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Federico Fellini, la vita, il cinema e il giornalismo.

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Academic year: 2021

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INDICE

I. La biografia e la carriera di Federico Fellini 1. La biografia di Federico Fellini

2. Dal disegno alla regia 3. Dopo il neorealismo

4. La metacinematografia e il sogno 5. Federico Fellini e la letteratura

II. La vita, alcuni film e il giornalismo

1. La vita e i film di Federico Fellini secondo Tullio Kezich 2. Pensando al giornalismo

3. Roma

4. Giulietta degli spiriti secondo Tullio Kezigh (1965)

II. Quattro capolavori felliniani

1. I vitelloni 2. 8 ½ 3. Amarcord

4. La voce della luna

I. La biografia e la carriera di Federico Fellini

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Federico Fellini, nasce a Rimini il 20 gennaio del 1920, figlio di urbano, rappresentante di commercio, e di Ida Barbini, proveniente anch’essa da una famiglia di agiati commercianti. Nel 1925 inizia le elementari presso le suore dell’asilo di S. Vincenzo.

Nel 1928 secondo alcune sue dichiarazioni, scappa da scuola e passa un breve periodo in un circo. Riguardo all’infanzia di Federico, meritano di essere citati certi episodi che testimoniano di

un’educazione conformista, se non addirittura grettamente repressiva specie quando era in collegio; i tentativi di mettersi al centro dell’attenzione, di farsi notare dagli stessi familiari, come la curiosa finzione di essere caduto dalle scale di casa, con la faccia tinta di inchiostro rosso; e in particolare la storia del carrozzone di zingari, il circo <Pierino>, che attira irresistibilmente la sua immaginazione fino a spingerlo ad allontanarsi da casa per poco tempo; qualche ora o qualche giorno, non lo sapremo mai, dato che non sappiamo, in assoluto, se questi fatti siano veri o inventati per la leggenda.

Fellini adulto e artista e Fellini fanciullo sono in un certo senso la stessa cosa; vedendo il mondo circostante come un’affascinante favola.

Pensiamo a certe rievocazioni cinematografiche, come la casa di campagna in <8 ½>, Fellini diceva che a Gambettola, nell’entroterra romagnolo, ci andava d’estate.

Sua nonna teneva sempre un giunco nelle mani, con il quale faceva fare agli uomini certi salti da cartone animato.

Insomma, faceva filare gli uomini presi a giornata per lavorare il campo.

Dopo la prigionia del collegio di Fano, la ritrovata libertà della vacanza assume quasi inevitabilmente connotazioni magiche.

C’è in Fellini come l’ansia di colmare il vuoto dei grigiori invernali e delle deboli illusioni da spiaggia destinate a morire con la fine dell’estate.

E’ anche un vuoto culturale, proprio della provincia e in genere dei tempi.

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bruttezze anche ai ragazzini per pochi spiccioli raccolti con una colletta.

Poi al rientro da Fano per frequentare il ginnasio riminese, le tronfie lezioni sulla romanità e l’oppressione anche fisica di una scuola ottusamente autoritaria.

La Bottega dell’Arte è chiaramente un ripiego.

Federico non sopporta di dovere subire il clima depresso del paese, che oltretutto esalta le sue deficienze senza valorizzare abbastanza le aspirazioni ad una vita più dinamica, con maggiori soddisfazioni.

Il giovane Fellini sogna di diventare giornalista.

Non sa nemmeno in che cosa consista propriamente quell’attività, ma è attratto dall’aspetto esteriore dei cronisti, quelli che si vedono nei film americani; il soprabito, il cappello all’indietro per lui sono testimonianza di una vita attiva, al centro di avvenimenti e situazioni affascinanti. La prima tappa però, è Firenze, per conoscere quelli del 420; lavora in redazione e in tipografia, correggendo bozze e continuando a disegnare.

Come scrittore collabora anche all’<Avventuroso>, una pubblicazione di fumetti, il cui personaggio principale, l’americano Gordon Flash, dà fastidio al regime fascista che deve essere quindi rifatto all’italiana; ci penserà appunto Fellini.1

Chi meglio di Fellini medesimo avrebbe potuto disegnare il suo mondo reale e fantastico; restituire il gioco della vita e dell’arte; rievocare il sortilegio nel quale ci ha irretiti; e ancora le fluviali confessioni ai giornalisti amici, con i quali si lascia andare e ricostruisce le sue storie con il fascinoso linguaggio che ne fa un narratore sorprendente.2

Al riminese ha giovato la frequentazione e la collaborazione con gli umoristi e vignettisti come Maccari, Marchesi, Brancacci, De Seta, Nino Za della Nerbini fiorentina e del <Marc’Aurelio>, la

1 Franco Pecori Fellini Bologna Il Castoro 2 Matilde Passa

Le parole di un sognatore da oscar AME stab. NSM Cles

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sosta giornaliera nel piccolo e nel medio varietà e le prime sceneggiature dei film comici; ma il maggior debito da lui riconosciuto per il suo futuro slancio creativo lo deve a Rossellini, al fianco del quale si troverà in <Roma città aperta>, come coautore del copione, in <Paisà> dove sostituirà il regista in una sequenza fiorentina, in <Francesco giullare di Dio>, dove farà assumere a Fabrizi nelle vesti del tiranno Ezzelino un ruolo anomalo, rispetto alla recitazione dei fraticelli; e in <Il miracolo> film a basso costo ideato su richiesta di Roberto, per Anna Magnani.3

Guarini e “Avanti c’è posto” di Mario Bonari con Aldo Fabrizi. Negli Stati Uniti vince anche l’Oscar come miglior film straniero. Nel 1958 scrive “Fortunella”, che sarà diretto da Eduardo De Filippo.

Il 16 marzo del 1959 Fellini inizia le riprese di “La dolce vita”, la cui lavorazione si concluderà solo a fine agosto.

Nel 1960 “La dolce vita” esce in Italia ai primi di febbraio e vince il premio come miglior film a Cannes.

In Italia lo scandalo è enorme e la polemica arriva fino in Parlamento.

Fellini insieme a Rizzoli fonda la “Federiz” che dovrebbe produrre le opere di debutto di De Seta, Olmi e Pisolini, ma il progetto abortisce.

Nel 1961 “La dolce vita” vince il New York Film Critics Award e un Oscar per i costumi di Piero Ghepardi.

De Seta, parla a Federico di Ernest Bernhard, uno psicologo junghiano che avrà una grande influenza sul suo sviluppo culturale.

Nel 1962 esce sugli schermi”Boccaccio’70”, un film a episodi al quale Fellini partecipa con “Le tentazioni del dottor Antonio”, una polemica risposta alle critiche bigotte a “La dolce vita”, e più in generale, un pamphlet contro la censura sessuofobia.

Nel 1963 esce <8 ½>, che viene accolto entusiasticamente dalla critica di tutto il mondo.

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Mario Verdone Federico Fellini Il castoro

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Fellini viene accostato a Joyce, Musil, Kafka, Pirandello ecc.

Il film raccoglie premi in tutto il mondo: primo premio al Festival di Mosca, sette Nastri d’Argento, nomination all’Oscar ecc.

Nel 1964 <8 ½> vince il premio Oscar come miglior film straniero.

Nel 1965 <Giulietta degli spiriti> viene apprezzato per i suoi valori formali, ma letto come una versione al femminile di <8 ½>, viene accolto da critiche contrastanti.

Il film raccoglie comunque vari premi negli Stati Uniti.

A Broadway debutta con successo <Sweet Charity>, versione musical di <Le notti di Cabiria> che, nel 1969, avrà anche una versione cinematografica con <Shirley MacLaine>.

Si incrina l’amicizia con Flaiano, con Pinelli e con Ghepardi.

Si rompe il sodalizio con Rizzoli e muore improvvisamente il dottor Ernest Berhard. Nel 1966 muore anche il direttore della fotografia Gianni Di Venanzo.

Con la temporanea collaborazione di Buzzati, Fellini lavora al soggetto di < Il viaggio di G. Mastorna>, poi si ammala di una strana e rara forma di pleurite allergica che lo conduce in ospedale.

Durante la degenza, scrive il testo del libro <La mia Rimini>.

Nel 1968 Federico dirige <Toby Dammit>, un episodio di <Tre passi nel delirio>, con il quale inizia la sua collaborazione con Bernardino Zapponi e con il nuovo direttore della fotografia G. Rotunno che rimarrà con lui fino a <E la nave va>.

Il regista rinuncia definitivamente al progetto del <Viaggio di G. Mastorna>, realizza <Block-notes di un regista>, uno special televisivo per la <NBC> che vedrà la luce nell’aprile dell’anno

successivo.

