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La ginecomastia valutata con l'ultrasonografia nelle varie endocrinopatie

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Academic year: 2021

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(1)

Università degli studi di Pisa

Dipartimento di Endocrinologia, Ortopedia e Medicina

del Lavoro

Scuola di Dottorato di ricerca in Scienze Endocrine e

Metaboliche

Direttore Prof. Paolo Vitti

Tesi di dottorato

“ La ginecomastia valutata con l’ultrasonografia nelle

endocrinopatie

Relatori

:

Candidato: S.Gavioli Prof.E.Martino

Dr.D.Canale

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Ringrazio il Prof. Enio Martino, il Prof. Aldo Pinchera e il Prof. Paolo Vitti per avermi dato l’opportunità di svolgere questa interessante ricerca a coronamento dei miei studi

Un sincero ringraziamento al Dr. Domenico Canale che mi ha seguito durante la stesura della tesi e mi ha insegnato con entusiasmo la sua disciplina

Ringrazio il Dr.Giuseppe Rossi che mi ha aiutato nell'elaborazione statistica.

Ringrazio le Dottoresse Carolina Caglieresi e Agnese Moscatelli per l’aiuto e il sostegno che mi hanno dato in questo periodo

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INDICE

Definizione della ginecomastia………...4

Clinica………...5

Prevalenza………...6

Istologia………...7

Eziopatogenesi………...8

Imaging………...14

SCOPO DELLO STUDIO………...15

MATERIALI E METODI………...16

RISULTATI………...18

DISCUSSIONE………...22

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INTRODUZIONE

DEFINIZIONE

Per ginecomastia si intende l’aumento volumetrico della mammella maschile dovuto alla proliferazione delle cellule duttali della ghiandola mammaria, condizione differente dalla lipomastia o pseudoginecomastia, ovvero la presenza in eccesso di tessuto adiposo frammisto al tessuto ghiandolare (1). La ginecomastia può essere mono o bilaterale, a secondo che sia interessata maggiormente una mammella o entrambe, simmetrica o asimmetrica, secondo la posizione rispetto al capezzolo. Nella maggior parte dei casi la ginecomastia è bilaterale e simmetrica a differenza del carcinoma mammario che si presenta come un nodulo duro alla palpazione, asimmetrico rispetto al capezzolo. Questa condizione, di frequente riscontro durante le visite mediche, particolarmente in età adolescenziale, genera in alcuni pazienti profonda vergogna, in altri paura di avere una neoplasia mammaria o malattie sistemiche, in altri ancora, specie nei bambini, causa un vero e proprio isolamento sociale.

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CLINICA

Da un punto di vista clinico la ginecomastia si presenta alla palpazione come un tessuto di consistenza aumentata, dolente o dolorabile (specialmente in quella di recente insorgenza), a sede retroareolare concentrica, più raramente eccentrica, mono o bilaterale e di estensione variabile.

Clinicamente si intende per estensione lo spessore del tessuto ghiandolare compreso tra il pollice e l’indice, stimato in centimetri o millimetri a partire dal capezzolo. In passato diversi autori hanno cercato di fornire dei criteri clinici e soprattutto dei cut-off per la diagnosi e la definizione della ginecomastia. Nydick e collaboratori hanno definito la ginecomastia la presenza di tessuto ghiandolare di estensione superiore ai 5 mm dal capezzolo, invece Harlan e collaboratori in uno studio condotto su circa 4000 bambini americani hanno fissato come criterio per la definizione di ginecomastia la presenza di tessuto ghiandolare di spessore superiore a 1 cm, Nuttall, Ley e Niewoehner invece in uno studio condotto su 214 uomini di età compresa tra 27 e 92 anni hanno fissato come criterio diagnostico 2 cm di spessore (2). Con l’introduzione recente nella pratica clinica di tradsuttori ad alta frequenza (US) è stato possibile descrivere il tessuto mammario maschile, migliorare la diagnostica e classificare le patologie della mammella. Come sarà descritto più avanti in maggior dettaglio, agli US (5-12 MHz) il tessuto mammario maschile normale appare come un’ immagine piana, di spessore antero-posteriore millimetrico caratterizzata da vari gradi di ecogenicità: un’immagine iperecogena centrale millimetrica di dimensioni

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variabili che è il capezzolo, i dotti ghiandolari che si diramano dal capezzolo di spessore compreso tra i 2 e i 5 mm, iso-ipoecogeni circondati da tessuto connettivo fibroso iperecogeno e il tessuto adiposo ipoecogeno (FIG.1).

FIG.1

PREVALENZA

La prevalenza della ginecomastia è stata stimata adottando criteri clinici diversi e pertanto popolazioni non omogenee sia da un punto di vista dell’età che della eventuale presenza di patologie endocrine e non. Nei ragazzi durante lo sviluppo puberale è il 50-70% (3), negli uomini adulti è il 30-65%, nei ricoverati è ancora più alta (70%) e negli uomini affetti da Sindrome di Klinefelter è il 50-70% dei casi (2,4). Negli studi autoptici invece l’evidenza istologica della ginecomastia è il 40-55% (5). Non è stata ancora ad oggi valutata l’incidenza della ginecomastia con gli US nelle singole endocrinopatie come ad esempio l’acromegalia, la tiroidite autoimmune, l’ipertiroidismo e altre ancora.

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ISTOLOGIA

Non c’è correlazione tra la causa della ginecomastia e la caratteristica istologica (6).Da un punto di vista istologico, secondo i criteri di Williams (5), la ginecomastia è caratterizzata dalla proliferazione delle cellule dei dotti mammari all’interno di uno stroma di tessuto connettivo fibroso (5,6) e dalla mancanza di veri e propri acini.Infatti le strutture acinose terminali presenti nella mammella femminile al termine del suo sviluppo, richiedono per la loro formazione la presenza degli estrogeni e del progesterone. Sono state descritte tre fasi “temporali” della ginecomastia in base alle caratteristiche istologiche: La fase florida o precoce, della durata massima di 4-6 mesi, è caratterizzata dall’aumento del numero dei dotti dovuto alla proliferazione delle cellule epiteliali, dalla presenza dell’edema periduttale e dallo scarso stroma fibroblastico (Figura 1).

