UNIVERSITÀ DI PISA
Dipartimento di Economia e Management
Corso di Laurea Magistrale in Banca, Finanza Aziendale e Mercati
Finanziari
TESI DI LAUREA
Nascita e sviluppo degli strumenti derivati.
Analisi dei modelli di pricing delle swaption.
Candidato
Relatore
Giuseppe Vecchio
Prof. Riccardo Cambini
______________________________________________________________________
Indice.
Introduzione 1
CAPITOLO 1: Nascita, evoluzione e caratteristiche degli strumenti derivati: dai primi derivati fino ai derivati esotici.
1.1 Introduzione agli strumenti derivati. 3
1.2 Evoluzione storica degli strumenti derivati. 4 1.2.2 Lo sviluppo dei derivati nel XIX secolo. 6 1.2.3 Gli strumenti derivati dai primi anni del ‘900 fino agli anni ’70. 7 1.2.4 Gli strumenti derivati dopo Bretton Woods. 8 1.2.5 Lo sviluppo dopo gli anni ’70 e la nascita dei derivati esotici. 9 1.2.6 I fallimenti e le crisi “da derivati”. 12 1.4 Definizione e funzione degli strumenti derivati. 15
1.4 Le finalità degli strumenti derivati. 21
1.5 La classificazione degli strumenti derivati. 26
CAPITOLO 2: Gli strumenti derivati: dai “classici” ai “derivati esotici”.
2.1 Premessa introduttiva al secondo capitolo. 35
2.2
I future.
35
2.3 I forward.
38
2.4 I warrant.
43
2.4.1 I covered warrant. 44
2.5 Le opzioni 49
2.5.1 Le opzioni sui tassi di cambio. 54
2.5.2 le opzioni sui tassi di interesse. 55
2.5.3 Le opzioni esotiche. 58
2.6 Gli swap. 61
2.6.2 I currency swap e i cross currency swap. 66
2.6.3 I credit default swap. 69
2.6.4 I commodity swap. 70
2.6.5 Gli equity swap. 70
2.6.6 Gli asset swap. 70
2.7 Le swaption. 71
CAPITOLO 3: Analisi modelli di pricing delle swaption.
3.1 Introduzione 74
3.2 Il modello di pricing delle swaption di Black and Scholes. 74
3.3 Il Modello di Hull-White ad un fattore. 80
3.3.1 Gli alberi binomiali 82
3.3.2 Settaggi prima dell’implementazione dei modelli. 84 3.4 Simulazione Matlab del modello Hull-White a un fattore. 89
3.5 Il Libor Market Model. 93
3.6 Simulazione Matlab del Libor Market Model. 95
3.7 Comparazione dei swaption price calcolati con metodo Hull White a un fattore
e Libor Market Model. 101
Considerazioni conclusive. 103
Bibliografia 105
Introduzione.
Nel corso dei secoli l’economia è sempre stata in continuo sviluppo,
portando con sé nuovi modelli economici, nuovi strumenti, ma anche nuove
problematiche.
Il continuo aumento della complessità e del rischio di improvvise
fluttuazioni delle variabili finanziarie presenti nei mercati ha portato le
imprese di tutto il mondo a negoziare degli strumenti che permettessero loro
di immunizzare questi rischi, tali strumenti sono i derivati.
Infatti, in un’economia sempre più globale in cui non esistono più le frontiere
per gli investimenti, la gestione del rischio costituisce un fattore importante
nelle aziende che operano con l'estero e per quelle la cui redditività̀ dipende
anche dalla variazione del tasso d'interesse di strumenti finanziari.
Sono nati così in questo contesto così insicuro gli strumenti derivati la cui
evoluzione non accenna a fermarsi, anzi ne nascono ogni giorno e soprattutto
negli anni pre-crisi dei subprime (a cui hanno sensibilmente contribuito),
sempre di nuovi e sempre di più complessi.
Tra i prodotti derivati più complessi vi sono sicuramente le swaption.
La complessità delle swaption nasce dalla sua struttura che potremmo
definire a due livelli.
Infatti le swaption prevedono che il sottostante sia un altro prodotto derivato,
ovvero uno swap, con tutte le difficoltà che questo comporta in sede di
valutazione dello strumento.
Ed è proprio questo il punto centrale di questo elaborato.
Nel primo capitolo analizzeremo la nascita, la diffusione e l’evoluzione dei
prodotti derivati, dalla loro nascita fino ad oggi.
Nel secondo capitolo vi sarà un’analisi di ogni strumento derivato,
focalizzandoci sul loro funzionamento, scopo punti di forza e debolezza e
dove vengono negoziati.
Inoltre introdurremo tutte le possibili criteri di classificazione di questi
strumenti.
Il terzo capitolo si concentrerà esclusivamente sulle swaption.
In particolare dopo una breve analisi a livello teorico del modello di Black e
Scholes, del modello di Hull-White a un fattore, e del Libor Market Model,
ci concentreremo sull’implementazione di tali modelli nel software Matlab.
La nostra analisi mira a comprendere ogni singolo comando per poter andare
ad individuare quale modello tra l’Hull-White a un fattore e il Libor Market
Model fornisca un risultato più accurato e preciso.
CAPITOLO 1: Nascita, evoluzione e caratteristiche degli strumenti
derivati: dai primi derivati fino ai derivati esotici.
1.1 Introduzione agli strumenti derivati.
Nel corso dei secoli l’economia è sempre stata in continuo sviluppo, portando con
sé nuovi modelli economici, nuovi strumenti, ma anche nuove problematiche. Il continuo aumento della complessità e del rischio di improvvise fluttuazioni delle
variabili finanziarie presenti nei mercati ha portato le imprese di tutto il mondo a negoziare degli strumenti che permettessero loro di immunizzare questi rischi, tali strumenti sono i derivati.
Infatti, in un’economia sempre più globale in cui non esistono più le frontiere per gli investimenti, la gestione del rischio costituisce un fattore importante nelle aziende che operano con l'estero e per quelle la cui redditività̀ dipende anche dalla variazione del tasso d'interesse di strumenti finanziari. Gli strumenti derivati o derivative, sono contratti o titoli i cui prezzi sono basati sul valore di mercato di un altro strumento finanziario, definito sottostante. Le variabili alla base della quotazione dei titoli derivati, ovvero le attività sottostanti possono avere diversa natura: possono trattarsi di azioni, di obbligazioni, indici finanziari, di commodity come il petrolio o anche di un altro derivato, ma esistono derivati basati sulle più diverse variabili, addirittura esistono derivati, come quelli quotati ad esempio su Chicago Mercantile Exchange, sulla
quantità di neve caduta in una determinata zona, o sulle precipitazioni in genere. I derivati sono oggetto di contrattazione in molti mercati finanziari, e soprattutto
in mercati al di fuori dei centri borsistici ufficiali, ossia in mercati alternativi alle borse vere e proprie, detti OTC, over the counter: si tratta di mercati creati da istituzioni finanziarie e da professionisti tramite reti telematiche e che, di solito, non sono regolamentati.
1.2 Evoluzione storica degli strumenti derivati.
La storia dei derivati ha radici che affondano molto in profondità. Infatti il primo esempio di strumento derivato è riconducile al 580 a.C.
all’esperienza di Talete di Mileto. Stando alle parole di Aristotele, il filosofo acquistò delle “opzioni” sull’utilizzo dei frantoi della zona, in un momento di scarsità della domanda, per poi accaparrarsi una fortuna quando la richiesta per macinare le olive aumentò in seguito ad un’ottima raccolta.
Testimonianze di altre forme di strumenti derivati nel periodo prima di Cristo si hanno delle civiltà dei Fenici e dei Romani, erano utilizzate infatti forme di strumenti derivati per assicurare i carichi delle navi.
