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Le performance dei gestori idrici italiani: il caso Girgenti Acque

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

CAPITOLO 1

IL SETTORE IDRICO INTEGRATO, INQUADRAMENTO NORMATIVO

1. Il servizio idrico integrato: Il ciclo dell'acqua 2. Il servizio idrico prima della Legge Galli 3. Gli obiettivi della Legge Galli

4. L'attuale organizzazione del servizio idrico integrato 5. La Direttiva europea in materia di acqua n. 2000/60/CE

6. Le regole dello Stato: obblighi per il gestore del servizio idrico integrato 7. Come viene utilizzata la risorsa: il piano di bacino

CAPITOLO 2

LE CARATTERISTICHE DEL SETTORE IDRICO

1. Monopolio Naturale

2. Economie di scala, densità e scopo 2.1. Sunk costs

2.2. Unbundling

3. Forme di affidamento del settore idrico integrato

4. La regolazione della tariffa: quanto si paga in Italia e all'estero 5. La Governance nelle imprese del settore idrico

5.1. La gestione pubblica diretta 5.2. La gestione delegata

5.3. Partenariato pubblico-privato

CAPITOLO 3

LE DETERMINANTI DELLE PERFORMANCE DEL SERVIZIO IDRICO

1. Una panoramica sulle connessioni tra proprietà e politiche sulle prestazioni delle aziende del servizio idrico

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2. Come aumenta l'efficienza attraverso le economie di scala, di scopo e di densità 3. La raccolta dei dati ed il metodo di ricerca: una descrizione

4. L'analisi DEA

5. Implicazioni e conclusioni

CAPITOLO 4

IL CASO SICILIANO: GIRGENTI ACQUE S.p.A

1. L'azienda e la sua storia

2. La carta dei servizi del servizio idrico di Agrigento 3. Il principio del full cost recovery

4. Un'analisi economica sulla base dei dati di bilancio dal 2011 al 2013

5. Analisi e comparazione dei dati di bilancio relativi ai costi che determinano la tariffa del servizio idrico integrato

CONCLUSIONI

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro di tesi ha per oggetto l'analisi del servizio idrico integrato, considerato un servizio pubblico locale a rilevanza economica.

Questo consiste nella gestione integrata dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue. Il processo, sia da un punto di vista normativo che di erogazione del servizio stesso, è abbastanza complesso.

L’acqua, infatti, per giungere nelle nostre case, deve essere innanzitutto prelevata, captata, poi raccolta per essere trattata e divenire potabile ed infine immessa nella rete di adduzione e distribuzione. La stessa quantità d’acqua, una volta utilizzata, inizia un nuovo percorso: viene dirottata negli scarichi della rete fognaria fino a giungere all’impianto di depurazione.

E’ restituita all’ambiente pulita, senza sostanze che danneggiano la nostra salute o l’ambiente in cui viviamo.

Non esiste alcun dubbio nel riconoscere che l’insieme di queste attività, siano da riconoscersi come servizio pubblico essenziale.

Oggi aprire un rubinetto e vedere l’acqua potabile che scorre è “normale”; ma la fornitura per usi civili anche nelle nostre società avanzate non è poi tanto antica.

A fine fino ai primi del '900 si continuava a morire a causa dell’acqua malsana.

La rivoluzione igienica avverrà per opera di imprese private che costruiranno nella maggior parte delle città europee ed americane i primi impianti di distribuzione.

Il sistema verrà reso pubblico solo più tardi quando i governi riconosceranno il servizio come essenziale, atto cioè a soddisfare un interesse generale della società. La gestione del servizio idrico integrato non è realizzabile se non si prendono in considerazioni fattori quali la disponibilità della risorsa idrica, la morfologia del territorio, la densità demografica, ed infine, le modalità d’utilizzo e di consumo della risorsa.

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istituzionali o infrastrutturali o finanziari che non permettono alla popolazione di usufruire anche del semplice servizio di base.

Nel presente lavoro di tesi, abbiamo scelto di cominciare facendo un'analisi del sistema normativo che sta dietro ad un così complesso servizio.

Tutto ciò non poteva che girare attorno alla legge che rappresenta il fulcro del sistema idrico: la Legge Galli.

Dopo aver preso atto di come la situazione veniva gestita prima del 1994, vedremo in che maniera essa si sia imposta nel sistema.

Successivamente, nel secondo capitolo, analizzeremo quelle che sono le caratteristiche del sistema idrico evidenziando come esso sia ben rappresentato da un Monopolio Naturale.

Vedremo quali sono le procedure attraverso il quale si arriva alla regolamentazione della tariffa e quali sono gli assetti proprietari delle società del servizio idrico.

Nel terzo capitolo, sulla base di quanto seguito ed imparato nel corso del seminario Jean Monnet European Water Utility Management svolto presto l'Università di Pisa, parleremo della metodologia DEA per vedere come impattano le variabili ambientali ed operative sulle performance.

Infine, analizzeremo la storia e l'attività di un'azienda siciliana - Girgenti Acque S.p.A.- che da 10 anni è attiva nel settore idrico svolgendo la propria attività lungo l’intera catena del ciclo idrico, attraverso i servizi di captazione, adduzione, distribuzione idrica, fognatura e depurazione dei reflui sull’intera Provincia di Agrigento.

Faremo un breve excursus riguardanti i risultati reddituali e finanziari che l'azienda ha ottenuto negli ultimi anni e questi ultimi, attraverso un'analisi di benchmarking, saranno comparati con quelli delle aziende simili nel resto d'Italia.

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CAPITOLO 1

IL SETTORE IDRICO INTEGRATO, INQUADRAMENTO NORMATIVO

1.Il servizio idrico integrato: il ciclo dell'acqua

L’acqua è la risorsa più importante del pianeta, presente in ¾ della sua superficie. Grazie all’abbondanza di acqua nel pianeta, quattro miliardi di anni fa si sono manifestate le prime forme di vita cellulare.

Terra, acqua e sole formano una stupefacente macchina a vapore che dà vita al “ciclo dell’acqua” e cioè a quel continuo movimento di particelle d’acqua che danno linfa vitale all’universo.

L’acqua, sotto forma di precipitazioni, alimenta i corsi d’acqua e gli oceani e penetra la crosta terrestre: l’acqua che ci disseta, l’acqua dove ci tuffiamo, l’acqua che cade dal cielo, l’acqua che riempie gli oceani, l’acqua che compone per il 70% il nostro corpo. L’acqua è fondamentale per i nostri bisogni essenziali, come bere, nutrirsi, lavarsi. Con essa è possibile coltivare la terra e produrre gran parte del cibo del pianeta. L’acqua è indispensabile per allevare gli animali e dall’acqua l’uomo trae direttamente nutrimento attraverso la pesca.

Essa è anche fonte di energia (idroelettrica) e comunque viene utilizzata in ogni processo industriale (nella produzione delle materie prime, per raffreddare i macchinari, per eliminare le scorie). Inoltre, è anche un formidabile mezzo di trasporto e una importante via di comunicazione: da sempre, fiumi, laghi e mari sono stati solcati per il trasporto di persone e merci.

L’acqua è una risorsa essenziale per la vita e il suo sviluppo: per l’ambiente, l’economia, la società, per la pacifica convivenza delle popolazioni. Senza di essa il mondo che conosciamo non esisterebbe. Utilizzarla e regolarla in modo corretto è il primo passo verso una gestione sostenibile di questa preziosa risorsa.

Un essere umano per sopravvivere ha bisogno di circa quattro litri di acqua al giorno. Per cucinare e per tutti gli usi domestici il consumo medio quotidiano di una famiglia europea si aggira attorno ai 165 litri. Se però si calcola anche l’acqua che non vediamo

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ma è servita a produrre il cibo e a far funzionare le industrie, scopriamo che il consumo delle risorse è molto più alto.

Come riporta il sito dell'azienda Veritas, “il ciclo urbano dell'acqua, noto anche come ciclo antropico1, descrive i processi (servizi idrici) che rendono l’acqua disponibile in

natura fruibile all’uso e consumo umano e la restituiscono depurata all’ambiente: la captazione dell’acqua, la sua potabilizzazione, il trasporto e la distribuzione per gli usi umani, la raccolta e la depurazione delle acque reflue.

