UNIVERSITÀ DI PISA
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza
TESI DI LAUREA:
Sussidiarietà e partecipazione nell'esperienza degli enti locali
Il Candidato
Il Relatore
Sara Barsotti Prof. Alfredo Fioritto
SOMMARIO
Introduzione...1
1- IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ COME CENTRO PROPULSORE DEL SISTEMA PARTECIPATIVO...7
1.1 – La riforma costituzionale 3/2001...7
1.1.1- Il cammino della riforma costituzionale...8
1.1.2- Cenni all'ordinamento comunitario...12
1.1.3- Sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale...14
1.2 – Nozione filosofica del principio di sussidiarietà: l'evoluzione nei secoli...15
1.2.1 – L'elaborazione di San Tommaso D'Aquino...17
1.2.2– L'età liberale: Johannes Althusius, John Locke e John Stuart Mill...19
1.2.3– La dottrina sociale della Chiesa cattolica del XIX e XX secolo...21
1.3 – Il principio di sussidiarietà orizzontale: interpretazioni e analisi...25
1.3.1 – Il “paradigma bipolare” e il suo superamento …...25
istituzionale: osservazioni …...33
1.4 – Sussidiarietà e principi fondamentali...36
1.4.1- La discussione politico-istituzionale in sede di
discussione, a partire dalla Commissione bicamerale c.d.
D'Alema fino alle sedute nella Camera dei deputati...42
1.5 – Reazioni della dottrina e giurisprudenza a seguito
dell'introduzione del principio di sussidiarietà...46
1.6 - Sussidiarietà come criterio procedurale o come principio: la
diatriba dottrinale...53
2 – IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ ORIZZONTALE NELLA GIURISPRUDENZA E DOTTRINA ITALIANE. LE ESPERIENZE DI SUSSIDIARIETÀ...61 1 - La sussidiarietà orizzontale nella giurisprudenza del giudice
amministrativo: dimensioni a confronto...61
1.1.- La Corte Costituzionale supera il paradigma bipolare...61
1.2- Il Consiglio di Stato enuclea le ricadute del principio di
sussidiarietà orizzontale...64
1.3- Il principio di sussidiarietà orizzontale relativamente
soggetti “for profit”...66
1.4.- Il diritto del Terzo settore...72
1.5.- Il principio di sussidiarietà orizzontale e i criteri di
organizzazione del Ministero della Salute nella giurisprudenza del Tar
Veneto e del Consiglio di Stato...74
1.6.- Il principio di sussidiarietà orizzontale relativamente alla libertà
di iniziativa economica: tre sentenze a confronto...78
1.7.- Il principio di sussidiarietà orizzontale relativamente alla libertà
di scelta degli utenti in ottemperanza ai loro bisogni collettivi...81
1.8.- Il principio di sussidiarietà orizzontale in relazione ai temi della
sicurezza privata e della tutela della fauna...83
1.9- Osservazioni generali e finali...84
2- La definizione tecnico-giuridica dei beni comuni...88
2.1- La valorizzazione dei beni comuni nello Statuto della Regione
Toscana come sintomo di una evoluzione giuridico-sociale in
atto...101
2.2- La Corte dei Conti legittima l'amministrazione condivisa...105
3 – Alla ricerca di una amministrazione condivisa del territorio:
3.1- Il Regolamento sull'amministrazione condivisa di Labsus: il
modello del Comune di Bologna...116
3.1.1.- Le proposte di collaborazione...120
3.2- L'esperienza regolamentare della città di Torino quale intervento
innovativo e snello rispetto al prototipo bolognese…...137
3.3- L'esperienza regolamentare genovese e l'apertura
dell'amministrazione condivisa anche ai soggetti di minore età e ai
soggetti appartenenti alle multi-etnie...140
3.4– L'esperienza romana tra la mancata applicazione del regolamento
e le istanze di collaborazione denunciate tramite l'iniziativa
popolare...143
3- LA PARTECIPAZIONE NELLE REALTA' PROVINCIALI: IL CASO CAMAIORE...145 1- Il Comune di Camaiore: peculiarità del territorio e l'avvio del
processo partecipativo...145
2- Il Regolamento per la Partecipazione del Comune di
Camaiore...147
Regolamento...155
3- Le fasi di elaborazione del Regolamento per la collaborazione tra
cittadini e amministrazione comunale nella gestione e manutenzione di
beni comunali per le attività di manutenzione obbligatoria del Comune
di Camaiore...159
3.1- Le indicazioni relative al percorso sul regolamento e agli accordi
di cura...165
3.2- Gli accordi per la gestione partecipata dei servizi...171
3.3- L'approvazione del Regolamento: applicazione, modifiche e
prospettive per il futuro...174
Conclusioni...183 Bibliografia e sitografia...186
INTRODUZIONE
Subsidium: termine mutuato dal linguaggio militare che indicava le truppe di riserva che avevano il compito di prestare soccorso, rinforzo e protezione alle truppe in avamposto.
La sussidiarietà rappresenta un concetto che sin dai tempi più antichi
ha suscitato un notevole interesse in ambito filosofico, politico e
giuridico: il suo significato complesso connotato da accezioni positive
e negative ha prodotto implicazioni tali da influenzare la storia
socio-politica europea, se non mondiale.
Negli ultimi decenni questo interesse è accresciuto in seguito
all'introduzione della sussidiarietà in molteplici fonti sovranazionali
quale principio fondamentale, trovando conferma nelle disposizioni
degli ordinamenti interni di molteplici Stati europei: in Italia la
sussidiarietà ha infatti trovato un'ubicazione nel 2001 attraverso la
riforma del Titolo V della Costituzione, in veste di vero e proprio
principio regolatore dell'ordinamento.
Nonostante ciò, il principio di sussidiarietà e le sue possibili
diverse opinioni dottrinali che a tutt'oggi vengono prodotte, fino a un
vero e proprio coinvolgimento dell'opinione pubblica.
Obiettivo centrale del primo capitolo è dunque quello di analizzare in
modo dettagliato, a partire proprio dalla sua introduzione nella
Costituzione italiana, il principio di sussidiarietà, avendo particolare
cura per l'elaborazione filosofico-politica che lo ha interessato nel
corso dei secoli, fino all'analisi delle reazioni in ambito dottrinale e
giurisprudenziale successive alla riforma costituzionale 3/2001.
Questa doppia impostazione avente come centro nevralgico la
comparsa della sussidiarietà da un punto di vista di diritto sostanziale,
permette di comprendere a fondo gli effetti che questo principio ha
prodotto sui rapporti tra sfera pubblica e sfera privata e i plausibili
sviluppi che esso possa originare nel futuro in ambito partecipativo.
La trattazione prosegue nel secondo capitolo con una analisi
approfondita della giurisprudenza del giudice amministrativo in
materia di sussidiarietà prodotta a seguito della riforma costituzionale
paradigma bipolare, l'erogazione di sovvenzioni finanziarie a soggetti
“non profit” e a soggetti “for profit”, il cd. “diritto del Terzo settore”
(includendo cenni alla recente riforma occorsa in materia con
l'emanazione del Codice del Terzo settore), i criteri di organizzazione
del Ministero della Salute, le questioni relative alla libertà di iniziativa
economica e, parallelamente, alla libertà di scelta degli utenti e, infine,
le istanze sorte relativamente ai temi della sicurezza privata e della
tutela della fauna. L'analisi prosegue con una breve disamina, da un
punto di vista normativo e dottrinale, della definizione
tecnico-giuridica dei beni comuni, che a tutt'oggi risulta essere un tema capace
di scatenare molteplici reazioni e dibattiti, concludendo con un
commento alla storica sentenza del Consiglio di Stato 24 novembre
2017, n.26, giudicata da buona parte della dottrina quale espressiva del
pieno assenso alla cd. “amministrazione condivisa”.
