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IL COMPLESSO DI SAN NICOLA A PISA Vicende storiche e restauri

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Indice

Capitolo I Storia del complesso………...p. 3 - 1.1 Dalle origini al XIII secolo……….p. 3

- 1.2 Il XIV secolo………...p. 7 - 1.3 Il Quattrocento………....p. 8 - 1.4 Il Cinquecento……….p. 9 - 1.5 Il Seicento………...p. 11 - 1.6 Il Settecento………p. 13 - 1.7 L‟Ottocento………p. 19 - 1.8 Il Novecento………...p. 24 Capitolo II La Chiesa………...p. 28 - 2.1 Esterno………p. 28 - 2.2 Interno………p. 35 Capitolo III Il Campanile………p. 43 - 3.1 Esterno………p. 45 - 3.2 Interno………p. 47 - 3.3 Geometria Simboli e Misure………..p. 51 - 3.4 Precedenti studi………..p. 53 - 3.4.1 Nannicini Canale……….p. 53 - 3.4.2 Testi Cristiani………..p. 55 - 3.4.3 Pierotti……….p. 57 - 3.5 La Tarsia Geometrica……….p. 58 Capitolo IV Il Convento………...p. 61 - 4.1 Esterno………p. 61 - 4.2 Interno………p. 66 Capitolo V Trasformazioni urbanistiche: da zona “Porta Maris” e “Campo Sancti Niccolai” a Piazza Carrara………p. 71 - 5.1 Dal Medioevo ai giorni nostri………p. 71 Capitolo VI Restauri………p. 79 - 6.1 I primi restauri………p. 79 - 6.2 Restauri del 1700………p. 80 - 6.3 Restauri del 1800………p. 87 - 6.4 Restauri del 1900………p. 92 - 6.5 Restauri recenti……….p. 103 - 6.5.1 2003………...……p. 103

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- 6.5.2 2006……….……...p. 111 Conclusioni………p. 116 Appendice Documentaria………....p. 119 Bibliografia………...p. 187

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Capitolo I

Storia del complesso

1.1. Dalle Origini al XIII Secolo

Non esistono fonti che attestano il preciso anno di fondazione della chiesa di S.Nicola. La più antica riguardante il complesso di San Nicola, che era una succursale pisana del monastero benedettino maschile di San Michele sul monte Verruca, risale al 17 giugno 1097, quando l‟abate Bernardo concesse un terreno a livello alla chiesa di San Nicola1; la

tradizione erudita invece, capeggiata da Monsignor Paolo Tronci, attribuisce la fondazione al marchese Ugo di Tuscia intorno all‟anno mille.

Il Tronci infatti scrive, “ ...Mentre che io con diligenza cercavo di ritrovare il tempo della fondazione della chiesa di San Nicola, mi venne alle mani un libro antichissimo di carta pecorina intitolato Salmista e nel principio d‟esso dove son notati li 12 mesi e in ciascuno li santi delli quali si fa offizio nel mese di Xmbre dove alli 21 è notato la festa di San Tommaso apostolo, sotto vi sono scritte queste parole <<Et nota quod semper in festo sancti Thomae apostoli de sero debent pulsari campanae tribus vicibus ad duplum pro anima domini Ugonis marchionis, qui fecit hanc ecclesiam in honorem sancti Niccolai>> in modo tale che appresso di me non resta difficoltà alcuna del fondatore di detta chiesa, tanto più che il medesimo marchese che altri nominano Luca di Toscana, come riferisce Ricordano Malaspina nella sua Historia Fiorentina al capitolo 52, fondò ancora la Badia di San Michele di Verruca nella diocesi di Pisa e la concesse ai monaci di San Benedetto, li quali per lunghissimo tempo hanno ancor tenuto questa chiesa di San Nicola e di loro era il detto Salmista e può con ragione concludentissima credersi che dato Signore li fusse fabbricata questa chiesa l‟anno 1000 da poter ricoverarsi in città...”. 2 .

La dipendenza della chiesa di San Nicola dai Cistercensi, alla cui regola intorno al 12603

aveva aderito il monastero della Verruca, durò fino al 1295 quando, sempre documentato dal Tronci4 e da un‟ iscrizione nel chiostro5, i frati eremiti di S. Agostino interessati a

trasferirsi a Pisa, dettero in cambio ai Cistercensi l‟oratorio di S.Maria di Caprolecchio, posta nel Piano di Porto6 vicino Livorno.

1 F. Tamburini, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dall’anno 1081 aprile 25 all’anno 1099 marzo,

tesi di laurea, Pisa a. a. 1964-1965, rel. C. Violante, p. 277.

2 P. Tronci, Descrizione delle chiese, monasteri et oratori della città di Pisa, 1643 e ACPi, ms. C 213 c. 131.

3 S. Gelichi e A. Alberti, L’Aratro e il Calamo, Benedettini e Cistercensi sul Monte Pisano, Dieci anni da

archeologia a San Michele alla Verruca, Pisa, 2005, pp. 18-20.

4 ibidem. p. 132.

5 Anno Domini Incarnationis MCCVC Die III Mensis Maii Frates ordinis heremitis S.Augustini intraveruns

primo ad possidendas l’ ecclesia et locus S. Niccolai de Pisis.

6 L. Carratori e G. Garzella, Carte dell’Archivio Arcivescovile di Pisa. Fondo luoghi vari, vol. I, (954-1248), Pisa, 1988, p. XIII dell‟Introduzione.

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Foto 1Lastra marmorea sulla parete ovest dell‟antico loggiato, con l‟iscrizione che attesta lo stanziamento dei padri agostiniani in San Nicola.

I documenti pervenuti fino a noi attestano le politiche patrimoniali di San Nicola, ente dotato di un suo patrimonio fondiario distinto da quello dell‟abbazia dalla quale dipendeva. Il più antico, quello del 1097, è un atto di livello; ebbe per oggetto un appezzamento di terra di pertinenza alla chiesa di San Nicola7 e registrò l‟impegno del concessionario a

versare annualmente il censo dovuto presso lo stesso San Nicola.

Un atto del 1103, con il quale la contessa Matilde di Canossa concesse all‟Opera del Duomo di Pisa un appezzamento di terra posto << foris muro civitatis, prope ecclesiam sancti Nicolai>> avente un capo nell‟Arno e il capo opposto << in terra que detinet caput ecclesie sancti Nicolai>>, attesta che la “nostra” chiesa si trovava in prossimità delle mura urbane.

Un altro del 1155 afferma che, durante la costruzione della nuova cinta muraria sotto il consolato di Cocco Griffi, le terre di proprietà della nostra chiesa furono interessate da un processo di incremento edilizio.

Pian piano le aree vuote furono quotizzate e singoli lotti edificabili vennero assegnati in livello con l‟impegno da parte dei concessionari, di costruirvi sopra a proprie spese le loro case d‟abitazione “casas” o “aedificium” (secondo il linguaggio delle fonti), delle quali i

7 F. Tamburini, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dall’anno 1081 aprile 25 all’anno 1099 marzo, tesi di laurea, Pisa a. a. 1964-1965, rel. C. Violante, pp. 277-280.

Atto del 17 Giugno 1097 che attesta che il bene era ubicato <<foras Pisa, prope murum civitatis>> con un capo in <<carbonaria que est iusta murum civitatis>> e che non doveva distare molto da San Nicola.

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costruttori diventarono proprietari a pieno titolo, rimanendo tuttavia nei confronti della terra nella condizione di livellari8 .

I lotti edificabili prospicienti via S.Maria erano di piccole dimensioni, al massimo di 3 scale (poco più di 100 mq) e vennero rapidamente occupati da costruzioni9, cosicché nel

giro di un ventennio lo spazio disponibile si riempì, sappiamo che un terreno in via S.Maria concesso in livello nel 1175 e contiguo al muro del chiostro era confinato su entrambi i lati da case di abitazione10 .

Sappiamo anche che negli anni precedenti al 1159-1161, durante i quali secondo il racconto di Maragone fu costruito il tratto occidentale delle mura comunali dal Duomo all‟Arno11 , la zona denominata “ Porta Maris ” appare quella facente capo alla chiesa di

San Nicola e più precisamente nello spazio occupato da piazza San Nicola, oggi piazza Carrara, che durante i secoli ha cambiato il suo aspetto originario, visti gli sventramenti cinque e settecenteschi che hanno cancellato l‟impronta medievale.

Fra la Chiesa e l‟Arno sorgeva anche il “palatium” marchionale dove nel gennaio del 1178 quando arrivò a Pisa, fu alloggiato Federico Barbarossa e da dove il giorno seguente partì il corteo d‟onore da lui capeggiato che percorse tutta via S. Maria fino ad arrivare in cattedrale12 .

8 S. Caroti, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dal 1145 al 1155/1158, tesi di laurea, Pisa a. a.

1965-1966, rel. C. Violante p. 210 e p. 228 e G. Garzella, Pisa com’era: topografia e insediamento, Napoli, 1990, p. 209.

