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Parassiti della Lepre comune o europea (Lepus europaeus Pallas, 1778) e della Lepre italica (Lepus corsicanus De Winton, 1898) nella provincia di Grosseto

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(1)

Dipartimento di Biologia

Corso di Laurea in Conservazione ed Evoluzione

Parassiti della Lepre comune o europea (Lepus europaeus Pallas, 1778)

e della Lepre italica (Lepus corsicanus De Winton, 1898)

nella provincia di Grosseto

Candidato:

Relatore interno:

Valeria Sergi

Dott. Fabio Macchioni

Relatore esterno:

Dott.ssa Giorgia Romeo

(2)
(3)

INDICE

1 INTRODUZIONE pag. 1

2 I LAGOMORFI pag. 4

2.1 ORIGINE DEI LAGOMORFI pag. 7

2.2 EVOLUZIONE DEL GENERE Lepus IN EUROPA pag. 8

2.2.1 Tassonomia e distribuzione pag. 8

2.2.2 Filogenesi e struttura del genere Lepus pag. 10

2.3 INQUADRAMENTO NORMATIVO pag. 13

2.4 LA LEPRE EUROPEA (Lepus europaeus) pag. 14

2.4.1 DISTRIBUZIONE pag. 14

2.4.2 MORFOLOGIA pag. 15

2.4.2.1 Descrizione della specie pag. 15

2.4.2.2 Sviluppo e variabilità dei caratteri pag. 16

2.4.2.3 Riconoscimento del sesso pag. 16

2.4.2.4 Stima dell’età pag. 16

2.4.3 ECOLOGIA pag. 18 2.4.3.1 Habitat pag. 18 2.4.3.2 Alimentazione pag. 19 2.4.3.3 Riproduzione pag. 20 2.4.3.4 Mortalità pag. 20 2.4.3.5 Demografia pag. 21 2.4.4 COMPORTAMENTO pag. 23

2.4.5 STATO DI CONSERVAZIONE pag. 25

2.5 LA LEPRE ITALICA (Lepus corsicanus) pag. 26

2.5.1 SISTEMATICA pag. 26

2.5.2 DISTRIBUZIONE pag. 27

2.5.3 MORFOLOGIA pag. 28

2.5.3.1 Descrizione della specie pag. 28

2.5.3.2 Sviluppo e variabilità dei caratteri pag. 29

2.5.3.3 Riconoscimento del sesso pag. 29

2.5.3.4 Stima dell’età pag. 29

2.5.4 ECOLOGIA pag. 29 2.5.4.1 Habitat pag. 29 2.5.4.2 Alimentazione pag. 31 2.5.4.3 Riproduzione pag. 32 2.5.4.4 Mortalità pag. 32 2.5.4.5 Demografia pag. 32 2.5.5 COMPORTAMENTO pag. 33

2.5.6 MINACCE E FATTORI LIMITANTI pag. 34

(4)

2.6 RICONOSCIMENTO DELLE LEPRI IN ITALIA pag. 36

2.6.1 Mantello pag. 36

2.6.2 Giovani pag. 38

2.6.3 Ossa craniche pag. 39

2.6.4 Denti pag. 40

3 PATOLOGIE DELLA LEPRE pag. 41

3.1 PATOLOGIE VIRALI pag. 41

3.2 PATOLOGIE BATTERICHE pag. 43

3.3 PATOLOGIE PARASSITARIE pag. 49

3.3.1 Protozoi pag. 49

3.3.2 Trematodi pag. 55

3.3.3 Cestodi pag. 58

3.3.4 Nematodi pag. 62

3.4 ECTOPARASSITI pag. 71

4 MATERIALI E METODI pag. 75

4.1 AREA DI STUDIO pag. 76

4.1.1 Territorio libero (lepri cacciate per ricerca endoparassiti) pag. 76

4.1.2 Allevamenti (lepri per ricerca endoparassiti) pag. 79

4.1.3 Zone di cattura (lepri per ricerca ectoparassiti) pag. 87

4.2 ESAMI PARASSITOLOGICI pag. 89

4.2.1 Esami necroscopici pag. 90

4.2.2 Esami coprologici utilizzati pag. 92

4.2.2.1 Esame delle feci mediante flottazione pag. 92

4.2.2.2 Coproculture pag. 94

4.2.2.3 Esame delle feci mediante camera di McMaster pag. 94

4.2.3 Ricerca e classificazione di ectoparassiti pag. 96

4.3 ANALISI STATISTICA pag. 98

5 RISULTATI pag. 100

5.1 RICERCA ENDOPARASSITI NELLE LEPRI SELVATICHE pag. 100

5.1.1 Esami necroscopici pag. 100

5.1.2 Esami coprologici pag. 109

5.1.3 Confronto tra esame coprologico e necroscopico pag. 113 5.2 RICERCA ENDOPARASSITI NELLE LEPRI DI ALLEVAMENTO pag. 114

5.3 RICERCA ECTOPARASSITI pag. 116

6 DISCUSSIONE pag. 117

(5)
(6)

INDICE DELLE FIGURE

Figura 1. Famiglie, generi e numero di specie appartenenti all’ordine dei Lagomorpha.

pag. 5

Figura 2. Distribuzione in Europa delle specie del Genere Lepus (Trocchi e Riga, 2005).

pag. 10

Figura 3. Albero filogenetico del genere Lepus (Trocchi e Riga, 2001). pag. 11

Figura 4. Lepre europea. pag. 14

Figura 5. Distribuzione dei reperti museali di L. europaeus, prima e dopo il 1959. La linea verde rappresenta il limite di generale diffusione verso Sud della distribuzione dei reperti medesimi.

pag. 15

Figura 6. Il tubercolo di Stroh in una lepre giovane (in basso), posto in evidenza mediante incisione della cute; stesso particolare anatomico in un esemplare adulto (in alto).

pag. 17

Figura 7. Reperto n° 1 avambraccio di un soggetto adulto dove non è più presente il tubercolo di Stroh. Reperto n° 2 avambraccio di un soggetto giovane dove è evidente la presenza del tubercolo. Sulla destra si nota il dettaglio ingrandito.

pag. 18

Figura 8. Lepre italica. pag. 26

Figura 9. Aree di presenza della Lepre italica (ISPRA e Pietri et al., 2010, ridisegnato).

pag. 28

Figura 10. Esemplari adulti di L. europea (sx) e di L. italica (dx) a confronto (Archivio ISPRA).

pag. 37

Figura 11. Colorazione del fianco a confronto nella L. europea (sx) e nella L. italica (dx).

pag. 38

Figura 12. Colorazione della nuca e della coscia a confronto nella L. europea e nella L. italica. In ogni immagine la L. europea è a sinistra e la L. italica a destra.

pag. 38

Figura 13. Confronto fra le ossa nasali di Lepus europaeus e L.

corsicanus (Palacios, 1996).

pag. 39

Figura 14. Forma e dimensioni del processo muscolare della mandibola in L. europaeus e L. corsicanus (Palacios, 1996).

(7)

Figura 15. Sezioni trasversali dei denti. (a) P2/ (lato destro), (b) P3/ (lato destro) e (c) P3/ (lato sinistro) in esemplari adulti di L. europaeus e L.

corsicanus: le frecce indicano alcuni caratteri di rilievo per

l’identificazione della specie (Palacios, 1996).

Figura 16. Fibroma nella lepre.

pag. 40

pag. 43

Figura 17. Tipologia delle oocisti sporulate dei coccidi. pag. 50

Figura 18. Ciclo biologico di Eimeria spp. pag. 52

Figura 19. Struttura della oocisti di Eimeria spp. pag. 53

Figura 20. Aspetto macroscopico di coccidiosi. La presenza di aggregati di oocisti (granulomi parassitari) è visibile come punti biancastri in trasparenza attraverso la sierosa (sinistra); enterite emorragica (destra).

pag. 54

Figura 21. Schema dell’organizzazione di un trematode digenetico (Casarosa, 1985).

pag. 55

Figura 22. Dicrocoelium dendriticum. Parassiti adulti (sx) e uovo (dx). pag. 56

Figura 23. Ciclo biologico di Dicrocoelium dendriticum. pag. 57

Figura 24. Schema di un cestode ciclofillideo. A = strobilo: r = rostello, v = ventosa, c = collo, p = proglottide; B = giovane proglottide proterandrica: t = testicoli, vd = vaso deferente, p = poro genitale, o = ovario, n = cordone nervoso laterale, va = vaso acquifero; C = proglottide più matura: t = testicoli, u = utero, v = vagina, o = ovario, vt = vitellogeno; D = proglottide gravida con utero dilatato, pieno di uova (Heidegger).

pag. 60

Figura 25. Andrya rhopalocephala in Lepus europaeus (Hungary). 1. Scolice. 2. Dotti genitali terminali. 3. Proglottidi mature. 4. Utero in proglottidi mature. 5. Utero in proglottidi pregravide.