Nell’arco di 10-12 mesi gli elementi ghiandolari divengono meno evidenti, comincia a prevalere la matrice stromale e si ha la cosiddetta fase intermedia. Nella fase tardiva, ovvero la ginecomastia della durata superiore ai 12 mesi, è prevalente lo stroma fibrotico denso con scarsa proliferazione delle cellule epiteliali dei dotti (Figura 2).

(8)

Figura 1. Fase florida (x40, ematossilina Figura 2. Fase tardiva (x100, ematossilina eosina) eosina), proliferazione irregolare delle stroma fibrotico denso con cellule sparse e assenza cellule duttali circondate da abbondante dell’edema periduttale.

edema, stroma e tessuto adiposo.

EZIOPATOGENESI

I meccanismi patogenetici che portano alla comparsa della ginecomastia non sono stati ancora del tutto chiariti, tuttavia, l’ipotesi più accreditata e’ quella dello sbilanciamento tra azione estrogenica e androgenica a livello del tessuto mammario che si può verificare durante condizioni fisiologiche o patologiche. In effetti gli studi di biologia molecolare hanno evidenziato la presenza dei recettori androgenici (ARs) e estrogenici (ERs) nel citoplasma e nelle membrane plasmatiche delle cellule dei dotti mammari che, in seguito al legame col proprio ligando, inibiscono o stimolano la proliferazione cellulare (6, 7, 8).

(9)

Negli uomini gli estrogeni circolanti sono prodotti principalmente dalla aromatizzazione periferica degli androgeni (9,10) che avviene soprattutto nel tessuto adiposo e in minor misura in altri organi come il fegato, il tessuto muscolare, i reni, i surreni, le ossa, il tessuto cutaneo. Solo il 15% dell’estradiolo (6-10 μg/die) (E2) e il 5% dell’estrone (2,5 μg/die) (E1) circolanti sono di origine testicolare.

Studi in letteratura dimostrano che elevati livelli sierici di estrogeni circolanti riducono la secrezione di ormone luteinizzante (LH) da parte dell’asse ipotalamo-ipofisi e determinano in questo modo una minore produzione di testosterone (T) (1).

Pertanto, ai fini diagnostici, è necessario distinguere la condizione patologica o “fisiologica” che ha portato a un eccesso “assoluto” o “relativo” degli estrogeni, intendendo per relativo una riduzione degli androgeni circolanti a fronte di normali livelli di estrogeni. Ad esempio, i tumori a cellule di Leydig, che colpiscono soprattutto gli uomini tra i 20 e i 40 anni di età e sono benigni nell’85-90% dei casi, secernono oltre al T, notevoli quantità di E2 e generano pertanto un circolo vizioso che porta a un ulteriore riduzione dei livelli del T sia per effetto diretto di feedback negativo sul rilascio di LH sia per l’aumentata concentrazione sierica della proteina legante gli ormoni sessuali (SHBG) dovuta agli estrogeni stessi (11). Anche nei tumori a cellule di Sertoli, sia sporadici che associati alla sindrome di Peutz-Jeghers (una rara malattia ereditaria, autosomica dominante caratterizzata da macchie cutanee, polipi del piccolo e del grosso intestino e aumentato rischio di neoplasie di

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varia origine), i pazienti presentano ginecomastia verosimilmente per l’aumento degli estrogeni circolanti dovuto alla capacità aromatizzante di questi stessi tumori (12).

La presenza di ginecomastia è stata descritta anche nei pazienti affetti da neoplasie a cellule germinali e non germinali dei testicoli e nei tumori ectopici secernenti gonadotropina corionica (β-HCG) che analogamente all’LH stimola la produzione di E2 e di E1 da parte delle cellule di Leydig, basti pensare al carcinoma a cellule squamose del polmone.

Oltre all’ effetto indiretto sul rilascio degli estrogeni, Carlson e collaboratori hanno ipotizzato anche un possibile effetto diretto della β-HCG e l’LH sul tessuto mammario. Infatti hanno dimostrato mediante tecniche di immunoistochimica e di ibridizzazione in situ la presenza di recettori per la β-hCG e l’LH nei tessuti mammari di pazienti sani, affetti da ginecomastia e da carcinoma mammario (13). In particolare questi recettori sono più numerosi nel tessuto mammario dei pazienti affetti da carcinoma e in quelli affetti da ginecomastia rispetto ai soggetti sani e ciò può indicare un loro possibile ruolo nella comparsa della ginecomastia e del carcinoma mammario (13).

Molto più raramente elevati livelli circolanti di estrogeni sono presenti nei tumori surrenalici e nelle sindromi genetiche che determinano un eccesso di aromatizzazione degli androgeni in estrogeni, ma l’incidenza della ginecomastia in queste patologie non è stata ancora definita proprio per la loro rarità. Molto più frequentemente invece la ginecomastia è presente nei ragazzi in fase di crescita e da oltre 20 anni gli studi

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clinici ne hanno valutato l’incidenza e il decorso clinico e hanno considerato la sua presenza come “fisiologica” per lo squilibrio tra estrogeni e androgeni tipico di questa fase della vita. Nel 1961 Nydick e collaboratori hanno valutato l’incidenza della ginecomastia in 52 ragazzi, non obesi, di età compresa tra gli 11 e i 16 anni e hanno osservato che il 65% dei ragazzi di 14 anni presentava ginecomastia bilaterale, mentre i ragazzi di età superiore o uguale ai 16 anni presentavano la ginecomastia nel 14% dei casi (14) e in tutti e due i gruppi di età la ginecomastia si risolveva spontaneamente dopo 3 anni nella maggior parte dei casi, ma nello studio non venivano presi in considerazione nè i parametri ormonali, né quelli morfologico strumentali.

