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Studio morfofunzionale del cuore materno nella gravidanza complicata da bassi valori di PAPP-A nel primo trimestre

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Academic year: 2021

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NIVERSITÀ

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I

P

ISA

DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA TESI DI LAUREA “Studio morfofunzionale del cuore materno nella gravidanza complicata da bassi valori di PAPP-A nel primo trimestre” RELATORE Chiar.mo Prof. Tommaso Simoncini CANDIDATA Ilaria Natali ANNO ACCADEMICO 2016/2017

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INDICE - RIASSUNTO ANALITICO………...4 - INTRODUZIONE……….6 1. Fase di placentazione………7 1.1 Invasione trofoblastica………9 2. Adattamento emodinamico fisiologico alla gravidanza………12 2.1 Resistenze periferiche (RVP)………12 2.2 Output cardiaco (CO)……….13 2.3 Frequenza cardiaca (HR)...14 2.4 Stroke volume (SV)……….15 2.5 Pressione arteriosa (PAS, PAD, PAM)………..15 3. Funzione renale e sistema renina angiotensina aldosterone………17 3.1 Funzione renale……….17 3.2 Sistema renina angiotensina aldosterone……….17

Tecniche ecocardiografiche per la valutazione morfofunzionale cardiaca……….21 4. Funzione sistolica e diastolica in gravidanza………..30 5. Pregnance Associated Plasma Protein A (PAPP-A)……….33 - OBIETTIVI………..37 - MATERIALI E METODI………...38 1. Popolazione di pazienti……….38 2. Metodiche di acquisizione………..40 3. Analisi statistica………46

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- RISULTATI……….47 - DISCUSSIONE………56 - CONCLUSIONI………..63 - BIBLIOGRAFIA………65

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RIASSUNTO ANALITICO

Il seguente studio si inserisce all’interno di un progetto di screening effettuato normalmente durante il primo trimestre, il quale ha come principale obiettivo quello di identificare precocemente anomalie cromosomiche fetali. Tra le variabili prese in considerazione nello screening c’è anche la concentrazione plasmatica della proteasi PAPP-A (Pregnancy Associated Plasma Protein A).

Partendo dall’ipotesi che la PAPP-A, regolando la biodisponibilità di IGF, influenzi non solo l’accrescimento fetale garantendo un corretto sviluppo somatico e una regolare placentazione, ma anche l’emodinamica sistemica attraverso una migliore vasodilatazione endotelio dipendente, abbiamo valutato la correlazione tra livelli plasmatici materni di PAPP-A nel I trimestre di gravidanza e lo sviluppo di alterazioni emodinamiche sistemiche. A questo scopo, abbiamo selezionato le pazienti che allo screening mostravano bassi valori di PAPP-A e abbiamo eseguito tre valutazioni ecocardiografiche seriate alla 13 esima, 24 esima e 33 esima settimana di gravidanza.

I risultati hanno mostrato una significativa differenza in termini di entità di adattamento emodinamico, suggerendo che nelle donne con bassi valori di PAPP-A ci sia un’alterazione non solo dei meccanismi che portano alla normale formazione della circolazione feto-placentare, ma anche di quelli responsabili delle fisiologiche modifiche emodinamiche sistemiche. Le differenze più significative sono relative alle resistenze periferiche, alla portata cardiaca, alla funzione sistolica ventricolare destra ed alla funzione diastolica ventricolare sinistra.

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Nelle donne con bassi valori di PAPP-A si assiste ad un ridotto calo delle resistenze periferiche ed a un ridotto aumento di portata cardiaca e di volume plasmatico. Questo si riflette a livello cardiaco sulla funzione sistolica ventricolare destra, che non si riduce come dovrebbe per l’aumento della volemia, ma tende a rimanere stabile nel tempo.

Per quanto riguarda la funzione diastolica ventricolare sinistra, non si evidenzia la lieve e fisiologica flessione nel tempo che si osserva nelle gravidanze normali e che probabilmente è anch’essa dovuta all’espansione di volume secondaria alla vasodilatazione sistemica.

In accordo con la letteratura non abbiamo osservato cambiamenti rilevanti a livello anatomico-strutturale nè nelle donne normali, nè in quelle con bassi livelli di PAPP-A.

In conclusione si può affermare che bassi valori di PAPP-A si associno ad un adattamento emodinamico allo stato di gravidanza di minore entità rispetto a quello che si verifica in donne con valori fisiologici di PAPP-A, e che la ridotta concentrazione di tale proteina rappresenti un fattore di rischio per lo sviluppo di preeclampsia.

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INTRODUZIONE

Il termine “diagnosi prenatale” indica quell’insieme di attività clinico strumentali che consentono la precoce identificazione di patologie cromosomiche e malformative fetali. Considerata la stretta relazione di dipendenza che lega la madre al feto si sta affermando il nuovo concetto più ampio di «Medicina materno-fetale», che rivolge le proprie attenzioni anche al benessere materno, permettendo di differenziare una gravidanza patologica da una fisiologica e personalizzare il percorso di follow-up. Concentrandosi sulle prime fasi di gestazione la medicina materno-fetale ha posto molta attenzione ai processi coinvolti nella fase di placentazione, fondamentale per il corretto evolversi della gravidanza stessa. La gravidanza rappresenta, infatti, un processo dinamico associato a fisiologici ma rilevanti cambiamenti soprattutto a livello cardiovascolare. L’aumentata richiesta metabolica porta ad un inevitabile adattamento emodinamico finalizzato ad assicurare un’adeguata circolazione utero-placentare durante tutte le varie fasi della crescita fetale.

Insufficienti o inefficaci cambiamenti del quadro emodinamico possono esitare in un’aumentata morbidità materno fetale, nella maggior parte dei casi dovuta alla preeclampsia ed al ritardo di crescita intrauterino.

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1. Fase di placentazione

Prima di parlare delle modifiche emodinamiche materne è bene analizzare nel dettaglio la circolazione placentare, la cui corretta formazione è indispensabile per il normale decorso della gravidanza. L’annidamento dell’embrione richiede un iniziale adattamento della mucosa uterina che porta alla formazione di quella che è definita

decidua, nella quale si riconoscono una porzione più profonda ad

intelaiatura più lassa e costituita soprattutto da ghiandole dilatate ripiene di secreto, detta spongiosa, ed una parte più superficiale ad intelaiatura compatta costituita da cellule deciduali poste le une vicine alle altre, che viene definita compatta. Il quadro strutturale che caratterizza la decidua rappresenta l’evoluzione della fase secretiva. Esso è determinato dal persistere della secrezione estrogenica e progestinica da parte del corpo luteo che, a causa dell’iniziato stato gravidico, non subisce l’abituale involuzione, ma al contrario va incontro ad un processo di ipertrofia e di esaltazione funzionale stimolato dall’HCG prodotta dal trofoblasto. Per la prosecuzione dell’annidamento dell’embrione sono necessarie l’apposizione alla mucosa uterina, l’adesione e successivamente la penetrazione.