Scale di misura: 1, 0.30 mm; 2, 0.20 mm; 3, 4, 0.50 mm; 5, 1.00 mm. A destra ventose di A. rhopalocephala al microscopio ottico.

pag. 61

Figura 26. Cisticercosi viscerale. Si possono osservare numerose vescicole di Cysticercus pisiformis nella cavità addominale, all'interno delle quali si possono vedere gli scolici, sotto forma di punti biancastri.

(8)

Figura 27. Trichostrongylus retortaeformis. (A) Porzione posteriore del maschio, gli spiculi sono corti, larghi, curvati the spicules con due sottili sporgenze (freccia) (B) Porzione posteriore della femmina (C) Porzione anteriore della femmina (D) Porzione posteriore della femmina con uova nell’utero.

pag. 64

Figura 28. Passalurus ambiguus. A sinistra parte posteriore del maschio: si notano lo spiculo copulatorio (a) la coda finemente appuntita (b) e la cuticola striata (c). A destra bulbo esofageo, ingrandimento 40X.

pag. 66

Figura 29. Maschio di Protostrongylus rufescens var. cuniculorum. Si notano gli spiculi e la borsa caudale.

pag. 70

Figura 30. Rhipicephalus sanguineus. pag. 73

Figura 31. Ixodes ricinus: (a) maschio, (b) rostro.

Figura 32. Scheda di rilevamento dati fornita ai cacciatori.

pag. 74

pag. 77 Figura 33. Territorio libero cacciabile della provincia di Grosseto. I

pallini rossi indicano i luoghi in cui sono state abbattute le Lepri italiche, i puntini neri i luoghi dove sono state abbattute le Lepri europee.

pag. 78

Figura 34. Recinto di ambientamento. pag. 79

Figura 35. Gabbie del centro. pag. 81

Figura 36. Immagine dell'Allevamento B. pag. 83

Figura 37. Gabbie dei riproduttori. pag. 85

Figura 38. Esempio di registro di cattura (foglio specifico per ZRC Follonica).

pag. 88

Figura 39. Zone di cattura. pag. 89

Figura 40. Sedimentation and Counting Technique (SCT). pag. 90

(9)

INDICE DELLE TABELLE

Tabella 1. Differenze di maggiore rilievo tra i tre generi appartenenti all’ordine dei Lagomorpha presenti in Europa: Lepus, Oryctolagus e

Sylvilagus.

pag. 6

Tabella 2. Quadro sinottico dei principali strumenti normativi di conservazione e gestione dei Lagomorfi in Italia (1) Specie esotica per la quale il Consiglio d’Europa suggerisce l’eradicazione (2) Sfruttamento subordinato a misure di gestione (3) Specie non ancora riconosciuta al momento dell’adozione del provvedimento (4) Sfruttamento controllato delle popolazioni (da Trocchi e Riga, 2005).

pag. 14

Tabella 3. Caratteri diagnostici utili per il riconoscimento tra Lepre europea e Lepre italica

pag. 37

Tabella 4. Differenze nel mantello dei leprotti alla nascita di L. europea e L. italica.

pag. 39

Tabella 5. Principali patologie della lepre endemiche in Italia (^normate per l’importazione lepri; *zoonosi) (Lavazza, 2015).

pag. 41

Tabella 6. Esame dell’intestino di 31 Lepri europee e 6 Lepri italiche. NP= numero positivi, TP=totale parassiti, R=range, P=prevalenza, A=abbondanza, IM=intensità media, Ii=indice di importanza.

pag. 101

Tabella 7. Distribuzione dei parassiti intestinali di 31 Lepri europee secondo età e sesso dell’ospite, con i valori P del test di Fisher utilizzati per confrontare le prevalenze (≤8mesi = minore o uguale a 8 mesi di età; >8mesi = maggiore di 8 mesi di età; F = femmina; M = maschio; P% = prevalenza).

pag. 102

Tabella 8. Distribuzione dei parassiti intestinali di 6 Lepri italiche secondo età e sesso dell’ospite.

*non è possibile calcolare il P value perché non ci sono casi negativi.

pag. 102

Tabella 9. Infestazioni multiple nell’intestino di 31 Lepri europee. pag. 103 Tabella 10. Livello di infestazione dei parassiti intestinali più frequenti

in 31 Lepri europee.

pag. 104

Tabella 11. Livello di infestazione del parassita intestinale più frequente in 6 Lepri italiche.

(10)

Tabella 12. Distribuzione binomiale negativa di Trichostrongylus

retortaeformis in 31 Lepri europee. I parametri di distribuzione sono

definiti in termini di media <x> e di varianza s² come segue: p = <x>/s² , k = <x>p/(1 – p).

pag. 104

Tabella 13. Parassiti polmonari in 24 Lepri europee e 6 Lepri italiche. NP= numero positivi, P=prevalenza.

pag. 106

Tabella 14. Distribuzione dei parassiti polmonari di 24 Lepri europee secondo età e sesso dell’ospite con i valori P del test chi quadrato o del test di Fisher utilizzati per confrontare le prevalenze (≤8mesi = minore o uguale a 8 mesi di età; >8mesi = maggiore di 8 mesi di età; F = femmina; M = maschio; P% = prevalenza).

pag. 106

Tabella 15. Distribuzione dei parassiti polmonari di 6 Lepri italiche secondo età e sesso dell’ospite.

pag. 107

Tabella 16. Parassiti epatici in 24 Lepri europee e 6 Lepri italiche. NP= numero positivi, TP=totale parassiti, R=range, P=prevalenza, A=abbondanza, IM=intensità media.

pag. 107

Tabella 17. Distribuzione dei parassiti epatici di 24 Lepri europee secondo età e sesso dell’ospite, con i valori P del test chi quadrato o del test di Fisher utilizzati per confrontare le prevalenze (≤8mesi = minore o uguale a 8 mesi di età; >8mesi = maggiore di 8 mesi di età; F = femmina; M = maschio; P% = prevalenza).

pag. 107

Tabella 18. Distribuzione dei parassiti epatici di 6 Lepri italiche secondo età e sesso dell’ospite.

pag. 108

Tabella 19. Livello di infestazione di D. dendriticum in 24 Lepri europee.

pag. 108

Tabella 20. Livello di infestazione di D. dendriticum in 6 Lepri italiche. pag. 108

Tabella 21. Risultati dell’esame coprologico di 37 Lepri europee e 7 Lepri italiche. P=prevalenza, CI=intervallo di confidenza,

OPG/UPG=oocisti/uova per grammo di feci

*una lepre presentava un’infestazione massiva da coccidi, motivo per cui non è stata considerata nel calcolo della media di OPG e range.

pag. 109

Tabella 22. Infestazioni multiple in 37 campioni fecali di Lepri europee. pag. 110 Tabella 23. Infestazioni multiple in 7 campioni fecali di Lepri italiche. pag. 111

(11)

Tabella 24. Distribuzione dei coccidi del genere Eimeria spp. di 37 Lepri europee secondo età e sesso dell’ospite, con i valori P del test chi quadrato o del test di Fisher utilizzati per confrontare le prevalenze (≤8mesi = minore o uguale a 8 mesi di età; >8mesi = maggiore di 8 mesi di età; F = femmina; M = maschio; P% = prevalenza).

pag. 111

Tabella 25. Distribuzione dei coccidi del genere Eimeria spp. di 7 Lepri italiche secondo età e sesso dell’ospite.

pag. 112

Tabella 26. Livello di infestazione da coccidi in 37 Lepri europee. pag. 112

Tabella 27. Livello di infestazione da coccidi in 7 Lepri italiche. pag. 112

Tabella 28. Distribuzione binomiale di coccidi in 37 Lepri europee. pag. 112 Tabella 29. Confronto tra test necroscopico (considerato come gold

standard) e test coprologico (s = sensitivity, s' = specificity, ppv = positive predictive value, npv = negative predictive value, ac = accuracy) in Lepri europee.

pag. 114

Tabella 30. Confronto tra test necroscopico (considerato come gold standard) e test coprologico (s = sensitivity, s' = specificity, ppv = positive predictive value, npv = negative predictive value, ac = accuracy) in Lepri italiche.

pag. 114

Tabella 31. Risultati esame coprologico di 11 lepri dell’allevamento A. P=prevalenza.

* in 5 casi di infestazione massiva non è stato possibile calcolare l’OPG, per cui non sono stati inseriti nel conteggio.

pag. 115

Tabella 32. Parassiti intestinali in 11 lepri dell’allevamento A. NP= numero positivi, TP=totale parassiti, R=range, P=prevalenza, A=abbondanza, IM=intensità media.

pag. 115

Tabella 33. Risultato esame coprologico di 22 lepri dell’allevamento B. P=prevalenza.

