Alma Mater Studiorum · Universit`
a di
Bologna
FACOLT `A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di Laurea Triennale in Matematica
RIVESTIMENTI E
GRUPPO FONDAMENTALE
DI UNO SPAZIO TOPOLOGICO
Tesi di Laurea in Geometria III
Relatore:
Chiar.ma Prof.
Rita Fioresi
Presentata da:
Tommaso Pola
Sessione II
Anno Accademico 2009/2010
. . . che sempre l’ignoranza fa paura
ed il silenzio `
e uguale a morte. . .
Francesco Guccini, Canzone per Silvia
Introduzione
In questa tesi ci occuperemo di analizzare la teoria dei rivestimenti,
stu-diandone le principali propriet`a e approfondendo uno fra i problemi
fonda-mentali di tale teoria: la ricerca di una condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza di un rivestimento di uno spazio topologico fissato. Per po-ter ottenere questo risultato, osserveremo la stretta correlazione fra gruppo fondamentale e rivestimenti: molti dei problemi topologici sui rivestimenti verranno infatti trasformati in problemi prettamente algebrici riguardanti i gruppi fondamentali degli spazi coinvolti. Nel corso della trattazione sono inoltre presenti numerosi esempi, molto utili per una maggior comprensione dei risultati esposti.
Il capitolo 1 ha come obiettivo principale quello di introdurre il
concet-to di rivestimenconcet-to, studiandone le principali propriet`a. Dopo aver dato la
definizione di rivestimento di uno spazio topologico e averne studiato alcu-ni esempi, ci concentreremo ed approfondiremo il caso particolare in cui gli
spazi considerati siano G-spazi, cio`e ammettano l’azione di un gruppo G.
Successivamente studieremo alcune propriet`a generali dei rivestimenti,
con-centrandoci in particol modo sul concetto di sollevamento di un rivestimento. A questo proposito studieremo i principali teoremi sul sollevamento, tra cui
spiccano il teorema di unicit`a del sollevamento e il teorema di sollevamento
dei cammini e delle omotopie.
Nel capitolo 2 ci concentreremo sullo stretto legame tra rivestimenti e gruppo fondamentale degli spazi topologici coinvolti. Pertanto, dopo aver dato la definizione di gruppo fondamentale, ne studieremo le principali
pro-priet`a, concentrandoci sulle propriet`a funtoriali e cio`e sul fatto che funzioni
continue tra spazi topologici inducono omomorfismi tra i corrispondenti
grup-pi fondamentali. Questo aspetto verr`a ulteriormente approfondito
analizzan-do il caso in cui la funzione continua sia un rivestimento. Grazie a quanto studiato, approfondiremo inoltre il concetto di sollevamento di un rivestimen-to, trovando una condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza di un tale sollevamento. Nella parte finale del capitolo studieremo invece i morfismi di rivestimenti, introducendo il gruppo delle trasformazioni.
Nel capitolo 3 giungeremo a uno fra i risultati pi`u importanti di tutta
la teoria dei rivestimenti: dimostreremo infatti il teorema di esistenza per i rivestimenti. Per poter dimostrare tale teorema avremo bisogno, oltre che di tutti i risultati analizzati nei primi due capitoli, di altre nozioni preliminari. Per questo motivo introdurremo i rivestimenti universali e approfondiremo il gruppo delle trasformazioni. Soprattutto il concetto di rivestimento
uni-versale, come vedremo nel corso del capitolo, risulter`a essere un passaggio
fondamentale per la dimostrazione del teorema suddetto.
Nel capitolo 4 ci concentreremo su un’applicazione concreta della teoria dei rivestimenti; studieremo infatti i rivestimenti ramificati di superfici. Dopo averne dato la definizione e averne visto alcuni esempi, approfondiremo il caso dei rivestimenti ramificati di superfici di Riemann e osserveremo i principali risultati derivanti da questo studio.
Indice
Introduzione i
1 Rivestimenti: esempi e propriet`a 1
1.1 Definizione . . . 1
1.2 Rivestimenti e G-spazi . . . 4
1.3 Principali teoremi sui rivestimenti . . . 9
1.4 Sollevamenti di cammini . . . 11
2 Rivestimenti e gruppo fondamentale 17 2.1 Gruppo fondamentale . . . 17
2.2 Rivestimenti e gruppo fondamentale . . . 21
2.3 Teorema di sollevamento per i rivestimenti . . . 24
2.4 Omomorfismi di rivestimenti . . . 31
3 Teorema di esistenza per i rivestimenti 35 3.1 Rivestimenti universali . . . 35
3.2 L’azione del gruppo π(X, x) sull’insieme p−1(x) . . . 37
3.3 Esistenza di rivestimenti . . . 39
4 Rivestimenti ramificati 47 4.1 Rivestimenti ramificati di superfici . . . 47
4.2 Rivestimenti ramificati di superfici di Riemann . . . 50
Bibliografia 55
Capitolo 1
Rivestimenti: esempi e
propriet`
a
In questo capitolo vogliamo studiare i rivestimenti di uno spazio
topologi-co e le loro principali propriet`a, fino ad arrivare al teorema di sollevamento dei
cammini. Per comprendere appieno il concetto di rivestimento, studieremo alcuni esempi e approfondiremo il legame tra rivestimenti e G-spazi.
1.1
Definizione
In questa sezione, dopo aver enunciato la definizione di rivestimento di uno spazio topologico, studiamo alcuni esempi.
Definizione 1.1.1. Sia p : eX → X un’applicazione continua. Diremo che un
aperto U ⊆ X `e uniformemente rivestito da p se la controimmagine p−1(U )
`e unione disgiunta di sottinsiemi aperti di eX ognuno dei quali `e omeomorfo
a U tramite l’applicazione p. Si dice che p : eX → X `e un rivestimento se
per ogni x ∈ X esiste un intorno aperto di x uniformemente rivestito da p;
l’applicazione p viene detta proiezione, X spazio base e eX spazio totale.
In altri termini, p : eX → X `e un rivestimento se:
• p `e suriettiva;
• per ogni x ∈ X esiste un intorno aperto U di x e una famiglia {Uj}j∈J
di aperti di eX tali che:
1. p−1(U ) =S
j∈JUj;
2. Uj ∩ Uk= ∅ se j 6= k;
3. p|Uj : Uj → U `e un omeomorfismo per ogni j ∈ J.
Per comodit`a useremo la seguente notazione:
Notazione 1.1.1. Se p : eX → X `e un rivestimento, allora indicheremo come
rivestimento di X la coppia ( eX, p).
Vediamo ora alcuni esempi di rivestimenti.
Esempio 1.1.1. Se X `e uno spazio qualsiasi e se id : X → X `e la funzione
identit`a, allora (X, id) `e un esempio banale di rivestimento di X.
Esempio 1.1.2. Sia p : R → S1 definita da
p(t) = (cos t, sin t).
1.1 Definizione 3
La coppia (R, p) `e un rivestimento di S1. Infatti fissato x ∈ S1, sappiamo
che esiste t1 ∈ [0, 2π) tale che x = (cos t1, sin t1). Definiamo ora t2 = π + t1
(ovviamente t2 ∈ [π, 3π)) e −x come l’antipodale di x, cio`e
−x = (− cos t1, − sin t1) = (cos t2, sin t2).
Un intorno aperto di x uniformemente rivestito da p `e dato da S1\{−x}.
Calcoliamo la preimmagine di questo aperto:
p−1(S1\{−x}) = p−1(S1\{(cos t2, sin t2)}) = = R\[ k∈Z {t2+ 2πk} = [ k∈Z (t2+ 2πk, t2+ 2π(k + 1)).
Tutti questi aperti di R sono a due a due disgiunti e ognuno di essi `e
omeo-morfo a S1\{−x} tramite l’applicazione p e ci`o dimostra che (R, p) `e un
rivestimento di S1.
Esempio 1.1.3. Consideriamo le coordinate polari (ρ, θ) del piano R2. La
circonferenza di raggio unitario `e definita dalla condizione ρ = 1. Fissato
un n ∈ Z\{0} definiamo una funzione pn : S1 → S1 data dalla seguente
equazione:
pn(1, θ) = (1, nθ).
(S1, p
n) `e un rivestimento di S1: la funzione pn avvolge la circonferenza su
se stessa n volte.
Studiamo in maniera pi`u approfondita il caso n = 2, il caso n generico `e una
facile generalizzazione. Consideriamo un qualsiasi x ∈ S1. Sappiamo che
esiste un θ1 ∈ [0, 2π) tale che x = (1, θ1). Studiamo ora i due possibili casi:
• se θ1 = 0 un intorno aperto di x `e U = {1} × (−π, π); la preimmagine
di U `e: p−12 (U ) = {{1} × (−π 2, π 2), {1} × ( π 2, 3π 2 )},
costituito da due insiemi disgiunti, ognuno dei quali `e omeomorfo a U
• se θ1 6= 0 un intorno aperto di x `e U = {1} × (0, 2π); la preimmagine
di U `e:
p−12 (U ) = {{1} × (0, π), {1} × (π, 2π)},
costituito da due insiemi disgiunti, ognuno dei quali `e omeomorfo a U
tramite p2.
Abbiamo quindi dimostrato che (S1, p2) `e un rivestimento di S1. La
di-mostrazione `e analoga per tutti gli altri interi.
Esempio 1.1.4. Sia p : X × Y → X la proiezione sul primo fattore. Se Y `e
uno spazio discreto, allora (X × Y, p) `e un rivestimento di X. Infatti fissato
un punto x ∈ X e un suo intorno aperto U , sappiamo che
p−1(U ) = [
y∈Y
U × {y}.
Poich`e Y `e uno spazio discreto, ogni suo punto `e un aperto, pertanto (X ×
Y, p) `e un rivestimento di X.
Esempio 1.1.5. Siano ( eX, p) un rivestimento di X e ( eY , q) un rivestimento
di Y . Allora ( eX × eY , p × q) `e un rivestimento di X × Y , dove la funzione
p × q `e definita da
(p × q)(x, y) = (p(x), q(y)).
Infatti ogni punto (x, y) ∈ X × Y ha un intorno uniformemente rivestito da
p × q, precisamente U × V , dove U `e un intorno di x uniformemente rivestito
da p e V `e un intorno di y uniformemente rivestito da q.
