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Generazione letteraria degli anni zero. Traduzione commentata della raccolta "Decino" di Zachar Prilepin

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Academic year: 2021

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INDICE

Indice………1 Introduzione………..2 CAPITOLO 1:

1.1 Lo sviluppo della letteratura russa contemporanea: gli anni Novanta…….5 1.2 Nuove tendenze e personaggi nella letteratura degli anni Duemila………12 CAPITOLO 2:

2.1 La raccolta e i testi………...………..24

2.2 Cenni biografici: gli autori………..29

CAPITOLO 3:

3.1 Analisi delle strategie traduttive adottate……… 43

Bibliografia………89 Traduzione: Il Decino……….99

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Introduzione

Lo scopo di questo lavoro è presentare una traduzione di alcuni racconti della raccolta Desjatka [Il Decino], a cura di Zachar Prilepin, che comprende novelle composte da autori russi contemporanei che fanno parte della generazione degli anni “zero”. La mia scelta è stata effettuata in questo senso perché tali scrittori stanno riscuotendo un successo sempre maggiore in Russia, e stanno iniziando ad essere conosciuti anche all’estero. La loro fama crescente è dovuta anche al fatto che ognuno di loro ha vinto dei premi o dei riconoscimenti, cosa che li ha fatti affermare nel panorama letterario nazionale.

La mia speranza è che questa pubblicazione possa suscitare interesse anche nel lettore italiano, che si troverà davanti ad autori nuovi e interessanti, che attraverso le loro storie e i loro personaggi, danno una loro idea della società russa contemporanea.

Le trame dei racconti presentano soggetti e ambientazioni diverse, dalla campagna alla città, da protagonisti adolescenti a quelli di mezza età, da finali positivi a tragici. Il tutto è narrato generalmente con un linguaggio generalmente colloquiale, che tende a ricreare quello quotidiano, soprattutto nei dialoghi, ma sono anche frequenti termini popolari o gergali, per riprodurre al meglio le sfumature date dal peculiare background di ogni personaggio.

Nei racconti assistiamo poi a vari generi di narrazione, a partire da quella introspettiva e in prima persona, fino ad arrivare a quella più oggettiva, che si svolge in terza persona.

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Purtroppo, data la lunghezza della raccolta, che comprende ben quattordici racconti, non mi è sembrato opportuno riportare una traduzione integrale del libro, pertanto ho deciso di presentare solo alcuni racconti, cinque per la precisione. Il criterio secondo cui ho scelto determinate novelle invece di altre, si basa sul fatto che sono state scritte da autori che (con l’eccezione di Prilepin), non sono mai stati tradotti in italiano e sono pressoché sconosciuti nel nostro paese. L’intento è dunque quello di dare voce a scrittori nuovi nel nostro panorama letterario.

Questo elaborato si compone di tre capitoli, a cui segue la bibliografia e infine le traduzioni. Nel primo capitolo ho voluto presentare l’evoluzione della letteratura russa contemporanea, in quelli che appunto vengono definiti anni “zero” (2000 – 2010 ca.), descrivendo le sue caratteristiche, le peculiarità, e citando anche alcuni tra gli autori e le opere più importanti nel panorama letterario di questo periodo. Nel secondo capitolo ho voluto fare una veloce presentazione della raccolta, dei racconti e degli autori, descrivendo in breve le trame e le caratteristiche delle novelle che ho tradotto, e dando notizie biografiche sui loro scrittori.

Nel terzo capitolo vengono presentate e descritte le scelte traduttive effettuate, attraverso esempi direttamente ripresi dai testi.

Infine, troviamo le traduzioni delle novelle con testo a fronte in russo. I racconti scelti presentano numerosi e interessanti casi traduttivi. Si tratta di elementi linguistici ed extralinguistici su cui mi sono soffermata, e ho ritenuto opportuno condividere con il lettore. L’analisi del testo, quindi, vuole essere allo stesso tempo espressione della mia indagine e chiarimento al lettore di elementi significativi del mondo russo.

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CAPITOLO 1.

1.1 Lo sviluppo della letteratura russa contemporanea: gli anni

Novanta.

L’avvento della perestrojka e la successiva caduta dell’impero Sovietico,

hanno dato inizio a un periodo, gli anni Novanta, in cui era palpabile l’effervescenza, la frenesia di un’epoca irripetibile, in cui la società russa attraversava cambiamenti economici e culturali di vastissima portata.

La letteratura russa contemporanea ha ovviamente risentito di questo clima di rinnovo, prendendo parte a quello che Mario Caramitti definisce un “gioioso collasso”, e sviluppando nuove tematiche, nuovi eroi, nuove modalità di scrittura per adeguarsi al continuo mutare dei gusti e dei tempi. Già prima di questi importanti avvenimenti storici, infatti, gli autori russi manifestavano la loro irrequietezza, come una sorta di presagio, nei racconti che iniziarono a pubblicare su varie riviste alla fine degli anni Ottanta, i quali narravano la storia di un’anima che sentiva il bisogno di esternare la propria crisi, le proprie debolezze, e di poter dare finalmente voce ai propri pensieri.

Negli anni Novanta, invece, sembrava che la principale caratteristica del tempo, che avrebbe influito decisivamente anche sulla letteratura, sarebbe stata per l’appunto il senso di libertà provato durante il periodo della perestrojka: assaporare la sensazione di libertà, sperimentare la libertà e scrivere liberamente. La liberazione dall’ideologia sovietica, che tendenzialmente obbligava gli autori a scrivere sulla realtà, fu celebrata con grande gioia dai partecipanti del processo letterario per quasi un intero decennio.

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In seguito, alla fine degli anni Novanta, la nuova intonazione della letteratura russa venne stabilita dal cosiddetto Circolo dei prosatori [Klub belletristov], nato sotto il patronato di Anton Utkin. Si trattava di scrittori professionisti, che erano però meno inclini ai giochi di genere, e che impararono ad imitare lo stile inglese, costruendo raffinati romanzi psicologici, depurati dall’ideologia e dalla fantasia, ma forniti di soggetti importati, che soffrivano come i loro stessi autori.

Proponevano al lettore un fresco citoyen du monde russo, in cui era racchiusa una visione ironica della vita, il fascino per l’occidentalizzazione, l’idea della banalità e superficialità del mondo, ed erano molto apprezzati anche dal pubblico europeo.

Tra i cambiamenti avvenuti nella società russa dagli anni Novanta in poi, c’è poi stata la nascita della cultura di massa, che ha avuto senza dubbio un’importanza fondamentale. All’interno del panorama letterario, la cultura di massa ha portato a generare un interesse sempre più marcato per quei generi considerati secondari, e che invece con l’avvento del nuovo millennio rappresentano circa il 97% della letteratura pubblicata in Russia (Caramitti 2010, 286).

Dalla fine degli anni Novanta in poi, si può infatti osservare la formazione di nuove correnti di sviluppo del genere e dello stile. La seguente suddivisione è stata analizzata da Il’ja Kukulin (Kukulin 2004, 17 – 26):

 Narrativa ostentatamente soggettiva e autobiografica;  Utilizzo della parabola paradossale e mitologica;

 Narrativa intellettuale poetica ed espressiva;  Narrativa frammentaria.

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Tuttavia, è necessario notare che non ci sono confini distinti all’interno delle opere, le quali si presentano come dei prodotti che riuniscono in sé i tratti di diversi orientamenti. Nella narrativa autobiografica i cambiamenti rispetto alla tradizione sono pienamente visibili: negli anni Novanta scorre parallela l’opera di autori appartenenti a diverse generazioni e la differenza nell’approccio letterario è evidente.

La formazione di queste nuove correnti è dovuta alla crisi produttiva delle trame e dei generi del romanzo, in particolare del grande romanzo tradizionale sulla vita, crisi che avvenne appunto negli anni Novanta, e che fu erroneamente considerata come la crisi della letteratura in generale.

In realtà fu la non realizzazione del progetto modernista, anche se poi negli anni del nuovo millennio ci furono alcuni importanti esempi di prosa postmodernista come la trilogia di Vladimir Sorokin composta da Led [tr. it: Ghiaccio] (2005), Put’ Bro [tr. it: Il cammino di Bro] (2004) e 23000 [tr. it: 23000] (2005), il romanzo di Dmitrij Prigov Živite v Moskve [tr. it: Eccovi Mosca] (2000), le opere di Viktor Erofeev come Chorošij Stalin [tr. it: Il buon Stalin] (2004).