In un altro studio clinico condotto da Nuttall e collaboratori su 306 soggetti sani di età compresa tra 17 e 58 anni sono stati descritti 3 picchi di incidenza della ginecomastia rispettivamente tra i 14 e i 19 anni (14 % dei casi), 25 e 44 anni e dopo i 70 anni (3), ma l’ipotesi eziopatogenetica e la valutazione dei parametri ormonali e radiologici non è stata effettuata.

I meccanismi patogenetici che conducono alla comparsa della ginecomastia in queste fasi della vita non sono stati ancora chiariti, verosimilmente non è presente solamente uno sbilanciamento dell’azione estrogenica e androgenica come già descritto poiché non tutti i ragazzi in fase puberale e non tutti gli uomini in età adulta, in particolare nel periodo dell’ “andropausa” o Late Onset hypogonadism (LOH), sviluppano la ginecomastia. Infatti studi recenti hanno ipotizzato la presenza di sostanze e/o ormoni

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ad azione paracrina e autocrina sul tessuto mammario che possono giocare un ruolo come cofattori nell’insorgenza della ginecomastia.

Kleinberg e collaboratori hanno descritto l’assenza dello sviluppo dei dotti nei tessuti mammari di topi knockout per i geni che codificano per i recettori del GH, dell’IGF-1 e IGF-2 ad indicare un possibile ruolo dell’IGF-1 e dell’IGF-2 nello sviluppo della mammella maschile (15), ma non sono presenti ad oggi studi clinici più approfonditi.

Peraltro ad oggi non è stata ancora valutata l’incidenza della ginecomastia nei pazienti affetti da acromegalia che sarà oggetto di questa tesi.

Inoltre in vitro è stata descritta la presenza di recettori per la prolattina (PRL) e il progesterone in cellule cancerose mammarie, in particolare è stata osservata una maggiore espressione dei recettori per il progesterone e una down-regulation degli ARs in presenza di elevati livelli di PRL (16).

Pertanto l’ iperprolattinemia nei soggetti maschi può giocare un ruolo nell’insorgenza della ginecomastia sia perché determina uno stato di ipogonadismo centrale, sia perché può causare, a livello del tessuto mammario, la down-regulation degli ARs tramite il meccanismo di cross-reazionecon i recettori del progesterone.

Elevati livelli di ormoni tiroidei sono stati associati alla presenza della ginecomastia, infatti il 10-40% degli uomini affetti da ipertiroidismo sviluppano la ginecomastia che si risolve spontaneamente col ripristino dello stato di eutiroidismo (17, 18).

In questo caso i meccanismi che potrebbero portare alla comparsa della ginecomastia sono l’incremento della conversione periferica degli androgeni ad estrogeni dovuta ad

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una maggiore attività aromatasica e l’aumento dei livelli sierici della Sex Hormon Binding Globulin (SHBG). Numerosi sono inoltre i fattori di crescita che possono avere una azione autocrina o paracrina a livello del tessuto mammario, in particolare, oltre all’IGF-1 e all’IGF-2 sopra citati, sono stati descritti il fattore di crescita epidermico (EGF), il fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF), i fattori di crescita TGF-α e β e le citochine prodotte soprattutto nel tessuto adiposo, ma il meccanismo patogenetico per l’ insorgenza della ginecomastia non è stato ancora delucidato (19, 20, 21).

Nei ragazzi, ma anche negli adulti, particolare attenzione deve essere posta all’anamnesi farmacologica in quanto è stata una descritta una maggiore incidenza della ginecomastia nei soggetti che abusano di eroina, cocaina e mariuana e fanno uso di farmaci anabolizzanti (2) e in soggetti che assumono terapie croniche. Infatti diverse classi di farmaci possono causare l’insorgenza della ginecomastia con meccanismi certi o ancora ad oggi sconosciuti: l’assunzione intenzionale o meno degli estrogeni esogeni, gli agonisti/antagonisti dell’LHRH, gli agenti citotossici o chemioterapici che determinano una riduzione o necrosi delle cellule di Leydig, i farmaci che inibiscono la biosintesi del T come il Ketoconazolo, il Metronidazolo, lo Spironolattone, la Finasteride e la Dutasteride, farmaci che competono per il recettore androgenico (AR) come la flutamide, la bicalutamide, la cimetidina, la marijuana, lo Spironolattone, farmaci che inducono iperprolattinemia come gli antipsicotici, gli antidepressivi tricliclici e la Metoclopramide. Alcune classi di farmaci invece

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possono causare l’insorgenza della ginecomastia con meccanismi non noti come gli anti ipertensivi in particolare i calcio antagonisti (diltiazem, verapamil, nifedipina), le anfetamine e l’amiodarone.

IMAGING

Da un punto di vista radiologico, in particolare alla mammografia, la ginecomastia presenta tre aspetti o “pattern” che rispecchiano le caratteristiche istologiche della fase florida, intermedia e tardiva descritte quanto sopra.

Il pattern “nodulare” si presenta come un immagine molto densa, compatta, a sede retroareolare ed è caratteristica della fase “florida” o della ginecomastia in “fase precoce”.

Il pattern “dendritico” correla con la “fase intermedia” della ginecomastia e si presenta come un’immagine densa con tralci fibrosi che si irradiano nel tessuto adiposo circostante.

Il pattern “diffuso”, è caratteristico della ginecomastia di lunga durata e ha un aspetto molto simile alla mammella senile in quanto prevale la matrice fibrosa (22).

All’ecografia la fase precoce si presenta come immagine ipoecogena retroareolare di aspetto “nodulare” o “triangolare” che in alcuni casi si estende fino alla fascia del muscolo pettorale e che definisce la ginecomastia come “attiva” (Figura 3), mentre la fase intermedia è caratterizzata dalla presenza di tralci fibrosi iperecogeni di varia estensione frammisti a aree ipoecogene (Figura 4).