Figura 1: fonte, il ciclo dell'acqua, www.gruppoveritas.it

La captazione dell'acqua prevede che si prelevi l’acqua dai fiumi, dai laghi o dal sottosuolo attraverso pozzi e la trasporta con l’acquedotto (tubazioni, impianti di

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sollevamento, pompaggio ecc.) verso gli impianti di potabilizzazione.

La potabilizzazione permette all’acqua che, di solito non può essere bevuta direttamente, poiché non è di ottima qualità ovvero contiene impurità, microbi o sostanze inquinanti, di essere depurata passando attraverso impianti che, con una serie di trattamenti, eliminano le sostanze dannose alla salute umana, gli odori e i sapori sgradevoli e la rendono limpida.

Attraverso l’acquedotto, l’acqua, ormai potabile, viene portata verso i centri abitati e da qui distribuita alle singole abitazioni, negozi, attività industriali, aziende agricole. Basta un semplice gesto ed ecco l’acqua pronta per l’uso.

L’acqua usata, che scarichiamo attraverso lavandini, gabinetti, lavatrici e lavastoviglie contiene sostanze inquinanti e maleodoranti. Attraverso la fognatura, l’acqua sporca viene raccolta e inviata agli impianti di depurazione dove, passando attraverso griglie e vasche e lasciando tutte le impurità intrappolate in fiocchi di fango, diventa sempre più pulita.

Solo in questo momento, l’acqua può essere scaricata nei fiumi, nei laghi e nel mare per cominciare un nuovo ciclo naturale o essere riutilizzata.”

Il servizio idrico integrato è l’insieme e l’organizzazione delle infrastrutture e dei servizi che rendono possibile il ciclo urbano dell’acqua, un concetto introdotto in Italia dalla legge 36/1994 (sostituita dal D.Lgs 152/2006 “Norme in materia ambientale”) per cercare di ricondurre tutte le competenze della gestione dell’approvvigionamento idrico e dello smaltimento delle acque reflue ad un unico soggetto.

Il territorio nazionale è stato quindi diviso sulla base dei diversi bacini idrografici in

A.t.o. (ambito territoriale ottimale) e in ciascuno di essi un gestore cura i servizi idrici

relativi al ciclo umano delle acque.

2.Il servizio idrico prima della Legge Galli

Il dovere di fornire acqua potabile ai cittadini è sempre stato affidato ai comuni sia per ragioni idrografiche e storico-culturali, sia perché la necessità del servizio è

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essenzialmente legata alla vita dei territori e delle comunità locali.

Prima dell’emanazione della L. 36/94 il servizio di acquedotto ed i servizi di fognatura e depurazione appartenevano a due gestioni separate ed autonome.

In molti enti locali, gli assessorati di riferimento erano disgiunti: il settore era pertanto molto frammentato.

Si contavano 13.500 gestori di acquedotto e fognatura che operavano in aree limitate, la maggioranza di dimensioni municipali, e solitamente con produzioni mono-utility. Il 35% della popolazione italiana non era ancora servito in modo adeguato, soffriva di disagi nell’approvvigionamento di acqua potabile e quasi la metà delle acque reflue urbane non erano trattate.

Il servizio di depurazione in molte aree non esisteva e gli operatori del settore erano aziende speciali o consorzi comunali. In molti casi, la gestione era condotta in economia dagli enti locali; nel sud dell’Italia erano presenti grandi enti economici statali (ad esempio, l’Ente Economico Acquedotto Pugliese).

La regolazione e la gestione del servizio erano nelle mani dello stesso soggetto, l’ente locale; “regista ed attore” convergevano in un’unica figura dando adito alla nascita di comportamenti opportunistici.

Le infrastrutture e gli impianti erano pianificati dallo stato e dalle regioni, e finanziati dalla fiscalità generale. Essendo la responsabilità per gli investimenti separata dalla responsabilità della gestione, gli Enti Locali tendenzialmente mostravano poco interesse al buon mantenimento del capitale investito.

In molte zone, le reti necessitavano di manutenzione date le costanti perdite. Ma le tariffe non coprivano nemmeno i costi operativi.

Il sistema idrico mostrava gravi inefficienze, quali:

• livelli insufficienti se raffrontati alla domanda sempre maggiori di standard qualitativi sia sanitari che ambientali;

• livelli di fornitura inadeguati;

• in molte aree, l’acqua non veniva consegnata anche per lunghi periodi nonostante l’Italia fosse un paese dotata di sufficiente risorse idriche.

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Il continuo aumento del debito pubblico di quel periodo rallentò ulteriormente gli investimenti inasprendo le difficoltà di adeguamento del sistema ai livelli di servizio richiesti.

In aggiunta, l’attenzione dell’opinione pubblica verso un uso corretto ed adeguato della risorsa era sempre maggiore, in considerazione dell’incremento dell’inquinamento della risorsa. La necessità di nuove pratiche organizzative, di nuove professionalità e di tecnologia era divenuta impellente in un modello organizzativo che sembrava non fosse in grado di tenere il passo alla domanda sia in termini finanziari che in termini sociali e culturali.

I conflitti di interessi, la scarsità negli investimenti e di innovazione tecnologica, spiegano lo stato di inefficienza del settore e la conseguente volontà del legislatore di riorganizzare radicalmente il sistema dei servizi idrici per affrontare efficacemente le trasformazioni socio-economiche di settore ed affermare al meglio la funzione di servizio pubblico propria del servizio idrico integrato.

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Figura 2: fonte, presentazione di Erica Gonano ( presidente ZTO della Carnia ) con la consulenza di Carniacque S.p.A.

3.Gli obiettivi della Legge Galli

Per migliorare lo stato dei servizi idrici, la legge Galli prevede la gestione integrata dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione con investimenti a carico del gestore, finanziati dalle tariffe ed estesa su di una porzione di territorio - l’A.T.O. – Ambito Territoriale Ottimale alla quale in forma associata partecipano tutti i comuni inclusi nell’area.

Una prima novità della Legge Galli è contenuta nel termine “gestione integrata”. L’affermazione di tale termine costituisce una sorta di “rivoluzione”, sviluppa un concetto di unicità del ciclo dell’acqua.

Per la salvaguardia del crescente degrado ambientale, i gestori sono ora obbligati a reintrodurre nell’ambiente acqua depurata.

Con tale modello organizzativo si mira non solo alla protezione dell’ambiente, ma anche alla riduzione della frammentazione delle gestioni.

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Le criticità da superare riguardano da una parte la mancanza di programmazione e coordinamento nell’uso e nella gestione della risorsa idrica sul territorio, e dall’altra l’eccessivo numero di operatori, le loro ridotte dimensioni ed il modello in molti casi mono servizio utilizzato.

L’integrazione delle attività di captazione, distribuzione, di trattamento dell’acqua e di raccolta dei reflui è la condizione che permette lo sfruttamento delle economie di scala.

Il legislatore aspira a mettere in atto contemporaneamente due strategie: integrazione orizzontale territoriale ed integrazione verticale del ciclo idrico.

Attribuisce alle singole Regioni il compito di istituire gli Ambiti Territoriali Ottimali, la cui ottimalità, deve essere individuata secondo i seguenti criteri:

• unitarietà del bacino idrografico, intesa come autosufficienza del territorio dal punto di vista dell’approvvigionamento della risorsa;

• economicità: da interpretare quale capacità del gestore di generare su quella

dimensione territoriale economie di scala;

• continuità con la struttura gestionale esistente: rispettando tale criterio si vuole

creare un denominatore comune tra i diversi enti coinvolti nell’accorpamento che debbono trovare un accordo sull'unificazione delle tariffe, modalità di pianificazione e finanziamento e sulle scelte di affidamento del servizio;

• solidarietà economica: da intendere come condivisione dei costi tra aree più

forti ed aree più deboli. A tale principio si associa la solidarietà nella diffusione del servizio e negli standard qualitativi. L’intero territorio sarebbe dovuto risultare omogeneamente servito.

• adeguatezza delle dimensioni gestionali: tale principio è stato inserito nel 2°

comma dell’art. 147 del D.Lgs 152/2006.

Con tale affermazione il legislatore intende ribadire, che l’ottimalità è raggiungibile perseguendo l’obiettivo dell’integrazione territoriale e della filiera produttiva del servizio idrico; a dodici anni dalla riforma Galli, alcuni Ambiti Territoriali non si erano ancora insediati, altri avevano modificato più volte i

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lori confini ed in alcuni le società affidatarie per Ambito erano più d’una.