Si prosegue dunque con un'analisi degli elementi fondanti della
coamministrazione, piena espressione pratica del principio di
sussidiarietà orizzontale, per i cui valori l'Associazione Labsus,
oltre alla storia e alla mission della suddetta, il Regolamento per la
cura, la gestione condivisa e la rigenerazione dei beni comuni urbani
adottato, in primis, dal Comune di Bologna, la cui esperienza è stata
esemplare per gli Enti locali di tutta Italia, in un momento in cui
peraltro era completamente assente la disciplina dedicata al Terzo
settore.
Segue l'esame del concetto di “patto di collaborazione”, la cui
iniziativa è totalmente demandata al cittadino singolo o in forma di
aggregazione, che permette un raccordo tra la stesura del Regolamento
e l'attivazione, da una parte, dell'azione del cittadino, dall'altro,
dell'azione amministrativa volta a sostenere la sua iniziativa spontanea.
Vengono successivamente riportate le esperienze del Comune di
Torino, del Comune di Genova e del Comune di Roma, in quanto si
tratta delle prime grandi città che hanno seguito l'esempio di Bologna,
pur apportando una serie di modifiche che hanno contribuito ad
affinare la produzione regolamentare delineata dal capoluogo di
Da quanto si evince, in tutti i casi analizzati l'iniziativa ha avuto un
discreto successo che cresce di anno in anno, con la proposizione di
patti di collaborazione sempre più numerosi e variegati, segno
inequivocabile, se si pensa anche all'esempio fornito dal Comune di
Roma, di una vera e propria “rivoluzione dall'interno” che sta
progressivamente avvicinando la cittadinanza e le Pubbliche
Amministrazioni verso un rapporto sempre più alla pari e sempre meno
bilaterale, in nome della cd. “cittadinanza attiva” e del principio di
sussidiarietà orizzontale.
L'ultimo capitolo si concentra sull'esperienza relativamente recente in
ambito sussidiario del Comune di Camaiore, sito in provincia di Lucca,
la cui notevole ampiezza unitamente alla grande varietà di ambienti
riscontrabile nel territorio hanno comportato l'esigenza di innescare un
percorso percorso partecipativo che si è declinato nell'emanazione di
due Regolamenti distinti, il Regolamento sulla partecipazione del 2014
e il Regolamento per la collaborazione tra cittadini e Amministrazione
Comunale nella gestione e manutenzione di beni comunali per le
evidenziati i principi e gli atti regolamentari ispiratori, con un'attenta
osservazione degli elementi distintivi che hanno contribuito a rendere
adatto il disposto normativo ad una realtà provinciale quale è quella
camaiorese. Un occhio di riguardo è accordato all'esperienza
particolare di tali regolamenti, di vengono enucleati gli aspetti critici e
le difficoltà di attuazione e, di conseguenza, i tentativi di modifica, al
fine di realizzare gli obiettivi preposti, in ottemperanza al principio di
1- IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ COME CENTRO PROPULSORE DEL SISTEMA PARTECIPATIVO
1.1 – La riforma costituzionale 3/2001
L'art.118 Cost. risultante dalla modifica operata dalla riforma
costituzionale 3/2001 dispone che: “Stato, Regioni, Città
Metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. La
riscrittura del Titolo V ha avuto un impatto vigoroso sull'assetto
preesistente, poiché ha trasformato in radice tutto l’assetto del governo
territoriale, sovvertendo i tradizionali rapporti tra centro e periferia1.
Tale osservazione assume vigore considerando il modello
originario di autonomia locale risultante dal combinato del testo (ormai
abrogato) dell'art.128 Cost., che attribuiva agli enti locali un'autonomia
attenuata in quanto permaneva una forma di controllo da parte dello
Stato, e degli articoli 114 Cost. e 118 Cost.. Dal testo originario del
primo si ricavava che Comuni e Province, assieme alle Regioni,
1 Si veda a proposito: F. BASSANINI, La riforma del Titolo V e i problemi della sua
costituissero elemento di riparto della Repubblica; il secondo invece
indicava la facoltà per lo Stato di individuare tra le varie funzioni
amministrative quelle da attribuire con legge alle Regioni, le quali, nel
normale esercizio delle proprie funzioni, avrebbero a loro volta
delegato gli enti inferiori.
A fronte di questa breve disamina, appare dunque chiaro come
l'assetto previgente non fosse pienamente satisfattivo dell'art. 5 Cost.,
che riconosce e promuove le autonomie locali e che indica in modo
solenne che la Repubblica “adegua i principi ed i metodi della sua
legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”: se da
tale disposto appariva chiaro come l’azione di governo si dovesse
svolgere a livello inferiore e quanto più vicino ai cittadini, certamente
non aveva trovato un adeguato sviluppo nella disciplina specifica del
Titolo V.
1.1.1 - Il cammino della riforma costituzionale
Dopo decenni di esperienze fallimentari a livello di attuazione,
negli anni '80 hanno iniziato a maturare alcuni propositi di realizzare
ruolo di enti di mera gestione che era stato loro cucito addosso,
dall'altra a Comuni e Province di distaccarsi dal limitato raggio
d'azione entro il quale erano confinati.
Dunque, nel 2001 il Titolo V è stato ritoccato profondamente,
permettendo la realizzazione di un nuovo assetto più confacente
all'archetipo costituzionale: di certo l'elemento che ha risaltato in
modo particolare agli occhi dell'interprete è l'esplicita introduzione del
principio di sussidiarietà nel nostro ordinamento quale criterio di
attribuzione delle funzioni amministrative, che tuttavia non rappresenta
una novità assoluta, in quanto essa ha avuto un ruolo di prim'ordine ai
fini dell'attuazione di una serie di riforme amministrative mirate a
ridisegnare i rapporti tra istituzioni pubbliche e cittadini al fine di
ottenere una maggiore vicinanza tra questi due elementi nell'ambito
degli interventi di rinnovamento e semplificazione degli apparati
pubblici.
A tal proposito occorre una piccola premessa: il dibattito
politico sviluppatosi negli anni '90 e che ha permesso in seguito di
all'emanazione della l. n. 142/1990, che ebbe il pregio di ampliare la
potestà statutaria degli enti locali, valorizzando in tale sistema il ruolo
delle Regioni, le quali, grazie ad una interpretazione innovativa
dell'art.118 Cost., disponevano adesso del compito di provvedere
direttamente all'attribuzione di tutte le funzioni di interesse locale a
Comuni e Province. Questo ruolo amplificato delle Regioni è stato
peraltro ben descritto dalla Corte Costituzionale nella sent. n.
343/1991, dove venivano definite “centro di propulsore e di
coordinamento dell'intero sistema delle autonomie locali”.
