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La questione dei nativi americani nella Disputa di Valladolid (1550-1551)

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(1)

INDICE

INQUADRAMENTO STORICO ... 2

-1.

LA SPADA E LA CROCE NELLA CONQUISTA SPAGNOLA ... 11

-1.1. La società coloniale ... - 11 -

1.2. Le concessioni papali ... - 17 -

1.3. La Escuela de Salamanca ... - 44 -

2.

LA DISPUTA DI VALLADOLID ... 69

-3.

APPENDICE ... 135

-Documento 1. Bolla Romanus Pontifex di Niccolò V, 8 gennaio 1454. ... - 135 -

Documento 2. Bolla Piis fidelium di Alessandro VI, 25 giugno 1493. ... - 140 -

Documento 3. Bolla Inter Caetera Divinae di Alessandro VI, 4 maggio 1493. .... - 141 -

Documento 4. Ordenanzas reales para el buen regimiento y tratamiento de los indios - 144 - Documento 5. Ordenanzas de 1513, declarando y moderando las de Burgos de 1512 - 153 - Documento 6. Requerimiento di Palacios Rubios. ... - 155 -

Documento 7. Bolla Sublimis Deus di Paolo III, del 2 giugno 1537. ... - 158 -

Documento 8. Carta de Bartolomé de Las Casas a Domingo de Soto tratando de persuadirle que plantee al Emperador el remedio del gobierno de las Indias, maggio 1549. ... - 159 -

Documento 9. Prólogo al ilustrísimo varón Luis de Mendoza, conde de Tendilla y marqués de Mondéjar al diálogo sobre las justas causas de la guerra de Ginés de Sepúlveda. ... - 162 -

Documento 10. Aquí se contiene una disputa o controversia entre el obispo don fray Bartolomé de Las Casas o Casaus [...] y el doctor Ginés de Sepúlveda[...], luglio 1552-gennaio 1553. ... - 163 -

Documento 11. Carta 42 (70) Juan Ginés de Sepúlveda a Martín de Oliva, Doctor en ambos Derechos, Inquisidor Apostólico, 1 ottobre 1551. ... - 165 -

(2)

-INQUADRAMENTO STORICO

Lo sbarco nel Nuovo Mondo dell’ammiraglio Cristoforo Colombo avvenne il

mattino del 12 ottobre del 1492. La terra toccata per prima fu quella dell'isola

Guanahaní (oggi Watling), ribattezzata successivamente da Colombo San Salvador,

abitata da un popolo neolitico originario del bacino amazzonico

1

, i taíno, della

cultura náhuatl

2

. Dopo il primo contatto con gli indigeni, l'ammiraglio proseguì

nell’esplorazione delle altre isole dell’arcipelago delle Bahamas (le Lucaine, da cui

l’altro nome del popolo indigeno). Nel viaggio verso est furono scoperte due grandi

isole: Cuba, chiamata da Colombo Juana, e Española (Hispaniola), corrispondente

all’attuale Haiti, entrambe abitate dalla popolazione dei taíno

3

.

Secondo i racconti dell’epoca, le principali popolazioni incontrate dagli europei

si distinguevano per i territori occupati e per le caratteristiche ed i costumi differenti:

la già richiamata popolazione taíno, considerata sostanzialmente pacifica, e i caribe o

caribi

4

delle Piccole Antille, ritenuti un popolo bellicoso e antropofago

5

. La struttura

1 MCALISTER 1986, p. 103.

2 CATURELLI 1992, p. 93. La cultura náhuatl fiorì nel cosiddetto Altopiano Centrale, limitato a nord dalle sierre di Zacatecas, ad est dalla Sierra Madre orientale, ad ovest dalla Sierra Madre occidentale e a sud dall’asse vulcanico.

3 DONATTINI 2004, pp. 48-49. Nel corso delle sue esplorazioni, Colombo aveva l’abitudine di rinominare i luoghi e gli oggetti estranei alla cultura europea come per conquistarli simbolicamente ed imprimervi dei precisi segni di appropriazione e di riconoscimento simbolico: «a questo serve la cerimonia ufficiale della presa di possesso. [...] Alla consacrazione del possesso segue un secondo, necessario momento: per rendere più saldo il controllo sul nuovo spazio, per dargli un ordine entro la realtà, occorre battezzarlo, conferirgli un nome». TODOROV 2008, p. 33. Sebbene fosse a conoscenza del fatto che le terre scoperte possedessero già

dei nomi la sua intenzione era quella di «ribattezzare i luoghi in funzione del posto che essi occupano nel quadro della sua scoperta [e] dare loro dei nomi giusti, il nominarli equivale ad una presa di possesso».

4 I Caribe hanno la stessa origine linguistica dei taíno, degli arawak o arahuaca, e appartengono alla sottofamiglia linguistica dei maipure.

5 ALBÒNICO-BELLINI 1992, p. 5-6. In seguito gli spagnoli conobbero altre minoranze: i ciboney, popolazione più arretrata rispetto ai taíno, che abitava l’area più occidentale di Cuba e probabilmente l’area sud occidentale di Hispaniola; delle popolazioni che in alcune zone si erano

(3)

sociale dei taíno si articolava in cinque regni principali, ciascuno guidato da un

sovrano (cachique) a cui erano sottoposti alcuni funzionari minori. La gerarchia

sociale si divideva in nitaínos, sorta di nobiltà che affiancava il cachique, in behínques,

sacerdoti, sciamani e guaritori, e in naborías, servi dei capi della comunità. La

popolazione viveva in grandi villaggi e piccoli insediamenti composti principalmente

di capanne abitate da più nuclei familiari e basava il proprio sostentamento

sull’agricoltura e la caccia

6

.

La stima della popolazione effettivamente presente sul suolo americano al

momento del contatto tra la cultura spagnola e quella indigena è stata argomento di

numerosi studi, i quali hanno fornito diverse approssimazioni secondo. Massimo

Livi Bacci ha proposto un metodo sul quale impostare una stima accurata della

popolazione dell’isola di Hispaniola: «[…] stimare la possibile capacità di

popolamento dell’isola, date le caratteristiche ambientali e le tecniche produttive, e di

determinare il «tetto» demografico al contatto. […] Stimare la produttività della

ricerca dell’oro e da questa risalire alla dimensione della manodopera impegnata e

quindi alla popolazione totale. […] Una terza via parte dall’organizzazione della

società taína e dal numero, parzialmente noto, dei clan, o gruppi esistenti, per

inferire le dimensioni totali. […] [studiare] l’organizzazione dei villaggi e le loro

dimensioni presunte»

7

. Seguendo questi presupposti «si può dire che la “vera”

popolazione dell’isola ha probabilità massima di trovarsi tra le 200 e 300 mila unità e

probabilità molto piccole e rapidamente tendenti allo zero per dimensioni sopra le

400 mila o sotto le 100 mila unità»

8

. Per la determinazione degli abitanti presenti su

tutto il continente americano si contrappongono una scuola “ribassista” ed una

“rialzista”, che concentrano i loro studi sulla popolazione a partire dalla seconda

fuse con la popolazione dominante, come i macorije, abitanti della zona nord occidentale dell’attuale Repubblica Dominicana, e i ciguayo, stanziati più ad oriente; infine, i cavernicoli, incontrati all’estremità sud occidentale di Haiti.

6 ALBÒNICO-BELLINI 1992, pp. 5-7. 7 LIVI BACCI 2005, p. 106.

(4)

metà del Cinquecento. Le stime variano da un minimo di 8 ad un massimo di 112

milioni; recenti studi hanno stabilito che il numero della popolazione presente nel

continente al momento dell’arrivo di Colombo fosse vicino ai 30 milioni di persone

e fosse concentrata per due terzi nella Mesoamerica e nella regione andina; la

rimanente parte viveva in insediamenti sparsi nelle altre zone, oppure come nomade

nelle aree più remote

9

.