Nel Medio Evo e nel Rinascimento con lo sviluppo del commercio, soprattutto nelle città dove questa era più florido, tra l’altro anche in alcuni comuni italiani come Firenze o le Repubbliche marinare, che erano allora alla guida dell’economia
europea, vi fu la diffusione di forme semplici di strumenti derivati.1 Tuttavia il primo vero e proprio mercato per lo scambio di strumenti derivati può
essere considerato il Royal Exchange in Londra che permetteva l’accesso alle negoziazioni ai contratti foward.
Per i contratti futures invece la prima sede identificabile con certezza fu il mercato del riso ad Osaka.
1.2.1 Lo scoppio della prima bolla speculativa “da derivati”.
La “Mania dei tulipani olandesi”, come fu ribattezzata la prima bolla speculativa della storia, è riconducibile all’uso spropositato dei contratti futures.
In Olanda, nella prima metà del XVII secolo, la domanda di tulipani era cresciuta talmente tanto che il prezzo di un singolo bulbo poteva toccare prezzi stratosferici. Divenuto ben presto un bene di lusso, ed uno status symbol, il prezzo massimo mai
registrato per un singolo bulbo di Semper Augustus fu 6000 fiorini a fronte di un reddito medio annuo pro capite di 150 fiorini.
Questa situazione naturalmente faceva gola agli speculatori dell’epoca, ma anche alle persone normali dell’alta borghesia, che arrivarono a vendere o acquistare immobili per speculare sui tulipani, regolarmente scambiati nelle borse valori di molte città olandesi dell’epoca.
Alcuni commercianti iniziarono, spinti dalla sete di guadagno, a vendere bulbi che avevano appena piantato o che avevano intenzione di piantare, concludendo sostanzialmente dei futures sui tulipani.
Quando nel febbraio del 1637 i commercianti di tulipani non riuscirono a gonfiare ulteriormente le valutazioni, iniziarono a vendere provocando un crollo dei prezzi, sicché alcuni detenevano contratti per comprare tulipani a costi dieci volte maggiori di quelli di mercato (ormai crollato), mentre altri possedevano bulbi che valevano un decimo di quanto li avevano pagati.
Come se non bastasse i giudici olandesi, sentenziarono che i debiti contratti tramite futures fossero equiparabili a quelli sorti per gioco d’azzardo, e quindi non esigibili con la forza.
Il tutto si concluse con centinaia di olandesi, inclusi uomini d’affari e dignitari, finanziariamente rovinati.2
Nel 1773, in seguito ad alcuni scandali borsistici, si arrivò persino a vietare la contrattazione in Inghilterra di future ed options nella borsa londinese, divieto che intercorse nel 1860.3
2 Mike Dash - Tulipomania: The Story of the World's Most Coveted Flower and the Extraordinary
Passions It Aroused.
1.2.2 Lo sviluppo dei derivati nel XIX secolo.
Nel XIX secolo, grazie anche allo sviluppo del commercio, vi fu un più ampio utilizzo e una maggiore diffusione dei derivati.
Il commercio si snodava infatti su lunghe tratte, con vascelli che impiegavano anche mesi per arrivare a destinazione, così il valore del carico oscillava durante il viaggio e al momento dell’arrivo poteva essere di gran lunga inferiore o superiore rispetto al valore al momento della partenza.
Le grandi compagnie navali dovevano quindi sopportare rischi sempre maggiori derivanti da tali oscillazioni dei prezzi, così per ovviare a tali problemi si inizio a commerciare con un metodo definito “to arrive”, ovvero prima dell’arrivo delle navi mercantili ai porti di destinazione.
Per far ciò si affidava la consegna dei documenti relativi al carico a delle navi veloci dette “clippers” e il contratto veniva stipulato prima dell’arrivo dei mercantili al porto.
Tale sistema ebbe così tanto successo che a Liverpool nacque nel 1821 il primo mercato “to arrive” presso il Liverpool Cotton Exchange, e successivamente con lo sviluppo delle navi a vapore si regolarizzò anche il flusso mercantile, si incominciò a parlare di contratti per la futura consegna, che ben presto presero il nome ben più noto di futures.
Figura 1.1: Volume di scambio di futures sul cotone nel New York Cotton Exchange and Cotton Group dal 1871 al 2002.
Come possiamo vedere nella Figura 1.1, tale modalità di negoziazione si diffuse contemporaneamente anche negli Stati Uniti.
Gli strumenti derivati nel nuovo continente venivano utilizzati soprattutto per il commercio dei cereali e del cotone, tuttavia se da un lato l’obbiettivo di stabilizzare il mercato dei cereali era stato sicuramente centrato, il sistema mostrò ben presto le sue lacune, imputabili più che altro alla grossolanità delle caratteristiche precipue dei contratti impiegati a quel tempo.
Questi infatti erano fortemente distinti fra loro, risiedendo la specificità non solo nel prezzo, nel luogo e nella data di consegna, ma anche nella qualità della merce. Tale fattore li rendeva quindi difficilmente rinegoziabili, e ancor più difficilmente liquidabili.
Se si aggiunge a questo una scarsa regolamentazione, nonché una poca trasparenza dei mercati, non deve sorprendere il fatto che molti fossero i casi di default registrati.
1.2.3 Gli strumenti derivati dai primi anni del ‘900 fino agli anni ’70.
Dato l’altissimo numero di default si intuì la necessità, oltre che del passaggio ai contratti standardizzati, di una evoluzione non solo degli aspetti qualitativi e quantitativi dei contratti stessi, ma anche, e soprattutto, la parallela costruzione di un apparato di norme che garantisse l’efficienza dei mercati, intervenendo soprattutto su aspetti fondamentali quali la sicurezza e la garanzia dell’effettività dei contratti.
Significativo in questo senso è il caso delle opzioni che, inizialmente negoziate dalla nascente Put and Call Brokers and Dealers Association (PCBDA), non ebbero molto successo a causa delle gravi irregolarità ed illiceità riscontrate, arrivando perfino ad essere momentaneamente banditi durante la crisi del ’31 e per un breve periodo durante la Seconda Guerra Mondiale, fino a quando non fu inaugurato nel 1973 il Chicago Boards Options Exchange o CBOE che
normalizzò la situazione.4
1.2.4 Gli strumenti derivati dopo Bretton Woods.
Nel 1944 con gli accordi di Bretton Woods vi fu un cambiamento radicale in ambito finanziario.
Infatti “La proposta approvata prevedeva che i membri del Fondo Monetario Internazionale proponessero un valore di parità della propria valuta nei confronti dell’oro...per mantenere la parità, i governi iniziarono a effettuare interventi sul mercato delle valute in dollari. Questo avvenne perché mantenere una parità fissa con l’oro implicava mantenerla anche verso il dollaro che divenne de facto la valuta di riserva, ovvero la valuta che veniva accettata per regolare le transazioni internazionali e stabilizzare le valute.”5.
Nel 1970 con la crisi internazionale e la guerra del Vietnam il presidente Richard Nixon fu costretto all’abbandono del gold exchange standard e, nel 1971, vi fu il passaggio al regime di cambio flessibile.
Questo passaggio causò numerose turbolenze, e gli stessi agenti del sistema avvertirono la necessità di calmierare la situazione, o quanto meno ridurre i rischi delle fluttuazioni improvvise delle valute, fu così che nel 1972 venne costituito a Chicago l’International Monetary Market, il primo mercato a termine adibito alla negoziazione di futures su valute.
Dopo la crisi petrolifera che avvenne nel 1974 si decise di abolire le restrizioni sulle riserve auree statunitensi, nacquero così per la prima volta i futures sull’oro.