Si arriva dunque alla l. n.59/1997 (altrimenti nota come la
prima delle Leggi Bassanini), secondo snodo di questo prolifico
periodo di dibattito che impose la semplificazione delle procedure
amministrative e il perseguimento del massimo decentramento
realizzabile. Ebbene, all'art.4, 3°comma lett. a) si affermava che i
conferimenti di funzioni agli enti locali più vicini ai cittadini dovessero
avvenire nell'osservanza del “principio di sussidiarietà […]
attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte
delle famiglie, associazioni, comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati”. Alla base di questa
scelta va sottolineata la volontà del Legislatore di abbandonare il
principio del parallelismo di funzioni, che tanto appesantiva gli organi
apicali amministrativi, in favore di un conferimento agli enti locali
delle attività che non richiedessero un esercizio unitario a livello
regionale. Il principio di sussidiarietà così innestato assumeva inoltre
una doppia valenza: un principio fondamentale per il legislatore
regionale, come detto poc'anzi, ma anche un vero e proprio criterio
direttivo delle deleghe al Governo per l'emanazione degli ulteriori
decreti legislativi che definiranno più precisamente le funzioni
amministrative in capo allo Stato. A tal proposito, va portata
all'attenzione una doverosa precisazione: come è stato autorevolmente
sostenuto2, l'art.4, comma 3, lett. a della predetta legge, portava in sé il
rischio che le due dimensioni della sussidiarietà (la cd. “sussidiarietà
orizzontale” e la “sussidiarietà verticale”) si assorbissero
reciprocamente, cosicché l'apporto dei privati e delle loro formazioni
2 G. PASTORI, La sussidiarietà “orizzontale” alla prova dei fatti nelle recenti
riforme legislative, in A. RINELLA, L. COEN, R. SCARCIGLIA (a cura di), Sussidiarietà e ordinamenti costituzionali, cit., p. 171 ss.
risultasse sussidiario rispetto alle funzioni pubbliche e non viceversa.
Un altro esempio di innesto del principio di sussidiarietà va
ricercato nell'art.3,5°c. del D.Lgs. n.265/1999, T.U. delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali, dove viene disposto che “I comuni e
le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”.
1.1.2 - Cenni all'ordinamento comunitario
Il principio di sussidiarietà trova un'importante matrice anche
nel diritto comunitario, infatti è stato introdotto nel preambolo del
Trattato di Maastricht3 del 1992 quale principio cardine su cui si basa
l'esercizio delle competenze da parte dell'Unione Europea e la
ripartizione delle stesse tra Unione e Stati membri, anche se è doveroso
ricordare come l'Atto unico europeo (1987) avesse già a suo tempo
introdotto la sussidiarietà in materia di ambiente, senza tuttavia
menzionarla in via espressa.
3 Per completezza si riporta la parte del testo interessata: "[...] DECISI a portare
avanti il processo di creazione di un'unione sempre più stretta fra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini, conformemente al principio della sussidiarietà."
TRATTATO SULL'UNIONE EUROPEA (92/C 191/01) , https://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/maastricht_it.pdf
Successivamente, nel 1995, il Tribunale di primo grado delle Comunità
europee stabilì4 che il principio di sussidiarietà non costituiva, prima
dell'entrata in vigore del trattato sull'Unione europea, un principio
generale del diritto alla luce del quale andava sindacata la legittimità
degli atti comunitari.
Oggi, a seguito della riforma dei Trattati comunitari operata dal
Trattato di Lisbona, il principio di sussidiarietà è codificato assieme al
principio di proporzionalità all'art.5, paragrafo 3, TUE5, assumendo un
ruolo attivo che va ad intervenire sul limite delle competenze
dell'Unione Europea, ampliandolo o restringendolo.
In buona sostanza, l'introduzione del principio di sussidiarietà
nel nostro ordinamento, che porta in sé l'idea per cui gli enti di ordine
superiore devono promuovere quelli inferiori esaltando il ruolo dei
cosiddetti “corpi intermedi” tra Stato e cittadino, ha spostato il
4 Sent. 21 febbraio 1995 (T-29/92) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/? uri=CELEX:61992TJ0029
5 Per completezza si riporta l'articolo di riferimento: “3. In virtù del principio di
sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l'Unione
interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione”.
TRATTATO SULL'UNIONE EUROPEA (TUE) e protocollo n. 2 sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, art. 5, paragrafo 3,
baricentro delle funzioni pubbliche, attribuendole di regola ai soggetti
che sono più vicini alla popolazione, ai suoi bisogni ed alle sue risorse,
e solo eccezionalmente possono essere posti in capo a soggetti
collocati in posizioni via via più distanti dalla comunità locale.
1.1.3 - Sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale
Il principio appena espresso implica due livelli di lettura
ulteriori: la sussidiarietà verticale e la sussidiarietà orizzontale,
cristallizzati all'art.118 Cost., rispettivamente al 1°comma e 4°comma.
La prima riguarda la distribuzione delle competenze amministrative tra
i diversi livelli di governo territoriali e prevede la possibilità di un
intervento di natura sussidiaria da parte degli enti territoriali superiori
nei confronti di quelli minori, nel caso in cui l’esercizio delle funzioni
da parte di questi ultimi sia inadeguato per il raggiungimento degli
obiettivi prefissati.
Parallelamente, il concetto di sussidiarietà orizzontale afferisce
al dislocamento delle competenze tra soggetti pubblici (enti locali) e
soggetti privati (siano essi individuali o collettivi), operando dunque
così consentito ai privati e alle formazioni sociali l’esercizio delle
attività di interesse generale e in tal contesto l’ente locale ha un ruolo
sussidiario di coordinamento, controllo e promozione, mantenendo
marginalmente un eventuale potere di sostituzione.
1.2 – Nozione filosofica del principio di sussidiarietà: l'evoluzione nei secoli
Come sostenuto sopra, l'affermazione in Costituzione del
principio di sussidiarietà non ha rappresentato una novità assoluta,
piuttosto ha contribuito a riaccendere l'interesse verso un principio già
ribadito in altre fonti, quindi non è certo una sorpresa osservare come
esso sia saldamente presente nella filosofia politica europea sin dai
tempi più remoti.
A fronte della breve disamina che seguirà, apparirà evidente come
questo principio sia fortemente radicato nella nostra cultura, ribadendo
il suo ruolo primario nell'architettura del nostro ordinamento6.
Orbene, bisogna ricordare come le elaborazioni prodromiche
6 Sul punto molti autori si sono espressi. Si ricordi a titolo di esempio A. RINELLA,
Il principio di sussidiarietà: definizioni, comparazioni e modello d’analisi, pp. 2 e
sgg e F. VECCHIO, Declinazioni costituzionali del principio di sussidiarietà, in http://www.forumcostituzionale.it
alla moderna formulazione del principio di sussidiarietà affondino le
proprie radici nel IV secolo avanti Cristo, un periodo caratterizzato da
una profonda riflessione circa le istituzioni proprie della polis greca,
che aveva visto fallire su più fronti l'esperienza dell'organizzazione
oligarchica, portando all'affermazione del modello democratico.
Questo portò, com'è noto, al susseguirsi di una nutrita serie di teorie e
utopie politiche di cui si sono fatti portavoce tragediografi (basti
ricordare L'Antigone di Sofocle) e filosofi di grande levatura Platone e
il suo allievo, Aristotele.
Infatti, ne La Politica, il filosofo ateniese individua nella città una
comunità naturale organizzata dal basso in senso verticale a partire
dalle comunità più prossime all'individuo, nella fattispecie famiglia,
tribù e villaggio, alle quali è garantita una sorta di autonomia o
indipendenza legati “alla vita di tutti i giorni”, fatto salvo un ruolo
suppletivo della città, le cui funzioni sono rivolte essenzialmente alla
sfera pubblica ma che non rimangono estranee a un'eventuale rete di
supplenza. “Autonomia” in senso greco è perciò da intendersi come il
quelle maggiori per via di graduali associazioni nel complesso
comunitario della città7.