Solo con l’istituzione di Ambiti Territoriali Ottimali sarebbe stato possibile perseguire il raggiungimento di una dimensione minima gestionale efficiente, efficace ed economicamente sostenibile2.

A capo degli ATO, vi è posta l’Autorità d’ambito pensata come una sorte di Authority decentrata, la quale all’interno della sua giurisdizione deve individuare un solo gestore esterno, determinare la tariffa, regolare e controllare la qualità del servizio.

All’ATO spetta la titolarità del servizio, ossia la responsabilità della fornitura d’acqua potabile, della raccolta delle acque reflue e della loro purificazione prima di essere re-introdotte nell’ambiente.

Il servizio deve essere erogato nel rispetto dei vincoli e delle normative europea, statale e regionale. Alle funzioni ad esso attribuite vi è associato un ampio potere di decisioni: dalla estensione territoriale delle reti, alla determinazione ed alla articolazione della tariffa agli utenti, dall’identificazione degli standard ambientali e qualitativi dell’acqua destinata al consumo, alle modalità di copertura dei finanziamenti e infine la scelta del gestore affidatario ed il relativo. Per dare vita e rendere univoca la funzione di programmazione della gestione, le scelte e le strategie dei comuni associati debbono essere contenute nel Piano d’Ambito, strumento fondamentale per il governo del servizio idrico integrato nel medio-lungo periodo, per la sua valenza economica e tecnica.

Gli ATO appena insediati debbono mettere in atto un’opera di ricognizione sullo stato delle reti, degli impianti esistenti e dei livelli di servizi erogati; partendo dalla capacità delle strutture esistenti, fissano obiettivi di miglioramento ed individuano gli interventi necessari per il loro raggiungimento.

Il piano degli interventi e dei relativi investimenti, parte essenziale del Piano d’ambito, da redigere in coordinamento con l’Autorità di Bacino, riguarda generalmente la realizzazione di nuove opere per l’estensione di servizi di acquedotto, fognature e depurazione, la manutenzione di quelle esistenti, la protezione della risorsa attraverso

2 Criteri ai quali deve ispirarsi l'attività del servizio idrico integrato, come disposto nell'art. 147 del D.lgs 152/2006

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la realizzazione di aree protette, le attività da intraprendere per la riduzione delle perdite, l’adeguamento dei sistemi di telecontrollo delle reti, ecc..

Il Piano d’Ambito deve contenere il modello gestionale che definisce la struttura operativa per mezzo della quale il gestore eroga il servizio.

La previsione di separare l’attività di regolazione, pianificazione e controllo dall’attività gestionale è finalizzata alla eliminazione dei conflitti di interessi.

I comportamenti opportunistici all’interno dei poteri locali sarebbero dovuti diminuire. Si auspica lo sviluppo di un’organizzazione del settore di tipo industriale. Gli enti locali costituiti in A.T.O., delegando la gestione integrata ad un unico soggetto esterno costituito secondo modelli imprenditoriali, avrebbero aperto la strada al meccanismo competitivo in un settore che da sempre, per le sue peculiarità, aveva tutte le caratteristiche del monopolio locale.

Nel disegno del legislatore un ulteriore obiettivo da raggiungere è quello riguardante le modalità dei finanziamenti degli asset e degli impianti: i trasferimenti statali sono sostituiti dai ricavi ottenuti con la tariffa pensata come corrispettivo dei costi. Ora con la riforma sono i cash-flows generati dalla gestione che coprono la spesa d’investimento e non più i sussidi statali.

Da una prima lettura, gli obiettivi previsti nella Legge Galli sembrano facilmente raggiungibili ed il suo iter applicativo piuttosto semplice:

• le regioni con propria legge definiscono gli Ambiti Ottimali e le convenzioni

tipo per l’insediamento delle Authority, costituite dai comuni associati;

• gli ATO definiscono il piano d’ambito e affidano, secondo le modalità stabilite

dalla legge, ad un unico gestore esterno il servizio, aprendo così il settore a forme di gestioni imprenditoriali che finanziano con i propri ricavi la spesa d’investimento.

Di fatto, il servizio idrico integrato, così come voluto dal riformatore del 1994, ha incontrato molteplici difficoltà.

Nel 19993 solo il 27% della popolazione italiana era adeguatamente servita. Parte degli 3 Rilevazione Istat dall'archivio su www.istat.it

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obiettivi, allora prefissati, ancora oggi nonostante le modifiche ed integrazioni apportate dal legislatore, non sono stati raggiunti.

Le numerose sentenze sia della corte di giustizia europea in materia di affidamenti, sia della corte costituzionale italiana, dei tribunali amministrativi regionali in materia tariffaria o di diritti/doveri di connessione al servizio o di competenze statali/regionali e l’analisi degli indicatori strutturali del settore di recenti indagini ne sono la prova.

Figura 3: fonte, presentazione di Erica Gonano ( presidente ZTO della Carnia ) con la consulenza di Carniacque S.p.A.

4.L'attuale organizzazione del servizio idrico integrato

Il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale a rilevanza economica e come tale regolato, per quanto riguarda il modello organizzativo, dalla normativa di settore e, per quanto riguarda le modalità del suo affidamento, dalla normativa sulla fornitura dei servizi pubblici locali.

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L’organizzazione del servizio si è sviluppata da sempre su due fronti: enti locali e istituzioni statali e/o regionali. Da una parte volontà politica e potere amministrativo e regolamentare dei comuni, dall’altra scelte politiche e potere legislativo in materia di programmazione, di regolazione economico-finanziaria, ambientale e sanitaria dello stato e delle regioni.

La Legge Galli ed i successivi interventi di modifica e di integrazione normativa sia in materia di fornitura di servizi pubblici locali, sia in materia di normativa settoriale, pare non abbiamo contribuito a dare sistematicità ed organicità al sistema nel suo complesso.

Le modalità di organizzazione rimangono davvero complesse, coinvolgono attori a diversi livelli istituzionali con competenze non sempre ben delineate e con vedute strategiche non sempre concordi.

I molti regolatori “deboli” non hanno permesso al sistema di evolvere verso un’unica regolazione efficace. La regolazione sanitaria, ambientale e sugli appalti dei servizi pubblici locali è il principale fattore di dinamismo del settore.

L’organizzazione industriale del settore risulta ancora oggi estremamente frammentata. Sebbene il modello della gestione delegata sia stato adottato in quasi tutti gli A.T.O. insediati, le quote del mercato del servizio idrico integrato, rimangono divise tra società ad intero capitale pubblico (gestioni in house 37%), società miste pubblico-private (13%), società quotate in borsa (14%), concessione a terzi (7%); il restante 29% del settore è servito da gestioni salvaguardate (8%) o in economia o per mezzo di aziende speciali o consorzi pubblici (21%)4.

Sono, ad esempio, gestiti in economia il servizio idrico integrato ad Isernia nel Molise il cui bacino tariffario è piuttosto esiguo (popolazione servita 21.999) ed Aosta con un bacino di 35.078 utenti.

A ventidue anni dalla riforma, le principali istituzioni e funzioni sono state implementate.

Tutte le regioni hanno provveduto ad emanare le normative sulla delimitazione degli

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Ambiti Territoriali e a definire le convenzioni tipo che regolano i rapporti tra ATO e gestore.

Sono stati individuati 72 Ambiti Territoriali Ottimali che rispetto alla dimensione territoriale, sono così suddivisi:

• 1 interregionale; • 11 regionali; • 5 sovra-provinciali; • 6 inter-provinciali; • 40 provinciali; • 9 sub-provinciali5.

Le scelte di Regioni e Province Autonome in merito agli enti di governo d'ambito hanno portato alla individuazione o designazione di:

• 18 enti pubblici non economici;

• 26 aggregazioni di enti locali ( convenzione );

• 4 consorzi;

• 2 società di capitali;

• 12 aziende speciali;

• 9 enti locali ( incluse province e città metropolitane );

• 1 amministrazione regionale.

A febbraio 2016, nel 10% degli ATO, gli enti locali non hanno aderito agli enti di governo dei corrispondenti ATO. Nel restante 90%, in ogni caso, gli enti di governo d'ambito non sono pienamente operativi6.

In questo momento, il sistema affonda le sue radici nell’originario schema disegnato dalla legge n. 36/94.