Nel 1969 <Fellini Satyricon> viene accolto al Festival di Venezia da critiche contrastanti, ma diventa un cult negli Stati Uniti, dove Fellini ottiene una nomination come migliore regista, e in Giappone, e in Giappone dove il film tiene il cartellone di una sala per quasi quattro anni. Nel 1970, dopo il successo di <Block-notes di un regista>, accetta la proposta delle televisioni

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italiana e francese <I clowns>, ma sfuma il progetto di un film a quattro mani con Bergman. L’artista partecipa nel ruolo di se stesso a <Il mondo di Alex> di Paul Mazursky.

Nel 1971-72 esce <Roma> in cui l’autore recupera alcuni temi dell’abbandonato progetto <Moraldo in città>.

Il film viene accolto sia da elogi che da critiche e riserve.

Nel 1973, a Natale esce <Amarcord> che riconcilia l’autore contutta la critica e il grande pubblico. Nel 1985, al Festival di Venezia viene premiato con un Leone d’Oro alla carriera.

Il 13 gennaio del 1986 al Palais de Chaillot di Parigi viene presentato in anteprima mondiale <Ginger e Fred>, in cui l’autore non fa mistero del suo disprezzo per la pubblicità e la televisione. Si reca a Hollywood per consegnare un Oscar, ma poi deve disertare la cerimonia per un infortunio ad un piede.

Intraprende ancora un’esperienza pubblicitaria, questa volta per <Barilla>.

Nel 1987, nel film <Intervista> autobiografico-confessionale e metalinguistica, Fellini parla di se stesso, del cinema che fu ; questo capolavoro viene presentato a Cannes fuori concorso e

successivamente vince il primo premio al Festival di Mosca.

A Fellini, da bambino interessavano i pagliacci del circo, lo annoiavano gli eroi vittoriosi.

Quindi gli piacevano i personaggi comici, nel senso di eroi buffi, sfortunati a cui capitavano le cose più catastrofiche.

Per quanto riguarda il suo lavoro, il fatto di avere disegnato i fumetti per tanti anni lo hanno aiutato perché il suo modo di esprimersi era un’immagine composta di volumi e di prospettive, di distanze, ed era poi raccontata attraverso l’intensità, la gradualità, la pastosità della luce; egli sosteneva che l’immagine andasse incorniciata; inoltre Fellini era pignolo nei movimenti infinitesimali della macchina o degli zoom.4

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Rita Cirio

Il mestiere del regista Garzanti

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Il film <La strada> è stata per il regista una esperienza esistenziale.

Prima e dopo il film egli ha sentito gli incontri, ha creduto al contatto spirituale con la natura, ha vissuto in termini di sincera insofferenza nei confronti della norma, insofferenza dettata da una inclinazione prepotente verso gli irregolari e quindi verso se stesso e le sue giovanili esperienze.5

Nel 1990, furono fatti grandi festeggiamenti sulla stampa italiana e internazionale per il suo settantesimo compleanno.

In questo anno, esce <La voce della luna> accolto da critiche contrastanti, ma al botteghino risulta il miglior successo felliniano dai tempi di <Amarcord>.

Il 26 marzo del 1991 muore il fratello Riccardo.

Federico ritorna occasionalmente alla pubblicità con degli spot per il Banco di Roma interpretati da Paolo Villaggio e Fernando Rey.

Nel 1992, sul numero 15 della rivista <Il Grifo> viene pubblicato il fumetto <Il viaggio di G. Mastorna detto Fernet>, con tavole di Manara e disegni originali di Fellini.

Mastorna ha il volto di Paolo Villaggio con il quale Fellini progetta anche un nuovo lavoro televisivo: <Il mestiere dell’attore>.

Nel marzo del 1993, Federico è e Hollywood per ritirare un Oscar alla carriera, il suo quinto. Il 3 agosto del medesimo anno viene colpito da ictus cerebrale mentre si trova al Grand Hotel di Rimini; egli si cura a Rimini e Ferra, sembra totalmente ristabilito, ma viene colto da un nuovo attacco nel corso di un pranzo in un ristorante romano e muore il 31 ottobre.

La camera ardente viene allestita nello studio5 di Cinecittà, il funerale si svolge presso la chiesa di S. Maria degli Angeli.

Il 23 marzo, dopo una lunga malattia, muore anche Giulietta Masina.6

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Lino Del Fra Le notti di Cabiria Capelli

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Roberto C. Provengano Invito al cinema di Fellini Mursia

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2. Dal disegno alla regia

“La genesi della maggior parte dei riferimenti artistici e intellettuali di Federico Fellini, al pari di molte scelte tematiche dei suoi film, deve essere rintracciata prima della sua effettiva pratica cinematografica, cioè nell’iniziale e più che decennale vocazione ed esperienza come disegnatore, ideatore di gag, giornalista e soggettista.

La sua carriera, lunga e ricca di successi, non conosce uno sviluppo lineare.

Se da un lato Fellini ritorna costantemente a trattare un nucleo ristretto di temi, dall’altro lo stile cinematografico con il quale egli esprime concretamente queste idee, va incontro a mutazioni sostanziali che in determinati momenti della sua carriera danno luogo a vere e proprie rivoluzioni. un’idea chiave presente in uno dei primi film, ad esempio il concetto di redenzione ne <La strada>, può tornare a svolgere un ruolo molto importante nello sviluppo di opere successive quali <La dolce vita> o < Il Fellini Satyricon>.

Lo stile cinematografico di Fellini subisce comunque, tra il 1954 ed il 1969, trasformazioni così profonde che i tre film sopraccitati potrebbero essere considerati quali opere di tre registi diversi”.7 Il regista nel corso della sua carriera non ha mai rinnegato la sua esperienza da giornalista poiché nei suoi film ci sono situazioni inerenti a quel tipo di conoscenza.

Una dimostrazione della carriera pre-cinematografica che ha influito riguardo la maturità artistica di Federico concerne quaranta articoli che si intitolano: <Il raccontino pubblicitario>.

Nel 1939 questi articoli vennero pubblicati in una rivista :<Marc’Aurelio>.

Ciascun brano intendeva mettere in ridicolo il modo di fare pubblicità dei mass media dell’epoca. Il regista torna a occuparsi di pubblicità nei propri film dal 1960 fino al 1980 ne sono un esempio: <Le tentazioni del dottor Antonio> e <La nave va, Ginger e Fred intervista>.

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Peter Bondanella

Il cinema di Federico Fellini Guaraldi

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Il suo punto di vista varia a secondo del periodo; negli anni ‘30 Fellini vedeva la pubblicità in maniera divertita, mentre negli anni ’80 la considerava aggressiva capace di manipolare la psiche dei fluitori.8

“Dal gruppo dei quarantadue film che Fellini è riuscito a mettere insieme, spiccano per la loro assenza nomi quali Dreyer, Griffith e Eisenstein.

Fellini dimostrò di preferire opere comiche : Chaplin, Buster Keaton, Laurel e Hardy, I fratelli Marx, pietro Germi, l’umorismo noir di Bunuel, insieme a film molto popolari quali < King Kong> e la serie di James Bond.

Questo atteggiamento fortemente anti-intellettualistico nei confronti della cinematografia e della sua storia; Federico ha sempre messo in subbuglio i critici, in particolare quelli non ben addentro alla cultura popolare del periodo fascista e post-bellico.

Se si esaminano infatti da vicino le origini culturali ed intellettuali di Fellini non si può andarle scovare solo nella storia del cinema, bensì in quei fenomeni più tipici e caratteristici della cultura popolare del tempo: i fumetti, le caricature, il varietà e le commedie radiofoniche.

Il viaggio intellettuale di Fellini attraverso queste forme d’arte popolare, spesso scarsamente considerate, fino all’incontro con il cinema, avvenuto da scrittore di gag e soggettista, merita un’attenzione molto particolare.

Una fra le migliori considerazioni dell’impatto della cultura popolare ha avuto sulle origini di Fellini ci viene da Italo Calvino.

Anche lo scrittore come Fellini, si è successivamente affrancato da una prosa fortemente indebittata nei confronti del neorealismo per orientarsi verso un tipo di narrativa dalle tematiche e tecniche tipicamente postmoderne e metaletterarie.

In una prefazione, datata 1974, ad un’edizione di quattro sceneggiature di film di Fellini dal titolo <La strada di S,Giovanni> Calvino scrive che la forza dell’immagine nei film di Fellini, così

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Peter Bondanella

Il cinema di Federico Fellini Guaraldi

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difficile da definire perché non si inquadra nei codici di nessuna cultura figurativa, ha le sue radici nell’aggressività ridondante e disarmonica della grafica giornalistica.

Quella aggressività capace di imporre in tutto il mondo cartoons e stripes che quanto più appaiono marcati da una stilizzazione individuale tanto più risultano comunicativi al livello di massa.