4Eleuterio Vallelado – Options Evolutions: The introduction of organized markets in the USA.
Figura 1.2: Volume di contratti futures su oro nel mondo.
Fonte: http://www.traderpedia.it/wiki/images/d/db/Oro_volume.jpg
Dal 1974 in poi inoltre possiamo notare come i volumi dei contratti futures su oro nel mondo andarono via via aumentando sempre più, soprattutto nei primi anni. Tuttavia era ormai chiaro che potevano essere costituiti futures non solo su attività “reali” ma anche su oggetti “cartacei”.
Tale nascita fece da spartiacque, infatti da lì a poco furono introdotti i futures sui tassi d’interesse, nel 1975, i cosiddetti Government National Mortgage Association Futures, successivamente nel 1981 i futures sui titoli del debito pubblico statunitense, detti U.S. Treasury bond Futures, ed anche i futures sugli indici azionari denominati Index Stock Future.
1.2.5 Lo sviluppo dopo gli anni ’70 e la nascita dei derivati esotici. Gli anni ’70 modificarono radicalmente il mercato finanziario.
Numerose furono le novità introdotte in questi anni, che contribuirono a dare al mercato le sembianze che ha oggi.
La novità più importante è sicuramente legato allo sviluppo telematico, questo diede il via alla nascita di veri e propri mercati organizzati o regolamentati da una rete di computer, come il pioneristico NASDAQ (National Association of Securities Dealers Automated Quotation).
Successivamente alla fondazione del IMM venne inaugurato nel 1973 il primo mercato regolarizzato delle opzioni.
Uno degli obiettivi delle autorità di settore fu quello di evitare gli scandali che in passato avevano vessato tali strumenti derivati, tant’è che numerosi furono i controlli a riguardo operati congiuntamente sia dalla SEC (Securities and Exchange Commission) che dalla CFTC (Commodities Futures Trading Commission).
Nel campo dei prodotti derivati e della finanza in genere però un avvenimento ancora più significativo fu l’introduzione dell’option pricing model, frutto del lavoro di Fischer Black and Myron Scholes.
In quel periodo numerosi matematici e fisici si prestarono all’economia per creare strumenti derivati nuovi e più innovativi rispetto ai già esistenti futures e option. Si capì infatti che i modelli matematici si potevano applicare per la descrizione di numerosi fenomeni finanziari, la formula di Black e Scholes, ad esempio, è una formula matematica per il prezzo di non arbitraggio di un’azione call o put di tipo europeo, che può essere derivata a partire dalle ipotesi del modello ovvero: il prezzo del sottostante segue un moto browniano geometrico, in maniera tale che una quantità che segue tale moto possa assumere solo valori maggiori di zero; è consentita la vendita allo scoperto del sottostante, come dello strumento derivato; non sono ammesse opportunità d'arbitraggio non rischioso; il sottostante e lo strumento derivato sono scambiati sul mercato in tempo continuo; vigono le ipotesi di mercato in perfetta concorrenza; è possibile scambiare frazioni arbitrariamente piccole di ogni titolo sul mercato; il tasso di interesse privo di rischio è costante costante r, e uguale per tutte le scadenze.
La diffusione di prodotti swaps si ebbe, soprattutto nei mercati Over The Counter, nel 1980, ma soprattutto si diffusero una miriade di derivati il cui sottostante poteva essere fondamentalmente qualsiasi cosa. Questo permise alle imprese di diversificare i rispettivi portafogli in maniera tale da ridurre al minimo i rischi connessi alle attività, ma accanto a queste posizioni di hedging naturalmente facevano fronte, speculators che vedevano come un’opportunità di arricchimento gli investimenti in derivati, tenendo presente il forte grado di leva finanziaria tipica di tali strumenti. Infatti basti pensare che già da quando fecero comparsa i primi Treasury bill futures contract, nel 1975, bastavano poco più di qualche migliaio di dollari per controllare un milione di dollari di T-bills.
Naturalmente, con il complicarsi degli strumenti, Walls Street necessitava di competenze sempre maggiori, e alla mercè delle fantasie di matematici e fisici, videro la luce i primi derivati definiti, per la loro atipicità, “esotici”, che molto si discostavano dagli strumenti classici quali option, futures, swaps che furono identificati ripescando dal gergo anglosassone il termine plain vanilla.
Nella Figura 1.3 si evidenzia la sempre maggiore diffusione dei prodotti derivati nel corso degli anni, questo abuso, assieme a delle politiche errate e alla “leggerezza” dei controlli porterà ad una crisi “da derivati” senza precedenti.
Figura 1.3: Volumi di scambio categorie di prodotti derivati nei mercati OTC dal 1998 al 2011.
1.2.6 I fallimenti e le crisi “da derivati”.
Inizialmente si pensava che i derivati fossero la scoperta di una miniera d’oro nel mercato finanziario consentendo margini di guadagno da capogiro e rischi ridotti, tuttavia presto si capì l’errore di valutazione commesso.
La speculazione sui derivati infatti diviene, se effettuata senza criterio, assimilabile al gioco d’azzardo.
Dai primi anni ’90 sino ai giorni nostri infatti si assistette a numerosi fallimenti e salvataggi di banche, istituti finanziari e assicurativi che molto avevano speculato utilizzando i derivati.
Nel 1994 i mercati furono colpiti da una serie di grosse perdite relative a speculazioni non andate a buon fine, nonostante gli avvisi di società ben conosciute nell’ambiente degli analisti come Procter and Gamble e Metallgesellschaft. L’episodio più eclatante a riguardo fu il fallimento di una delle più antiche e solide banche londinesi: Barings.
La Barings fu dichiarata insolvente il 26 Febbraio del 1995, questa non fu in grado di opporsi alle errate speculazioni finanziarie sui derivati perpetrate dal ventottenne Nick Leeson, capo degli investitori sui derivati della divisione in Singapore della stessa Barings.
In realtà operazioni di arbitraggio perpetrate da Nick Leeson sono essenzialmente prive di rischi, consistendo essenzialmente nel comprare futures su un mercato e simultaneamente rivenderli in un altro ad un prezzo più alto.
Tale operazioni però, essenzialmente di hedging, non permettono grandi guadagni, a fronte di un rischio bassissimo, tuttavia Nick Leeson azzardò strategie ben più rischiose speculando sul prezzo dei derivati, ed arrivando ad accumulare grossissime perdite, che inizialmente riuscì a camuffare sfruttando delle falle nel sistema di controllo della banca, ma dopo il terremoto Kobe che causò il crollo dell’indice Nikkei la truffa fu scoperta.6
6Leeson, Nicholas William; Edward Whitley -Rogue Trader: How I Brought down Barings Bank and
Ancor più nota è la crisi globale scoppiata nel 2007 negli Stati Uniti e di cui ancora ne paghiamo le conseguenze ancora oggi, ovvero la crisi dei subprime che poi causò la crisi dei debiti sovrani.
Il ruolo dei derivati in questo caso è stato quello di veicolo di crediti di pessimo valore, infatti si concedevano mutui, soprattutto per l’acquisto di case, a soggetti che non presentavano alcuna garanzia di solvibilità (addirittura venivano concessi anche a individui che presentavano modulistica incompleta o totalmente mancante).
Le grandi banche infatti cedevano tali mutui a degli istituti finanziari che poi cartolarizzavano tali crediti e li incorporavano in altri strumenti che poi venivano venduti agli investitori.
Il rischio di insolvenza veniva così trasferito dalla banca all’investitore, con l’avallo delle agenzie di rating che attribuivano a questi CBO delle false valutazioni.
Tale sistema, con lo scoppio della bolla immobiliare, portò in rovina non solo gli investitori ma anche banche, istituti finanziari e assicurativi.