5 Fonte: www.spl.invitalia.it.

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Figura 4: fonte, Invitalia, percentuale di comuni che in ciascuna Regione gestisce almeno un segmento del servizio idrico integrato in economia7.

5.La direttiva europea in materia di acqua n. 2000/60/CE

Negli ultimi anni, la qualità delle acque è andata via via peggiorando. La cause sono diverse: contaminazioni legate allo sfruttamento intensivo dei terreni agricoli, inquinamento industriale, mancanza di depurazione dei reflui.

I recenti periodi di siccità che si sono alternati alle inondazioni hanno contribuito a dimostrare che anche nei paesi aderenti all’Unione Europea il sistema idrico, la gestione dei corpi idrici e dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione non sono sempre soddisfacenti.

Il legislatore europeo consapevole della necessità di migliorare la qualità ecologica delle acque superficiali all’interno del territorio comunitario, di soddisfare da una parte la crescente domanda di buona qualità della risorsa e dall’altra di mantenere una quantità sufficiente per qualsiasi utilizzo e di evitare soprattutto che nel lungo periodo la disponibilità della risorsa tra cittadini e territorio divenga iniqua intaccando così il benessere della società europea e lo sviluppo dell’economia, ha emanato la direttiva quadro 2000/60/CE8.

7 Fonte: rilevazioni dell'osservatorio SPL dal sito www.spl.invitalia.it. 8 La direttiva 2000/60/CE è consultabile in http://eur-lex.europea.eu.

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La direttiva determina un insieme di principi comuni in materia di acqua considerando questa risorsa non come un prodotto commerciale uguale agli altri, ma come un patrimonio che va protetto e difeso.

Figura 5: fonte, Prof. Ruggiero Dipace Università degli studi del Molise

Nel suo insieme la norma europea mira così:

• a proteggere le acque superficiali interne, le acque di transizione, le acque sotterranee, le acque costiere;

• a prevenire e ridurre l’inquinamento;

• a promuovere un uso sostenibile della risorsa;

• a migliorare le condizioni degli ecosistemi acquatici; • a mitigare le condizioni delle inondazioni e delle siccità.

E’ una disposizione innovativa in quanto tratta la materia “acqua” non in maniera limitata, ma con una visione integrata rispetto agli usi e alle funzioni dell’acqua.

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Inoltre, prende in seria considerazione le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del suo utilizzo.

Le politiche idriche vengono inserite per molti aspetti nel contesto del diritto ambientale: si stabiliscono obiettivi di qualità e limiti quantitativi alle emissioni inquinanti, si pone l’accento sull’uso responsabile e razionale della risorsa naturale in base ai principi della precauzione e dell’azione preventiva, della correzione dei danni causati all’ambiente, del criterio “chi inquina paga”.

Gli stati membri debbono porre in essere strumenti e misure finalizzati all’interazione che deve esistere tra tutela delle acque, gestione delle stesse sul territorio e sviluppo economico, attuare in tal modo politiche coordinate tra loro per l’utilizzo sostenibile dell’acqua e del suolo, influenzando i comportamenti degli agenti economici (imprese e consumatori).

Il documento prende in esame anche la questione del recupero dei costi dei servizi idrici. Gli stati membri sono tenuti, infatti, a definire i prezzi, i canoni, e le tariffe per l’utilizzo stimando costi gestionali ed ambientali connessi agli usi dell’acqua, definendo la modalità di copertura dei costi dei servizi idrici e stabilendo criteri per la loro ripartizione tra i diversi settori di impiego (agricolo, industriale e civile).

Tali metodologie dovrebbero permettere una valutazione economica comparativa degli usi dell’acqua anche in base ai costi ambientali, in relazione cioè ai danni e alle ripercussioni negative per l’ambiente acquatico.

L’ applicazione del principio “chi inquina paga” secondo lo schema della direttiva non ha solo lo scopo di internalizzare l’esternalità negativa che l’utilizzo dell’acqua può comportare, ma anche di assicurare maggiori risorse finanziarie ai gestori dei servizi idrici e di ripartire i costi dell’utilizzo dell’acqua secondo criteri di responsabilità ed equità. Tuttavia, l’adesione a questo criterio non è tassativa.

In generale, nella fissazione delle tariffe gli stati possono tener conto delle condizioni sociali, ambientali ed economiche dei territori ritenendo non tassativo il full-cost

recovery9.

9 Il principio del full-cost recovery prevede il ricorso a strumenti endogeni di finanziamento (tariffe) che consentano la copertura integrale dei costi (industriali di gestione e di capitale, ed ambientali), finché questo

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La tariffa, ad ogni modo, deve essere trattata come lo strumento incentivante ad un uso efficiente della risorsa, che contribuisca cioè a raggiungere gli obiettivi posti dalla direttiva.

Un’ulteriore novità riguarda l’istituzione nei singoli stati membri di bacini e distretti idrografici. Il primo consiste in una porzione di territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce: a estuario o a delta.

I secondi sono definiti come aree di terra e di mare, costituite da uno o più bacini idrografici limitrofi.

Il distretto costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici. Ogni distretto deve essere amministrato da un’unica Autorità alla quale spetta il compito di applicare correttamente il sistema di regolazione in materia di acqua.

A livello amministrativo, il legislatore europeo prevede la creazione di un solo organo con elevate competenze tecniche, giuridiche ed anche economiche, in quanto deve essere in grado di gestire tutte le problematiche relative all’utilizzo della risorsa nel territorio di sua competenza.

Gli strumenti di pianificazione previsti per il raggiungimento degli obiettivi sono: • i piani di gestione dei bacini idrografici;

• i programmi di misure.

Entrambi i documenti debbono essere redatti tenendo conto delle caratteristiche complessive del territorio e concernenti pertanto le dimensioni ambientali e sociali, ma anche quelle economiche.

A tale proposito la direttiva prescrive all'art. 5, comma 1 che gli stati membri portino a termine:

• un’attenta analisi delle caratteristiche del distretto;

• un esame dell’impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee;

• un’analisi economica dell’utilizzo idrico.

non vada a collidere con altri principi fondamentali (ad esempio la garanzia di accessibilità a un prezzo ragionevole).

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Quest’ultimo report contiene una valutazione economica dei diversi usi a cui i corpi idrici possono essere destinati e/o previsioni di lungo periodo sui cambiamenti dell’offerta e della domanda di acqua, o ancora, per adeguare l’offerta alla domanda, stime sui costi di gestione dei servizi di captazione, adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione e sugli investimenti necessari.

Le valutazioni debbono essere adottate in base al principio dell’analisi costi-benefici ed essere redatte in primis entro tredici anni dall’entrata in vigore della direttiva e successivamente ogni sei anni.

L'aggiornamento delle valutazione introduce l'elemento dinamico, presupposto di base, ogni qualvolta il decisore politico affronta la materia sia in termini ambientali che economici. La dinamicità del settore idrico è, come abbiamo avuto modo di rilevare, uno dei fattori di maggiore criticità. La macro analisi economica voluta dal legislatore europeo da aggiornare ogni sei anni contribuirebbe a migliorare il controllo su alcuni fattori determinanti per il miglior utilizzo della risorsa.

Il piano di gestione per i suoi contenuti viene ad essere il documento centrale sul quale convergono tutti gli interventi in materia; molte variabili non sono più considerate indipendenti (l’uso per il settore agricolo non è separato dall’uso civile o industriale), ma correlate tra di loro.

Vi è il tentativo di rispondere contemporaneamente alle esigenze socio-economiche del territorio tenendo però in debita considerazione i relativi costi e benefici. I programmi di misure riguardano prevalentemente gli interventi tecnici sulla risorsa, rivolti alla sua protezione, alla sua tutela, al suo uso efficiente e sostenibile, al controllo sulla sua estrazione, sugli scarichi delle acque reflue, ed in particolare sulla emissione degli agenti inquinanti. Oltre a misure preventive sono previsti anche interventi di miglioramento del livello qualitativo dei corpi idrici e misure volte ad eliminare l’inquinamento.

E’ rilevante come venga ribadita l’obbligatorietà di autorizzazione preventiva o di registrazione ogni qual volta si renda necessaria un’attività di estrazione o di

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arginamento d’acqua o di accrescimento di un corpo artificiale, anche sotterraneo10.