Aristotele è un fermo sostenitore di ciò, arrivando nel secondo libro
della Politica a criticare esplicitamente l'impianto de La Repubblica
platonica, che escludeva il ruolo delle collettività minori in favore di
un accentramento del potere politico, sottolineando che “ciò che è
presentato come il massimo bene delle città distrugge le città stesse in quanto tali”8.
Il sistema politico aristotelico, pur dimostrando una grande modernità
per la sensibilità mostrata nei confronti delle autonomie sociali, non si
spinse fino a riconoscere la piena autonomia dell'individuo9, tuttavia è
innegabile il fatto che Aristotele abbia proposto una forma ante
litteram di sussidiarietà10.
1.2.1 – L'elaborazione di San Tommaso D'Aquino
Il principio di sussidiarietà dimostra una forte presenza anche
7 F. M. GIORDANO, Città e sussidiarietà: da Aristotele ai beni comuni, 24 ottobre 2017, in Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà,
http://www.labsus.org/2017/10/citta-e-sussidiarieta-da-aristotele-ai-beni-comuni/ 8 ARISTOTELE, La politica, Torino, UTET, 1992
9 F. VECCHIO, Declinazioni costituzionali del principio di sussidiarietà, op. cit. 10 C. MILLON-DELSOL, Il principio di sussidiarietà, Milano, Giuffrè Editore, 2003
nell'insegnamento della Chiesa già a partire dall'elaborazione filosofica
di San Tommaso D'Aquino, il quale riprende Aristotele e attribuisce
alla sussidiarietà un valore etico, per cui il concetto di cittadino è
integrato da quello di persona, con gli attributi morali che il
cristianesimo le riconosce. La riflessione dell'Aquinate parte da una
precisa osservazione del nesso libertà-responsabilità e consolida l’idea
della dignità e dell’azione umana, finalizzata al bene comune, secondo
la volontà di Dio. Il risultato è la visione dell’uomo come individuo
dotato di libertà, autonomia, dignità e responsabilità il centro intorno a
cui ruota e si edifica la società11. La posizione centrale della dignità
umana evidenziata dalla riflessione tomistica costituisce il punto di
partenza della dottrina sociale della Chiesa Cattolica.
Tuttavia anche il sistema dell'Aquinate non si esime da doverose
precisazioni, invero per quanto sia apprezzabile la valorizzazione della
persona e delle autonomie sociali, sono ancora assenti i diritti
individuali in senso moderno12 (ossia come limiti al potere politico):
11 F. M. GIORDANO, Dalla sussidiarietà degli antichi a quella dei moderni, 8 settembre 2015, in Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà,
http://www.labsus.org/2015/09/dalla-sussidiarieta-degli-antichi-a-quella-dei-moderni/ 12 F. VECCHIO, Declinazioni costituzionali del principio di sussidiarietà, op. cit.
egli infatti sosteneva che il potere politico doveva “correggere, se
trova qualcosa in disordine; supplire se ci sono mancanze; perfezionare se qualcosa di meglio può essere fatto”13.
1.2.2 – L'età liberale: Johannes Althusius, John Locke e John Stuart
Mill
Le riflessioni di San Tommaso D'Aquino vanno senz'altro
accostate a quelle del calvinista Johannes Althusius, il quale nella sua
opera Politica Methodice Digesta (tradizionalmente considerata come
l'atto di nascita del moderno diritto pubblico) pone la sussidiarietà al
centro della sovranità di cui il popolo è titolare muovendo dall'idea di
“patto”, che è alla base sia dei piccoli gruppi (famiglia, corporazione),
sia dello stato, che nasce da una volontaria associazione dei corpi
politici minor14.
Per Altusio la politica è ”l’arte di associare uomini” , i quali ”si
impegnano gli uni verso gli altri in modo esplicito o implicito, a comunicarsi vicendevolmente ciò che è utile e necessario per l’esercizio armonioso della vita sociale”. Ne deriva un quadro
13 T. D'AQUINO, De Regno, Roma, Editori di San Tommaso, 1979 14 http://www.treccani.it/enciclopedia/johannes-althusius/
composito in cui il ruolo della responsabilità dei singoli, dei gruppi e
della comunità nel suo insieme viene rafforzato nell'organizzazione del
patto sociale15, in cui l'intervento della sfera pubblica viene apprezzato
in un'ottica di tutela e garanzia del benessere creato dagli individui.
Come Altusio, anche John Locke e John Stuart Mill ritenevano
necessaria un’autorità pubblica che garantisse la pace e la sicurezza
sociale purché non fossero intaccate la libertà d’azione e l’autonomia
degli individui singoli e associati16. Sulla base di queste dissertazioni, il
liberalismo politico ed economico che si andava affermando nel XVII
secolo portava in sé una visione fortemente individualista, dunque
nessuno spazio era riservato a gruppi, associazioni o a qualsiasi forma
tendente al corporativismo che avrebbe potuto impedire il corretto
funzionamento del mercato e la sua libertà.
In questo quadro l'individuo veniva considerato quale unico soggetto di
diritto, mentre le organizzazioni della società civile erano tali solo in
relazione alla realizzazione degli interessi individuali, per cui erano
15 F. M. GIORDANO, Dalla sussidiarietà degli antichi a quella dei moderni, op. cit. 16 F. M. GIORDANO, Dalla sussidiarietà degli antichi a quella dei moderni, op.
titolari di diritti non autonomi, ma derivati17. Di conseguenza, lo Stato
appare come un'istituzione marginale, considerazione che troverà
riscontro pratico nell'affermazione delle politiche del laisser faire, in
virtù delle quali, specialmente in campo economico, l'intervento statale
verrà limitato in materia di istruzione, difesa, sicurezza ed ordine
pubblico. È chiaro dunque come, in tal situazione, il principio di
sussidiarietà fosse investito di una funzione che oggi definiremmo
negativa, poiché l'unico caso in cui l'intervento statale veniva tollerato
era quello in cui gli individui non fossero in grado di raggiungere
autonomamente gli obiettivi prefissati a garanzia dell'affermazione del
libero mercato.
1.2.3 – La dottrina sociale della Chiesa cattolica del XIX e XX secolo
Negli anni a venire, i riferimenti all'idea di sussidiarietà sono
stati molteplici18, tuttavia l'enciclica Rerum Novarum del 1891 emanata
da papa Leone XIII, muovendo dalla già citata analisi tomista,
comincia a porre delle solide basi per un costrutto teorico più organico,
17 F. VECCHIO, Declinazioni costituzionali del principio di sussidiarietà, op. cit. 18 È opinione diffusa che i temi relativi alla sussidiarietà siano riscontrabili negli
impianti teorici di Jellinek, Hegel o Tocqueville. Per chiarimenti, cfr. C. MILLON-DELSOL, Il principio di sussidiarietà, op. cit.
che costituirà il fulcro della dottrina sociale cattolica.