Ha visto coinvolto, per esempio, il più grande colosso assicurativo del mondo, la A.I.G. (American International Group), costretta nel 2008 a rimborsare cifre astronomiche per avere emesso un gran numero di derivati CDS (Credit Default Swap).
Emettendo tali “polizze” in numero esorbitante, l’A.I.G. si era impegnata a coprire il rischio di insolvenza legato ai titoli “tossici” detenuti dalla società finanziaria Lehman Brothers che, a sua volta, si era fatta coinvolgere in un vasto affare di cartolarizzazione del debito legato ai mutui subprime. Quando, col fallimento della Lehman, i detentori dei suoi titoli “tossici” (prima tra tutti la Goldman Sachs) hanno fatto scattare l’operatività della clausola di copertura a carico della A.I.G., quest’ultima, costretta a rimborsare da un minuto all’altro miliardi di dollari di cui non disponeva, si è trovata di fronte alla secca alternativa tra l’essere salvata o il dichiarare anch’essa fallimento. Soltanto l’intervento “generoso” del Tesoro americano e della Federal Reserve, è
riuscito infine a scongiurare il fallimento della più grossa compagnia assicurativa al mondo.
La vicenda del salvataggio dell’A.I.G. costituisce un esempio di come si stia provvedendo a coprire le falle prodotte dallo scoppio della bolla interna al sistema finanziario occidentale.
Gli organismi che sovrintendono alla regolamentazione ed alla vigilanza del settore, dopo aver permesso un uso incontrollato della finanza derivata per conseguire profitti virtuali astronomici e, per mascherare le perdite in seno ai grandi colossi finanziari, sono intervenuti a correre ai ripari soltanto all’ultimo minuto, con delle imponenti “iniezioni di liquidità” giustificate agli occhi dell’opinione pubblica internazionale col noto argomento secondo cui non sarebbe stato salutare per nessuno consentire il default di grossi istituti “too big to fail”. Il punto critico di questo ragionamento è che le cosiddette “iniezioni di liquidità”, altro non sono che delle massicce operazioni di prestito, a tasso agevolato, messe in atto da organismi pubblici, per cui le conseguenze finiscono inevitabilmente per essere pagate dalla collettività.
“E dunque, i soggetti protagonisti della finanza occidentale, dopo avere lucrato profitti astronomici grazie a quella enorme massa di denaro virtuale da loro stessi creata, a seguito dello scoppio della grande bolla, avvenuto tra il 2007 ed il 2008, hanno pensato di scaricare “a valle” le conseguenze della inevitabile perdita di valore dei titoli cosiddetti “tossici”, liberando i propri bilanci da queste “patate bollenti”.
I derivati tossici hanno finito così per passare di mano in mano, secondo uno “schema Ponzi” che ha visto quali ultime vittime sacrificali i risparmiatori e gli azionisti nonché le altre banche e imprese di Paesi stranieri politicamente più deboli, come l’Italia.”7
Concludendo, dopo aver dato un primo sguardo a ciò che “hanno causato” i derivati nel corso della storia possiamo definirli, come fece il miliardario americano Warren Buffet, “un’arma di distruzione di massa”?
1.3 Definizione e funzione degli strumenti derivati.
Dare una definizione chiara ed univoca di derivato è molto difficile.
Tale istituto contrattuale si è perlopiù sviluppato negli ordinamenti di common law ed è stato persino definito da una parte della dottrina come un “contratto alieno”8.
Nel dare una definizione di derivato non è di alcun aiuto la normativa primaria italiana, infatti in questa non ritroviamo alcuna definizione di derivato
.
Solo il Testo Unico della Finanza (TUF)9 fornisce un’elencazione di determinati contratti (art. 1, comma 2) che, per le loro caratteristiche, vengono qualificati come derivati. Il comma 3 dell'articolo in questione afferma che ““Per strumenti finanziari derivati si intendono gli strumenti finanziari previste dal comma 2, lettere d), e), f), g), h), i) e j), nonché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1-bis, lettera d)” dello stesso articolo.
In particolare, vengono individuate le seguenti fattispecie:
• contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
• contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri
8De Nova G.,“The Law which governs this Agreement is the Law of the Republic of Italy: il contratto
alieno”, in Jucidium, 2011, all’url http://judicium.it/news/ins_15_05_07/De%20nova%20Nuovi %20Saggi.html; Id., “I contratti derivati come contratti alieni”, in Rivista. Diritto Privato, 2009. 13 Decreto legislativo 24 febbraio 1998 n° 58.
contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto;
• f) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione;
• g) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f), che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini.
• h) strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito; • i) contratti finanziari differenziali;
• j) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati
(«future»), «swap», contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari
derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini;
• art.1-bis, lettera d) qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure;
Nonostante l’elencazione fornita dal TUF sia estremamente puntuale e dettagliata, molte critiche sono state mosse a questa scelta di non dare una definizione di strumento derivato.
Infatti, un'elencazione delle diverse tipologie contrattuali, per quanto possa essere dettagliata, non potrà mai essere esaustiva in riferimento all'elevato tasso di innovazione finanziaria e dei periodici aggiornamenti normativi.
La materia è stata anche trattata dalla Banca d’Italia: nella circolare n. 4 del 29 marzo 1988 li definisce come “i contratti che insistono su elementi di altri schemi negoziali, quali titoli, valute, tassi d'interesse, tassi di cambio, indici di borsa ecc.. Il loro valore deriva da quello degli elementi sottostanti”.
In questa definizione possiamo notare che i derivati non sono considerati come contratti collegati ad un altro negozio giuridico, ma come contratti che insistono su elementi di altri negozi.10
Altre definizioni sono quella che si evince dal Provvedimento ISVAP n. 297 del 19 luglio 1996 definisce gli strumenti derivati come “strumenti finanziari il cui
10Girino E., “I contratti derivati”, Milano, 2010, 8 ss; Bochicchio F., “Gli strumenti derivati: i controlli
sulle patologie del capitalismo, finanziario”, in Contratto e Impresa, 2009, pag. 308 il quale osserva che “il collegamento tra due contratti, che così si crea negli strumenti derivati con finalità di copertura, collegamento unilaterale alla luce della strumentalità della stipula del contratto relativo allo strumento derivato rispetto alla stipula del contratto relativo alla posizione sottostante, è di mero fatto e non di diritto, in quanto la mancanza di validità e/o efficacia del contratto relativo alla posizione sottostante ‘da coprire’ con lo strumento derivato non incide in alcun modo sulla validità ed efficacia dei contratti relativi allo strumento derivato, proprio per l’autonomia finanziaria che contraddistingue quest’ultimo”.
prezzo dipende dal valore di una o più attività o indici sottostanti”, oppure quella dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI), che in “Atti dell’audizione presso la Commissione Finanze della Camera, 2005”, definisce i derivati come “strumenti finanziari che consentono di acquistare o vendere una de terminata attività sottostante ad una data futura, a un prezzo prefissato” .
Sicuramente più utile è la definizione data dallo IAS 39 principio è stato emanato dall'International Accounting Standard Board (IASB) nel dicembre 1998 ed è applicabile a partire dal 1° gennaio 2001, ma che è oggetto di un progetto di riforma, al completamento del quale sarà sostituito dall'IFRS 9, destinato ad essere omologato dalla Commissione Europea e ad entrare in vigore dal primo gennaio 2018.
La definizione fornita dallo IAS 39 individua le caratteristiche essenziali che un derivato deve possedere per potersi qualificare come tale, senza fornire una definizione per ciascuna tipologia dello stesso.