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La fase tardiva presenta tralci fibrosi iperecogeni e appare simile al tessuto mammario femminile displastico (Figura 5).

Non vi sono ad oggi studi in letteratura che oltre a caratterizzare hanno “quantificato” da un punto di vista degli US il tessuto ghiandolare presente nei pazienti affetti da ginecomastia.

Figura 3. Ginecomastia “attiva” di aspetto nodulare

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Figura 5. Ginecomastia di aspetto “fibrotico”

SCOPO DELLO STUDIO

Valutare l’incidenza della ginecomastia con gli US nei pazienti affetti da acromegalia e confrontarla con pazienti affetti da gozzo multinodulare non tossico

MATERIALI E METODI

Lo studio condotto è di tipo osservazionale trasversale (cross-sectional) e comprende 43 pazienti affetti da acromegalia seguiti presso il nostro Dipartimento di Endocrinologia e 138 pazienti non acromegalici seguiti presso il Day Hospital di Endocrinologia per gozzo multinodulare non tossico (GMNT).

Sia ai pazienti acromegalici che nei pazienti affetti da GMNT è stato somministrato il consenso ed eseguire l'ecografia mammaria.

Sia i pazienti acromegalici che i pazienti affetti da GMNT non sono affetti da malattie genetiche, malattie epatiche e renali, scompenso cardiaco.

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ANALISI STATISTICA

I parametri ormonali ed ecografici sono stati espressi come media ± deviazione standard (DS).

Il confronto tra gruppi è stato effettuato utilizzando il test del Chi-quadrato o il test esatto di Fisher per le variabili qualitative e l’analisi della varianza (ANOVA) o il test non parametrico di Mann–Whitney per le variabili quantitative. Analisi univariate e multivariate mediante regressione logistica multipla sono state utilizzate per individuare i fattori associati alla presenza di ginecomastia. Sono stati quindi riportati gli odds ratios e i relativi intervalli di confidenza al 95%. Sono state anche indagate le interazioni tra i principali fattori predittivi di ginecomastia. Un valore di p bilaterale <0.05 è stato considerato come significativo. Le analisi sono state effettuate utilizzando i pacchetti statistici SPSS per Windows versione 13·0 (SPSS, Inc., Chicago, IL) e JMP per Windows versione 8 (SAS. Institute Inc.).

I dati ecografici sono stati condotti mediante ecografo MyLaB 50 (ESAOTE) con trasduttore lineare da 7,5-12 MHz.

All’esame ecografico sono stati misurati gli spessori della ghiandola mammaria con ginecomastia in senso antero-posteriore, laterolaterale e sagittale e il volume è stato calcolato utilizzando questi 3 valori )(a x b x c x 0,52/1000).

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RISULTATI

I pazienti affetti da acromegalia differiscono per età (54.8±11.6) dai pazienti non acromegalici (50,2±13,1)(Tab.I), come vi sono differenze significative nel body mass index (BMI) tra i pazienti acromegalici e quelli non acromegalici quando si considerano i pazienti normopeso (18,5<BMI<24,9), sovrappeso (25,0<BMI<29,9), e l'obesità, infatti il 50% dei pazienti acromegalici sono obesi (BMI>30) vs il 15,2% dei pazienti affetti da GMNT.

Il 46,2% dei pazienti acromegalici sono affetti da ipogonadismo a differenza dei pazienti affetti da GMNT nei quali è stato riscontrato solo nel 9,4% dei casi.

Negli acromegalici il 38,5% è affetto da ipogonadismo ipogonadotropo, mentre il 7,7% è affetto da ipogonadismo ipergonadotropo.

All'analisi univariata e multivariata l'incidenza agli US della ginecomastia nei pazienti acromegalici è significativamente più alta rispetto ai pazienti con GMNT (65,1% vs 23,2%), inoltre il volume totale (Vol Tot), considerando mammella destra e sinistra, della ghiandola mammaria “attiva” calcolato agli US nei pazienti acromegalici (Vol=2,9±5,9 ml) è significativamente maggiore (p=0,01) rispetto ai pazienti con GMNT (Vol=0,4±1,0 ml) (p<0,0001).

Poiché l'ipogonadismo è presente nel 46,2% dei pazienti acromegalici vs il 9,4% dei pazienti affetti da GMNT abbiamo valutato all'analisi uni e multivariata una possibile correlazione con la comparsa della ginecomastia. I risultati hanno mostrato un lieve

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incremento della ginecomastia, anche se non significativo verosimilmente per il numero esiguo di pazienti, nei pazienti acromegalici affetti da ipogonadismo (p=0,08, OR=2,22 (0,92-5,35)) rispetto ai pazienti ipogonadici affetti da GMNT .

Abbiamo pertanto valutato con l'analisi univariata e multivariata la maggiore probabilità di sviluppare la ginecomastia nei soli pazienti affetti da acromegalia e ipogonadismo, ma i risultati non hanno mostrato una differenza significativa con i pazienti acromegalici non affetti da ipogonadismo (p=0,73, OR 1,60 (0,41-6,21)) (Tab. II).