Ancora più specificatamente, l’obbligatorietà si rende necessaria in caso di scarichi che possono provocare inquinamento o più in generale quando in un qualche modo vanno negativamente ad impattare sulla condizione morfologica del corpo idrico (lago, fiume, torrente, invaso artificiale, ecc.).

Sebbene sia l’autorizzazione sia la registrazione siano inserite nelle misure di controllo, il fatto che per poter utilizzare, estrarre, arginare, invasare, modificare corpi idrici, emettere scarichi, l’acqua o per dare inizio ad una attività di servizio idrico, ci sia il vincolo della richiesta di un permesso all’autorità pubblica mette in evidenza come per il legislatore europeo, l’acqua ed i servizi ad essa associati siano considerati un bene pubblico e pertanto da tutelare, regolare e controllare sotto tutti gli aspetti. Questa affermazione non è da ravvedersi come una contrapposizione alla definizione che lo stesso legislatore pone nelle premesse della direttiva: l’acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto e difeso, in quanto soddisfa molteplici funzioni; nell’attività industriale è, in molti casi, uno dei principali fattori della produzione e ciò non deve essere un impedimento alla sua considerazione di patrimonio da tutelare e da proteggere, soprattutto per la salvaguardia dei molteplici interessi universali in essa incorporati e per le esternalità negative che si generano se non viene adeguatamente sfruttata.

La direttiva è orientata principalmente alla tutela di colui che subisce l’inquinamento (esternalità negativa). In molti casi le fonti di inquinamento sono diffuse e le conseguenze negative ricadono sulla società in generale. Chi ne sopporta i costi è la collettività:

• in termini socio-sanitari con le malattie causate dalle sostanze tossiche;

• in termini economici, quando ad esempio, le aree turistiche, le cui acque vengono dichiarate non balneabili vedono diminuire il numero dei visitatori; • quando le aree dedite all’attività di pesca subiscono il rischio dell’estinzione di

alcune specie ittiche;

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• quando in termini ambientali spariscono le zone umide necessarie alla salvaguardia dell’eco-sistema.

Si deve in sostanza diminuire il benessere collettivo e non quello individuale di chi ha provocato l’inquinamento.

6. Le regole dello Stato: obblighi per il gestore del servizio idrico integrato

Un servizio di interesse generale viene riconosciuto come tale solo se politicamente emerge la volontà di assoggettarlo a determinati obblighi.

Se si vuole che i bisogni primari dei cittadini siano realmente soddisfatti, bisogna attribuire al soggetto che eroga il servizio determinati comportamenti e azioni specifiche (obblighi).

Questo significa che l’attività del servizio idrico integrato deve essere condotta rispettando determinati vincoli.

Lo Stato per salvaguardare l’interesse generale è legittimato ad introdurre disposizioni

erga omnes e ad agire in deroga al principio generale della libertà di stabilimento,

previsto nel Trattato dell’Unione Europea.

Non si ha la pretesa di individuare tutte le disposizioni che in qualche modo regolano l’attività del servizio idrico integrato, ma è interessante delineare la funzione delle principali norme emanate in attuazione della normativa europea, le quali inoltre costituiscono le fonti di obbligo.

Il rispetto degli adempimenti previsti sono espressioni di garanzia per la nostra salute, sostenibilità ambientale, perseguimento dello sviluppo socio-economico e tutela del benessere collettivo.

Tra questi, il D.Lgs n. 31 del 2 febbraio 2001 (modificato ed integrato dal D.Lgs n. 27 del 2 febbraio 2002) emanato a seguito della direttiva 98/83/CE relativo alla qualità delle acque destinate al consumo umano e che le definisce come acque potabili impiegate in ambito domestico, per cucinare, per bere o per altri usi domestici, o quali acque utilizzate dalle imprese alimentari per la produzione di prodotti destinati al

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consumo umano; inoltre assegna al gestore del servizio idrico l’obbligo di garantire che i valori dei parametri, definiti nello stesso decreto, siano rispettati nel punto di consegna.

Il controllo esterno sulla qualità delle acque fornite dal gestore spetta all’Azienda Unità Sanitaria Locale territorialmente competente.

Il D.Lgs. n. 31/2001, prevede l’istituto della deroga e come è già avvenuto in altre occasioni nel nostro paese applicando tale disposizione, si creano soluzioni di second

best11, ovvero soluzioni di compromesso, in cui si vincola l’impresa ad un prezzo

uguale al costo medio di produzione, in modo che il monopolista possa coprire i costi fissi attraverso un minimo profitto.

Intuitivamente è facile capire come, scegliendo questa strada, vi sia una perdita di benessere sociale.

Anche in quest’ipotesi l’individuazione del prezzo appropriato può essere associata a comportamenti distorsivi in situazioni d’asimmetria informativa.

I valori prefissati possono essere non rispettati anche per periodi di tempo piuttosto lunghi. I Comuni che non riescono a rispettare i parametri, chiedono la deroga alla Regione, la quale si rivolge al ministero della salute, il quale a sua volta richiede chiarimenti e pareri al Consiglio Superiore della Sanità, dando il via a procedimenti lunghi, ma che in generale si concludono con l’approvazione della richiesta comunale. Si producono situazioni alquanto paradossali: il primo settembre 2010, la notizia pubblicata sul “Sole 24 Ore” da G. Trovati dal titolo “Atrazina, boro, e clorito: Acque d’Italia in deroga” con la quale informa i lettori che dodici Comuni della Provincia di Roma vietano l’acqua del rubinetto ai minori di quattordici anni per via dell’atrazina12

in essa contenuta.

Mentre in Sicilia, il Ministero ha permesso che il parametro del vanadio presente nell’acqua dei rubinetti di molti comuni siciliani sia portato da 50 mg., massima

11 Nell'intervento pubblico di tipo First best lo stato impone all’impresa un prezzo uguale al costo marginale che assicura il massimo benessere sociale sostenibile nel mercato. Nella scelta di first-best, tuttavia, il monopolista produrrebbe in perdita se fissasse un prezzo uguale al costo marginale, dato che quest’ultimo è minore al costo medio, quando il costo medio ha un andamento decrescente.

12 L'atrazina è un composto sintetico derivato dalla triazina che è ampiamente utilizzato come erbicida agricola. Causa il cancro ed è vietato in alcuni paesi.

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quantità ammessa per il resto d’Italia, a 160 mg per tutto il 2011, in attesa di nuove infrastrutture; ci siamo chiesti se con il termine infrastrutture si intendono i soli depuratori.

Il dubbio emerso nasce dal caso emblematico di Reggio Calabria, uno dei pochi Comuni che non ha mai chiesto deroghe e dove vi è l'assenza di acqua potabile.

E’ il caso di dire che il disegno normativo relativo all’organizzazione del servizio idrico sia solo apparentemente lineare.

Nella realtà la sua applicazione è complessa. Le funzioni giuridico-amministrative, le verifiche ed i controlli ambientali e sanitari, si diramano però in una serie di “attori” con competenze dai confini non sempre precisi: si pensi se al gestore del servizio idrico integrato spettasse il controllo interno, al Comune, alla Regione, all’A.U.S.L., al Ministero della Salute, al Consiglio Superiore della Sanità spettano altri compiti che vanno ad incidere su quello del primo.

La frammentazione di competenze e di “ruoli”, è secondo molti esperti un fattore molto critico: crea disordine e disomogeneità.

Le conseguenze ricadono sia sulle imprese del settore che vedono crescere il loro rischio operativo sia sui cittadini che non si sentono adeguatamente tutelati.

Se a Velletri, in provincia di Roma, i bimbi non possono bere l’acqua, in Romagna la scorsa primavera i primi cittadini dei Comuni di Ravenna, Lugo, Cervia, Cesena e Imola, in rappresentanza dei 225 comuni serviti da Hera s.p.a., gestore locale del servizio idrico integrato, lanciano una massiccia campagna pubblicitaria dal titolo

"Peccato non berla! La buona acqua di casa tua", esortando così i cittadini a bere

l’acqua del rubinetto.

In una nota del 5 maggio 2010 del sindaco del Comune di Lugo (RA), si legge:

"L'acqua del rubinetto è buona, garantita, controllata ed economica. Berla consente di risparmiare - costa duecento volte meno di quella minerale - e fa bene all'ambiente: basti pensare alle tonnellate di bottiglie di plastica che finiscono in discarica e al fatto che bere un litro d'acqua del rubinetto in sostituzione di quella in bottiglia equivale ad evitare di percorrere quasi due chilometri in auto. Non berla è davvero un peccato”.