1.2
Rivestimenti e G-spazi
Esempi importanti di rivestimento si ottengono a partire dai G-spazi. A questo proposito introduciamo alcune nozioni necessarie alla comprensione di tali esempi.
1.2 Rivestimenti e G-spazi 5
Definizione 1.2.1. Sia X un insieme e G un gruppo. Diremo che G agisce
su X, o che X `e un G − insieme, se esiste una funzione da G × X in X,
denotata con (g, x) → g ∗ x, tale che:
• 1G∗ x = x per ogni x ∈ X, dove 1G `e l’elemento neutro di G;
• g ∗ (h ∗ x) = (gh) ∗ x, per ogni x ∈ X, per ogni g, h ∈ G.
Teorema 1.2.1. Se X `e un G-insieme, per ogni g ∈ G la funzione θg : X →
X definita da x → g ∗ x `e biiettiva.
Dimostrazione. Dalla definizione di G-insieme segue che θg ◦ θh = θgh e che
θ1G = idX; pertanto
θg◦ θg−1 = idX = θg−1 ◦ θg
e quindi θg `e biiettiva.
Definizione 1.2.2. Sia X uno spazio topologico e sia G un gruppo; X viene
detto un G − spazio se G agisce su X e se per ogni g ∈ G la funzione θg
definita da x → g ∗ x risulta continua.
Teorema 1.2.2. Sia X un G-spazio, allora la funzione θg : X → X `e un
omeomorfismo.
Dimostrazione. Sappiamo gi`a che la funzione θg `e biiettiva e continua.
Sap-piamo inoltre che θ−1g = θg−1, e, dalla definizione di G-spazio, che θg `e
conti-nua per ogni g ∈ G, quindi in particolare per g−1. Abbiamo quindi mostrato
che per qualsiasi g ∈ G, θg `e una funzione continua, biiettiva con inversa
continua e ci`o dimostra che `e un omeomorfismo.
Definizione 1.2.3. Se X `e un G-insieme possiamo definire una relazione di
equivalenza ∼ su X mediante:
x ∼ y ⇐⇒ esiste g ∈ G tale che g ∗ x = y.
L’insieme delle classi di equivalenza, indicato con X/G, `e detto insieme
quoziente di X modulo G. Se X `e uno spazio topologico sul quale agisce
proiezione canonica π : X → X/G; in tal caso lo spazio X/G, `e detto spazio quoziente di X modulo G.
Per comprendere meglio i concetti appena espressi studiamo ora alcuni esempi significativi.
Esempio 1.2.1. Consideriamo l’azione di Z su R definita da θn(x) = n + x.
Poich`e θn`e continua per tutti gli n ∈ Z, R `e uno Z-spazio e lo spazio quoziente
R/Z `e omeomorfo alla circonferenza S1.
Esempio 1.2.2. Consideriamo l’azione di Z2 su Sn definita da θ0(x) = x,
θ1(x) = −x. Poich`e sia θ1, sia θ0 sono funzioni continue, Sn `e uno Z2-spazio.
Pertanto possiamo definire, utilizzando la definizione precedente, lo spazio
proiettivo, denotato con RPn, come lo spazio quoziente di Sn modulo Z2,
cio`e RPn= Sn/Z2.
Teorema 1.2.3. Se X `e un G-spazio, allora la proiezione canonica π : X →
X/G `e un’applicazione aperta.
Dimostrazione. Sia U un aperto di X e consideriamo π−1(π(U )); avremo
allora:
π−1(π(U )) = {x ∈ X| π(x) ∈ π(U )} =
= {x ∈ X| π(x) = π(y) per qualche y ∈ U } = = {x ∈ X| x = g ∗ y per qualche y ∈ U, g ∈ G} =
= {x ∈ X| x ∈ g ∗ U per qualche g ∈ G} = [
g∈G g ∗ U.
Poich`e θg `e un omeomorfismo e U `e aperto, g ∗ U `e aperto per ogni g ∈ G; ne
segue che π−1(π(U )) `e aperto in X, e quindi che π(U ) `e aperto in X/G.
Definizione 1.2.4. Se X `e un G-spazio, diremo che l’azione di G su X `e
propriamente discontinua se, fissato un qualsiasi x ∈ X, esiste un intorno
V di x tale che, per ogni coppia g, g0 di elementi distinti di G, vale:
1.2 Rivestimenti e G-spazi 7
Si noti che un’azione propriamente discontinua `e libera, cio`e per ogni x ∈ X
e per ogni g ∈ G, g 6= 1G, si ha g ∗ x 6= x.
Queste nozioni ci portano alle seguenti conclusioni.
Teorema 1.2.4. Sia X un G-spazio; se l’azione di G su X `e propriamente
discontinua, allora la proiezione naturale p : X → X/G `e un rivestimento.
Dimostrazione. Osserviamo innanzitutto che p, essendo una proiezione, `e
un’applicazione continua e suriettiva e, per il teorema 1.2.3, aperta. Siano ora x ∈ X e U un intorno aperto di x che verifichi la condizione di
disconti-nuit`a propria; p(U ) `e un intorno aperto di p(x) uniformemente rivestito da
p in quanto p−1(p(U )) = S
g∈Gg ∗ U (per quanto visto nella dimostrazione
del teorema 1.2.3), dove, poich`e l’azione di G su X `e propriamente
discon-tinua, {g ∗ U }g∈G `e una famiglia di aperti disgiunti di X, e la restrizione
p|g∗U : g ∗ U → p(U ) `e una biiezione continua ed aperta e, come tale, `e un
omeomorfismo.
Alla luce dei risultati appena esposti, approfondiamo gli esempi 1.2.1 e 1.2.2.
Esempio 1.2.3. L’azione di Z su R descritta nell’esempio 1.2.1 `e
propria-mente discontinua: infatti, fissato x ∈ R, l’intervallo U = (x − 12, x + 12) `e
un intorno aperto di x per cui, per ogni n, n0 ∈ Z, (n + U) ∩ (n0+ U ) = ∅.
Pertanto la proiezione p : R → R/Z `e un rivestimento.
Esempio 1.2.4. L’azione di Z2 su Sn descritta nell’esempio 1.2.2 `e
propria-mente discontinua: infatti, fissato x ∈ Sn, D = {y ∈ Sn| ||y − x|| < 1
2} `e un intorno aperto di x per cui 0 ∗ D ∩ 1 ∗ D = ∅. Pertanto la proiezione
p : Sn → RPn`e un rivestimento.
Teorema 1.2.5. Se G `e un gruppo finito che agisce liberamente su uno spazio
di Hausdorff X, allora l’azione di G su X `e propriamente discontinua.
Dimostrazione. Siano 1G= g0, g1, g2, ..., gn gli elementi di G e sia x ∈ X.
X uno spazio di Hausdorff, esistono degli intorni aperti U0, U1, ..., Un di
g0 ∗ x, g1 ∗ x, ..., gn∗ x rispettivamente, tali che U0 ∩ Uj = ∅, per ogni
j = 1, 2, ..., n. L’insieme U = n \ j=0 gj−1∗ Uj
`e un intorno aperto di x, ed inoltre se i 6= j ∈ {0, 1, ..., n},
gi∗ U ∩ gj∗ U = gj((g−1j gi∗ U ) ∩ U ) = = gj(gk∗ U ∩ U ) per qualche k 6= 1G. Ma gk∗ U = n \ j=0 gkg−1j (Uj) ⊆ Uk e U ⊆ U0, quindi gk∗ U ∩ U = ∅. Pertanto gi ∗ U ∩ gj∗ U = ∅
e quindi l’azione di G `e propriamente discontinua.
Combinando i 2 teoremi precedenti, si deduce facilmente il seguente corol-lario.
Corollario 1.2.6. Se G `e un gruppo finito che agisce liberamente su uno
spazio di Hausdorff X, allora (X, p) `e un rivestimento di X/G, dove p `e la
proiezione naturale.
Studiamo ora un esempio concreto di quanto appena esposto. Esempio 1.2.5. Cosideriamo
S3 = {(z0, z1) ∈ C2| |z0|2+ |z1|2 = 1}
e l’applicazione h : S3 → S3 definita da
1.3 Principali teoremi sui rivestimenti 9
dove p e q sono due interi primi tra loro. Ora, poich`e h `e un omeomorfismo e
hp = idS3, possiamo definire un’azione del gruppo ciclico Zp su S3 mediante
n ∗ (z0, z1) = hn(z0, z1),
dove n ∈ Zp = {0, 1, ..., p − 1}. Allora la proiezione naturale S3 → S3/Zp `e
un rivestimento in quanto l’azione `e libera e S3`e uno spazio di Hausdorff. Lo
spazio quoziente S3/Z
p, denotato con L(p, q), `e chiamato spazio lenticolare.
Introduciamo ora alcune nozioni che ci serviranno nel capitolo 3.
Definizione 1.2.5. Sia X un G − spazio. Diciamo che G agisce
transi-tivamente su X (o che X `e un G − spazio omogeneo) se vale la seguente
condizione: per ogni x, y ∈ X esiste un elemento g ∈ G tale che g ∗ x = y. Definizione 1.2.6. Sia X un G − spazio. Il sottogruppo
Gx = {g ∈ G| g ∗ x = g}
di G `e chiamato sottogruppo di isotropia relativo a x secondo l’azione di G.
Definizione 1.2.7. Sia X un G−spazio e H un sottogruppo di G. Definiamo
il normalizzatore di H, e lo scriveremo N (H), il pi`u grande sottogruppo di
G contenente H come sottogruppo normale. Quindi
N (H) = {g ∈ G| gHg−1 = H}.
1.3
Principali teoremi sui rivestimenti
In questa sezione enunciamo alcuni teoremi sui rivestimenti, che ne de-scrivono le caratteristiche generali. Introduciamo anche il concetto di solle-vamento, fondamentale nello studio dei rivestimenti.
Teorema 1.3.1. Se ( eX, p) `e un rivestimento di X, allora p `e un’applicazione
Dimostrazione. Sia U un sottinsieme aperto di eX, x ∈ p(U ) e V un intorno
aperto di x uniformemente rivestito da p. Siax ∈ U tale che x = p(e ex), allora
e
x ∈ p−1(V ) = [
j∈J Vj
e quindi x ∈ Ve j ∩ U per un qualche j ∈ J. Poich`e Vj ∩ U `e aperto in Vj e
p|Vj : Vj → V `e un omeomorfismo, p(Vj ∩ U ) `e aperto in V e quindi in X.
