eotaxina-3, raggiungendo livelli simili a quelli di un controllo regolare e sano. Sorprendentemente né 1 né l'eotaxina-2 , se confrontate con controlli sani, sembrano mostrare una associazione rilevante con la CSS, indipendentemente dallo stato della malattia.

Sintomi e coinvolgimento d'organo

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risultare dalla combinazione e dalle sinergie tra i differenti meccanismi fisiopatogeni, agendo nello stesso momento o in momenti separati durante l'evoluzione della malattia.

In generale sintomi e coinvolgimento d'organo, posso essere correlati a tre grandi meccanismi:

– L'importanza di anticorpi mediati nel coinvolgimento d'organo.

– Mediatori infiammatori nel provocare danno specifico e aspecifico all'organo.

– Il ruolo degli antifosfolipidi correlati all'ipercoagulabilità e alla trombosi.

Diagnosi

Non ci sono criteri diagnostici comunemente accettati per l' EGPA. Churg e Strauss, inizialmente, descrissero la sindrome come una vasculite necrotizzante dei vasi sanguigni di media o piccola dimenzione (vene o arterie),

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associata con infiltrazione eosinofila dei vasi e dei tessuti adiacenti. La presenza di granulomi extravascolari, era il terzo criterio di questa triade di caratteristiche cliniche, la quale non include la presenza dei risultati sia clinici che patologici dell'asma, nonostante tutti i pazienti nella parte iniziale della patologia erano asmatici gravi. Nel 1984 Lauham e colleghi (¹³), stabilirono che pazienti affetti da EGPA dovevano essere caraterizzati dalla presenza di asma, eosofilia e vasculite con coinvolgimento da due a più organi. Nel 1990, il college americano di reumatologia (ACR) definì i criteri di classificazione per distinguere tra le differenti vasculiti ed identificò sei criteri per l'EGPA:

1)Asma

2)Eosifilia > 10% 3)Neuropatia

4)Infiltrazioni polmonari

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6)Eosinofili extravascolari alla biopsia

Quando quattro di questi di questi criteri erano presenti nel paziente, le vasculiti erano riconosciute come EGPA con una elevata certezza (⁵⁴).

L'EGPA attiva presentava una eusofilia periferica marcata (di solito> 1500 cellule/µl o >10%). L'ANCA può sorgere diversi anni prima della comparsa della vasculite. La positività degli anticorpi antineutrofili citoplasmatici, deve essere confermata dalla presenza nel siero di mieloperossidasi.

Terapia

Il trattamento standard prevede l'uso prolungato e ad alte dosi di corticosteroidi e ciclofosfamide, in particolare nei pazienti con prognosi sfavorevole.

Sulla base delle FFS, il gruppo di studio francese sulle vasculiti ha recentemente condotto due studi randominzzati e controllati, uno nei pazienti con fattori

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prognostici (FFS>1) e l'altro, nei pazienti con fattori privi di fattori prognostici (FFS=0) .

I pazienti con fattori prognostici hanno una prognosi peggiore e di solito vengono trattati con glucocorticoidi e immunosoppressori, mentre il trattamento con solo glucocorticoide è raccomandato a coloro che non presentano fattori prognostici. In pazienti con FFS=0, è stata raggiunta una remissione clinica nel 93% trattati unicamente con corticosteroidi (⁵⁵). In associazione a quest'ultimo possono essere utilizzati immunosoppressori di potenza media come azatioprina o metotressato utilizzati per risparmio di GC e per induzione della remissione della patologia (⁵⁶). Di solito vengono somministrati per via orale con una dose pari ad 1mg/Kg/die di prednisolone o soluzione equivalente. Dosi superiori di tali composti come metilprednisolone (15mg/Kg intravena per 3 gg) possono essere raggiunti nei casi più severi. Nei pazienti con FFS>1 l'aggiunta di

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ciclofosfamide, con una frequenza di 12 cicli di trattamento, al trattamento con corticosteroidi è stato più efficace nel controllare CSS severe, rispetto a 6 cicli (⁵⁷). Tale sostanza viene somministrata per os con un dosaggio pari a 2 mg/Kg/die per un anno, in addizione ad una dose di corticosteroidi intravena, pari a 0,6g/m² (⁵⁸). Nei pazienti con CSS nei quali si ha un fallimento terapeutico con corticosteroidi ed immunosoppressori, una dose elevata di immunoglobuline intravena può essere utilizzata in combinazione con ciclofosfamide e glucocorticoidi (⁵⁹). Data la sua capacità di bloccare in vitro la degranulazione eosinofila e Th2, l'interferoneA è stato utilizzato per il trattamento delle EGPA, per la prima volta nel 1998 con promettenti risultati (⁶⁰).