Abbiamo allora valutato una possibile correlazione con gli altri parametri come l'età, il BMI, la presenza dell'ipopituitarismo inteso come altri deficit ormonali oltre l'ipogonadismo ( nei nostri casi ipopituitarismo e iposurrenalismo), la durata di malattia e il controllo di malattia, ma i risultati all'analisi uni e multivariata non sono risultati statisticamente significativi (Tab.III)

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Tab.I (dati espressi come media±DS) GMNT Acromegalici n (%) n (%) p età mean ±sd50.2±13.1 54.8±11.6 0,04 BMI mean ±sd26.7±3.0 29.8±5.1 0 BMI normo 38 (27.5) 4 (9.5) sovrappeso 79 (57.2) 17 (40.5) obesi 21 (15.2) 21 (50.0) <0.0001 ipogonadismo no 108 (90.6) 21 (53.8) si 11 (9.4) 18 (46.2) <0.0001 Ipogonadismo no 106 (90.6) 21 (53.8) ipo-ipo 5 (4.3) 15 (38.5) ipo-iper 6 (5.1) 3 (7.7) <0.0001 vol dx 0.20±0.5 1.5±2.8 0,01 vol sx 0.2±0.5 1.4±3.1 0,02 vol tot 0.4±1.0 2.9±5.9 0,01 ipopituitarismo no 19 (48.7) si 20 (51.3) Durata malattia 7.2±5.2 controllo malattia no 15 (40.5) si 22 (59.5)

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Tab.II

Tab.III

Ginecomastia

no si Univariata Multivariata Multivariata

n (%) n (%) p OR (95% CI) p OR (95% CI) p OR (95% CI) p

età mean ±sd51.6±12.8 50.8±13.2 0,700 0.99 (0.97-1.02) 0,7 0.98 (0.96-1.01) 0,3 0.98 (0.96-1.01) 0,31 BMI mean ±sd27.2±3.3 27.9±4.7 0,320 1.05 (0.97-1.13) 0,26 0.98 (0.89-1.09) 0,76 0.98 (0.89-1.09) 0,75 BMI normo 26 (61.9) 16 (38.1) 1 sovrappeso 70 (72.9) 26 (27.1) 0.60 (0.28-1.30) 0,2 obesi 25 (59.5) 17 (40.5) 0,21 1.10 (0.40-2.65) 0,82 ipogonadismo no 88 (69.3) 39 (30.7) 1 1 si 15 (51.7) 14 (48.3) 0,08 2.22 (0.92-5.35) 0,08 0.96 (0.35-2.64) 0,93 Ipogonadismo no 88 (69.3) 39 (30.7) 1 1 ipo-ipo 9 (45.0) 11 (55.0) 3.33 (1.11-9.97) 0,03 0.99 (0.30-3.28) 0,99 ipo-iper 6 (66.7) 3 (33.3) 0,1 1.11 (0.26-4.65) 0,89 0.89 (0.18-4.30) 0,88 Acromegalia no 100 (76,8) 32 (23,21) 1 1 1 si 15 (34,9) 28 (65,1%) <0,0001 6.18 (2.95-12.97) 0<0.0001 7.56 (2.95-19.41) <0.0001 7.48 (2.87-19.50) <0.0001 vol dx 0.01±0.1 1.5±2.4 <0.0001 vol sx 0.02±0.1 1.5±2.6 <0.0001 vol tot 0.03±0.1 2.9±4.9 <0.0001 Ginecomastia Logistica no si Univariata Multivariata n (%) n (%) p OR (95% CI) p OR (95% CI) p età mean ±sd57.6±11.9 53.3±11.4 0,245 0.97 (0.91-1.02) 0,25 0.96 (0.89-1.02) 0,200 BMI mean ±sd29.2±3.8 30.2±5.7 0,536 1.05 (0.91-1.20) 0,53 1.05 (0.88-1.24) 0,61 BMI normo 1 (25.0) 3 (75.0) 1 sovrappeso 7 (41.2) 10 (58.8) 0.48 (0.04-5.58) 0,56 obesi 7 (33.3) 14 (66.7) 0,79 0.67 (0.06-7.63) 0,74 ipogonadismo no 8 (38.1) 13 (61.9) 1 1 si 5 (27.8) 13 (72.2) 0,73 1.60 (0.41-6.21) 0,5 2.95 (0.61-14.20) 0,18 Ipogonadismo no 8 (38.1) 13 (61.9) 1 ipo-ipo 4 (26.7) 11 (73.3) 1.69 (0.40-7.17) 0,48 ipo-iper 1 (33.3) 2 (66.7) 0,77 1.23 (0.09-15.87) 0,87 Altro ipopit no 6 (31.6) 13 (68.4) 1 1 si 7 (35.0) 13 (65.0) 1,00 0.86 (0.23-3.25) 0,82 0.89 (0.18-4.41) 0,89 Durata malattia 8.5±5.5 6.4±5.0 0,21 0.92 (0.82-1.05) 0,21 0.96 (0.82-1.12) 0,59

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DISCUSSIONE

La ginecomastia è stata descritta in numerose condizioni cliniche associate o meno a disordini endocrini (23-30) ed è considerata come un fenomeno “fisiologico” durante lo sviluppo puberale e nelle età avanzate (14, 28, 29, 30, 31) verosimilmente dovuto ai cambiamenti ormonali in queste fasi della vita (1,26).

Numerosi studi in letteratura hanno ipotizzato uno sbilanciamento dell’azione estrogenica e androgenica a livello del tessuto mammario che si può presentare sia durante lo sviluppo puberale che nell’età adulta e soprattutto durante il declino della funzione testicolare dovuto all’età e/o a disordini sistemici.

Moore e collaboratori (32) hanno studiato i parametri ormonali di 30 ragazzi di età compresa tra gli 8,5 e 17,5 anni affetti da ginecomastia;

al fine di valutare lo sbilanciamento dell’azione estrogenica e androgenica, quale possibile causa della comparsa della ginecomastia, hanno studiato i rapporti tra gli androgeni, androstenedione (∆4) e deidroepiandrosterone solfato (DHEAS) e gli estrogeni: E2 ed E1.

Nei ragazzi affetti da ginecomastia i valori dei rapporti: ∆4 androstenedione/E2 ed E1 e DHEAS/ E2 e E1 sono risultati significativamente più bassi rispetto ai soggetti di controllo ad indicare una minore produzione degli androgeni surrenalici e una

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aumentata conversione periferica del ∆4 e del DHEAS a E1 e E2 con conseguente aumento degli estrogeni circolanti durante la fase puberale.