Nasce dunque la necessità di cambiare scenari al romanzo, di prendere nuovi modelli in esame, quali, ad esempio, l’emigrazione, la guerra, l’autobiografismo. L’emigrazione è stata tradotta in letteratura in chiave ironico – nostalgica, mentre la guerra viene vista come un trauma psicologico. L’autobiografismo diventa un tema sempre più presente negli autori degli anni Novanta, che spesso lo utilizzano come un mezzo per raggiungere una nuova soggettività, che diventa un metodo per conoscere il proprio posto nel mondo e la nuova condizione che si è creata. Il mondo è cambiato radicalmente e radicalmente sono cambiati i rapporti con il mondo e con l’io.

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Sempre nell’ambito della letteratura di massa, erano poi state prodotte alcune che si possono definire opere nel loro genere: i romanzi storici di Leonid Jusefovič come Kazaroza [tr. it: Kazaroza] (2002), Kostjum Arlekina [tr. it: Il costume di Arlecchino] (2001), Dom svidanija [tr. it: La casa degli Appuntamenti] (2001) e Knjaz’ vetra [tr. it: Il principe del vento] (2001) e di Alekcej Ivanov Serdce Parmy [tr. it: Il cuore di Parma] (2003), Zoloto bunta [tr. it: La rivoluzione d’oro] (2005); i romanzi rosa di Akulina Parfenova; i romanzi fantasy di Oleg Kurylev, di Marina e Sergej Djačenko, Oleg Divov, Svjatoslav Loginov, Vjačeslav Pybakov e Anna Starobinec; l’epopea fiabesca di Veronica Kungurceva e Dalja Truskinovskaja; i romanzi di spionaggio di Sergej Kostin, i gialli retrò di Anton Čiž, i romanzi rocamboleschi di Aleksandr Buškov, i thriller di Arsen Revazov, e così via.

L’abolizione della censura, avvenuta nel 1990, decretò la nascita di un mercato editoriale più libero e fiorente, che mano a mano portò alla ribalta sempre più autori russi che si sarebbero gradualmente sostituiti ai concorrenti stranieri. Uno di questi è ad esempio Zachar Prilepin, che ha debuttato agli inizi degli anni 2000, e che oltre a essere autore di varie opere e vincitore di diversi premi letterari, è il curatore della raccolta di racconti Desjatka [tr. it: Il Decino] (2011), che verrà presa in esame nella parte successiva di questa trattazione.

I premi letterari come il “Russkij Buker” [Booker russo], il “Nacional’nyj bestseller” [Bestseller nazionale], “Bol’šaja kniga” [Grande libro], si può dire che erano dei meccanismi atti ad accumulare una grande quantità di “testi-avvenimento”, di bestseller:

[….] Anche se bisogna ammettere che questo meccanismo funzionava, al momento della pubblicazione compariva comunque solo un elenco, e non

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una gerarchia, all’interno della quale spiccavano nomi del rango di Oleg Divov, Maksim Kantor, Roman Senčin, Aleksandr Prochanov, Eduard Limonov […] (Danilkin 2010, 7).

Alcuni di questi premi, come il “Nacional’nyj bestseller” [Bestseller nazionale], (ideato dalla Limbus), furono inventati ad hoc da una nuova tipologia di casa editrice nata alla fine degli anni Novanta, che decretò il seguente boom letterario della seconda metà degli anni Duemila.

Alla fine degli anni Novanta vi era di fatto il monopolio di una casa editrice, la Vagrius, che si occupava della pubblicazione della nuova letteratura nazionale. Ovviamente, c’erano anche altre case editrici oltre a questa che si interessavano della letteratura russa contemporanea, come la Tekst, la Glagol e la Agraf, la Grant’, la Limbus-press e la Zacharov, ma non adempivano comunque alla loro funzione basilare, che era quella di mettere in contatto i lettori con lo scrittore.

Ne risulta quindi che non fu tanto il mercato a tenere a lungo la letteratura nazionale in una sorta clandestinità, ma proprio l’incompetenza delle case editrici. Diversi autori di grande fama, come Viktor Pelevin e Dmitrij Bykov entrarono proprio nella Vagrius, ma restava pur sempre il fatto che il 99 % degli scrittori, specialmente i principianti, non venivano presi in considerazione.

Un tipico esempio di tale scenario, è la coorte pietroburghese dei letterati, che pur comprendendo autori come Il’ja Bojašov, Aleksandr Sekackiy, I’lja Stogov e altri, venne ignorata dalla Vagrius, e di conseguenza, praticamente non esistette. La Vagrius, con le sua collane “nera” e “grigia” (e la “Scrittura al femminile”), funzionò come un’ importante arteria, che collegava gli autori con i loro lettori. Ma funzionava anche come una specie

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di checkpoint, con tutte le conseguenze di questa condizione, quindi fortemente dipendente dai gusti e legata a un circolo limitato di persone. Tuttavia, agli inizi degli anni Duemila, gli scrittori iniziarono ad accedere alle pubblicazioni dei libri con maggiore facilità. Subito alcune piccole e medie case editrici in una forma o nell’altra aprirono le file alla prosa nazionale contemporanea, come la Zacharov, Ad Marghinem, Amfora, Azbuka, OGI, Enigma, Inostranka, Vremja e altre.

Verso il 2009, quando divenne chiaro che il potenziale dei propri scrittori era persino maggiore di quello degli stranieri, società più grandi come la Eksmo, la AST, la OLMA, subentrarono alle piccole case editrici. Inizialmente vennero create delle particolari collane (si pensi a “Neformat” e “Original”), e poi, si convertirono parallelamente da un tipo di mercato a un altro e aprirono sezioni proprie dedicate alla prosa contemporanea, arrivando a gradualmente a dominare il mercato.

Anche l’avvento di internet ha favorito l’apertura della letteratura al mondo e Runet, la rete russa è un universo straordinariamente ricco e un importante veicolo di interscambio culturale e letterario. Permette il libero accesso alla totalità dei classici e a un gran numero di testi del Novecento con eccellenti siti critico – antologici. In rete ci sono anche tutte le novità delle riviste letterarie e tutti gli scrittori di punta. Sempre più spesso i giovani autori fanno il loro debutto attraverso il riconoscimento collettivo della rete. Come afferma Caramitti:

[…] La seteratura è il caos trionfalmente autorganizzato, è il trionfo della grafomania, del libero incontrollato espandersi della parola, ed è già, molto più che altrove, luogo di creazione ed esistenza autonoma della letteratura [..] (Caramitti 2010, 312).

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Con seteratura si intende la letteratura della rete, tutto ciò che troviamo online. Anche le riviste letterarie e gli editori si sono dovuti evolvere e adattare ai cambiamenti della società.

Inoltre, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, vi è stato un deciso adeguamento del testo ai gusti dei lettori che ebbero un ritorno di interesse verso una narrativa molto più realistica, e nacque inoltre la figura dell’editore produttore, che non sceglieva tra le proposte degli autori, ma li spingeva invece a scrivere quanto meglio si adatta alle esigenze del mercato. C’erano poi i cosiddetti kniggeri (Caramitti 2010, 289), giovani di belle speranze che inviavano i loro manoscritti per vedersi proporre la creazione delegata, pubblicisti disoccupati e anche ex scrittori sovietici epurati dal contesto storico.

Gli anni Novanta sono stati un’epoca segnata dall’assenza di una gerarchia stilistica, in cui si è delineata la disgregazione del contesto culturale con la necessità di progettarlo nuovamente. La crisi politica, sociale ed economica che si manifestò in questo periodo, e che vede ripercussioni nell’ultimo decennio, è stata rappresentata in diversi romanzi come Generation П [tr. it: Babylon] (2000 di Viktor Pelevin, titolo che designa la generazione della Pepsi - Cola, cresciuta negli anni Ottanta, quando ufficialmente i prodotti occidentali erano vietati, mentre di fatto circolavano, sebbene sottobanco, i simboli, i miti, la musica, i romanzi che si infiltravano in un sistema in decomposizione.

La narrativa post - sovietica odierna, frutto appunto di quella generazione “P” rappresenta un senso di assoluto sradicamento, di perdita di identità, di frammentazione, di disorientamento, che ha dato luogo a una produzione letteraria ricca e variegata.

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1.2 Nuove tendenze e personaggi nella letteratura degli anni Duemila.