Atto del Novembre 1154: Qui Ranieri, figlio di Guido, riceve a livello da Ildebrando, abate del monastero di S. Michele della Verruca e da Uberto, priore di S.Nicola di Pisa, un pezzo di terra posta in Pisa a Porta a Mare, per l‟annuo canone di sedici soldi da pagarsi a settembre.

Ne consegue, sotto l‟anno 1156 settembre 6, l‟atto con il quale Uberto condona a Ranieri la metà del canone, a lui spettante, purché Ranieri presti i suoi servizi alla chiesa di San Nicola quando ce ne sia bisogno. Atto del Luglio Ne consegue, sotto l‟anno 1156 settembre 6, l‟atto con il quale Uberto condona a Ranieri la metà del canone, a lui spettante 1155: Teudicio del fu Lamberto e Ildebrando del fu Rainuccio ricevono a livello da Ildebrando, abate della chiesa e monastero di S. Michele della Verruca, un pezzo di terra posto in Pisa “ propre eandem ecclesiam et monasterii sancti Nicolai”, per l‟annuo canone di due soldi e di altri quattordici soldi, da mostrarsi e non darsi, nel mesi di agosto.

Si conviene di non costruire alcun edificio che abbia una finestra o un‟ apertura dalla parte del monastero e se verrà detto qualcosa di offensivo anche a carico degli eredi si pagheranno cento libbre d‟argento e si perderà ogni diritto sull‟edificio che verrà costruito purché si allontani ogni calunnia.

9 L. Cortesini, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dal 1165 al 1172, tesi di laurea, Pisa a. a.

1964-1965, rel. C. Violante, pp. 13-16.

Atto del Gennaio 1166: Giovanni , abate del monastero di S.Nicola e del monastero di S.Michele, assistito da Sigerio, monaco e camerario di S.Nicola e dai monaci Barone e Benedetto, allivella per il censo annuo di nove soldi a Buono, figlio del fu Pagano, una terra contigua alla chiesa di San Nicola.

10 L. Benedetti, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dal 1175 al 1179, tesi di laurea, Pisa a. a.

1965-1966, rel. C. Violante, pp. 18-20.

Atto dell‟ Agosto 1175: Riccio fabbro, figlio del Pietro, riceve a livello da Ildebrando, priore del monastero di S.Nicola di Pisa e da Sigherio di Verruca un pezzo di terra situato in Pisa e appartenente al monastero di S.Nicola per il canone annuo di nove soldi pisani da pagare il primo di agosto...

Ildebrando, priore di San Nicola, allivella a Riccio di Piero un pezzo di terra posto in Pisa confinante strada S. Maria muro del chiostro del detto... muro di Leolo fornaio e muro di Follo.

11 B. Maragone, Gli Annales pisani, a cura di M. L. Gentile, Bologna, 1936, pp. 20 e 23. 12 ibidem, p. 64.

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Così Maragone scrive: “1178 Gennaio. L‟anno del Signore 1178, indictio XI, a dì 26 di gennaio entrò lo Imperatore Federigo in nella città di Pisa per la porta Calcesana et fu magnificamente ricevuto da Pisani, et lo Arcivescovo Ubaldo, della Famiglia Lanfranchi di Pisa, con tutti li chierici et laici, et con 50 croce d‟argento et vexilli dalla chiesa di San Niccolò insino alla chiesa di Santa Maria hono(rificamente) fu ritenuto con grande honor...”.

L‟area in cui si concentrava la proprietà immobiliare di San Nicola quindi è individuabile nel tratto più meridionale di via Santa Maria, importante arteria che come già detto, conduceva fino alla Cattedrale e collegava la zona a sud tramite il Ponte Novo costruito nel 118213, ma abbiamo notizie14 che attestano l‟interesse verso una zona diversa,

precisamente nei pressi di S.Leonardo in Pratuscello, chiesa dipendente da S. Nicola i cui resti sono ancora visibili nell‟odierna via Roma.

Proprio in relazione a questo periodo abbiamo molti documenti che confermano l‟esistenza dell‟eremo di Lupo Cavo (poi diventato di Rupecava) situato sulle pendici del Monte Maggiore in prossimità di Ripafratta, diventato noto perché la leggenda narra che S. Agostino onorò con la sua presenza questo romitorio e che qui trovò l‟ispirazione per la composizione di alcune sue opere, questo monastero godette di una certa longevità, superò infatti la grossa crisi della tradizione eremitica che iniziò alla fine del Trecento e finì durante l‟epoca moderna e fu soppresso soltanto nel 1750 con un Breve di Papa Benedetto XIV15 , quando fu annesso al convento agostiniano di San Nicola di Pisa16 .

Successivamente il Breve Pisani Communis del 1286 parla del “campo sancti Nicolai” di una certa estensione che doveva essere tenuto libero da ogni impedimento17 perché proprio

in questo luogo, dove era situato uno scalo, avveniva lo scarico delle merci che provenivano dall‟oltremare, creando il principale mercato delle merci di importazione18 . Che le mura medievali fossero prossime a San Nicola è attestato anche da un privilegio di Innocenzo III del 1209, che dice: << Eccl. s. Nicolai secus muros pisana civitatis, cum coemeterio parochia...>>19.

13 B. Maragone, Gli Annales Pisani, a cura di M. L. Gentile, Bologna, 1936, pp. 73-74.

14 A. Pirrone, Le pergamene dell’Archivio di Stato di Pisa dal 1204 al 1208, tesi di laurea, Pisa a. a.

1965-1966, rel. C. Violante, pp. 79-86.

Atto del Dicembre 1204: Ranieri abate della Verruca e Alberto priore di S.Nicola acquistano da Allone cuoiaio, del fu Berno, un pezzo di terra presso la chiesa di S.Leonardo in Pratuscello al prezzo di 22 lire di denari pisani nuovi.

15 A. Ducci, L’eremo di Rupecava nei Monti Pisani: Tracce per una definizione di “ storia globale ”, in:

Augustine in Iconography, History and Legend, New York, 1999, p. 273.

16 G. Benedetto, L’eremitismo nel territorio della diocesi di Lucca nei secoli XII e XIII, in “ Bollettino

italiano per la storia della pietà”, 1979,1, p. 19.

17 F. Bonaini, Statuti, Firenze, 1854, vol. I, p. 402. 18 D. Herlihy, Pisa nel Duecento, Pisa, 1973, p. 197.

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In altre fonti molti terreni in prossimità della chiesa vengono indicati in parte dentro la città ed in parte fuori, facendo ritenere che la chiesa si trovasse al di fuori delle mura, i documenti che la citano direttamente invece indicano l‟opposto, ad esempio quelli del 1098, del 1130 e del 1154, questo significa che bisogna prestare molta attenzione nel ricostruire la storia di questo edificio del quale sappiamo molto poco in quegli anni.

Intorno al 1270 S.Nicola iniziava a sentirsi lontano dalla Verruca, aveva bisogno di una gestione più autonoma, infatti fu proprio nel 1272 che in un atto20 vennero ribaditi

dall‟arcivescovo Federico di Pisa i diritti dell‟abate del monastero della Verruca sul monastero di S.Nicola, alla guida della cui chiesa era affidato il presbitero Perfetto cappellano della chiesa stessa.

Siamo nel 1286, il monastero di S.Michele continua ad occuparsi delle chiese sottoposte di S.Nicola e S.Leonardo.

Tuttavia nel 1291, l‟8 gennaio l‟abate Nicolò della Verruca dette facoltà ai due procuratori Bonetto e Boninsegna, monaci dello stesso monastero, di permutare con chi volessero la chiesa e l‟ospedale di S.Nicola che, a questo punto, non rientrava più nei piani dei pochi monaci cistercensi rimasti sulla Verruca21 .

Pochi anni dopo infatti la situazione parve sbloccarsi e la chiesa di S.Nicola, gli orti e i diritti su S.Leonardo vennero ceduti agli eremiti dell‟Ordine Agostiniano, che, con ogni probabilità già da qualche anno si erano stabiliti in quelle proprietà, coronando un ormai pluridecennale tentativo di insediamento cittadino fallito nel 1226, quando tentarono di costruire un convento su un terreno vicino alla chiesa di Sant‟Agnese, donato dal Capitolo alla Cattedrale22 .

1.2. Il XIV secolo

I documenti che parlano di San Nicola nel periodo trecentesco sono pochi, eccetto per l‟Acta Henrici VII23 che attesta una concessione da parte di Arrigo VII di Lussemburgo il

17 aprile 1312 di una parte di terreno, fatta quando i frati agostiniani, ingrandita la chiesa, chiesero di potersi allargare sulla piazza in modo da allineare la loro proprietà con l‟abside della nuova chiesa.