Lo strato di cellule più esterne della blastocisti, detto trofoblasto, inizia a proliferare approfondando le sue propaggini nella decidua e determinando la formazione di numerose lacune (figura 1) dovute all’erosione della parete dei vasi deciduali più piccoli da parte del trofoblasto stesso. Queste lacune entrano poco dopo in comunicazione con i vasi venosi materni la cui parete viene anche in questo caso erosa dal trofoblasto.

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Verso il 15° giorno di sviluppo anche le piccole arterie spiraliformi, diramazioni delle arterie uterine materne, vengono a sbocciare nelle lacune e l’abbozzo del circolo placentare comincia così a funzionare.

Figura 1 - Lacune vascolari

A mano a mano che le lacune vascolari aumentano di numero e di volume, esse entrano in comunicazione le une con le altre formando una specie di labirinto di spazi e canali separati da colonne di tessuto trofoblastico. Gli spazi costituiscono lo spazio intervilloso e le colonne solide costituiscono i villi primari (figura 2). Verso il 16o giorno di

sviluppo cominciano a comparire delle proiezioni trofoblastiche in cui è presente un asse centrale connettivale costituendo quelli che vengono denominati villi secondari. Più tardi, intorno alla 3a settimana di

sviluppo, in seno all’asse connettivale si differenziano i primi vasi embrionali e si forma il villo nella sua struttura definitiva, detto anche

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Alla fine della 3a settimana, quando si stabiliscono le connessioni fra la

rete vascolare embrionaria e quella coriale extraembrionaria, la circolazione embriotrofoblastica diventa funzionante. 1. 1. Invasione trofoblastica Le cellule del trofoblasto invadono la parete delle arterie spiraliformi, a partire dalla porzione più distale fino al tratto intramiometriale dove è posta l’origine dalle arterie radiali, sostituendosi all’intima e a gran parte della tonaca media dell’endotelio (figura 4). Questa invasione delle arterie a spirale da parte delle cellule del trofoblasto avviene in due ondate: la prima generalmente tra la 6a-12a settimana mentre la seconda,

più importante, tra la 16a-22a settimana. Al termine della 24a settimana

di gestazione l’invasione è completata nella maggior parte dei casi. Questo processo è in grado di generare un sistema arteriolare a bassissima resistenza e privo di controllo vasomotorio, il cui flusso dipende solo dal controllo del flusso ematico proveniente dalla madre alla placenta, a livello cioè delle arterie uterine.

Figura 3 - Villi secondari/terziari

Figura 2 - Villi primari

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Anche i villi coriali subiscono importanti modifiche strutturali e funzionali nel corso di tutta la gravidanza. Nelle ultime fasi della gravidanza infatti, i villi sono quasi completamente costituiti da capillari ricoperti da un sottilissimo strato di trofoblasto. A questo livello il sangue materno e quello fetale, pur non entrando mai in diretto contatto, riescono a scambiare molto facilmente gas e nutrienti. Non sempre però il processo di placentazione avviene in maniera corretta o completa. Un difetto nella modalità di impianto o nella maturazione dell’albero villare placentare comportano una riduzione degli scambi gassosi e di apporto di sostanze nutritive al feto, da cui può risultare sofferenza fetale cronica con conseguente riscontro di ritardo di crescita o di morte endouterina fetale. In particolare, se l’invasione trofoblastica delle arterie spiraliformi avviene in maniera incompleta si determina una condizione di riduzione del flusso utero placentare. Figura 4 - Invasione trofoblastica

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Questa condizione comporterà, con il progredire della gravidanza, un’ipossia placentare cronica con riduzione dell’apporto di metaboliti, ridistribuzione dei flussi ematici fetali e successiva induzione di ritardo di crescita intrauterino. L’ipossia placentare determinerebbe inoltre un’iperplasia del trofoblasto con aumentata secrezione locale e sistemica di sostanze in grado di aumentare la pressione arteriosa sistemica e ridurre le resistenze vascolari placentari come meccanismo di compenso.

Anche se in assenza di dati certi in letteratura, l’insufficiente invasione trofoblastica sembra essere uno dei meccanismi fisiopatologici alla base dello sviluppo di preeclampsia. Nelle pazienti preeclamptiche il flusso placentare risulta infatti sensibilmente ridotto, ed il motivo di questa ipoperfusione sembrerebbe risiedere nell'inadeguata invasione delle arterie spirali della decidua e del miometrio da parte del trofoblasto durante la fase di placentazione. Questo fenomeno provocherebbe, inoltre, una diminuita reattività alle catecolamine endogene causando una marcata riduzione del calibro delle arterie utero-placentari. Tutto ciò impedisce la formazione di un distretto circolatorio a bassa resistenza e ad alta capacità che irrora lo strato intervilloso.

Anche se l'ischemia placentare sembra avere un ruolo preponderante, numerosi altri fattori ancora sconosciuti concorrono nella patogenesi della malattia.

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2. Adattamento emodinamico fisiologico alla gravidanza

La comprensione delle modifiche cardiovascolari che si instaurano in una gravidanza fisiologica è fondamentale per saper interpretare i meccanismi adattativi che ne sono responsabili, e per poter avere un punto di riferimento quando la gravidanza si complica a causa di condizioni patologiche. I parametri emodinamici di base, resistenze vascolari periferiche (RVP), output cardiaco (CO), frequenza cardiaca (HR), stroke volume (SV) e pressione arteriosa (PAS, PAD, PAM), sono stati per questo motivo frequentemente oggetto di studio.

2.1 Resistenze periferiche (RVP)

La gravidanza è associata ad una vasodilatazione sistemica e renale, che si realizza grazie ad una caduta delle resistenze periferiche (RVP).