Gli anni Duemila furono segnati dall’avvento della “stabilità”: i conflitti e le contraddizioni non scomparvero del tutto, ma vennero attenuati dall’arrivo del potere petrolifero. Con l’avvento di un relativo benessere economico, comparve anche una nuova classe sociale, figlia diretta del consumismo, che aveva fatto il suo ingresso anche in Russia. Stiamo parlando dei “nuovi russi”, che vengono definiti come

[…..] un particolare popolo con le sue abitudini e la sua lingua. Vivono in mezzo ai russi, ma si comportano in maniera differente; parlano russo, anche se molte parole russe vengono capite male, o meglio, queste stesse parole hanno un qualche altro significato nella “lingua dei nuovi russi”. […] ( Šmeleva e Šmelev, 2002 p.69).

Lo stereotipo del “nuovo russo” prevede che egli indossi la ormai famosa giacca color lampone, si ricopra di vistosi gioielli d’oro, abbia una moglie bella e giovane e un’amante altrettanto attraente. Ma come già specificato dalla Šmeleva, anche il suo linguaggio denota un’élite a sé: esso è costituto da una grande quantità di parole straniere, (di solito di origine inglese), termini professionali e vocaboli provenienti addirittura dalla parlata della criminalità di strada (il “linguaggio dei banditi”) o di origine russa, ma utilizzati in modi e contesti nuovi.

Gli anglicismi giunsero in Russia alla fine degli anni Novanta: in seguito all’apertura del mercato, servivano inizialmente per riferirsi a concetti e oggetti nuovi, soprattutto in ambito economico e professionale, ma anche tecnologico (il mondo di Internet), sportivo, della moda e della sfera

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pubblicitaria. I prestiti e i calchi (es: kreditnaja karta, tr. it: carta di credito) derivati dall’inglese convivono con termini russi che hanno significato simile ma non identico. Di solito le parole straniere connotano un linguaggio più elevato, prestigioso. Un prestigio derivato dal loro utilizzo negli spot pubblicitari, e molto spesso da un miscuglio fra lettere dell’alfabeto russo e di quello latino. Ecco alcuni esempi di “coppie” di termini con significato simile, il primo di origine russa, il secondo di origine inglese:

Strach/panika : ansia, panico.

Ubiiza/ killer : assassino, killer.

Universam/supermarket : il primo indica un supermercato normale, il secondo un punto vendita di lusso, dove si vendono molti prodotti importati, soprattutto italiani.

Podrostok/Tinejdger : il “teenager” frequenta di solito una scuola prestigiosa.

Molto spesso, gli anglicismi vengono utilizzati anche per una questione di praticità, come nel caso dell’ormai universalmente riconosciuto termine “marketing” in ambito economico.

Per quanto riguarda invece le parole di origine russa ma utilizzate con nuove accezioni, possiamo elencare:

Bratan/bratello/bratva: come si chiamano i nuovi russi fra loro.

V naturez (ru: na samom dele): in realtà.

Bez bazara (ru: bez problem): non c’è problema.

Čisto: non ha un significato preciso, viene utilizzato come interiezione, riempitivo.

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Tipa: non ha un significato preciso, viene utilizzato come interiezione, riempitivo.

Il nuovo ordine sociale che si era costituito, l’élite dei nuovi russi e l’avvento del capitalismo, erano diventati ben presto materiale letterario. La “morte della letteratura sovietica” (Danilkin 2010, 9), aveva permesso, infatti, di abbandonarsi completamente agli esperimenti linguistici, ai giochi con testi già esistenti, al godere della vita osservandola dal superficiale mondo dei fenomeni, e anche di compiere tentativi di imitazione nuda e cruda della realtà. Agli scrittori sembrava quindi che l’unica strategia possibile per essere ascoltati, non era più quella di ironizzare sulla realtà, ma prenderla molto seriamente e riprodurla. È così che è tornato il realismo, il realismo nel suo senso più ampio, visto con i suoi temi principali: il piccolo uomo, l’autobiografismo, la società.

Un esempio di come la letteratura ha inserito la vita reale all’interno delle sue opere, è quello del filone della letteratura glamour, la cui principale rappresentante è Oksana Robski, con uno dei suoi primi successi, Casual [tr. it: Nessun rimorso] (2005). La letteratura glamour mira a raccontare il mondo dei nuovi russi come in un’istantanea, rappresentando il lusso e le contraddizioni che lo caratterizzano. Viene narrata la vita dei nuovi ricchi a Rublyovka, la zona più prestigiosa di Mosca, sullo sfondo di festini, abuso di droghe, sfarzo più sfrenato e dialoghi superficiali. Il motore della vicenda è l’omicidio del marito della protagonista, Sergej, ucciso per aver ottenuto grandi successi nel mondo del business, un mondo politicamente scorretto in cui regnano violenza, ingiustizie, corruzione. La protagonista stessa, tuttavia, non sembra aver tratto nessuna lezione dall’accaduto, e anzi segue le orme del marito, gettandosi a capofitto nel mondo degli affari, fallendo e

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ritrovandosi piena di debiti. Nessun rimorso (come del resto tutti i libri successivi della scrittrice) non fa altro che esporre esplicitamente un’apologia del baratro sociale e del consumismo cosmopolita, mostrando come la Russia si è aperta al gusto glamour in maniera talvolta rivoluzionaria, tanto da far spesso coincidere il concetto di “bello” con quello di “costoso”. Con l’avvento degli anni Duemila è avvenuto un immediato cambiamento del panorama culturale, dato che per tutti gli anni Novanta, vi era stato il conflitto di fondo fra letteratura e cultura “alta” e “di massa”.

Seguendo il pensiero di Umberto Eco nel suo saggio Apocalittici e integrati (Eco 1964), dedicato appunto all’analisi del tema della cultura di massa e dei suoi sistemi di comunicazione, vediamo gli aspetti positivi e negativi di questa nuova tendenza culturale. Tra gli aspetti negativi c’è il fatto che si cerca di andare incontro al gusto medio evitando l’originalità, che la letteratura di massa è caratterizzata dall’omologazione culturale, che il pubblico è inconscio, come stordito, e subisce tale cultura, e che avviene la creazione di miti e simboli che sono facilmente riconoscibili. Tra le annotazioni positive, vediamo invece che con questa tendenza la cultura si apre a categorie sociali che prima non vi accedevano, soddisfa la necessità di intrattenimento, permette la diffusione di opere culturali a prezzi accessibili e l’apertura di scenari prima negati.

A contrapporsi al nuovo assetto sociale di stampo capitalista e alle classi emergenti come quella dei nuovi russi che sono sue figlie dirette (dunque, alla cultura di massa), troviamo il senso di nostalgia verso l’epoca sovietica, che si espanse mano a mano, fino a diventare una sorta di fenomeno culturale con forme e manifestazioni proprie e peculiari. Si poteva manifestare in una forma utopica, che guardava al passato come a un luogo mitico, le cui caratteristiche dovrebbero essere ricostituite anche nel

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presente; o in forma ironica, guardando il passato con rispetto ma distacco allo stesso tempo; o in una forma di amore per l’eccesso, che ne faceva quasi uno spettacolo derisorio. (Piretto 2002, 27).

L’eredità sovietica è sempre molto presente nella nuova società, è ormai una componente naturale della vita di ogni giorno, quasi l’illusione che nulla sia cambiato in Russia, e sempre secondo Caramitti

[…] Si è operato costruendo in ogni ambito una serie di gusci sovietici semivuoti che sono stati riempiti d’altro, senza ovviamente perdere la significazione iniziale (Caramitti 2010, 276).

Questa affermazione si riflette in esempi tangibili nella realtà quotidiana, come ad esempio le festività “riconvertite”, o il fatto che Mosca stessa conserva gelosamente le reliquie di questo passato: non è un caso che al centro del luogo di interesse più celebre della città, la Piazza Rossa vi sia il mausoleo dell’iniziatore della rivoluzione e dell’epoca sovietica, Lenin.

Il fatto che la letteratura risentisse della storia si manifestò in duplice modo: da un lato, la letteratura chiariva il legame tra la realtà odierna e quella passata, cercando di trovare le radici della situazione attuale dei fatti attraverso l’interpretazione del passato; dall’altro, a differenza della scienza della storia, la letteratura cercava non solo di stilare una cronaca adeguata degli avvenimenti, ma prima di tutto di individuare un senso nella storia stessa, di presentarla come un progetto proprio che si rivolge al passato. L’attività di Alekcej Ivanov con i suoi Serdce Parmy [tr. it: Il cuore di Parma] (2003), Zoloto bunta [tr. it: La rivoluzione d’oro] (2005) e Letoisčislenie ot Ioanna [tr. it: Il calendario di Giovanni] (2009) consiste proprio in questo.