Studi precedenti hanno descritto elevati livelli di estrogeni circolanti e una riduzione del rapporto T/E2 nei ragazzi in fase puberale, ma i campioni esaminati erano esigui (33,34, 35).

E’ stato ipotizzato che proprio in questa fase della vita e ancor prima nell’infanzia, gli androgeni circolanti inducono a livello del tessuto mammario una minore responsività all’azione estrogenica e pertanto bassi livelli di androgeni surrenalici durante l’infanzia possono determinare nelle fasi successive lo sbilanciamento dell’azione androgenica ed estrogenica anche in condizioni di normali livelli di estrogeni circolanti (36).

Invece durante l’età adulta il progressivo e lento decremento del T circolante e l’aumento del tessuto adiposo sembrano giocare un ruolo nell’insorgenza della ginecomastia verosimilmente per l’aumentata aromatizzazione periferica degli androgeni ad estrogeni e per l’azione delle citochine prodotte dal tessuto adiposo non ancora meglio identificate (1).

In un precedente studio, di tipo osservazionale trasversale (cross-sectional), effettuato presso il nostro Dipartimento (Gavioli S. et Al., data unpublished) sono stati studiati i parametri ormonali ed ecografici in 72 pazienti pervenuti presso l’ambulatorio di andrologia endocrinologica per ginecomastia e sono stati confrontati con 287 controlli sani, non affetti da endocrinopatie, malattie sistemiche

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o genetiche pervenuti presso l’ambulatorio di endocrinologia andrologica per disfunzione erettile (DE) di tipo vascolare.

IL gruppo di controllo non differiva per età (35.0±15.2) dai pazienti affetti da ginecomastia (32.1±16.5). Tutti i controlli presentavano valori di testosterone (T), estradiolo (E2), FSH ed LH nel range della normalità.

In Figura 1.1 sono riportati i parametri ormonali in relazione all’età sia dei casi che dei controlli. Nei controlli si osservava una relazione significativa tra età e i parametri ormonali per i valori di: T (r=0.46, p<0.0001), E2 (r=0.24, p=0.002), LH (r=0.33, p<0.0001) e non significativa per l’FSH (r=0.10, p=0.084). Per i parametri ormonali T, E2, LH, significativamente associati con l’età si osservava un incremento dei valori fino ai 25 anni di età circa, seguito da un lieve ma costante decremento. Nei pazienti affetti da ginecomastia non si osservava una relazione significativa con l’età per i parametri: T (r=0.27, p=0.247), E2 (r=0.27, p=0.246), LH (r=0.32, p=0.112) anche se l’andamento di questi parametri risulta simile a quello osservato nei controlli. La mancanza di significatività potrebbe essere imputabile al numero limitato dei casi. Per l’FSH invece si osservava una relazione significativa con l’età (r=0.35, p=0.002), caratterizzata da valori costanti di FSH fino a 30 anni e da un progressivo incremento negli anni successivi. L’andamento dei rapporti tra i parametri ormonali T/E2, LH/T, FSH/T e l’età è riportato in Figura 2.2. Nel gruppo di controllo tutti e tre i rapporti ormonali presentavano una relazione altamente significativa con l’età (r=0.27, p=0.0003 per T/E2; r=0.28, p=0.0001 per

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LH/T; r=0.38, p<0.0001 per FSH/T). Per il rapporto T/E2 si osservava un ripido incremento fino ai 25 anni seguito da un lieve ma costante decremento negli anni successivi. Per il rapporto LH/T i valori tendevano a decrescere fino ai 35 anni per poi risalire in modo graduale fino a raggiungere i valori intorno ai 20 anni di età. Il rapporto FSH/T mostrava invece un forte decremento fino ai 25 anni seguito da un lieve ma costante incremento nelle età successive.Nei soggetti con ginecomastia i rapporti (T/E2, LH/T, FSH/T) non risultavano significativamente correlati con l’età (r=0.14, p=0.708 per T/E2; r=0.16, p=0.768 per LH/T: r=0.13, p=0.883 per FSH/T) (Figura 2). I soggetti con ginecomastia monolaterale erano 5 (6.9%) e il loro volume mammario medio calcolato all’ecografia era pari a 0,24±1,2 ml; i soggetti con ginecomastia bilaterale erano 67, con un volume mammario medio pari a 0,99±0,96 ml (mediana=0,78). Il 100% dei pazienti monolaterali presentava un volume mammario ≥1 ml, mentre l’81% dei pazienti con ginecomastia bilaterale presenta un volume mammario ≥2 ml. All’analisi univariata (Tabella 1) i soggetti con ginecomastia mostravano rispetto ai controlli valori significativamente più elevati di FSH (5.0±2.8 vs 3.6±1.7, p<0.0001), FSH/T (1.6±0.8 vs 1.0±0.7, p<0.0001), LH/T (1.06±0.5 vs 0.8±0.4, p<0.0001), significativamente più bassi di T (3386.2±1522.6 vs 4120.6±1477.2, p<0.0001) e E2 (27.4±11.4 vs 30.7±10.5, p=0.0008). I valori dell’LH ed del rapporto T/E2 non risultano significativamente diversi tra i casi e i controlli (LH: 3.3±1.7 vs 3.0±1.2, p=0.2827; T/E2: 133.1±56.8 vs 142.8±53.7,