In particolare, lo IAS 39 al paragrafo 9 definisce uno strumento finanziario derivato come “uno strumento finanziario o altro contratto” che si contraddistingue per la coesistenza di tre caratteristiche:
“(a) il suo valore cambia in relazione al cambiamento di un tasso di interesse, di un prezzo di uno strumento finanziario, di un prezzo di una merce, di un tasso di cambio in valuta estera, di un indice di prezzi o di tassi, di un merito di credito (rating) o indici di credito o altra variabile prestabilita, a condizione che, nel caso di una variabile non finanziaria, questa non sia specifica di una delle parti contrattuali (alcune volte denominata “sottostante”);
(b) non richiede un investimento netto iniziale o richiede un investimento netto iniziale che sia minore di quanto sarebbe richiesto per altri tipi di contratti da cui ci si aspetterebbe una risposta simile a cambiamenti di fattori di mercato; (c) è regolato a data futura, con regolamento differito rispetto alla data di negoziazione”.
La prima caratteristica richiama l'etimologia del termine derivato, il cui valore dipende, dall'andamento di un'attività sottostante detta “underlying asset, un
accade, ad esempio, nel caso dei cross currency interest rate swaps, che può essere di natura finanziaria (tassi di interesse, tassi di cambio, ecc.) sia natura non finanziaria (per esempio i prezzi delle materie prime).
In questo secondo caso però è necessario che la variabile non finanziaria sottostante non faccia riferimento a grandezze proprie di una delle parti contrattuali.
Tra i più complessi problemi, se non il più complesso, riguardante la categoria dei derivati, vi è quello della stima del loro valore.
Si tratta di un aspetto particolarmente importante e, nello stesso tempo, critico, in quanto richiede complesse attività di analisi e sono possibili diversi approcci e modelli per la stima definitiva del valore.
Il primo passo per cercare di esplicitare il legame tra contratto derivato e variabile sottostante si ricorre, in genere, è quello dell’individuazione di un valore nozionale, che non rappresenta il valore effettivo del derivato, ma serve per determinare il valore di regolamento/estinzione dello stesso oppure i flussi di cassa generati dallo strumento e può essere rappresentato, ad esempio, da un certo ammontare di valuta, da un certo numero di azioni, da una determinata quantità di materie prime.
Nel caso in cui il valore nozionale è effettivamente scambiato tra le parti si parla di settlement by physical delivery.
Tale valore individuato può altresì essere semplicemente un valore di riferimento per individuare i flussi generati dal derivato, senza essere mai effettivamente scambiato, e in questo caso si parla di net cash settlement.
La stima del valore dei prodotti derivati necessita della simulazione dei molteplici possibili scenari futuri delle attività sottostanti affinché si possa determinare, per ciascuno scenario, il conseguente valore del “pay-off”, ovvero la relazione tra il valore del derivato e quello del bene sottostante e che ne costituisce il risultato finanziario.
In altre parole, il valore del derivato è la media dei valori possibili del pay-off ponderati in base alle probabilità di ciascuno scenario.
Da questo va scontato il valore finanziario del tempo, infatti si deve tener conto del tempo che intercorre tra il momento della valutazione e quello della realizzazione.
I contratti derivati quindi, sono contratti aleatori, in quanto la misura delle prestazioni è collegata a un elemento incerto all’atto della stipula. Una seconda caratteristica presente in tutti gli strumenti derivati è la presenza di una prefissata data futura di scadenza.
Il regolamento può avvenire o attraverso la consegna fisica dell’attività sottostante con contropartita il flusso di cassa previsto dal contratto, e in questo caso si parlerà di physical settlement, oppure mediante il pagamento di una somma di denaro pari alla differenza tra il prezzo stabilito nel contratto e il prezzo di mercato della variabile sottostante alla scadenza del derivato, modalità che si definisce come net cash settlement.
In sintesi i derivati sono riconducibili a uno schema negoziale di base che prevede l'acquisto o la vendita del sottostante a una data futura e a un prezzo prefissato, oppure la regolamentazione, a una data futura, del differenziale fra il tasso di interesse, di cambio o di un’altra variabile determinata nel contratto e il medesimo a una data prestabilita.
Una peculiarità comune a tutte le tipologie di strumenti derivati è data dall'assenza di un investimento netto iniziale, o se avvengono dei movimenti finanziari al momento della stipula del contratto, sono comunque esigui rispetto al valore del contratto.
Questa caratteristica si ricollega ad uno dei principali vantaggi offerti dall'utilizzo dei derivati, ossia la possibilità di riprodurre gli effetti di un'operazione a pronti, limitando gli impegni effettivi di capitale, questa caratteristica evidenzia la convenienza dell’uso di tali strumenti.
Questa peculiarità è definita “effetto leva”, tuttavia dietro alla convenienza si celano grossi rischi.
Infatti non solo è alla base dell'efficienza dei derivati, ma risulta anche aver innescato più volte negli anni un incentivo all'azione speculativa.
Infatti, se da un lato essi consentono elevati guadagni a fronte di limitati investimenti di capitale, dall'altro possono specularmente provocare perdite, anche di gran lunga superiori a quanto investito inizialmente.
1.4 Le finalità degli strumenti derivati.
Gli strumenti derivati possono essere utilizzati per il raggiungimento di molteplici scopi.
Questi dipendono essenzialmente da quelle che sono le esigenze dell’azienda e dalle strategie che l’operatore vuole mettere in atto.
In particolare, i derivati possono essere impiegati per assolvere principalmente a tre differenti finalità:
• copertura o hedging; • speculazione trading; • arbitraggio o arbitrage;
Analizziamo per prima la finalità di copertura.
Le società utilizzano principalmente i derivati come strumento di copertura dei rischi finanziari a cui l’attivo o il passivo di stato patrimoniale è sottoposto. L’utilizzo di un derivato come copertura quindi permette di far si che le perdite o i guadagni legati all’elemento coperto siano compensati dai guadagni o dalle perdite derivanti dall’andamento del derivato.
Uno dei rischi per cui una società acquista un derivato con finalità di copertura è il rischio di oscillazione del tasso di interesse.
I derivati che coprono la società da tale rischio possono essere i contratti swap, che vengono stipulati in modo tale che le rate da pagarsi diventino uguali, in pratica facendo si che l'indebitamento diventi a tasso fisso e non a tasso variabile, consentendo una programmazione del flusso dei pagamenti.
Questo fenomeno si è verificato insistentemente negli ultimi anni nelle piccole e medie imprese italiane, le quali, attraverso la conclusione di contratti swap hanno cercato di ridurre le conseguenze negative prodotte dai crescenti tassi di interesse.
I contratti swap tuttavia non vengono stipulati solo dalle società, bensì anche agli intermediari.
Tuttavia quest’ultimi si assicurano contro il rischio opposto, infatti poiché il tasso variabile potrebbe variare anche in senso decrescente, si assicurano contro questa evenienza che renderebbe così il contratto di finanziamento di fatto sconveniente per la banca.
Si deve inoltre sottolineare che, affinché il contratto di finanziamento si mantenga lucrativo anche per la banca, è necessario che si determini non solo la soglia massima oltre il quale l’intermediario verserà la somma alla società, ma anche la soglia minima sotto la quale sarà è l'intermediario a dover versare la somma alla società.
L'obiettivo di copertura è meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico, essendo la stessa finalità del contratto di assicurazione, che, ai sensi dell'art 1882 Codice Civile, “è il contratto col quale l'assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana”.
In virtù del principio di autonomia contrattuale sancito dall'art. 1332, comma 2, “le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico”.
Nonostante i tentativi operati dalla dottrina per ricondurre i contratti derivati all'interno dello schema di qualche contratto tipico previsto dal nostro ordinamento giuridico, questi non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare.