Questa si instaura nelle prime 5 settimane e precede la fase di placentazione e il completo sviluppo uteroplacentare.1 Nel primo

trimestre si assiste ad un sostanziale decremento delle resistenze che raggiunge un minimo durante il secondo trimestre, per poi raggiungere un plateau o incrementare lievemente nel resto della gravidanza (Figura 5).2 Al termine della gravidanza il decremento delle resistenze si aggira

intorno al 35%-40% rispetto ai valori basali. Nel post-partum le resistenze vascolari sistemiche aumentano fino a livelli vicini a quelli pregravidici 3, e dopo 2 settimane l’emodinamica materna è ampiamente

tornata ai valori normali.4 Il processo è multifattoriale e mediato da

fattori endotelio-dipendenti, inclusa la sintesi di ossido nitrico stimolata dall’estradiolo e probabilmente da prostaglandine ad azione vasodilatante (PGI2), 5 ma i precisi meccanismi che ne sono responsabili

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2.2 Output cardiaco (CO)

In parallelo con la riduzione delle resistenze periferiche si assiste ad un incremento dell’output cardiaco (figura 5), calcolato come il prodotto dello stroke volume (SV) per la frequenza cardiaca (HR), il cui andamento è solitamente studiato tramite metodiche non invasive. Tra queste, l’ecocardiografia transtoracica è sicuramente la più utilizzata. Il maggior incremento si verifica all’inizio del primo trimestre, ma si assiste ad un aumento continuo anche durante tutto il secondo trimestre.6 A 24 settimane l’ouput cardiaco può essere aumentato fino al

45% in una normale gravidanza singola.7 Dopo il secondo trimestre

l’andamento dell’output cardiaco risulta controverso, non essendo chiaro se ci sia un incremento, una riduzione o il mantenimento di un plateau. Il meccanismo di aumento nella prima parte della gravidanza sembra attribuibile ad un aumento dello stroke volume (SV), mentre nelle fasi più avanzate si pensa sia dovuto ad un aumento della frequenza cardiaca (HR).8 Figura 5 – Andamento dell’output cardiaco (CO) e delle resistenze periferiche (RVP) prima, durante e dopo la gravidanza

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2.3 Frequenza cardiaca (HR)

La frequenza cardiaca aumenta durante la gravidanza. A differenza della maggior parte dei parametri che raggiungono il loro massimo cambiamento durante il secondo trimestre, la frequenza cardiaca aumenta progressivamente durante la gravidanza dai 10 ai 20 bpm, raggiungendo un massimo nel terzo trimestre 8 (figura 6). L’incremento finale è del 20-25% rispetto ai valori di base 2, 3, 9, 10 Figura 6 – Andamento dell’Output cardiaco (CO), dello Stroke volume (SV) e della Frequenza cardiaca (HR) durante la gravidanza

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2.4 Stroke volume (SV)

Un aumento dello stroke volume è probabilmente dovuto al precoce incremento della massa ventricolare e del volume telediastolico che si osservano durante la gravidanza. Il cuore è fisiologicamente dilatato e la contrattilità miocardica aumentata. Mentre lo stroke volume tende a ridursi verso il termine della gravidanza (figura 6), l’aumento della frequenza cardiaca si mantiene continuo e provvede a preservare costante l’incremento dell’output cardiaco.5

2.5 Pressione arteriosa (PAS, PAD, PAM)

Nonostante un aumento del volume plasmatico del 30-50% dovuto all’attivazione del sistema renina angiotensina aldosterone, la pressione arteriosa cala di circa 10 mmHg nel secondo trimestre, con un maggior decremento della componente diastolica rispetto a quella sistolica.

I valori raggiungono un minimo durante questo periodo, anche se il maggior decremento si ha nelle prime fasi di gravidanza (dalle 6 alle 8 settimane di gestazione), rispetto ai valori pregravidici.2 Nel terzo

trimestre si assiste invece a un lieve incremento dei valori pressori per poi osservare un ritorno ai valori preconcezionali nel postpartum (figura 8). Secondo alcuni autori le donne con un IMC maggiore di 25 kg/m2

prima della gravidanza, mostrano un significativo aumento della componente sistolica, diastolica e media in tutte le fasi della gravidanza e nel postpartum, rispetto a donne con un IMC minore.9

Altri non hanno dimostrato differenze nei cambiamenti emodinamici in base al peso pregravidico o al peso totale acquisito durante la gravidanza.

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I differenti metodi di misurazione della pressione in questi studi probabilmente hanno contribuito alla variabilità dei dati ed alle importanti, inspiegate, ma sostanziali differenze, legate alla razza e relative ai valori pressori osservati durante la gravidanza ed al rischio di ipertensione gestazionale.11 Figura 7 – Andamento della Pressione Arteriosa prima, durante e dopo la gravidanza

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3. Funzione renale e sistema renina angiotensina aldosterone 3.1 Funzione renale

L’impatto funzionale della gravidanza sulla fisiologia renale è ampio, coinvolgendo praticamente tutti gli aspetti della funzione renale.

La caduta delle resistenze periferiche interessa anche la circolazione renale, determinando un aumento del flusso plasmatico renale e della filtrazione glomerulare, che aumentano del 40-65% e del 50-85% rispettivamente 5, con una conseguente riduzione dei valori ematici di

creatinina, urea e acido urico. La soglia della sete e della secrezione di ADH sono depresse, risultando in una riduzione dell’osmolarità plasmatica e della sodiemia. Il rene aumenta in lunghezza e volume e una fisiologica idronefrosi si instaura nell’80% delle donne.12

3.2 Sistema renina-angiotensina-aldosterone

La caduta delle resistenze periferiche nel corso di una gravidanza normale determina, tramite la stimolazione dei barocettori arteriosi, una sostanziale attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone e del sistema nervoso autonomo. Questa attivazione risulta in aumento dei meccanismi sodio ritentivi renali e in un rilascio non osmotico di vasopressina (ADH) da parte dell’ipotalamo. Durante la gravidanza inoltre si elevano le concentrazioni plasmatiche di relaxina, un ormone peptidico prodotto da corpo luteo, decidua e placenta, che stimola la secrezione di vasopressina e la sensazione di sete, risultando in un aumento della ritenzione di acqua. Questi cambiamenti relativi ai meccanismi sodioritentivi renali causano una netta riduzione dell’osmolarità plasmatica e si instaura l’iponatremia ipervolemica tipica della gravidanza.

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L’aumento del volume plasmatico comincia nelle prime fasi di gravidanza, inizia ad aumentare già a 6-8 settimane ma cresce

progressivamente fino a 28-30 settimane, aumentando dal 20 al 100% rispetto ai valori pregravidici, con una media del 45%.8

Esiste una diretta associazione fra l’espansione del volume plasmatico e la crescita fetale, una ridotta espansione plasmatica è stata infatti associata a preeclampsia e ad altre condizioni patologiche 8, dal

momento in cui l’aumento del volume plasmatico risulta fondamentale nel mantenimento del volume effettivo circolante, della pressione arteriosa e della perfusione utero placentare.13

(Nonostante l’importante incremento del volume plasmatico in gravidanza, il massivo decremento delle resistenze periferiche crea uno stato di sottoriempimento arterioso dal momento in cui l’85% del volume risiede nella circolazione venosa.14 Questo stato di “underfilling

arterioso” è unico della gravidanza e, la caduta nelle resistenze periferiche associata all’incremento del volume plasmatico renale, è ciò che contrasta con gli altri stati di underfilling arterioso come la cirrosi, la sepsi e le fistole artero venose.15)

L’attivazione del sistema renina angiotensina aldosterone determina anche un aumento dei livelli plasmatici di aldosterone e una conseguente ritenzione idrosalina nel tubulo distale e nel dotto collettore a livello renale.