Dunque a questa data la chiesa era stata ampliata da poco con il rinnovo dell‟abside, giustificabile dal fatto che gli ordini conventuali avevano bisogno di aule grandi e

20 M. Tozzi, Gli atti di ser Leopoldo del fornaio dal Registro n°3 della serie “Contratti” dell’Archivio della

Mensa Arcivescovile Pisana (1272-1281), tesi di laurea, Pisa a. a. 1979-1980, rel. M. Luzzati, p. 145.

21 S. Gelichi e A. Alberti, L’Aratro e il Calamo, Pisa, 2005, p. 21-22.

22 L. Carratori, Carte dell’Archivio Arcivescovile di Pisa, Fondo Luoghi Vari, Pisa, 1988, vol. I (954-1248),

p. XII dell‟ Introduzione.

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ipoteticamente la nuova struttura doveva essere la parte del convento che oggi ospita il palazzo dell‟ex Intendenza di Finanza.

Oltre alla nuova abside non sappiamo quali siano stati gli altri interventi alla struttura architettonica della chiesa, ma ovviamente dovevano aver riguardato la navata e le pareti perimetrali della stessa.

Questo ingrandimento fu motivato molto probabilmente da esigenze liturgiche, la comunità infatti, come certificano le fonti del secolo precedente, era aumentata e quindi risultò un forte bisogno di nuovi spazi per ospitare la moltitudine di persone che partecipava alle sacre funzioni.

1.3 Il Quattrocento

Nel 1406, con la prima conquista fiorentina, iniziò la decadenza della città, il crollo dell‟economia mercantile causò l‟inutilizzo delle strutture portuali collocate sulle rive del fiume, di conseguenza venne trascurata la manutenzione delle acque che provocò un rapido peggioramento delle condizioni igieniche.

Si verificò così un forte spopolamento dell‟abitato soprattutto delle zone periferiche, anche se la popolazione pur decimata rimase dislocata lungo le rive del fiume, zona privilegiata della città.

Nella descrizione della città di Pisa nel 1422 tratta dalla Cronaca di Ranieri Sardo24 viene

fatto l‟elenco delle chiese, degli spedali e dei monasteri, tra i quali “...Negli anni domini 1295 e dì 3 di maggio li frati Romitani dell‟Ordine di Sancto Aghostino vennero a stare nella chiesa di Sancto Nichola di Pisa, nel quale luogho vi stavano prima monaci bianchi et per danari li cacciarono via. Et dera la dicta chiesa picchola et dal lato della loggia de‟ Ghaetani si avevano cinque chase tra lla loggia ella chiesa in nella quale andavano, al lato al pozzo. Et quivi feciono il dormentoro, et poi venendo lo imperadore Arrigho, 13[...] li frati s‟allargharono lo chorpo della chiesa choll‟aiuto del dicto imperadore Arrigho...”25.

Fino alla fine di questo secolo sappiamo che nel Convento di San Nicola si tennero delle lezioni universitarie, visto che la costruzione del Palazzo della Sapienza iniziò soltanto nel 1493, per poi concludersi nel secolo successivo26 .

In un documento del 1474, abbiamo la supplica del Capitolo di San Nicola per ottenere l‟oblazione dello studio27.

24 R. Sardo, Cronaca di Pisa, a cura di Ottavio Banti, Roma, 1963, p. 50. 25 ASPi, Ms. Manoscritti Prop. Libera, n°6, c. 95.

26 E. Tolaini, Forma Pisarum, Pisa, 1992, p. 156.

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1.4 Il Cinquecento

Durante la seconda occupazione dei Medici, furono intrapresi diversi interventi urbanistici, ad esempio il lungarno passò da centro economico a centro rappresentativo.

Il Montaigne nel 1581 passò una ventina di giorni a Pisa e affermò che “ tranne l‟Arno e questo suo attraversarla con bellissimo modo, queste chiese e vestigi antichi e lavori particolari, Pisa ha poco di nobile e piacevole, pare una solitudine...Ha un estremo difetto di acque, cattive e c‟hanno tutte del paludoso”28 .

Nel XVI secolo Pisa si era ridotta ad usare il solo ponte di mezzo rispetto ai quattro esistenti, il ponte novo infatti era crollato a causa di una piena avvenuta nel 1380 e i due rimanenti, quello della fortezza e quello a mare, erano stati chiusi al traffico civile, perché integrati nelle opere di difesa della cittadella vecchia e della cittadella nuova29 .

Esempi meno illustri rispetto al restauro dell‟Opera Primiziale, ma qualitativamente rilevanti si ebbero durante il XVI e XVII secolo, quando si verificarono restauri , rifacimenti parziali o totali di parecchie chiese antiche, avvenuti quasi sempre per iniziativa di famiglie patronali, un po' per i gusti diversi e l‟attrazione verso i modelli fiorentini oppure per adattarle alle esigenze delle compagnie laiche che vi si installarono, ma anche per porre rimedio allo stato di rovina in cui si erano ridotte le cappelle durante il primo secolo di occupazione dei Medici; fra il 1570 ed il 1580 abbiamo interventi alla struttura di San Nicola.

Il Tronci asserisce che precisamente il 10 di Marzo del 1572 i padri agostiniani <<...determinarono di restaurarla e la ridussero al termine che hoggi si vede, la spesa fu grande e con tutto ciò non mancò il denaro somministrato dalle entrate del convento e da quelle di Lupocavo e di Vico, le rendite de quali si godettero fino alla finita fabbrica, la quale fu molto aiutata dalle limosine e lassiti de‟ benefattori e si perfezionò in tempo che furno Priori di San Nicola dui Pisani, il Pisano fra Lattanzio e il Pisano Maestro fra Francesco Venturini che fu il 1° Metafisico dell‟Ordine nell‟Università di Pisa...>>30.

Anche il palazzo granducale, dopo che i Medici abbandonarono quello presso S. Matteo “anche per i fantasmi che vi aleggiavano e per i lutti che si erano verificati negli ultimi anni di permanenza nella vecchia dimora”31, fu ricostruito ad opera di Bernardo

Buontalenti, precisamente nella zona adiacente alla chiesa di san Nicola, nello stesso luogo dove si trovava l‟antica sede del Palatium marchionale, zona che aveva molta importanza dal punto di vista commerciale, perché come già detto sede di un mercato e zona di scalo

28 Montaigne, Giornale di viaggio in Italia, a cura di E. Camasasca, Milano, 1956, pp. 265-268. 29 E. Tolaini, Forma Pisarum, Pisa, 1992, p. 195.

30 ACPi, ms. C 213, c. 132.

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fluviale, infatti proprio in questo periodo, le famiglie nobiliari avevano l‟usanza di collocare le proprie dimore nei luoghi più rappresentativi della città.

Per la sua riedificazione furono apportati degli sventramenti considerevoli che ridisegnarono il tessuto urbano circostante; fu infatti distrutta la chiesa di San Donato insieme ad un complesso formato da una fabbrica di terraglie e da un imprecisato numero di case.

L‟area che era frammentata diventò così più omogenea, fu occupata però da una costruzione di dimensione insolita per il lungarno, dato il suo sviluppo orizzontale e la sua scarsa elevazione, in più il fronte del palazzo presso via S. Maria era più ristretto ed era occupato da una zona adibita a giardino (hortus conclusus), voluto da Francesco I ad imitazione di quello fiorentino di via Larga, che scomparve nel 1769 quando i Lorena, diventati padroni del Palazzo, ingrandirono la loro residenza32

.

Un documento del 1590 attesta che in quegli anni si svolsero degli interventi al pulpito, per rifare il sopracielo, “ Adì 16 9mbre 1590, si dichiara con il presente scritto che il Convento e Frati di San Nicola di Pisa danno da fare il Sopracielo del lor Pulpito posto in Chiesa sopra il […] del Palazzo di S.A.S. a opera di Bartolomeo Fiorentino abitante al presente in Pisa, e detto Sopracielo sia conforme al disegno di Cornice e Balaustra, e debba essere misso e posto in Chiesa del detto Convento e Frati, per un costo di scudi dieci d‟oro.”33

32 E. Tolaini, Forma Pisarum, Pisa, 1992, p. 164.

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1.5 Il Seicento

Figura 1 Immagine di Piazza San Nicola nel 1661 di Ercole Bazzicaluva I carri trionfali presso palazzo granducale (acquaforte) preparativi nel campo di S. Niccola per la sfilata dei carri. Al centro il palazzo granducale e a sinistra la statua di Ferdinando, il fiume e sullo sfondo il ponte a Mare.