Si può osservare come il contratto derivato sia per certi aspetti riconducibile al contratto di assicurazione poiché condivide con questo la finalità.
Tuttavia in tale contratto il rischio è corso solo da una parte, ovvero dall'assicurato, mentre nei contratti derivati resta in capo ad entrambi i contraenti.
Inoltre, nei contratti di assicurazione è sempre determinato chi debba effettuare la prestazione in conseguenza dell'evento dedotto in contratto (l'assicuratore), mentre
nel contratto derivato può variare a seconda dell'andamento del parametro sottostante.
Per meglio comprendere la funzione di copertura dei contratti derivati si può proporre un esempio.
“Un'impresa alimentare deve acquistare tra 2 mesi 100.000 bushel di grano. Temendo un rialzo nei prezzi del grano, l'impresa decide di cautelarsi da tale rischio acquistando opzioni call sul frumento con strike price pari a 37$/bushel. Il prezzo di ciascuna opzione (premio) è 5$/bushel e il prezzo massimo che l'impresa è disposta a pagare per l'acquisto di grano è di 37 + 5 = 42$/bushel.
Se la quantità standard di un contratto è di 1.000 buschel, il numero di opzioni acquistate è pari 100.
Il premio versato è quindi, di:
x=5$/bushel x 1000 bushel x 100 contratti = 500.000$.
Il giorno della scadenza il prezzo a pronti del frumento è di 45$/bushel e quindi l'impresa acquista il grano esercitando l'opzione, evitando in tal modo di subire gli effetti negativi del rialzo dei prezzi del frumento.”11
Altra finalità per cui si possono utilizzare gli strumenti derivati è quella speculativa.
Il fine speculativo si concentra sulle aspettative future di profitto calcolate sulla base di come varierà il prezzo del sottostante.
In particolare, lo speculatore acquista derivati con quotazione bassa per poi rivenderli quando il loro valore è più elevato, guadagnando la differenza fra il prezzo di acquisto e quello di vendita, oppure, vende al prezzo spot i contratti in suo possesso per ricomprarli a termine, quando il prezzo sarà più basso.
Come per gli altri strumenti finanziari, la vendita e l’acquisto di derivati a fini speculativi si fonda su delle aspettative degli andamenti futuri dei prezzi, sui più o meno probabili di rialzo o ribasso dei prezzi.
11
http://www.borsaitaliana.it/bitApp/glossary.bit?target=GlossaryDetail&word=Strumenti%20Finanziari% 20Derivati.
A differenza di quanto avviene in caso nel caso si ricerchi una finalità di copertura, in cui chi acquista un derivato si immunizza dal rischio, con l’acquisto di un derivato, lo speculatore si assume un rischio: ha infatti sia la possibilità di ottenere degli alti guadagni, ma allo stesso tempo potrebbe andare incontro a delle forti perdite.
Per meglio comprendere questa seconda finalità possiamo, anche in questo caso riportare l’esempio che troviamo sul Glossario del sito web della Borsa Italiana. “Un investitore decide di acquistare in data 15 settembre un'opzione call di tipo europea sull'oro con scadenza 15 dicembre. Il prezzo di esercizio è pari a $ 360 per oncia d'oro ed il premio è di $ 6,6. Se la quantità standard del contratto è di 100 once, in data 15 settembre l'investitore versa un importo pari a: x= 6,6$/oncia x 100once =$660.
Pagando tale importo lo speculatore ha acquisito il diritto a comprare, alla scadenza 100 once d'oro ad un prezzo di $ 36.000 ed eserciterà tale diritto se il giorno della scadenza il prezzo spot dell'oro sarà superiore al prezzo di esercizio ($ 360).
Il giorno della scadenza la quotazione dell'oro presso il CME è di $ 370. L'investitore esercita la sua opzione, acquista 100 once d'oro pagando $ 36.000 e rivende la stessa quantità sul mercato a pronti ricavando $ 37.000. Con questa operazione lo speculatore ottiene un guadagno pari alla differenza tra il prezzo spot e lo strike price diminuita del valore del premio di esercizio opportunamente attualizzato. Infatti, il premio di esercizio, pagato il 15 settembre, deve essere aumentato del rateo di interesse maturato nel periodo 15 settembre -15 dicembre. Supponendo di essere in regime di interesse semplice e che l'investitore possa finanziarsi ad un tasso di interesse del 6%, il profitto dell'operazione di speculazione è:
p=($37.000 - $36.000) - $660 x (1 + 0,06 x 92giorni/365giorni) = $ 330.”12
Quanto ai contratti derivati aventi finalità di arbitraggio, questi sono ipotizzabili quasi solo teoricamente, come operazioni consistenti nel bloccare un profitto assolutamente privo di elementi di rischio, entrando simultaneamente in transazioni su due o più mercati che presentano prezzi disallineati per lo stesso oggetto, ad esempio acquistando un quantitativo di azioni nel mercato dove costano meno e rivenderle in un altro mercato, lucrandoci la differenza.
All'atto pratico tali operazioni sono difficilmente riscontrabili, perché al verificarsi del primo margine di arbitraggio, questo sarebbe immediatamente chiuso da una domanda/offerta potenzialmente infinita, inoltre, per avere un'effettiva opportunità di arbitraggio, occorre che il disallineamento sia sufficiente a consentire un profitto positivo, considerando i costi di transazione.
Dato che anche la minima variazione può determinare la perdita dell'opportunità di arbitraggio, per perseguire questa finalità occorre un'attività di monitoraggio costante che solo operatori specializzati e sofisticati possono garantirsi, tant'è che molto spesso gli operatori hanno sfruttato tale finalità facendone un uso criminoso per conseguire illeciti profitti personali. In questi casi ci sarebbero i margini per affermare che il negozio persegue finalità non meritevoli di tutela, precludendone l'ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico.
Tuttavia la giurisprudenza ha affermato che se questo è stipulato a scopo meramente speculativo, privo dunque di uno scopo assicurativo, questo è ammissibile alla scommessa.
Questo è dettato dal fatto che la banca, scommette una certa somma auspicando che i tassi si muovano in una certa direzione, senza però previo indebitamento sottostante di un'impresa e senza necessità di porre in essere un'operazione, e se questo avviene la banca ne consegue un guadagno.
Il Regolamento Intermediari Consob riconosce i derivati aventi finalità di trading, tuttavia sarà onere a carico degli intermediari la descrizione dei rischi derivanti dalla conclusione del contratto, la descrizione dei rischi connessi a tale tipo di strumento finanziario, compresa una spiegazione dell'effetto leva e della sua incidenza, nonché l’ammontare del rischio di perdita totale dell'investimento.
1.5 La classificazione degli strumenti derivati.
La classificazione è un problema non di poco conto, è importante infatti che venga affrontato in prima istanza perché una corretta identificazione di quelle che sono le caratteristiche peculiari di ciascuno strumento permette di comprenderne a fondo il funzionamento, in primis è importante dal punto di vista operativo, poiché permette di individuare il “giusto strumento derivato” in risposta ad una specifica esigenza dell’utilizzatore.
Ad ogni particolare esigenza possono essere associati indifferentemente strumenti diversi che, da una parte, permettono il soddisfacimento del bisogno, ma, dall'altra, richiedono un attento processo di valutazione e di scelta, poiché le conseguenze del loro utilizzo possono risultare profondamente differenti.
Come abbiamo precedentemente detto (paragrafo 1.3), la normativa primaria italiana non ci da una chiara definizione di strumento derivato, per questo motivo non è possibile evidenziare in modo netto il confine tra le diverse tipologie di strumenti derivati.