La terapia dei pazienti deve essere scelta individualmente, in base alla presenza e gravità dei fattori prognostici sfavorevoli; la combinazione ad alte dosi di corticosteroidi e ciclofosfamide è stata una buona

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cura, ma sembra che l'utilizzo di agenti biologici, anticorpi monoclonali come MEPOLIZUMAB (⁶¹) e RITUXIMAB (⁶²) (⁶³), possano essere una valida alternativa terapeutica. In particolar modo quest'ultimo, induce non soltanto una remissione della patologia, ma normalizza anche la conta eosinofila e riduce i livelli di IL-5 (⁶⁴). Inoltre, questi composti permettono, anche, di ridurre o cessare la somministrazione di glucocorticoidi (es. prednisolone), evitando così i loro effetti avversi. Fra gli effetti avversi più comuni dei glucocorticoidi ritroviamo:

Disturbi Elettrolitici:

• Ritenzione sodica e di fluidi

• Scompenso cardiaco (in soggetti predisposti) • Ipokaliemia

• Alcalosi ipokaliemica • Ipertensione

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Muscoloscheletrici:

• Miopatia steroidea

• Perdita di massa muscolare e debolezza

• Osteoporosi, compressione e fratture vertebrali • Necrosi asettica della testa del femore

• Fratture ossee

Gastrointestinali:

• Ulcera peptica con emorragie e perforazione • Pancreatiti

• Distensione addominale • Esofagiti ulcerate

Dermatologiche:

• Ritardo della cicatrizzazione • Assottigliamento cutaneo

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• Eritema facciale

• Ridotta risposta ai test allergologici

Neurologiche:

• Convulsioni

• Aumento della pressione intracranica • Vertigini

• Emicrania

Endocrine:

• Stato Cushingoide • Irregolarità mestruale

• Soppressione dello sviluppo (pediatria)

• Intolleranza ai carboidrati (diabete iatrogeno) • Insufficienza surrenalica

Oftalmiche:

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• Glaucoma iatrogeno • Esoftalmo

Metaboliche:

• Negativizzazione del bilancio dell'azoto per aumentato catabolismo proteico

Uno dei farmaci utilizzato nel trattamento di CSS in quanto ha riportato notevoli benefici, seppur non ancora riconosciuto come trattamento standard per tale patologia è il Rituximab.

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Rituximab

Il Rituximab è una sostanza che appartiene alla classe di farmaci antitumorali che prendono il nome di anticorpi monoclonali. Commercialmente conosciuto con il nome di Mabthera, è una sostanza che viene utilizzata, soprattutto, per il trattamento del tipo più diffuso di tumori del sistema linfatico (linfomi), che originano dai linfociti B.

Gli Anticorpi Monoclonali

Gli anticorpi monoclonali sono sostanze sintetiche, prodotte in laboratorio, in gradi di distruggere alcuni tipi di cellule tumorali, limitando al minimo il danno per le cellule sane. La loro funzione è quella di riconoscere determinate proteine (recettori) presenti sulla superficie di alcune cellule tumorali. Quando l'anticorpo monoclonale riconosce la presenza del recettore sulla

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superficie della cellula tumorale, vi si aggancia. In questo modo stimola il sistema immunitario dell'organismo ad aggredire le cellule neoplastiche e può anche indurre queste ultime ad autodistruggersi, oppure blocca il recettore impedendogli di legarsi ad una proteina diversa che stimola la crescita delle cellule neoplastiche. Di conseguenza, non solo le cellule tumorali non sono più in grado di crescere e di proliferare, ma non si possono formare nuovi vasi sanguigni che alimentano il tumore. Venendo a mancare in questo modo, l'apporto di ossigeno e di nutrienti, le cellule malate cessano di essere prodotte, il tumore si restringe o quanto meno smette di crescere.

Proprietà Farmacologiche di Rituximab

Proprietà Farmacocinetiche

In base alle analisi farmacocinetiche di popolazione dei dati di 97 pazienti con granulomatosi con poliangite e

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poliangite microscopica che hanno ricevuto 375 mg/m² di MabThera una volta alla settimana per quattro settimane, l’emivita media dell’eliminazione terminale stimata era di 23 giorni (range da 9 a 49 giorni). La clearance media e il volume di distribuzione di rituximab erano di 0,313 l/die (range da 0,116 a 0,726 l/die) e 4,50 l (range da 2,25 a 7,39l) rispettivamente.

I parametri farmacocinetici di rituximab in questi pazienti appaiono simili a quelli che sono stati osservati nei pazienti con artrite reumatoide.