Inoltre
x = p(ex) ∈ p(Vj ∩ U ) ⊆ p(U );
abbiamo cos`ı trovato un intorno aperto di x contenuto interamente in p(U ),
il che implica che p(U ) `e aperto. Ci`o dimostra che p `e aperta.
Per quanto riguarda la seconda parte del teorema, poich`e p `e una suriezione
continua e aperta, un sottinsieme V di X `e aperto in X se e solo se p−1(V )
`e aperto in eX e questa `e proprio la definizione di aperto nella topologia
quoziente.
Introduciamo ora il concetto di sollevamento.
Definizione 1.3.1. Se ( eX, p) `e un rivestimento di X e f : Y → X `e una
funzione continua, un sollevamento di f `e una funzione continua ef : Y → eX
tale che p ◦ ef = f . e X p Y e f ?? f //X (1.1)
Il seguente teorema mostra che, fissato il punto iniziale, se tale
sollevamen-to esiste, `e unico. Si tratta di un risultato fondamentale, la cui importanza
sar`a chiarita nel prossimo capitolo.
Teorema 1.3.2 (Teorema di unicit`a del sollevamento). Sia ( eX, p) un
ri-vestimento di X, e siano ef , ef0 : Y → eX due sollevamenti di una funzione
continua f : Y → X. Se Y `e uno spazio connesso e se ef (y0) = ef0(y0) per un
1.4 Sollevamenti di cammini 11
Dimostrazione. Sia Y0 l’insieme dei punti sui quali ef e ef0 coincidono, cio`e:
Y0 = {y ∈ Y | ef (y) = ef0(y)}.
Per ipotesi Y0 non `e vuoto (y0 ∈ Y0). Dimostriamo ora che Y0 `e sia aperto sia
chiuso; poich`e Y `e connesso, ne dedurremo che Y0 = Y e che quindi ef = ef0.
Siano y ∈ Y e V un intorno aperto di f (y) uniformemente rivestito da p;
scriviamo p−1(V ) come unione disgiunta S
j∈JVj, dove Vj `e aperto in eX e
p|Vj : Vj → V `e un omeomorfismo. Se y ∈ Y
0, il punto
e
x = ef (y) = ef0(y)
appartiene a Vk per qualche k ∈ J , quindi ef−1(Vk) ∩ ef0
−1
(Vk) `e un intorno
aperto di y. Vediamo ora che tale intorno `e interamente contenuto in Y0: se
z ∈ ef−1(Vk) ∩ ef0 −1
(Vk), ef (z) e ef0(z) sono due punti di Vk, entrambi mandati
in f (y) da p; poich`e p|Vk `e iniettiva, ne segue che ef (z) = ef
0(z), ossia che
z ∈ Y0. Ci`o dimostra che Y0 `e aperto.
D’altro canto se y /∈ Y0, ragionando in modo analogo si deduce che ef (y) ∈ Vk
e ef0(y) ∈ V
l, dove k 6= l; di conseguenza ef−1(Vk) ∩ ef0
−1
(Vl) `e un intorno
aperto di y, chiaramente contenuto nel complementare di Y0. Ci`o dimostra
che Y \Y0 `e aperto e che quindi Y0 `e chiuso.
Corollario 1.3.3. Sia ( eX, p) un rivestimento di X con eX connesso per archi,
e sia ϕ : eX → eX una funzione continua con p ◦ ϕ = p. Se ϕ ha un punto
fisso (cio`e se ϕ(x1) = x1, per qualche x1 ∈ eX), ϕ `e l’applicazione identica.
Dimostrazione. Sia x un punto qualsiasi di eX e α : I → eX un arco dal punto
fisso x1 a x. Gli archi α e ϕ ◦ α sono due sollevamenti dell’arco p ◦ α : I → X
(perch`e p ◦ α = p ◦ ϕ ◦ α) ed iniziano entrambi in x1 (perch`e ϕ(x1) = x1).
Dal teorema 1.3.2 segue allora che i due archi coincidono; in particolare
coincidono i loro punti finali, cio`e x = ϕ(x).
1.4
Sollevamenti di cammini
E’ gia stato introdotto il concetto di sollevamento; in questa sezione
in cui l’insieme Y sia l’intervallo I = [0, 1]. e X g I e f @@ f //X (1.2)
Premettiamo alcune nozioni per comprendere appieno i risultati di questa sezione.
Definizione 1.4.1. Sia p : eX → X un’applicazione continua, la coppia
( eX, p) si dice rivestimento banale di X se eX si pu`o decomporre in un’unione
disgiunta di aperti fXi e p|Xfi `e un omeomorfismo su X.
Notazione 1.4.1. Sia K uno spazio metrico con metrica d, x ∈ X e δ ∈ R+.
Denotiamo con B(x, δ) la palla aperta di centro x e raggio δ, cio`e
B(x, δ) = {y ∈ K| d(x, y) < δ}.
Notazione 1.4.2. Sia K uno spazio metrico con metrica d e K0 ⊆ K. Si dice
che K0 ha diametro c se sup{d(k1, k2)| k1, k2 ∈ K0} = c.
Lemma 1.4.1 (Numero di Lebesgue). Sia K uno spazio topologico compatto
e metrizzabile con metrica d. Per ogni ricoprimento aperto {Uj| j ∈ J}
esiste un numero δ, detto numero di Lebesgue del ricoprimento, tale che
ogni sottinsieme di K con diametro < δ `e interamente contenuto in un Uj.
Dimostrazione. Fissato un x ∈ K, sia ε(x) = sup{δ > 0|∃j ∈ J tale che
B(x, δ) ⊆ Uj}. Poniamo ε0 = infx∈Kε(x). Se ε0 > 0, prendendo ε = ε20 si
ottiene l’asserto.
Supponiamo ora per assurdo che ε0 = 0; allora esiste una successione {xn}n∈N
di punti in K tale che limn→∞ε(xn) = 0. Poich`e K `e compatto,
possia-mo supporre che esista x0 ∈ K tale che limn→∞xn = x0. Sia n0 tale che
d(x0, xn) < 14ε(x0), per ogni n ≥ n0. Allora si ha B(xn,ε(x40)) ⊂ B(x0,ε(x20)),
per ogni n ≥ n0 e quindi ε(xn) ≥ ε(x40), per ogni n ≥ n0. Pertanto
lim
n→∞ε(xn) ≥ ε(x0)
4 > 0,
1.4 Sollevamenti di cammini 13
Teorema 1.4.2 (Teorema di sollevamento dei cammini e delle omotopie).
Sia ( eX, p) un rivestimento di X.
• per ogni arco f : I → X e per ogni xe0 ∈ eX con p(xe0) = f (0), esiste
uno e un solo arco ef : I → eX tale che p ◦ ef = f e ef (0) =xe0.
• per ogni funzione continua f : I × I → X e per ogni xe0 ∈ eX con
p(xe0) = F (0, 0), esiste una e una sola funzione continua eF : I × I → eX
tale che p ◦ eF = F e eF (0, 0) =xe0.
Dimostrazione. Dimostreremo solo il primo caso, in quanto il secondo si di-mostra in maniera analoga.
L’unicit`a deriva direttamente dal teorema 1.3.2.
Rimane ora da dimostrare l’esistenza del sollevamento: consideriamo un
ri-coprimento {Uj}j∈J di X tale che ∀j ∈ J , (p−1(Uj), p|p−1(U
j)) sia un
rive-stimento banale di Uj. Consideriamo poi il ricoprimento {f−1(Uj)}j∈J di
I, e sia δ il suo numero di Lebesgue: possiamo costruire una successione
0 = b0 < b1 < ... < bn−1 < bn = 1 tale che |bj − bj−1| < δ e dunque
f ([bj−1, bj]) = f (Ij) ⊂ Ukj, per un certo kj ∈ J. Costruiamo ora
indut-tivamente per j = 0, 1, ..., n dei sollevamenti efj, definiti su [0, bj], tali che
e
fj(0) = xe0. Per j = 0 non abbiamo altra scelta che porre ef0(0) = xe0.
Sup-poniamo ora di aver definito un sollevamento efj : [0, bj] → eX con efj(0) =xe0;
consideriamo il punto ef (bj) contenuto nell’aperto p−1(Ukj+1). Usando
l’in-versa di questo omeomorfismo (ricordiamo che (p−1(Uj), p|p−1(U
j)) `e un
rive-stimento banale di Uj) possiamo definire gfk+1. Pertanto, ponendo ef = efn, si
ottiene il sollevamento cercato.
Corollario 1.4.3 (Teorema di monodromia). Sia ( eX, p) un rivestimento di
X. Siano f, f0 due cammini chiusi su x0 ∈ X tali che f ∼ f0 con omotopia
F . Fissato ex ∈ p−1(x0) e detti ef un sollevamento di f e ef0 un sollevamento
di f0 con ef (0) = ef0(0) =
e
x, risulta ef (1) = ef0(1).
Dimostrazione. Per il teorema 1.4.2 esiste uno e un solo sollevamento di
e
F (x, 0) = ef e eF (x, 1) = ef0. Inoltre eF (1, t) ∈ p−1(x
0). Poich`e x0 ammette
un aperto uniformemente rivestito, ogni elemento di p−1(x0) appartiene ad
un diverso Ui disgiunto dagli altri; poich`e I `e connesso e eF (1, t) `e continua
allora eF (1, I) deve essere connesso e, pertanto, eF (1, I) `e costante.
Definizione 1.4.2. Sia ( eX, p) un rivestimento di X. La controimmagine di
un punto x ∈ X viene chiamata fibra su x.
Corollario 1.4.4. Se ( eX, p) `e un rivestimento di X, allora la fibra su x,
cio`e l’insieme p−1(x), ha la stessa cardinalit`a per qualsiasi x ∈ X.
Dimostrazione. Siano x0, x1 ∈ X, e sia f : I → X tale che f (0) = x0 e
f (1) = x1. Grazie a questo cammino `e possibile definire una mappa biiettiva
da p−1(x0) a p−1(x1). Infatti: dato un qualsiasi punto y0 ∈ p−1(x0), esiste
g, sollevamento di f , in eX con punto iniziale y0 tale che p ◦ g = f . Sia
y1 il punto finale di g. Allora la funzione che manda y0 in y1 `e la funzione
cercata. Usando f , il cammino inverso a f , f (t) = f (1 − t), possiamo definire
in modo analogo a prima una funzione da p−1(x1) a p−1(x0). Risulta ovvio
che queste due funzioni sono una l’inversa dell’altra e questo prova la loro
biiettivit`a.