Partito con diciassette navi e 1.200 uomini, il secondo viaggio di Cristoforo

Colombo portò alla scoperta dell’isola di Borinquén, battezzata San Juan

(Portorico). Il 27 novembre 1493 l’approdo su Hispaniola fu accompagnato da un

infelice ritrovamento: i trentanove uomini spagnoli, lasciati solo un anno prima

nell’avamposto sulla costa (Villa de la Navidad), vennero ritrovati morti,

probabilmente uccisi dagli indigeni a cui avevano rubato oro e donne. Tale

avvenimento fece crollare la convinzione dell’Ammiraglio di aver scoperto un

Paradiso in terra, abitato da una popolazione di «miti, buoni e belli, […] una perla da

aggiungere ai domini delle Serenissime Maestà Isabella e Ferdinando»

10

. Con i due

viaggi successivi, che ebbero luogo tra il 30 maggio 1498 e il 30 ottobre 1500 e tra il

3 aprile 1502 e il 7 novembre 1504, la spedizione si spostò sul continente scoprendo

il fiume Orinoco e perlustrando le coste dell’America centrale, dall’Honduras a

Panama

11

. Le zone maggiormente interessate dalla conquista spagnola furono

l’insenatura centrale formata dal Mar dei Caraibi e dal Golfo del Messico, esplorata

durante i viaggi dell’Ammiraglio, e la cordillera centrale, che si estende dallo Stretto di

Magellano lungo tutto il continente americano. Nelle montagne dell’interno vennero

rinvenuti ricchi depositi di metalli preziosi, mentre lungo la cordillera si svilupparono i

maggiori insediamenti della civiltà ispano-americana

12

.

Le nuove perlustrazioni, durante il secondo viaggio di Colombo, portarono

9 LIVI BACCI, pp. 15-16.

10 LIVI BACCI 2005, pp. 101-103. 11 CAPRA 2011, pp. 78-80. 12 MCALISTER 1986, pp. 107-108.

(5)

alla scoperta dei primi importanti giacimenti auriferi nella zona meridionale di

Hispaniola. Fin dall’inizio della colonizzazione, l’obiettivo principale degli spagnoli

era stata la ricerca di materiali preziosi e delle miniere alla loro origine

13

. Bartolomeo,

fratello di Cristoforo Colombo, fu a capo di questa prima importante scoperta,

preceduta nei mesi precedenti solo dalla raccolta delle ridotte scorte già in mano ai

nativi, che portò alla fondazione della città di Santo Domingo (5 agosto 1498). Lo

sfruttamento delle risorse divenne più intenso nel periodo successivo al governo di

Cristoforo e dell’adelantado Bartolomeo, che fu segnato dalla ribellione dell’alcalde

mayor Francisco de Roldán

14

. Durante la sua permanenza, marcata da pochi

ritrovamenti di oggetti preziosi, Cristoforo studiò differenti metodi per la raccolta

del denaro, necessario a giustificare la nuova spedizione. L’Ammiraglio cercò in

prima istanza di imporre ai nativi un tributo pro-capite, in oro e in cotone, che

questi non riuscirono a sostenere, in quanto abituati a ritmi di lavoro discontinui e

più blandi. Colombo propose quindi ai sovrani l’apertura del commercio di schiavi

amerindi in Europa, come possibile fonte di guadagno. Per questa ragione «cominciò

subito col trasportare qualche centinaio d’Indiani in Spagna, di propria iniziativa. I

Re Cattolici l’accettarono come una cosa ovvia, e il 12 aprile 1495 ordinarono di

vendere quegli schiavi in Andalusia». In seguito i monarchi emanarono un decreto

che vietava provvisoriamente tale commercio, adducendo come motivo l’intenzione

di «consultarsi con giuristi, teologi e conoscitori del diritto canonico per sapere se si

13 TODOROV 2008, pp. 11. «[...] la cupidigia non è il vero movente di Colombo: se la ricchezza gli interessa, è perché essa rappresenta il riconoscimento del suo ruolo di scopritore; ma per sé egli preferirebbe il rozzo abito del monaco [...] egli vorrebbe incontrare il Gran Khan, l'imperatore della Cina di cui Marco Polo aveva lasciato un ritratto indimenticabile [...] Colombo ha a cuore l'espansione del cristianesimo infinitamente più dell'oro.»

14 Francisco de Roldán i primi anni lavorò per i fratelli Colombo nel servizio domestico ma, grazie alla sua astuzia ed alle sue capacità, divenne in pochi anni alcande mayor di Hispaniola. Durante il periodo di assenza di Colombo, rientrato in Europa dai Re Cattolici, la situazione sull’isola divenne insostenibile, da troppo tempo non giungevano più notizie da parte dell’ammiraglio, né imbarcazioni per i viveri dall’Europa. Questa fu la causa scatenante della ribellione messa in atto nel 1497 dall’alcalde, seguita dall’istituzione di un regime rivale a quello di Bartolomeo nell’ovest dell’isola di Hispaniola; la ribellione venne placata solo dal ritorno di Cristoforo Colombo l’anno successivo.

(6)

possono o no vendere in buona coscienza gli Indiani come schiavi»

15

. Solo nel 1503

la regina Isabella autorizzò la cattura e la riduzioni in schiavitù degli indigeni, in

particolare dei caribe, in quanto accusati di antropofagia o ostilità verso i bianchi,

muovendo così il primo passo verso l’imposizione del lavoro servile alle popolazioni

indigene in territorio americano

16

.

Nonostante la comune intenzione dei Re Cattolici e dei conquistatori di

sfruttare le terre appena scoperte ed arricchirsi con i prodotti derivanti da esse, il

metodo ed i mezzi applicati per il raggiungimento di tale obiettivo erano molto

differenti. I principali interessi dei sovrani spagnoli erano l’evangelizzazione e la

protezione della popolazione indigena, il desiderio di sottomettere le nuove terre alla

loro sovranità e ricavarne un arricchimento per le casse nazionali rimaneva

secondario; al contrario, i coloni e i conquistatori desideravano, sopra a tutto,

sfruttare la manodopera e le ricchezze indigene per incrementare i loro guadagni e il

potere nei confronti della Corona. I repartimientos a loro sottoposti non erano

considerati solo come una forma di guadagno data dal lavoro servile, ma come una

signoria (señorío), una posizione di prestigio per molti impensabile in patria e una

ricompensa per le imprese

17

. Negli anni successivi alla scoperta la legislazione ancora

indefinita permise ai coloni di agire, in questo ambito, secondo le loro inclinazioni e

interessi, protetti dalla consapevolezza che molti aspetti negativi delle loro azioni

non sarebbero stati conosciuti in patria a causa della notevole distanza.

La seconda parte dell’impresa spagnola, con il passaggio dall’esplorazione

costiera alla conquista del territorio interno, iniziò da Cuba per iniziativa del

governatore dell’isola caraibica Diego Velázquez de Cuéllar, che organizzò due

15 KONETZKE 1968, p. 162.

16 ALBÒNICO-BELLINI 1992, pp. 10-11.

17 MCALISTER 1986, p. 110. «I vari dati che sono stati analizzati rivelano che il loro numero [scopritori e conquistatori] non includeva alcun nobile né alcun prelato e pochissimi signori e cavalieri degli ordini militari. I nobili stavano bene in Spagna e non avevano alcun incentivo ad avventurarsi in nuove terre; la conquista, invece, venne attuata da pochi hidalgos, da diversi cavalieri che non godevano di una formale nobiltà, da pochi membri della classe media urbana, da qualche marinaio e da parecchi artigiani e contadini.»