L'enciclica venne emanata sulla spinta delle preoccupazioni di
Pontefice, il quale temeva fortemente l'esplosione della questione
sociale, essendo ben conscio dei limiti insiti al liberismo classico, per
cui affermò l'esistenza di un dovere attivo da parte dello Stato volto al
riequilibrio sociale nel momento in cui la famiglia non possa
provvedere a sé stessa autonomamente: ne deriva un quadro in cui la
persona, titolare di diritti inalienabili, è in una relazione di anteriorità
con la stessa società civile e lo Stato. Il pontefice argomenta «Come la
convivenza civile così la famiglia, secondo quello che abbiamo detto, è una società retta da potere proprio, che è quello paterno. Entro i limiti determinati dal fine suo, la famiglia ha dunque, per la scelta e l'uso dei mezzi necessari alla sua conservazione e alla sua legittima indipendenza, diritti almeno eguali a quelli della società civile. […] È dunque un errore grande e dannoso volere che lo Stato possa intervenire a suo talento nel santuario della famiglia. Certo, se qualche famiglia si trova per avventura in si gravi strettezze che da sé stessa non le è affatto possibile uscirne, è giusto in tali frangenti
l'intervento dei pubblici poteri, giacché ciascuna famiglia è parte del corpo sociale. Similmente in caso di gravi discordie nelle relazioni scambievoli tra i membri di una famiglia intervenga lo Stato e renda a ciascuno il suo, poiché questo non è usurpare i diritti dei cittadini, ma assicurarli e tutelarli secondo la retta giustizia. Qui però deve arrestarsi lo Stato; la natura non gli consente di andare oltre.»19.
Nel 1931, quarant'anni dopo la Rerum Novarum, papa Pio XI
emanò l'enciclica Quadragesimo Anno, riconosciuta tradizionalmente
quale formulazione piena ed esaustiva del principio di sussidiarietà. In
via preliminare, è importante sottolineare il momento storico che ha
visto la sua redazione: la Grande Crisi del 1929 era appena avvenuta, e
in Italia lo Stato nazionale stava portando a compimento un traumatico
processo di accentramento dei poteri che aveva un effetto via via
sempre più invasivo nei confronti della società civile.
In questo clima difficile, la soluzione apposta dalla Chiesa Cattolica fu
quella di evidenziare e salvaguardare gli spazi e i ruoli riservati
all'uomo e i corpi sociali intermedi, infatti viene confermato il ruolo
primario della famiglia, titolare di diritti propri ed originari, la quale
deve essere protetta da un generico dovere di non ingerenza da parte
dello Stato, sulla base della famosa argomentazione del Pontefice:
“Siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono
compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle ed assorbirle20”.
È possibile riscontrare riferimenti alla Rerum Novarum e all'enciclica
Quadragesimo Anno nella Mater Magistra di Giovanni XXIII, nella
Popolorum Progressio di Paolo VI e nella “trilogia di encicliche
sociali” di Giovanni Paolo II, a testimonianza di come la Chiesa
Cattolica abbia perseverato negli anni a richiamare l'attenzione al
principio di sussidiarietà quale strumento utile ai fini del riequilibrio
sociale.
1.3 – Il principio di sussidiarietà orizzontale: interpretazioni e analisi
Una volta chiarito il significato della sussidiarietà alla luce della
sua evoluzione storico-filosofica, appare opportuno chiarire le diverse
interpretazioni susseguitesi negli anni in materia giuridica
relativamente al ruolo di cui i cittadini sono investiti nella loro
relazione con l'amministrazione pubblica, tenendo conto delle
osservazioni e delle critiche alla luce della riforma costituzionale
3/2001.
1.3.1 – Il “paradigma bipolare” e il suo superamento
Al momento dell'entrata in vigore della Costituzione, l'impianto
concettuale del diritto amministrativo, segnatamente nell'esperienza
italiana, ha fatto sì che prevalesse nettamente un approccio dove
predominava l'interesse per la legalità dell'azione amministrativa, e
l'attenzione dei giuristi soffriva di una prospettiva concentrata sul
punto di vista interno, con la convinzione che il fenomeno avesse
dell'impossibilità di ravvisare delle somiglianze tra amministrazione
pubblica e impresa privata, cosa che andava perfettamente in accordo
con un'impostazione rigidamente dicotomica, che vedeva contrapposti
l'apparato pubblico e quello privato21.
Questa introduzione a testimonianza di ciò che nel XX secolo ha
permeato la scienza giuridica pubblica, e che è stato definito a ragion
veduta da Sabino Cassese nel 2001 come “paradigma bipolare”.
Al fine di chiarirne meglio il contenuto e le implicazioni, è interessante
riportare le parole del Professor Santi Romano, il quale, settant'anni
prima, propose una distinzione basata sulla seguente argomentazione:”
I soggetti nel campo del Diritto amministrativo possono essere di diverse specie [...] Ma la distinzione che ci sembra fondamentale e a cui quindi occorre subordinare le altre, è quella tra soggetti attivi e soggetti passivi della potestà amministrativa. Bisogna, così, contrapporre, da un lato i soggetti che amministrano e che, nel loro insieme, costituiscono […] la pubblica amministrazione, e, dall’altro,
21 R. D'AMICO (a cura di), L'analisi della Pubblica Amministrazione: teorie,
concetti e metodi – volume 1, Milano, 2006, Collana di Sociologia, Franco Angeli
gli amministrati”22.
La distinzione proposta da Santi Romano venne ripresa vent'anni dopo
dal Prof. Massimo Severo Giannini, il quale affermò che “Nelle
comunità statali attuali (Stato comunità), da un lato vi sono le autorità pubbliche, che si esprimono nello Stato organizzazione; dall’altro le persone, o soggetti privati, o cittadini [...] le quali possiedono alcuni diritti fondamentali. Vi sono, perciò, nelle comunità statali, due forze, l’autorità e la libertà, le quali hanno dei centri di appoggio e di espressione”23.
Dunque l'impianto teorico alla base del paradigma bipolare affermava
l'esistenza di una relazione densa di contrasti tra due poli irriducibili, lo
Stato e i cittadini,, a motivo della posizione di superiorità di uno
sull'altro, ma non solo: Sabino Cassese, nella sua riflessione critica al
paradigma, scrisse che “secondo il modello tradizionale, i due poli,
quello pubblico e quello privato, non sono solo irriducibili perché in conflitto, bensì anche perché retti da regole diverse24”, riprendendo in
22 S. ROMANO, Corso di diritto amministrativo, Padova, 1930, p. 83 23 M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1950, p. 83
24 S. CASSESE, L'arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv. Trim. Dir. Pubbl. comunit., 2001, p. 602, 603
questo le dissertazioni di Guido Zanobini, il quale aveva affermato che
“il potere discrezionale è cosa assai diversa dalla libertà dei privati; mentre quest'ultima comprende la facoltà di scelta sia dei fini, sia dei mezzi per raggiungerli, il potere discrezionale è limitato soltanto alla scelta dei mezzi, perché i fini sono determinati in modo obbligatorio dalla legge. [Le leggi], mentre per i privati hanno per regola generalissima contenuto negativo, in quanto consistono sempre in restrizioni e divieti, per la pubblica amministrazione contengono, per regola altrettanto generale, ordini e prescrizioni di carattere positivo: esse stabiliscono non tanto ciò che all'amministrazione è inibito, quanto ciò che per essa è obbligatorio: quali fini essa deve conseguire e, il più delle volte, quali attività deve svolgere per tale conseguimento25”.
Questi due poli hanno collocazioni e situazioni immanenti opposte: lo
Stato è occluso in un sistema di regole e doveri, il cittadino invece ha
libertà di agire secondo i propri interessi, entro i limiti imposti dalla
legge. Al cittadino è assegnato il ruolo di amministrato e tutte le
possibili relazioni con lo Stato non possono che confermare la sua
posizione di assoluta passività, fatti salvi gli strumenti di tutela messi a
disposizione dall'ordinamento: ne deriva che la pubblica
amministrazione sia vista come un tutt'uno omogeneo ed isolato. Non a
caso negli anni il linguaggio giuridico ha definito l'organizzazione
amministrativa come “apparato”, che denuncia un implicito richiamo
al funzionamento automatico dei macchinari.