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p=0.1668). Risultati analoghi si ottenevano all’analisi univariata mediante regressione logistica (p<0.0001 per l’FSH, p=0.064 per l’LH, p<0.0001 per il rapporto FSH/T, p<0.0001 per il rapporto LH/T, p=0.0003 per T, p=0.023 per E2 e p=0.177 per il rapporto T/E2). All’analisi multivariata (Tabella 2) risultavano predittori indipendenti di ginecomastia l’FSH (p<0.0001), l’LH (p=0.038) e il T (p<0.0001), quando si esaminavano solo gli ormoni (Tabella 2a), mentre quando si consideravano i rapporti tra gli ormoni solo FSH/T (p=0.0003) ed LH/T (p=0.008) sono risultati predittori significativi di ginecomastia (Tabella 2b). La bontà di adattamento del modello è risultata buona ed uguale per entrambi i modelli di regressione logistica, come indicato dal valore dell’ area sotto la curva ROC (AUC = 0.75, sia per il modello che considera solo i parametri ormonali che quello che considera solo i rapporti ormonali). In Tabella 3 sono riportate le relazioni tra i volumi mammari all’ecografia e i parametri ormonali. All’analisi univariata i volumi mammari risultavano significativamente correlati in modo negativo con il T (r=-0.37, p=0.001) e con il rapporto T/E2 (r=-0.29, p=0.012) ed in modo positivo con i rapporti FSH/T ((r= 0.35, p=0.002) e LH/T (r= 0.51, p<0.0001). All’analisi multivariata, quando si consideravano solo i parametri ormonali LH (partial r=0.34, p=0.004) e T (partial r=-0.49, p<0.0001) risultavano predittori indipendenti dei volumi mammari; quando si esaminavano solo i rapporti tra gli ormoni il rapporto LH/T risultava l’unico predittore significativo della comparsa della ginecomastia (r=0.51, p<0.0001). Nel nostro studio i pazienti affetti da ginecomastia, sia

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nell’adolescenza che nell’età adulta hanno presentato valori di T ed E2 significativamente più bassi rispetto alla popolazione di controllo e i valori del rapporto T/E2 non sono risultati diversi dai controlli, pertanto si può ipotizzare, in accordo con gli studi in letteratura, che uno dei meccanismi che possono aver condotto alla comparsa della ginecomastia, soprattutto nei pazienti più giovani, sono i “bassi” livelli diandrogeni circolanti a fronte di normali livelli di estrogeni.

Ovverosia nei pazienti con ginecomastia verosimilmente non si verifica il caratteristico aumento degli androgeni durante la pubertà fisiologica che determina “l’impregnazione” androgenica del tessuto m Tuttavia non esistono studi in letteratura che hanno indagato i livelli di gonadotropine (FSH, LH) e il rapporto LH/T nei pazienti affetti da ginecomastia. Tuttavia non esistono studi in letteratura che hanno indagato i livelli di gonadotropine (FSH, LH) e il rapporto LH/T nei pazienti affetti da ginecomastia.Nel nostro studio i soggetti affetti da ginecomastia hanno presentato rispetto ai soggetti sani valori di FSH, FSH/T, LH/T significativamente più elevati, mentre i valori di LH non sono risultati significativamente diversi anche se rispetto ai soggetti di controllo erano lievemente più alti. Carlson e collaboratori, mediante la tecniche di ibridizzazione in situ e immunoistochimica, hanno dimostrato la presenza di recettori per LH e la β-HCG in 13 tessuti autoptici di soggetti affetti da ginecomastia di età compresa tra 15 e 78 anni, in 5 tessuti di soggetti maschi di età compresa tra 49 e 69 anni precedentemente affetti da carcinoma mammario (13) e in 4 tessuti di soggetti maschi non affetti da

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patologia mammaria. In particolare il segnale della tecnica di ibridizzazione e immunofluorescenza era maggiore nei tessuti epiteliali dei pazienti affetti da

carcinoma mammario e ginecomastia rispetto ai soggetti sani. Kottler e collaboratori hanno evidenziato la presenza di recettori per il GnRH in colture di cellule mammarie cancerose e Kakar e collaboratori, in vitro, hanno dimostrato che i farmaci agonisti del GnRH inibiscono la proliferazione delle cellule maligne, ma la loro funzione nei tessuti mammari di pazienti affetti da ginecomastia e nei pazienti sani non è stata mai studiata (40, 41).I nostri risultati suggeriscono un possibile ruolo delle gonadotropine nella patogenesi della ginecomastia e a supporto della nostra ipotesi vi è l’evidenza clinica che la ginecomastia è di frequente riscontro nei pazienti affetti da ipogonadismo primario nel quale si verifica un aumento delle concentrazioni plasmatiche dell’FSH e dell’LH. Inoltre nel tessuto cutaneo in vitro è stata descritta un’azione di “down regulation” da parte dell’LH sull’espressione dell’AR e di inibizione dell’attività enzimatica 5α reduttasica (42).Si può pertanto ipotizzare che queste azioni dell’LH si possono verificare anche a livello del tessuto mammario determinando una riduzione dell’attività antiproliferativa degli androgeni e favorire pertanto l’azione proliferativa estrogenica che conduce alla comparsa della ginecomastia e in casi più rari del carcinoma mammario. Non vi sono altresì studi in letteratura che abbiano stimato la “quantità” di tessuto ghiandolare mammario attivo e abbiano valutato una qualche possibile correlazione tra i volumi mammari e i parametri ormonali nei pazienti affetti da ginecomastia. Nel nostro studio i pazienti

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con un volume mammario maggiore hanno presentato valori di T e del rapporto T/E2 minori e valori di FSH/T e LH/T significativamente più alti rispetto ai pazienti con volume mammario minore. In conclusione livelli di gonadotropine nel range di normalità o ai limiti alti della norma in presenza di normali livelli di T circolante e E2 giocano un ruolo nella patogenesi della ginecomastia e nei pazienti affetti da ginecomastia il volume mammario è tanto maggiore quanto più alto è il valore del rapporto LH/T e FSH/T.

In questo studio invece, abbiamo voluto valutare l’incidenza della ginecomastia agli US confrontandola con pazienti affetti da GMNT poiché ad oggi non vi è nessun dato in letteratura a riguardo.