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Il Sindaco non solo si fa pubblicamente garante della qualità e salubrità dell’acqua consegnata nelle case ma promuove e sostiene allo stesso tempo obiettivi di tutela ambientale13.

Il rispetto degli standard di qualità dell’acqua potabile contenuti negli allegati del suddetto decreto, individua uno dei compiti fondamentali del gestore a garanzia dell’interesse generale della comunità, ma a condizione che l’iter procedurale sia applicabile.

Con la recente emanazione del Decreto Legislativo n. 30/200914, con il quale il

legislatore ha voluto affrontare il tema delle esternalità ambientali, il cui obiettivo primario è la tutela e la prevenzione delle immissioni di sostanze pericolose nelle acque sotterranee.

La norma introduce misure specifiche per prevenire e controllare l’inquinamento ed il depauperamento dei corpi idrici sotterranei che come abbiamo visto in precedenza nel nostro paese sono sottoposti a evidenti condizioni di stress in particolare nelle aree densamente popolate.

La direttiva europea n. 2000/60/CE in materia di acqua è stata, insieme ad altre concernenti materie ambientali, recepita nel D.Lgs. n. 152 del 3-4-2006, modificato ed integrato dal D.Lgs n. 4/2008, rinominato “codice ambientale” o “Testo Unico Ambientale”.

In particolare, nella parte terza la norma si occupa di difesa del suolo e del sottosuolo, di lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche; la disciplina del servizio idrico integrato prevista nella L. Galli è stata inserita nel T.U.A. senza sostanziali modifiche se non per la il diverso ruolo applicato alle Autorità d’Ambito.

Con la precedente Legge Galli, le Autorità d’Ambito non si costituivano come soggetti autonomi ma come associazione di enti i cui rapporti e le cui funzioni erano regolate da una convenzione-tipo stabilita dalla regione.

Nel 2006, il legislatore incarica le regioni di istituire le A.A.T.O., quali soggetti di

13 Dal comunicato del sindaco di Lugo, Fonte www.romagnaoggi.it

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diritto pubblico dotate di personalità giuridica propria.

Attualmente al vaglio del Consiglio di Ministri, vi è un Decreto Legislativo che recepisce le ultime novità introdotte dalla normativa europea (direttiva n. 2008/105/Ce) in materia di politiche delle acque.

Vengono stabilite nuove specifiche tecniche per l’analisi chimica ed il monitoraggio dello stato delle acque e vengono ridefiniti in sostanza alcuni standard di qualità ambientale.

In Italia, come nella maggior parte dei paesi industrializzati, buona parte del diritto idrico è parte del diritto ambientale a conferma che la gestione della risorsa, e dei servizi ad essa associata non è possibile senza il rispetto di alcuni principi fondamentali, quali quello dello sviluppo sostenibile, e che lo sviluppo socioeconomico dell’Italia non può eludere la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e l'utilizzazione accorta e razionale fra i diversi usi delle risorse idriche.

Più specificatamente, la norma è volta ad assicurare la tutela ed il risanamento non solo del suolo e del sottosuolo, ma anche la prevenzione di dissesti idrogeologici mettendo in sicurezza le situazioni a rischio ed utilizzando quali strumenti come la programmazione e la pianificazione degli interventi con il concorso di Stato, le Regioni a statuto speciale ed ordinario, le Province autonome di Trento e di Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità Montane e i Consorzi di bonifica e di irrigazione, secondo i compiti loro assegnati.

7.Come viene utilizzata la risorsa: il piano di bacino

Il D.Lgs 152/2006 istituisce nel nostro territorio, in applicazione e con le finalità della direttiva europea n. 2000/60/CE, 8 distretti idrografici, ciascuno presieduto da un’Autorità di bacino distrettuale15 alla quale spetta la redazione del Piano di Bacino,

strumento fondamentale della programmazione e degli interventi da realizzare non

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solo per le opere di tutela della risorsa o di difesa del suolo, ma anche per le opere in esecuzione di progetti di costruzione o miglioramenti degli asset delle reti del servizio idrico integrato.

Mentre le amministrazioni regionali e quelle del distretto idrologico si occupano delle strategie di programmazione degli interventi, la gestione ed il finanziamento diviene parte del documento fondamentale approvato dall’A.A.T.O: il Piano d’Ambito.

Tale disgiunzione di responsabilità era già contenuta nella Legge Galli ed aveva lo scopo di non addossare compiti impropri alle Regioni o alle Autorità di bacino, organi deputati alla pianificazione e non alla gestione.

Se è vero che l’attività di programmazione comporta una responsabilità diversa dalla gestione degli interventi da realizzare, ciò non deve eludere la necessaria condivisione delle strategie tra i diversi “attori” istituzionali coinvolti: il Ministero dell’Ambiente, la Regioni, l’Autorità di distretto e l’ A.A.T.O.

La stessa norma cita “Le attività di programmazione ed i piani degli interventi da

realizzare debbono essere svolte dal ministero dell’Ambiente in coordinamento con i soggetti pubblici preordinati a garantire omogeneità delle condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, delle modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e della gestione dei servizi connessi”.

Nella pratica si riscontrano problemi di coordinamento per quanto riguarda la parte economico-finanziaria.

I Piani di Bacino prevedono adeguamenti delle strutture per il rispetto degli standard ambientali, che possono riguardare a titolo esemplificativo gli impianti o la ricollocazione dei punti di captazione. A tali misure conseguono oneri aggiuntivi che sono a carico della gestione.

Molto spesso non è chiaro come tali spese debbano essere trasferite nel capitolato di affidamento del servizio o come debba essere rinegoziato il contratto di servizio.

Non vi sono nei Piani di Bacino linee guida che definiscano quali oneri imputare alla fornitura del servizio (che pertanto andrebbero ad incrementare la tariffa) e quali al contrario si delineano come spese per la tutela della qualità di un corpo idrico o per il

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recupero di area degradata che coinvolgono l’intero distretto o bacino idrografico e che dovrebbero gravare pertanto economicamente su una base d’utenza più ampia poiché assolvono ad un compito di più ampio respiro.

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CAPITOLO 2

LE CARATTERISTICHE DEL SETTORE IDRICO

1. Il Monopolio Naturale

La forza con cui i singoli individui cercano di perseguire i propri interessi, può consentire anche a soddisfare l'interesse pubblico16.

La motivazione del profitto avrebbe indotto gli imprenditori a produrre i soli beni desiderati dai consumatori. La concorrenza avrebbe mantenuto nel mercato solo coloro che erano in grado di offrire i beni ai prezzi più bassi.

Lo Stato non sarebbe dovuto intervenire nell’economia; il suo ruolo sarebbe dovuto essere limitato, perché una mano invisibile avrebbe portato gli imprenditori a produrre nel modo migliore solo ciò che i consumatori richiedevano.

Tuttavia, il settore idrico, già ai tempi di Adam Smith, era considerato un mercato “speciale”, l’eccezione alla regola generale della superiorità del modello della libera concorrenza.

La teoria economica del benessere viene in aiuto a conferma dell’eccezionalità del settore idrico.

Il primo teorema fondamentale dell’economia del benessere sostiene che se un mercato è perfettamente concorrenziale (è sottoposto a particolari circostanze) allora è anche Pareto-efficiente17.

Nella realtà, le condizioni di mercato perfetto si presentano raramente.

E’ molto più probabile vi siano situazioni per le quali il mercato non possa essere Pareto-efficiente: in presenza di market failures18, concorrenza insufficiente, beni pubblici, esternalità, asimmetria informativa, mercati incompleti, alti costi di transazione, il mercato fallisce.

16 Adam Smith lo sostiene nel saggio “La ricchezza delle Nazioni” ( 1776 ).

17 L'ottimo paretiano o efficienza paretiana è un concetto introdotto dall'economista italiano Vilfredo Pareto, largamente applicato anche in teoria dei giochi, ingegneria e scienze sociali. Si realizza quando l'allocazione delle risorse è tale che non è possibile migliorare la condizione di un soggetto senza peggiorare la condizione di un altro.