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Gli scrittori degli anni Duemila, come Pavel Krusanov, Dmitrij Bykov, Aleksej Ivanov, Il’ja Stogov, Ol’ga Slavnikova, Leonid Jusefovič, Aleksandr Terechov, Aleksandr Prochanov, si sono interessati particolarmente al fenomeno del legame fra storia e letteratura, la quale non attua una semplice rivalutazione della storia, ma una revisione dell’identità nazionale, che cambia sotto l’influenza di vari avvenimenti. Hanno inoltre cercato di spiegare l’ingordo interesse della letteratura russa per il trauma storico del passato, che fanno risalire all’epoca staliniana, o più in generale all’esperimento sovietico. Il passato sovietico era percepito come un modello di vita-nel-progetto, una vita dura, ma con un senso; come un tempo romantico di guerra, un tempo epico in cui qualcosa accadeva, e non di pura imitazione. Con l’aggiunta di un po’ di comicità e senso del grottesco, questa romanticizzazione si percepisce bene nella raccolta di racconti di Pavel Pepperštein, Voennye rasskazy [tr. it: Racconti di guerra] (2006), nei quali viene riprodotto il collegamento della società degli anni Duemila con la storia sovietica. Opravdanie [tr. it: La giustificazione] (2001] di Dmitrij Bykov, consacra il fenomeno della nostalgia dell’Impero, e in generale, il legame con i sovietici. In questo romanzo, l’alter ego di Bykov, Rogov non solo cerca di risolvere seriamente la questione se le azioni di Stalin avessero avuto effettivamente un senso, ma piuttosto sperimenta la crisi di identità del giovane uomo che è rimasto senza radici ideologiche, e cerca quindi di risolverla rivolgendosi al passato, di spiegare quegli avvenimenti che lo traumatizzano, con l’intento di liberarsene.

Un avvenimento di fondamentale importanza per la storia russa degli anni Duemila, è la salita al potere di Vladimir Putin, avvenuta proprio la notte di capodanno fra il 1999 e il 2000. L’ascesa di Putin ha decretato l’avvento della cosiddetta “stabilità”, fatto che non ha avuto ripercussioni solo in campo

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economico, ma anche culturale: si percepiva che l’ “eroica epoca” di quando in effetti tutto poteva ancora cambiare, era definitivamente terminata. (Danilkin 2010, 9)

Non avendo possibilità di cambiare la realtà, gli scrittori iniziarono quindi a colorarla di tinte forti, rappresentando gli anni Duemila come un’epoca di rivoluzione, di terrore e di cataclismi sociali, di rinascita del progetto neoimperialista, di crisi. Per un certo periodo di tempo, dunque, le catastrofi rappresentarono la tematica principale in letteratura. Fra il 2004 e il 2006 venne pubblicata un’intera serie di romanzi che raccontavano disastri: V. Vavilonskaja [tr.it: V. Vavilonskaja] (2004), di Michail Veller, Priznak teatra [tr.it: Il fantasma del teatro] (2004) di Andrej Dimitriev, Evakuator [tr. it: Il carro attrezzi] (2005) di Dmitrij Bykov, 2008 (2005) di Sergej Dorenko, , 2017 (2006) di Ol’ga Slavnikova e così via. Lo standard divenne dunque la proiezione di un soggetto romanzesco, la storia personale di un eroe, sullo sfondo di un qualche cataclisma sociale (immaginario), come una guerra, una rivoluzione, un attentato.

In Russia dominava quindi l’“epoca putiniana”, definita da Danilkin come

un’epoca senza avvenimenti, un’epoca senza terrore, mancante di un capitalismo ideale, di una guerra, di un progetto neoimperialista, di una restaurazione sovietica, di una catastrofe o di una crisi. Un’epoca quindi di soffocante stabilità, di benessere assurdo […] (Danilkin 2010, 9-10).

L’ascesa di Putin al potere ha avuto, forti ripercussioni anche in campo culturale. Oltre ad aver preso vari provvedimenti in questo senso, come la restaurazione della censura, lui stesso rappresenta una figura carismatica e influente, tanto da aver ispirato un filone letterario dedicato alla sua persona

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e al suo modo di fare politica. Tra gli altri, fa parte di questa corrente il romanzo Svjaščennoj knigi oborotnja [tr. it: Il libro sacro dei lupi mannari] (2004) di Viktor Pelevin, dove Putin è rappresentato da Lupo Grigio, un lupo mannaro in divisa di nome Aleksandr,

Svjaščennaja kniga oborotnja [tr. it: Il libro sacro dei lupi mannari] (2004) di Viktor Pelevin, è un romanzo che narra il rapporto fra una prostituta, Lisa e un licantropo in divisa, Lupo Grigio, che in realtà rappresenta il contatto fra due personaggi con la P maiuscola, Pelevin stesso e Putin. La caratteristica principale dell’opera è quella di presentare la nota matrice della vita letteraria russa, quella cioè dell’incontro fra zar e artista, che ad esempio è seguita nel dettaglio anche nel libro di Solomon Volkov Stalin i Šostakovič [tr. it: Stalin e Sostakovic: lo straordinario rapposrto tra il feroce dittatore e il grande musicista] (2006). Il fatto che Pelevin fece della stessa immaginaria “chiamata di Putin” il soggetto della sua opera, testimonia che il politico non era solo parte di una vetrina politica, ma che aveva una forte influenza sulla stessa letteratura, e infatti, sebbene non compaia molto spesso nel ruolo di sé stesso, le sue proiezioni dirette o indirette in ambito letterario si trovano con relativa frequenza.

Tuttavia, ci sono anche artisti che manifestano apertamente il loro dissenso verso un potere che purtroppo, esercita spesso forti limitazioni sul mondo letterario e culturale. Stiamo parlando di Viktor Erofeev, Vladimir Sorokin, Eduard Limonov. Ciò che accomuna questi autori non è soltanto l’esser stati sempre contro, ma anche la modalità con cui tale sensibilità si è innervata nel corpo della scrittura. Tutti e tre sono partiti dalla narrativa, da una prosa ribelle, ma non esplicitamente di argomento politico. In anni più recenti nelle loro opere ha cominciato ad affiorare una vena polemica che nasce dall’insofferenza per la realtà politica del Paese. (Dinelli 2010, 10)

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Tutti e tre compaiono nelle liste nere del movimento giovanile filogovernativo “Nostri”: Sorokin e Erofeev sono stati accusati più volte di pornografia, Limonov è fondatore e leader del partito di opposizione “Drugaja Rossija” [L’Altra Russia], finendo in carcere con l’accusa di terrorismo e cospirazione contro il governo. Nonostante le differenze che caratterizzano questi autori, sono evidenti i tratti comuni, in primis la loro scrittura “all’acido” (Dinelli 2010, 8), che si presenta spesso in una forma ibrida, a metà tra il saggio e la prosa, né fiction, né non-fiction. Secondariamente, per la loro opposizione a ogni forma di potere, non solo quello odierno, in quanto le loro voci di dissidenti si sono levate dal coro della maggioranza silenziosa degli intellettuali già durante il regime tardo sovietico, quando durante gli anni Ottanta-Novanta pubblicavano testi scottanti come Metropol’ [tr. it: Metropol’] (1979) di Erofeev o Eto ja, Edička [tr. it: Sono io, Edička) (1990) di Limonov.

Nella letteratura degli anni Duemila, esistevano due principali tipologie di eroe: l’Artista e il Soldato.

Ritroviamo la figura dell’artista in tutte le sue espressioni, e in molti romanzi, come ad esempio il compositore Kamlaev dell’ Anomalia Kamlaeva [tr. it: L’anomalia di Kamlaev] (2008) di Sergej Samsonov.

La seconda tipologia di eroe è quella del Soldato, che di solito è un collaborazionista cosciente, spesso fa parte degli intellettuali, e prova una certa ripugnanza per la banalità del mondo circostante, come ad esempio Gusev in Vibrakovka [tr. it: La selezione] (1999) di Oleg Divov, o il capitano Svinec in Žizn’ udalas’ [tr. it: La vita riuscita] (2008) di Andrej Rubanov. Questi personaggi hanno deciso di servire lo Stato non per denaro o dei privilegi, ma per degli ideali. Il successo ottenuto da questi due tipi di eroi è legato al fatto che la letteratura voleva superare il proprio tempo, e

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contrapporsi alla mediocrità della vita, allo “spirito consumista”, rispondendo a tale situazione con dei personaggi che si opponevano alla frivola realtà o con l’arte, o coltivando intenzionalmente e brutalmente un proprio ideale che non sia artificioso, un qualche progetto utopistico, un progetto teso a trasformare la quotidianità. Il soldato opera una rottura con la società, e impone con la forza e la violenza, il proprio progetto; l’artista, vuole innalzare la realtà verso l’Arte, aumentare la quantità della bellezza nel mondo. Essere un eroe negli anni Duemila significava quindi non conformarsi all’epoca, non presentarsi come il suo riflesso ideale, ma in qualche modo superarla, cercare di produrre delle utopie, delle idee, senza essere al servizio delle élites.