In aggiunta alla renina prodotta dai reni, le ovaie e l’unità uteroplacentare producono un precursore inattivo della renina nelle prime fasi di gravidanza.16 La placenta inoltre produce estrogeni che

stimolano la sintesi epatica di angiotensinogeno, substrato della renina, i cui livelli aumenteranno durante tutta la gravidanza (figura 8). 13, 17

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Il risultato dell’attivazione di questi sistemi è un incremento netto di aldosterone rispetto ai livelli di renina che, controbilanciando la riduzione del volume effettivo circolante determinata dalla vasodilatazione sistemica e renale, risulta funzionale nel mantenere i valori pressori stabili durante la gravidanza.

L’importanza dell’aldosterone nel corretto sviluppo feto-placentare è evidente in condizioni patologiche come la preeclampsia, nella quale il volume plasmatico è ridotto e le concentrazioni di aldosterone sono basse. L’attivazione dei recettori dei mineralcorticoidi da parte dell’aldosterone materno sembra infatti necessaria per la crescita trofoblastica e la normale funzione feto-placentare. 18

In uno studio di Julia J. Spaan et al. è stato osservato che più alti livelli di aldosterone materni sono correlati con valori minori di Indici di Pulsatilità (PI) delle arterie uterine, e sembra avere un trend simile anche il PI dell’arteria ombelicale. Tali evidenze supporterebbero il concetto che il sistema renina angiotensina aldosterone a livello sistemico possa essere direttamente coinvolto nella regolazione del flusso placentare. 19 Lo stesso studio confermerebbe anche i precedenti

dati relativi all’attivazione del sistema renina angiotensina aldosterone in gravidanze fisiologiche e alla sua soppressione in gravidanze ipertensive, dove si evidenzia una dissociazione dei valori di renina e aldosterone identificabile nell’aumentato rapporto aldosterone/renina durante la gravidanza.20, 21

Studi recenti ritengono che il sistema renina angiotensina aldosterone e le sue componenti, ampiamente distribuite all’interno dell’unità utero-placentare, abbiano un possibile ruolo nell’eziologia della preeclampsia.22

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Tra gli altri ormoni secreti in gravidanza il progesterone risulta degno di nota in questo ambito in quanto rappresenta un potente antagonista dell’aldosterone che agisce sui recettori dei mineralcorticoidi, prevenendo l’eccessiva ritenzione di sodio e proteggendo così il sistema dall’ipokaliemia.12 Figura 8 - A) Livelli di Renina attiva e Prorenina plasmatiche durante la gravidanza; B) Livelli di Angiontensinogeno nel plasma materno durante la gravidanza Figura 9- Cambiamenti nell’attività della Renina plasmatica (A) e dei livelli plasmatici di Aldosterone (B) durante la gravidanza

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Tecniche ecografiche per la valutazione morfofunzionale cardiaca

Prima di analizzare le modifiche ecocardiografiche che si accompagnano alla gravidanza è necessario esaminare le metodiche a disposizione e i principali parametri ecocardiografici utilizzati. L’ecografia si avvale di misurazioni acquisite sia mediante metodica monodimensionale (M-mode) che bidimensionale (B-mode). La prima permette la misurazione degli spessori parietali, dei diametri e dei volumi delle camere cardiache, mentre per lo studio della funzione cardiaca si predilige l’utilizzo delle metodiche bidimensionale e Doppler, essendo queste ultime più accurate rispetto a quelle lineari.

1. Ecografia M-Mode

L’ecografia M-mode fornisce un’immagine monodimensionale che permette una migliore definizione dei bordi endocardici ed epicardici. Per questo motivo viene utilizzata per misurazioni più accurate, convenzionalmente raccolte sul tracciato M-mode derivato dalla sezione parasternale asse lungo. La misurazione viene effettuata dal margine anteriore della prima interfaccia da esaminare al margine anteriore dell’interfaccia successiva (figura 10).

Figura 10 – Esempio di misurazione in M-Mode

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I parametri volumetrici calcolati con la metodica lineare, derivano dalla misurazione dei diametri e degli spessori parietali in M-Mode, e sono il risultato dell’applicazione, da parte del software ecocardiografico, della formula di regressione di Teicholtz, secondo la quale la camera ventricolare viene assimilata ad un ellissoide di rotazione. Formula di Teicholtz: (7/2,4 + D) x D3 , dove D è il EDV o ESV a seconda che si voglia calcolare il volume diastolico o sistolico ventricolare. 2. Ecografia bidimensionale (2D)

La metodica bidimensionale consente nei suoi diversi approcci una

visualizzazione in tempo reale della cinetica ventricolare sinistra sia

globale che segmentaria, permettendo di ottenere informazioni

accurate ed attendibili anche in caso di ventricoli con geometria

distorta o con anomalie della cinesi regionale, in cui i modelli

estrapolati dalla metodica monodimensionale possono essere poco

affidabili. I piani di sezione più utilizzati sono il parasternale asse

lungo, parasternale asse corto e parasternale apicale (figura 11) in 4

o 2 camere.

Figura 11 a) Parasternale asse lungo, b) Parasternale asse corto, c) Parasternale apicale visione in 4 camere

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Per la valutazione dei volumi sono stati proposti diversi modelli geometrici applicabili alla determinazione di area e lunghezza o di lunghezza e diametro della camera ventricolare in approccio apicale 4 e 2 camere. Il metodo che ha incontrato il più ampio successo, e che viene comunemente utilizzato in clinica, è quello della sommazione dei dischi, basato sulla regola di Simpson. Il volume globale viene calcolato come la sommatoria dei volumi di una serie di sezioni cilindriche sovrapposte di forma simile. Formula di Simpson: π/4 x L x ΣD1 x D2 , dove ogni disco ha 2 diametri trasversi ortogonali D (finestra 4 camere apicale) e D2 (finestra 2 camere apicale). L’altezza di ciascun disco si ottiene dividendo L (lunghezza del ventricolo sinistro misurata sia in apicale 4 camere che in 2 camere) per il numero dei dischi, quindi il calcolo è tanto più accurato quanto più numerose sono le sezioni sommate. 3. Eco doppler In ecocardiografia la metodica Eco Doppler è utilizzata in 3 modi : - Doppler ad onda continua

Questa metodica risulta sensibile ma, misurando la velocità di flusso lungo l’intera lunghezza del fascio ultrasonoro e non ad una specifica profondità, non localizza la misurazione della velocità. Viene utilizzata per stimare la severità di stenosi o rigurgiti valvolari valutando la forma o la densità dell’output. - Doppler ad onda pulsata L’onda pulsata fu sviluppata in seguito alla necessità di localizzare la misurazione di una velocità o di un flusso turbolento. Con questa tecnica viene misurata infatti la velocità di flusso all’interno di una piccola area e ad una specifica profondità tissutale.