(7)

spedizioni (1517 e 1519) che percorsero la costa dello Yucatán ed entrarono in

contatto con la civiltà maya

18

. Qui gli spagnoli raccolsero notizie in merito ai potenti

imperi della terraferma e alle loro immense ricchezze. Protagonista della terza

spedizione fu Hernán Cortés, un hidalgo dotato di buona intelligenza e conoscenze

giuridiche, che incarnava in pieno la figura del letrado spagnolo. Questi, nonostante

Carlo V gli avesse negato il comando dell’impresa, guidò la spedizione che nel 1519

penetrò nell’interno del continente accompagnato da 500 uomini

19

. L’esplorazione

partì dalle coste messicane dello Yucatán e, senza incontrare alcuna resistenza, si

diresse verso il centro del Messico e dell’impero azteco, dove fu accolta

positivamente dal sovrano Moctezuma II nella capitale Tenochtitlán

20

. Solo nel 1521

Cortés riuscì a conquistare effettivamente l’impero messicano: con l’appoggio delle

popolazioni ostili al dominatore azteco occupò e distrusse la capitale, uccidendo il

sovrano. L’imperatore Carlo V con l’editto di Valladolid (1522) elesse Cortés

governatore della nuova capitale, che venne edificata sul modello delle città

18 KONETZKE 1968, pp. 15-16. «L’area della civiltà maya comprendeva il Guatemala, parti del Chiapas e del Tabasco, e l’Honduras. Sua sede principale era, a partire dal IX secolo, la penisola dello Yucatán, ma verso la metà del XV secolo il regno maya della “Lega di Mayapan” si era scisso in una serie di principati. Questo declino politico agevolò la conquista dello Yucatán da parte degli Spagnoli, conquista che, dopo quella del Messico ad opera di Hernán Cortés, si protrasse, a causa dell’accanita resistenza dei Maya, dal 1527 al 1546. [...] Così, nelle città maya, al tempo della scoperta europea, c’era una società gerarchicamente organizzata dove il ceto più alto era costituito dai nobili per nascita e dal clero, e quello più basso dagli schiavi, persone che erano private della libertà e potevano essere comprate e vendute. [...] I Maya erano comunque molto progrediti dal punto di vista intellettuale, e si sono perciò meritati il nome di “Greci d’America”. Possedevano una scrittura figurata, ma la maggior parte dei loro geroglifici non sono ancora stati decifrati [...] avevano segni particolari, formati da punti e linee, per i numeri dall’1 al 19, e per i valori maggiori usavano lo zero e la giustapposizione dei segni del sistema vigesimale. Questa tecnica del contare, insieme alle osservazioni astronomiche fatte a occhio nudo, servirono ai Maya per la creazione di un proprio calendario e per il computo del tempo.»

19 DONATTINI 2004, pp. 90-91.

20 LIVI BACCI 2005, p. 132. «[...] una grande città, con una popolazione tra 100 e 200 mila abitanti, secondo gli studiosi moderni, con una marcata divisione del lavoro e un’alta specializzazione mercantile, proprie di una società numerosa ed evoluta. Intorno a Tenochtitlán, sui bordi delle lagune solcate da innumerevoli canoe, nella pianura e sulle pendici delle montagne e dei vulcani che delimitavano la valle, città, cittadine e villaggi erano fittamente disseminati, sostenuti da un’agricoltura intensiva. Un moderno studioso [...] attribuisce alla valle centrale (7.300 chilometri quadrati di superficie, poco meno dell’Umbria) 1,1-1,2 milioni di abitanti (oggi vi si concentra più di un quarto della popolazione del Messico, che ha superato i 100 milioni).»

(8)

spagnole, e del regno circostante che fu denominato Nuova Spagna

21

.

L’esplorazione successiva proseguì nel territorio a sud di Panama, prima città

fondata sul Pacifico (1519). A capo della spedizione erano stati posti Francisco

Pizarro e Diego Almagro, attirati anch’essi dalle notizie riguardanti un impero di

favolosa ricchezza

22

. I due conquistadores incontrarono nel 1532 il re Atahuallpa,

uscito vincitore dal conflitto dinastico dell’impero inca appena terminato. Il sovrano

fu imprigionato e condannato a morte, consentendo ai conquistadores di saccheggiare

Cuzco, la capitale dell’impero. Venne così decretata la fine del potere inca e l’inizio

della dominazione spagnola nell’America meridionale, sancita dalla fondazione del

vicereame del Perú (1544) di cui divenne capitale Lima, edificata da Pizarro nel

1535

23

.

Le strutture sociali delle popolazioni presenti in America centrale e

meridionale si rivelarono più complesse di quelle incontrate da Colombo

nell’arcipelago delle Antille. I territori erano occupati da grandi civiltà, che, anche se

con gradi diversi di evoluzione, si erano sviluppate ben oltre il loro grado di

sussistenza. La densità di popolazione di queste zone era molto alta e la struttura

sociale ben organizzata; infatti, sebbene il nucleo base delle popolazioni amerinde

continuasse ad essere quello dei clan e delle tribù, in queste civiltà più avanzate si

sovrapponevano all’organizzazione sociale originaria delle strutture sociali

diversificate

24

.

Gli Aztechi (o Mexícatl), preceduti da civiltà di notevole cultura e

organizzazione sociale (Olmechi, Mixtechi, Zapotechi, Toltechi), si stanziarono in Messico

21 CAPRA 2011, pp. 83-84.

22 LIVI BACCI 2005, p. 167. «Il mondo andino governato dall’inca, al momento della Conquista, si estendeva dall’attuale Ecuador al deserto del Cile, dal pacifico alla parte occidentale del sistema amazzonico. [...] L’area d’influenza dell’inca doveva essere vicina ai tre milioni di chilometri quadrati e, da est a ovest, di diverse centinaia. Stimare la popolazone del grande Perù al momento della Conquista è impresa quasi impossibile, per due ragioni concorrenti e sovrapposte. La prima [...] comune a qualsiasi valutazione che implichi una retrocessione nel tempo [...]. La seconda è specifica del Perù: al momento della Conquista, furiose guerre di successione tra Huascar Capac e Atahuallpa, figli di Huayna Capac, avevano devastato il paese e ferito la compagine demografica.»

23 CAPRA 2011, pp. 83-84. 24 MCALISTER 1986, pp. 118-119.

(9)

nel XIV secolo su un isolotto del lago di Texoco, dove fu edificata la città di

Tenochtitlán. Essi assorbirono, con la forza o tramite alleanze, le popolazioni

circostanti di Tlaltelolco, Texcoco e Tlacopan, tutte di lingua náhuatl. Dal centro del

Messico l’impero si estese a terre sempre più lontane, giungendo a inglobare le

popolazioni presenti nelle coste orientali (Huaxtechi, Totonachi). La società azteca

possedeva una struttura assimilabile ad un dominio imperiale, quale era conosciuto

in Europa, dove il potere centrale imponeva tributi economici e umani ai popoli

vassalli. Il livello di civiltà era paragonabile a quello delle civiltà del 3.000 a.C. nel

Vecchio continente, ma alcuni caratteri rendevano la popolazione azteca molto più

arretrata: la mancanza di animali da monta e da trasporto, il limitato impiego della

ruota e l’uso di una scrittura pittografica

25

.

Gli Inca presero il potere nel secolo V, in seguito alle lotte scoppiate tra le varie

città ed etnie dislocate tra la costa e l’altopiano. Tale popolazione, appartenente

all’etnia quechua, ed era probabilmente originaria della zona del lago Titicaca. Si

trattava di una società organizzata, come le altre civiltà mesoamericane già

menzionate, in clan familiari (ayllu). Questo popolo guerriero e imperialista impose a

numerose tribù circostanti la propria egemonia, lasciando sopravvivere i capi (curaca)

e le religioni locali, sovrapponendo la propria struttura sociale a quelle esistenti ed

imponendo la riscossione di tributi e lo sfruttamento della manodopera

26

. Gli Inca,

più arretrati dei Maya e degli Aztechi in campo scientifico, non possedevano una

forma di scrittura e tramandavano le loro conoscenze oralmente

27

.