Poiché l'acromegalia è una condizione clinica associata ad incremento della morbidità e della mortalità, l'associazione americana degli endocrinologi clinici (AACE) ha rilasciato la versione aggiornata delle linee guida mediche per la pratica clinica per la diagnosi e il trattamento dell' acromegalia e delle sue complicanze(). Numerosi studi in letteratura hanno descritto un aumento dell'incidenza delle

neoplasie nei pazienti affetti da acromegalia e in alcuni di essi è stato riscontrato rispetto alla popolazione generale anche un'aumento dell'incidenza del tumore della mammella, ma i dati in letteratura non sono stati quantificati per il numero esiguo di casi. Peraltro non è mai stato valutato il possibile ruolo dell'ecografia mammaria nella prevenzione e nella diagnosi delle patologie mammarie, come la ginecomastia e il carcinoma, negli uomini affetti da acromegalia.

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Nel nostro studio abbiamo evidenziato come l'incidenza della ginecomastia aumenti di circa 6 volte nei pazienti affetti da acromegalia e che verosimilmente l'ipogonadismo di per sé che è il più frequente deficit ormonale riscontrato in questi pazienti non è l'unica causa a favorire, dato lo “sbilanciamento” tra gli androgeni e gli estrogeni, l'azione proliferativa sulle cellule epiteliali dei dotti mammari.

Si potrebbe invece ipotizzare anche un ruolo del GH e dell'IGF-1 sullo sviluppo della ginecomastia come “primum-movens” anche se i risultati dell'analisi univariata non mostrano nessuna correlazione con il controllo o la durata di malattia.

Un solo studio in letteratura condotto su topi knockout per il recettore del GH e IGF-1 ha dimostrato l'importanza degli stessi per lo sviluppo della mammella maschile (15), ma non vi sono dati sull'uomo.

Poiché è stato riscontrato un aumento dell'incidenza del carcinoma mammario nei soggetti affetti da ginecomastia rispetto agli uomini non affetti e poiché nei pazienti affetti da acromegalia la ginecomastia è significativamente più rappresentata riteniamo opportuna la valutazione ecografica mammaria in tutti i pazienti acromegalici anche per la semplice considerazione che è economica e veloce.

(31)

FIGURA 1.1 Controlli Casi 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000 10000 T p g/ m l 10 20 30 40 50 60 Age 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000 10000 T p g/ m l 10 20 30 40 50 60 Age 20 30 40 50 60 70 E 2 p g/ m l 10 20 30 40 50 60 Age 20 30 40 50 60 70 E 2 p g/ m l 10 20 30 40 50 60 Age 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 F S H 10 20 30 40 50 60 Age 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 F S H 10 20 30 40 50 60 Age 0 2 4 6 8 10 12 LH 10 20 30 40 50 60 Age 0 2 4 6 8 10 12 LH 10 20 30 40 50 60 Age

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Tabella 1 Confronto tra controlli (n=287) e casi (n=72) FIGURA 2.2 Controlli Casi 50 100 150 200 250 300 350 400 T /E 2 10 20 30 40 50 60 Age 0 50 100 150 200 250 300 350 400 T /E 2 10 20 30 40 50 60 Age 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 LH /T x 1 00 0 10 20 30 40 50 60 Age 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 LH /T x 1 00 0 10 20 30 40 50 60 Age 0 1 2 3 4 5 6 F S H /T x 1 00 0 10 20 30 40 50 60 Age 0 1 2 3 4 5 6 F S H /T x 1 00 0 10 20 30 40 50 60 Age

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Variabile media ± s.d. media ± s.d. p Età 35.0 ± 15.2 32.1 ± 16.5 0.1036 FSH 3.6 ± 1.7 5.0 ± 2.8 <0.0001 LH 3.0 ± 1.2 3.3 ± 1.7 0.2827 Tpg 4120.6 ± 1477.2 3386.2 ± 1522.6 <0.0001 Epg 30.7 ± 10.5 27.4 ± 11.4 0.0008 Tpg/Epg 142.8 ± 53.7 133.1 ± 56.8 0.1668 SHBG 34.6 ± 11.6 28.2 ± 18.9 <0.0001 FSH/Tpg 1.0 ± 0.7 1.6 ± 0.8 <0.0001 x 1000 LH/Tpg 0.8 ± 0.4 1.1 ± 0.5 <0.0001 x 1000

Tabella 2 Regressione logistica multipla: risultati della selezione backward considerando

a) solo i parametri ormonali, b) solo i rapporti tra ormoni

a) coefficente s.e. 95% I.C. p

FSH 0.297 0.071 0.161-0.440 <0.0001

LH 0.243 0.117 0.013-0.474 0.038

T -0.0006 0.0001 -0.0008- -0.0003 <0.0001

Intercetta -3.149 0.360 -3.889 - -2.474 0.013

b) coefficente s.e. 95% I.C. p

FSH/T 0.721 0.197 0.349-1.127 0.0003

LH/T 0.959 0.364 0.257-1.689 0.008

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Tabella 3 Relazione tra parametri ormonali e i volumi mammari all’ecografia

* R2 del modello= 0.24 ** R2 del modello= 0.26

Analisi univariata Analisi multivariata

Solo parametri ormonali * Solo rapporti ** r p Partial r p Partial r p FSH -0.06 0.598 LH 0.01 0.910 0.34 0.004 T -0.37 0.001 -0.49 <0.0001 E -0.18 0.133 T/E -0.29 0.012 FSH/T 0.35 0.002 LH/T 0.51 <0.0001 0.51 <0.0001

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Figura

Figura 1 . Fase florida (x40, ematossilina     Figura 2 . Fase tardiva (x100, ematossilina eosina)
Figura 4. Ginecomastia di aspetto “misto”
Figura 5. Ginecomastia di aspetto “fibrotico”
FIGURA 1.1 Controlli Casi 0 10002000300040005000600070008000900010000T pg/ml 10 20 30 40 50 60 Age 010002000300040005000600070008000900010000T  pg/ml 10 20 30 40 50 60Age 203040506070E2  pg/ml 10 20 30 40 50 60 Age 203040506070E2  pg/ml 10 20 30 40 50 60 A
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