L'introduzione espressa del principio di sussidiarietà in
Costituzione ha portato una certa parte della dottrina a chiedersi se la
relazione di cui sopra non possa subire dei mutamenti.
Il Prof. Arena nel 2003 sosteneva infatti che il principio di
sussidiarietà, in particolare nella sua accezione orizzontale “potrebbe
portare a modifiche notevoli nella teoria e nella pratica del Diritto Amministrativo contribuendo alla costruzione di un diritto fondato su un nuovo paradigma pluralista e paritario […]; nel momento stesso in cui si riconosce ai cittadini il ruolo di soggetti autonomamente attivi nel perseguimento dell'interesse generale viene infatti meno una delle ragioni principali della posizione di preminenza riconosciuta dalla
teoria tradizionale alla pubblica amministrazione nei confronti degli amministrati26”.
Altri, come il Professor D'Atena, hanno sottolineato come sia
necessario tenere conto della “portata dirompente [di tale principio]
equiparabile a quella della separazione dei poteri27”, infatti, continua
il Prof. Arena, per permettere una piena applicazione di tale principio è
necessario fuoriuscire dalla logica oramai vetusta del paradigma
bipolare, considerando i cittadini non come soggetti passivi, ma come
soggetti implicati in una relazione paritaria con l'amministrazione
pubblica, nel pieno rispetto di quella autonomia relazionale28 descritta
nell'art.5 Cost.29 che favorisce rapporti fra diversi centri di riferimento
di interessi, sia pubblici sia privati. Dunque, conclude Arena,
l'architettura relazionale fondata sul principio di sussidiarietà
orizzontale permette la creazione e l'intrecciarsi di rapporti duraturi tra
26 G. ARENA, Il principio di sussidiarietà nell'art.118 u.c. Della Costituzione, p. 14, Roma, ottobre 2003
27 A. D'ATENA, Il principio di sussidiarietà nella costituzione italiana, in Riv. it. Dir. Pubbl. comun., 1997, p. 609
28 L'autonomia relazionale così come descritta da Arena è da intendersi come principio organizzativo generale regolatrice dei rapporti tra i poteri pubblici e della società nelle sue varie articolazioni.
29 Nella parte in cui si afferma che “La Repubblica, una e indivisibile, … adegua i
princìpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”.
Stato e cittadini, fondati sulla collaborazione, il rispetto reciproco e
l'integrazione: non vi sono più centri né periferie, ma ogni soggetto
stabilisce autonomamente una serie di relazioni all'interno di uno
schema di rapporti che potrebbe essere ben descritto con la metafora di
una rete, che unisce i diversi centri qualificatisi per la loro capacità di
rappresentanza e di soddisfazione degli interessi che ad essi fanno
capo30.
Sulla scorta di questa impostazione, considerata inoltre la natura
dinamica e pluridirezionale dei rapporti (messi in atto dai singoli
soggetti in una logica di collaborazione), Arena definisce i cittadini
“una risorsa” da sostenere e favorire, che si attiva per realizzare
l'interesse generale configurando un'assunzione di oneri e
responsabilità per fini non solo egoistici. Si crea dunque una situazione
in cui egoismo e solidarietà “si mixano”, ma che hanno il risultato del
30 Cfr. G. BERTI, "deve essere messo in chiaro che l'autonomia stessa, postulando una diramazione delle istituzioni in corrispondenza di aggregazioni territoriali di interessi sociali, vuole una riorganizzazione totale delle strutture e delle funzioni pubbliche, un rinnovamento profondo delle relazioni tra di esse e, si direbbe, un rovesciamento della prospettiva in cui si è tenuto lo stato di diritto tradizionale. E' chiaro che con ciò si ribadisce il valore storico dell'autonomia e l'intento di totalità dell'istanza di rinnovamento che essa rappresenta, dovendosi ormai ritenere superata la visione riduttiva, e interna allo stato accentrato, di una autonomia come
conferimento di competenza alle amministrazioni locali in confronto allo stato", La
perseguimento di interessi che senza dubbio vanno al di sopra di quelli
puramente individuali31.
Queste riflessioni ben si sposano all'attuale orientamento della
dottrina, che sostiene il definitivo superamento del bipolarismo e
dell'oramai vetusta idea della pubblica amministrazione come categoria
unitaria, una voce su tutte è quella del giurista bolognese Marco
Cammelli, teorico della visione del fenomeno amministrativo “a
geometria variabile32”, che afferma:”Se a questo si aggiunge il
pluralismo amministrativo che accosta all'amministrazione statale quella per enti e l'intera area del governo regionale e locale, risulta ben chiaro fino a che punto sia ormai messo in discussione il postulato dell'unità amministrativa, che dell'unicità dell'interesse generale è stato per lungo tempo corollario e garanzia. Sicché, ormai, non di amministrazione pubblica e di diritto amministrativo si deve parlare,
31 G. ARENA, Il principio di sussidiarietà nell'art.118 u.c. Della Costituzione, p. 17 e ss., Roma, ottobre 2003
32 La teoria del Prof. Cammelli ha la finalità di cogliere la complessità del fenomeno amministrativo contemporaneo, abbandonando da una parte i criteri identificativi originari per assumere contorni non necessariamente pubblici e valorizzando dall'altra l’aspetto funzionale rispetto alla sua qualificazione giuridica pubblica.
L'amministrazione viene rappresentata come l'unione tra tre cerchi concentrici i cui confini variano in funzione della doppia lettura del fenomeno amministrativo: la pubblica amministrazione come “potere tra i poteri” a garanzia degli interessi pubblici e la pubblica amministrazione come funzioni e compiti svolti, con particolare
riferimento a due complessi amministrativi, cioè alla cd. amministrazione d'ordine, regolatrice e amministrazione di prestazione, erogatrice.
ma di amministrazioni pubbliche e di diritto delle medesime, del quale la disciplina pubblicistica è ormai soltanto una parte, sia pure prevalente.33”.
Alla luce di ciò, è da concludersi come l'articolo 118 u.c. Cost. si
incardini perfettamente nel sistema attuale, risultando una significativa
prescrizione in materia di rapporti tra cittadini e pubbliche
amministrazioni.
1.3.2 – I cittadini come ultimo gradino della scala istituzionale:
osservazioni
Senza dubbio l'attuale disposto costituzionale si pone in netta
opposizione alla concezione liberale della sussidiarietà: come si è detto
poc'anzi, il liberalismo classico affonda le sue radici nel XVII secolo e
si connota per una piena fiducia alle capacità individuali, ponendo
parallelamente una forte diffidenza nei confronti dei pubblici poteri e
dei corpi intermedi, che hanno il demerito di frenare le capacità
dell'individuo. Il rapporto tra i due poli è “di tipo essenzialmente
bipolare, che mette a confronto il singolo individuo e lo Stato, oppone
la libertà e l'intervento pubblico, si fonda su una concezione antagonistica del rapporto fra Stato e società, in cui la funzione del principio di sussidiarietà è una funzione prevalentemente di delimitazione dell'intervento statale e di difesa da questo”34.
Questa puntuale ricostruzione della nozione classica di sussidiarietà
rivela ancora una volta un intendimento “in negativo” di tale principio
che si rifà a una concezione antagonistica del rapporto fra Stato e
società tale che i cittadini vengano considerati non come soggetti che
partecipano autonomamente al perseguimento dell'interesse generale,
ma come coloro a cui i soggetti pubblici possano dislocare in modo del
tutto eventuale il proprio potere, rendendoli in tal modo l'ultimo livello
della scala istituzionale cui si applica la sussidiarietà di tipo verticale.