* l’unico caso di infestazione massiva non è stato considerato nel calcolo della media.

pag. 115

Tabella 34. Parassiti intestinali in 22 lepri dell’allevamento B. NP= numero positivi, TP=totale parassiti, P=prevalenza, A=abbondanza, IM=intensità media.

pag. 116

(12)

INDICE DEI GRAFICI

Grafico 1. Grafico a torta delle co-infestazioni degli elminti intestinali nei campioni di Lepri europee.

Grafico 2. Distribuzione a torta delle co-infestazioni degli elminti intestinali nei campioni di Lepri europee.

pag. 103

pag. 105

Grafico 3. Infestazioni multiple in campioni fecali di Lepri europee. pag. 110 Grafico 4. Distribuzione di frequenza dei coccidi del genere Eimeria

spp. negli animali campionati.

(13)

Parole chiave: Lepus europaeus, Lepus corsicanus, parassiti, Grosseto

Riassunto: Nella provincia di Grosseto (Italia centrale) vivono in simpatria la Lepre

comune o europea (Lepus europaeus Pallas, 1778) e la Lepre italica (Lepus corsicanus De Winton, 1898). Durante le stagioni venatorie 2015-2017 è stato condotto uno studio epidemiologico sulla parassitofauna di 38 Lepri europee e 7 Lepri italiche del territorio grossetano, area mai studiata sotto questo aspetto. Oltre alle lepri cacciate sono state analizzate anche 33 Lepri europee provenienti da due allevamenti.

Gli organi interni delle lepri, non sempre tutti pervenuti, sono stati sottoposti ad analisi parassitologiche. Tutti gli organi (l’intero tratto gastro-intestinale, trachea, cuore, polmoni, fegato, reni, milza, vescica) sono stati sezionati, lavati e osservati allo stereomicroscopio per la ricerca di parassiti adulti. I campioni fecali sono stati sottoposti ad analisi coprologiche qualitative e quantitative per la ricerca di uova di elminti e cisti/oocisti protozoarie. Tutti i parassiti trovati sono stati isolati, contati, divisi per

sesso, conservati e identificati.

I parassiti trovati in Lepus europaeus sono stati il nematode Trichostrongylus

retortaeformis (27 positivi su 31 lepri esaminate, 87,1%) e il cestode Andrya rhopalocephala (2/31, 6,4%) nell’intestino tenue, il nematode Passalurus ambiguus

(4/31, 12,9%) nell’intestino crasso, il nematode Protostrongylus rufescens var.

cuniculorum nei polmoni (2/24, 8,3%) e il trematode Dicrocoelium dendriticum (4/24,

16,7%) nel fegato. All’esame coprologico sono stati riscontrati, oltre alle uova dei parassiti trovati all’esame necroscopico, i coccidi del genere Eimeria spp. (24/37,

64,9%).

Per quanto riguarda Lepus corsicanus all’esame necroscopico le lepri sono risultate positive a Trichostrongylus retortaeformis (6/6), Dicrocoelium dendriticum (2/6) e Protostrongylus rufescens var. cuniculorum (1/6). Dall’analisi coprologica 4 lepri su 7 sono risultate positive ai coccidi del genere Eimeria spp. (57,1%).

I parassiti ritrovati nelle lepri di allevamento sono stati quasi esclusivamente coccidi del genere Eimeria spp. (15 positivi su 33 Lepri europee).

I risultati dello studio mostrano che queste lepri ospitano una certa varietà di parassiti e alcuni di questi parassiti possono essere condivisi con altri animali, incluso l’uomo e in determinate condizioni possono svolgere un ruolo importante nello stato di salute delle lepri.

(14)

Keywords: Lepus europaeus, Lepus corsicanus, parasites, Grosseto

Abstract: European brown hares Lepus europaeus (Pallas, 1778) and Italian hares Lepus corsicanus (De Winton, 1898) lives in simpatry in the province of Grosseto

(central Italy). An epidemiologic study on the parasitofauna of 38 Lepus europaeus and 7 Lepus corsicanus was performed in the years 2015-17 in Grosseto, an area never investigated. In addition to hares hunted, 33 European hares from two farms have been analyzed.

In some cases not all organs were properly conferred to the laboratory by hunters. Gastro-intestinal tract, cardio-respiratory system, liver, spleen, kidneys and urinary bladder were dissected, washed and observed under a stereomicroscope for research of adult parasites. Rectal faecal samples were subjected to qualitative and quantitative coprological analysis to detect parasite eggs and larvae and protozoa cysts / oocysts. All parasites found were isolated, counted, divided by gender, preserved and identified.

The helminths identified in the intestine of Lepus europaeus were the nematodes

Trichostrongylus retortaeformis (27 positives among 31 hares examined, 87.1%) and

the cestode Andrya rhopalocephala (2/31, 6.4%) in the small intestine, the nematode

Passalurus ambiguus (4/31, 12.9%) in the large intestine, the nematode Protostrongylus rufescens var. cuniculorum (2/24, 8.3%) in lungs and the trematode Dicrocoelium dendriticum (4/24, 16.7%) in the liver. Furthermore Eimeria spp. were found with coprological analysis (24/37, 64.9%).

Concerning Lepus corsicanus, (6/6) hares were found positive to Trichostrongylus

retortaeformis, (2/6) to Dicrocoelium dendriticum and (1/6) to Protostrongylus rufescens var. cuniculorum. From coprological analysis on 7 hares, Coccidia were

found in 4 hares.

The parasites found in breeding hares were almost exclusively coccidia of the genus Eimeria spp. (15 positive on 33 European hares).

The results of the study have shown that these hares host a certain variety of parasites. Some of these parasites may be shared with other animals, including humans and under certain conditions may play an important role in the health of the hares.

(15)

1

1. INTRODUZIONE

Nonostante la presenza in Italia di quattro distinte specie del genere Lepus, Lepre bianca o variabile (Lepus timidus Linnaeus, 1758), Lepre italica o appenninica (Lepus

corsicanus De Winton, 1898), Lepre sarda (Lepus capensis mediterraneus Linnaeus,

1758) e Lepre comune o europea (Lepus europaeus Pallas, 1778), quasi tutti gli studi compiuti in Italia hanno preso in considerazione la Lepre europea, probabilmente per la sua più ampia diffusione ed il maggiore interesse che questa specie suscita in relazione alla pratica della sua importazione dall’estero in Italia ed in relazione all’allevamento.

La Lepre europea è una delle più importanti specie di piccola selvaggina native dell’Europa. Negli ultimi 30 anni si è assistito a un generale decremento nel numero di lepri in molti paesi europei, tra cui soprattutto quelli occidentali (Marboutin et al., 2003). Le cause di questo declino sono da attribuirsi a diversi fattori, primo fra tutti l’intensificazione dell’agricoltura, che ha portato a una riduzione quali-quantitativa degli ambienti favorevoli per la lepre (Smith et al., 2005). L’aumento del numero di predatori e lo sviluppo di malattie infettive come E.B.H.S, Pasteurellosi, Yersiniosi e Tularemia rappresentano un’ulteriore minaccia per L. europaeus (Lamarque et al., 1996). Inoltre, anche i parassiti possono essere considerati importanti fattori regolatori delle popolazioni di lepri e le infezioni parassitarie possono avere un’influenza negativa nell’abbondanza delle lepri (Alzaga et al., 2009).

Come evidenziano le numerose ricerche condotte in diversi paesi europei (Soveri e Valtonen, 1983; Bordes et al., 2007; Alzaga et al., 2009; Dubinsky et al., 2010; Chroust et al., 2012; Diakou et al., 2014; Kornas et al., 2014; Posauts et al., 2015), le malattie parassitarie costituiscono un capitolo di notevole interesse nella patologia di questo selvatico sia come causa diretta di morte che, soprattutto, come causa debilitante e predisponente l’insorgenza di malattie infettive o di altra natura, o la predazione. Il loro impatto sullo stato di salute dell’ospite è strettamente correlato a parametri ambientali come le condizioni meteorologiche, la disponibilità di cibo, la densità di popolazione, la presenza di altri patogeni ecc. Questi lavori riportano tra i principali parassiti di L.

europaeus i coccidi del genere Eimeria spp., i trematodi Fasciola hepatica e Dicrocoelium dendriticum, i cestodi dei generi Cittotaenia spp., Ctenotaenia spp., Paranoplocephala spp., Andrya spp., Mosgovoyia spp. e la forma larvale Cysticercus

(16)

2

pisiformis della Taenia pisiformis, nematodi gastro-intestinali quali Graphidium strigosum, Trichostrongylus retortaeformis, Trichuris leporis, Passalurus ambiguus e

nematodi polmonari del genere Protostrongylus spp.

Oltre agli endoparassiti le lepri possono essere infestate da diversi ectoparassiti come acari Psoroptes cuniculi, Sarcoptes scabiei ecc, zecche Ixodes ricinus, Rhipicephalus spp. ecc, pulci Spillopsyllus cuniculi ecc. Talvolta alcuni di essi possono essere vettori di patogeni di varia origine. Le lepri possono quindi svolgere, insieme agli altri selvatici, un ruolo cruciale nell’epidemiologia delle malattie trasmesse da zecche e nel mantenimento delle popolazioni di zecche in alcune aree (Bengis et al., 2004).