La forte distinzione tra le società europee e le civiltà mesoamericane era

sottolineata dal legame inscindibile, in quest’ultime, tra potere politico e religioso:

25 ALBÒNICO-BELLINI 1992, pp. 91-93.

26 ALBÒNICO-BELLINI 1992, pp. 513-516. «Gli inca furono l’ultima e la più grande dominazione indigena nel versante andino centro-meridionale. [...] La prima fu quella di Chavín de Huántar, grande centro cerimoniale e mercantile a nord est di Lima, la cui influenza si protrasse forse dall’850 al 300 a.C. Dal 200 al 600 d.C. [...] fiorirono grandi civiltà come quella di Mochina sulla costa settentrionale [...] o come quella di Nazca, sulla costa meridionale. Seguì, come maggiore centro di influenza, la cultura di Tiahuanaco, grande centro cerimoniale a 4.000 m di altitudine sul lago Titicaca.»

(10)

tutti gli eventi, manifestazioni, funzioni pubbliche e private, erano vissuti in un clima

magico; la vita del popoli indigeni era legata al culto degli déi a cui erano resi

innumerevoli sacrifici umani e funzioni religiose. Questo assoggettamento era

vissuto con forza maggiore o minore in base al diverso livello di acculturazione del

popolo

28

. Tale impostazione della vita individuale e della società portò le

popolazioni indigene a identificare la conquista spagnola con una traumatica disfatta

delle loro strutture religiose; tramite l’irruzione degli europei nelle società indigene,

si assiste alla morte degli déi, non più capaci di proteggere i loro seguaci, succubi

della potenza giunta dall’esterno. La vita terrena perde, così, ogni significato per i

fedeli, e poiché gli déi sono morti anche agli indigeni non resta che morire a loro

volta: «lasciateci dunque morire, lasciateci dunque perire, i nostri dei sono ormai

morti!»

29

.

28 ALBÒNICO-BELLINI 1992, pp. 91-93. 29 WACHTEL 1977, pp. 37-39.

(11)

1.

LA SPADA E LA CROCE NELLA CONQUISTA SPAGNOLA

1.1.

La società coloniale

La monarchia spagnola nacque con l’unione dei due regni di Castiglia e

Aragona, sotto la regina Isabella ed il re Ferdinando (1479). L’equilibrio del potere

politico nel regno fu raggiunto definitivamente con l’avvento al trono di Carlo I

(1516), che seguì un periodo molto difficile, iniziato con la morte della regina

Isabella nel 1504, e che vide avvicendarsi sul trono numerosi reggenti. Alla morte

della regina il trono avrebbe dovuto passare alla figlia Giovanna, andata in sposa a

Filippo d’Asburgo. Ma, in seguito alla precoce scomparsa di quest’ultimo (1506) e

alla conseguente pazzia di Giovanna, Ferdinando d’Aragona fu costretto a

riprendere il potere come reggente, mantenendolo fino alla propria morte avvenuta

nel 1516. Gli succedette il nipote Carlo d’Asburgo, primogenito di Giovanna e

Filippo, che ereditò la corona a causa dell’instabilità mentale della madre

30

.

Il nuovo potere della Corona fu caratterizzato, fin dal matrimonio dei Re

Cattolici, da un precario equilibrio tra l’unità dinastica e la pluralità dei regni che la

componevano, tra i quali si cercò di organizzare un modello di stato moderno, in cui

la comune dipendenza da un unico sovrano non poté, però, contrastare la

formazione di vincoli di subordinazione né la nascita e la consolidazione di

istituzioni distinte

31

. Ad aggravare questa frammentazione contribuì l’operato di

Carlo I che, durante il suo soggiorno in Spagna (1517-1520), aveva distribuito

numerose cariche ecclesiastiche e laiche a signori fiamminghi e borgognoni,

scontentando in questo modo la nobiltà locale, e aveva aumentato la pressione

fiscale sulle città castigliane per sopperire alle spese dell’incoronazione imperiale

30 CAPRA 2011, pp. 54-64.

31 LÓPEZ-CORDÓN CORTEZO in GANCI - ROMANO 1991, p. 16. «Todas estas provincias son diferentes en leyes políticas, usos y costumbres, y lo que algunos les parece que sea de discordia, otros juzgan que con esta contraposición son más estables».

(12)

(1520)

32

. Il re fu, così, costretto ad affrontare nei primi anni del suo regno un clima

molto teso in tutti i suoi domini, come la rivolta dei Comuneros

33

nella penisola iberica

(1520-21), la difesa dei territori dagli attacchi francesi, la minaccia nel Mediterraneo

occidentale della potenza turca, fino alla difficile questione posta dallo scisma

luterano nei principati tedeschi

34

.

La disomogeneità presente tra le istituzioni dei regni spagnoli portò

all’insorgere di una serie di contrasti che si svilupparono tanto da fuoriuscire

dall’ambito peninsulare. Se la politica spagnola ricercò una certa unificazione a

livello istituzionale, questo processo risultò per altri versi assai complesso: numerose

tensioni seguirono l’operazione di acquisizione della lingua, delle leggi e delle

istituzioni castigliane da parte dell’intero impero spagnolo

35

. La lingua spagnola,

imposta da subito anche alle colonie, era identificata come uno strumento di

acculturazione e cristianizzazione e come un mezzo molto più efficace del fattore

politico per controllare le popolazioni indigene

36

. La completa unificazione

linguistica, descritta di seguito da Benito Arias Montano, venne raggiunta solo

durante il regno di Filippo II (1556-1598), periodo nel quale si affermò con forza

sempre maggiore il concetto di monarchia spagnola, basato sul binomio

metropoli-colonie:

«En lo que toca a instituir cátedra o lección de lengua española, allende que

toda comodidad de aprender y de saber es digna de favor, particularmente lo es esta

32 CAPRA 2011, pp. 64-65.

33 I Comuneros, abitanti dei comuni castigliani, nel 1520 si ribellarono a Carlo V, contro il fiscalismo loro imposto e la sua politica imperiale. La rivolta, guidata dai ceti medi urbani e dai letrados, aveva come obiettivo la difesa delle tradizionali autonomie cittadine, ed i privilegi dell’aristocrazia (fueros), contro il crescente accentramento statale e il passaggio dei poteri della monarchia al controllo delle Cortes. La rivolta fu repressa nel 1521 a Villalar, ma i Comuneros resistettero a Toledo fino al 1522. In onore dei capi della ribellione, la cittadina di Villalar fu stata successivamente ribattezzata Villalar de los Comuneros. Il termine fueros, dal latino Forum, indica il complesso di privilegi riconosciuti dallo Stato a una città o a una categoria, e in maniera più generale l'insieme di norme specifiche con le quali si reggono le popolazioni spagnole. 34 MCALISTER 1986, p. 114.

35 López-Cordón Cortezo in Ganci, Romano 1991, pp. 13-17. 36 De Solano in Ganci, Romano 1991, pp. 62-63.

(13)

en estas tierras donde los naturales son sujetos al Rey de España y han de ser

gobernados por ministros españoles [...] con los quales han de tener trato e

inteligencia todos los otros ministros de la república y todo el pueblo. Y despues del

hecho de la religión, no hay cosa que más concilie los animos de los hombres de

varias naciones en amistad y conservación, y que más les domestique y aficione a

imitar y a seguir las costumbres de los que los rijen, que la unidad y conformidad de

la lengua, cuya ignorancia los enajena y tiene en sospecha a los unos de los otros,

como los sordos que siempre se recelan y sospechan mal de las palabras que se

hablan delantes dellos, que no entienden bien. Esta fue una de las cosas que

principalmente procuraron los romanos para confirmar su imperio»

37

.