Grazie a questo corollario `e possibile definire il grado di un rivestimento.
Definizione 1.4.3. Sia ( eX, p) `e un rivestimento di X, e sia x ∈ X. La
cardinalit`a dell’insieme p−1(x), cio`e la cardinalit`a della fibra su x, `e chiamata
grado del rivestimento o numero di fogli del rivestimento.
Troviamo ora il grado di qualche rivestimento precedentemente studiato.
Esempio 1.4.1. Consideriamo il rivestimento (R, p) di S1 descritto
nell’e-sempio 1.1.2. Poich`e
p−1((1, 0)) = {2πk}k∈Z,
1.4 Sollevamenti di cammini 15
Esempio 1.4.2. Consideriamo il rivestimento (S1, p
n) di S1 descritto
nell’e-sempio 1.1.3. Poich`e
p−1((1, 0)) = {2πk
n | k = 0, 1, ..., n − 1},
tale rivestimento avr`a grado n.
Esempio 1.4.3. Consideriamo il rivestimento (R, p) di R/Z descritto negli
esempi 1.2.1 e 1.2.3. Poich`e
p−1([0]) = Z,
Capitolo 2
Rivestimenti e gruppo
fondamentale
In questo capitolo verr`a analizzato e approfondito il legame fra
rivesti-mento e gruppo fondamentale di uno spazio topologico. Dopo aver definito
il gruppo fondamentale e averne esposto le principali propriet`a, studieremo
la relazione tra i gruppi fondamentali π(X, x) e π( eX,ex) dato un
rivestimen-to p : eX → X. Grazie ai risultati che analizzeremo, troveremo anche una
condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza di un sollevamento, appro-fondendo i risultati della sezione 1.3. Nell’ultima sezione studieremo invece gli omomorfismi tra rivestimenti.
2.1
Gruppo fondamentale
In questa sezione, dopo aver esposto alcune nozioni preliminari, intro-duciamo il concetto di gruppo fondamentale e ne studiamo le principali
propriet`a.
Definizione 2.1.1. Siano f0, f1 : I → X due cammini tali che f0(0) = f1(0)
e f0(1) = f1(1). Si dice che f0 e f1 sono equivalenti (e scriveremo f0 ∼ f1)
se esiste una funzione continua F : I × I → X, detta omotopia tra f0 e f1,
tale che
F (t, 0) = f0(t), F (t, 1) = f1(t),
F (0, s) = f0(0) = f1(0), F (1, s) = f0(1) = f1(1).
In tal caso scriveremo F : f0 ∼ f1.
Definizione 2.1.2. Siano f, g : I → X due cammini tali che f0(1) = f1(0).
Si definisce il prodotto di archi, che indicheremo con ∗, nel seguente modo:
(f ∗ g)(t) = f (2t), 0 ≤ t ≤ 1 2 g(2t − 1), 1 2 ≤ t ≤ 1
Lemma 2.1.1. Siano f0, f1, g0, g1 dei cammini in X, con f0(1) = g0(0) e
f1(1) = g1(0). Se f0 ∼ f1 e g0 ∼ g1, allora f0∗ g0 ∼ f1∗ g1.
Dimostrazione. Siano F : f0 ∼ f1 e G : g0 ∼ g1 due omotopie, e definiamo
H : I × I → X come: H(t, s) = F (2t, s), 0 ≤ t ≤ 1 2 G(2t − 1, s), 1 2 ≤ t ≤ 1
Poich`e F (1, s) = f0(1) = g0(0) = G(0, s), H `e continua per il lemma di
incollamento; pertanto H `e un’omotopia tra f0∗ g0 e f1 ∗ g1.
Definizione 2.1.3. Un cammino f : I → X `e detto chiuso se f (0) = f (1).
In particolare il punto x = f (0) = f (1) si chiama base di f .
Definizione 2.1.4. Sia x ∈ X. Consideriamo l’insieme delle classi di equi-valenza dei cammini chiusi di base x e lo denotiamo con π(X, x). Questo
insieme `e dotato di un’operazione binaria definita da [f ][g] = [f ∗ g] (ben
definita per il lemma 2.1.1). Con questa operazione π(X, x) risulta essere un gruppo, chiamato gruppo fondamentale (o primo gruppo di omotopia) di
X con punto base x. L’elemento neutro del gruppo `e [εx], dove εx : I → X
tale che εx(t) = x, per ogni t ∈ I; l’inverso di [f ] `e invece dato da [f ]−1 = [f ],
dove f : I → X tale che f (t) = f (1 − t).
2.1 Gruppo fondamentale 19
Teorema 2.1.2. Se f `e un cammino in X dal punto x ∈ X al punto y ∈ X,
allora i gruppi π(X, x) e π(X, y) sono isomorfi.
Dimostrazione. Se f `e un cammino da x a y, per ogni arco chiuso g di base
x, (f ∗ g) ∗ f `e un cammino chiuso di base y. Definiamo allora:
uf : π(X, x) → π(X, y), come uf[g] = [f ∗ g ∗ f ].
L’applicazione uf `e un omomorfismo di gruppi: infatti
uf([g][h]) = uf[g ∗ h] = [f ∗ g ∗ h ∗ f ] = [f ∗ g ∗ f ∗ f ∗ h ∗ f ] =
= [f ∗ g ∗ f ][f ∗ h ∗ f ] = uf[g]uf[h].
Inoltre, utilizzando il cammino f da y a x, possiamo definire:
uf : π(X, y) → π(X, x), come uf[h] = [f ∗ h ∗ f ].
Ora, poich`e ufuf[g] = [g] e ufuf[h] = [h], uf `e biiettiva e quindi `e un
isomorfismo.
Una conseguenza ovvia del teorema precedente `e il seguente corollario:
Corollario 2.1.3. Se X `e uno spazio connesso per archi, π(X, x) e π(X, y)
sono gruppi isomorfi per ogni coppia di punti x, y ∈ X.
Questo corollario risulta molto importante, in quanto, a meno di
isomor-fismo, si pu`o parlare di gruppo f ondamentale di X, senza far riferimento
al punto base, qualora X sia uno spazio topologico connesso per archi. Per questo motivo, da ora in poi, supporremo che ogni spazio topologico che con-sidereremo sia connesso per archi, a meno di non specificare esplicitamente di trovarci in altre ipotesi.
Studiamo ora i gruppi fondamentali di due spazi topologici X e Y tali che esista una funzione continua fra di loro.
Definizione 2.1.5. Consideriamo una funzione continua ϕ : X → Y . Ab-biamo immediatamente che:
• se f `e un cammino in X, allora ϕ ◦ f `e un cammino in Y ; • se f ∼ g, allora ϕ ◦ f ∼ ϕ ◦ g;
• se f `e un cammino chiuso in X di base x, allora ϕ ◦ f `e un cammino chiuso in Y di base ϕ(x).
Pertanto, per ogni elemento [f ] di π(X, x), [ϕ ◦ f ] `e un elemento ben definito
di π(Y, ϕ(x)); possiamo quindi definire
ϕ∗ : π(X, x) → π(Y, ϕ(x)) come ϕ∗[f ] = [ϕ ◦ f ].
Teorema 2.1.4. La funzione ϕ∗ `e un omomorfismo di gruppi.
Dimostrazione.
ϕ∗([f ][g]) = ϕ∗[f ∗ g] = [ϕ ◦ (f ∗ g)] = [(ϕ ◦ f ) ∗ (ϕ ◦ g)] =
= [ϕ ◦ f ][ϕ ◦ g] = ϕ∗[f ]ϕ∗[g].
Ci`o dimostra che ϕ∗ `e un omomorfismo.
Definizione 2.1.6. Se ϕ : X → Y `e una funzione continua, l’omomorfismo
di gruppi ϕ∗ : π(X, x) → π(Y, ϕ(x)) definito da ϕ∗[f ] = [ϕ ◦ f ] `e detto
omomorfismo indotto da ϕ.
Teorema 2.1.5. • Se ϕ : X → Y e ψ : Y → Z sono funzioni continue,
allora (ψ ◦ ϕ)∗ = ψ∗◦ ϕ∗.
• Se id : X → X `e l’applicazione identica, id∗ `e l’omomorfismo identico
di π(X, x).
Dimostrazione. Per definizione: •
(ψ ◦ ϕ)∗[f ] = [(ψ ◦ ϕ) ◦ f ],
2.2 Rivestimenti e gruppo fondamentale 21
•
id∗([f ]) = [id ◦ f ] = [f ].
Corollario 2.1.6. Se ϕ : X → Y `e un omeomorfismo, allora ϕ∗ : π(X, x) →
π(Y, ϕ(x)) `e un isomorfismo.
Dimostrazione. Dal teorema precedente segue che:
(ϕ−1)∗ϕ∗ = (idX)∗ = idπ(X,x)
ϕ∗(ϕ−1)∗ = (idY)∗ = idπ(Y,ϕ(x))
e quindi ϕ∗ e (ϕ−1)∗sono isomorfismi e inoltre sono uno inverso dell’altro.
I risultati studiati in questa sezione descrivono l’idea che sta alla base della topologia algebrica, nella quale si cerca di sostituire alcune nozioni algebriche, in modo da utilizzare le nostre conoscenze algebriche per dedurre risultati d’interesse topologico. Il passaggio da uno spazio topologico al suo gruppo fondamentale costituisce infatti un esempio di funtore. Un funtore differisce da una funzione in modo sostanziale. Oltre ad associare ad ogni spazio topologico un gruppo, il funtore associa a funzioni continue tra spazi topologici omomorfismi tra i rispettivi gruppi fondamentali in modo naturale.
2.2
Rivestimenti e gruppo fondamentale
Finora abbiamo studiato il morfismo ϕ∗ indotto da una funzione continua
ϕ : X → Y ha sui gruppi fondamentali π(X, x) e π(Y, ϕ(x)). In questa sezione ci concentriamo nello studio del morfismo indotto da un rivestimento
di X, ( eX, p), sui gruppi fondamentali π( eX, ex) e π(X, p(ex)).