Il quadro appare inaccettabile, infatti, come non manca di
sottolineare il Prof. Gregorio Arena, alla luce di ciò si creerebbe un
continuum indistinto fra sussidiarietà verticale e orizzontale, per cui è
come se applicando il principio di sussidiarietà verticale si scendesse
metaforicamente lungo la scala dei vari livelli istituzionali fino a
34 A. ALBANESE, Il principio di sussidiarietà orizzontale: autonomia sociale e
raggiungere l'autorità cui devono essere attribuite le responsabilità
pubbliche in quanto “territorialmente e funzionalmente più vicina ai
cittadini interessati”35 e quell'autorità, a sua volta, scendesse di un altro
livello ancora trasferendo (in tutto o in parte) tali responsabilità ai
cittadini, ritraendosi dallo svolgimento delle funzioni ad essa
attribuite36.
Come sottolinea Arena, lo schema di cui sopra, perfettamente
rispondente alle logiche della sussidiarietà verticale, presuppone
tuttavia omogeneità di fini e funzioni, nonché di disciplina giuridica,
fra i vari soggetti interessati alla ripartizione “in verticale” di tali
responsabilità, dunque la presenza dei cittadini stona decisamente, in
quanto l'atto del “ritrarsi”, che rappresenta l'applicazione pratica di tale
principio, è ammissibile solo fra soggetti pubblici.
Del resto, come si evince dal saggio della Prof.ssa Albanese sopra
citato, analizzando le diverse formulazioni del principio di sussidiarietà
orizzontale proposte dalla legislazione italiana, all'interprete non può
sfuggire come nel quadro attuale la sussidiarietà orizzontale sia sì in
35 Legge n. 59/1997, art. 4, cit.
36 G. ARENA, Il principio di sussidiarietà nell'art.118 u.c. Della Costituzione, pagg. 3-4, Roma, ottobre 2003
stretto collegamento con la sua accezione verticale, ma è evidente
come non venga mai riproposta nella sua accezione classica completa,
ossia come criterio di riparto tra la sfera pubblica e quella privata. Al
contrario, alla luce dei principi personalistico e pluralistico dichiarati
in Costituzione non si può che concludere quanto segue: il principio di
sussidiarietà impone all'intervento pubblico di svolgersi in modo da
essere il più vicino possibile ai cittadini, essendo funzionale allo
sviluppo della personalità degli individui, nel pieno rispetto degli
articoli 2 e 3 della Costituzione. Anziché un approccio quantitativo, si
adotta un approccio qualitativo, volto ad analizzare i modi di
svolgimento delle attività che perseguono gli interessi pubblici37.
1.4 – Sussidiarietà e principi fondamentali
Il percorso argomentativo affrontato non sarebbe completo se
non si considerasse come la sussidiarietà rappresenti la piena
realizzazione dei principi fondamentali delineati dalla nostra
Costituzione.
37 F. R. CAPONE, Albanese, il principio di sussidiarietà orizzontale (Recensione), 29/02/2008, in Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà,
Questa osservazione era già emersa in seno al dibattito politico
sviluppatosi in sede di approvazione del nuovo art.118 Cost., difatti,
come emerge chiaramente dagli Atti Parlamentari, l'On. Rosa Jervolino
Russo affermò che “...il concetto di sussidiarietà...si collega
direttamente ai principi contenuti negli artt. 2 e 3 della Costituzione; non li vuole negare, ma li vuole realizzare, perché per noi sussidiarietà è solidarietà...noi non possiamo accettare un limite aprioristico all'attività dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei comuni proprio perché riteniamo e sottolineiamo che compito della Repubblica è, rimane – e, a nostro avviso, deve rimanere – garantire i diritti inviolabili della persona umana, garantire condizioni di eguaglianza non formale, ma sostanziale, garantire la rimozione delle situazioni di differenza.”38.
Il discorso dell'On. Jervolino Russo assume vigore se si considera la
stretta connessione tra l'art.118 Cost. e l'art.3, 2° comma Cost.: se il
primo favorisce le autonome iniziative dei cittadini, il secondo afferma
il dovere della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine
38 ATTI PARLAMENTARI, Camera dei Deputati, Discussioni, Seduta del 20 settembre 2000, 23
economico e sociale, creando in buona sostanza le condizioni utili alla
piena realizzazione della persona umana.
Come sottolinea il prof. Arena, creare le condizioni grazie alle quali
ciascuno possa realizzare le proprie capacità è solo apparentemente un
obiettivo “egoistico”, in realtà è un obiettivo che interessa l'intera
collettività39 e l'inserimento del principio di sussidiarietà di cui
all'art.118 Cost. ha permesso di ampliare la gamma degli strumenti
utilizzabili per la realizzazione della disposizione programmatica di cui
all'art.3,2° comma, poiché ha ampliato la gamma degli interventi utili
a favorire la realizzazione dell'interesse generale tramite
l'incoraggiamento delle autonome iniziative dei cittadini. L'interesse
generale assume dunque centro nevralgico che guida le scelte e le
azioni di soggetti pubblici e cittadini, che sono legati da un rapporto di
tipo sussidiario e di reciproca collaborazione.
Il quadro si completa nel momento in cui si considerano i rapporti tra
l'art. 118 Cost. e l'art. 2 Cost. e l'art.4, 2°comma Cost., poiché se da una
parte la Repubblica “richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di
39 G. ARENA, Il principio di sussidiarietà nell'art.118 u.c. Della Costituzione, pag. 9, Roma, ottobre 2003
solidarietà politica, economica e sociale”, dall'altra si dispone che
“Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità
e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Dunque è evidente
come il principio di sussidiarietà abbia permesso di ampliare gli iniziali
orizzonti previsti dalla Costituzione, pur mantenendone un pedissequo
rispetto, poiché garantisce un'ulteriore legittimazione del corpus dei
principi fondamentali dell'ordinamento italiano.
In accordo con tale prospettiva si è posto anche l'On. Massimo
D'Alema, il quale non solo ravvisò una stretta relazione con i principi
fondamentali,ma una vera e propria preesistenza del principio di
sussidiarietà, seppur nei modi e nelle espressioni propri dell'epoca.
L'Onorevole, infatti, affermò che “Il ruolo dell'iniziativa privata è
riconosciuto e garantito nella nostra Costituzione e certamente non compete a noi di introdurre questo principio. […] Anche il principio di sussidiarietà, in realtà, è contenuto, nelle forme e nel linguaggio di allora, nella prima parte della Costituzione. Il passo che noi facciamo è nel riconoscere la necessità oggi di favorire l'azione della società
civile nella forma dei cittadini singoli, associati, delle associazioni e delle imprese nello svolgimento di attività pubbliche.”40.
In tema di principi fondamentali della Costituzione, è interessante
ricordare come in seno all'Assemblea Costituente si fosse creato un
acceso dibattito in merito alla sussidiarietà orizzontale, in particolare
all'interno della Prima Sottocommissione, che si trovò divisa
relativamente al ruolo da attribuire ai corpi intermedi nell'ordinamento
repubblicano. Dopo aspre discussioni, si giunse ad un delicato accordo
per cui la sola impostazione da ritenere conforme alle esigenze storiche
fosse quella che affermasse l'esistenza dei diritti fondamentali delle
persone e delle comunità anteriormente ad ogni concessione dello
Stato, e questa impostazione guiderà la redazione degli articoli della
Costituzione.