Ad alimentare questa difficoltà vi è una caratteristica peculiare propria degli strumenti derivati, questa è la grande duttilità, che permette la creazione di una serie quasi indefinita di strumenti, crescita che non accenna a fermarsi, con la nascita sempre di nuovi derivati che si differenziano tra loro per piccole caratteristiche sia sul piano sostanziale che formale.
La nascita di nuovi strumenti finanziari di cui abbiamo accennato sopra è testimoniata dall’introduzione, soprattutto in alcune piazze finanziarie particolarmente sofisticate, di derivati sulle variabili climatiche “weather derivatives”13, sulle quote di emissione antropica di gas a effetto serra “EU
13La categoria dei “weather derivatives” e più in generale dei cosiddetti “derivati esotici” sono
emissions allowance transactions”14
, sulle tariffe di trasporto “freight derivatives” ed anche sugli immobili coi “real estate derivatives”, data questa continua produzione di strumenti dalle più disparate caratteristiche strutturali e dai differenti livelli di complessità si è cominciato a parlare di finanza creativa.
Gli strumenti finanziari derivati si distinguono in due macro-categorie: • i contratti derivati simmetrici
• i contratti derivati asimmetrici.
Questo criterio di classificazione fa riferimento alle modalità di ripartizione del risultato economico dell'operazione tra i contraenti.
Gli strumenti finanziari derivati simmetrici, sono anche detti “forward based”, tra questi possiamo annoverarne principalmente 3:
- i futures; - i forwards; - gli swaps;
I derivati simmetrici sono così denominati poiché le controparti hanno tutte e due le stesse facoltà e gli stessi obblighi da rispettare: per esempio, a scadenza del contratto, uno dei contraenti è obbligato ad acquistare una certa quantità di merce ad un determinato prezzo, mentre l'altro è obbligato a vendere la stessa quantità al prezzo stabilito.
La simmetria si evince anche analizzando l’aspetto puramente economico di tali contratti, infatti se una delle parti conseguirà un guadagno dal possesso di un derivato simmetrico, allora la controparte rileverà una perdita dello stesso ammontare, per questo motivo questi sono definiti contratti “a somma zero”, poiché la differenza tra il guadagnato e la perdita è zero.
Analizzando adesso gli strumenti derivati asimmetrici si può che il primo punto di distacco rispetto a quelli simmetrici sta nell’assenza della specularità delle prestazioni, per questo motivo questi sono anche chiamati “option based”.
14Colavito F., Righetti S., “La gestione finanziaria del rischio temperatura tramite l’uso dei derivati
Nei derivati asimmetrici quindi a fronte di un obbligo da parte di un soggetto di eseguire la prestazione richiesta dal contratto, l’altro, avrà la facoltà di decidere o meno se esigerla.
In questo caso, il titolare dell’opzione potrà decidere di esercitare la prestazione solamente nel caso in cui questa gli permetterà di realizzare un profitto, annullando il rischio di dover dare esecuzione al contratto nel caso in cui per lui non sia conveniente.
Tale sbilanciamento delle posizioni è remunerato da un trasferimento monetario da parte dell’acquirente dello strumento al venditore, è questo è il cosiddetto premio per il rischio.
Il premio per il rischio viene versato immediatamente al momento dell’acquisto, per quanto riguarda l’ammontare del premio questo viene influenzato essenzialmente da un fattore: è calcolato in funzione della possibilità che questa facoltà venga esercitata o meno alla scadenza, tanto più c’è la possibilità che questo diritto venga esercitato, sfavorendo il venditore, tanto più il prezzo a cui l’opzione verrà venduta sarà elevato.
Un altro criterio di classificazione, di primaria importanza, è quella che si concentra sulle specifiche contrattuali dei singoli strumenti finanziari.
In base alle caratteristiche tecniche di funzionamento si individuano quattro principali tipologie di strumenti derivati:
• i contratti forward sono dei contratti a termine sono dei contratti negoziati nei mercati OTC, quindi al di fuori del mercato regolamentato, con cui le parti si impegnano alla compravendita di una determinata attività a un prezzo prefissato e a una certa data futura;
• i futures sono dei contratti a termine, che però differiscono da questi per il fatto che sono dei contratti standardizzati, negoziati su un mercato organizzato, sulle cui transazioni e liquidazioni vigila la Cassa di Compensazione e Garanzia;
• le opzioni attribuiscono al compratore il diritto di scegliere se eseguire o meno il contratto, ovvero la possibilità di acquistare o vendere, entro la data
di conclusione del contratto, la grandezza di riferimento ad un prezzo prestabilito, oppure di lasciare decadere l'opzione e dunque subire una perdita circoscritta al costo di acquisto.
• gli swaps sono rappresentati da operazioni finanziarie attraverso le quali i contraenti si impegnano a versare o riscuotere una serie di flussi di cassa, a scadenze prestabilite, determinati in base all'andamento di particolari indicatori finanziari o valutari, nel primo caso i tassi d’interesse e nel secondo i tassi di mercato;
È possibile una ulteriore classificazione gli strumenti derivati in base alla tipologia del sottostante, distingueremo quindi tra:
• i commodity derivatives; • i financial derivatives;
La prima categoria è caratterizzata dal sottostante che è un'attività reale, nella seconda invece il sottostante è un'attività finanziaria ad esempio un tasso di interesse, un tasso di cambio, azioni, obbligazioni, indici azionari ecc.
Tra i financial derivatives poi distinguiamo:
- i derivati finanziari in senso stretto; - i derivati creditizi;
I derivati finanziari sono relativi ad attività finanziarie, a differenza dei derivati creditizi che hanno la finalità di trasferire il rischio sottostante ad una determinata attività dal soggetto che acquista protezione a colui che la vende.
Un’altra classificazione degli strumenti derivati è possibile andando a analizzare quelle che sono le finalità di stipulazione di tali contratti.
Come abbiamo lungamente discusso nel paragrafo precedente, possiamo distinguere tra strumenti derivati:
• di copertura, che consentono all’operatore di coprire i rischi sopportati nei mercati dalle attività sottostanti.
• di speculazione, che consentono all’operatore di assumere una specifica posizione di rischio sulla base delle proprie aspettative in merito all’andamento di alcune variabili di mercato.
• di arbitraggio, che mirano a sfruttare le asimmetrie informative per conseguire un guadagno sicuro.
La negoziazione di tutti gli strumenti derivati non avviene nello stesso luogo. Ed è proprio nel luogo della negoziazione che possiamo identificare un driver per l’ultima classificazione degli strumenti derivati.
Esistono infatti:
• derivati negoziati in mercati regolamentati (o organizzati)
• e derivati scambiati fuori borsa, over the counter o OTC derivatives.
Numerose sono le differenze tra i due mercati, a partire dai soggetti che possono operarvi, infatti se uno strumento derivato è negoziato nei mercati regolamentati, come ad esempio avviene per le opzioni o per i contratti a termine futures, la controparte sarà un intermediario finanziario.
Qualora invece il contratto derivato venga negoziato al di fuori di essi, come accade per gli swaps, la controparte dell’investitore può anche essere un soggetto privato.
Nei mercati regolamentati la negoziazione vanta un maggior grado di tutela delle parti, poiché sono incentrati su norme che indicano chi sono i soggetti che potranno operarvi, i criteri minimi per la determinazione dei quantitativi minimi negoziabili ed infine i contratti per cui è permessa la negoziazione.
Gli strumenti negoziati su mercati regolamentati infatti sono di tipo standardizzato, con caratteristiche uniformi per scadenza, termini di consegna, prezzi e ammontare unitario.
Per proteggere l’interesse pubblico, sui singoli mercati operano degli intermediari posti a garanzia dell’integrità del mercato e della solvibilità delle parti che si
interpongono tra venditori e compratori con l’obiettivo di eliminare il rischio di insolvenza: le Casse di Compensazione o Clearing House.