Un aspetto molto importante dello stile di Fellini, non notando semplicemente l’influenza cruciale che la cultura di massa italiana ha avuto sulla formazione intellettuale del regista, ma sottolineando come questo nucleo non sia mai stato abbandonato anche nel linguaggio maggiormente articolato e sofisticato della maturità; quello che è stato tante volte definito come il barocchismo e sta nel nel suo costante forzare l’immagine fotografica nella direzione che dal caricaturale porta al visionario. L’universo visivo di Fellini corrisponde quindi nelle parole di Calvino a una visualizzazione infantile, disincarnata, pre-cinematografica di un altro mondo.

Quel mondo cui il cinema che confonde i suoi fantasmi con la carnalità attraente e repulsiva della vita.

Secondo la testimonianza di Fellini, i fumetti e i disegni umoristici letti nei giornaletti durante l’adolescenza riminese, costituirono un elemento cruciale nel corso della prima fase della sua formazione stilistica”.9

Fellini ha cominciato a comprendere l’essenza dei fumetti quando era ancora bambino nelle strisce di Frederick Burr Opper e Gorge McManus, Alphonse e Gaston, Bringing Up Father.

A quella epoca, in Italia venivano pubblicati con didascalie in rima poste sotto le vignette. Le rime non erano mai sufficientemente dettagliate dal momento che quando venivano create le rime dovevano cambiare il contenuto.

Mancava il testo che inserito nell’immagine ne costituisce un tutt’uno.

I fumetti sia nella versione americana che in quella italiana hanno influenzato la cultura popolare italiana; e non venivano letti soltanto dalle classi meno acculturate.

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Peter Bondanella

Il cinema di Federico Fellini Guaraldi

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Fin dal 1908, <Il Corriere dei Piccoli> presentava tutti fumetti citati da Fellini nella tradizionale versione con le didascalie in rima al posto dei fumetti originali.

I dialoghi a fumetti vennero introdotti nel 1932.

I personaggi americani arrivarono in Italia con delle modifiche.

Alcuni dei disegni di Fellini vennero pubblicate quando aveva sedici anni, nel 1937. Egli eseguiva schizzi e caricature di giovani Balilla che erano suoi amici.

Fellini si mise in società con il pittore Demos Bovini ed insieme crearono <Febo>, un negozio di caricature, intendendo proporre i ritratti umoristici da loro disegnati ai turisti del tradizionale luogo di villeggiatura.

I due artisti cominciarono a disegnare caricature di attori famosi.

Fellini inviò cartoline illustrate alla <Domenica del Corriere>.; la prima vignetta venne pubblicata nel 1938.

Una volta che Federico si trasferì a Roma, questa predilezione per le vignette umoristiche gli sarà necessaria per intraprendere la carriera di giornalista e sceneggiatore.

Nella sua amata Rimini, Fellini incontrò uno dei suoi idoli adolescenziali che si chiamava Giuseppe Zanini, con lo pseudonimo di Nino Za; il quale aveva fatto fortuna in Germania pubblicando caricature di attori famosi come Marlene Dietrich, Greta Garbo, Clark Gable e personaggi famosi quali Mussolini e D’Annunzio.

L’arte di Nino Za restò per sempre nella memoria di Fellini ad esmpio in <Amarcord>, o nel Grand Hotel di Rimini.

Fellini incontrò di nuovo Za a Roma e gli fece una caricatura.

Federico fu interessato da <Flash Gordon>, un personaggio creato da Alexander Raymond.

Questo eroe contribuì a fare inserire a Federico il tema dell’avventura oltre quello della commedia. Un altro personaggio americano che catturò la sua attenzione fu <Happy Hooligan>, creato nel1869 da Frederick Burr Opper.

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Opper incise in gran parte della sua carriera.10

“Fellini impegnato nella scrittura di una sceneggiatura per un film che intendeva descrivere in maniera naturalistica e realistica il ritratto di tre decenni di una famiglia italiana, mostrava nello stesso tempo di essere attratto dalla possibilità di distorsione che la rappresentazione comica dei componenti la famiglia, come possibili personaggi per una serie di fumetti, avrebbe potuto operare sul realismo della storia.

Fellini utilizzò il medesimo stile grafico in momenti diversi della propria carriera cinematografica disegnando, ad esempio i personaggi poi interpretati dalla moglie Giulietta Masina, celebre per le sue toccanti interpretazioni di <Gelsomina> ne<La strada>, di <Gabiria> in <Le notti di Gabiria>, e di <Giulietta> in <Giulietta degli spiriti>.

Il regista vedeva in Giulietta Masina una combinazione di pecularietà gestuali ed espressioni facciali simili a quelle di Charlie Chaplin.

L’effetto e la simpatia dimostrati da Fellini per la figura del clown, vanno quindi ricondotti oltre che alla passione per i fumetti, anche al personaggio di Charlot e al talento comico della Masina attrice. Nel 1957, infatti Fellini scrisse la sceneggiatura di un film girato da Eduardo De Filippo dal titolo <Fortunella>.

Il significato del film era già evidente nella scelta operata nel titolo, quella cioè di trasporre al femminile il personaggio dei fumetti creato da Opper:<Happy Hooligan>, oppure in italiano: <Fortunello>; a Giulietta Masina veniva offerta la possibilità di esprimere interamente le proprie qualità comiche di attrice, talento che aveva avuto modo di dimostrare interpretando <La Strada>. Fellini dichiarò come la fonte di ispirazione primaria per <La Strada> fosse di origine visiva prima che narrativa.

Federico sosteneva che ci sono idee che nascono tutte in una volta sotto forma di immagine; l’atto di leggerle è già qualcosa di successivo.

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Peter Bondanella

Il cinema di Federico Fellini Guaraldi

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Tutto questo fu molto evidente per il personaggio di <Gelsomina>.

Quando a Fellini venne l’ispirazione visiva per il personaggio di Giulietta Masina appropriata al talento comico dell’attrice, ella fu immediatamente associata all’immagine di un clown.

Fellini era da un po’ di tempo che voleva fare un film per Giulietta; gli sembrava un’attrice singolare, dotata per esprimere con immediatezza gli stupori di un clown.

Il regista è stato ispirato da quel genere di film perché si è innamorato di quella bambina-vecchina un po’ matta e un po’ santa; di quel arruffato, buffo, sgraziato, tenerissimo clown che ha chiamato Gelsomina e che riusciva a farlo ingobbire di malinconia quando sentiva il motivo della sua tromba. Fellini ha voluto sottolineare inoltre come sia <Gelsomina> che <Cabiria>, appartengono al cosiddetto clown irrazionale, simpatico generalmente posto in contrasto con quello disciplinato, autoritario conosciuto come <Il clown bianco>, e che tali personaggi non sono femmine ma sono asessuati, sono <Fortunello>.

Questa asoociazione visuale tra <Happy Hooligan> di Opper e l’interpretazione grafica che Fellini da di<Gelsomina>, rimarrà una costante della carriera del regista.

Si veda a tale proposito il manoscritto custodito nell’archivio della<Lilly Library> i diversi stadi dell’evoluzione, sino alla versione pressoché definitiva della sceneggiatura de<La Strada>.

Sulla copertina e all’interno di tale manoscritto, Fellini ha tratteggiato a penna una serie di disegni di <Gelsomina>, nei quali risulta molto evidente sia l’aria clownesca del personaggio, sia lo stretto rapporto che intrattiene con la fonte di ispirazione visuale opperiana.

Diversi anni dopo, nel 1976, Fellini fece un altro disegno di <Gelsomina> a pennarello per la copertina di<Fare un film>, libro che rimane come l’opera teorica principale del regista.

Sulla copertina del manoscritto originale del libro ci appare ancora una volta una <Gelsomina a metà via tra l’<Happy Hoolygan> ed il<Vagabondo> di Chaplin.

Questa figura comica tipicamente felliniana, identificabile come il risultato di una fusione di fumetti, personaggi cinematografici quali Chaplin, Buster Keaton e Laurel e Hardy, si è inserita nel

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profondo della psicologia del regista, sino a diventarne un richiamo costante.

Un grande conoscitore di fumetti ed amico personale di lunga data di Fellini, Oreste del Buono, ha astutamente fatto notare come l’incipit di uno dei film più originali di Fellini: <I clowns>, sia in realtà una citazione da un fumetto americano che si intitola<Little Nemo>; personaggio ideato da Winsor McCay nel 1905 per il <New York Herald>.

Non è elemento da trascurare il fatto che Fellini tenesse l’edizione italiana di <Little Nemo> sul comodino come lettura serale durante le riprese del film.