Scarse e datate sono le informazioni relative alle parassitosi di Lepus europaeus in Italia e spesso sono rinvenibili solo in alcuni atti di congressi, in riviste divulgative o altri materiali divulgativi (Agrimi et al., 1981; Canestri-Trotti et al., 1988; Poli et al., 1991; Tacconi et al., 1995; Poglayen et al., 2002; Stancampiano et al., 2016). Per tale motivo è stato ritenuto utile aggiornare le conoscenze sulla parassitofauna delle lepri in una zona mai indagata.

La conoscenza dettagliata della parassitofauna degli animali da selvaggina può essere anche importante contro l’introduzione di nuovi parassiti durante i trasferimenti di animali ai fini di ripopolamento (Bordes et al., 2007).

Nell’area di studio considerata, che comprende tutta la provincia di Grosseto, oltre alla Lepre europea è presente anche la Lepre italica, considerata specie protetta. Tale specie è endemica dell’Italia centro-meridionale e della Sicilia. In Sicilia la sua distribuzione risulta essere continua, mentre nell’Italia peninsulare si riconoscono soltanto popolazioni localizzate che spesso vivono in simpatria con popolazioni di L. europaeus, la quale invece è assente in Sicilia.

Anche le popolazioni di Lepre italica hanno subito un declino negli anni, come risultato della frammentazione e deterioramento dell’habitat, isolamento, bassa densità di popolazione, introduzione di Lepri europee e caccia illegale specialmente a carico delle popolazioni peninsulari, in quanto presenti nelle aree ove è ammessa la caccia alla Lepre europea (Angelici e Luiselli, 2001; Mengoni, 2011). Secondo le recenti classificazioni IUCN la Lepre italica è specie minacciata a livello «critico».

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3 L’unico studio sugli endoparassiti della Lepre italica è stato condotto dall’Università di Bologna sui parassiti gastro-intestinali (Usai et al., 2012). Fino ad allora gli unici dati disponibili sulle patologie di Lepus corsicanus riguardavano il virus dell’EBHS (Guberti et al., 2000; Lavazza e Guberti, 2007) e le zecche (Dantas-Torres et al., 2011). Le specie parassitarie isolate da Usai e collaboratori (2012) erano 6, di cui 4 parassiti comuni nei Lagomorfi e riscontrati in Europa anche nella Lepre europea (Trichostrongylus retortaeformis, Graphidium strigosum, Trichuris spp. e Cittotaenia

pectinata) e due specie (Teladosargia circumcinta e Paranoplocephala spp.) non

tipiche dei leporidi. Diverse specie di zecche rilevate da Dantas-Torres e collaboratori (2011) infestano le Lepri italiche: Rhipicephalus spp., Hyalomma marginatum e Ixodes

ricinus.

La lepre può essere inoltre un potenziale portatore di agenti patogeni per altre specie viventi, uomo compreso (Wibbelt e Frӧlich, 2005; Lavazza, 2015).

Scopo del lavoro: è stata condotta un’approfondita indagine epidemiologica sui

parassiti di Lepri europee (L. europaeus) e Lepri italiche (L. corsicanus) che vivono nella stessa area, allo scopo di verificare la composizione parassitaria delle popolazioni di questi leporidi allo stato libero. Dalla bibliografia consultata non risultano studi sui parassiti della lepre nella provincia di Grosseto e pochi studi piuttosto datati sono stati effettuati nella regione Toscana.

Inoltre è stata indagata la composizione parassitaria di Lepri europee allevate in due centri di produzione (uno privato e uno pubblico) per potere valutare lo stato di salute degli animali che andranno successivamente immessi nel territorio libero a fine venatorio e di ripopolamento.

Da oltre quindici anni l’Amministrazione Regionale di Grosseto organizza e supervisiona le catture delle lepri nelle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) provinciali. Durante queste catture, grazie alla collaborazione della Dottoressa Giorgia Romeo e dei tecnici del Servizio Attività Faunistiche Venatorie e Ittiche, che dal 2003 hanno avviato un progetto di monitoraggio dello stato sanitario delle popolazioni di lepri della provincia, sono stati raccolti anche gli ectoparassiti eventualmente presenti.

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4

2. I LAGOMORFI

Inizialmente a Lagomorfi (Duplicidentata) e Roditori (Simplicidentata) fu attribuita la stessa origine filogenetica (Ellerman e Morison-Scott, 1951). Le dimensioni ridotte, la cute ricoperta da pelliccia, la forma allungata del corpo ed i grossi incisivi ricurvi a crescita continua erano elementi sufficienti a far considerare i Lagomorfi ed i Roditori come facenti parte di un unico ordine, i Rodentia. Dal 1912, grazie a studi che hanno permesso di dimostrare le differenze esistenti tra questi due gruppi di Mammiferi, i due ordini sono ufficialmente separati (Gidely, 1912; Chapman e Flux, 1990).

I Lagomorfi sono animali terrestri e plantigradi, di dimensioni medie e forme slanciate, con testa piccola, occhi grandi e orecchie lunghe, zampe posteriori assai sviluppate atte alla corsa e al salto; i piedi anteriori sono muniti di cinque dita, quelli posteriori di quattro.

I Lagomorfi si differenziano dai Roditori per il notevole sviluppo della parte facciale del cranio e per la presenza nel mascellare superiore di un secondo paio di incisivi, più piccoli e rettilinei, addossati al lato linguale degli incisivi principali. La formula dentaria è la seguente:

Una ulteriore caratteristica esclusiva dei Lagomorfi è rappresentata dalla presenza di un intestino cieco assai sviluppato, nel quale, grazie ad una specifica flora batterica, avviene la digestione della cellulosa, seguita dal fenomeno della ciecotrofia o scatofagia fisiologica, che consiste nella reingestione di un particolare tipo di feci (ciecotrofi), più molli ed allungate, che l’animale preleva direttamente dall’ano e che consente di assimilare meglio importanti metaboliti (proteine, vitamine) e di recuperare circa il 40% dell’acqua fecale. Alla caratteristica dentatura ed al fenomeno della ciecotrofia si sommano numerose altre differenze anatomiche e funzionali (Muñoz-Pulido, 1995) che definiscono in maniera chiara la particolarità dell’ordine dei Lagomorfi.

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5 Lagomorfi e Roditori hanno seguito un’evoluzione largamente indipendente, tanto che forme ancestrali distinguibili dei due ordini risalgono ad almeno 50 milioni di anni fa (Eocene).

I Lagomorfi sono distribuiti in quasi tutto il mondo ad eccezione dell’Antartide, del Madagascar, di alcune regioni dell’Indonesia e della parte meridionale del Sudamerica. In Australia e Nuova Zelanda sono stati introdotti dall’uomo.

Nonostante l’ampia distribuzione mondiale e le origini molto antiche però i Lagomorfi si sono differenziati relativamente poco rispetto ad altri gruppi ed in particolare ai Roditori (circa 80 specie vs circa 1.700 specie).

All’ordine dei Lagomorpha, la cui etimologia deriva dalla fusione delle parole greche

λαγώς= lepre e μορφή = forma, appartengono due grandi famiglie (Figura 1): quella

degli Ocotonidae, che annovera due generi (Ochotona e Prolagus) e 26 specie e quella dei Leporidae, che annovera i più conosciuti conigli e lepri (Brooks, 1986; Rodriguez et

al., 1997). Per la famiglia dei Leporidae è accettata la classificazione tassonomica

proposta da Wilson e Reeder (1993) che contempla 11 Generi e 54 specie.

Figura 1. Famiglie, generi e numero di specie appartenenti all’ordine dei Lagomorpha.

(20)

6 I generi attualmente presenti in Europa sono tre: Lepus, Oryctolagus e Sylvilagus, rappresentati in Italia da 5 specie (Lepre europea Lepus europaeus, Lepre italica Lepus

corsicanus, Lepre variabile Lepus timidus, Lepre sarda Lepus «capensis» mediterraneus, Coniglio selvatico Oryctolagus cuniculus e Silvilago Sylvilagus floridanus). Tra queste, tre sono state introdotte dall’uomo:

• Oryctolagus cuniculus, introdotto molto probabilmente dai Romani;

• L. «c.» mediterraneus, introdotto in Sardegna in epoca storica ancora non ben definita;

• S. floridanus, introdotto (abusivamente) negli anni Sessanta del Secolo scorso per fini venatori.

I tre generi differiscono per numero di cromosomi (42 Sylvilagus, 44 Oryctolagus, e 46

Lepus), non producono un accoppiamento fertile e pertanto non danno origine ad incroci

(Robinson et al., 2002). Nella Tabella 1 sono mostrate le differenze di maggiore rilievo tra i tre generi.