Grazie alle Clearing House i prodotti derivati negoziati in mercati regolamentati si contraddistinguono per un rischio di credito, ossia di insolvenza della controparte praticamente nullo e in virtù della loro standardizzazione limitano pure il rischio di liquidità, poiché non è possibile riuscire a smobilizzare facilmente l'investimento.
In ogni caso, anche la Clearing House opera in modo da limitare al minimo i propri rischi, non assume mai posizioni aperte sul mercato da cui possono emergere delle perdite non compensate (il numero di contratti acquistati e venduti coincide sempre).
Inoltre altro elemento di sicurezza risiede nel fatto che intrattiene rapporti solamente con operatori a cui è attribuito un elevato rating creditizio e che soddisfano severi requisiti professionali e patrimoniali e infine richiede, a titolo preventivo, il versamento di margini, ovvero di somme di denaro a garanzia del buon fine delle operazioni.
Tra le varie tipologie di margini possiamo distinguere tra: • il margine iniziale;
• il margine di variazione;
Il margine iniziale è una sorta di deposito cauzionale versato alla Clearing House all'apertura di una posizione in future, il cui ammontare è definito in percentuale rispetto al valore nominale o di mercato del contratto.
Il versamento può essere effettuato in contanti oppure tramite titoli di Stato e la sua incidenza percentuale tende a essere più alta in presenza di mercati future maggiormente volatili.
Tale margine è stato istituito per perseguire due diversi obiettivi: - mira a ridurre il rischio di inadempimento
- è alla base dell’effetto leva e quindi dell'elevata rischiosità potenziale di questi strumenti.
Il margine di variazione è invece il concetto su cui ruota il meccanismo del marking to market.
Questa procedura permette di regolare, al termine di ogni giornata, i guadagni realizzati o le perdite subite da parte di ciascun operatore sulla posizione detenuta come conseguenza delle variazioni di prezzo registrate dal future.
La liquidazione della posizione avviene al termine di ogni giornata dopo aver confrontato il prezzo di chiusura del giorno precedente con quello derivante dalla valorizzazione al prezzo di chiusura odierno.
Qualora tale differenza si positiva allora si avrà un profitto, diversamente si avrà una perdita.
Concludendo possiamo affermare che il margine di variazione è rappresentato dal profitto accreditato o la perdita addebitata al termine di ogni giornata sul conto dell’operatore.
Nel caso in cui la variazione giornaliera intacchi il margine iniziale, sorge in capo all’operatore in perdita l'obbligo di reintegro.
A differenza dei mercati regolamentati dove i contratti sono standardizzati, nei mercati Over the Counter, i contratti negoziati sono perfezionati su base bilaterale e personalizzati tenendo conto di quelle che sono le esigenze dei soggetti che li sottoscrivono, tali esigenze possono portare a stabilire liberamente ad esempio importi, scadenze, tempistiche e quantità scambiate.
Tali caratteristiche peculiari portano con sé sia dei vantaggi che degli svantaggi. Se infatti tra i vantaggi possiamo sicuramente annoverare la maggior flessibilità contrattuale rispetto agli strumenti derivati nei mercati regolamentati, d’altro canto questo alto grado di personalizzazione del contratto determina difficoltà di circolazione e di trasferimento a controparti diverse da quelle originarie.
Questo porta allo stesso tempo un più elevato rischio di liquidità, in quanto risulta difficoltoso chiudere le posizioni aperte, se non con ampi sconti rispetto al loro valore teorico, e di credito, poiché gli intermediari non si fanno garanti della solvibilità delle controparti, non essendoci un mercato secondario di riferimento liquido ed efficiente.15
15PATRONI GRIFFI U., “I contratti derivati: nozione, tipologia e peculiarità del contenzioso”, in
Inoltre, la quotazione avviene secondo il principio dell'incontro tra la domanda e l'offerta, per questo il loro valore cambia continuamente e in maniera interdipendente rispetto all’andamento delle borse mondiali.
Proprio per compensare questi profili di rischio, i costi di transazione dei derivati OTC sono mediamente più elevati di quelli scambiati nei mercati organizzati.16
A maggior tutela degli investitori che operano in mercati OTC, il 4 luglio 2012 il Parlamento Europeo ha introdotto il regolamento Ue n. 648/2012 relativo agli strumenti derivati OTC, alle controparti centrali e ai repertori di dati sulle negoziazioni, detto anche Emir – European market infrastructure regulation. Tale regolamento ha come obiettivo quello di cercare di mitigare il rischio operativo e di dare maggiore trasparenza al mercato dei derivati negoziati al di fuori dei mercati non regolamentati, tramite la supervisione dell’esposizione degli intermediari e dell’esatta distribuzione dei rischi nel sistema finanziario. È previsto l’obbligo di comunicare a repertori di dati sulle negoziazioni la totalità dei contratti derivati conclusi.
Inoltre per tutti i contratti OTC che possiedono determinate caratteristiche di standardizzazione e liquidità, il regolamento prevede l’obbligo di Clearing o di Compensazione e Garanzia, ovvero dovrà necessariamente far ricorso a una controparte autorizzata o riconosciuta dalla disciplina Emir.
Sono soggette all’obbligo di Clearing sia le imprese finanziarie che quelle non finanziarie a patto che l’attività speculativa superi un certo valore, non saranno invece assoggettate a tale obbligo le operazioni infragruppo.
In generale i titoli trattati in un mercato OTC sono meno liquidi rispetto a quelli trattati sui mercati ufficiali. In Italia i mercati OTC assumono la configurazione di Sistemi di Scambi Organizzati (SSO).
Tuttavia, per quanto riguarda gli OTC basati in Italia, la CONSOB può richiedere
16KPMG, “Gli strumenti derivati. Il nuovo manuale operativo per la banca e la finanza”, Edibank,
agli organizzatori, agli emittenti e agli operatori dati, notizie e documenti sugli scambi organizzati di strumenti finanziari (artt. 78 e 79 del TUF D.Lgs. 58/1998). La CONSOB gestisce l'elenco dei Sistemi di Scambi Organizzati.
Nella Figura 1.2 sono indicati chi sono le maggiori controparti che operano nei mercati OTC e che genere di contratti vengono stipulati in questi.
Figura 1.2 Controparti che operano nei mercati OTC.
CAPITOLO 2: Gli strumenti derivati: dai “classici” ai “derivati
esotici”.
2.1 Premessa introduttiva al secondo capitolo.
In questo capitolo andremo ad analizzare le caratteristiche peculiari di ogni singolo strumento derivato.
In particolare si evidenzieranno quali sono le finalità di ognuno e il loro sviluppo e la loro diffusione negli anni.
Un’attenzione particolare sarà prestata ad opzioni, swap e swaption, in quanto saranno elementi centrali di questo elaborato.
2.2 I future.
Come da definizione data da Borsa Italiana il future è un “Contratto a termine standardizzato con il quale le parti si impegnano a scambiare una certa attività (finanziaria o reale) a un prezzo prefissato e con liquidazione differita a una data futura.”17
Ricordando le classificazioni degli strumenti derivati di cui si è già discusso nel paragrafo 1.5 di questo elaborato, possiamo sicuramente classificare il future come un contratto simmetrico in quanto entrambi i contraenti sono obbligati a effettuare una prestazione a scadenza.
L'operatore che acquista il future (che si impegna, cioè, ad acquistare a scadenza il sottostante) assume una posizione lunga, mentre l'operatore che vende il future assume una posizione corta.
Nella maggior parte dei casi i future non si concludono con la consegna fisica del bene sottostante, infatti gli operatori preferiscono chiudere le posizioni aperte rivendendo un contratto future precedentemente acquistato o acquistando il