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Viene pertanto utilizzata per valutare i pattern di afflusso ventricolare, gli shunts intracardiaci e per effettuare precise misurazioni di flusso a livello degli orifici valvolari

- Eco color doppler

Questa metodica sfrutta la misurazione della velocità e la direzione del flusso sanguigno associando ad esso un colore dipendentemente dall’allontanarsi o meno di quest’ultimo rispetto alla sonda ecografica. Tradizionalmente il flusso diretto verso la sonda viene mostrato in rosso mentre quello che le si allontana in blu. Alle velocità più elevate sono associate sfumature più chiare degli stessi colori e, per facilitare l’identificazione di un flusso turbolento, oltre una certa soglia di velocità il colore cambia completamente. Questo conduce ad un pattern a mosaico nelle zone di turbolenza e permette uno screening sensibile nei confronti delle alterazioni di flusso legate alla patologia cardiaca.

Flusso doppler transmitralico nella valutazione della funzione diastolica Il sistema più comune per analizzare la diastole del LV è quello di valutare tramite Doppler pulsato il flusso durante il riempimento della camera ventricolare. Le velocità registrate sono rappresentate da due onde:

- L’onda E che corrisponde alla velocità del flusso transmitralico durante la fase iniziale rapida del riempimento ventricolare in diastole ed è espressione della compliance diastolica del ventricolo sinistro

- L’onda A che corrisponde alla velocità del flusso transmitralico durante la sistole atriale

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Il tempo di decelerazione dell’onda E si riduce proporzionalmente alla rapidità dell’aumento della pressione ventricolare, mentre l’ampiezza dell’onda A è condizionata dalla funzione sistolica atriale, dal precarico e dalla compliance ventricolare sinistra.23

Da queste velocità si ricava quindi il rapporto E/A che, in soggetti giovani e sani ha un valore normale pari a 1,5, mentre risulta invertito (<1) nelle condizioni patologiche in cui si verifica un’alterazione del pattern diastolico. Il flusso transmitralico è però influenzato non solo dalle proprietà diastoliche, ma anche da altri fattori quali il precarico e il postcarico, la geometria dell’orifizio valvolare e soprattutto dall’età e dalla frequenza cardiaca. A questo proposito l’analisi comparata del flusso transmitralico e le informazioni derivanti dal Doppler tissutale rappresentano un utile strumento per la valutazione delle pressioni di riempimento ventricolare. Figura 12 – Morfologia dell’onda E ed A in flussimentria Doppler

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4. Tissue doppler (TDI)

Il Doppler tissutale estende l’applicazione del principio Doppler alla misura delle velocità di movimento del tessuto miocardico.

Nell’analisi Doppler dei flussi ematici infatti le basse frequenze ad elevata energia generate dal movimento di parete sono state per anni filtrate ed eliminate volutamente dal segnale d’origine, come una possibile fonte di errore e confusione nell’interpretazione dei flussi endocavitari. Poiché queste frequenze sono generate dalle strutture parietali in movimento si è progressivamente arrivati a considerare che esse contengano in realtà informazioni di rilievo per la valutazione delle proprietà miocardiche e che, come tali, siano utilizzabili al fine di analizzare la dinamica delle pareti ventricolari durante l’intero ciclo cardiaco.

La funzione globale del ventricolo sinistro dipende dalla capacità contrattile e di rilasciamento delle fibre miocardiche orientate sia longitudinalmente che in maniera circonferenziale.24 La quantificazione

della funzione ventricolare nell’asse longitudinale è rilevante clinicamente in quanto contrazione e rilasciamento in questa direzione sono dovute principalmente all’attività delle fibre subendocardiche 24,

sulle quali si esercita l’alterazione miocardica primaria in molte patologie cardiache. Poiché l’apice del cuore rimane stazionario durante tutto il ciclo cardiaco, lo studio del movimento dell’anello (mitralico o tricuspidale) rappresenta una stima accurata sia della contrazione che del rilasciamento del ventricolo corrispondente. Il TD è in grado di quantificare la velocità e il timing con cui avviene questo movimento e su questo presupposto si basano tutte le sue applicazioni cliniche.

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Il TD può essere eseguito secondo due modalità:

- TD ad onda pulsata: misura le velocità di picco ed è particolarmente adatto alla valutazione della funzione longitudinale

- Color TD: mediante una codifica a colori delle velocità miocardiche, consente di identificare direzione e velocità del movimento.

Doppler tissutale pulsato degli anelli valvolari

Le velocità longitudinali miocardiche possono essere registrate mediante TD pulsato dall’approccio apicale (sezioni 4 camere, 2 camere e 3 camere)25, tenendo presente che il posizionamento a livello dell’anello

mitralico valuta il movimento sisto-diastolico globale del ventricolo sinistro e quello a livello dell’anello tricuspidale è invece espressione dell’analogo movimento del ventricolo destro.

Il pattern standard del TD pulsato comprende una velocità miocardica sistolica (S) anterograda (al di sopra della linea di base) e due velocità miocardiche diastoliche, proto-diastolica (E’) ed atriale (A’), retrograde. Figura 13 – Morfologia delle onde S, E’ ed A’ in TDI

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Dal punto di vista tecnico il rapporto E/E’ derivato dalle velocità rilevate nella porzione settale dell’anello mitralico è spesso più alto di quello ottenuto utilizzando le velocità parietali. Questo è dovuto al fatto che l’anello settale non è libero di muoversi tanto quanto quello laterale a causa dell’adesione alla rigida struttura fibrosa intervalvolare. Le velocità a livello dell’anello settale sono probabilmente anche influenzate dal movimento del ventricolo stesso. Sono stati fatti studi che hanno mostrato che le misure che utilizzano la velocità laterale sono più precisamente correlate alle pressioni di riempimento. Pertanto si ritiene più corretto utilizzare la media delle velocità dell’onda E’ a livello settale e laterale, misurando sempre sia l’onda E’ laterale che l’onda E’ settale. Nel loro insieme velocità ed intervalli di tempo forniscono informazioni quantitative sulla funzione ventricolare longitudinale, sistolica e diastolica, in maniera simile a quanto ottenibile con la semplice valutazione M-mode degli anelli valvolari.