Agli inizi del seicento le fonti registrano a Pisa un notevole incremento demografico, la popolazione infatti ammontava a circa sedicimila abitanti, ma pochi anni dopo, intorno al 1630, si registrò un crollo demografico vero e proprio dovuto alle calamità naturali che colpirono duramente la città, la peste che causò più di seimila morti, le successive carestie che stremarono la popolazione affamata e sempre più impaurita ed infine le continue piogge che provocarono allagamenti e piene disastrose come quella del 9 gennaio 1637, causa del crollo del Ponte Vecchio, odierno Ponte di Mezzo, poi ricostruito nel 1661. In questo secolo furono intrapresi diversi interventi urbanistici, legati al risanamento di alcuni quartieri della città che erano malfamati e malsani.

Di questo periodo sono le varie piante urbanistiche della città di Pisa che a differenza delle prime, dei secoli precedenti, sono più realistiche anche se non proprio attinenti alla realtà. La prima è quella nata dalla collaborazione tra Achille Soli (pittore pisano) e Matteo Florimi (calcografo ed editore senese) degli inizi del „600.

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L‟edilizia comune è rappresentata da un modello unico e gli edifici più importanti come palazzi e chiese sono rappresentati in modo scorretto34

Figura 2 Particolare della pianta Soli-Florimi post 1603 ante 1613.

Sembra addirittura che appena dietro la Torre della Verga d‟oro attigua al palazzo mediceo sia rappresentato anche il campanile della chiesa.

In un successivo disegno, la pianta di M. Merian del 1640, la situazione urbanistica relativa alla zona di S.Nicola appare ancora caratterizzata da edifici addossati e spazi relativamente ampi, anche questa però non è attendibile, la posizione del campanile e della chiesa di San Nicola, non coincidono con la realtà, anche se il tratto grafico è più limpido della precedente35.

Figura 3 Pianta Merian 1640 circa.

La prima ad essere ritenuta attendibile per le corrispondenze topografiche è quella redatta da Giovanni Domenico Pezzini nella seconda metà del XVII secolo.

34 Da sito internet, asict.arte.unipi.it/index.html/scheda_indice.php?loc=Pisaop_s=464. 35 Ibidem,=Pisaop_s=484.

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E‟ molto dettagliata risulta essere infatti il primo rilievo in scala della città nel quale sono riportati i rinnovamenti edilizi ed urbanistici che furono apportati in quegli anni36.

Figura 4 Particolare della pianta Pezzini.

Nella veduta di Bazzicaluva, del 1661, possiamo avere un‟idea dell‟aspetto che doveva avere il palazzo granducale del Buontalenti, prima del rifacimento attuato dai Lorena ed il convento dei padri agostiniani, in secondo piano, con l‟attiguo edificio di un piano più basso, che doveva essere il magazzino di carbone che i frati chiesero in affitto il secolo dopo.

Notizie inerenti il Complesso di S.Nicola le possiamo trovare anche in alcune Visite Pastorali datate 1691.

Il 13 Marzo del 1691 l‟arcivescovo Francesco d‟Elci, proseguendo la sua visita dentro la Città accompagnato dai Canonici Paulo e Paoletti e altri, “si portò nella Chiesa di S.Niccola, della qual Curata circa la Cura della Anime spetta l‟approvazione a Monsignore Illustrissimo come [...] Chiesa con il Convento è delli Padri Agostiniani, da uno dei quali viene sempre esercitata la detta cura: Onde [...] come delegati della Santa Sede Apostolica Visitati il Sanctissimo [...]”37 .

1.6 Il Settecento

La geografia politica in questi anni subì dei cambiamenti che portarono una nuova dinastia a governare la Toscana, quella dei Lorena.

Questa famiglia fu una fonte di rinnovamento, infatti diede impulso anche ai centri minori come Pisa a risollevarsi dal periodo buio che avevano lasciato dietro di se i Medici.

36 Da sito internet, asict.arte.unipi.it/index.html/scheda_indice.php?loc =Pisa&op_s=463.

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Il Granduca Pietro Leopoldo era solito passare l‟inverno nella città di Pisa, per questo motivo promosse una sistemazione degli ospedali, dei cimiteri, dell‟università, dei collegi, delle accademie, delle strade che dovevano essere o ampliate o costruite ex novo, bonifiche che dovevano migliorare la vita rurale ed infine ripristinò l‟uso dei due ponti militarizzati sotto i Medici.

Si verificarono rinnovamenti anche negli edifici amministrativi e quelli legati al nuovo regime.

Un documento del 173638 riporta notizie inerenti la chiesa di San Nicola, “...Su la

medesima strada di Santa Maria alla sinistra si trova la Chiesa e Convento di San Niccola de Frati Eremitani di S. Agostino al presente, perché dicano, che anticamente fusse tempio d‟idoli dedicato a Cerere stimata da gentili per Dea delle Giade, e fusse fatto fabbricare da Atte Liberta di Nerone Imperatore Romano, perché tutti gli imperatori ebbero di queste donne col nome di Atte, quali tutte per eternare il lor nome procurarono, che nelle città dove loro habitavano, oppure dove non vi erano di questi Templi, celi facevano edificare a loro proprie spese, così viene stimato questo luogo per uno di quelli di questa sorte, che di poi fusse ridotto al culto del Vero Iddio con dedicarlo a San Niccola…Questa Chiesa è Cura d‟ anime come si trova che era ancora anticamente, et è fatta tutta a volta, quale minacciava rovina i Padri l‟hanno fatta riaccomodare, e fortificare in questo anno 1730 al Pisano, rifecero tutto il tetto sopra la medesima al tempo del Pre di Livorno Priore di questo Convento e del Pre Giovanni Cola de‟ Mugnai da Pietra Santa Camarlingo di esso Convento…Questa Chiesa ha delle finestre alla moderna coll‟invetriata e all‟antiche, ha la facciata mezzo in giù di marmo bianco con la porta grande, e dall‟insù è di mattoni forse per essere stata rialzata, perché anche dietro dove è la Tribuna, e il Coro è all‟istessa maniera, e verso il Palazzo è tutta incrostata di marmo.

Ha un alto Campanile, et è bellissimo per di fuori è fatto di pietra dura sino incima, che termina in aguzzo, è in ottagono, e per di dentro è fatto rotondo con scala a lumaca, o a chiocciola, con colonnette sino alla cima, fu fabbricato da Nicola Pisano…”.

Il rifacimento della volta è confermato da un‟ altra carta conservata nell‟Archivio di Stato di Pisa39.

Nel 1739 fu istituito da Francesco Stefano di Lorena lo Scrittoio delle Regie Fabbriche, ufficio di origine medicea, risalente alla metà del XVI secolo, che si occupava della manutenzione e della gestione degli stabili di proprietà regia e che, con la reggenza dei Lorena, divenne la principale istituzione per l‟amministrazione di gran parte dei beni

38 ACPi, Miscellanea 214 (ex C215) Raccolta di notizie relative alle chiese del Quartiere di S.Maria.

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immobili del Granducato40; fu ristrutturato poi da Pietro Leopoldo nel 1777 accorpando in

sé le funzioni di vari istituti e mantenne le proprie attribuzioni anche dopo il 1789, quando si verificò la divisione tra i beni dello Stato da quelli della Corona41 .

In una carta conservata nell‟Archivio di Stato pisano rinveniamo che nel 1762 l‟unico collegamento tra residenza granducale e chiesa era quello oggi scomparso a causa degli eventi bellici42.

Nel 1769 il Palazzo Granducale fu restaurato ed ampliato dall‟Ingegner Francesco Bombicci, escludendo il fianco orientale furono intrapresi dei lavori sull‟area del giardino ed all‟ingresso monumentale, simbolo della dinastia Medici, dal quale vennero tolte le insegne della famiglia fiorentina dando al complesso un nuovo aspetto che diventò meno monumentale e più sobrio.

La ristrutturazione coinvolse l‟intera area della Piazza di San Nicola nella quale fu ricostruito, su progetto della Scuola dei Dragoni di Ignazio Pellegrini, architetto veronese di adozione fiorentina il cui stile si può descrivere come una risultanza tra il neoclassicismo palladiano ed il manierismo buontalentiano e nigettiano, l‟edificio dall‟andamento orizzontale occupato adesso dal Palazzo dell‟Intendenza di Finanza che reca al suo ingresso la data 1774 e all‟epoca certamente occupato dall‟ampliamento del convento voluto dagli stessi Agostiniani nel XIV secolo sotto Arrigo VII.

In questi anni subì radicali trasformazioni anche la chiesa di San Nicola la cui facciata postica, quasi un prolungamento del precedente edificio sulla via di S.Niccola, mostra i segni inconfondibili dei restauri settecenteschi43 (le finestre e lo stemma) nel corso dei

quali, fu costruito anche il secondo cavalcavia tra la chiesa, il Palazzo Granducale e la Torre della Verga d‟oro, unico sopravvissuto ai bombardamenti della seconda Guerra Mondiale, del quale abbiamo conferma della sua esistenza in un disegno di progetto eseguito nel 1792 dall‟Ingegner Giovanni Andreini per l‟ampliamento di alcune stanze della residenza reale44.