La costruzione del tessuto sociale e politico del Nuovo Mondo si basò sulle

leggi castigliane e sul diritto indigeno consuetudinario. L’amministrazione delle

colonie ebbe bisogno fin da subito di una burocrazia competente e numerosa,

formata nelle più importanti università spagnole (Salamanca, Valladolid, Alcalá de

Henares, Siviglia), sulla base delle quali ebbero origine le scuole d’oltreoceano (Santo

Domingo, Città del Messico, Lima, etc). L’organizzazione giuridica dell’America

spagnola, prima di giungere alla stesura della definitiva raccolta di leggi, la Recopilación

de las Leyes de Indias (1680), ebbe inizio con l’istituzione di grandi unità

amministrative (vicereami) suddivise in unità minori (audencias, gobernadores, capitanías

generales). Fino al 1500 il potere in America fu amministrato unicamente

dall’ammiraglio Colombo, “virrey y gobernador de aquella tierra nueva y cielo

nuevo”. A questa figura si affiancarono un adelantado, rappresentato dal fratello

Bartolomeo, e degli ufficiali reali, direttamente dipendenti dal re spagnolo.

Successivamente, le terre di nuova scoperta vennero suddivise in più province e

sottoposte alla direzione di un governatore dotato di ampi poteri; parallelamente si

sviluppò l’iniziativa privata, che si pose a capo di spedizioni di conquista in territori

37 Cfr. Carta de Arias Montano al Duque de Alba de 18 de marzo de 1570, in GANCI-ROMANO 1991,p. 19.

(14)

ancora sconosciuti, arrogandosene, in seguito, il possesso e nominandole province

del regno. Tutti i territori fino a quel momento acquisiti dalla corona spagnola

furono sottoposti al Consiglio di Castiglia e giudicati dal tribunale della Real Audencia

y Chancillería de Ciudad Real; in un secondo tempo, con la creazione del Consiglio

delle Indie

38

e della Audencia di Santo Domingo (1511), i territori passarono ad una

gestione diretta nel Nuovo Mondo. Questi vennero divisi sul piano giuridico in

nuove audiencias sul modello di quelle esistenti in madrepatria (Città del Messico

1530, Panama 1535, Guatemala e Lima 1542, Guadalajara e Santa Fé de Bogotá

1548, La Plata 1549, Filippine 1583). In ambito militare nacquero capitanerie

generali; in campo governativo vennero istituite province rette da prefetti

39

. La

regolazione del commercio tra le colonie e la madrepatria fu diretta dal 1503 dalla

Casa de contratación di Siviglia, che acquisì maggiore organizzazione e poteri durante il

regno di Carlo V. Il fine principale di questo istituto fu il mantenimento del

controllo su tutto il commercio ed i traffici tra Spagna e Nuovo Mondo

40

.

Il primo vicerè della Nuova Spagna fu Antonio de Mendoza, eletto nel 1529.

Negli anni successivi questa figura acquisì maggiore autonomia e potere stabilendosi

in forma permanente in America (1534); si trattava di un rappresentante del

monarca, scelto tra i maggiori esponenti della società spagnola e tra le persone più

fidate del re, che dovevano amministrare le medesime funzioni del sovrano in

territori molto distanti dal potere centrale. Il vicerè aveva il diritto di promulgare

leggi in nome della Corona, rivestendo contemporaneamente le cariche di

governatore, capitano generale e presidente della audiencia nella quale risiedeva la

capitale. Nell’area appartenente ad ogni audiencia gli alcaldes mayores e i corregidores

servivano da autorità distrettuali e da giudici, mentre i cabildos svolgevano un ruolo di

38 MERRIMAN 1949, pp. 362-363. Il Consiglio, che acquisì la sua forma definitiva nel 1524 sotto Carlo V, si occupava di argomenti di carattere universale, riguardanti le colonie americane, ricopiando le funzioni del preesistente Consiglio di Castiglia. Tale istituzione emanò tutte le leggi e ordinanze che regolarono il governo dei nuovi domini spagnoli, ma la sua funzione principale fu quella di dare una forma legale ai principi e idee emanate dalla Corona e di vigilare che queste fossero adeguatamente comunicate ai funzionari incaricati dell’amministrazione delle Indie. 39 De Solano in Ganci-Romano 1991, pp. 51-53.

(15)

controllo sulle città e i paesi abitati dagli indigeni

41

.

Il potere spagnolo si basava dunque sull’equilibrio stabilitosi tra

l’amministrazione centrale, la Chiesa e le élites locali. L’amministrazione possedeva

potere istituzionale, ma scarso potere militare e derivava la sua autorità direttamente

dalla Corona. Il suoi ruoli principali erano la raccolta delle imposte e il successivo

invio alla madrepatria. A differenza di quanto auspicato dalla Corona spagnola, la

burocrazia non acquisì mai una completa omogeneità, perché costituita da individui

di idee e interessi diversi. L’unica categoria realmente unita da un obiettivo comune

era quella ecclesiastica, appoggiata nella sua missione religiosa sia dal potere centrale

che da quello locale. A fare da tramite tra l’amministrazione ed il popolo si

trovavano poi le élites locali; la nascita di questo gruppo sociale risaliva alla delega,

da parte della madrepatria, delle operazioni di conquista ai loro esponenti, con il

conseguente ampliamento dei possedimenti di iniziativa privata

42

.

Tale gruppo, composto da un ridotto numero di spagnoli, possedeva una forte

influenza ed i mezzi per negoziare con il potere centrale, riuscendo ad ottenere così

maggiori privilegi e titoli e consolidando in questo modo la propria posizione

sociale

43

. I due strumenti fondamentali, utilizzati come ricompensa per le operazioni

di conquista degli hidalgos spagnoli, e che portarono alla formazione di una tanto

influente classe sociale, furono il repartimiento e l’encomienda

44

, che vincolavano gli

indigeni ed il loro cachique ad un signore e li obbligavano a servire manodopera

41 De Solano in Ganci-Romano 1991, pp. 56-59.

42 MCALISTER 1986, pp. 127-131. «La corona spagnola fin dalle prime scoperte nell’Oceano Atlantico, concesse licenze o capitulaciones per autorizzare le imprese dei privati cittadini. Questo tipo di documenti conferivano ad un impresario il diritto di compiere a proprie spese missioni in territori ben definiti, erogando il diritto alla scoperta, conquista, colonizzazione e commercio nelle terre raggiunte. Le licenze più generose nominavano l’impresario adelantado, governatore, con potere amministrativo, e capitano generale, con potere di comando militare. La forma di organizzazione dei viaggi di esplorazione e commercio era principalmente la campaña o compañia, tipo di associazione molto antica nella quale i partecipanti ricevevano una quota sui guadagni in proporzione al capitale versato ed ai servizi resi.»

43 Lynch in Ganci-Romano 1991, pp. 68-69.

44 BRUFAU PRATS 1989,p. 136. La distinzione tra le due forme di sistemi di controllo era dovuta ad una prima assegnazione in repartimiento, ed una seconda, per la morte del precedente proprietario, in encomienda.

(16)

gratuita in cambio dell’istruzione cristiana

45

. Questi sistemi, in origine praticati nel

Medioevo durante la riconquista delle terre occupate dai mori, vennero trapiantati

nel Nuovo Mondo principalmente dagli Ordini Militari. La designazione di primo

governatore delle isole, successore di Colombo, cadde sul commendatore di Lares

Nicolás de Ovando

46

, dell’ordine militare di Alcántara, che, secondo le disposizioni

delle Corona, introdusse nelle terre di nuova conquista questo sistema di ripartizione

o di affidamento ai conquistatori ed ai coloni di indigeni liberi (encomienda), con

l’intento di sfruttarne la manodopera, in quanto vassalli della Corona, dapprima in

cambio di salario e in seguito attraverso l’imposizione dei lavori forzati, e di ricevere

il pagamento dei tributi da queste popolazioni

47

. In questo modo l’encomendero si

trasformava in un impresario locale molto potente («empresario de las fuerzas de

45 MONJE SANTILLANA 2009, p. 14. «Los repartimientos y la encomienda fueron instituidos mediante cédula de la reina Isabel dictada en Medina del Campo el 20 de diciembre de 1503. [...] El funcionamento de la encomienda era aparentemente sencillo: Los reyes entregaban o “encomendaban” un grupo de indios a un español, el encomendero, quien podía exigir trabajo o tributo de los indios, a cambio, el encomendero se obligaba a proporcionar a sus indios encomendados instrucción religiosa, alimentación y protección. La Corona se beneficiaba también pues recibiría una cantidad del encomendero por cada indio encomendado. Equilibrio perfecto a tres bandas, [...] se conseguian todos los objetivos pretendidos: los españoles podían disponer de mano de obra suficiente para la explotación económica de sus tierras, los indios recibían asistencia y protección y eran evangelizados condición de la bula papal, y los reyes percibían un tributo que les permitiría financiar la incipiente administración indiana y obtener importantes recursos.»