(29)

Valutazione quantitativa della funzione diastolica miocardica

Le applicazioni cliniche per la valutazione della funzione diastolica si basano sulla dimostrazione della minore precarico-dipendenza del TD pulsato anulare rispetto al Doppler flussimetrico transmitralico. 26, 27

Nei soggetti in ritmo sinusale gli anelli atrioventricolari mostrano due movimenti distinti in direzione del versante atriale: a livello dell’anulus mitralico in proiezione apicale 4 camere si registra in diastole un’onda E’ (Ea o Em), movimento associato al rilasciamento del tessuto, che corrisponde come tempo all’onda E del flusso Doppler transmitralico mentre la sua velocità di picco precede il picco della E flussimetrica e termina prima della stessa E. Il secondo movimento diastolico dell’anello mitralico corrisponde alla velocità A’ (Aa o Am), correlata all’ ulteriore distensione dovuta alla sistole atriale.

A questo punto è fondamentale valutare :

- La velocità del rilasciamento, picco dell’onda E’, che è normale oltre i 10 cm/s e alterata sotto questo valore (per alcuni autori 8 cm/s)

- Il rapporto E/E’, cioè il rapporto tra le velocità di picco del flusso calcolate con flussimetria doppler e TDI. Questo rapporto risulta normale sotto 8 e anormale sopra 8 (indice di disfunzione diastolica)

Considerata la sua relativa indipendenza dal precarico, il TD pulsato dell’anello mitralico è stato proposto con successo per “correggere” il flusso transmitralico per l’influenza del rilasciamento miocardico. Un indice del genere, il cosiddetto rapporto E/E’, consente di ottenere una stima non invasiva attendibile del grado delle pressioni di riempimento ventricolare.

(30)

4. Funzione sistolica e diastolica in gravidanza

Mentre l’adattamento emodinamico alla gravidanza è stato ampiamente valutato in numerosi studi, in pochi hanno studiato la funzionalità e la contrattilità cardiaca in senso specifico.

I pochi studi che sono stati pubblicati riportano conclusioni spesso contrastanti, rendendo difficile un’analisi oggettiva dell’argomento.

Bamfo et al.28, usando parametri tissue Doppler, hanno trovato una

funzione diastolica inalterata nel caso di una gravidanza normale.

Kemtas et al.29, usando le misure Doppler convenzionali, riferiscono un

incremento nella velocità di picco mitralica E e del rapporto E/A durante i primi due trimestri, e poi una riduzione nel terzo.

Zentner et al.30, evidenziano invece un deterioramento di entrambe le

funzioni sistolica e diastolica nell’ ultimo periodo di una gravidanza normale.

Una possibile spiegazione per questi riscontri discrepanti sulla funzione sistolica e diastolica del ventricolo sinistro in gravidanze normali, è probabilmente legata alle piccole dimensioni e alle differenze presenti sia all’interno che tra le popolazioni in studio.31

Lo studio di Estensen et al.31, ha preso in considerazione un’ampia coorte

di pazienti sane in gravidanza, ed ha studiato con metodiche non invasive la funzione sistolica globale e regionale, la contrattilità e la funzione diastolica del ventricolo sinistro (LV) in tre momenti della gravidanza e a sei mesi dal parto. Risultando il più completo all’interno della letteratura, l’analisi che segue si baserà principalmente sui risultati di questo studio.

(31)

- Funzione sistolica

Per quanto riguarda la funzione sistolica, lo studio ha messo in evidenza un aumento del volume telediastolico del ventricolo sinistro (LVEDV) del 23% e una riduzione della frazione di eiezione (LVEF) dell’ 11%, entrambe regredite a 6 mesi dal parto. La riduzione della FE risulta concorde con gli studi di Robson et al.6, di Mone et al.32, e di Zentner et

al.30, i quali osservano che nonostante un iniziale aumento nelle prime

fasi di gravidanza, la funzione cardiaca sistolica e diastolica sembrano poi deteriorarsi con l’avvicinarsi al termine. Lo studio di Estensen et al. ha rilevato una più precoce riduzione della frazione di eiezione (22-24 settimane) rispetto allo studio di Robson et al.6, che ha evidenziato una

riduzione della funzione sistolica solo dopo le 30 settimane di gravidanza. Tali risultati contrastano tuttavia con quelli di Gilson et al.33

che non osservarono invece cambiamenti nella LVEF.

La riduzione della funzione ventricolare sinistra è probabilmente la conseguenza dei cambiamenti fisiologici indotti dalla gravidanza.

Anche lo spessore parietale del ventricolo sinistro aumenta lentamente tra le 14-16 settimane e la 36 esima e rimane invariato a 6 mesi dal parto. La massa ventricolare sinistra (LV mass) aumenta del 14% durante la gravidanza, con un picco alla 36 esima settimana. Nonostante la massa ventricolare si riduca del 3% nel controllo a 6 mesi, essa risulta significativamente elevata in rapporto alle settimane 14-16. Lo studio ha rilevato anche un incremento delle dimensioni del setto e della parete posteriore in telediastole e in sistole (IVSd, IVSs, LVPWd, LVPWs) durante tutta la gravidanza, dati supportati da precedenti studi. 29, 34

Anche le dimensioni ventricolari in telediastole (LVIDd) e telesistole (LVIDs) risultano aumentate.