Definizione 2.2.1. Uno spazio topologico si dice semplicemente connesso
se `e connesso per archi e se π(X, x) = {1} per qualche (e quindi,
Una conseguenza immediata dei risultati esposti finora `e il seguente teo-rema.
Teorema 2.2.1. Sia ( eX, p) un rivestimento di X, con eX semplicemente
connesso. Per ogni x0 ∈ X c’`e una corrispondenza biunivoca fra gli insiemi
π(X, x0) e p−1(x0).
Dimostrazione. Sia xe0 ∈ p−1(x0) e definiamo ϕ : π(X, x0) → p−1(x0) come
ϕ[f ] = ef (1) dove ef `e un sollevamento di f con ef (0) =xe0 (tale applicazione `e
ben definita). L’inversa ψ : p−1(x0) → π(X, x0) `e definita come ψ(ex) = [p◦f ],
dove f `e un arco in eX da xe0 a x (un tale arco esiste perch`e e eX `e connesso
per archi). ψ `e ben definita perch`e due archi f ed f0 in eX da xe0 a ex sono
necessariamente equivalenti ( eX `e semplicemente connesso), e quindi p ◦ f e
p ◦ f0 sono equivalenti.
Il precedente teorema suggerisce pertanto un metodo per calcolare il
grup-po fondamentale π(X, x0): innanzitutto si trova un rivestimento di X ( eX, p)
con eX semplicemente connesso, poi si definisce una struttura di gruppo
sul-l’insieme p−1(x0) in modo tale che la biiezione ϕ : π(X, x0) → p−1(x0) sia
un isomorfismo di gruppi. Tale metodo tuttavia, non essendo di facile appli-cazione, non viene praticamente mai utilizzato.
Altra conseguenza dei teoremi esposti nel capitolo precedente,
special-mente del teorema 1.4.2, `e il seguente teorema.
Teorema 2.2.2. Sia ( eX, p) un rivestimento di X, xe0 ∈ eX e x0 = p(xe0).
Allora l’omomorfismo indotto p∗ : π( eX,xe0) → π(X, x0) `e un monomorfismo.
Dimostrazione. Per mostrare che p∗`e un monomorfismo, basta mostrare che
Ker(p∗) = {e}. Sia ora f un cammino chiuso di base xe0 tale che p∗[f ] = e,
identit`a di π(X, x0); c’`e pertanto un’omotopia F tra p ◦ f e il cammino
costante in x0, εx0. Grazie al teorema 1.4.2, F pu`o essere sollevata a
un’o-motopia eF tra f e un qualche cammino. Poich`e F mappa sia la base inferiore,
2.2 Rivestimenti e gruppo fondamentale 23
e
F mappa a sua volta sia la base inferiore, sia quella superiore del quadrato
unitario nel puntoxe0. Pertanto eF `e un’omotopia tra f e il cammino costante
εfx0 e ci`o conclude la dimostrazione.
Scegliendo un diverso punto base xe1 ∈ p−1(x0) si ottiene in generale
un sottogruppo p∗π( eX,xe1) diverso a seconda del punto scelto. Il seguente
teorema mostra la relazione che c’`e tra i sottogruppi p∗π( eX,xe0) e p∗π( eX,xe1).
Teorema 2.2.3. Sia ( eX, p) un rivestimento di X. Per ogni coppiaxe0,xe1 di
punti di eX esiste un arco f in X da p(xe0) a p(xe1) tale che ufp∗π( eX,xe0) =
p∗π( eX,xe1), ove uf `e il morfismo g → f ∗ g ∗ f descritto nel teorema 2.1.2.
Dimostrazione. Ogni arco g in eX da xe0 axe1, per 2.1.2, individua un
isomor-fismo ugfra i gruppi fondamentali π( eX,xe0) e π( eX,xe1); pertanto ugπ( eX,xe0) =
π( eX,xe1). Applicando l’omomorfismo p∗si ottiene p∗ugπ( eX,xe0) = p∗π( eX,xe1), pertanto l’arco f = p ◦ g soddisfa le condizioni richieste.
Applicando il teorema nel caso in cui p(xe0) = p(xe1) = x0 si ottiene un
arco chiuso f di base x0, e quindi un elemento [f ] di π(X, x0) per il quale
vale la relazione p∗π( eX,xe1) = [f ]−1(p∗π( eX,xe0))[f ]; di conseguenza π( eX,xe1)
e π( eX,xe0) sono sottogruppi coniugati di π(X, x0). La nostra discussione si
pu`o riassumere con il seguente diagramma commutativo:
π( eX,xe0) p∗ // ug π(X, x0) uf π( eX,xe1) p∗ // π(X, x0) (2.1)
Vale inoltre il seguente:
Teorema 2.2.4. Sia ( eX, p) un rivestimento di X. Se x0 ∈ X, l’insieme
Z = {p∗π( eX,xe0) | xe0 ∈ p −1(x
0)} `e una classe di coniugio (cio`e una classe di
equivalenza per l’azione di coniugio) di sottogruppi di π(X, x0).
Dimostrazione. Abbiamo gi`a visto che due elementi qualunque dell’insieme
dei sottogruppi p∗π( eX,xe0) in Z, cio`e H = α −1(p
∗π( eX,xe0))α per qualche α ∈
π(X, x0). Se α = [f ], denotiamo con ef un sollevamento con punto inizialexe0;
per il teorema precedente avremo allora: p∗π( eX, ef (1)) = ufp∗π( eX,xe0) = H,
e quindi H appartiene all’insieme dato.
2.3
Teorema di sollevamento per i
rivestimen-ti
Nella sezione 1.3 abbiamo visto che, dato un rivestimento ( eX, p) di X e
una funzione continua f da uno spazio connesso Y in X, un sollevamento ef
di f in eX, se esiste, `e unico. In questa sezione cerchiamo invece di analizzare
il problema dell’esistenza di tale sollevamento.
Innanzitutto diamo la definizione di spazio topologico localmente connes-so per archi.
Definizione 2.3.1. Uno spazio topologico X `e detto localmente connesso
per archi se, per ogni x ∈ X, ogni intorno aperto di x contiene un intorno aperto di x che sia connesso per archi.
Lemma 2.3.1. Uno spazio connesso e localmente connesso per archi `e
con-nesso per archi.
Dimostrazione. Siano Y uno spazio connesso e localmente connesso per archi, y un punto di Y ed indichiamo con U l’insieme dei punti di Y che possono
essere uniti a y con un cammino in Y . Poich`e Y `e localmente connesso per
archi, ogni punto u ∈ U ammette un intorno aperto V connesso per archi;
tale intorno `e interamente contenuto in U perch`e se v ∈ V esiste un cammino
in V da v a u e un cammino in Y da u a y, e quindi esiste in Y un cammino da
v a y. Ci`o dimostra che U `e aperto. In maniera analoga si dimostra che Y \U
`e aperto. Quindi U `e un sottinsieme di Y non vuoto (contiene sicuramente
y) simultaneamente aperto e chiuso. Poich`e Y `e connesso, ci`o implica che
2.3 Teorema di sollevamento per i rivestimenti 25
Introduciamo ora una notazione per semplificare la scrittura delle fun-zioni.
Notazione 2.3.1. Siano X e Y spazi topologici, x ∈ X e y ∈ Y , allora la notazione
f : (X, x) → (Y, y)
significa che f `e una funzione continua da X in Y con f (x) = y.
Utilizzando la notazione sopra descritta, il problema dell’esistenza di un sollevamento risulta essere il seguente.
Siano ( eX, p) un rivestimento di X, xe0 ∈ eX, x0 = p(xe0), y0 ∈ Y , e f :
(Y, y0) → (X, x0). Sotto quali condizioni esiste una funzione ef : (Y, y0) →
( eX,xe0) tale che il seguente diagramma:
( eX,xe0) p (Y, y0) e fuuu::u u u u u u f JJJ%%J J J J J J (X, x0) (2.2) sia commutativo?
Nel caso ef sia un sollevamento di f , si ha il seguente diagramma
commu-tativo: π( eX,xe0) p∗ π(Y, y0) e f∗rrrr 99r r r r r r f∗ LLL&&L L L L L L L π(X, x0) (2.3)
nel quale p∗ `e iniettiva (vedere il teorema 2.2.2) e p∗◦ ef∗ = f∗; pertanto
Ne segue che la relazione f∗π(Y, y0) ⊆ p∗π( eX,xe0) `e una condizione necessaria
per l’esistenza di ef . L’aspetto pi`u interessante `e che, nel caso in cui Y sia
uno spazio localmente connesso per archi, tale condizione `e anche sufficiente.
Tale risultato viene descritto e analizzato nel seguente teorema.
Teorema 2.3.2. Siano ( eX, p) un rivestimento di X, Y uno spazio connesso
e localmente connesso per archi, y0 ∈ Y , xe0 ∈ eX e x0 = p(xe0). Sia f :
(Y, y0) → (X, x0). Condizione necessaria e sufficiente affinch`e esista un
sollevamento ef : (Y, y0) → ( eX,xe0) `e che
f∗π(Y, y0) ⊆ p∗π( eX,xe0).
Dimostrazione. Per semplificare la comprensione dividiamo la dimostrazione in passaggi.
• Abbiamo gi`a mostrato che la condizione `e necessaria; vediamo ora che
essa `e anche sufficiente. Per fare ci`o dobbiamo definire la funzione ef .
Le seguenti considerazioni mostrano che c’`e un solo modo per definire
e
f . Assumiamo che ef esista; sia y un qualsiasi punto di Y . Poich`e Y `e
connesso per archi (per il lemma 2.3.1), possiamo scegliere un cammino
ϕ : I → Y con punto iniziale y0 e punto finale y. Consideriamo i
cammini f ◦ ϕ e ef ◦ ϕ, rispettivamente in X e in eX. Il cammino ef ◦ ϕ
`e un sollevamento di f ◦ ϕ, e ef (y) `e il punto finale del cammino ef ◦ ϕ.
• Alla luce di tali considerazioni, definiamo la funzione ef : (Y, y0) →
( eX,xe0) nel seguente modo. Fissato un qualsiasi punto y ∈ Y , scegliamo
un cammino ϕ : I → Y con punto iniziale y0 e punto finale y. Allora
f ◦ ϕ `e un cammino in X con punto iniziale x0. Per il teorema 1.4.2
esiste un unico cammino ]f ◦ ϕ : I → eX con punto iniziale xe0 e tale che
p ◦ ]f ◦ ϕ = f ◦ ϕ. Definiamo:
e
f (y) = punto finale di ]f ◦ ϕ.