In merito all'articolo 2, l'On. Aldo Moro dichiarerà:”il parlare di diritti
dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali mette in chiaro che la tutela accordata a queste formazioni è niente altro che un'ulteriore esplicazione, uno svolgimento dei diritti di autonomia di
40 ATTI PARLAMENTARI, Camera dei Deputati, Discussioni, Seduta del 21 Settembre 2000, 564
dignità e di libertà che sono stati riconosciuti e garantiti all'uomo come tale. Si mette in rilievo cioè la fonte della dignità, dell'autonomia e della libertà di queste formazioni sociali, le quali sono espressioni di diritti essenziali dell'uomo e come tali debbono essere valutate e conosciute”; Moro ribadì che tale riconoscimento delle comunità
costituisce un naturale “svolgimento democratico, poiché lo Stato
assicura la sua democraticità ponendo a base del suo ordinamento il rispetto dell'uomo guardato nella molteplicità delle sue espressioni
[…] non soltanto individuo ma società nelle sue varie forme, società
che non si esaurisce nello stato”41.
Questo a dimostrazione di come il principio di sussidiarietà sia stato
percepito da una buona parte del dibatto politico quale concetto
connaturato all'idea stessa dei principi fondamentali che permeano il
nostro ordinamento.
41 Estratto da http://www.astrid-online.it/static/upload/protected/prin/principio-sussidiariet--assemblea-costituente.pdf
1.4.1- La discussione politico-istituzionale in sede di discussione, a
partire dalla Commissione bicamerale c.d. D'Alema fino alle sedute nella Camera dei deputati
A proposito del dibattito politico intercorso, è doveroso
riportare le differenti correnti di pensiero facenti capo all'elaborazione
compiuta in seno alla Commissione bicamerale D'Alema, che nel
biennio 1997-1998 ha avuto il compito di elaborare una serie di
progetti di revisione della Seconda Parte della Costituzione, in
particolare in materia di forma di Stato, forma di governo,
bicameralismo, sistema delle garanzie, dunque sono stati istituiti
rispettivamente quattro comitati interni.
L’articolo 56 presentato il 22 maggio 1997 dal Relatore del Comitato
sulla Forma di Stato alla Commissione bicamerale prevedeva: "Le
funzioni che non possono essere più adeguatamente svolte dalla autonomia dei privati sono ripartite tra le Comunità locali, organizzate in Comuni, Province, Regioni e Stato, in base al principio di sussidiarietà e di differenziazione, nel rispetto delle autonomie funzionali, riconosciute dalla legge. La titolarità delle funzioni spetta
agli enti più vicini agli interessi dei cittadini, secondo il criterio di omogeneità e di adeguatezza delle strutture organizzative rispetto alle funzioni medesime. La titolarità delle funzioni compete rispettivamente a Comuni, Province, Regioni e Stato, secondo i principi di omogeneità e adeguatezza."
Come puntualmente osservato da Cerulli Irelli nel definire il lemma
“sussidiarietà” per l'Enciclopedia Treccani42, questo disegno di legge
sanzionava giuridicamente una vera e propria limitazione nei confronti
dell'intervento pubblico, che avrebbe avuto un vero e proprio obbligo
di astensione in quei settori di interesse generale in cui l'iniziativa
privata avrebbe certamente potuto esplicarsi in modo più fruttuoso.
A novembre del 1997 il testo veniva così modificato e presentato alla
Camera dei deputati a seguito di un faticoso compromesso: "Nel
rispetto delle attività che possono essere adeguatamente svolte dall'autonoma iniziativa dei cittadini, anche attraverso le formazioni sociali, le funzioni pubbliche sono attribuite a Comuni, Province, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà e
42 V. CERULLI IRELLI, Sussidiarietà (dir. amm.) Enc. Giur. Trecc. Agg. XII Vol., Roma 24
differenziazione. La titolarità . delle funzioni compete rispettivamente a Comuni, Province, Regioni e Stato, secondo i principi di omogeneità e adeguatezza". Tale formulazione ha generato un acceso dibattito in
merito alla sussidiarietà orizzontale, in particolare relativamente ai
“soggetti” della sussidiarietà, che merita di essere di seguito
riepilogato43.
La prima posizione emersa durante il dibattito afferma che
l'introduzione del principio in Costituzione contrasterebbe in
particolare con l'art. 3, secondo comma e con gli articoli 41 e 42,
poiché la sussidiarietà viene interpretata come una vera e propria
deroga ai principi solidaristici che incoraggiano l'intervento dello Stato
nella difesa delle classi più deboli, poiché aprirebbe il fianco alle
regole del mercato selvaggio. La prima parte della Costituzione, in
questa prospettiva, si fonderebbe sulla preminenza del pubblico sul
privato, su qualunque tipo di privato: la forma del privato sociale o del
43 La sintesi del dibattito politico sviluppatosi nella Camera dei deputati segue la ricostruzione di M. OLIVETTI, Il dibattito sul principio di sussidiarietà alla Camera
dei Deputati, in Orientamenti sociali, cit., spec. 61 ss. a cui ha aderito anche
A.POGGI, Principio di sussidiarietà e il “ripensamento”dell’amministrazione
pubblica: spunti di riflessione sul principio di sussidiarietà nel contesto delle riforme amministrative e costituzionali, in Studi in onore di Fausto Cuocolo, Milano, Giuffrè,
terzo settore (DILIBERTO, Intervento seduta 25 febbraio 1998).
La seconda posizione vede la sussidiarietà quale strumento atto
a circoscrivere l'intervento pubblico nell'economia (URBANI,
Intervento seduta 18 marzo 1998), da cui la regola secondo cui "faccia
lo Stato solo quanto il cittadino ed il mercato non sono in grado di fare
e il mercato faccia in condizioni di concorrenza" (MARZANO,
Intervento seduta del 28 gennaio 1998).
La terza posizione è quella che lega la sussidiarietà alla
valorizzazione dei corpi intermedi, pur se con differenti visioni: per
alcuni l'introduzione del principio riparerebbe alla mancanza di una
garanzia costituzionale delle società intermedie (BUTTIGLIONE,
Intervento seduta 28 gennaio 1998); per altri costituirebbe garanzia
costituzionale del Terzo settore (SODA, Intervento seduta del 26
gennaio 1998; GASPARRI Intervento seduta 27 gennaio 1998;
FRATTINI, Intervento seduta 30 gennaio 1998).
La quarta ed ultima posizione è quella di chi vede nel testo di
novembre il rispetto della volontà dei costituenti con riguardo
dovrebbe porre in tal contesto quale punto di equilibrio tra l’obbligo
dello Stato di intervenire a garanzia di condizioni minime uniformi e
l’obbligo statale di rispettare la libertà singola e associata di contribuire
al progresso sociale e civile, per cui essa è da definirsi quale “dinamica
interiore di un processo: lo Stato può e deve essere uno strumento di
tenuta e crescita della società”. (BIANCO, Intervento seduta del 18
marzo 1998).
Come osservato dalla Prof.ssa Poggi, è evidente come il dibattito
politico abbia raggiunto l'apice della sua ideologizzazione, dando
origine ad una molteplicità di orientamenti che si sono inesorabilmente
riversati in dottrina, la quale continua ad avere al suo interno
valutazioni fortemente contrapposte.
1.5 – Reazioni della dottrina e giurisprudenza a seguito dell'introduzione del principio di sussidiarietà
Come evidenziato nel paragrafo appena concluso, l'ingresso in
Costituzione del principio di sussidiarietà orizzontale ha sovente messo
di fronte la dottrina a molti dubbi, poiché la generica formulazione