40 Guida Generale degli Archivi di Stato italiani, Vol. II, Firenze, 1983, pp. 72-73. 41 R. Dalla Negra, Monumenti e Istituzioni, Vol. I, Firenze, 1987, p. 25.

42 ASPi, Corporazioni Religiose Soppresse, filza 1457, cc. 580-581, vedi Appendice p. 120.

43 A. Melis e G. Melis, Architettura pisana, dal Granducato lorense all’Unità d’Italia, Pisa, 1996, p. 39.

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Foto 2 Pianta del primo piano di palazzo reale, si notino i tre cavalcavia.

Sappiamo anche che in quegli anni, precisamente nel 1770, venne iniziata la costruzione del teatro Prini, oggi Rossi, che comportò lo sfondamento del lato nord e l‟apertura di via del Collegio Ricci, causando così alterazioni indelebili all‟antico “campo di San Nicola”45.

L‟ 8 giugno 1775, il priore del convento chiese ed ottenne da Sua Altezza Reale, il divieto di far giocare a pallone nella piazza San Nicola, visto che, durante le ore della messa e delle altre funzioni religiose, i credenti erano continuamente molestati dalle grida, dai litigi e dalle pallonate che sbattevano sul muro del coro della chiesa46 .

Il documento parla anche delle liti furiose che scoppiavano tra i partecipanti o tra gli spettatori, che armati di sassi si scagliavano in risse furibonde danneggiando anche i vetri e le finestre della chiesa e del convento.

I malcapitati religiosi dovettero proteggersi con delle inferriate alle finestre, unico rimedio che non pregiudicasse la luminosità del coro.

I danni si contavano a decine, sia al tetto del convento che della chiesa, tegole rotte che facevano filtrare l‟acqua piovana nel soffitto, docce danneggiate che inumidivano la facciata e minacce ai religiosi che si trovavano a discutere con i giocatori.

Nel 1776 si mise mano anche al convento, che minacciava rovina, i lavori della facciata furono assegnati al capo mastro muratore Domenico Storni, che procedette a risanare la facciata sulla piazza con una somma di diciannovemila scudi; subito dopo questo

45 L. Nuti, I Lungarni di Pisa, Pisa, 1981, p. 179.

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intervento il peso della nuova facciata causò dei danni alla fabbrica retrostante, cosicché si dovette intervenire anche in questa per una somma di diciottomila scudi47.

Un documento del 1783 conferma la posizione precisa del convento: “La Fabbrica del Convento a 2 piani non per anche totalmente compita con Corte, Piaggione, Fonti, Pozzi, Pile corridori sia a terreno che a palco, Terrazzi ed altri Annessi che si estendono sopra i Mezzanini e che a tutto confina a primo P.zza S.Niccola e 2do parte loro medesimi parte SS.ri Berrettini a 3° via S.Maria a 4° Campanile con chiesa e stanza mortuaria”48.

Pochi anni dopo, precisamente nel 1787, fu intrapreso il progetto per il nuovo Coretto dei Principi, dove i Reali dovevano sedersi per seguire la Santa Messa, del quale tratterò nel capitolo relativo ai restauri di San Nicola.

La Visita Pastorale del 1799, precisamente del 10 Marzo, ci rende noto l‟interno della chiesa; “…il Monsignor Arcivescovo Visitatore Angiolo Franceschi accompagnato dai S.S. Michele Bellincioni e Federico De Rossillon Canonici convisitatori, dal [...] Ranieri Castellini primo ceremoniere, da me Cancelliere Infrascritto, e da altri suoi Familiari alle ore quattro pomeridiane si trasferì alla Venerabile Chiesa Parrocchiale del Convento di San Niccola dei Religiosi dell‟Ordine Eremitico di S. Agostino, della quale al presente è Parroco il Reverendo Padre Fr.Felice Mattei, ove giunto fece nella medesima il suo sollenne ingresso nelle forme.

Vestito di poi degl‟Abiti Pontificali di color violetto fece la solenne apoluzione dei defunti secondo la forma, e rito prescritto dal Pontificale Romano.

Terminata l‟apoluzione si spogliò di detti abiti, e presi i paramenti bianchi visitò il SS.mo Sacramento, e colla Sacra Pisside che è d‟Argento dette al Popolo la Solenne Benedizione. Vedde la Chiave del Ciborio che è d‟Argento, quale fu al medesimo presentata dal Parroco di questa Chiesa, ebene.

Visitò l‟Altar Maggiore che è l‟Altare della Parrocchia, ebene.

Quest‟altare è alla Romana tutto di marmo al di dietro vi è un alzato tutto di marmi che divide il Coro dal Presbiterio nel mezzo del quale esiste la tavola rappresentante S. Niccola, la Beatissima Vergine e S. Giovanni di Facondo, ed altri Santi.

Visitò l‟olio degli Infermi che si conserva nel Coro dietro a questo Altare ebene.

Visitò la cappella in Cornu Evangeli contigua alla Sacrestia ove è collocato un Altare con gradi di legno, la di cui tavola rappresenta S. Giovanni di Facondo titolare di questa cappella di padronato della Nobil Famiglia Curini di Pisa, e ordinò tirarsi avanti la Pietra Sacrata.

47 ASPi, Corporazioni Religiose Soppresse, filza 1469, c. 280-311, vedi Appendice pp. 124-125. 48 C. Caciagli, Pisa città e architetture del settecento, Pisa, 1994, nota n° 5, p. 99.

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Visitò l‟Altare sotto il titolo della Beatissima Vergine detta della Cintola di Padronato della Nobil Famiglia del Cavalier Francesco Ruschi che è di marmo con i gradi in legno, la di cui tavola rappresenta la Beatissima Vergine, ed altri Santi ebene.

Visitò l‟altare sotto il titolo di Santa Caterina Vergine e Martire di Padronato della Pia Casa di carità di Pisa che è di marmo con i gradi in legno, la di cui tavola rappresenta la Santa titolare, ed altri santi ebene.

Visitò l‟altare sotto il titolo della Santissima Annunziata di Padronato di S.A.R. che è di marmo con gradi di legno.

La tavola rappresenta il mistero dell‟Annunciazione, e ordinò di tirarsi avanti la pietra sacrata.

Visitò l‟Altare in Cornu Epistolae sotto il titolo di San Carlo Borromeo di padronato della Nobil Famiglia Rosselmini di via Santa Maria, che è in marmo con i gradi in legno, e la tavola rappresenta il Santo titolare, ebene.

Visitò l‟Altare sotto il titolo del Santissimo Crocifisso che è di marmo con gradi, e ciborio simili di padronato della Nobil Famiglia Prini.

In luogo della tavola vi è un‟immagine grande di rilievo rappresentante N.S.G.C. racchiusa da cristalli e ordinò di tirarsi avanti la Pietra Sacrata…

…E recitato avanti l‟Altare Maggiore il Salmo de Profundis colle solite Preci, se ne partì, e con tutto il suo seguito si restituì al Palazzo di sua abitazione”49

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1.7 L‟Ottocento

Figura 5 Incisione di Bartolomeo Polloni post 1834.

Quando sotto Napoleone la Toscana fu annessa all‟Impero, gli organi del Comune furono rimodellati sugli ordinamenti francesi, al posto delle Magistrature Comunali per esempio fu istituita la Mairie.

La politica napoleonica si interessò alle arti, soprattutto al recupero ed alla conservazione di opere che altrimenti sarebbero andate perdute in conseguenza della soppressione degli Ordini Monastici che venne attuata dal 181050 .

Uno degli ultimi atti di governo di Maria Luisa di Borbone, reggente del breve Regno d‟Etruria, fu l‟istituzione nel 1807 di un posto di conservatore per il Camposanto Vecchio, che cadde su Carlo Lasinio51 , assistente alla cattedra di incisione di Raffaello Morghen all‟Accademia delle Belle Arti di Firenze.

Questa fu un‟iniziativa rilevante sia perché segnò il passaggio da un uso prevalentemente cimiteriale dell‟edificio ad uno prettamente museale, sia perché ne derivò in qualche caso la scomparsa di elementi costruttivi della facies urbana medievale, come accadde per il frammento di cornicione tolto dalla facciata di San Zeno52 .

Nel 1808, quando la gente della parrocchia di S.Nicola seppe della eminente soppressione del Convento si appellò al Commissario Civile con una supplica53 , dove veniva richiesta la

50 ASPi, Comune di Pisa, divisione E, filza 2, vedi Appendice pp. 135-136. 51 ASPi, Comune di Pisa, divisione E, filza 13, vedi Appendice pp. 133-134. 52 E. Tolaini, Pisa,Bari,1992, p. 139.

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trasformazione della parrocchia in Chiesa Curata per continuare a poter adempiere i doveri cristiani motivata dal fatto che in sostituzione di questa chiesa non ve ne erano altre nelle vicinanze.