Vediamo ora che la definizione `e ben posta, mostrando che ef (y) non
dipende dalla scelta del cammino ϕ. Se ψ `e un altro cammino in Y da
2.3 Teorema di sollevamento per i rivestimenti 27
f∗[ϕ ∗ ψ] ∈ f∗π(Y, y0) ⊆ p∗π( eX,xe0),
e quindi esiste un arco chiuso α in eX di basexe0 per il quale
[f ◦ ϕ ∗ f ◦ ψ] = f∗[ϕ ∗ ψ] = p∗[α] = [p ◦ α].
Tenendo presenti le propriet`a del prodotto di archi, si ottiene:
f ◦ ϕ ∼ f ◦ ϕ ∗ εx0 ∼ f ◦ ϕ ∗ (f ◦ ψ ∗ f ◦ ψ) ∼
∼ (f ◦ ϕ ∗ f ◦ ψ) ∗ f ◦ ψ ∼ p ◦ α ∗ f ◦ ψ.
Dal corollario 1.4.3 segue allora che ]f ◦ ϕ(1) = γ(1), dove γ `e un
solle-vamento di p◦α∗f ◦ψ che inizia in x0; ma per l’unicit`a di sollevamento,
γ = α ∗ ]f ◦ ψ, e quindi
]
f ◦ ϕ(1) = γ(1) = (α ∗ ]f ◦ ψ)(1) = ]f ◦ ϕ(1),
il che dimostra che ef `e ben definita. Si osservi che finora abbiamo
sfruttato solo l’ipotesi che Y sia connesso.
• Per dimostrare che ef `e una funzione continua, dovremo utilizzare
l’ipote-si di connesl’ipote-sione per archi locale per Y . Siano y ∈ Y e U un
in-torno aperto in eX di ef (y). Per dimostrare la continuit`a, noi dobbiamo
mostrare che esiste un intorno V di y tale che ef (V ) ⊆ U . Per il
teorema 1.3.1 p `e un’applicazione aperta e quindi p(U ) `e un intorno
aperto di p ◦ ef (y) = f (y); possiamo allora trovare un intorno U0 di
f (y) uniformemente rivestito da p, tale che U0 ⊆ p(U ). Per definizione,
p−1(U0) = S
j∈J(Vj), dove ogni Vj `e omeomorfo a U
0 tramite p; quindi
e
f (y) ∈ Vk per qualche k ∈ J . Ne segue che f−1(p(U ∩ Vk)) `e un intorno
aperto di y e, poich`e Y `e localmente connesso per archi, esiste un
in-torno aperto V connesso per archi di y tale che V ⊆ f−1(p(U ∩ Vk)),
• Dimostreremo ora che V `e l’aperto cercato, facendo vedere che ef (V ) ⊆
U ∩ Vk. Siamo dunque y0 un punto di V , ψ un cammino in Y da y0
a y e ϕ un arco in V da y a y0. Per definizione, ef (y0) `e il punto finale
del sollevamento di f (ψ ∗ ϕ) = f ◦ ψ ∗ f ◦ ϕ che inizia in xe0; un tale
sollevamento `e dato da ]f ◦ ψ ∗ β, dove β `e il sollevamento di f ◦ ϕ
che inizia in ]f ◦ ψ(1) = ef (y). Ne segue che ef (y0) = β(1); `e sufficiente
quindi verificare che β(1) ∈ U ∩ Vk. Si osservi innanzitutto che
β(I) ⊆ p−1(f ◦ ϕ(I)) ⊆ p−1(p(U ∩ Vk)) ⊆ p−1(U0) =
[
j∈J Vj
e che il punto inziale ef (y) di β appartiene a Vk. Poich`e β(I) `e connesso,
ne segue che β(I) ⊆ Vk; d’altro canto
p ◦ β(I) = f ◦ ϕ(I) ⊆ p(U ∩ Vk)
quindi β(I) ⊆ U ∩ Vk perch`e p|Vk `e iniettiva. Ci`o completa la
di-mostrazione del teorema.
Abbiamo osservato nella dimostrazione precedente che per definire ef `e
sufficiente che Y sia connesso, mentre per dimostrare che ef `e continua
ab-biamo utilizzato l’ipotesi che sia localmente connesso per archi. Vediamo ora con un esempio che nel caso di uno spazio connesso, ma non localmente
connesso per archi, la condizione f∗π(Y, y0) ⊆ p∗π( eX,xe0) non `e sufficiente a
garantire l’esistenza di un sollevamento continuo di f .
Controesempio 2.3.1. Lo spazio che consideriamo `e il cosiddetto cerchio
polacco (figura 2.1): Y = A ∪ B ∪ C, dove:
A = {(x, y) ∈ R2| x2+ y2 = 1, y ≥ 0} B = {(x, y) ∈ R2| − 1 ≤ x ≤ 0, y = 0} C = {(x, y) ∈ R2| 0 < x ≤ 1, y = 1 2sin( π x)}
2.3 Teorema di sollevamento per i rivestimenti 29
Figura 2.1: Cerchio polacco
Lo spazio Y `e chiaramente connesso per archi (e quindi, poich`e siamo
in R2, anche connesso), ma non `e localmente connesso per archi, in quanto
ogni intorno di (0, 0) interseca sia B sia C, e l’unico cammino che collega B e C passa attraverso A; quindi se l’intorno assegnato non contiene A,
esso non `e connesso per archi. Consideriamo il rivestimento di S1 (R, p),
descritto nell’esempio 1.1.2, cio`e p(t) = (cos t, sin t). Definiamo f : Y → S1
nel seguente modo: f (x, y) = (x, y), (x, y) ∈ A (x, −√1 − x2), (x, y) ∈ B ∪ C
Si vede facilmente che f `e una funzione continua. Scegliamo ora come punti
base x0 = (1, 0) ∈ S1 = X, xe0 = 0 ∈ R = eX, y0 = (1, 0) ∈ Y . La condizione
f∗π(Y, y0) ⊆ p∗π( eX,xe0)
con-nessi (Y `e semplicemente connesso perch`e B ∪ C non `e connesso per archi). Dimostriamo ora che f non ammette un sollevamento continuo. Scegliendo un ramo opportuno della funzione arcocoseno, possiamo trovare una funzione continua ϕ : [−1, 1] → R tale che:
cos(ϕ(x)) = 1, sin(ϕ(x)) ≥ 0, ϕ(−1) = π, ϕ(1) = 0.
Scegliendo un ramo differente, troveremo una funzione continua ψ : [−1, 1] → R tale che:
cos(ψ(x)) = 1, sin(ψ(x)) ≤ 0, ψ(−1) = −π, ψ(1) = 0
Supponiamo ora che esista un sollevamento continuo ef di f . Se (x, y) ∈ A,
p( ef (x, y)) = f (x, y) = (x, y) =
= (x,√1 − x2) = (cos(πx), sin(πx)) = p(ϕ(x))
e quindi ef (x, y) = ϕ(x) + 2πn, dove n = n(x, y) `e un intero che a priori
dipende da (x, y). Poich`e ef e ϕ sono continue, n(x, y) `e una funzione continua
a valori interi definita su A; poich`e A `e connesso, n = n(x, y) `e costante.
Analogamente si deduce che, se (x, y) ∈ B ∪ C, e
f (x, y) = ψ(x) + 2πm,
dove m ∈ Z. Calcolando le due relazioni nei punti (−1, 0) e (1, 0) di A ∩ (B ∪
C) e sottraendo si avr`a:
ϕ(−1) − ψ(−1) = 2π(n − m) ϕ(1) − ψ(1) = 2π(n − m);
dalla prima relazione si ottiene n − m = 1 e dalla seconda n − m = 0. Se ne deduce quindi che non esiste un sollevamento continuo.
Alla luce di quanto osservato in questa sezione, da ora in poi assumeremo che tutti gli spazi topologici che considereremo siano connessi e localmente connessi per archi.
2.4 Omomorfismi di rivestimenti 31
2.4
Omomorfismi di rivestimenti
In questa sezione cerchiamo di ottenere alcune informazioni fondamentali sui possibili rivestimenti di un dato spazio X. A questo proposito introdu-ciamo i concetti di omomorfismo, isomorfismo e automorfismo tra
rivesti-menti e ne studiamo le principali propriet`a. Definiamo anche il gruppo delle
trasformazioni di rivestimento e studiamo l’azione che tale gruppo ha sul rivestimento.
Definizione 2.4.1. Siano ( fX1, p1) e ( fX2, p2) rivestimenti di X. Un
omo-morfismo da ( fX1, p1) in ( fX2, p2) `e una funzione continua ϕ : fX1 → fX2 tale
che il seguente diagramma sia commutativo:
f X1 p1 ~~~~~~ ~~~ ϕ X f X2 p2 ``@@@@@@ @ (2.4)
Si noti che la composizione di due omomorfismi `e ancora un
omomor-fismo e che, se ( eX, p) `e un rivestimento di X, allora idXe : eX → eX `e un
omomorfismo.
Definizione 2.4.2. Un omomorfismo ϕ da ( fX1, p1) in ( fX2, p2) `e chiamato
isomorfismo se esiste un omomorfismo ψ da ( fX2, p2) in ( fX1, p1) tale che
entrambe le composizioni ψ ◦ ϕ e ϕ ◦ ψ siano la funzione identit`a. Due
rivestimenti sono detti isomorfi se esiste un isomorfismo di uno nell’altro.
Un automorfismo `e un isomorfismo da un rivestimento in s´e stesso.
Definizione 2.4.3. Gli automorfismi di rivestimenti sono solitamente chia-mati trasformazioni di rivestimenti. L’insieme delle trasformazioni del
rive-stimento ( eX, p) di X, con la composizione di funzioni come operazione, `e
ov-viamente un gruppo, chiamato gruppo delle trasformazioni di rivestimento,
Lemma 2.4.1. Siano ϕ0 e ϕ1 omomorfismi da ( fX1, p1) in ( fX2, p2). Se esiste
un punto x ∈ fX1 tale che ϕ0(x) = ϕ1(x), allora ϕ0 = ϕ1.
Questo `e un caso particolare del teorema 1.3.2, in quanto ϕ0, ϕ1 sono
due sollevamenti di p1 con un punto in comune.