18 In economia, viene chiamato “fallimento del mercato” quella situazione in cui l'allocazione dei e dei servizi effettuata tramite il libero mercato non è efficiente, cioè ci sono dei modi per incrementare il benessere di alcuni partecipanti senza ridurre quello di alcun altro.

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Per “correggere” il cattivo funzionamento, è necessario o l’intervento diretto dello Stato che subentra al privato nella produzione o un valido sistema di norme e di controlli che vigilano sulla gestione dell’operatore privato.

Le attività necessarie alla produzione del servizio idrico implicano tanti e tali market

failures per cui il ricorso ai normali meccanismi di mercato risulta inverosimile.

La liberalizzazione del Sistema Idrico Integrato ha l’obiettivo di trasformare la struttura economica del settore idrico, classificabile tradizionalmente come un monopolio naturale, in un utopistico mercato a concorrenza perfetta.

Il monopolio è una forma di mercato dove un unico venditore offre un prodotto o un servizio.

Spesso il monopolio viene classificato in base alle circostanze da cui trae origine. In particolare definiamo:

• Monopolio Legale se la presenza di un’unica impresa è imposta per legge o da

regolamentazioni.

• Monopolio Naturale se il numero ottimale di imprese presenti sul mercato è uno

perché ragioni produttive renderebbero economicamente sconveniente la presenza di più imprese19.

Secondo la Teoria dei Mercati Contendibili20, il monopolio naturale si manifesta

quando nell'intervallo di produzione la funzione di costo è subadditiva, ovvero i costi sostenuti da una sola impresa nel produrre l'intera quantità richiesta sono inferiori a quelli che sosterebbero due o più imprese contemporaneamente presenti sul mercato. All'interno del settore idrico, la necessità di reti infrastrutturali distributive non facilmente riproducibili rende il settore un monopolio naturale.

Il costo maggiore che debbono sostenere gli operatori è rappresentato dalle spese per la costruzione di grandi opere e l’installazione degli impianti (costi fissi fino al 90%): invasi, impianti di captazione, adduzione, tubature, condotte, scavi, allacciamenti che debbono essere messi in atto per trasportare la risorsa dal luogo in cui è presente

19 Generalmente questa situazione riguarda attività capital intensive, caratterizzate da elevati costi fissi e costi variabili poco significativi.

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naturalmente al luogo in cui va consegnata.

In tale situazione i costi medi di produzione decrescono all’aumentare dell’output, (rendimenti di scala crescenti).

Non sarebbe efficiente avere due reti idriche sullo stesso territorio.

Ciascuna impresa, proprietaria degli impianti, si dividerebbe probabilmente il mercato a metà, ma visto che i costi medi di produzione aumentano al diminuire della produzione, entrambe dovrebbero sostenere costi medi superiore a quelli di unica impresa che potrebbe comunque soddisfare la richiesta di acqua.

I rendimenti di scala rilevano così tanto che il mercato in sé (naturalmente) ammette la presenza di un’unica impresa.

Per ogni dato livello di produzione dell’output, il costo di una singola impresa è inferiore alla somma dei costi sostenuti da più imprese per la produzione della stessa quantità.

Il monopolio naturale è una delle cause del fallimento del mercato in quanto lo rende non concorrenziale. L’offerta di un servizio con spiccate caratteristiche pubbliche, come può essere considerato il servizio idrico, in un mercato senza regole non sarebbe adeguata. Il monopolista, infatti, controllerebbe l’erogazione di acqua e sfrutterebbe il bisogno fondamentale dell’intera collettività.

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Figura 6: fonte, Monopolio, Marchionatti/Mornati, Parte II.B, Cap.1

L’unico produttore del servizio fisserebbe un prezzo pari al ricavo marginale e sarebbe davvero preoccupante.

Se considerassimo un mercato senza regole istituzionali, la domanda per l’accesso ad acqua corrente e per i servizi igienico sanitari sarebbe rigida: un minimo incremento del prezzo non farebbe variare la quantità richiesta essendo il bene di cui parliamo non facilmente sostituibile ed le reti non replicabili.

Il monopolista opererebbe massimizzando il suo profitto.

La domanda urbana di acqua e dei servizi idrici per uso domestico è in realtà inelastica rispetto al reddito delle famiglie.

Consumano molta acqua sia i ricchi sia i poveri.

2.Economie di scale, di densità e di scopo

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al consumatore.

Si hanno economie di scala21 quando ad un aumento dell’output è associato un

aumento meno che proporzionale nei costi dei fattori della produzione (lavoro, capitale, tecnologia e materie prime).

Le economie di densità22 sono economie di scala nelle quali il numero di utenze ed il

volume dell’erogazione che indicano la densità del servizio, variano mentre la lunghezza della rete viene mantenuta costante.

Le economie di scala e di densità debbono essere valutate contemporaneamente.

Infatti, i minori costi che si possono registrare nei grandi bacini di utenze spesso non sono dovuti solo all’incremento del numero di richieste di allacciamento alla rete ma alla maggiore densità delle stesse.

In questi casi, non è la numerosità che influenza l’abbattimento dei costi produttivi piuttosto un fattore demografico quale un alto tasso di urbanizzazione.

Gli studi più recenti sull’efficienza del servizio idrico approfondiscono l’analisi su alcuni fattori: le economie di scala, di densità e la privatizzazione.

Dai risultati è possibile ricavare utili segnali per l’attivazione di strategie d’ integrazione tra operatori mono-prodotto o avere indicazioni riguardo la porzione ottimale di territorio da gestire o ancora riguardo le potenziali politiche pubbliche da applicare.

Il denominatore comune della maggior parte degli studi affrontati è la consapevolezza che le caratteristiche tecniche, le specificità territoriali, ambientali e organizzative di ogni nazione influenzano le performance delle imprese del settore.

Esistono molte variabili che influenzano i risultati sull’efficienza.

I casi analizzati mettono così in relazione i costi non solo ai volumi d’acqua consegnati e/o al numero di utenze collegate e/o all’estensione della rete ma anche a variabili di tipo geografico territoriali o che riguardano la proprietà del gestore (pubblica o privata), o il market share dell’impresa erogatrice o il suo portafoglio di business.

21 Analisi delle strutture di costo dell'industria idrica italiana. Le economie di scala, di scopo e di densità, N. Barabaschi ( 2007 )

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Alcuni studi23 hanno dimostrato che sono state deboli le economie di scala nell'analisi

del servizio di acquedotto di 170 operatori italiani del 1991 per una fornitura di acqua inferiore a 18 milioni di mq l'anno.

Altri24, prendendo in esame la struttura di costo di un campione di trentadue utilities

italiane nel periodo 1991-1995, scoprirono che con la crescita simultanea dei volumi offerti e del numero di utenti si attivavano forti economie di densità.

Dallo studio25 poi di un campione di diciotto Ambiti Territoriali Ottimali italiani

proiettando nei futuri trenta anni i dati (misero in relazione variabili come il volume consegnato, il prezzo del lavoro, l’elettricità, le materie prime, i servizi ed il capitale, la lunghezza della rete, e le perdite di acqua nelle condotte) concludendo che quando il servizio idrico è gestito in modo integrato da monte a valle della filiera produttiva (acquedotto, fognatura e depurazione) si attivano sì forti economie di scala, ma solo oltre i 90 milioni di mq di acqua erogati.

Un interessante studio statistico presentato in occasione della manifestazione “Accadueo” del 19/5/2006 organizzata da INDIS-Unioncamere, basato sui dati dell’Archivio Camerale del settore idrico italiano (ACSI) riferito a 330 bacini tariffari con una media di 23mila utenze e di circa 150 km di rete, contenente preziose informazioni, quali i prezzi dei principali fattori produttivi, la quantità dei diversi

output erogati, le caratteristiche dei bacini idrografici, e le condizioni tecnologiche

degli operatori, desunte dai Modulari CIPE-MAP presentati alle Camere di Commercio, ha stimato in modo distinto le economie realizzabili nel servizio acquedotto, nei servizi di fognatura e di depurazione.

Le economie di scala risultano presenti nel servizio di acquedotto solo quando i bacini sono di dimensioni ridotte.