<I clowns>, difatti ha inizio con le immagini di un ragazzo che si sveglia nella propria stanza a causa di alcuni rumori misteriosi che lui ritiene causati dal montaggio di un tendone del circo; per la prima volta ha una visione di questo mondo abitato da quelle strane creature chiamati clowns. Il letto e la camera da letto sono un omaggio molto chiaro al <Little Nemo> di McCay ed esempio ulteriore di quella stretta correlazione esistente tra l’arte cinematografica di Fellini e i fumetti; a questa primaria fonte di ispirazione visuale occorre aggiungere il mondo del circo con i suoi clowns.

I films ed i fumetti americani fecero capire a Fellini che esisteva un luogo dove si poteva crescere e diventare presidente senza aver studiato il latino ed il greco.

Per Federico, i film americani sono sempre stati di propaganda, ma non per le solite cause, bensì per una concezione più libera della vita.

Il messaggio arrivava attraverso certi personaggi come l’<eterno vagabondo> di Chaplin, oppure attraverso le immagini di cavalli che corrono liberi per i campi.

Questo mondo e questa idea di libertà ebbero un fascino straordinario sul regista e non ci fu film americano proiettato a Rimini, bello o brutto che fosse che egli mancò di vedere.

Fellini disse che l’America, la democrazia, era Fred Astaire che ballava sulle terrazze con lo sfondo dei grattacieli, o Greta Garbo che ci guardava con l’aria funebre, da preside.

Ci sono tracce dell’attività di Fellini come disegnatore anche nella maturità cinematografica del regista riminese.

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In alcuni films quali<Fellini Satyricon>, <I clowns>, <Intrvista>, il tipo particolare di luce, i colori estremamente vivaci e posti in netto contrasto tra di loro, rappresentano tecniche molto vicine a quelle impiegate per i fumetti.

Ma su questi aspetti del rapporto tra Fellini e l’iconografia grafica tipica delle stripes non si può che limitare ad uno sguardo soggettivo e quindi impressionistico.

Sul versante che riguarda la tecnica del racconto l’andamento breve ed episodico caratteristico di una storia a fumetti fosse molto vicino al modello narrativo più consono al temperamento artistico di Fellini.

Esiste una corrispondenza molto evidente tra la composizione narrativa di un fumetto, con l’intera storia raccontata in un unico numero della rivista, ed il concetto non molto dissimile di sequenza cinematografica.

E’ possibile, inoltre stabilire un parallelismo analogo anche fra la divisione della storia a fumetti in puntate da un lato, e la suddivisione nel tempo della narrazione cinematografica in sequenze, dall’altro.

L’intera carriera cinematografica di Fellini può essere vista come un progressivo allontanamento, lento ma costante, da una concezione della struttura narrativa come chiusura, in direzione di un andamento del film aperto, episodico e, talvolta, quasi privo di intreccio.

E’ molto probabile, inoltre che i fumetti letti in gioventù da Fellini abbiano influenzato il modo di intendere la narrazione cinematografica come priorità data all’immagine piuttosto che al dialogo. Occorre ricordare come l’edizione italiana dei fumetti americani presentasse didascalie al posto dei caratteristici fumetti contenenti dialoghi, sottraendo quindi anche fisicamente l’aspetto verbale alla narrazione per immagini.

Dal periodo post-bellico in avanti, i registi italiani preferivano il doppiaggio del sonoro in sede di montaggio rispetto alle registrazioni in presa diretta.

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propria necessità di poetica e dunque una decisione stilistica; infatti permetteva di tenere separati immagine e dialogo, garantendo quindi un allontanamento ulteriore da qualsivoglia concezione di cinema come arte naturalistica e di mimesi.

Era sufficiente osservare la preparazione quotidiana delle riprese per rendersi immediatamente conto di quanto importante fossero le immagini nell’effettivo farsi di ciascun film.

La preparazione prima, e le riprese poi erano precedute di centinaia di schizzi e disegni, in genere caricature impiegate da Fellini per catturare l’illuminazione desiderata di una determinata scena , oppure per definire di un particolare personaggio il trucco, i costumi, l’espressione facciale e la gestualità richiesti.

Si aggiunga inoltre che non solo Fellini concepiva alcuni dei propri personaggi come tipi comici ma che di solito disegnava l’immagine sotto forma di bozzetto o caricatura, molto prima di essere in possesso di un’effettiva struttura narrativa all’interno della quale inserirli.

In alcuni manoscritti originali contenenti i trattamenti ed i soggetti si può notare come i disegni rappresentassero il nucleo fondamentale del film che intendeva girare, mentre ai dialoghi era riservato un ruolo secondario.

Fellini non mancò tuttavia di sottolineare anche i limiti che i fumetti rappresentarono come origine e fonte della propria ispirazione visuale e applicata al cinema.

In una recente prefazione ad una raccolta di disegni ispirati ai suoi film, Fellini è tornato a riconsiderare il proprio debito creativo nei confronti di tale arte grafica.

Definendo l’essenza dei fumetti quale quella della fissità, l’immobilità delle farfalle trafitte da uno spillone oppure di quelle situazioni fissate per sempre, immobili come burattini senza fili.

Fellini si dimostrò quindi convinto che tale staticità è improponibile nel cinema, che ha la sua seduzione nel movimento, nel ritmo, nella dinamica; i fumetti possono dare il loro contributo in qualità di suggestioni visive con le loro scenografie, i loro personaggi, ma difettano di uno degli elementi costitutivi ed essenziali del cinema cioè il movimento.

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Nerbini.

Nel 1938, Fellini si trasferì a Roma.

Durante i primi tempi della permanenza romana, Fellini si manteneva disegnando caricature, proponendo ritratti ai clienti dei bar e dei ristoranti ed illustrando le vetrine dei negozi.

Lo stile del regista, una fusione tra la grafica dei cartoon e le caricature di Nino Za, è il medesimo che impiegherà di lì a poco collaborando al <Marc’Aurelio>, la rivista umoristica più popolare del periodo fascista.

Il <Marc’Aurelio> era una rivista che usciva due volte alla settimana, con una diffusione di circa 350.000 copie.

Allora veniva pubblicata da Angelo Rizzoli, il futuro produttore de <La dolce vita>, i cui uffici si trovarono nello stesso edificio di quelli della redazione del <Marc’Aurelio>.

La rivista conobbe un grande successo durante gli ultimi dieci anni dell’era fascista fino al

settembre del 1943, quando in seguito al caos generale causato dalla guerra cessò temporaneamente le proprie pubblicazioni.

Queste vennero riprese seppure con minore fortuna nel 1946 ed andarono avanti sino alla cessazione conclusiva nel 1954.

Era avvenuto infatti che nel frattempo il cinema avesse soppiantato nel gusto popolare la rivista, con le sue vignette e storielle umoristiche.

Fu nella redazione di <Marc’Aurelio> che Fellini incontrò il segretario di redazione della rivista Steno Vanzini.

Steno riconobbe immediatamente il talento del giovane Fellini e gli propose di collaborare alla rivista scrivendo gag per le strisce e disegnando vignette umoristiche.

L’arrivo di Fellini nella redazione di <Marc’Aurelio> provocò una certa impressione in Steno, evidentemente nel racconto che gli fece della comparsa del giovane provinciale inesperto con una grande quantità di vignette sotto braccio, gli sembrava che le avesse disegnate Grosz.

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Così lo trattenne in attesa del direttore; questo fu l’ingresso di Fellini nell’affascinante mondo del giornalismo popolare romano.

Lo staff redazionale del quale Fellini divenne collaboratore avrebbe giocato un ruolo molto importante nell’industria cinematografica italiana.

Come ha notato lo stesso Steno, il<Marc’Aurelio> funzionò come una specie di laboratorio per nuovi talenti come futuri sceneggiatori e registi.

Le gag scritte da Fellini e dagli altri collaboratori del <Marc’Aurelio> per le relative vignette umoristiche, possono essere considerate quasi una forma precinematografica di quell’umorismo che avrebbe successivamente trovato la propria completa espressione nel cinema della cosiddetta. <commedia all’italiana>.

L’attività svolta da Fellini per il<Marc’Aurelio> anticipò per molti versi quel tipo di collaborazione che si sarebbe poi instaurata per una produzione cinematografica.

Il lavoro d’équipe della redazione del<Marc’Aurelio>, difatti con gli incontri ad intervalli regolari, era molto simile alla collaborazione tra i diversi sceneggiatori per la costruzione della sceneggiatura finale di un film.

Sulle prime ad un Fellini ancora inesperto fu affidato il compito di completare piccoli lavori di scalza importanza, ad esempio didascalie per fumetti oltre che per gag e battute.

Superato brillantemente quel periodo di gavetta gli fu concesso di scrivere brevi articoli pubblicati anonimi.