Verso la fine degli anni Duemila, la corrente realista domina su quella postmodernista. Il realismo, infatti, appariva soprattutto come un sistema efficace per comprendere la situazione attuale.

È quindi nata una simbiosi produttiva fra fiction e non-fiction (Eduard Limonov, Dmitry Stogov Aleksandr’ Prochanov, Alekcej Cvetkov, Aleksandr Terechov, Andrej Rubanov) ed è continuata l’evoluzione della letteratura verso la forma del documento, della cronaca, del saggio, del giornalismo. Il mondo letterario ha imparato velocemente a valorizzare il materiale della vita vera, e un esempio di questa svolta in direzione realista, è stata la nascita di testi che parlavano della crisi dell’autunno del 2008. Il primo romanzo che aveva come soggetto la crisi finanziaria, uscì nell’ottobre del 2008 col titolo di Eta Teta [tr. it: Questa theta] (2008), di Oksana Robski. Il libro narra le disavventure di un extraterrestre a cui non era riuscito di atterrare nel quartiere ricco della periferia di Mosca perché c’era stato il crollo della borsa.

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Un altro aspetto curioso della letteratura contemporanea è il suo ringiovanimento in senso biologico. Ad esempio, l’aspirante al premio “Debjut” [Esordio] Sergej Samsonov, autore del romanzo migliore del 2008 Anomalija Kamlaeva [tr. it: L’anomalia di Kamlaev] (2008), al momento della pubblicazione aveva ventisette anni, e questo non era nemmeno il suo primo romanzo. La maggior parte dei successivi laureati con il “Bukerovskij premij” [Premio Booker], non avevano quarant’anni, come Denis Gucko, Aleksandr Iličevskij, Michail Elizarov. A quella generazione appartengono anche altre grandi figure letterarie, come Roman Senčin, Anna Starobinec, Zachar Prilepin, Il’dar Abuzjarov e Dmitrij Danilov.

A questo ringiovanimento contribuirono fattori extraletterari: negli anni Novanta i principianti avevano poche possibilità di avere successo, semplicemente perché mancava chi li sostenesse, vale a dire le risorse necessarie a farli decollare e la spinta da parte delle case editrici. Alla fine degli anni Duemila, al contrario, per il giovane scrittore, persino per l’ambizioso principiante, è più semplice far uscire un romanzo che per l’autore con delle solide basi professionali. Questo perché anche in letteratura funziona, ancora se non formalmente, la cosiddetta “fabbrica delle stelle” (Danilkin, 13), un sistema che risponde con prontezza al materiale disponibile. Di conseguenza, è più facile vendere i nuovi autori con la strategia delle “giovani stelle”, e infatti scrittori come Zachar Prilepin, Aleksandr Ivanov, Aleksandr Iličevskij, Oksana Robski, nel giro di qualche anno sono passati a essere da debuttanti di grandi speranze a scrittori di prim’ordine.

La letteratura russa contemporanea è un fenomeno endemico, isolato, e pertanto possiede tutti i vantaggi e gli svantaggi di questa condizione: conserva tutta la sua originalità, perché ha sviluppato degli anticorpi naturali

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contro la fiumana livellatrice che investe il mondo circostante. Rispetto a quella occidentale, infatti varia anche per le tematiche: invece di modellare la psicologia di individui unici, la letteratura “alta” nella variante nazionale si occupa per lo più di esplorare la società, codificare l’ideologia nazionale. Molte opere scritte negli anni Duemila non si conformano al canone classico, e soprattutto, non esistono linee di forza o una mainstream che dettano regole su cosa bisogna scrivere e come, e nemmeno un romanzo o una corrente che fungono da faro letterario. Non esiste un centro universale dato che alcuni dispongono il quadro di questo periodo intorno a Viktor Pelevin, altri intorno allo stesso Zachar Prilepin, altri ancora ad Aleksandr Ivanov, ossia in base alle scelte personali o alle preferenze dei lettori e degli studiosi. Infine, vale la pena menzionare la comparsa di quello che viene chiamato “velikij nacional’nyj roman” [grande romanzo russo] (Danilkin, 2010 12). Il “grande romanzo russo” può essere comparato a un testo che non sviluppa un ritratto psicologico, un aneddoto, una storia o l’evoluzione di un personaggio, ma elabora, in primo luogo, l’enorme energia dello spazio autoctono, vale a dire quando letteralmente “inghiottisce” il personaggio. Le opere che rientrano in questa tipologia, come ad esempio Matiss [Matisse] (2006) di Aleksandr Iličevskij,dipingono il grande malessere e le contraddizioni presenti in patria, ma allo stesso tempo suggeriscono al lettore che non esiste un luogo migliore della propria nazione in cui si possa vivere, ideologia che indica ancora una volta la forte presenza dello spirito nazionale russo.

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2.1 La raccolta e i testi

La raccolta di racconti Desjatka [Il Decino], deve il suo nome al fatto che gli autori dei racconti contenuti in essa sono dieci. Le storie, invece, sono quattordici, poiché alcuni autori come Zachar Prilepin, Roman Senčin, Andrej Rubanov e Dmitrij Danilov ne hanno presentate due invece di una. Io ho deciso di tradurre cinque di questi dieci autori, per la precisione, Il’dar Abuzjarov, Roman Senčin, Denis Gucko, Dmitrij Danilov, e ovviamente, Zachar Prilepin, che è il curatore della raccolta. Mi sono interessata a loro perché, a eccezione di Prilepin, sono pressoché sconosciuti al lettore italiano non specializzato in letteratura russa moderna, e inoltre, sempre escludendo Prilepin, e in accezione minore Abuzjarov, nessuno di loro è mai stato tradotto nella nostra lingua. Ho scelto un racconto per ogni autore, cercando di optare per quello che meglio racchiude e rappresenta il suo pensiero e modalità di scrittura. Il curatore della raccolta è Zachar Prilepin, che nella prefazione, si rivolge ai lettori illustrando le motivazione che lo hanno spinto a scegliere proprio questi scrittori e non altri. Innanzitutto, presenta la raccolta come <<un’antologia di letteratura contemporanea nazionale>> (Prilepin 2011, 6), definizione avente a che fare con la generazione di appartenenza di questi autori, che hanno iniziato a pubblicare le loro opere negli anni “zero”. Nel 2000 hanno fatto il loro debutto Il’dar Abuzjarov con Osen’ Džinnov [L’autunno dei gin] (2000), e Roman Senčin con Afinskie noči [Le notti di Atene] (2000); nel 2001 è stata la volta di Sergej Šargunov con Malyš Nakazan [La punizione del bambino] (2001), e di Michail Elizarov con Nogti [Unghie] (2001); nel 2002 sono usciti Dmitrij Danilov con il racconto

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Pošli v les [Siamo andati nel bosco] (2002) e Denis Gucko con il racconto Apsny buket [Il mazzo di Apsny] (2002); nel 2005 Andrej Rubanov con il romanzo Sažajte, i vyrastet [Piantatelo, e crescerà] (2005); nel 2006 German Sadulaev con Radio Fuck [Radio Fuck] (2006), e infine, nel 2007, Sergej Samsonov con Nogi [Piedi] (2007). Secondariamente, tutti questi scrittori hanno affermato il loro nome nel processo letterario grazie all’ottenimento di vari premi e riconoscimenti. Nel 2001, infatti, Šargunov ottenne il premio “Debjut” [Il debutto] sempre con il racconto La punizione del bambino (2001), nel 2002 fu la volta di Senčin per il premio “Evrika” [Eureka] con Le notti di Atene (2000), nel 2005 di Gucko con il premio “Russkij buker” [Il booker russo] per il romanzo Bez puti – sleda [Senza traccia] (2005), che ricevette anche Elizarov nel 2008 con il romanzo Bibliotekar’ [Il bibliotecario] (2007). Sempre nel 2008, Sadulaev si guadagnò “Evrika” [Eureka] per il libro Purga, ili Mif o konce sveta [La tormenta, o il Mito della fine del mondo] (2008), e infine, nel 2011 Abuzjarov, ricevette il “Novaja Puškinskaja premija” [Nuovo premio Puškin], nomina ottenuta per il suo impegno nello sviluppo della tradizione letteraria nazionale.