46 Fray Nicolás de Ovando y Cáceres (Brozas, 1460 – Madrid, 29 maggio 1518) fu un militare ed esploratore spagnolo proveniente da una famiglia nobile, oltre che cavaliere dell'Ordine Militare di Alcántara. Fu scelto dalla Regina Isabella per sostituire nel ruolo di governatore Francisco de Bobadilla (3 settembre 1501), divenendo così terzo governatore e capitano generale delle Indie per volere di Cristoforo Colombo nel 1502. Il 13 febbraio 1502 salpò dalla Spagna con una flotta di trenta navi e 2500 coloni con il progetto di sviluppare economicamente le Indie Occidentali e favorire l'allargamento religioso spagnolo e l'influenza amministrativa nella regione. Con lui viaggiarono importanti personaggi come Francisco Pizarro, e Bartolomé de Las Casas, All’approdo sull’isola di hispaniola Ovando trovò i nativi in rivolta. Sedò la ribellione con una serie di sanguinose campagne militari, dimostrandosi uno dei più crudeli amministratori nei confronti degli indiani. Ovando fondò molte città su Hispaniola, sviluppò l'industria mineraria, introdusse la coltivazione dello zucchero di canna dalle isole Canarie, e commissionò spedizioni di scoperta. Egli incentivò l’uso della manodopera servile all’interno delle miniere d’oro. A questo scopo, importò schiavi di lingua spagnola di discendenza africana nelle Americhe. Molti rappresentanti della borghesia spagnola assunsero schiavi da impiegare come servi nelle proprie case o nelle piantagioni di canna da zucchero. Ovando fu richiamato in Spagna nel 1509 da re Ferdinando, e fu sostituito con Diego Colón. Alla sua morte (1518), cedette molte terre a permettendogli di iniziare la propria carriera di conquistador.

(17)

producción y de las relaciones de producción»).

1.2.

Le concessioni papali

Al rientro di Colombo in Europa dal primo viaggio nell’oceano Atlantico (15

marzo 1493) i racconti delle scoperte provocarono grande eccitazione nei porti

andalusi e presso la corte spagnola. Superato l’iniziale entusiasmo, il resoconto

dell’impresa colombiana sollevò numerosi problemi a livello politico a cominciare

dalla questione dei diritti castigliani sulle terre d’oltreoceano. Secondo la cultura

giuridica del tempo, se i territori fossero stati disabitati si sarebbero considerati res

nullius, diventando pertanto di proprietà del primo popolo che li avesse occupati.

Non essendo possibile applicare questo sistema, i Re Cattolici chiesero

l’intercessione del papa aragonese Alessandro VI per ottenere una legittimazione di

possesso e proseguire nell’impresa. L’intervento del pontefice doveva elaborare una

giustificazione che, secondo una «coscienza giuridica a sfondo religioso»,

legittimasse il possesso attraverso la superiorità religiosa europea nei confronti degli

abitanti americani

48

.

A causa della limitata conoscenza dell’epoca riguardo alle dimensioni

dell’Oceano Atlantico, i lusitani si sentirono minacciati nei loro territori costieri

dell’Africa e nelle rotte marittime verso le Indie orientali dal crescente potere

spagnolo. Questa circostanza portò alla stesura, su richiesta del Portogallo, del

Trattato di Tordesillas (1494), che stabilì la spartizione del mondo tra le due potenze

iberiche. Si trattava di una ripartizione che seguiva il Trattato de Alcaçovas del 1479,

con il quale erano stati concessi ai portoghesi tutti i domini presenti ad est della linea

immaginaria tracciata a 100 leghe ad ovest delle Isole di Capo Verde. Il secondo

trattato precisò il confine tra i due domini, indicando come limite il meridiano che

corre a 370 leghe ad ovest delle isole di Capo Verde, ossia 170 leghe più ad ovest

48 DONATTINI 2004, p. 51.

(18)

della linea tracciata in precedenza

49

. Un terzo trattato del 1529, stipulato a

Saragozza

50

, escluse, poi, in maniera definitiva dalla spartizione del globo le altre

principali potenze europee, come la Francia e l’Inghilterra

51

.

La Corona portoghese, che nel corso del XV secolo aveva ricevuto già delle

concessioni per il commercio sul territorio e le coste africane, fu la principale

oppositrice della nuova egemonia spagnola nell’Oceano Atlantico. Prima

dell’emissione dei trattati, alcune bolle papali

52

regolarono il commercio e le

conquiste del Portogallo, garantendone la continuità delle operazioni nell’Oceano

Atlantico. Ricordiamo di seguito i documenti più importanti:

-

Romanus Pontifex, emessa da Niccolò V (8 gennaio 1454) per accordare

tutte le terre esistenti, oltre il Capo Bojador sulla costa occidentale

dell’Africa, al sovrano portoghese Alfonso

53

;

-

Inter Caetera, promulgata da papa Callisto III (13 marzo 1456) per

concedere all’Ordine di Cristo, l’amministrazione e la giurisdizione

49 La spartizione dei mari tra Portogallo e Castiglia era già iniziata nel 1479 con il trattato di Alcaçovas che definiva la divisione dell'Atlantico allora navigabile riconoscendo alla Castiglia il possesso delle Canarie e al Portogallo le isole di Madeira, le Azzorre e tutte le scoperte e le terre ancora da scoprire a sud del parallelo delle Canarie.

50 Il trattato di Saragozza fu stipulato il 22 aprile 1529 dalle corone di Spagna e di Portogallo con lo scopo di decidere a quale regno spettasse il controllo delle isole Molucche, isole strategicamente molto importanti per l’approvigionamento europeo delle spezie. Le isole Molucche furono concesse alla Corona portoghese in cambio della consistente somma di 350.000 ducati d’oro, necessaria a Carlo V per far fronte alle crescenti esigenze di liquidità. Il trattato di Saragozza precisò le zone d'influenza dei due regni, infatti le due monarchie si contendevano le isole non conoscendo chiaramente dove passase il meridiano stabilito dal trattato di Tordesillas.

51 ALBÒNICO-BELLINI 1992, pp. 775-776. 52 García y García 1992, pp. 491-492.

53 Cfr. EHLER-MORRALL 1954, pp. 178-179. Il papa, in seguito all’aiuto ottenuto dal re portoghese Alfonso V nella crociata contro i Turchi (dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453), accordò ad esso il possesso di Ceuta (sottratta ai Mori nel 1415) e delle terre appena scoperte. Inoltre, papa Niccolò V garantì al sovrano col medesimo documento il possesso dei mari adiacenti, il diritto esclusivo di praticare il commercio, la pesca e la navigazione, un’esenzione dalle restrizioni imposte dalla Legge canonica sul commercio con gli Infedeli (decisione che risaliva al 1179, quando il terzo Concilio Lateranense aveva solennemente proibito a tutti i cristiani di fornire ai Saraceni tutte quelle merci considerate importanti sotto il profilo militare e che avrebbero potuto accrescere la potenza dei paesi arabi) e, infine, il diritto di organizzare l’amministrazione ecclesiastica cristiana nei nuovi territori.