Proprietà Farmacodinamiche

Il Rituximab è un anticorpo di sintesi molto simile per struttura agli anticorpi che il nostro sistema immunitario produce normalmente per contrastare le infezioni. Esso ha come bersaglio l'antigene transmembranico CD20 (fosfoproteina non glicosilata), una proteina che si ritrova normalmente sulla superficie delle cellule B (linfociti B:

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una sottospecie di globuli bianchi) normali e neoplastiche, ma non sulle cellule staminali emopoietiche, sulle cellule pro-B, sulle plasmacellule normali o su altri tessuti normali. Il Rituximab è definito anticorpo chimerico in quanto è costituito da una parte di origine umana (dominio Fc), nelle regioni costanti della catena leggera e pesante, ed una parte di origine murina (dominio Fab), nella porzione variabile. Il dominio Fab di Rituximab si lega all'antigene CD20 (sui linfociti B), coinvolto nella regolazione del ciclo cellulare e nell'attivazione delle cellule B, andando ad attivare le funzioni effettrici del sistema immunitario a promuovere la lisi delle cellule B, tramite il dominio Fc. I meccanismi possibili della lisi cellulare mediata dall'effettore comprendono la citotossicità complemento-dipendente (CDC) attraverso il legame con il fattore C1q e la citotossicità cellulare anticorpo-dipendente (ADCC) mediata da uno o più recettori Fcγ sulla superficie di granulociti, macrofagi e

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cellule NK. Inoltre, è stato anche dimostrato che il legame di Rituximab all'antigene CD20 sui linfociti B induce la morte cellulare per apoptosi.

Il Rituximab agisce attaccando sia i linfociti maligni sia quelli normali; tuttavia l'organismo è in grado di sostituire rapidamente eventuali globuli bianchi normali danneggiati, riducendo in tal modo sensibilmente il rischio di effetti collaterali. Numerosi studi hanno dimostrato una significativa efficacia del Rituximab nel trattamento dei linfomi B sia in mono-terapia che in associazione alla chemioterapia.

Attività del Rituximab nella Granulomatosi di

Wegener (GW) e Poliangioite Microscopica (MP)

La GW e MP sono patologie caratterizzate dall'infiammazione di piccoli vasi. MabThera è usato per l’induzione della remissione della granulomatosi con poliangite (formalmente chiamata malattia di Wegener) o

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della poliangite microscopica, in associazione con glucocorticoidi. La granulomatosi con poliangite e la poliangite microscopica sono due forme di infiammazione dei vasi sanguigni che colpiscono principalmente polmone e reni, ma possono colpire anche altri organi. I linfociti B sono coinvolti nella causa di queste condizioni. Nei pazienti con granulomatosi con poliangite o poliangite microscopica, il numero delle cellule B del sangue periferico si è ridotto a <10 cellule/µl dopo due infusioni settimanali di rituximab 375 mg/m², ed è rimasto a questo livello nella maggior parte dei pazienti fino al time point di 6 mesi. La maggior parte dei pazienti (81%) ha mostrato segni di ricostituzione delle cellule B con conta >10 cellule/µl entro 12 mesi, raggiungendo l’87% dei pazienti entro 18 mesi.

Modalità di somministrazione nei pazienti con

GW e MP

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In pazienti affetti da granulomatosi con poliangite (di Wegener) o poliangite microscopica è raccomandata la somministrazione di metilprednisolone per via endovenosa alla dose di 1000mg/die da 1 a 3 giorni antecedenti alla prima infusione di MabThera (l’ultima dose di metilprednisolone può essere somministrata nello stesso giorno della prima infusione di MabThera). Questa deve essere seguita da prednisone per via orale alla dose di 1 mg/kg/die (non si devono superare gli 80 mg/die e la riduzione a scalare della dose deve avvenire quanto più rapidamente possibile secondo la condizione clinica) durante e dopo il trattamento con MabThera.

Esperienza clinica nella granulomatosi con

poliangite (di Wegener) e nella poliangite

microscopica

Un totale di 197 pazienti di età pari o superiore a 15 anni con granulomatosi con poliangite (75%) e poliangite

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microscopica (24%) attiva e di grado grave, sono stati arruolati e trattati nello studio di non inferiorità multicentrico, randomizzato, in doppio cieco con confronto attivo (⁶⁵). I pazienti sono stati randomizzati in un rapporto 1:1 a ricevere o ciclofosfamide per via orale giornaliera (2 mg/kg/die) per 3-6 mesi o MabThera (375 mg/m²) una volta alla settimana per 4 settimane. Tutti i pazienti nel braccio ciclofosfamide hanno ricevuto terapia di mantenimento con azatioprina durante il follow-up. I pazienti di entrambi i bracci hanno ricevuto 1000mg di metilprednisolone in bolo per via endovenosa (o un altro glucocorticoide a dose equivalente) al giorno, da 1 a 3 giorni, seguiti da prednisone per via orale (1 mg/kg/die, senza superare gli 80 mg/die). La riduzione del prednisone è stata completata entro 6 mesi dall’inizio del trattamento in studio. La misura dell’obiettivo primario era il raggiungimento della remissione completa a 6 mesi definita come punteggio di Birmingham Vasculitis Activity