Si tratta quindi di scrittori affermati, che hanno in comune l’appartenenza alla stessa generazione, (almeno per quanto riguarda l’anno di debutto), quella degli anni “zero”, e l’avvenuto riconoscimento con premi letterari. Ma ci sono anche altre motivazioni che spiegano la scelta di Prilepin, come la mancanza di ogni componente ideologica che possa disturbare il lettore, circostanza derivata dal fatto che ogni autore ha un pensiero completamente diverso dagli altri, perché, ad esempio, <<le opinioni politiche di Elizarov e Gucko, sono completamente opposte>> (Prilepin 2011, 9).

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Gli autori degli anni “zero”, hanno ancora una certa connessione con il potere sovietico, si può dire che ne subiscono il fascino, sebbene non focalizzino più sulla questione dell’anti o pro Unione Sovietica.

Il loro intento principale, è quello di descrivere e spiegare i tempi odierni, i cambiamenti che hanno investito il loro Paese e la loro generazione, e lo fanno con racconti che hanno a che fare con la quotidianità, con personaggi comuni, e con un linguaggio generalmente informale.

I racconti tradotti ed esaminati nella seguente trattazione, sono cinque. Precisamente: Kvartiranka s dvumja det’mi [L’inquilina con due bambini] di Roman Senčin, Tvarec [Il creaturo] di Denis Gucko, Za oknom [Alla finestra] di Dmitrij Danilov, Trollejbus, iduščij na vostok [Un filobus per vivere] di Il’dar Abuzjarov e infine Veročka [Veročka] di Zachar Prilepin.

L’inquilina con due bambini di Senčin è ambientato in una città non specificata, e in particolare, in un’icona culturale della Russia sovietica, la kommunalka. Attraverso il racconto del protagonista, si può avere un’idea di come si svolgono la vita e la quotidianità di chi vive una situazione di disagio finanziario, ed è quindi costretto a condividere i suoi spazi con altre persone. La narrazione è effettuata sempre in prima persona, e chi racconta ci dà notizie dettagliate sul suo passato e sul suo modo di vivere nel presente, ma non ci dice il suo nome. La vicenda ha una conclusione tragica: l’inquilina di nome Elena uccide i suoi bambini perché non riesce più a sostenere la miseria in cui vivono.

Il creaturo di Gucko, è narrato in terza persona, e presenta la mediocre vita del portavoce del direttore di una banca che ha il grande sogno di diventare uno scrittore. Il racconto, che presenta delle tonalità molto ironiche, si incentra sul fatto che il protagonista è insoddisfatto in ogni

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ambito della sua vita, e finisce con lo scaricare le sue frustrazioni su chi gli è più vicino e indifeso, come il figlioletto Ljoša.

Alla finestra di Danilov, è il più breve dei cinque, con una trama alquanto scarna. Infatti, si tratta della descrizione del paesaggio che un personaggio non specificato vede dalla sua finestra in campagna, non lontano dalla città di Domodedovo. Tuttavia, il racconto si potrebbe interpretare come un modo di comparare la situazione della Russia nel confronto fra passato e presente.

Un filobus per vivere di Abuzjarov presenta la vicenda, narrata in prima persona, di un personaggio di cui non viene detto il nome, ma che sembra appartenere alla cultura islamica, precisamente turca. Il narratore ci dà qualche notizia sulla sua infanzia, e si sofferma poi sul racconto del primo incontro con la donna amata, avvenuto, appunto, su un filobus.

Anche Veročka di Prilepin è raccontato in prima persona, e sebbene narratore non ci dica il suo nome, da diverse informazioni sulla sua età, l’aspetto fisico e alcuni componenti della sua famiglia. Il racconto ha luogo nella campagna russa, d’estate, ed è una splendida fotografia della società rurale autoctona, in particolare della sua componente giovanile, poiché vengono narrate le vicende di quattro adolescenti. Il punto focale della narrazione, è l’innamoramento del protagonista e di suo fratello verso una ragazza che si è appena trasferita lì e il cui nome dà il titolo al racconto, Veročka.

Una caratteristica peculiare che accomuna questi racconti, a eccezione di Alla finestra di cui ho appena descritto brevemente le peculiarità, è il ruolo preponderante che hanno l’infanzia e la figura del bambino. In Un filobus per vivere il narratore ci racconta della sua adolescenza, di cui ha un ricordo così

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piacevole, da venirgli in mente, quasi come un qualcosa di salvifico, ogni volta che si ubriaca in modo disperato. Le vicende adolescenziali sono anche al centro di Veročka, in cui vengono raccontate le avventure dei protagonisti, e in maniera molto delicata e tenera, le emozioni del primo amore. Tuttavia, se in questi due racconti, l’infanzia viene presentata e percepita come una periodo felice e spensierato della vita, altrettanto non lo è in L’inquilina con due bambini e Il creaturo. Qui la figura del bambino subisce abusi di vario genere, che vanno da maltrattamenti verbali e indifferenza da parte di un genitore, a dover sopportare la povertà e la mancanza di mezzi, fino ad andare incontro a una morte tragica. Gli aguzzini dei piccoli non sono membri esterni alla famiglia, ma i genitori stessi: Kudinov e, in maniera estrema, Elena.

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2. 2 Cenni biografici: gli autori

Roman Senčin

Roman Senčin è nato a Kyzyl, una piccola città della Russia siberiana centro-meridionale e capitale della Repubblica Autonoma di Tuva. Ha studiato presso l’Istituto di Edilizia a Leningrado, in seguito all’Istituto Magistrale di Kyzyl e di Minusinsk dove si era intanto trasferito agli inizi degli anni ’90, e dove ha lavorato come montatore, netturbino e facchino. Nel 1995-1996 inizia a pubblicare i suoi primi racconti sui giornali locali, per arrivare poi alla prima pubblicazione a Mosca, sul giornale “Naš sovremennik” [Il nostro coetaneo] nel 1997. Intanto combatte con le truppe di frontiera in Carelia.

Dal 1996 al 2001 frequenta la facoltà di Lettere e scrive per i giornali “Oktjabr’” [Ottobre], “Družba narodov” [L’amicizia tra i popoli], “Novyj mir” [Il nuovo mondo], “Znamja” [Il presagio], e altri.

Senčin è un autore molto prolifico, e in meno di dieci anni, ha pubblicato più di una dozzina tra romanzi e raccolte di racconti, quali: Afinskie noči [Le notti di Atene] (2000), Minus [Il meno] (2002), Nubuk [Nubuk] (2003), Den’ bez čisla [Il giorno senza data] (2006), Ničego strašnogo [Niente di terribile] (2007), Vpered i vverch na sevšich batarejkach [Sopra e davanti alle batterie scariche] (2008), Rassypannaja mozajka [Il mosaico disperso], (2008), Moskovskie teni [Le ombre di Mosca] (2009), Eltyševy [Eltyševy] (2009), Idžim [Idžim] (2010), Led pod nogami [Il ghiaccio sotto i piedi] (2010), Absoljutnoe solo [Assolo assoluto] (2010), Izobilie [L’Abbondanza] (2010).

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Le sue doti artistiche gli hanno assicurato molti successi, ad esempio nel 2009 il romanzo Eltyševy è entrato nelle classifiche dei premi letterari più noti e ambiti della Russia, quali “Bol’šaja kniga” [Il grande libro], “Russkij buker” [Il booker russo], “Jasnaja Poljana” e “Nacional’nyj bestseller” [Il bestseller nazionale], “Russkij buker desiatiletija” [Il booker russo del decennio], diventando una delle opere più pubblicate e vendute degli ultimi anni.

Senčin ha vinto anche diversi premi, quali il premio “Znamja” [La bandiera] nel 2001, “Evrika” [Eureka] nel 2002 e “Venec” [La corona] nel 2006.

Le sue opere sono state tradotte in diverse lingue, quali tedesco, inglese, svedese e finlandese, con la mancanza, purtroppo, dell’italiano.