Tre anni dopo l‟atto di Maria Luisa, nel 1810, iniziò l‟opera di spoglio delle chiese e dei palazzi pisani.

Da alcuni documenti del 20 luglio, 13 settembre e 29 novembre 181054, veniamo a conoscenza che in San Nicola erano presenti un quadro di Giotto raffigurante le stigmate di San Francesco della soppressa chiesa di San Francesco, un quadro della natività di Cristo del pittore Cigoli e una statuetta di Giovanni Pisano, Carlo Lasinio espresse di volerli collocare in una cappella del Campo Santo insieme ad un altre opere illustri, visto che nell‟attuale postazione non erano valorizzate e rischiavano di andare perdute.

Alcuni conventi pisani vennero provvisoriamente dati a disposizione della Guardia Imperiale, tra questi anche quello di S.Nicola adibito ad uso di alloggio per le truppe di guarnigione55, come attestano due documenti, uno del 22 ottobre 1810 e l‟altro del 3

gennaio 1811.

Caduto il governo francese, con editto del Commissario plenipotenziario del Granduca Ferdinando III in data 27 Giugno 1814, venne abolita la Mairie ed in sua vece furono istituiti una Magistratura comunitativa provvisoria, composta da un gonfaloniere, cinque priori ed un consiglio generale, che durarono fino al 31 dicembre di quell‟anno.

In questi anni le iniziative urbanistiche si concentrarono sui lungarni, visto che la loro situazione ad ogni piena diventava sempre più complicata, fu infatti rettificata, nel 1821, la sponda tra piazza S.Niccola e via S.Frediano e di conseguenza fu soppresso lo scalo fluviale in corrispondenza della piazza, presso il quale si continuavano a scaricare ghiaia e materiali da costruzione56.

Dal punto di vista legislativo, a livello granducale, possiamo osservare che le competenze sui monumenti passarono alla Direzione Generale dei Lavori d‟Acque e Strade e delle Fabbriche Civili dello Stato, che accorpò oltre allo Scrittoio anche la Direzione del Corpo degli Ingegneri.

Il nuovo organismo si componeva, oltre che del Direttore Generale, degl‟ingegneri-capi di Compartimento, affiancati da ingegneri aggiunti o assistenti e da architetti per le fabbriche civili incaricati dei lavori sugli edifici più importanti.

54 ASPi, Comune di Pisa, divisione E, filza 13, vedi Appendice pp. 133-135. 55 Ibidem, vedi Appendice pp. 136-137.

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La necessità di riorganizzare un altro importante ramo della pubblica amministrazione, quello relativo al mantenimento delle fabbriche destinate al culto, portò nel 1834 alla istituzione della Commissione per la verificazione dei bisogni di restauro e pel successivo mantenimento delle fabbriche attinenti alle chiese curate di R. Nomina o di libera collazione che, dopo un primo lavoro di ricognizione atto a verificare lo stato patrimoniale delle parrocchie e il loro stato di conservazione, compilò una Memoria nella quale venne fornito l‟esatto numero delle chiese parrocchiali di Regia Nomina e di libera collazione. Successivamente il territorio fu diviso in una decina di circondari affidati a periti di fiducia per far fronte alle pressanti richieste di interventi, agli Ingegneri del Circondario spettava redigere perizie per i soli lavori di consolidamento, escludendo quelli considerati di “abbellimento”57, per i quali la relazione doveva essere redatta da un abile architetto di Firenze, per poi essere presa come modello.

Questo è dunque il panorama legislativo nel quale si mosse non solo la Firenze ex-Granducale, ma tutta la Toscana inclusa Pisa ed il nostro complesso di San Nicola, in diversi documenti che lo riguardano infatti possiamo rilevare le normative che si stavano delineando in quegli anni.

Una lettera di Corrado Puccioni all‟Ingegnere-capo di Compartimento, datata 1834, fa il resoconto sulla situazione delle fabbriche pisane.

Per quanto riguarda San Nicola possiamo vedere le carte conservate nel fondo del Comune, divisione F, della filza n° 941, della Archivio di Stato di Pisa.

L‟ingegner Puccioni, il 20 novembre 1834, fa una relazione dettagliata della chiesa e dei suoi annessi, nella quale indica lo stato di conservazione e gli interventi da eseguirsi per salvaguardare l‟intero manufatto e ci rivela che pochi anni prima, quindi intorno agli inizi dell‟ottocento, la facciata era stata restaurata e gli archi ciechi ed i rispettivi pilastri erano stati conservati “in segno della loro antichità”58.

57 R. Dalla Negra, Monumenti e Istituzioni,la nascita del servizio di tutela dei monumenti in Italia,

1860/1880, vol. I, Firenze, 1987, p. 28.

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Da quanto risulta dalla relazione lo stato di conservazione dell‟edificio era buonissimo per la maggior parte della costruzione, le uniche ad avere bisogno di interventi erano il tetto della chiesa ed il campanile attiguo: per la copertura si dovevano sostituire 20 correnti che erano curvati e rotti con un costo di 40 lire, nella torre campanaria a livello della loggetta praticabile si doveva intervenire sia per le pareti interne che per quelle esterne, le prime erano lesionate in più punti e dovevano essere riprese con una nuova porzione di muro con un costo di 12 lire, mentre le seconde corrose dal tempo dovevano essere intonacate e disegnate a bozze scure con un costo di lire 67.50, imitando il resto della costruzione, sempre all‟esterno anche la guglia doveva essere sistemata con un nuovo intonaco di color lavagna, perché danneggiata dal tempo e dalla caduta di un fulmine per un costo di 50 lire; all‟interno invece l‟unico intervento preventivato fu quello per un corrimano, chiamato topivolto, da collocarsi tra colonna e colonna da realizzarsi con verghe di ferro inserite nel fusto delle colonne per una spesa di 72 lire, visto il pericolo per i forestieri che spesso visitavano il campanile.

L‟ingegnere continua la relazione con il capitolo dedicato all‟annua spesa per il mantenimento dell‟intero complesso, annotando un costo di lire 84.

Questo resoconto sulla situazione di San Nicola ci conferma che effettivamente in quegli anni ci fu una sensibilizzazione riguardo il patrimonio artistico.

Dopo il 1859, anno della partenza del Granduca Leopoldo II e la formazione di un Governo provvisorio, la Toscana fu annessa allo Stato piemontese.

Il nuovo Governo provvide a migliorare le competenze nel campo del restauro59, creando nuove strutture che ebbero grande importanza nelle vicende della formazione di un sistema di tutela nazionale, al Dipartimento della Direzione dei lavori di Acque e Strade fu affiancata la Direzione Generale di Lavori delle Fabbriche Civili, punto di riferimento nella salvaguardia del patrimonio monumentale di proprietà non demaniale.

Il 12 Marzo 1860 fu istituita la Commissione per la vigilanza e la conservazione degli oggetti d’arte incaricata di vigilare alla conservazione degli “oggetti d‟arte e de‟ monumenti storici” della Toscana, definire i criteri per il loro eventuale restauro, proporre al Governo la sospensione di interventi mal condotti, avanzare proposte per lavori ritenuti indispensabili e redigere un inventario degli oggetti d‟arte da porre sotto la tutela diretta dello Stato.

Nel Regolamento, redatto ed ultimato quattro anni dopo, si vietava di intervenire sui monumenti pubblici e privati esposti al pubblico senza l‟autorizzazione della

59 Decreto del Governatore B .Ricasoli del 19.I.1860, in R. Dalla Negra, Monumenti e Istituzioni, vol. I, p.

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Commissione, inoltre si imponeva agli ingegneri e agli architetti incaricati, di presentare alla stessa, “un disegno esatto e ben sviluppato dello stato attuale della fabbrica, ed in ugual modo un altro disegno del progettato restauro, a cui non si potrà por mano senza averne in prima ottenuto l‟approvazione della Commissione stessa”60.

Inoltre si precisava che tali disposizioni si estendevano anche agli edifici “a contatto” con fabbriche dichiarate “Monumenti Storici” e che qualora fossero stati svolti lavori senza il rispetto delle dette procedure o giudicati sconvenienti, la Commissione ne avrebbe ordinata la demolizione.

E‟ certo dunque che il progetto di isolamento del campanile, promosso nel 1863, sia nato sì da motivi estetici, ma anche dalle nuove disposizioni legislative per edifici e monumenti architettonici varate proprio in quegli anni; il Progetto di Regolamento per la Commissione Conservatrice dei Monumenti Storici e degli Oggetti di Belle Arti dei Compartimenti di Firenze, di Pisa e di Arezzo al punto numero quattro della prima sezione chiamata “ Della Commissione”, stabilisce che: << I proprietari o gli Architetti di quelli stabili che trovandosi a contatto di fabbriche, sia sacre, sia civili, dichiarate Monumenti Storici non potranno eseguire qualsiasi innovazione, aggiunta od altro agli stabili stessi senza essersi in prima uniformati al disposto dal § 3. Mancando a quanto in esso è prescritto, tutto ciò che fosse stato fatto a danno dell‟effetto, proporzione, bellezza ed originalità del monumento storico suaccennato, sarà demolito>>.