Tabella 1. Differenze di maggior rilievo tra i tre generi appartenenti all’ordine dei Lagomorpha presenti in Europa: Lepus, Oryctolagus e Sylvilagus.

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7

2.1 ORIGINE DEI LAGOMORFI

Un gruppo di Mammiferi asiatici estinti, i Mixodonta (58 - 30 milioni di anni fa), è stato identificato come forma ancestrale da cui si sono evoluti sia i Lagomorfi che i Roditori (López Martínez, 1980).

I primitivi Lagomorfi vissero in Nord America e in Asia fra 40 e 20 milioni di anni fa ed erano caratterizzati dalla presenza di denti con corone basse e complesse, denti molari con radici, zigomi poco pronunciati, ponte palatino lungo e arti corti. Durante l’Oligocene (circa 30 milioni di anni fa) essi differenziarono in forme più evolute di Leporidi in Nord America e di Ocotonidi in Asia e in Europa. Durante il Miocene nel Nord America visse Hypolagus, che insieme ad Alilepus, nel Pliocene inferiore in Eurasia, diedero inizio alla radiazione evolutiva dei Leporidi, nei quali il terzo e il quarto dente premolare superiore tendono ad assumere caratteristiche simili ai molari. I Leporidi raggiunsero il loro massimo sviluppo e si diffusero nell’Eurasia e nel Nord America nel corso del Pliocene e del Pleistocene, differenziandosi in vari generi e perfezionando l’adattamento al salto e alla corsa. Secondo López Martínez (1977) la diversificazione dei Leporidi coincise probabilmente con il processo di “steppizzazione” del Mediterraneo e la siccità verificatasi durante la crisi Messiniana (5,6 - 5,3 milioni di anni fa). Nel Pleistocene i Leporidi si diffusero nel continente africano con i generi

Pronolagus, Serengetilagus e Lepus (Iacoangeli, 1997). Secondo Hibbard (1963) Lepus, Sylvilagus e Oryctolagus potrebbero derivare da Alilepus.

Gli Ocotonidi invece raggiunsero la loro massima espansione e diversificazione nel Miocene e furono gli unici Lagomorfi presenti nel Vecchio Mondo per un periodo di oltre 20 milioni di anni. Basandosi sulle differenze nella struttura dei molari, nel Terziario si individuano più linee evolutive, una sola delle quali (Ochotona) è sopravvissuta fino ai giorni nostri. Gran parte dei generi si estinsero nel Pliocene, ad eccezione di Prolagus, diffuso in Corsica e in Sardegna, che a sua volta sarebbe scomparso nel XVIII Secolo (Kurtén, 1968).

(22)

8

2.2 EVOLUZIONE DEL GENERE Lepus IN EUROPA

L’evoluzione del genere Lepus avviene nel continente Africano circa 10 milioni di anni fa, ovvero nell’ultima parte del Miocene (Spagnesi e Trocchi, 1993). A partire dall’Africa inizia la colonizzazione della maggior parte delle pianure del mondo e, con i cambiamenti climatici e l’inaridimento di ampi spazi aperti, avviene la colonizzazione delle steppe Europee, sino ai territori più orientali del Continente. Oggi si contano più di 30 specie nel mondo e cinque sono le specie presenti in Europa (Palacios et al., 1989):

− Lepre variabile (Lepus timidus Linneo, 1758); − Lepre europea (Lepus europaeus Pallas, 1778); − Lepre iberica (Lepus granatensis Rosenhauer, 1856); − Lepre italica (Lepus corsicanus De Winton, 1898); − Lepre del Piornal (Lepus castroviejoi Palacios, 1977).

I primi reperti fossili di Lepus raccolti in Italia (Torre in Pietra, Roma) risalgono a 400.000 anni fa; tutti i reperti sono stati classificati come Lepus europaeus e/o Lepus

timidus (Caloi e Palombo, 1989; Iacoangeli, 1997). Tuttavia, si ritiene che tutto il

materiale fossile (e storico) raccolto in Italia debba essere riesaminato alla luce della (ri)scoperta di Lepus corsicanus. Tale rivisitazione è di fondamentale importanza anche per supportare le ipotesi evolutive proposte da Pierpaoli e collaboratori (1999) e per la calibrazione dei tempi di separazione stimati sulla base delle distanze genetiche tra i diversi taxa. Ad esempio, osservazioni morfologiche preliminari realizzate da Riga e Trocchi su reperti cranici di Lepus farebbero attribuire tali reperti a Lepus corsicanus anziché a Lepus europaeus.

2.2.1 Tassonomia e distribuzione

Storicamente in Italia e nelle maggiori isole mediterranee sono stati riconosciuti 4 taxa:

L. corsicanus, L. europaeus, L. «c.» mediterraneus, L. timidus.

La Lepre italica, o Lepre appenninica (Lepus corsicanus), è una specie endemica distribuita nell’Italia centro-meridionale ed in Sicilia, che venne introdotta prima del XVI secolo in Corsica (Vigne, 1992). In passato considerata una sottospecie della Lepre europea, grazie a recenti analisi morfologiche (Palacios, 1996; Riga et al., 2001) e

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9 genetiche (Pierpaoli et al., 1999), la Lepre italica è stata riconfermata come buona specie, così come era stata descritta nel 1898 dal naturalista inglese W. E. De Winton.

La Lepre europea, o Lepre comune (Lepus europaeus), è la specie a maggiore diffusione a livello continentale ed è presente con popolazioni in gran parte non naturali. Nel nostro Paese originariamente la specie era distribuita in tutte le regioni centro-settentrionali con una sottospecie autoctona, L. e. meridiei, ma a seguito dei rilasci effettuati a fini venatori, documentati fin dal 1920 e che hanno trovato larga applicazione dopo la seconda guerra mondiale, la sua distribuzione è stata estesa anche alle regioni dell’Italia centro-meridionale, ben oltre il limite dell’areale naturale della sottospecie (Toschi, 1965). Di conseguenza, si ritiene che le popolazioni autoctone della Penisola siano state rimpiazzate da popolazioni di L. europaeus di composizione genetica mista. In Sicilia, nonostante i massicci rilasci di L. europaeus effettuati nel corso degli ultimi decenni ed interrotti solo in anni recenti, non sono state individuate popolazioni di Lepre europea (l’unica specie presente sull’isola è L. corsicanus).

La Lepre sarda, L. «capensis» mediterraneus, introdotta in Sardegna nel XVI secolo (Vigne, 1992) probabilmente dal Nord Africa, è tradizionalmente considerata una sottospecie di L. capensis (Amori et al., 1999) benchè in anni recenti Palacios (1998), sulla base di valutazioni morfologiche, ha rivalutato la tesi della sua collocazione al livello specifico (L. mediterraneus), come inizialmente descritta da Wagner (1841).

La Lepre alpina, o variabile (Lepus timidus) è distribuita in Italia lungo tutto l’arco alpino, con popolazioni relativamente stabili. Eventi di ibridazione storica ed introgressione genetica con L. europaeus, recentemente documentati in Scandinavia, penisola iberica e Russia (Thulin et al., 1997; Waltari e Cook, 2005; Thulin et al., 2006), hanno contribuito a rendere più complicata l’identificazione della struttura genetica delle popolazioni.

Le penisole Italica ed Iberica rappresentano le aree di maggiore diversità per quanto riguarda il numero di specie del genere Lepus (Figura 2) in accordo con le teorie biogeografiche, che individuano in queste penisole e nella Balcanica tre aree di rifugio glaciale in cui si sono verificati fenomeni di isolamento e conseguente differenziazione allopatrica (Hewitt, 1996). Nella Penisola Iberica si riconoscono infatti tre specie

(24)

10 (L. granatensis, L. castroviejoi, L. europaeus) secondo Palacios (1983), confermate da analisi molecolari recenti (Alves et al., 2003, Pierpaoli et al., 2003).

Figura 2. Distribuzione in Europa delle specie del Genere Lepus (Trocchi e Riga, 2005).

2.2.2 Filogenesi e struttura del genere Lepus

Recentemente sono state studiate la filogenesi e la genetica di popolazione del genere

Lepus attraverso il sequenziamento del Citocromo b (Cyb) e della Regione di Controllo

(CR) del DNA mitocondriale (Pierpaoli et al., 1999, 2003; Alves et al., 2003). I risultati di queste analisi indicano che L. corsicanus, L. timidus, L. granatensis e, probabilmente,

L. castroviejoi, appartengono ad una linea evolutiva differente dalla linea evolutiva a

cui appartengono la Lepre europea (L. europaeus), la Lepre sarda (L. capensis

mediterraneus) e le Lepri africane (Lepus capensis, Lepus habessinicus e Lepus starcki).

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11

Figura 3. Albero filogenetico del genere Lepus (Trocchi e Riga, 2001).