La principale caratteristica del modo di scrivere di Senčin, è la sua scelta di narrare racconti dai toni tristi sulla “piccola gente” sulla scia di grandi del passato come Gogol’ e Dostoevskij. I protagonisti delle sue storie, infatti, sono coloro che generalmente vengono tenuti ai margini della società e della vita in generale, cioè i reietti, i pezzenti, coloro che sono incapaci di agire concretamente per migliorare la propria situazione: rimangono impassibili, sono quasi amorfi, non si lamentano, non agiscono. Ed è qui che entra in scena la grande capacità dell’autore di riuscire comunque a tirare fuori da queste macchiette un barlume vitale, tanto da suscitare nel lettore non solo compassione, disprezzo, ribrezzo, ma addirittura riso, rispetto, amore; una vasta gamma di emozioni, insomma, che ricorrono tutte insieme. Pochi riescono a fare quello che fa Senčin con tale “materiale antropologico” (Danilkin 2007, 33): disegnare l’assurdo per far provare al lettore compassione e riso; ironizzare su questi personaggi e allo stesso tempo, interessarsi seriamente di loro, vale a dire a occuparsene quando tutti li

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ignorano. La sua stessa figura, d’altronde, ha qualcosa di assurdo, cosa di cui egli stesso è consapevole. È un intellettuale - misantropo, non pienamente inquadrato né nell’ambiente dei perdenti, né in quello della società dei vincenti, per questo, molto spesso, costruisce i suoi personaggi proprio sulla figura di sé stesso, di Roman Senčin. Le opere di questo autore mettono in scena gli avvenimenti della vita reale, con un linguaggio informale e colloquiale. Personaggi rozzi, degradati, immersi in un’atmosfera grigia, spesso con il minimo della drammaticità, come il narratore della vicenda di L’inquilina con due bambini. Infatti per questo autore gli avvenimenti, quelli con la “a” maiuscola, positivi o negativi, nella vita sono davvero rari. Di conseguenza, vale la pena raccontare anche dei giorni piatti, monotoni, e farlo con il tono appropriato. Per questo, Senčin è allo stesso tempo scrittore e pittore: non si limita a fare degli schizzi, ma dei disegni a tutto tondo.

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Denis Gucko

Denis Gucko è nato il 27 dicembre 1969 a Tblisi, in Georgia. Dopo aver terminato le scuole superiori nel 1987, si è trasferito a Rostov - na - Donu dove ha frequentato la facoltà locale, laureandosi in Geologia e Chimica nel 1993. Dal 1988 al 1989 ha prestato servizio nell’esercito. Ha lavorato per dieci anni come guardia giurata in una banca, iniziando a scrivere durante il tempo libero. Nel 2000, su un giornale locale, la “Literaturnaja gazeta” [Il giornale della letteratura] è stato pubblicato il suo primo racconto, Priručennyj lev [Il leone addomesticato] (2000), sulle vicende di un personaggio di ritorno dal fronte ceceno. Ha ottenuto poi il successo nel 2002, debuttando come prosatore sul giornale “Znamja” [La bandiera] con il racconto – documentario Apsny buket [Il mazzo di Apsny] (2002). Nel 2004, ha poi pubblicato il racconto Tam, pri rekach Vavilona [Là, sui fiumi di Babele] (2004) sul giornale Družba narodov” [L’amicizia tra i popoli]. Nel 2002, intanto, era diventato uno scrittore stipendiato dal Ministero della cultura della Federazione Russa, nonché membro della “Sojuz rossijskich pisateliej” [Unione degli Scrittori Russi].

Nel 2005 ha ottenuto il premio “Russkij buker” [Il booker russo] per il romanzo Bez puti – sleda [Senza traccia] (2005), nonché il premio “Michail Šolochov”, e quello “Boris Sokolloff”. Altre sue opere sono: Russkogovorjaščij [Il parlante russo] (2005), Pokemonov den’ [Il giorno dei Pokemon] (2007), Domik v Armageddone [La casetta nell’Armageddon] (2009), e infine Beta - Samec [Il maschio beta], (2013). Le sue opere sono state pubblicate sui giornali “Znamja” [La bandiera] “Kontinent” [Il continente], “Novij mir” [Il nuovo mondo], “Oktjabr” [L’ottobre], e altri ancora. Ha scritto per il giornale “Ogonek” [Il lumino], da cui è stato proclamato autore dell’anno nel 2006.

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Oggi lavora come corrispondente speciale per il settimanale “Gorod N” [La città N] nella sezione di economia, sempre a Rostov - na Donu.

Il primo romanzo di Gucko, Russkogovorjaščij [Il parlante russo] (2005), è autobiografico, e narra la storia di un fallito che vuole cambiare la propria vita, cosa che rispecchiava anche le ambizioni dello stesso autore, il quale dichiarò spesso la sua intenzione di scrivere a tutti i costi, sia che fosse stato apprezzato o meno dal pubblico. Dopo il successo della sua prima opera e l’ottenimento dei premi letterari, la vita di Gucko effettivamente cambiò, e in positivo, perciò lasciò perdere il soggetto autobiografico trattato in gioventù per dedicarsi a nuove tipologie di romanzi con nuovi eroi e nuove tematiche, che sorgevano dalle domande più scottanti che si pone l’uomo moderno. Gucko è nato in un’epoca di crisi e cambiamenti, circostanza che ha influenzato su tutta la sua esistenza. È un erede della letteratura russa classica, ma non bisogna dimenticare che ha trascorso la sua gioventù nel Caucaso, così che tutto il noto splendore della cultura locale ha arricchito la sua modalità di scrittura con le sfumature e i colori più vivaci ed effervescenti. L’unione di cultura russa e caucasica hanno dato vita a un nuovo eroe: un piccolo uomo che non riflette, ma che almeno si dimostra virile e capace di sopportare ogni avversità, e ne è pienamente consapevole. È un personaggio che passa attraverso il dolore e le incoerenze del nostro tempo per cercare di custodire i valori che molto spesso vengono dimenticati nella letteratura russa contemporanea: l’onore, la coscienza, la ragione. Le sue opere mirano quindi a eccitare l’anima dei lettori, provocare in loro molteplici emozioni, dalla gioia alla tristezza, ma soprattutto stimolarne il pensiero e l’amore per la vita.

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Gucko si è rivelato un artista arguto, sincero e intelligente, ed ha occupato il suo posto nell’Olimpo letterario sintetizzando la proverbiale calma russa con la dignità delle popolazioni caucasiche.

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Dmitrij Danilov

Dmitrij Danilov è nato a Mosca il 31 gennaio 1969. Ha lavorato per molte case editrici e giornali, ed è stato capo redattore della compagnia corporativa di pubblicazioni “Ist Lajn” [La linea est]. Al momento lavora come commentatore per la rivista “Russkaja žizn” [La vita in Russia]. Ha debuttato con il racconto Pošli v les [Siamo andati nel bosco], pubblicato sull’almanacco “Topos” nel 2002. Dal 2002 al 2005 è stato membro del gruppo letterario “Osumbez” e “Kiberpočvenniki”. È stato pubblicato su giornali come “Novij mir” [Il nuovo mondo] e “Sojuz Pisatelej” [L’Unione degli scrittori].

Fra le sue opere, romanzi e racconti, possiamo menzionare: Čërnyj i zelënyj [Il nero e il verde] (2004), Dom desjat’ [La casa n. 10] (2006), Gorizontal’noe položenie [Posizione orizzontale], (2010), Opisanie goroda [La descrizione delle città] (2012). L’opera Il nero e il verde è stata tradotta in olandese e pubblicata nei Paesi Bassi nel novembre del 2008. I testi di Danilov sono stati inoltre tradotti in inglese e in italiano, e pubblicati in Italia e in Belgio.

Danilov definisce i suoi libri тихие (tichie), [tranquilli, quieti]. Le sue opere presentano infatti dei personaggi che appaiono autentici, ma che sono rallentati, sommessi. Lui stesso si autodefinisce una persona molto calma, fatto che potrebbe essere attribuito alla sua grande fede religiosa, il cui interesse lo ha portato a intraprendere gli studi di teologia. È forse per questo motivo che riesce a trasmettere significati più profondi anche nello spazio di poche pagine.

La sua scrittura è diretta a descrivere la quotidianità e il mondo circostante, per questo Danilov adotta un linguaggio che si rifà al discorso orale, quello che si utilizza nella vita di tutti i giorni.