Ormai da veterano Fellini cominciò a produrre una serie di articoli nei quali trattava temi ricorrenti, le ormai famose rubriche umoristiche che costituirono il migliore e più autentico banco di prova della sua raggiunta maturità giornalistica.

A questo puntp della sua carriera il nome Fellini era diventato molto popolare tra i lettori della rivista, contribuendo in tal modo ad accrescerne la fama di scrittore umoristico.

Tra i temi e gli argomenti affrontati nelle rubriche di <Marc’Aurelio>, in parte riutilizzate

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torneranno nei film del regista riminese.

Se dell’attenzione riservata da Fellini alla pubblicità si trovano quei ritratti agrodolci di vita di provincia presenti nella prima parte della sua carriera cinematografica.

In particolare merita attenzione una trilogia di storie, per i possibili collegamenti che permette di tracciare tra questi scritti giornalistici ed i primi film di Fellini.

I titoli delle tre serie di storie sono: <Primo Amore>, <Piccoli fidanzati> e<Oggi sposi>. Il primo gruppo di componimenti narrativi racconta la storia di un amore dai tratti ingenui ed infantili tra Federico, il narratore, e Biandi, una ragazza innocente e pura.

Ciò che distingue questo ciclo di storie dalle prime esperienze cinematografiche di Fellini, è un atteggiamento di minore ironia nei confronti di temi quale l’amore ed il matrimonio della gente di provincia.

Se nei primi film Fellini è addirittura spietato nella satira di tali temi, dove egli assume un diverso punto di vista, quello cioè di un narratore onnisciente, che racconta la storia da una prospettiva adulta e non più ingenua.

L’origine di questa vocazione demitologizzante, elemento costante dei primi film, è già comunque rintracciabile in alcuni brani dei testi che compongono<Piccoli fidanzati>.

In<Pronto Bianchina> ad esempio, testo apperso il 30 Novenbre del 1940, Fellini ci fornisce, attraverso la descrizione di una telefonata interurbana tra Bianchina e Federico, un assaggio della propria capacità di modulazione di tutte le tonalità che vano dalla tenerezza allo humour, fino alla satira.

La vis comica della storiella nasce dal contrasto tra la meticolosa preparazione della telefonata da parte di Federico, ed i risultati deludenti e totalmente inattesi cui essa da luogo.

Una serie di eventi disturbanti dall’imprevedibile effetto comico si frappongono tra il desiderio di Federico di unirsi, seppure solamente via cavo telefonico, all’amata Bianchina.

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volgare, una serie di interferenze che copre la dolce voce di Bianchina, fino alla banalità ed ai luoghi comuni che emergono durante il corso dell’agognata telefonata.

La conclusione con Federico sotto la pioggia, deluso nel suo amore e senza soldi, non può non ricordare l’inevitabile collisione di illusioni romantiche e dura realtà, il lento allontanarsi del sogno verso la disillusione, caratteristiche dominanti nei primi film di Fellini come <Le luci del varietà>, <Lo sceicco bianco> ed <I vitelloni>.

In alcuni testi del ciclo<Piccoli fidanzati>, i due protagonisti sono sostituiti da un giovane uomo di nome Roberto e da alcune figure femminili, mentre in altri, i due personaggi ritornano nelle lettere d’amore che Bianchina scrive a Federico in guerra.

L’avvicinarsi del fidanzamento prima e del matrimonio poi, sembrano fare perdere ai personaggi la loro originaria innocenza mentre Fellini, da parte sua, prende a tratteggiarli con maggiore

pessimismo.

Un chiaro esempio di tutto ciò ci viene dato da una storia nella quale Roberto, prima innamorato di Adrianella, un bel giorno scopre di non amarla più.

Entrambi analfabeti si erano scambiati fino a quel momento lettere d’amore completamente bianche, immaginandone dunque il contenuto.

Roberto, però impara a leggere e scrivere, si sposa con un’altra donna ed ha tre bambini.

Nonostante questo, continua a spedire fogli bianchi ad Adrianella, testimoniandole in tal modo un amore che non prova più.

In uno dei pochi saggi critici dedicati agli esordi narrativi di Fellini, si sottolineano le possibili afinita tra queste brevi storie sul lento venire meno degli amori adolescenziali e uno dei primi racconti di Pirandello poi trasformato in una breve opera teatrale da titolo<Lumie di Sicilia>. Questo primo possibile collegamento tra Fellini e Pirandello merita una certa attenzione, in quanto la forte opposizione che il drammaturgo fece al teatro visto come forma d’arte necessariamente realistica, rappresentò un modello per parallelo allontanamento, diversi anno dopo, da parte di Fellini dal neorealismo e dalla concezione4 del personaggio cinematografico come determinato

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della società in cui agisce, così come esprimeva quella scuola cinematografica.

Ancora più importante per Fellini fu la cosiddetta rivoluzione metateatrale operata da Pirandello, in quanto divenne fonte d’ispirazione per l’analoga riflessione in campo cinematografico sviluppata dal regista nel corso dei film della maturità.

E’ difficile alla luce di quanto affermato, scartare a priori le possibili connessioni tra gli esordi artistici di Fellini e le opere teatrali di Pirandello, nonostante Fellini stesso mostrasse grande insofferenza ogni qualvolta si azzardava questo confronto.

Se a tutto questo si aggiunge l’importanza delle opere di Pirandello per il teatro dell’poca, ed il fatto che Giulietta Masina ebbe una formazione artistica teatrale.

Possiamo concludere che Fellini molto probabilmente conoscesse abbastanza bene le opere del drammaturgo siciliano.

Il regista ha sempre cercato di dissuadere i critici dalla ricerca delle origini delle fonti di ispirazione visuale, in quanto riteneva che riducessero questo rapporto con le fonti dell’ atto creativo ad una semplice operazione meccanica di assimilazione ed imitazione.

Nella terza raccolta di storie<Oggi sposi>, Fellini ritorna ai personaggi di Federico e Bianchina per raccontarci la storia del loro matrimonio; la luna di miele, la prima notte insieme. il ritorno alla loro nuova casa, gli amici, una descrizione della loro cucina ed infine il loro primo anniversario.

Lo stile narrativo si fa più sobrio, anche se il passaggio dall’amore giovanile all’ufficializzazione del matrimonio e conseguenti responsabilità viene visto come una perdita di grazia ed innocenza, quasi un tradimento di tutto ciò che avrebbe potuto essere.

La giovane coppia infatti, non riesce a sfuggire alle maglie della convenzione sociale ed al conformismo della vita familiare borghese.

Ancora una volta assistiamo alla collisione e contrapposizione tra le illusioni e le aspettative della giovane coppia e la squallida realtà che si trovano poi a dovere fronteggiare.

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vagoni letto e per grandi alberghi, ma si devono accontentare della pensione veneziana con i gatti randagi.

Mentre una gita in gondola, poco romantica, li conduce attraverso tutti i canali meno illuminati della laguna finendo con il provocare loro il mal di mare.

Compaiono per la prima volta i diminuitivi di Federico e Bianchina, Cico e Pallina,

successivamente utilizzati per gli sketch radiofonici ispirati ai due personaggi di questa serie di storie.

Questo quadro piuttosto pessimistico dell’istituzione matrimoniale ritornerà ad essere presente anche nel racconto del rapporto di coppia tra Ivan e Wanda nello<Sceicco Bianco>, Fausto e Sandra ne<I Vitelloni>.

Federico ora non sente nulla per Bianchina, mentre prima non pensava ad altro che a rimanere solo con lei; prova un senso di terrore all’idea che Bianchina sarà sua moglie per sempre.

Nei film di Fellini è impossibile rintracciare il racconto e la descrizione di un matrimonio riuscito e soddisfacente per entrambi i coniugi, e questa caratteristica rimane una costante di tutta la sua carriera cinematografica.

Un’altra rubrica creata da Fellini per<Marc’Aurelio>, e diventata anch’essa molto popolare, era intitolata<Seconda Liceo>.

In questo ritratto della vita scolastica di un collegio di provincia è possibile rintracciare da una parte qualche aspetto autobiografico della vita del regista, dall’altra alcuni tratti anticipatori di quella satira della scuola nel periodo fascista immortalata in <Amarcord>.

Nell’articolo apparso il 12 Febbraio del 1942 troviamo uno degli elementi narrativi ricorrenti della filmografia di Fellini.

L’approccio a fini sessuali, e nell’oscurità di una sala cinematografica di provincia, tra il giovane inesperto e la donna più matura.

Questo luogo narrativo torna a ripetersi costantemente lungo il dei film di Fellini;Fausto ne<I Vitelloni>, tenta senza successo di agganciare una donna in un cinema.

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In<Roma>, il narratore ci racconta come la moglie del farmacista si lasciasse toccare dagli uomini una volta che le luci del cinema si fossero abbassate.