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per granulomatosi di Wegener (BVAS/WG) di 0, e assenza di terapia con glucocorticoidi. Il margine di non inferiorità predefinito per la differenza tra i trattamenti era del 20%. Lo studio ha dimostrato la non inferiorità di MabThera rispetto a ciclofosfamide per la remissione completa (CR) a 6 mesi (Tab. 14). L’efficacia è stata osservata sia per i pazienti di nuova diagnosi sia per i pazienti con malattia recidivante (Tab. 15).

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(Tab.14) Percentuale di pazienti che hanno raggiunto la remissione completa a 6 mesi (Intent-to-Treat Population*).

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(Tab. 15) Remissione completa a 6 mesi in base allo stato di malattia.

Remissione completa (CR) a 12 e 18 mesi

Nel gruppo MabThera, il 48% dei pazienti ha raggiunto la CR a 12 mesi e il 39% dei pazienti ha raggiunto la CR a 18 mesi. Nei pazienti trattati con ciclofosfamide (seguita

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da azatioprina per il mantenimento della remissione completa), il 39% dei pazienti ha raggiunto la CR a 12 mesi e il 33% dei pazienti ha raggiunto la CR a 18 mesi. Dal mese 12 al mese 18, nel gruppo MabThera, sono state osservate 8 recidive rispetto a 4 nel gruppo trattato con ciclofosfamide.

Ritrattamento con MabThera

In base al giudizio dello sperimentatore, 15 pazienti hanno ricevuto un secondo ciclo di terapia con MabThera per il trattamento della recidiva dell’attività di malattia che si è osservata tra i 6 e i 18 mesi dopo il primo ciclo di MabThera. I dati limitati provenienti dallo studio attuale precludono qualsiasi conclusione relativa all’efficacia di cicli successivi di MabThera in pazienti con granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica.

Una terapia continuativa immunosoppressiva può essere particolarmente appropriata nei pazienti a rischio di

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recidive (ad esempio con una storia di recidive precedenti e granulomatosi con poliangite, o pazienti con la ricostituzione dei linfociti B, oltre a PR3-ANCA durante il monitoraggio). Quando la remissione con MabThera è stata raggiunta, il proseguimento della terapia immunosoppressiva può essere considerato per prevenire le ricadute. L'efficacia e la sicurezza di MabThera nella terapia di mantenimento non è stata stabilita (⁶⁵).

Aspetti Tossicologici di Rituximab

- Sensibilità al farmaco e sindrome da rilascio di citochine

Uno dei primi effetti collaterali che possono insorgere con l'utilizzo di Rituximab, correlato all'infusione, oltre che ad una sensibilità rivolta al prodotto, è la possibile insorgenza della sindrome da rilascio di citochine, con manifestazione di sintomi quali, brividi, febbre, nausea,

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senso di vomito, dispnea grave (spesso accompagnata da broncocostrizione). L'insufficienza respiratoria acuta può essere seguita da eventi come, l'infiltrazione interstiziale polmonare o edema polmonare, visibili alla radiografia del torace. La sindrome si manifesta entro una o due ore dall'inizio della prima infusione. Un ulteriore parametro che può essere influenzato dal rilascio di citochine è la pressione. In particolare si possono verificare casi di abbassamento della pressione arteriosa (ipotensione). Riguardo quest'ultimo effetto avverso, infatti, è obbligatorio ai pazienti che fanno uso di anti-ipertensivi, di sospendere il trattamento con tali farmaci almeno 12 ore antecedenti la prima infusione di Mabthera.

Per prevenire tali complicanze, generalmente viene effettuata una pre-medicazione, con un antipiretico, un antistaminico ed in alcuni casi con un cortisonico.

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In considerazione della sua azione sul sistema immunitario, il Farmaco riduce la risposta ad alcune vaccinazioni e può potenzialmente predisporre a complicanze infettive. Va pertanto impiegato con molta cautela nei pazienti portatori del virus dell'epatite B, (nei quali è stata notata una riattivazione della patologia dopo la prima infusione), o di altre infezioni, o di stati di immunodeficit primario o acquisito.

Oltre a ciò, si possono anche manifestare:

- Disordini Cardiaci

In pazienti trattati con Mabthera, si sono verificati casi di angina pectoris, aritmia cardiaca, come flutter atriale e fibrillazione, insufficienza cardiaca e/o infarto miocardico.

- Tossicità Ematologica

Sebbene tale farmaco non sia mielosoppressivo, anche se meno frequenti, si possono manifestare fenomeni di

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