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Il’dar Abuzjarov

Il’dar Abuzjarov è nato il 5 giugno 1975 a Gor’kij. Ha iniziato a pubblicare i suoi racconti nel 1998 sul giornale “Nižnij Novgorod” [Nižnij Novgorod]. Ha poi collaborato con altre riviste della città in qualità di commentatore sportivo, e ha insegnato nella màdrasa “Machinur”, sempre a Nižnij Novgorod.

Nel 2000 ha terminato gli studi di storia alla facoltà statale cittadina, studiando contemporaneamente nel collegio islamico di Mosca. Ha fatto diversi lavori, fra cui bidello, facchino, giornalista, direttore commerciale del giornale “Oktjabr’” [L’Ottobre].

È membro del “Literaturnogo ekspressa” [L’espresso letterario], un seminario per giovani scrittori a Lipki e ha partecipato alle fiere internazionali del libro che si sono svolte a Parigi, Francoforte, Londra e Il Cairo.

Le sue opere sono state pubblicate su giornali e almanacchi come “Znamja” [La bandiera], “Vavilon” [Babele], “Oktjabr” [L’ottobre], “Novij mir” [Il nuovo mondo], “Neva” [La Neva], “Družba Narodov” [L’amicizia tra i popoli], “Junost’” [La gioventù].

Ha scritto diversi libri quali: Osen’ Džinnov [L’autunno dei gin] (2000), Kurban – roman [Il romanzo del Kurban] (2009), Chuš [Chuš] (2010), Agroblenie po – olbanski [Agrologia dell’olban] (2012), Mutabor [Mutabor](2012).

I racconti Počta [La posta] (2006) e Mavr [Il moro] (2008), erano tra i finalisti per il premio “Jurij Kazakov”, mentre il romanzo Chuš, era nella classifica per i premi “Nacional’nyj bestseller” [Bestseller nazionale] e “Bol’šaja kniga” [Grande libro].

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Le sue opere sono state tradotte in tedesco, ceco e svedese. Il racconto Trollejbus, iduščij na Vostok [tr. lett: Il filobus che va a est] (2011) è stato pubblicato sul giornale svedese “Ord & Bild”, e il racconto Berber [Il berbero] (2010), sul giornale tedesco “Sinn und Form”.

Il racconto lungo Il romanzo del Kurban, è stato di ispirazione per il film omonimo del regista Salavat Juseev.

Zachar Prilepin, il curatore della raccolta Desjatka [Il Decino], che include il racconto Un filobus per vivere, ha detto di lui:

“Il’dar Abuzjarov è un personaggio misterioso per me, che non sempre riesco a capire, ma che apprezzo molto. Di sicuro so solo che è una di quelle persone incapaci di commettere cattive azioni. Amo alcune cose di lui, altre invece proprio non le capisco. Ad ogni caso, ritengo che sia un fenomeno letterario unico nel suo genere”.

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Zachar Prilepin

Zachar Prilepin è nato nel 1975 nella regione di Rjazan’, Russia. Dopo essersi laureato presso la facoltà di lettere dell’Università Statale di Nižnij Novgorod, ha fatto vari lavori, tra cui guardia giurata e soprattutto ha combattuto nella guerra di Cecenia (1996-1999), dove era arruolato negli OMON, i corpi speciali russi.

Nel 1999 lasciò il servizio negli OMON e iniziò a lavorare come giornalista del giornale “Delo” [L’Affare] di Nižnij Novgorod.

Nel 2000 è diventato capo redattore del giornale. Parallelamente ha iniziato a lavorare al suo primo romanzo Patologii [Patologie] (2004).

Le sue prime pubblicazioni risalgono al 2003 nel giornale “Den literatury” [Il giorno della letteratura]. Prilepin è stato pubblicato in diversi giornali tra cui “Literaturnaja gazeta” [Il giornale letterario], “Limonka” [Bomba a mano], “Na kraju” [Al confine], “General’naja linija” [Linea generale], e nelle riviste “Sever” [Nord], “Družba narodov” [L’amicizia tra popoli], “Roman-gazeta” [Il romanzo-giornale], “Novij mir” [Il nuovo mondo], “Snob”, “Russkij pioner” [Il pioniere russo], “Russkaja žisn” [La vita in Russia].

È stato capo redattore della “Drugaja Rossija” [L’Altra Russia], un gruppo oppositore di Putin e del suo governo. È inoltre membro del partito nazional-bolscevico (che è stato bandito), nonché vicepresidente dell’organizzazione panrussa di carattere sociale “Na.R.O.D” [Il popolo].

È considerato uno dei migliori scrittori della Russia contemporanea soprattutto per la lingua innovativa ed evocatrice e in meno di dieci anni ha pubblicato una decina di opere tra romanzi e raccolte di racconti: Patologii [Patologie] (2005), San’kja [San’kja] (2006), Grech [Il peccato] (2007), Botinki, polnye gorjačej vodkoj: pacanskie rasskazy [Scarponi pieni di vodka calda:

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racconti di ragazzini] (2008), Ja prišel iz Rossii [Vengo dalla Russia] (2008), Eto kasaetsja lično menja [Questo riguarda proprio me] (2009), la biografia Leonid Leonov: Igra ego byla ogromna [Leonid Leonov: il suo gioco era enorme] (2010), Černaja obez’jana [La scimmia nera] (2011), Vos’merka [L’otto] (2011), Knigočet [Il conteggio dei libri] (2012) ), Obitel’ [Il convento] (2014).

È stato anche curatore di antologie e raccolte quali: Vojna. WAR [Guerra. WAR] (2008), Revoljucija. Revolution [Rivoluzione. Revolution] (2009), Imeniny serdca. Razgovory s russkoj literaturoj. [L’onomastico del cuore. Dialoghi con la letteratura russa] (2009), Lit Perron. Antologija nižegorodskoj poezii [Lit Perron. Antologia della poesia di Nižnij Novgorod] (2011), Desjatka. Antologija prozy “nulevych” godov. [Il Decino. Antologia della letteratura degli anni “zero”] (2011), Limonka v tjurme. [Bomba a mano in carcere] (2012), Četyrnadcat’. Antologia ženskoj prozy “nulevych” godov [ I quattordici. Antologia della letteratura femminile degli anni “zero”] (2012), Leonid Leonov. Sobranie sočinenij v šesti tomov [Leonid Leonov. Una raccolta di opere in sei volumi] (2013), Anatolij Mariengof. Sobranie sočinenij v trëch tomach [Anatoli Mariengof. Una raccolta di opere in tre tomi] (2013).

Campione d’incassi, l’autore è stato finalista ai più importanti premi letterari russi degli ultimi anni (Nacionalnyj bestseller [Bestseller nazionale], Russkij buker [Il booker russo], ecc), vincendone molti, tra cui il premio “Super Bestseller nazionale” per il suo libro Grech [Il peccato] (2007), giudicato il miglior romanzo degli ultimi dieci anni.

Tra gli altri premi vinti dall’autore possiamo elencare:

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2006: premio “Roman-Gazety” [Romanzo-giornale] con la nomina di “Otkrytie” [Scoperta];

2007: premio letterario “Lučšij zarubežnyj roman goda” [Miglior romanzo straniero dell’anno] per il romanzo San’kja;

2007: premio “Ėkskljuziv goda” [Esclusiva dell’anno] del sito nazlovu.ru per la pubblicistica politica;

2007: premio “Rossii vernye syny” [Figli devoti della Russia] per il romanzo Grech;

2007: premio “Jasnaja Polijana” per il romanzo San’kja;

2008: premio “Soldat Imperii” [Soldato dell’impero] per la prosa e la pubblicistica;

2008: premio “Nacional’nyj bestseller” [Bestseller nazionale] per il romanzo Grech;

2008: premio “Bestseller OZON.RU” per i risultati ottenuti nella vendita dal sito internet OZON.RU;

2009: “Art-persona” dell’anno secondo la stazione radio “Evropa Pljus” [Europa Plus];

2010: premio nazionale “Lučšie knigi i izdatel’stva 2010” [Miglior libro e casa editrice 2010] per il capitolo “Biografii” del libro Leonid Leonov: igra ego byla ogromna;

2011: premio “Supernazbest” [Super bestseller nazionale]

2012: premio “Bronzovaja Ulitka” [Lumaca di bronzo] con la nomina “Krupnaja forma” [Grande stile] per il miglior romanzo fantastico dell’anno: Čërnaja obez’jana.

2012: “Čelovek goroda” [Personaggio dell’anno] di Nižnij Novgorod.

2012: premio BookMix.ru per la sezione "Vybor Ekspertov" [La scelta degli esperti], per il romanzo Čërnaja obez’jana.

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