(32)

Questi ritrovamenti, comparabili a quelli indotti dall’ esercizio fisico, lasciano supporre che lo stato di gravidanza abbia degli aspetti simili a quelli dell’esercizio moderato, con un aumento dell’output cardiaco, della perfusione periferica (a livello uterino piuttosto che muscolare) e della domanda di ossigeno. - Funzione diastolica I risultati riguardo alla funzione diastolica sono discrepanti. Lo studio di Estensen et al.,31 ha evidenziato una riduzione nel picco di

velocità mitralica E’ durante la gravidanza. Non è certo se questo rappresenti un vero cambiamento nella funzione diastolica o se sia il risultato di un’ alterazione delle condizioni di precarico dovute alla gravidanza. Lo stesso studio ha dimostrato anche un decremento della velocità transmitralica E e del rapporto E/A, non osservando tuttavia alcun cambiamento nella velocità A, al contrario dei precedenti studi che ne hanno invece riportato un incremento.34, 35 Per quanto riguarda il

rapporto E/E’, nonostante l’area dell’atrio sinistro aumenti durante la gravidanza, esso rimane invariato. Questi dati suggeriscono che le pressioni di riempimento del ventricolo sinistro rimangano inalterate durante la gravidanza e nel post partum. Come conseguenza dell’espansione plasmatica e quindi dello stretch delle fibre miocardiche, si assiste anche ad un incremento del 40% della secrezione del peptide natriuretico atriale (BNP) nel terzo trimestre e nella prima settimana post partum. A questo proposito una meta-analisi di Castro LC et al., ha evidenziato livelli di BNP maggiori in donne affette da pre-eclampsia, non spiegabili solo in relazione agli aumentati valori pressori ma probabilmente dovuti a fattori specifici unici di questa patologia. 36

(33)

5. Pregnancy Associated Plasma Protein A

Nella prevenzione della disfunzione placentare, molti studi sono stati rivolti ad una proteina, la Pregnancy-associated Plasma Protein A (PAPP-A).37 Si tratta di una glicoproteina prodotta in elevate concentrazioni dal

fegato e dalle cellule del trofoblasto, rilasciata nella circolazione materna a concentrazioni crescenti sin dall’inizio della gravidanza. Il significato biologico della PAPP-A è ancora sconosciuto, ma i risultati di numerosi studi supportano l’ipotesi che possa agire come importante fattore di regolazione della crescita influenzando il sistema IGF (Insuline-like Growth Factor); si ritiene inoltre che abbia un ruolo significativo nel controllo autocrino e paracrino dell’invasione del trofoblasto durante la fase di placentazione. La placenta è l’organo d’interfaccia materno-fetale e un suo normale sviluppo rappresenta il presupposto essenziale per garantire la regolare crescita fetale. Il regolare sviluppo placentare nel primo trimestre di gravidanza è monitorato proprio dalla valutazione delle concentrazioni ematiche di PAPP-A, i cui bassi valori sono coinvolti nella patogenesi di patologie su entrambi i versanti fetale e materno quali la restrizione di crescita intrauterina e la preeclampsia, alterazioni riconducibili entrambe ad un’ alterata perfusione utero-placentare.

Fisiopatologicamente il preciso meccanismo d’azione della PAPP-A è di idrolizzare l’Insulin-like Growth Factor Binding Protein (IGFBP)38,

proteina in grado di legare sia l’Insulin-like Growth Factor I (IGF-I) che l’Insuline-like Growth Factor II (IGF-II) inibendo così l’interazione tra i suddetti fattori di crescita e i recettori cellulari (Figura 15). Una ridotta concentrazione di PAPP-A si traduce pertanto in una minore proteolisi di IGFBP, elevandone i livelli plasmatici e riducendo così la quota di IGF disponibili.39

(34)

I fattori di crescita insulino simili IGF-1 e IGF-2 sono proteine con una sequenza amminoacidica simile a quella dell’insulina, secrete principalmente dal fegato sotto la stimolazione da parte dell’ormone della crescita (GH) prodotto dall’ipofisi, e dotate di un’azione autocrina e paracrina a livello di numerosi tessuti. I due tipi di IGF si differenziano per tipo di effetto e timing di produzione:

- IGF-1 viene prodotto durante tutta la vita, ha una concentrazione massima in pubertà e diminuisce con la vecchiaia. Esso è strettamente dipendente dal GH ed agisce sui processi di proliferazione e inibizione di apoptosi cellulare in numerosissimi tessuti

- IGF-2 viene prevalentemente prodotto durante la vita intrauterina ed ha un ruolo fondamentale nella crescita fetale e nella fase di placentazione.

L’azione di queste proteine si esplica prevalentemente tramite il recettore IGFr-1, che risulta essere maggiormente espresso e con un’affinità per gli IGF di gran lunga superiore rispetto al recettore IGFr-2 o al recettore insulinico.

Figura 15. Meccanismo d’azione della PAPP-A

(35)

Sebbene quasi tutte le cellule esprimano tale recettore, i suoi effetti sono estremamente tessuto specifici e dunque molto differenti. Tra le cellule che esprimono tale recettore si trovano anche le cellule endoteliali e del sincizio-citotrofoblasto. In questo sistema le IGFBP agiscono come modulatori delle concentrazioni plasmatiche di IGF disponibili regolandone la quota che si lega ai recettori, di conseguenza l’importanza di proteasi come la PAPP-A che regolano la concentrazione plasmatica di IGFBP risulta evidente. Il preciso ruolo di tutti questi fattori nelle patologie della gravidanza non è ancora del tutto chiaro, ma alcuni dati in letteratura suggeriscono che possano avere una notevole rilevanza nell’ambito delle patologie associate a difetti di placentazione. A questo proposito, il ritrovamento di elevate concentrazioni di IGFBP-1 a livello delle cellule stromali e della matrice extracellullare deciduale in associazione alla presenza di alti valori di IGF-2 a livello delle colonne trofoblastiche, suggerisce un ruolo di questi due fattori nella regolazione del processo di invasione trofoblastica.40 Per quanto riguarda IGF-1, sono

stati fatti numerosi studi sul suo possibile ruolo in diverse patologie come l’ipertensione arteriosa e l’aterosclerosi. Pete G et al. hanno osservato che un’iniezione di IGF-1 produce una risposta vasodilatatoria NO mediata in grado di ridurre la pressione arteriosa, interagendo con il recettore IGFr-1 espresso a livello delle cellule endoteliali.41

Tenendo conto di tali osservazioni, l’interesse di molti studi si è rivolto alla ricerca di una correlazione tra i livelli di PAPP-A ed eventuali patologie della gravidanza. A questo proposito, la concentrazione dei livelli di PAPP-A (riportata come multiplo della mediana, MoM) dosata nel primo trimestre di gravidanza (11-14 settimane) ed il peso neonatale alla nascita sono stati dimostrati in associazione tra loro. 42

(36)

D’altronde essendo i livelli di PAPP-A associati all’attività trofoblastica e quindi allo sviluppo del volume placentare43,44, una sua bassa

concentrazione può riflettere un’invasione minore della placenta, con ridotta perfusione ematica del feto e conseguente deficit di peso alla nascita.39 Un’ulteriore associazione è quella tra i livelli di PAPP-A e la

rottura prematura pretermine delle membrane (PPROM). Durante il processo di placentazione il deficit di sviluppo vascolare 45, come la

mancata fisiologica trasformazione delle arterie spiraliformi nel contesto del miometrio, sono associati ad una maggiore incidenza di PPROM.46