Il più celebre tra questi approcci resta comunque quello azzardato da Titta nei confronti dellaGradisca in <Amarcord>.

Il tentativo di seduzione nel cinema denso di fumo termina, con un clamoroso insuccesso. Benché il protagonista della serie di storie raccontate in<Seconda Liceo> sia Fellini stesso; la narrazione non assume mai un punto di vista fortemente soggettivo, cosa che accade invece sia per<Amarcord> che per<Roma>.

Fellini inoltre, ha sempre voluto sottolineare come queste storie ambientate in luoghi e tempi che ricordano molto da vicino l’adolescenza riminese del regista fossero frutto di pura immaginazione. Un’altra rubrica molto interessante è quella che va sotto il titolo di<Come si comporta…l’uomo>, dove l’uomo sta per lo stesso Fellini.

Il un articolo apparso nel Novembre 1940 dal titolo<Come si comporta…l’uomo al cinematografo>, Fellini ci fornisce una soggettiva dei pensieri di un uomo che si avvicina sempre di più ad una donna seduta nell’oscurità di una sala cinematografica.

E’ proprio in questo luogo che viene data libertà di espressione alle fantasie erotiche.

Era inevitabile che Fellini, vista la propria crescente popolarità in qualità di scrittore umoristico e l’associazione ormai stabile con lo staff redazionale di<Marc’Aurelio>, si avventurasse nelle altra due maggiori forme di intrattenimento di massa dell’Italia fascista cioè il cinema e i programmi popolari radiofonici.

In generale, possiamo affermare che i testi scritti da Fellini per i diversi programmi radiofonici, dal 1940 sino alla caduta del regime fascista nel 1943, non si discostano molto nella loro linea stilistica e tematica degli articoli pubblicati per il <Marc’Aurelio>.

E’ interessante notare, come questi testi radiofonici contengano il nucleo essenziale di alcune delle idee guida della carriera di Fellini negli anni della maturità.

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Si veda in proposito il testo di una trasmissione andata in onda il 24 aprile del 1941 laddove

leggiamo che i sogni sono il cinematografo degli indigenti.; oppure quello della trasmissione del 22 Maggio 1941 nel quale troviamo già riassunto tutto il senso di un film quale<Lo sceicco bianco>, ma i sogni divenuti realtà non rendono felice nessuno”11.

Negli anni cinquanta Fellini era conosciuto come scrittore dell’industria cinematografica.

Fu l’apprendistato decennale con alcuni grandi registi che permise a Fellini di entrare in possesso di una serie di conoscenze ed abilità nella manipolazione, in contesti diversi, di quella tecnica di scrittura cinematografica che va sotto il nome di sceneggiatura.

C’è inoltre da aggiungere che , senza tenere conto della varietà di stili cinematografici con i quali Fellini entrò in contatto e quindi assimilò, nel corso di questi anni di apprendistato, non è possibile valutare correttamente le conseguenti scelte artistiche compiute dal regista, una volta presa la decisione di stare dietro la macchina da presa in prima persona.

Le sceneggiature italiane differiscono, sotto diversi aspettti da quelli create per gli studios americani.

Uno di questi aspetti ad esempio, è che al contrario delle sceneggiature per il cinema americano, quelle per il cinema italiano sono poco frequentemente basate su opere letterarie.

L’ottanta per cento della produzione cinematografica italiana del dopo guerra, infatti nasce da sceneggiature originali; Fellini stesso non si discosta da questa tendenza con soli quattro film che hanno come punto di partenza un’opera letteraria come<Toy Dammit>, <Fellini Satyricon>, <Casanova> e<La Voce della luna>.

Il rapporto tra Fellini e la fonte scritta non può certo definirsi un rapporto di fedeltà; si tratta piuttosto di opere letterarie intese come fonti di ispirazione, interpretate da Fellini in maniera del tutto personale.

Un ulteriore prerogativa e peculiarità del cinema italiano, riguarda la stretta e duratura

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Peter Bondanella

Il cinema di Federico Fellini Guaraldi

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collaborazione tra registi e sceneggiatori.

Si tratta di veri e propri sodalizi, tali da rendere lo sceneggiatore un dipendente del regista più che del produttore o della casa di produzione cinematografica.

Si potrebbe scrivere l’intera storia del cinema italiano dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, prendendo come punto di vista l’evolversi di tali sodalizi, ad esempio tra Vittorio De Sica e Cesare Zavattini; Luchino Visconti e Suso Cecchi D’Amico; Rossellini e Sergio Amidei oltre a Fellini; Fellini stesso con Emilio Flaiano, Tullio Pinelli e Brunello Rondi.

Fellini si trovò in disaccordo sulle scelte di ordine artistico, quindi incrinò i rapporti con questi tre sceneggiatori.

Egli non tardò a formarne dei nuovi, duraturi e stretti come quelli precedenti con Bernardino Zapponi, Tonino Guerra e, in tempi più recenti, con Gianfranco Angelucci.

All’origine e alla base di tali collaborazioni, erano sempre la condivisione di un milieu intellettuale ed una stretta amicizia personale.

Questo porta come conseguenza ad una collaborazione tra regista e sceneggiatore durante la stesura del soggetto prima r della sceneggiatura poi.

I cineasti italiani troverebbero, infatti inaccettabile la pratica hollywoodiana di fare circolare le sceneggiature tra diversi produttori e registi al fine di trovare qualcuno che si impegni a girare concretamente i film.

I soggetti e le sceneggiature vengono considerati quali creazioni fatte su misura dagli sceneggiatori, in stretta collaborazione con i registi, per permettere a questi ultimi di esprimere nella maniera più consona la personale visione del mondo ed il proprio stile cinematografico e senso dell’umorismo. Se Fellini avesse lavorato in qualità di sceneggiatore con un regista amricano all’interno di un sistema commerciale di produzione cinematografica simile a quello di Hoollywood, si sarebbe visto richiedere maggiori specifiche tecniche ed avrebbe inoltre dovuto seguire molto più da vicino le linee di sviluppo contenutistiche e tematiche indicate dal regista.

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ebbe modo di sperimentare durante gli anni di collaborazione con Roberto Rossellini.

Il passaggio di Fellini dal giornalismo alla scrittura di sceneggiature, fu diretta conseguenza della posizione che occupava all’interno dello staff direzionale del<Marc’Aurelio>.

Buana parte degli autori della rivista contribuiva in maniera regolare con la scrittura di gag, dialoghi e sceneggiature integrali ai diversi film comici girati a quel tempo a Cinecittà.

Così come era stato agli esordi della sua carriera come giornalista, Fellini iniziò questa nuova attività scrivendo gag dapprima anonime, poi acquisendo gradualmente le proprie credenziali e conseguentemente la collaborazione artistica completa con altri scrittori e registi.

Le prime gag di Fellini, il cui nome comunque non compare nei titoli di coda, furono ideate per tre film comici diretti dal regista Mario Mattoli ed interpretati da Erminio Macario.

Questi tre film sono intitolati<Lo vedi come sei?> , <Il pirata sono io> e<Non me lo dire>.

Benché fosse identificato con sceneggiatori di opere comiche, Fellini ebbe modo di collaborare alla realizzazione di un film d’azione; si trattava di<Documento Z3>, un film di spionaggio italiano in Yugoslavia durante la guerra, diretto da Alfredo Guarini.

Anche per questo film il nome di Fellini non compare da nessuna parte.

E’ da ascrivere ad Aldo Fabrizi buona parte del merito relativo al passaggio di Fellini da anonimo scrittore di gag a sceneggiatore ufficiale ed accreditato per tre dei film interpretati proprio

dall’attore comico.

Fellini condivise i titoli per quanto riguarda la sceneggiatura di<Avanti c’è posto> di Mario Bonnard, con Fabrizi, Piero Tellini e Zavattini.

In<Campo dei fiori>, sempre diretto dallo stesso Bonnard, Fabrizi fece coppia con Anna Magnani, anticipando in questo modo la brillante interpretazione che insieme avrebbero dato di <Roma città aperta>; il cast era completato da Peppino de Filippo, interprete successivamente di due film di Fellini che sono<Luci di varietà> e <Le tentazioni del dottor Antonio>.

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Anna Magnani.

Fra il 1942 ed il 1943, mentre la guerra si faceva sempre più cruenta, Fellini lavorò per l’ufficio dell’Alleanza Cinematografica Italiana, diretta da Vittorio Mussolini.

Fu qui che incontrò per la prima volta Roberto Rossellini.

Di lì a poco, Fellini fu inviato a Tripoli per un film dal titolo provvisorio di <Gli ultimi tuareg>, diretto da Gino Talano e basato sui romanzi d’avventura di Emilio Salgari.