Una conseguenza immediata di questo lemma `e il seguente corollario.
Corollario 2.4.2. Se ϕ ∈ A( eX, p) e ϕ 6= id
e
X, allora ϕ non ha punti fissi.
Lemma 2.4.3. Siano ( fX1, p1) e ( fX2, p2) due rivestimenti di X, e fissiamo
come punti base xe1 ∈ fX1, xe2 ∈ fX2, x0 ∈ X, con p1(xe1) = p2(xe2) = x0.
Allora esiste un omomorfismo ϕ da ( fX1, p1) a ( fX2, p2) tale che ϕ(xe1) = xe2
se e solo se p1∗π( fX1,xe1) ⊆ p2∗π( fX2,xe2).
Questo `e un caso particolare del teorema 2.3.2
Corollario 2.4.4. Siano ( fX1, p1) e ( fX2, p2) due rivestimenti di X, e fissiamo
come punti basexe1 ∈ fX1, xe2 ∈ fX2, x0 ∈ X, con p1(xe1) = p2(xe2) = x0. Allora
esiste un isomorfismo ϕ da ( fX1, p1) a ( fX2, p2) tale che ϕ(xe1) =xe2 se e solo
se p1∗π( fX1,xe1) = p2∗π( fX2,xe2).
Questa `e una conseguenza diretta del lemma 2.4.3, della definizione di
isomorfismo e del corollario 2.4.2.
Teorema 2.4.5. Due rivestimenti ( fX1, p1) e ( fX2, p2) di X sono isomorfi se e
solo se, per ogni coppia di puntixe1 ∈ fX1 exe2 ∈ fX2 tale che p1(xe1) = p2(xe2) =
x0, i sottogruppi p1∗π( fX1,xe1) e p2∗π( fX2,xe2) appartengono alla stessa classe
di coniugio di π(X, x0).
Anche questo teorema `e una conseguenza immediata dai risultati sinora
studiati: deriva infatti dal corollario 2.4.4 e dal teorema 2.2.4.
Questo teorema esprime un concetto fondamentale nello studio dei
rivesti-menti; infatti mostra che ad ogni classe di coniugio del gruppo π(X, x0) `e
2.4 Omomorfismi di rivestimenti 33
Riprendiamo ora il gruppo delle trasformazioni di rivestimento definito
precedentemente A( eX, p) e studiamone l’azione su eX.
Teorema 2.4.6. Sia ( eX, p) un rivestimento di X; l’azione di A( eX, p) su eX
`e propriamente discontinua.
Dimostrazione. Fissato un punto x ∈ ee X, esiste un intorno U connesso per
archi di x = p(x) uniformemente rivestito da p: quindi pe −1(U ) `e l’unione
disgiunta di {Vj}j∈J. Per ogni elemento h 6= 1A( eX,p), avremo per il corollario
1.3.3 che h(ex) 6= ex; inoltre x, h(e ex) ∈ p−1(x) ⊆ p−1(U ), e quindi ex ∈
Vk, h(ex) ∈ Vl per qualche k, l ∈ J . Allora l 6= k perch`e altrimenti h(x) ee ex
sarebbero due punti distinti di Vk aventi la stessa immagine tramite p|Vk, che
`e una funzione iniettiva. Poich`e p ◦ h(Vk) = p(Vk) = U si ha h(Vk) ⊆Sj∈JVj;
ma h(Vk) `e connesso per archi (`e omeomorfo a U ) e h(ex) ∈ Vl, quindi h(Vk) ⊆
Vl. Ne segue che Vk∩ h(Vk) ⊆ Vk∩ Vl= ∅ e quindi l’azione di A( eX, p) su eX
`e propriamente discontinua.
Questa propriet`a ci permette, in alcuni casi, di descrivere lo spazio base
X come spazio quoziente dello spazio totale eX:
Teorema 2.4.7. Sia ( eX, p) un rivestimento di X; se p∗π( eX,xe0) `e un
sot-togruppo normale di π(X, x0), allora X `e omeomorfo a eX/A( eX, p).
Dimostrazione. Verifichiamo innanzitutto che la condizione di normalit`a vale
per ogni punto base ex ∈ eX. Per il teorema 2.2.3 p∗π( eX,x) = ue fp∗π( eX,xe0),
dove f `e un cammino da x0a p(x); poich`e e uf`e un isomorfismo, ufp∗π( eX,xe0) `e
normale in ufπ(X, x0) = π(X, p(ex)) e quindi p∗π( eX,x) `e e normale in π(X, p(ex)).
Definiamo ora la funzione f : X → eX/A( eX, p) mediante f (x) = π(ex), dove
e
x `e un punto di p−1(x) e π : eX → eX/A( eX, p) `e la proiezione canonica, e
verifichiamo che f non dipende dalla scelta di ex ∈ p−1(x). Se y ∈ pe −1(x),
i due sottogruppi p∗π( eX,x) e pe ∗π( eX,y) sono coniugati in π(X, x) e quin-e
di coincidono perch`e sono normali in π(X, x). Per il corollario 2.4.4 segue
che π(x) = π(e y).e
Sappiamo inoltre che f `e biiettiva e che il seguente diagramma
X f e X p eeKKKKKKKK KKK π zzuuuuuu uuuu e X/A( eX, p) (2.5)
`e commutativo; pertanto, siccome X ha la topologia quoziente relativa a p,
e
X/A( eX, p) ha la topologia quoziente relativa a π e f `e una biiezione, f `e un
Capitolo 3
Teorema di esistenza per i
rivestimenti
Fino ad ora abbiamo studiato e approfondito cosa sia un rivestimento e
quali siano le sue principali propriet`a. Il problema che ci poniamo in questo
capitolo `e quello di trovare una condizione necessaria e sufficiente per
l’e-sistenza di un rivestimento. Per fare ci`o avremo bisogno di alcune nozioni
preliminari: nella sezione 3.1 definiremo il concetto di rivestimento univer-sale e nella sezione 3.2 approfondiremo il gruppo delle trasformazioni di un rivestimento. Alla luce dei risultati di queste due sezioni, nella sezione 3.3 troveremo finalmente la condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza di un rivestimento.
3.1
Rivestimenti universali
In questa sezione introduciamo il concetto di rivestimento universale, fondamentale per la comprensione dei risultati di questo capitolo.
Definizione 3.1.1. Sia ( eX, p) un rivestimento di X. ( eX, p) si dice essere un
rivestimento universale di X se eX `e semplicemente connesso.
Teorema 3.1.1. Siano ( fX1, p1) e ( fX2, p2) due rivestimenti di X, e sia ϕ un
omomorfismo da ( fX1, p1) a ( fX2, p2). Allora ( fX1, ϕ) `e un rivestimento di fX2.
Dimostrazione. Innanzitutto notiamo che ogni punto x ∈ X ha un intorno
U connesso per archi uniformemente rivestito sia da p1 che da p2. Possiamo
ottenere un tale intorno, scegliendo due intorni aperti di x, U1 e U2,
uni-formemente rivestiti rispettivamente da p1 e da p2 e definendo U come la
componente connessa per archi di U1∩ U2 contenente x.
Ora proviamo che ϕ `e suriettiva. Sia y ∈ fX2; dobbiamo mostrare che esiste
un punto x ∈ fX1 tale che ϕ(x) = y. Fissiamo un punto base x1 ∈ fX1 e sia
x2 = ϕ(x1), x0 = p1(x1) = p2(x2). Consideriamo un cammino f in fX2 con
punto iniziale x2 e punto finale y e sia g = p2◦ f . Per il teorema 1.4.2 esiste
un unico cammino h in fX1 con punto iniziale x1 tale che p1◦ h = g. Sia x
il punto finale di h. Allora i cammini ϕ ◦ h e f hanno stesso punto iniziale
e vale p2◦ ϕ ◦ h = g = p2◦ f , quindi, sempre per il toerema di sollevamento
dei cammini, ϕ ◦ h = f . Pertanto ϕ(x) = y.
Ora, fissato z ∈ fX2, risulta immediato trovare un intorno di z uniformemente
rivestito da ϕ. Prendiamo un intorno U di x = p2(z) uniformemente rivestito
sia da p1, sia da p2 e sia W la componente di p−12 (U ) contenente z. Tale W
`e l’intorno di z cercato.
Per cominciare a capire l’utilit`a della nozione di rivestimento universale,
osserviamo il teorema appena enunciato. Se ( eX, p) `e un rivestimento
uni-versale di X e (fX0, p0) `e un rivestimento di X, per il lemma 2.4.3, esiste un
omomorfismo ϕ da ( eX, p) a (fX0, p0), e, per il teorema appena dimostrato,
( eX, ϕ) `e un rivestimento di fX0. Pertanto eX pu`o essere sempre visto come
un rivestimento di ogni rivestimento di X e ci`o giustifica la terminologia
ri-vestimento universale. In altre parole ( eX, p) `e un rivestimento universale di
X se e solo se ogni altro rivestimento (fX0, p0) di X `e rivestito da ( eX, p), cio`e
si ha il seguente diagramma comutativo:
e X p f X0 //X (3.1)
3.2 L’azione del gruppo π(X, x) sull’insieme p−1(x) 37
Teorema 3.1.2. Due rivestimenti universali di X sono isomorfi.
3.2
L’azione del gruppo π(X, x) sull’insieme
p
−1(x)
In questa sezione approfondiamo lo studio del gruppo A( eX, p) delle
trasfor-mazioni di un rivestimento ( eX, p) di X che abbiamo introdotto nella sezione
2.4. Per fare ci`o, per ogni x ∈ X definiamo un’azione di π(X, x) sull’insieme
p−1(x).
Definizione 3.2.1. Sia ( eX, p) un rivestimento di X e sia x ∈ X. Per ogni
punto x ∈ pe −1(x) e per ogni α ∈ π(X, x), definiamo x ? α ∈ pe −1(x) nel
seguente modo. Dal teorema 1.4.2, sappiamo che esiste un’unica classe di
cammini α in ee X tale che p∗(α) = α e che abbia punto inizialee ex. Definiamo
e
x?α come il punto finale della classe di camminiα. Poich`e e (x?α)?β =e x?(αβ)e
ex ? 1e π(X,x) =x, abbiamo che pe
−1(x) `e un π(X, x) − spazio.