Negli anni ottanta furono istituiti i Delegati regionali per la riforma dell‟elenco dei monumenti nazionali, ai quali nel Novembre del 188461 si aggiunsero dieci Delegati del

Ministero che riformarono l‟elenco lacunoso, comprendendovi tutti gli edifici sacri o profani dai tempi più antichi a tutto il secolo XVII.

Nella compilazione dell‟inventario si dovevano indicare “le opere necessarie a mettere i monumenti in buone condizioni statiche” cercando di limitarsi a quelle proposte “che sono assolutamente indispensabili per impedirne l‟ulteriore deperimento, indicando i lavori che in linea provvisoria vi si debbano eseguire, ove sia il caso di non aspettare, senza manifesto pericolo, che occorra il tempo strettamente richiesto a preparare le maggiori restrutturazioni. E tali proposte converrà che siano redatte sotto forma di perizia sommaria, nella quale venga indicata la somma approssimativamente reputata necessaria, per mettere l‟edificio in buone condizioni statiche, e l‟altra che occorre per mantenervelo”.

I Delegati rimasero in vita fino al 1 Ottobre del 1891, quando vennero aboliti per creare gli Uffici Tecnici regionali.

60 R. Dalla Negra, Monumenti e Istituzioni, vol. I, p. 111. 61 Legge Coppino 27 Novembre 1884.

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Proprio in questo anno fu progettato e iniziato il restauro, ampiamente documentato in appendice, alla fabbrica di San Nicola.

Da quanto risulta dai documenti, le tre istituzioni che presero parte alla pianificazione dei restauri furono la Prefettura, l‟Intendenza di Finanza ed il Genio Civile.

La Prefettura doveva far attuare progetti tecnici al Genio Civile che a sua volta doveva accordarsi con gli uffici regionali per tutti i lavori da eseguire in edifici monumentali. Presso l‟ufficio tecnico dell‟Intendenza di Finanza, si dovevano conservare le schede di tutti gli edifici monumentali di competenza.

L‟ufficio del Genio Civile forniva i tecnici per eseguire i restauri.

E‟ da ricordare la polemica, sorta negli anni ottanta dell‟ottocento, contro gli ingegneri del Genio Civile ai quali spettavano le responsabilità degli interventi di restauro, personalità che, secondo gli architetti dell‟epoca, non avevano competenze idonee per agire nel rispetto del manufatto visto che non erano “cultori dell‟arte”.

Un miglioramento alla situazione fu portata dall‟istituzione degli uffici tecnici regionali, alla cui direzione furono messi appositi direttori, “...persone versate non solo nell‟architettura e nell‟ingegneria, ma persone che abbiano dato prove non dubbie di capacità per esecuzione di opere di arte della scultura e della pittura62…”.

1.8 Il Novecento

Agli inizi del novecento la città di Pisa presenta una struttura urbana ed architettonica intimamente legata agli sviluppi dei piani ottocenteschi di Silvio Dell‟Hoste e del piano regolatore di Vincenzo Micheli63 del 1871.

Nel piano di Dell‟Hoste, del 1852, la nuova viabilità del centro storico tende non tanto a migliorare la circolazione e l‟attraversamento della città, bensì a collegare tra loro le parti più notevoli e storicamente importanti, operando sventramenti consistenti al tessuto della città medievale.

Anche intorno a San Nicola erano previsti dei lavori come quello, fortunatamente non realizzato, della rettificazione di via Nuova e via San Niccolaio, proprio di fronte alla facciata della chiesa su via Santa Maria e quello meno fortunato, vista la sua realizzazione, della rettificazione di via dietro il teatro Rossi, che portò alla demolizione del Collegio Ricci.

62 R. Dalla Negra, Monumenti e Istituzioni, Firenze, 1992, vol. II, p. 73: dalla lettera, del Ministro della

Pubblica Istruzione Villari, di convocazione di una commissione per il riordinamento del personale tecnico, datata 19.9.1891.

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Pisa in ogni caso rimase fino agli inizi del secolo scorso integra nel suo aspetto storico e inserita nella cinta muraria, come mostra la pianta Van Lint del 1846.

Figura 6 Pianta Van Lint.

Si ebbe ben presto il bisogno di un preciso programma per l‟espansione e la riqualificazione della città che vedeva sempre più aumentare il numero dei propri abitanti. Il 1° agosto del 1929 fu indetto un concorso tra gli Ingegneri e Architetti per “il progetto di massima del Piano regolatore di ampliamento e sistemazione interna della città di Pisa”. Tra le personalità della giuria figurò l‟architetto ingegnere Gustavo Giovannoni sostenitore della tecnica “del diradamento igienico”, per mettere in luce gli edifici più interessanti e contrario agli “sventramenti”, che distruggono la storia di una città.

Il progetto vincente, chiamato “3P-ST” dai cognomi degli architetti Paniconi, Pediconi, Petrucci, Susini e Tufaroli, tese a valorizzare i monumenti, mantenne una fascia di verde intorno alle mura, inserì un sistema di circonvallazioni, localizzò l‟espansione industriale verso la nuova darsena, a sud-ovest della città e dette impulso costruttivo all‟esterno delle mura urbane; purtroppo negli anni seguenti il piano non fu rispettato, molti edifici infatti furono realizzati in siti diversi da quelli previsti originariamente.

Ma l‟evento che causò maggiori danni al tessuto urbano pisano, fu senza dubbio quello della seconda guerra mondiale.

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Osservando la pianta di Pisa, pubblicata in Pisa Storia Urbanistica64, possiamo vedere la catastrofe urbanistica causata dall‟evento bellico concentrata lungo l‟Arno e lungo la nuova stazione ferroviaria.

Figura 7 Distruzione bellica a Pisa.

Alcuni bombardamenti interessarono anche l‟area di San Nicola, distrussero parte del palazzo reale prospiciente piazza San Nicola con il cavalcavia che lo collegava alla chiesa e di conseguenza la danneggiarono sia nella parte absidale che nella copertura.

Queste distruzioni sono documentate e descritte nel capitolo dedicato ai restauri.

Figura 8 Particolare dell‟area di San Nicola dalla pianta precedente.

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Figura 9 Disegno che attesta la distruzione del cavalcavia tra chiesa e palazzo reale, rinvenuto nell‟archivio della Soprintendenza pisana.

E‟ accertato che negli anni sessanta65, venne riaperta la porta nella porzione di “muro morto” tra chiesa e campanile, già esistente negli anni precedenti, come risulta da una foto d‟epoca.

Figura 10 Facciata della chiesa in una foto d‟epoca, si intravede la porta nella porzione di muro tra campanile ed edificio ecclesiastico.

65 Archivio della Soprintendenza di Pisa, Chiesa di San Nicola, filza F. 124, Mappa C, vedi Appendice

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Capitolo 2

La Chiesa

Entrando nel quartiere Santa Maria dai lungarni oltrepassando il passaggio che unisce il palazzo granducale con quello detto “delle Vedove” , sulla destra troviamo la chiesa di San Nicola e l‟attiguo campanile.

2.1 Esterno

La prima cosa che salta agli occhi è che la facciata, suddivisa su due livelli, non è simmetrica.

Il primo livello, quello inferiore, è costruito con materiali diversi tra loro, fasce marmoree bicrome intervallate da conci di verrucano indice dei molteplici e differenti interventi che hanno snaturato l‟aspetto originale dell‟edificio.

Foto 3 Facciata della chiesa prima del restauro del 2006.

Il secondo livello, quello superiore, è caratterizzato invece dalla forma e dal materiale più o meno omogeneo, laterizio per la maggior parte e alcuni conci di verrucano e marmo, dovuto ad una fase costruttiva successiva.

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Ritornando alla parte inferiore della facciata possiamo vedere che delle originarie cinque arcate cieche ne rimangono soltanto quattro, una è stata cancellata irreversibilmente dall‟apertura del portale centrale.

La fattezza originale dell‟antica facciata fu ricostruita dall‟architetto Von Berger, nel suo libro “L‟Architettura Sacra del Medioevo in Pisa, studio critico sull‟arte medievale pisana, le Chiese di S.Paolo all‟Orto e di S.Nicola” del 1912:

Figura 11 Pagina del libro di Von Berger che riproduce l‟aspetto originale della chiesa e del campanile di San Nicola.

L‟esistenza del passaggio rappresentato sulla destra appare dubbia, non tornerebbe con l‟attuale misura della chiesa su via S.Maria, che adesso risulta ampliata di diversi metri proprio a destra dell‟ultimo portale attiguo a via S.Nicola.