Con l’incremento delle loro dimensioni esse tendono ad annullarsi e le economie di densità tendono ad emergere. Con un incremento del 10% dell’acqua erogata e

23 Fabbri P. e Fraquelli G. ( 2000 )

24 Antonioli B, Filippini M.. “The use of a variable cost function in the regulation of the Italian water

industry”.( 2001 )

25 Fraquelli G. e Moioso V. La riforma del servizio idrico in Italia e il problema della dimensione “ottimale” degli Ambiti Territoriali. ( 2006 )

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parimenti del numero di utenze servite, mantenendo invece fissa la dimensione rete, il costo variabile subisce un incremento del 2,5% (molto meno che proporzionale).

Questi risultati indicano come la “fusione” di due operatori di piccole dimensioni sia conveniente solo se accompagnata da un incremento del tasso di urbanizzazione26.

I risultati riguardanti i servizi di fognatura e depurazione sono diversi; il servizio di depurazione presenta in media economie di scala, ma non economie di densità.

Il tratto dominante del servizio di raccolta dei reflui sembra essere quello di evidenti diseconomie.

Da notare anche che il numero di operatori coinvolti nell’attività delle acque reflue o della depurazione è minore rispetto agli operatori del servizio acquedotto.

Uno studio recente dell’Istituto di Ricerca sulle Imprese e lo Sviluppo del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ceris-Cnr 2010), ha investigato sulla presenza di economie di scala e di densità in un campione di trenta gestori idrici nel triennio che va dal 2005 al 2007.

L’esito complessivo evidenzia l’impatto negativo delle perdite sulle reti che mediamente consiste nel 39% dell’acqua immessa in rete, e come una migliore gestione operativa della risorsa con gli adeguati investimenti e un processo di concentrazione porterebbe significativi miglioramenti e contenimento dei costi ma fino ad una popolazione servita di 500.000 abitanti.

Bisogna sottolineare che le perdite nelle reti di distribuzione coinvolgono anche la tecnologia utilizzata dall’impresa ed individuarle risulta piuttosto difficile.

Le imprese per mantenere la pressione dell’acqua al livello prefissato debbono aumentare i volumi d’acqua nelle condotte. Conseguentemente, il maggior grado di pompaggio degrada la rete.

In generale, le perdite nella rete comportano nuovi investimenti per la necessità di dover sostituire le condotte, di dover acquistare la strumentazione per identificarle nel sottosuolo ed anche per identificare le perdite apparenti (allacciamenti e consumi non autorizzati).

26 Fonte dei dati in Barbaraschi, N., Berardi, D., Vignocchi, C. (2006): Le economie di scala nella gestione dei servizi idrici, Rapporto INDIS-UnionCamere.

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In definitiva, la maggior parte dei risultati empirici mostrano come sia difficoltoso affermare che l’efficienza dipende dalla forma proprietaria (pubblica o privata) e come nel servizio idrico, pur trattandosi come altre utilities di un servizio basato su di una rete infrastrutturale, la presenza delle economie di scala non sia così facilmente individuabile.

Alcuni esperti ritengono che le imprese solo nel lungo periodo quando nel territorio aumenta il tasso di popolazione residente per kmq, riescono ad ottenere dei rendimenti di scala.

Altri autori (Garcia and Thoms, 2001) non nascondono tuttavia le loro perplessità sulle economie di densità: con l’incremento del tasso di urbanizzazione, aumentano i costi della manutenzione con evidenti rischi di dover affrontare ingenti spese anche per la sostituzione delle arterie principali della rete.

L’economicità della gestione del servizio idrico non è dovuta unicamente ai rendimenti di scala dei grandi impianti e delle reti o alle tecnologie utilizzate o dallo stato della domanda (la sua intensità), ma è influenzata dalla presenza di altre variabili in un qualche modo tra di loro correlate: regolazione di settore e modalità di finanziamento, bacino idrografico e disponibilità fisica della risorsa, dimensione dell’impresa e proprietà.

2.1 Sunk costs

I costi irrecuperabili sono costi che l’impresa sostiene ma nel momento in cui esce dal mercato non riesce a recuperare.

Sono significativi perché creano un’asimmetria tra un’impresa già presente nel settore ed il potenziale entrante.

Quest’ultimo potrebbe non essere in grado di recuperare i costi sostenuti per entrare. D’altra parte, l’impresa già presente non è disposta ad uscire così facilmente dal mercato; sarà disposta al contrario ad abbassare il prezzo pur di rimanere nel mercato. In quest’ultimo caso, l’entrante non ha convenienza ad investire ingenti capitali, perché avrà difficoltà a recuperarli.

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In generale, i monopoli naturali implicano la presenza di sunk costs, una barriera all’ingresso per i potenziali nuovi entranti nel settore e una barriera all’uscita per l’impresa dominante nel settore.

Rendono il mercato non competitivo, non contendibile.

Nel settore del servizio idrico, come in molti altri settori dei servizi pubblici, i costi irrecuperabili sono rilevanti. Si tratta in pratica di tutti quei beni capitali difficilmente utilizzabili per altre produzioni (impianti di captazione, di raccolta delle acque reflue, di depurazione, ecc).

2.2 Unbundling

Quando un settore non è competitivo può essere reso tale attraverso l’intervento pubblico; con la regolazione è possibile creare artificialmente le condizioni per rendere contendibile un mercato ( third-party access ) in cui si separano le attività gravate da costi sommersi dalle rimanenti attività.

Le prime vengono affidate direttamente allo Stato o ad un Ente Locale o ad un’impresa privata sotto forma di monopolio legale, le restanti attività sono esercitate da imprese sia pubbliche che private in regime di libera concorrenza.

Vengono istituite Authority specifiche di settore con il compito di determinare le tariffe e vigilare sul corretto funzionamento del mercato.

L’unbundling, cioè la separazione artificiale delle varie fasi della filiera produttiva, è conveniente quando la quantità di valore aggiunto nelle fasi separate è significativa e le economie di integrazione non sono il presupposto fondamentale nella generazione di valore della filiera produttiva del servizio.

Sono state aperte al mercato dall’inizio degli anni’90 fasi a valle o a monte nei settori pubblici di erogazione dell’energia elettrica, del gas, o del trasporto ferroviario o aereo.

Nel settore delle telecomunicazioni venendo a mancare, in conseguenza dello sviluppo rapido di nuove tecnologie e dei notevoli cambiamenti della domanda, i presupposti dello stato di monopolio naturale nella trasmissione a lunga distanza, è stato possibile

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introdurre la concorrenza anche nella fase di produzione dei servizi.

Nel servizio idrico l’ingente presenza di costi sommersi e di costi fissi in ogni fase di attività rendono impraticabile l’unbundling: ogni singola attività, la captazione, la distribuzione, la raccolta di acque reflue e la depurazione, anche se separata operativamente una dall’altra, rimane un monopolio naturale.

Pertanto non è sostenibile una politica tesa al modello del third-party access. La possibilità della concorrenza “nel mercato” - imprese che lottano ad armi pari per “catturare” i consumatori finali, è ipotizzabile solo limitatamente ad alcune attività, quali a titolo esemplificativo la manutenzione di pozzi, o di fosse settiche, e comunque per quei servizi basati non sulle infrastrutture di rete o sui grandi impianti, e che rappresentano complessivamente il solo 10% degli investimenti.

Oltre al monopolio naturale ed ai sunk costs vi sono altre condizioni che rendono difficoltosa l’apertura al mercato del servizio idrico.

Ci si riferisce in particolare agli obblighi imposti dallo Stato sugli operatori del settore idrico integrato per la salvaguardia dei requisiti che un servizio di pubblica utilità, qual’è il servizio idrico, deve possedere per essere riconosciuto tale: l’accessibilità, la diffusione sul territorio, il rispetto degli standard di qualità, la continuità, l’affidabilità dell’erogazione e la sostenibilità ambientale.

Tali obblighi derivano dall’applicazione di un insieme di norme igienico-sanitarie, territoriali, ambientali e dalle scelte socio-economiche determinate dalla politica pubblica.

Il servizio idrico soddisfa, insieme ad altri servizi pubblici, il bisogno di controllo sociale del soggetto pubblico. Il dovere del gestore di mantenere il comportamento voluto dall’ordinamento, in particolar modo nella fase di sviluppo iniziale del servizio, quando estensione, continuità e affidabilità del servizio sono determinanti, genera esternalità di rete positive per l’utente.

Sono riconosciute tali perché esiste interdipendenza tra le utilità degli utenti nella richiesta di accesso al servizio.

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