La sceneggiatura, secondo il racconto di Guido Celano, uno dei protagonisti di quella produzione alquanto sfortunata, fu scritta da Fellini stesso.

L’idea di ambientare il film nella scenografia reale del deserto africano, fu improvvisamente interrotta dall’invasione americana del Nord Africa, e poco prima che Tripoli cadesse in mano alle truppe inglesi, nel Gennaio del 1943, Fellini riuscì a rientrare in Sicilia su un volo molto più che avventuroso.

Pare, infatti che l’aereo tedesco sul quale Fellini trovò posto, volò quasi a pelo d’acqua, per non essere intercettato dai caccia alleati.

Celano afferma che Fellini avrebbe avuto modo di fare alcune riprese alcune riprese mentre il regista Talamo era malato.

Se il racconto dell’attore corrisponde alla verità, saremmo in presenza del debutto di Fellini con la cinepresa.

E’ possibile rintracciare l’ammirazione adolescenziale di Fellini per le avventurose storie a fumetti, dietro la decisione di cessare per un certo periodo di tempo il proprio lavoro di scrittore umoristico e tentare queste due collaborazioni per un film di spionaggio e uno di avventura che sono

i<Documenti Z3> e<Gli ultimi tuareg>.

Fellini tornò a disegnare caricature, impiegando in tal modo il proprio talento artistico.

Aprì un negozio di caricature e lo chiamò<The funny face shop>; l’attività rendeva bene, grazie anche ai militari delle truppe alleate che venivano a farsi fare la caricatura, sovrimpressa poi su curiose corporature precedentemente disegnate e tra le quali l’avventore poteva scegliere.

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Capitò un giorno che Rossellini si presentasse nel negozio per chiedere a Fellini di convincere Fabrizi ad accettare il ruolo principale nel film che stava progettando.

In cambio a Fellni, vene offerto di scrivere la parte di Fabrizi.

Il film aveva il titolo provvisorio di <Storie di ieri> e volava essere un resoconto degli eventi che portano all’esecuzione, il 4 Aprile del 1944, di un sacerdote, Don Giuseppe Morosini.

Tutti i resoconti relativi alle diverse fasi di lavorazione di <Roma città aperta>, concordano sul fatto che Federico Fellini collaborò alla sceneggiatura concentrando la propria scrittura sul personaggio di Don Pietro.

L’interpretazione data da Fabrizi del personaggio, deve molto a Fellini per quel equilibrio, quasi impossibile da ottenere, tra la perfetta scelta dei tempi tipica del comico e la dignità dell’attore tragico.

Si deve quasi sicuramente alla vis comica dell’ispirazione felliniana la celebre gag della pentola per friggere, una scena classica di quel genere di film comici quali Fellini aveva lavorato per qualche tempo.

Per ridurre al silenzio un vecchietto sdraiato su un letto sotto il quale sono nascoste delle armi di contrabbando, Don Pietro lo colpisce sulla testa con una padella, l’unico strumento che trova a portata di mano, proprio mentre nella stanza fanno irruzione alcuni soldati fascisti.

Nel momento in cui Rossellini decise di accettare l’interpretazione comica che Fellini aveva inteso dare di Don Pietro e, nella fase conclusiva di montaggio, decise mettendole una di seguito all’altra, di porre in contrapposizione da una parte questa scena, presa di peso da un certo tipo di comicità da avanspettacolo, e dall’altra la sequenza con il maggiore carico di pathos del film, l’uccisione a colpi di mitraglietta di Pina subito fuori l’appartamento fu creato uno dei momenti di più alta

commozione nell’intera storia del cinema.

Fu un segno indubbio del genio di Rossellini regista, l’abilità dimostrata nel sapere combinare e temperare il favore ideologico di Amidei da un lato, con il talento comico ed una maggiore

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predisposizione alla manipolazione delle emozioni del pubblico da parte di Fellini, dall’altro. Se con<Roma città aperta> Fellini acquisì lo status di sceneggiatore “ serio”, oltre a diventare uno dei più stretti collaboratori di Rossellini, fu <Paisà>, per testimonianza dello stesso Fellini, a convincerlo della sua futura vocazione di regista.

Prima di lavorarvi, Fellini aveva sempre pensato se stesso in termini di scrittore piuttosto che di realizzatore di un film e non aveva mai preso in seria considerazione l’ipotesi di cambiare mestiere. <Paisà> è un film ad episodi in sei parti racconta le varie fasi dell’invasione da parte delle truppe alleate.

Fu nei pressi della costa Amalfitana, poco prima di girare le scene dell’episodio del monastero, che Fellini fornì il contributo più importante alla sceneggiatura, creando un episodio completamente diverso da quello originariamente scritto da Amidei.

Nonostante il manoscritto originale della sceneggiatura sia andato perduto, i biografi italiani di Rossellini e Fellini, concordano nell’affermare che la stesura originale di Amidei comprendeva un episodio da girare nel monastero, completamente diverso da quelli poi effettivamente realizzato sulla versione fornita da Fellini.

L’idea delle modifiche da apportare alla versione di Amidi, potrebbe essere venuta a Fellini dopo la lettura di una celebre novella del<Decamerone> di Boccaccio, quella cioè dal titolo<Melchisedech giudeo> e <La novella di tre anella>.

La tolleranza religiosa e la difficoltà a raggiungere una verità assoluta sono, infatti, i temi della novella.

Fellini aveva davanti a se le idee neorealiste che Rossellini andava definendo.

Questa concezione di un Cristianesimo deistituzionalizzato, illuminato comunque dai valori portati dall’innocenza, della grazia e della fratellanza umana, sarebbe diventato il puntello ideologico non solo di diversi film successivi di Rossellini, ma anche di buona parte del cinema felliniano degli anni cinquanta.

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allo stesso tempo coerente la lezione di Rossellini.

Diversamente da Rossellini, Fellini continuò a fare una ricerca del realismo cinematografico. Fellini, infatti giunse a conclusioni completamente opposte; secondo lui il cinema era un medium che poteva comunicare messaggi di qualunque natura.

Egli affermò che<Paisà> era la dimostrazione della semplicità del mezzo.

Fellini ebbe l’opportunità di fare alcune riprese sul set di <Paisà>, un periodo che Rossellini non era presente.

La scena che doveva essere girata apparteneva alla sequenza fiorentina, nella quale si mostra lo scontro mortale tra i partigiani in una parte della città e i cecchini fascisti in un’altra.

A Fellini veniva richiesto di completare una scena ritenuta semplice; una damigiana piena d’acqua veniva trascinata, mediante una corda lungo una strada che si trovava sotto il tiro dei cecchini. Senza essere in possesso della minima autorità, che gli sarebbe derivata dall’esperienza, Fellini contestò immediatamente il modo nel quale Otello Martelli, uno dei maggiori cameraman del tempo, aveva pensato di riprendere la scena.

Martelli il quale avrebbe curato in maniera esemplare la fotografia di alcuni film di Fellini, in particolare<La dolce vita>, insisteva sul fatto di riprendere la damigiana dall’alto, in modo da ottenere un punto di vista oggettivo.

Fellini, da parte sua, voleva tenere la macchina da presa il più in basso possibile, fino a minacciare di fare un buco in terra se Martelli non avesse accettato di riprendere la scena dal punto di vista di un topo.

Nei tre film ai quali Felllini collaborò in qualità di sceneggiatore; l’episodio dal titolo<Il miracolo> nel film in due parti<L’amore>, e <Europa 51>, Rossellini proseguì ed approfondì basandosi sugli interventi decisivi dati da Fellini alla sceneggiatura, la linea tematica iniziata con l’episodio del monastero.

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alla sceneggiatura, la linea tematica iniziata con l’episodio del monastero.

Fellini si unì alla produzione de<L’amore> quando Rossellini aveva già terminato le riprese della prima parte del film, dal titolo<La voce umana>, si trattava dell’adattamento cinematografico di un’opera teatrale di Jean Coctteau.

Gli occorreva dunque un altro episodio di breve durata per integrare i quaranta minuti de<La voce umana> ed ottenere quindi un film di lunghezza standard.

In quel periodo Fellini aveva già iniziato a scrivere sceneggiature per la Lux insieme con Tullio Pinelli.

I due si erano incontrati nel 1947 mentre stavano guardando il retto ed il verso della medesima pagina di un giornale esposta in un’edicola.

Questo incontro, l’ennesimo di una serie di incontri casuali e allo stesso tempo molto produttivi per il futuro, sfociò ben presto in un amicizia molto stretta ed in una collaborazione di lunghissima duratura, seppure con una pausa di venti anni dal 1965 al 1985, dovuta ad incomprensioni artistiche piuttosto che di ordine personale, fino all’ultimo film di Fellini<La voce della luna>.