Le distanze genetiche osservate tra i due gruppi hanno consentito agli Autori di formulare le seguenti considerazioni:

− i due gruppi di specie si sarebbero separati circa 3 milioni di anni fa;

− la separazione di Lepus granatensis da Lepus corsicanus - Lepus timidus sarebbe avvenuta circa 2,5 milioni di anni fa;

− la separazione tra Lepus corsicanus e Lepus timidus risalirebbe a 0,8 milioni di anni fa;

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12 − Lepus europaeus si rivela una specie filogeneticamente affine alle lepri di

origine africana. In Italia la sua presenza risalirebbe a tempi storici e recenti.

I risultati di studi della struttura di popolazione indicano l’assenza di differenziazione delle attuali popolazioni italiane di L. europaeus e ciò contribuisce ad avvalorare l’ipotesi della sostituzione delle popolazioni autoctone da parte di popolazioni di composizione genetica mista a causa delle operazioni di ripopolamento a scopo venatorio particolarmente praticate nell’ultimo secolo.

Esiste invece un significativo differenziamento a livello genetico tra popolazioni di Lepre italica provenienti da Italia centrale, Italia meridionale, Sicilia e Corsica, con ridotti livelli di flusso genico tra le popolazioni geografiche. Le popolazioni di Lepus

corsicanus dell’Italia centrale si sarebbero separate dalle altre (Italia

meridionale-insulare) 50 - 100 mila anni fa.

La netta contrazione numerica della popolazione di Lepre italica, in più occasioni segnalata e confermata dagli ultimi censimenti dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (Trocchi e Riga, 2001), non ha influito in maniera determinante sulle popolazioni della Sicilia in cui la distribuzione della specie è sostanzialmente continua (Lo Valvo et al., 1997), ma si è resa responsabile di una distribuzione discontinua, a macchia di leopardo, nelle regioni peninsulari. Lepre italica è stata accertata, in direzione Sud, a partire dalla provincia di Grosseto, sul versante tirrenico e dalla provincia de l’Aquila, su quello adriatico. All’interno dell’areale storico (Appennino meridionale) di Lepus corsicanus è stata accertata anche la distribuzione discontinua di

Lepus europaeus ed una condizione di sintopia tra le due specie (Pierpaoli et al., 1999).

Le due specie di lepri considerate in questo studio, L. europaeus e L. corsicanus, che vivono in simpatria lungo la penisola italiana, hanno una lunga storia di evoluzione indipendente, sono riproduttivamente isolate in natura e non condividono alcun genotipo mitocondriale o nucleare, suggerendo l’assenza di ibridazione fra le due specie (Mengoni, 2011).

(27)

13

2.3 INQUADRAMENTO NORMATIVO

Al momento della promulgazione della legge n. 157 dell’11.12.1992 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” la Lepre italica non era conosciuta come buona specie, essendo prevalente la tesi che riteneva la forma “italica” di lepre una sottospecie di Lepus europaeus. D’altra parte, non era ancora stato possibile accertare la fondatezza della tesi prospettata da Palacios e collaboratori (1989) che tendeva a rivalutare la posizione sistematica di questo taxon indicata da De Winton (1898), sulla base unicamente di materiale storico museale e senza alcuna indicazione sull’effettiva esistenza di popolazioni sul territorio. È quindi evidente come le considerazioni tecniche propedeutiche alla definizione dell’elenco delle specie cacciabili in sede legislativa siano state fondate unicamente sulle conoscenze relative alla Lepre europea, una specie tradizionalmente cacciata in Italia e in Europa, il cui stato di conservazione non è comunque minacciato (se non a livello locale). La constatazione avvenuta con certezza solo negli ultimi anni (attraverso analisi multidisciplinari approfondite), che la forma “italica” di lepre appartiene ad una specie nettamente distinta e filogeneticamente molto diversa dalla Lepre europea (e soprattutto che esistono tuttora popolazioni vitali in varie regioni), non solo ha portato alla constatazione che si tratta di una “entità” faunistica tecnicamente non valutata a suo tempo dal Legislatore nazionale ai fini dell’eventuale inserimento tra quelle cacciabili, ma anche che si tratta di una forma largamente sconosciuta. Poiché la legge 157/92, riprendendo un principio già introdotto dalla legge n. 968/77 (che abolì il concetto di res

nullius in riferimento alla fauna selvatica), concede unicamente la facoltà di

impossessarsi, attraverso l’esercizio venatorio, di esemplari di specie (appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato) espressamente elencate all’art. 18 della medesima, ne deriva che Lepus corsicanus deve essere a tutti gli effetti considerata specie protetta. Anche in campo internazionale la mancanza di riferimenti giuridici è dipesa dal fatto che gli strumenti vigenti sono stati adottati quando ancora la specie non era conosciuta.

Nella Tabella 2 si riporta il prospetto riepilogativo relativo alla differenti specie di Lagomorfi presenti in Italia e disciplinate dalla normativa comunitaria e nazionale.

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14

Tabella 2. Quadro sinottico dei principali strumenti normativi di conservazione e gestione dei Lagomorfi in Italia (1) Specie esotica per la quale il Consiglio d’Europa suggerisce l’eradicazione (2) Sfruttamento subordinato a misure di gestione (3) Specie non ancora riconosciuta al momento

dell’adozione del provvedimento (4) Sfruttamento controllato delle popolazioni (da Trocchi e Riga, 2005).

2.4 LA LEPRE EUROPEA (Lepus europaeus)

Figura 4. Lepre europea.

2.4.1 DISTRIBUZIONE

La Lepre europea è la specie a più alta diffusione nel mondo, con un areale che si estende su quasi tutta l’Europa (incluse Gran Bretagna e Irlanda) fino al Medio Oriente e all’Asia centrale. La specie è presente in diverse isole del Mediterraneo (ad eccezione

Regno: Animalia Phylum: Chordata Classe: Mammalia Ordine: Lagomorpha Famiglia: Leporidae Genere: Lepus

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15 della Sardegna, della Sicilia e delle Baleari), mentre è assente in Islanda. È stata introdotta con successo dall’uomo in Irlanda, Svezia meridionale, Nuova Zelanda, Australia, alcune regioni del Nord America ed alcune isole oceaniche.

Figura 5. Distribuzione dei reperti museali di L. europaeus, prima e dopo il 1959. La linea verde rappresenta il limite di generale diffusione verso Sud della distribuzione dei reperti medesimi.

In Italia era originariamente distribuita nelle regioni centro-settentrionali della penisola a nord di una linea immaginaria che va da Grosseto a Foggia. A causa delle massicce introduzioni a scopo venatorio, iniziate negli anni '20 e culminate negli anni '60, attualmente popolazioni localizzate di Lepus europaeus sono presenti anche in tutte le regioni meridionali, con esclusione della Sicilia e della Sardegna dove i tentativi di introduzione sono falliti (Lo Valvo et al., 1997). La specie è stata introdotta anche all’Elba e a Pianosa.

2.4.2 MORFOLOGIA

2.4.2.1 Descrizione della specie

La Lepre comune o europea ha forme slanciate, testa relativamente piccola e con parte facciale molto sviluppata. Ha occhi grandi in posizione laterale e leggermente sporgenti, posizione che consente all’animale di avere un campo visivo molto ampio; orecchie più lunghe della testa con ampio padiglione ed estremità bordate di nero e un senso

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16 dell’udito particolarmente sviluppato. Gli arti posteriori sono molto robusti e più lunghi degli anteriori e ha una coda relativamente sviluppata. In entrambi i sessi la colorazione del mantello è fulvo-grigiastra con tonalità nerastre sul dorso. Il ventre, le parti interne degli arti e la parte inferiore della coda sono biancastri. Raggiunge i 70 cm di lunghezza (oltre a circa 8 cm di coda), per un peso che sfiora i 5 kg: tali misure ne fanno il leporide vivente di maggiori dimensioni. Il peso comunque è assai variabile nelle diverse sottospecie tradizionalmente descritte, con nessuna differenza significativa tra maschi e femmine (Riga et al., 2001) e risente di numerosi altri fattori (individuali, geografici, stagionali, sanitari) (Spagnesi e Trocchi, 1993).

2.4.2.2 Sviluppo e variabilità dei caratteri

I leprotti, a differenza dei coniglietti, nascono già ad occhi aperti, ricoperti di pelo e sono in grado di muoversi autonomamente dopo poche ore dalla nascita, per cui la madre non prepara un vero e proprio giaciglio. Alla nascita i leprotti hanno un peso medio di circa 110 grammi, ma il loro sviluppo è molto rapido. La pubertà delle giovani lepri è raggiunta tra i 5 e i 7 mesi nei maschi e tra i 6 e gli 8 mesi nelle femmine.

2.4.2.3 Riconoscimento del sesso

Non si riconoscono con certezza i maschi dalle femmine sulla base dell’aspetto esterno, solo in limitati casi si possono riconoscere femmine gravide o allattanti. Per capire il sesso dell’animale spesso è necessario estroflettere i genitali esterni, poiché nel periodo di riposo sessuale i testicoli possono rientrare nel canale inguinale e non risultare facilmente palpabili.