Antonio Martini nel libro “Pisa i Capolavori della Fede” ha recentemente ricostruito in maniera analoga le simmetrie della facciata.

Il primo ordine è quello più ricco di decorazioni, capitelli lavorati, una losanga, tarsie marmoree policrome geometriche, ma anche un oculo

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Foto 4-5 Particolari dei capitelli prima del restauro del 2006

Foto 6-7 La losanga del secondo arco cieco da sinistra, si intravede al centro la piccola tarsia nascosta dallo sporco del deposito superficiale, eliminato dal restauro del 2006.

Foto 8 Tarsia marmorea policroma che doveva stare al di sopra del portale centrale, tamponato per far posto all‟attuale.

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Foto 9 Oculo con tarsia bicroma circolare nella prima arcata cieca a destra prima del restauro del 2006.

Il fogliame dei capitelli è dei più semplici, senza lobi né forti nervature, quasi liscio; le singole foglie di ugual forma tra loro sono disposte in due ordini, nel primo partono dal collarino del capitello e si piegano in una curvatura semplice, nel secondo, le più grandi, con la stessa curvatura servono come appoggio a piccole ed attorcigliate baccelliere66

nascenti dal primo ordine di foglie.

Foto 10-11 Particolare dei precedenti due capitelli dopo il restauro del 2006.

66 A. Von Berger, L’architettura sacra del medioevo in Pisa: Studio critico delle chiese di S.Paolo all’Orto e

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Nelle lunette delle arcate cieche sono presenti gli elementi decorativi sopra elencati, che originariamente si dovevano ripetere in maniera simmetrica, nella prima a sinistra infatti sembra che sia ripreso l‟oculo dell‟ultima a destra, attualmente tamponato ma sempre evidente, anche se fuori asse rispetto all‟arco sovrastante:

Foto 12-13 Oculo attuale nella lunetta a destra del portone e quello tamponato nella prima lunetta a sinistra.

Purtroppo la losanga simmetrica a quella rimanente è andata persa quando è stato aperto il portone attuale.

Foto 14 Losanga con pulvino dopo il restauro del 2006.

L‟antico portale principale doveva essere locato nell‟arcata centrale, quella dove adesso è presente la tarsia geometrica policroma, poi chiuso a causa dell‟ampliamento successivo a

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destra verso via S.Nicola, poiché con questa nuova facciata il primo portale non era più centrale ma era spostato verso sinistra.

A questa successiva fase costruttiva deve far parte anche il livello superiore, dove l‟unico elemento decorativo è rappresentato dal rosone centrale.

Il materiale prevalentemente usato è il laterizio, intervallato qua e la da conci di verrucano e marmo.

Foto 15 Particolare del rosone dopo i restauri.

Nella facciata possiamo notare anche delle finestre con inferriata con gli stipiti in pietra verrucana delle quali però non sappiamo quando siano state aperte.

Foto 16 Finestra inferiore a destra del portone.

Il fianco laterale destro, prospiciente via San Nicola, presenta le caratteristiche fasce bicrome dello stile romanico-pisano, molto probabilmente però non originale, visto l‟ampliamento della fabbrica proprio in questa direzione.

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La parte sommitale di quest‟ultima, in laterizio, indica un rialzamento.

E‟ da segnalare il sopravvissuto passaggio aereo tra chiesa e palazzo granducale, odierna Soprintendenza.

Foto17 Facciata della chiesa su via Santa Maria e attigui campanile e passaggio sopraelevato. Anche il prospetto tergale che si affaccia su piazza Carrara conserva nell‟ordine inferiore le fasce bicrome, invece la parte superiore scandita da quattro pilastri, in parte bicromi ed in parte in laterizio, ha cinque ampi finestroni probabilmente eseguiti nel settecento, in contemporanea al rinnovamento del palazzo dell‟Intendenza di Finanza.

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2.2 Interno

Foto 19 Interno della chiesa, in primo piano il Crocifisso ligneo del XVI secolo di scultore ignoto. L‟ edificio è a navata unica voltata a botte, con tre cappelle laterali lungo i fianchi e due collocate ai lati dell‟altare maggiore, intervallate da pilastri giganti di stile neoclassico con capitelli ionici.

Ai lati della crociera vi sono due coretti, in quello di sinistra, rispetto all‟altare, è sistemato l‟organo del 1926.

Lo spazio è illuminato dai tre finestroni del lato destro e dal rosone di facciata, quelli di sinistra sono occlusi dall‟attiguo convento.

Nella controfacciata, guardando la porta d‟ingresso, sono collocati a sinistra, il sepolcro di Erasmo Ernesto di Kussau (1757) e a destra quello di Giovanni Berti (1766).

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Foto 20-21 Sepolcro di Ernesto di Kussau e quello di Giovanni Berti.

All‟ingresso, l‟atrio con volta a crociera presenta ai lati la cappella della Madonna delle Grazie a destra e la cappella di San Tommaso a sinistra.

Foto 22-23 Cappelle laterali all‟atrio, a destra quella di San Tommaso e a sinistra quella della Madonna delle Grazie.

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Percorrendo la chiesa verso l‟altare sulla sinistra troviamo la prima cappella dedicata a San Tommaso da Villanova restaurata nel 1828 circa, nella quale sono presenti a destra un rilievo in marmo della metà del XV secolo raffigurante la Madonna con il Bambino attribuito ad Andrea Guardi, proveniente dal pilastro destro del presbiterio ed al centro una fonte battesimale.

Sulla volta un affresco con San Tommaso risalente al secolo scorso.

La seconda cappella, dedicata alla Santissima Annunziata, già della Famiglia De‟ Medici, fu ricostruita per volere di Cristina di Lorena dallo scalpellino Sebastiano Bitozzi su disegno di Matteo Nigetti nel primo decennio del Seicento.

I capitelli recano tra le volute le insegne della duchessa e nel fregio, lo stemma mediceo con al centro una testa di putto alato, da attribuire a maestranze carraresi con l‟intervento di Felice Palma.

Al centro della cappella una tela raffigurante l‟Annunciazione firmata e datata Giovanni Bilivert 1611.

Il pavimento è in marmo policromo.

Foto 24 Cappella della Santissima Annunziata.

Sopra l‟altare della terza cappella, in passato dedicata a Santa Caterina e di proprietà della Compagnia della Carità c‟è una tela che rappresenta l‟Incoronazione della Vergine e Santi di Giovanni di Stefano Maruscelli della prima metà del XVII secolo, a sinistra il dipinto

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raffigurante l‟Assunzione è attribuito alla cerchia di Francesco Curradi, mentre a destra troviamo la Madonna e Santi di Domenico Buonagiunti, firmato e datato 1582, proveniente dal Duomo, che fu ridipinta dal Maruscelli nel 1622 e nel 1649.

Foto 25-26 Cappella di Santa Caterina e cappella della Madonna della Cintola.

La volta della quarta cappella, dedicata alla Madonna della Cintola, già di patronato della famiglia Ruschi, è decorata con ottagoni e losanghe di fattura ottocentesca.

Nella nicchia statua raffigurante Madonna con Bambino di Nino Pisano del VII decennio del XIV secolo.

Segue un pulpito marmoreo di forma ottagonale datato 1926.

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Nel transetto, sopra la porta d‟ingresso che immette nella cappella di fianco all‟altare maggiore, è una lunetta affrescata con il Miracolo di San Nicola di Bari al quale si affianca nella parete opposta S. Agostino e il Fanciullo, databili entrambi alla fine del XVI secolo. Nella parete che separa questa zona dall‟abside è posto il busto di Luigi Pera del 1953 ed ai lati dell‟arcone absidale, all‟interno di due nicchie, le statue di S. Agostino e di S.Nicola di Bari, risalenti alla metà del Settecento.

Foto 29-30 Particolare dell‟abside e del transetto sinistro con organo.

Nella cappella posta sul fianco destro dell‟altare maggiore, già patronato della famiglia Curini, in una teca si conservano vari reliquiari di epoche diverse e sopra l‟altare ottocentesco è sistemato il Crocifisso ligneo attribuito a Giovanni Pisano, databile intorno al 1300 e restaurato nel 1972.

La zona absidale è inquadrata dall‟altare maggiore in marmo bianco policromo, già di pertinenza della famiglia Gaetani, databile alla metà del XVIII secolo e ristrutturato intorno al 1830, ornato da un Crocifisso ligneo settecentesco si ritiene che sia stato eseguito su disegno di Ignazio Pellegrini.

Il coro contiene venticinque stalli lignei databili agli inizi del XVII secolo, in alto è posta una vetrata moderna del 1967, raffigurante Madonna e Santi firmata da Panigati, a sinistra è collocato un dipinto proveniente dall‟altare maggiore rappresentante la Madonna con il Bambino in gloria e S. Nicola di Bari, attribuito ad Agostino Veracini della fine del

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