Quando Rossellini chiese qualcosa che fosse adatto alla personalità di Anna Magnani, Fellini si presentò con una storia strana nella quale si raccontava di una prostituta povera che viene raccolta da una star del cinema.

Questa storia diventerà uno degli episodi chiave de<Le notti di Cabiria>. La Magnani rifiutò la proposta.

Fellini scrisse allora un’altra storia che incontrò l’approvazione di Rossellini e della Magnani; si trattava del racconto di una giovane contadina ingenua di nome Nannina che incontra un uomo che ella crede essere San Giuseppe.

Quando, dopo un rapporto con questo uomo misterioso, scopre di essere rimasta incinta, Nannina proclama la propria gravidanza un concepimento divino e lasciando i vicini increduli che si fanno beffe di lei, si ritira per partorire in un santuario abbandonato.

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avergli fatto indossare una barba finta e tingere i capelli di biondo.

Il plot de<Il miracolo> è ovviamente largamente basato su uno degli elementi dottrinali centrali della fede cristiana che è l’Immacolata Concezione, mentre il personaggio della contadina rappresenta il primo di una serie di personaggi femminili dall’ingenua semplicità in grado di riscattare la propria mancanza di profondità intellettuale con una straordinaria capacità nel sapere accogliere grazia ed innocenza.

Nell’opinione di Fellini e di Rossellini, il film intendeva essere una parabola ed una riflessione sul ruolo della santità e della grazia in un mondo pieno di scetticismo quale è quello contemporaneo, provocando la prima di una lunga serie di polemiche che contraddistinsero tutti i loro film degli anni quaranta e cinquanta.

Per Rossellini<Il miracolo> era un’opera assolutamente cattolica, e dichiarò che un tema che continuò ad ossessionarlo non solo in questo ma in diversi film del periodo fu l’assoluta mancanza di fede tipica del periodo post-bellico.

Fellini e Rossellini ammirarono la fede di Nannina, indipendentemente dall’identità del misterioso uomo che l’aveva ispirata.

Sia per il regista che per lo sceneggiatore, il film metteva in evidenza la natura essenzialmente ambigua del vero sentimento religioso, posto in contrasto con la saggezza della consuetudine, dominante la quotidianità del mondo industrializzato.

Questi registi erano sostenuti in particolare modo dai critici marxisti e dagli intellettuali di sinistra loro compagni di viaggio, avversari di Fellini e Rossellini.

Difendere questo ultimo stava comunque diventando molto problematico, vista la vita privata e familiare dai principi fortemente anticattolici che il regista conduceva.

Infatti, ancora sposato aveva avuto una relazione con Anna Magnani prima e con Ingrid Bergman poi, nel 1949.

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<Paisà> come fonte di ispirazione primaria e dall’idea di adattare cinematograficamente la raccolta di leggende popolari intorno alla vita del frate umbro che sotto il titolo di<I fioretti di San

Francesco>.

Non sentendosi tranquillo, decise per questo film di mettersi al riparo da eventuali contestazioni ideologiche, ottenendo la collaborazione, per la sceneggiatura, di due sacerdoti cattolici.

Il film evita comunque quel tipo di pia agiografia che ci si sarebbe potuti aspettare dalla descrizione della vita di un santo, mostrandoci una serie di frati francescani semplici ed ingenui al punto da rasentare la follia.

Sono infatti,, nel significato più vicino alle parole del Nuovo Testamento, e la maggior parte del contributo dato da Fellini alla sceneggiatura consiste in un certo numero di gag, tese a sottolineare la loro umiltà ed innocenza.

Quando uno dei frati si ammala e chiede lo zampone, fra Ginepro seguendo le indicazioni alla lettera, taglia la zampa di un maiale vivo.

Il proprietario molto arrabbiato per l’accaduto, regala ai frati il resto del maiale perché lo possano mangiare per cena.

La semplicità di Ginepro riesce in un’altra sequenza del film a commuovere un feroce despota fino a farlo recedere dall’assedio di una città; il ruolo del despota è interpretato da Aldo Fabrizi in uno stile comico che ricorda l’avanspettacolo.

Nel finale del film, quando Francesco ordina ai suoi discepoli e fratelli di andare per il mondo a diffondere la parola del Vangelo, dicendo loro di scegliere in quale direzione incamminarsi girando su se stessi sino a cadere, è Giovanni, il più umile di tutti i frati, l’unico che rimane in piedi.

Fellini e Rossellini vogliono farci capire che più il cuore è semplice e puro, minori sono le difficoltà di orientamento che si incontrano nella vita.

In <Europa 51>; film per il quale il contributo in diversi passaggi anche molto importante, dato dalla stesura della sceneggiatura da parte di Fellini e Pinelli, non venne ufficialmente riconosciuto. Fellini che da parte sua era estraneo alle intenzioni di Rossellini di usare il film come attacco sia ai

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critici di sinistra che a quelli della Chiesa, collaborò con Pinelli in particolar modo alla scrittura dell’episodio relativo all’enigmatica morte del ragazzo.

Le esperienze cinematografiche fatta da Fellini con Rossellini avvennero in un contesto il più lontano possibile dall’idea che del produrre cinematografico si aveva all’interno del sistema di Hoolywood; le sceneggiature venivano scritte e poi riscritte la notte prima dell’inizio delle riprese; mancanza costante di fondi con continue domande su chi stesse finanziando il film e chi dovesse pagare gli stipendi della troupe; tutto questo rifletteva in maniera molto chiara la stravagante

personalità di Rossellini ed in parte anche il fatto che stesse dirigendo dei film, vivendo un contesto di grandi controversie e contrasti personali, causategli in gran parte dalle relazioni con Anna

Magnani ed Ingrid Bergman.

La natura precaria di tutta l’operazione era tuttavia, ciò che Fellini apprezzava maggiormente della collaborazione con Rossellini, e se ci fu una costante nella carriera cinematografica del regista riminese, questa fu proprio nel tentativo di ricreare situazioni di ripresa caotiche simili a quelle sperimentate durante quegli anni.

Per contrasto, invece le collaborazioni con Pietro Germi ed Alberto Lattuada avvennero nel contesto più tradizionale, quello della< Lux Film>.

La Lux era nata nel 1934 ed era destinata a giocare un ruolo di primo piano nell’industria cinematografica italiana fino al 1964.

Pinelli ci lavorava dal 1940 con un contratto ben retribuito, nel quale si impegnava a scrivere tre sceneggiature all’anno, oltre a leggere un innumerevole quantitativo di romanzi alla ricerca di idee interessanti per un soggetto.

Vista l’amicizia che univa Pinelli a Fellini, era inevitabile che anche quest’ultimo prendesse a lavorare per la Lux.

All’interno della Lux, Fellini conobbe molte persone importanti come Dino De Laurentis, Carlo Ponti e Luigi Rovere, quasi tutti diventarono produttori dei suoi film; da<Lo sceicco bianco>, <Le

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notti di Cabiria>, fino alle<Tentazioni del Dottor Antonio> .

Egli ebbe anche contatti con Riccardo Gualino, l’industriale piemontese che fondò la casa di produzione e con Guido Gatti, il direttore artistico ricordato da Fellini come un uomo che odiava il cinema, preferendo la musica.

Queste conoscenze insegnarono a Fellini aspetti utili per quanto riguarda la sua pratica professionale.

Quando Gatti mise Nino Rota sotto contratto iniziò una lunga collaborazione tra il musicista e Fellini .

La coppia di sceneggiatori Fellini e Pinelli fu di grande importanza per la produzione della Lux; Fellini e Pinelli lavorarono a tre film di Lattuada ed a quelli diretti da Germi e Comencini. Ci furono alcune sceneggiature che non realizzate.

Fellini collaborò con Lattuada all’adattamento cinematografico di due testi letterari, i quali titoli vennero mantenuti anche per i film.

Questi testi sono<Il delitto di Giovanni Episcopo> , da un romanzo di Gabriele D’Annunzio, e alla seconda parte della trilogia di Baccelli, <Il mulino sul Po>.

Ne<Il delitto> viene utilizzata la voce fuori campo soggettiva ed in prima persona, impiegata poco di frequente dal cinema neorealista molto invece nelle opere successive di Fellini; racconta la storia di un uomo mite, questo personaggio viene interpretato da Fabrizi.

Costui uccide l’ex amante della moglie per impedirle di lasciare la famiglia.

Possiamo riscontrare certe tematiche della letteratura russa dell’ottocento e espedienti tecnici che si ispirano al cinema americano che erano amati da Lattuada.

Fellini incontrò Alberto Sordi il quale affidò parti impegnative ne<Lo sceicco bianco> e nei<I Vitelloni>.

Nel film<Senza pietà> nel quale Fellini affronta i temi dell’incontro tra Italia e America dopo la Liberazione.

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