2.4.2.4 Stima dell’età

Fino all’età di circa tre mesi i giovani crescono molto rapidamente e in modo regolare, tanto che si possono distinguere dagli adulti anche a distanza. Oltre tale epoca, le trasformazioni sono via via meno importanti e la variabilità individuale può mascherare le variazioni dovute all’età. Per gli esemplari sub-adulti e adulti il peso non può essere ritenuto un criterio efficace per stimare l’età della lepre.

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17 I parametri più affidabili su cui basarsi per una corretta stima dell’età della Lepre europea consistono nel grado di ossificazione delle ossa lunghe e nel peso secco del cristallino:

- Il tubercolo di Stroh è un nucleo cartilagineo presente alla sommità dell’avambraccio della lepre dove, tra diafisi ed epifisi, assolve alla funzione di elemento di congiunzione finalizzata a consentire l’accrescimento delle ossa ovvero del radio e dell’ulna. Il tubercolo è presente nelle giovani lepri nei primi 8 mesi di vita ed è apprezzabile sulla fascia laterale esterna dell’arco anteriore circa un centimetro prima del polso. Terminato il processo di accrescimento delle ossa dell’avambraccio, il tubercolo, che è una riserva di calcio che viene gradualmente assorbita, scompare e nel punto in cui era presente come elemento di congiunzione le ossa si saldano definitivamente (Trocchi e Riga, 2005). Tale caratteristica permette, tramite la palpazione anche su esemplari vivi o visivamente sull’esemplare morto incidendo la cute (Figura 6), di discriminare le lepri di età inferiore agli 8 mesi dagli adulti. Il tubercolo è maggiormente apprezzabile attraverso la preparazione a nudo delle ossa dell’avambraccio ed alla successiva lettura visiva (Figura 7).

Figura 6. Il tubercolo di Stroh in una lepre giovane (in basso), posto in evidenza mediante incisione della cute; stesso particolare anatomico in un esemplare adulto (in alto).

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Figura 7. Reperto n° 1 avambraccio di un soggetto adulto dove non è più presente il tubercolo di

Stroh. Reperto n° 2 avambraccio di un soggetto giovane dove è evidente la presenza del tubercolo. Sulla destra si nota il dettaglio ingrandito.

- Il cristallino dell’occhio della lepre è un organo che aumenta di peso durante tutta la vita dell’animale, costituendo un metodo di massima precisione nella determinazione dell’età conoscendo la data di morte dell’esemplare. Il peso del cristallino non varia in base al sesso dell’animale ma maggiormente quando è giovane rispetto a quando è adulto, a causa dei minori incrementi ponderali dei cristallini (Trocchi e Riga, 2005).

Ulteriori metodiche di stima dell’età, utili a fini di studio sono:

- la verifica del grado di ossificazione delle suture del cranio (Cabon-Raczynska, 1964), utilizzabile per definire classi d’età avendo a disposizione solo questa parte scheletrica;

- lo studio delle linee annuali di arresto dell’apposizione secondaria dell’osso (ad es. nella mandibola), che consentono di determinare l’età negli esemplari adulti con buona attendibilità (Ohtaishi et al., 1976; Castanet et al., 1977; Frylestam e Von Schantz, 1977; Pascal e Kovacs, 1983).

2.4.3 ECOLOGIA 2.4.3.1 Habitat

La Lepre europea è specie relativamente plastica per quanto concerne la scelta dell’habitat. Originaria delle steppe euro-asiatiche la specie si è bene adattata agli ecosistemi agricoli, ove l’elevata produttività le consente di raggiungere densità di oltre

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19 100 esemplari per km². Un’indagine realizzata in Gran Bretagna da Tapper e Parsons (1984) ha evidenziato come il numero medio di lepri abbattute per km² sia positivamente correlato con la percentuale di superficie arativa del territorio. Per contro, l’altitudine ed i boschi sono correlati negativamente con l’indice di abbondanza della specie.

In sintesi, la Lepre europea è legata agli ambienti aperti ed in particolare a quelli agricoli tradizionali, con appezzamenti di modeste dimensioni e coltivazioni miste in rotazione. La presenza dei boschi può essere tollerata se percentualmente non elevata (fino al 30% circa dell’area) e se in formazioni non compatte (preferibilmente di latifoglie e con sottobosco anche erbaceo). Nonostante preferisca aree pianeggianti, la Lepre europea si spinge in montagna fin verso i 2.000 - 2.100 metri s.l.m. sulle Alpi, dove al di sopra dei 1.500 metri può vivere in simpatria con la Lepre bianca e fino a 2.500 - 2.600 metri circa sull’Appennino. Le lepri preferiscono frequentare i pascoli “migliorati” o gli appezzamenti seminati con specie foraggere coltivate, rispetto alle praterie naturali, soprattutto se non pascolate regolarmente.

Dalla metà del 1900 l’evoluzione subita dalle aree agricole dell’Europa occidentale (incremento della dimensione media degli appezzamenti, forte incremento della meccanizzazione colturale, largo impiego di pesticidi, specializzazione colturale, abbandono delle aree marginali) per assecondare le mutate esigenze economiche e le più moderne tecnologie di coltivazione, ha però comportato un generalizzato peggioramento della qualità dell’habitat della Lepre europea (riduzione della diversità ambientale e della ricchezza delle componenti ecologiche per unità di superficie) ed il conseguente declino delle sue popolazioni in varie regioni e Paesi europei.

2.4.3.2 Alimentazione

La Lepre europea è un erbivoro stretto e la dieta si basa soprattutto sul consumo di Poaceae (Graminaceae). In primavera-estate si nutre di leguminose, graminacee, composite, alcune crucifere e parti verdi di piante, mentre in autunno-inverno di bacche, semi, radici, erba secca, ghiande, funghi e tronchi di alberi (Spagnesi e Trocchi, 1992).

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20 Le necessità idriche delle lepri sono in gran parte soddisfatte dall’acqua presente negli alimenti, tuttavia, il fabbisogno d’acqua è assai influenzato dal tipo di alimentazione e dal periodo dell’anno.

2.4.3.3 Riproduzione

La Lepre europea è un animale poligamo con sovrapposizione dell’home range di un maschio con quelli di più femmine. La stagione degli accoppiamenti inizia approssimativamente al solstizio d’inverno e termina a settembre; i parti avvengono dopo 41-42 giorni di gestazione con la nascita in media di 2-3 leprotti (da 1 a 5) in un covo sul terreno, del peso di circa 100 gr ciascuno, già ricoperti di pelo, con gli occhi aperti e in grado di muoversi autonomamente dopo poche ore dalla nascita, che vengono allattati per circa tre settimane per lo più durante le ore notturne.

L’utero è doppio, l’ovulazione è indotta dal coito e in caso di mancato concepimento si instaura una pseudogravidanza che dura 12-18 giorni. Caratteristica della lepre è l’esistenza della superfetazione, fenomeno per il quale una femmina presenta una parziale sovrapposizione temporale di due distinte gestazioni, una a termine e l’altra in una fase iniziale. Tale fenomeno sembra essere molto frequente in allevamento (70-80% dei parti) e un po’ meno diffuso in natura (15-50% dei parti) (Pandini et al., 1998).

La maturità sessuale viene raggiunta a 5-7 mesi dai maschi e circa un mese più tardi dalle femmine.

La lunghezza della stagione riproduttiva della Lepre europea risulta regolata dal fotoperiodo, più che dalle condizioni climatiche. Le prime nascite avvengono già alla fine di gennaio, ma avverse condizioni climatiche possono determinare un’elevata mortalità dei leprotti, soprattutto nelle regioni settentrionali e montane. Il periodo di riposo sessuale è relativamente breve (circa 60-70 giorni), essendo compreso tra ottobre e dicembre.

2.4.3.4 Mortalità

Le lepri possono raggiungere normalmente i 6 anni di vita (eccezionalmente 12), ma sono soggette a numerosi fattori di mortalità naturali e artificiali. Tra i fattori naturali vi sono le malattie, le avversità climatiche e la predazione, spesso in relazione tra loro e

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21 con la qualità dell’habitat. Rispetto a questi fattori le popolazioni di lepre e gli individui stabiliscono delicate forme d’equilibrio (es. “predatore- preda”, “ospite-parassita” ecc.), che eventi climatici eccezionali e una non corretta gestione possono pesantemente alterare. In tale contesto si colloca anche la comparsa di nuovi agenti patogeni, introdotti ad esempio con le lepri di ripopolamento importate da aree geografiche assai distanti. Tra questi la diffusione dell’E.B.H.S.V. (Virus dell’European Brown Hare Sindrome o Epatite virale della lepre) negli anni Ottanta del Secolo scorso, ha sicuramente determinato gravissime conseguenze sulle popolazioni di Lepre europea rispetto alle quali solo da pochi anni si registra una certa ripresa (Trocchi e Riga, 2005).