Teorema 3.2.1. Sia ( eX, p) un rivestimento di X e sia x ∈ X. Il gruppo
π(X, x) agisce transitivamente su p−1(x).
Dimostrazione. Siano xe0,xe1 ∈ p
−1(x). Poich`e eX `e connesso per archi, esiste
una classe di camminiα in ee X con punto inizialexe0e punto finalexe1. Sia α =
p∗(α); allora α `e e una classe di equivalenza di cammini chiusi e, ovviamente,
e
x0? α =xe1.
Una conseguenza immediata di questo teorema `e il seguente risultato.
Corollario 3.2.2. Sia ( eX, p) un rivestimento di X e sia x ∈ X. Per ogniex ∈
p−1(x), il sottogruppo di isotropia rispetto a questo punto `e precisamente il
sottogruppo p∗π( eX,x) di π(X, x) e il grado del rivestimento `e e uguale all’indice
del sottogruppo p∗π( eX,ex).
Grazie a queste nozioni, studiamo la relazione tra il gruppo delle
Teorema 3.2.3. Sia ( eX, p) un rivestimento di X e sia x ∈ X. Per ogni
automorfismo ϕ ∈ A( eX, p), per ogni puntox ∈ pe −1(x) e per ogni α ∈ π(X, x),
ϕ(x ? α) = ϕ(e x) ? α. In altre parole, l’azione di π(X, x) su pe −1(x) commuta
con ϕ.
Dimostrazione. Solleviamo α a un camminoα con punto inizialee ex e tale che
p∗(α) = α;e x ? α sar`e a il punto finale di α. Consideriamo ora il camminoe
ϕ∗(α) in ee X. Il suo punto iniziale `e ϕ(x) e il suo punto finale `e e ϕ(ex ? α).
Osserviamo che p∗[ϕ∗(α)] = (p ◦ ϕ)e ∗(α) = pe ∗(α) = α, cio`e e ϕ∗(α) `e e a sua volta
un sollevamento di α. Perci`o, per definizione, ϕ(ex) ? α `e il punto finale del
cammino ϕ(α), cio`e e ϕ(ex) ? α = ϕ(x ? α), come richiesto.e
Ora possiamo determinare completamente la struttura di A( eX, p).
Teorema 3.2.4. Sia ( eX, p) un rivestimento di X e sia x ∈ X. Allora
A( eX, p) `e isomorfo al gruppo delle trasformazioni di p−1(x), considerato come
π(X, x) − spazio.
Dimostrazione. Se ϕ `e un qualsiasi automorfismo di ( eX, p), allora la
re-strizione ϕ|p−1(x) `e un automorfismo di p−1(x) per il teorema 3.2.2. Inoltre
per il corollario 2.4.2, ogni automorfismo ϕ `e completamente determinato
dalla sua restrizione ϕ|p−1(x). Esiste pertanto un monomorfismo tra A( eX, p)
`e il gruppo delle trasformazioni del π(X, x) − spazio, p−1(x). La suriettivit`a
di tale morfismo risulta immediata dal corollario 2.4.4. Pertanto A( eX, p) `e
isomorfo al gruppo delle trasformazioni di p−1(x).
Conseguenza immediata di questo teorema `e il seguente corollario.
Corollario 3.2.5. Per ogni punto x ∈ X e per ogni x ∈ pe −1(x), A( eX, p)
`e isomorfo al gruppo quoziente N (p∗π( eX,ex))/p∗π( eX,x), dove N (pe ∗π( eX,x))e
denota il normalizzatore di p∗π( eX,x) in π(X, x).e
Definizione 3.2.2. Sia ( eX, p) un rivestimento di X. Se p∗π( eX,ex) `e un
sottogruppo normale di π(X, x), allora ( eX, p) si dice essere un rivestimento
3.3 Esistenza di rivestimenti 39
Corollario 3.2.6. Se ( eX, p) `e un rivestimento regolare di X, allora A( eX, p)
`e isomorfo al gruppo quoziente π(X, x)/p∗π( eX,x) per ogni x ∈ X e per ognie
e
x ∈ p−1(x).
Questo deriva direttamente dal corollario 3.2.4, poich`e in questo caso
N (p∗π( eX,ex)) = π(X, x).
Questo risultato risulta particolarmente interessante se applicato ai rive-stimenti universali, infatti vale il seguente.
Corollario 3.2.7. Sia ( eX, p) un rivestimento universale di X e x ∈ X.
Allora A( eX, p) `e isomorfo a π(X, x), e l’ordine di π(X, x) `e uguale alla fibra
del rivestimento ( eX, p).
Esempio 3.2.1. Consideriamo il rivestimento (R, p) di S1 definito
nell’e-sempio 1.1.2. Poich`e R `e contraibile, `e semplicemente connesso. Pertanto
(R, p) `e un rivestimento universale di S1, quindi `e applicabile il corollario
3.2.6. Cerchiamo ora di determinare il gruppo delle trasformazioni di R.
Per la periodicit`a delle funzioni seno e coseno, risulta ovvio che la traslazione
Tn : R → R definita da Tn(t) = t + 2πn `e un automorfismo per ogni intero
n. Inoltre risulta ovvio che se x `e un punto di S1 e se t1, t2 sono due punti
qualsiasi p−1(x), allora esiste un intero n tale che Tn(t1) = t2. Ne segue
che ogni automorfismo del rivestimento (R, p) `e una di queste traslazioni
Tn (vedere lemma 2.4.1 e corollario 2.4.2). Poich`e il gruppo di queste
traslazioni{Tn}n∈Z `e ovviamente un gruppo ciclico di ordine infinito, anche
π(S1, x) `e un gruppo ciclico di ordine infinito. A questo proposito ricordiamo
che un gruppo ciclico di ordine infinito `e sempre isomorfo al gruppo (Z, +).
3.3
Esistenza di rivestimenti
Nel capitolo precedente abbiamo dimostrato che un rivestimento ( eX, p)
di uno spazio topologico X `e determinato, a meno di isomorfismi, dalla classe
seguente domanda: fissato uno spazio topologico X e una classe di coniugio di
sottogruppi di π(X, x), esiste un rivestimento ( eX, p) di X tale che p∗π( eX,ex)
appartenga alla classe di coniugio data? In questa sezione mostriamo che
la risposta a questa domanda `e affermativa, purch`e X soddisfi un ipotesi
aggiuntiva.
Proviamo innanzitutto che `e sufficiente considerare il problema nel caso
particolare in cui la classe di coniugio di sottogruppi fissata consista nel sottogruppo banale {1}.
Lemma 3.3.1. Sia X uno spazio topologico che ammetta un rivestimento
universale ( eX, p) e sia x ∈ X. Per ogni classe di coniugio di sottogruppi di
π(X, x), esiste un rivestimento ( eX, p) di X tale che p∗π( eX,ex) appartenga
alla classe di coniugio data.
Dimostrazione. Sia (Y, q) un rivestimento universale di X. Grazie a quanto
studiato nella sezione 3.2, π(X, x) agisce transitivamente su q−1(x) e, poich`e
Y `e semplicemente connesso, agisce senza punti fissi. Inoltre il gruppo delle
trasformazioni A(Y, q) `e isomorfo a π(X, x), quindi agisce a sua volta
tran-sitivamente e senza punti fissi su q−1(x). Scegliamo ora un punto y ∈ q−1(x)
e un sottogruppo G di π(X, x) che appartenga alla classe di coniugio data. Sia H il sottogruppo di A(Y, q) definito nel seguente modo: ϕ ∈ H se e solo se esiste un elemento α ∈ G tale che ϕ(y) = y ? α. In questo modo G e H sono isomorfi: ϕ ↔ α ⇔ ϕ(y) = y ? α.
Poich`e H `e un sottogruppo di A(Y, q), agisce in maniera propriamente
discon-tinua su Y . Siano ora: eX lo spazio quoziente Y /H, r : Y → eX la proiezione
canonica e p : eX → X la funzione indotta da q : Y → X. In questo modo
otteniamo il seguente diagramma commutativo: Y q r $$I I I I I I I I I I e X = Y /Q p zzuuuuuu uuu X (3.2)
3.3 Esistenza di rivestimenti 41
(Y, q) `e un rivestimento di X per costruzione e (Y, r) `e un rivestimento di eX
per il teorema 1.2.4; pertanto anche ( eX, p) `e un rivestimento di X.
Quin-di il gruppo π(X, x) agisce su p−1(x). Sia ora x = r(y) ∈ pe −1(x). Per la
costruzione di eX `e chiaro che il sottogruppo di isotropia di π(X, x)
corrispon-dente al puntoex `e precisamente il sottogruppo G e, per quanto osservato nella
sezione 3.2, ci`o `e equivalente a dire che p∗π( eX,ex) = G.
La domanda posta all’inizio della sezione diventa pertanto la seguente: sia X uno spazio topologico; X ha un rivestimento universale?
Innanzitutto deriviamo una semplice condizione necessaria. Sia ( eX, p) un
rivestimento universale di X, x un punto qualsiasi di X, x un punto die
p−1(x), U un intorno di x uniformemente rivestito da p e V la componente di
p−1(U ) contenente x. Abbiamo dunque il seguente diagramma comutativo,e
riguardante i gruppi fondamentali.
π(V,ex) // (p|V)∗ π( eX,ex) p∗ π(U, x) i∗ //π(X, x) (3.3)
Poich`e p|V `e un omeomorfismo di V in U , (p|V)∗ `e un isomorfismo. Inoltre,
per ipotesi, π( eX,x) = {1}. Da questi due fatti e dalla commutativit`e a del
diagramma, segue che i∗`e l’omomorfismo banale, cio`e Im(i∗) = {1}.
Pertan-to possiamo concludere che lo spazio X gode della seguente propriet`a: ogni
punto x ∈ X ha un intorno U tale che l’omomorfismo π(U, x) → π(X, x)
sia l’omomorfismo banale. Uno spazio con tale propriet`a `e detto
semilocal-mente semplicesemilocal-mente connesso. Tale definizione pu`o anche essere formulata
nel seguente modo.
Definizione 3.3.1. Uno spazio topologico X `e detto semilocalmente
sem-plicemente connesso se ogni punto x ∈ X ha un intorno U tale che ogni
cappio in U di base x `e equivalente in X all’arco costante εx.
Controesempio 3.3.1. Gli spazi topologici pi`u interessanti sono tutti