(19)

ecclesiastica sulle terre conquistate

54

;

-

Aeterni regis, emessa da papa Sisto IV (1481) per confermare le

disposizioni del trattato di Alcaçovas (1479) ed i diritti portoghesi sulle

terre oltre le Canarie e verso la Guinea.

I documenti che accordarono i diritti di commercio e conquista agli spagnoli

furono anch’essi precedenti al Trattato di Saragozza, che chiuse definitivamente la

contesa tra le due monarchie. Nel 1493 il papa Alessando VI

55

emise numerose bolle

a difesa dei diritti spagnoli, la più importante fu la Inter Caetera, o bolla di donazione,

emessa il 3 maggio; in essa si lodava l’impegno dei re spagnoli per la Reconquista del

Regno di Granada e la scoperta di isole e territori fino ad allora sconosciuti, e si

concedevano loro in perpetuo tali terre, con il chiaro obiettivo di educarne le

popolazioni alla fede cattolica e ai costumi europei

56

:

«[...] con lo stesso grande zelo per la vera fede con cui progettate di

equipaggiare e inviare questa spedizione, vi proponiate anche, conformemente al

vostro dovere, di condurre le popolazioni che risiedono in quelle isole e terre ad

abbracciare la religione cristiana [...] e affinché voi possiate intraprendere un’impresa

54 La bolla Inter Caetera fu probabilmente sollecitata dal re Alfonso V e dall’infante Enrico il Navigatore per confermare la precedente bolla di papa Niccolò V ed ottenere l’autorità ecclesiastica sui territori conquistati ed il diritto di costituirvi delle diocesi. Tale documento si ricorda, inoltre, per la sua riaffermazione dei diritti cristiani a ridurre in schiavitù le popolazioni conquistate, in netta opposizione con la bolla di papa Eugenio IV (Sicut Dudum - 1435) che affermava che gli infedeli erano stati creati ad immagine e somiglianza di Dio e i cristiani non avevano il diritto di togliere loro la libertà. La bolla di papa Callisto III venne confermata con la successiva bolla di Sisto IV (Aeterni regis).

55 PICOTTI SANFILIPPO 2000. «Rodrigo Borgia (1430-1503) nacque a Játiva presso Valenza nel Regno d'Aragona, da una nobile famiglia catalana. Studiò a Bologna diritto canonico, laureandosi nel 1456. Nel 1456 lo zio Callisto III (1455-1458), del quale era figlio illegittimo, lo fece cardinale e l’anno successivo lo nominò vicecancelliere del Santo Soglio. Nel conclave del 1458, si operò per l'elezione di Enea Silvio Piccolomini, Pio II. Durante il successivo pontificato di Paolo II (1464) rimase molto nell'ombra. Si occupò successivamente dell'elezione di Sisto IV, che lo creò legato "a latere" in Spagna per la crociata (1471); partì il 15 maggio 1472, e fu l'unico suo ritorno nella terra natale. Non poté far partecipare i Regni spagnoli nella guerra santa, ma favorì la regolarizzazione delle nozze di Ferdinando d'Aragona e d'Isabella di Castiglia, ponendo le basi della futura unione dei Regni e della potenza della Spagna».

(20)

così grande con maggiore prontezza ed entusiasmo, [...] noi vi facciamo questi doni;

se alcuna di queste isole dovesse essere trovata dai vostri inviati e capitani, questo da,

assicura e assegna a voi e ai vostri eredi e successori re di Castiglia e di León, per

sempre [...] tutte le isole ed i continenti trovati e ancora da trovare, scoperte e ancora

da scoprire, verso l’ovest e i sud».

57

A questo documento seguirono, per mano dello stesso pontefice, la bolla dei

privilegi Eximiae devotionis (3 maggio 1493), il breve pontificio di donazione e

ripartizione Inter Caetera (4 maggio 1493) e la bolla Dudum siquidem (26 settembre

1493), per l’ampliamento dei domini, che attribuì alla Corona spagnola le terre

ancora da scoprire ad est, ovest e sud delle Indie

58

. L’inizio dell’impero spagnolo in

America fu così autorizzato esplicitamente dal papato, caratterizzandosi da subito

come un’impresa comune tra Stato e Chiesa; quest’ultima, infatti, fin dall’inizio

amministrò con i suoi ordini religiosi la vita e l’organizzazione della società sul suolo

americano

59

.

La rinnovata spinta alla conquista fu sostenuta dal forte impegno spagnolo

nell’evangelizzazione dei popoli indigeni, motivazione che aveva accompagnato

anche Colombo nella sua impresa e che non lo abbandonò per tutti i viaggi

successivi alla scoperta

60

. In un frammento del suo testamento (1503) la regina

57 LAS CASA-SEPÚLVEDA 2007, p. 81.

58 TOSI 2002, pp. 240-249. Le più importanti bolle di papa Alessandro VI, Inter Caetera (1493) e Eximiae devotionis (1501), concessero rispettivamente un’investitura temporale e spirituale ai Re Cattolici sulle nuove terre scoperte e accordarono agli stessi il diritto di riscuotere le decime ecclesiastiche nelle colonie. Altre documenti fondamentali furono: nel 1508 la bolla di Giulio II (Universalis Ecclesiae Regimini) che sancì il patronato del re di Spagna sulla Chiesa Cattolica nelle Indie; la bolla Intra Arcana (1529) di Clemente VII che ampliò i poteri dei reali spagnoli sulle colonie e giustificò il ricorso alla forza per proseguire l’evangelizzazione degli indigeni (tema del compelle intrare utilizzata successivamente da Sepúlveda come base di alcune delle sue tesi). Importante risultò l’apporto del Papa Paolo III alla protezione dei diritti dei nativi, con le bolle e i pastorali del 1537 (Veritas Ipsa o Sublimis Deus, Pastorale Ufficium, ritrattata successivamente, Altitudo Domini Consilii), dove appoggiò le tesi di Las Casas, Minaya e Garcés, censurando e condannando coloro che riducevano in schiavitù gli indigeni a causa della loro presunta inferiorità culturale.

59 PAGDEN 2008, p. 70.

60 TODOROV 2008, pp. 13-31. «La vittoria del cristianesimo: questo è il movente che anima Colombo, uomo profondamente religioso [...] vede in se stesso l'incaricato di una missione

(21)

Isabella dichiarava la sua intenzione di «procurar inducir y traer los pueblos dellas y

los convertir a nuestra santa fe catolica» ed inviare gli evangelizzatori «para instruir a

los vezinos y moradores de ellas a la fe catolica y los doctrinar y enseñar buenas

costumbres»

61

. L’importanza data dalla regina all’azione di evangelizzazione risalta

anche dalle istruzioni impartite ai funzionari operanti nel Nuovo Mondo per il

raggiungimento di tale obiettivo, affinché tenessero in giusta considerazione gli

interessi degli indigeni ed il loro buon trattamento

62

.

A questo scopo venne emesso dal pontefice aragonese, a seguito delle già

menzionate bolle, un ulteriore documento, la bolla Piis fidelium (25 giugno 1493), che

concedeva le facoltà spirituali al missionario francescano Bernardo Boyl

63

, inviato dal

pontefice nelle colonie americane

64

, aprendo così alla regolamentazione

dell’evangelizzazione nelle nuove terre. Con quest’ultima dichiarazione, seguita alle

richieste dei Re Cattolici, il pontefice autorizzò il frate a dedicarsi alla promozione

della fede cattolica nelle terre e isole appena scoperte e ancora da scoprire,

accordandogli il diritto di risiedere nelle nuove terre, accompagnato da altri sacerdoti

e religiosi, accuratamente selezionati da lui stesso e dai reali di Spagna, con l’incarico

di predicare il Vangelo e di convertire gli indigeni, di somministrare i sacramenti e di

edificare chiese, cappelle, monasteri e case degli Ordini religiosi

65.