Le lepri ospitano tutte numerosi parassiti (tra i quali sono importanti soprattutto quelli dell’apparato digerente e respiratorio), che solo in determinate circostanze possono divenire causa di morte. È il caso ad esempio dei coccidi (se ne segnalano 8 specie in L.

europaeus), che possono determinare il decesso in particolare dei leprotti e degli

strongili polmonari, che colpiscono gli esemplari adulti. Più spesso i parassiti manifestano un’azione debilitante e predisponente sia l’insorgenza di malattie infettive, che la predazione. Tra le patologie batteriche importanti, alcune si connotano per le mortalità che possono indurre nelle popolazioni di lepre (Pasteurellosi, Yersiniosi, Staffilococcosi ecc.), altre per la trasmissibilità, diretta o indiretta, all’uomo (Tularemia, Yersiniosi o Pseudotubercolosi, Malattia di Lyme, Encefalite da zecche di tipo centro-europeo o TBE) e ad animali domestici (Brucellosi da Brucella suis).

Tra i fattori artificiali di mortalità vi sono la caccia ed il bracconaggio, numerose attività agricole (pesticidi, meccanizzazione, modificazione dell’habitat), il traffico stradale, l’inquinamento ecc.

La volpe rappresenta il predatore più importante per la specie, anche in considerazione della sua ampia distribuzione e densità relativa. Altri predatori sono il lupo, alcuni mustelidi, il gatto selvatico, l’aquila reale, il gufo reale, la poiana, l’albanella reale, il falco di palude ecc. Predatori occasionali sono alcuni corvidi, il cinghiale ed il tasso.

2.4.3.5 Demografia

La demografia della Lepre europea può essere studiata attraverso l’analisi di una serie di parametri (densità, natalità, mortalità, immigrazione, emigrazione o dispersione)

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22 inerenti la struttura delle popolazioni e la loro dinamica spazio-temporale. Naturalmente questi parametri sono influenzati dalle caratteristiche ecologiche dell’habitat, da fattori comportamentali, nonché da variabili caratterizzate da una forte componente stocastica (clima, patologie ecc.).

Le popolazioni di lepre sono caratterizzate da forti fluttuazioni spazio-temporali (Andersen, 1957; Broekhuizen, 1979; Strandgaard e Asferg, 1980; Pépin, 1989). La loro dinamica si basa su un elevato tasso di rinnovamento, benché meno accentuato rispetto a quello che caratterizza molti micromammiferi (tra cui i Roditori).

La densità delle lepri sul territorio è assai variabile, sia su scala locale (la distribuzione è di tipo «aggregato»), che più in generale, come conseguenza di numerosi fattori ambientali, sociali e gestionali. Le densità possono variare da meno di 1 esemplare a oltre 250 esemplari / 100 ettari, con forti fluttuazioni da un anno all’altro. In Italia la densità e la consistenza delle popolazioni di lepre si riduce da Nord verso Sud, anche all’interno delle aree protette. Densità molto buone, con punte elevate, si osservano soprattutto nelle zone di ripopolamento e cattura della Pianura Padano-Veneta, mentre nelle aree ove è consentito il prelievo venatorio le densità di fine caccia sono di norma inferiori ad un capo per 100 ettari e spesso comprese tra 0 e 0,5 capi per 100 ettari (fanno eccezione certe aziende faunistico-venatorie e le riserve di caccia del Friuli Venezia-Giulia). In conseguenza delle consistenti immissioni effettuate a fini di ripopolamento, ma soprattutto della dispersione naturale di esemplari dalle aree protette, nelle aree aperte all’esercizio venatorio si constatano, paradossalmente, densità di fine inverno normalmente più elevate di quelle osservabili al termine della stagione venatoria (Trocchi e Riga, 2005).

In Italia non sono ancora disponibili studi inerenti l’idoneità dell’ambiente per la Lepre europea, ma la sua distribuzione storica e i sostanziali fallimenti delle massicce immissioni effettuate in tutte le regioni meridionali (Sicilia compresa), inducono a ritenere che essa incontri importanti limiti ecologici nei territori a clima mediterraneo (Trocchi e Riga, 2005).

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2.4.4 COMPORTAMENTO

Sebbene la Lepre europea sia considerata solitaria, in realtà la sua distribuzione nel territorio è di tipo «aggregato» anche quando presente con densità molto basse. Essa tende a raggrupparsi in determinati settori più favorevoli dal punto di vista ambientale, ma anche allo scopo di organizzare una minima struttura sociale necessaria per la sopravvivenza della popolazione locale. Le relazioni sociali si sviluppano normalmente di notte e nelle aree di pascolo, dove la presenza di più esemplari consente di spendere meno tempo per l’attività di vigilanza a vantaggio del tempo dedicato all’alimentazione ed alle relazioni sociali vere e proprie.

Soprattutto durante la stagione riproduttiva la socializzazione delle lepri è facilitata dal rilascio del secreto di alcune ghiandole, come quelle ano-genitali, che impregnano il terreno e quelle pigmentali del naso, che vengono usate per lasciare tracce odorose su tronchi o rami. Il territorio viene marcato anche dal secreto di ghiandole situate all’interno delle guance e ciò si realizza quando l’animale compie la toelettatura leccandosi le zampe anteriori e passandole sulle guance. Attraverso questi «messaggi» odorosi le lepri possono quindi comunicare la loro presenza, il sesso, la condizione fisiologica, lo stato sociale ecc. e ciò è assai importante considerate le loro abitudini prevalentemente notturne e lo scarso sviluppo della vista.

La Lepre europea è specie poligama, non vi sono però veri e propri harem detenuti da maschi dominanti, ma questi tendono a scacciare i più giovani subalterni che, sia pure in minor misura, riescono comunque ad accoppiarsi. La competizione tra maschi, che si manifesta con violenti combattimenti attuati con gli arti e le unghie (a volte con morsi), inizia già alcune settimane prima l’inizio degli accoppiamenti, ovvero a partire dai primi giorni di dicembre, presenta il culmine in primavera e prosegue per tutta l’estate ma in misura ridotta.

Nelle fasi di accoppiamento si verificano analoghi scontri anche tra maschi e femmine, questo comportamento ha però la funzione di preparare fisiologicamente le femmine all’accoppiamento ed all’ovulazione che è indotta dal coito. Certi maschi possono accoppiarsi con più femmine nel corso della medesima notte, così come certe femmine accettano il corteggiamento di più maschi

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24 Di abitudini prevalentemente crepuscolari e notturne, la lepre spesso abbandona il covo anche di giorno nei periodi dell’accoppiamento e dove le è consentito vivere indisturbata. Durante il giorno di norma la lepre rimane al covo, una semplice depressione del terreno, ricavata a volte in punti con vegetazione quasi impenetrabile, o nel bosco, altre volte tra la vegetazione erbacea e persino tra le zolle dei terreni arati o al margine delle scoline dei campi in pianura.

Benché sedentaria la lepre non è legata al territorio frequentato al punto di difenderlo attivamente rispetto ad intrusi e rivali. L’area frequentata può essere distinta in due zone funzionalmente differenti: l’home range (o area vitale), ove la lepre stabilisce i suoi covi e le zone di pastura e la zona di esplorazione circostante (di circa 1 km), utilizzata anche per i percorsi di fuga. L’home range è soggetto a continue modifiche, anche stagionali, per la necessità di adattarsi al mutare delle risorse disponibili o come reazione a situazioni sfavorevoli, o per esigenze sociali. In generale l’estensione media dell’home range di una lepre è in relazione all’idoneità dell’ambiente ed alla densità di popolazione. Studi effettuati mediante tecnica radiotelemetrica confermano questa variabilità degli home range da un minimo di 16 ad un massimo di 100 ettari (Broekhuinzen e Maaskamp, 1982; Ricci, 1983; Parkes, 1984; Fiechter, 1986; Tapper e Barnes, 1986; Kovacs e Buzza, 1992; Reitz e Leonard, 1994; Gemma, 1997).

Con il termine “dispersione” di norma si intendono gli spostamenti di un animale dal luogo di nascita a quello ove egli si insedia per riprodursi; alcuni autori però indicano con questo termine anche gli spostamenti di abbandono di un precedente home range. Di fatto si tratta di spostamenti compiuti dall’animale su territori non conosciuti e senza ritorno nelle aree del primitivo insediamento. Il fenomeno della dispersione nella lepre sembra inversamente proporzionale alla densità della popolazione: esso risulta più importante in presenza di basse densità, poiché correlato alla dimensione media dell’home range dei riproduttori, che è appunto maggiore in presenza di basse densità. Il fenomeno tende a manifestarsi con maggiore frequenza all’epoca della maturità sessuale (tra i 4 e i 6 mesi d’età) e tra maggio e febbraio; movimenti di dispersione si osservano comunque anche tra gli esemplari adulti (Trocchi e Riga, 2005).

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