L’esperienza sull’isola Hispaniola del sacerdote Bernardo Boyl, e dei dodici

religiosi che accompagnarono l’ammiraglio Colombo nella sua seconda spedizione

nel 1493, si dimostrò povera di risultati. Infatti i sacerdoti furono incapaci di

adattarsi al nuovo territorio e di interagire con le popolazioni indigene, delle quali

divina». «Las Casas [...] coglie con esattezza il senso di tali cambiamenti: “Ma quell'uomo illustre, rinunciando al nome consacrato dall'uso, volle chiamarsi Colón, ripristinando il volcabolo antico, non tanto per questa ragione, ma in quanto mosso, dobbiamo credere, dalla volontà divina che lo aveva prescelto per realizzare ciò che il suo nome e cognome significavano. [...] Per questo si era chiamato Cristóbal, cioè Cristum ferens, che vuol dire portatore di Cristo [...] il suo nome fu Colón, che significa ripopolatore”».

61 BRUFAU PRATS 1989, pp. 147-148. 62 MCALISTER 1986, pp. 108-110. 63 Cantelar Rodríguez 1986, p. 88. 64 Menéndez Pidal 1998, p. 557.

65 CANTELAR RODRÍGUEZ 1986, pp. 88-91. Cfr. Testo in APPENDICE Documento 2 in.

(22)

non conoscevano nemmeno la lingua.

In ogni caso i Re Cattolici proseguirono nell’opera di evangelizzazione,

promuovendo nuove missioni e istruendo adeguatamente i loro funzionari, tra i

primi il governatore Nicolás de Ovando, per l’attuazione di una massiccia

conversione dei nativi

66

. La concessione papale introdotta nel testo del Piis fidelium fu

ripresa e ampliata molti anni dopo in due occasioni. Nel 1521 da Leone X, con il

breve Alias felicis, che conteneva un’autorizzazione di viaggio per i francescani Juan

Clapión e Francisco Quiñones assegnando loro ampi poteri. L’incarico dei due

religiosi non fu mai portato a termine, ma pose le basi per l’ampliamento dei poteri

delle missioni in America. Nel 1522 da Adriano V che conferì, dietro richiesta di

Carlo V, facoltà onnicomprensive ai missionari in partenza per il Nuovo Mondo, da

cui il nome alternativo di ‘bolla Onnicomprensiva’; egli autorizzò «que todos los

religiosos mendicantes, y especialmente los franciscanos, que quieran ir

voluntariamente a las misiones de Indias, puedan hacerlo lícita y libremente, con tal

que tengan unas cualidades de vida y doctrina que sean agradables al emperador o a

su real Consejo y que sean juzgados idóneos para este cometido por sus superiores

religiosos»

67

.

Fin dal principio del suo pontificato Alessandro VI sostenne l’espansione della

religione cattolica sia in Europa che nelle colonie portoghesi e spagnole, seguendo le

linee già tracciate dai suoi predecessori, e si fece promotore della conversione degli

indigeni nelle terre americane

68

. Secondo Muldoon, le due bolle Inter Caetera si non

66 Menéndez Pidal 1998, p. 563. 67 Cantelar Rodríguez 1986, p. 94.

68 PICOTTI SANFILIPPO 2000. «Le sue opere a favore della fede cattolica e dei diritti della Sede papale furono numerose: combatté gli eretici, rinnovando la bolla In coena Domini; rimise in vigore per la Germania le disposizioni di Innocenzo VIII sulla censura ecclesiastica dei libri (1 giugno 1501); ordinò la riforma delle Chiese e i monasteri in Inghilterra (5 giugno 1493) e favorì disegni di riforma in Francia e in Spagna; nei Paesi Bassi difese contro le autorità laiche i privilegi ecclesiastici. Per provvedere a una sollecita spedizione dei brevi papali, istituì il Collegio degli Scriptores brevium apostolicorum (1 aprile 1493). Favorì gli Ordini religiosi, come gli Agostiniani, e i Minimi di s. Francesco di Paola, che approvò nel 1493. Promosse la conversione degli Orientali e le missioni, anche nelle terre nuovamente scoperte, dove fu inviato (25 giugno 1493) con larghi

(23)

possono considerare «an assertion of long-dead papal claims to world domination»

ma come «a statement which balanced the rights of the infidels, the papal

responsibility for preaching the Gospel, and the political realities of aggressive

expansionism»

69

. Sempre Muldoon afferma che il papa, come unica autorità capace

di fornire protezione ai nativi, bisognosi di una guida a livello spirituale, fosse

obbligato a prendersi carico delle sorti degli infedeli e della cura delle loro anime,

consegnando così l’impegno per la loro evangelizzazione nella mani della Corona

spagnola

70

:

«The voyages of Columbus and the subsequent publicizing of his discoveries

made the question of the rights of the infidels a matter of immediate interest to

European rulers and their lawyers. The discovery of the Americas also added

another bone of contention between Portuguese and Castilians. When Alexander VI

was asked to resolve the problem of what rights the Portuguese and Castilians had

with regard to the newly discovered lands, he was in effect being asked to continue

the role which his predecessors had played for more that two centuries with regard

to the rights of Christians who discovered infidel lands and also to attempt a

resolution of the long-standing Portuguese-Castilian conflict.»

71

La prima bolla Inter Caetera, come già indicato in precedenza, è considerata il

documento con il quale Alessandro VI donò i territori americani ai Re Cattolici ed ai

loro successori; con essa nominò la Corona spagnola unica detentrice dei diritti su

tali territori e proibì, pena la scomunica, viaggi verso le terre scoperte senza una

formale autorizzazione regia. L’omonimo documento del 4 maggio

72

riprendeva in

parte il precedente, introducendo alcune varianti significative, quali:

poteri il francescano Bernal Boyl, che aveva per compagno il Las Casas, più tardi coraggioso difensore degli Indiani».

69 MULDOON 1978, p. 183. 70 MULDOON 1978, p. 183. 71 MULDOON 1978, p. 181.

(24)

«1) que las islas y tierras firmes concedidas podrían estar “hacia el occidente y

mediodía [...], hacia la India o hacia qualquier otra parte”, es decir, no sólo versus

indos; 2) “[construyendo] una línea del polo ártico, que es el septentrión, al polo

antártico, que es el mediodía [...], la cual línea diste de las islas que vulgarmente

llaman Azores y Cabo Verde, cien leguas hacia el occidente y mediodía”; a partir de

la cual los españoles podrían efectuar los descubrimientos y conquistas; 3) suprime

la exigencia, mantenida en la primera, de que las islas y tierras habían de estar

descubiertas y recibidas para tener derecho a la exclusividad más allá de la línea

indicada.»

73

Le più famose interpretazioni moderne delle due bolle si devono agli

americanisti Giménez Fernández e García Gallo. Il primo ritiene che i documenti

non abbiamo donato effettivamente nulla ai Re Cattolici, in quanto le terre scoperte

erano già considerate dei possedimenti spagnoli. Solo per motivi di grande

devozione religiosa dei reali fu sottoposta la questione al pontefice, che, per facilitare

loro l’operazione di evangelizzazione, redasse una «redonación» delle terre. Secondo

García Gallo, invece, il papa intervenne per confermare un legittimo diritto spagnolo

alla conquista e sottomissione di popolazioni infedeli, considerate screvre di ogni

personalità giuridica

74

.

Di fronte alle concessioni formali del pontefice molti teologi e giuristi del

Cinquecento si domandarono se risiedesse effettivamente nelle sue mani il diritto di

distribuire terre ad un sovrano. Il dibattito che si aprì mise in discussione la capacità

teologico - giuridica del pontefice di assegnare paesi e popolazioni non cristiane ad

un principe cattolico. Già nel 1200 erano nati dibattiti su simili concessioni da parte

della Chiesa: il canonista e vescovo di Ostia Enrico da Susa, detto l’Ostiense,

dichiarava, a tal proposito, che con l’avvento di Gesú era decaduto ogni precedente

73 Menéndez Pidal 1998, pp. 557-558. 74 Menéndez Pidal 1998, p. 560.

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