B.Q. She, et al 47 hanno rilevato che bassi livelli materni di PAPP-A sono

associati a parto prematuro (34-38 settimane di gestazione) e che la diminuzione di concentrazione di PAPP-A durante il primo trimestre aumenta la probabilità di avere una gravidanza complicata da parto pretermine, in particolare nelle gestanti con rottura prematura delle membrane. La patologia ostetrica più grave alla quale sembra associata una bassa concentrazione di PAPP-A è la preeclampsia, importante evento patologico gravidico che determina sulla gestante ipertensione e proteinuria fino all’insufficienza renale, con aumento di morbilità e mortalità materno fetale. 48 Il FASTER trial del 2004 49 per primo,

avvalorato da un più recente lavoro di Ayse Kirbas et al 50, ha rilevato

come i valori di PAPP-A risultino significativamente più bassi nel primo trimestre nelle pazienti che successivamente sviluppano preeclampsia. Poiché alla base della preeclampsia c’è proprio un’alterazione dell’organizzazione vascolare, espressione a sua volta di un anomalo processo di placentazione 51, ne consegue che la determinazione dei

valori di PAPP-A possa rappresentare un marker importante nella diagnosi precoce di tale affezione. 52

(37)

OBIETTIVI

In letteratura i dati sulla valutazione ecografica della funzione cardiaca materna in gravidanza sono ad oggi piuttosto scarsi e controversi.

Il nostro studio ha lo scopo di analizzare le conseguenze dell’adattamento emodinamico sulla funzione cardiaca in gravidanza, con il proposito di evidenziare eventuali differenze fra soggetti normali e donne a rischio di alterata perfusione feto-placentare e preeclampsia. Per selezionare le pazienti a rischio è stato utilizzato come marker il valore plasmatico di PAPP-A (espressa in MoM), che rappresenta la principale proteina coinvolta nei processi di placentazione e probabilmente anche parzialmente responsabile di alcuni dei meccanismi di adattamento emodinamico sistemico alla gravidanza. Gli obiettivi che ci siamo posti sono stati quelli di osservare le variazioni della funzione cardiaca durante i tre trimestri di gravidanza, ricercando tra i vari parametri ecografici quelli che potessero essere indicativi di un patologico adattamento alla gravidanza nelle donne con livelli anormali di PAPP-A.

(38)

MATERIALI E METODI

Popolazione di pazienti

Lo studio, a carattere prospettico, è stato condotto in 18 pazienti, giunte alla nostra osservazione in un periodo compreso tra Febbraio 2017 e Luglio 2017. Di queste 18 pazienti, tutte sono state studiate nei tre trimestri di gravidanza in tre periodi differenti:

- Nel primo periodo considerato la mediana dell’epoca gestazionale era di 13 settimane + 3 giorni (range 11+5 - 20+1)

- Nel secondo periodo la mediana dell’epoca gestazionale era di 24 settimane + 3 giorni (range 22+6 - 26+0)

- Nel terzo periodo la mediana dell’epoca gestazionale era di 32 settimane + 3 giorni (range 30+2 - 35+1).

Per ciascuna gestante sono stati raccolti i seguenti dati anamnestici: parità e tipo di concepimento, etnia, peso, altezza, abitudine al fumo, presenza di patologie ed eventuale trattamento farmacologico in atto,

familiarità di primo grado per trisomie e malformazioni strutturali. Nei casi di multiparità, veniva indagato il decorso delle gravidanze

precedenti, in particolare pregresse complicanze quali il parto pretermine, la preeclampsia, il diabete gestazionale ed anomalie cromosomiche e/o strutturali. Il dosaggio plasmatico della PAPP-A in entrambi i gruppi è stato effettuato nel primo trimestre, in occasione del test di screening per le cromosomopatie. Il dosaggio è stato eseguito mediante strumentazione BRAHMS KRYPTOR certificata dalla Fetal Medicine Foundation (FMF). I parametri biochimici ottenuti sono stati convertiti in multipli della mediana (MoM) con il software ASTRAIA 2.8.0_3 che utilizza algoritmi stabiliti dalla FMF.

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La conversione permette di correggere il valore della concentrazione plasmatica dell’analita sulla base del valore atteso in una gravidanza con le stesse caratteristiche quali parità, peso, etnia, abitudine al fumo, familiarità, anamnesi ostetrica, epoca gestazionale e metodo di concepimento, opportunatamente indagate al momento della visita per il test di screening del primo trimestre. Sulla base dei valori plasmatici di PAPP-A le pazienti sono state divise in due gruppi di casi (n=10) e controlli (n=8), dove i casi presentavano una concentrazione media di PAPP-A di 0,345 con deviazione standard di 0,086, mentre i controlli erano caratterizzati da una concentrazione media di PAPP-A di 1,380 con deviazione standard di 0,613. Per tutte le pazienti sono stati inoltre rilevati ad ogni visita, in posizione clinostatica e tramite uno sfigmomanometro digitale, pressione arteriosa sistolica e diastolica e frequenza cardiaca.

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Metodiche di acquisizione

L’esame è stato eseguito con un ecocardiografo dotato di una sonda da 3,5 MHz e in grado di elaborare anche la seconda armonica tissutale in accordo con le raccomandazione della Società Americana di Ecocardiografia. Sono state acquisite immagini mono, bidimensionali, Doppler e TDI, sulle quali sono stati misurati gli spessori parietali, i diametri e i volumi delle camere cardiache e i flussi transvalvolari.

VENTRICOLO SINISTRO 1. Morfovolumetrie

I parametri relativi alla morfovolumetria del LV sono stati ottenuti direttamente o tramite le formule specifiche, a partire da valori misurati in M-Mode in finestra parasternale sinistra asse lungo: • IVSd : InterVentricular Septal width in end-diastole (spessore setto interventricolare in tele-diastole) • IVSs : InterVentricular Septal width in end-systole (spessore setto interventricolare in tele-sistole)

• LVIDd : Left Ventricular Internal Dimension in end-diastole (diametro interno ventricolare sinistro in tele-diastole)

• LVIDs : Left Ventricular Internal Dimension in end-systole (diametro interno ventricolare sinistro in tele-sistole)

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• LVPWd : Left Ventricular Posterior Wall Dimensions in end-diastole (spessore della parete posteriore del ventricolo sinistro in tele-diastole)

• LVPWs : Left Ventricular Posterior Wall Dimensions in end-Systole (spessore della parete posteriore del ventricolo sinistro in tele-sistole) • EDV : End diastole Volume (Volume telediastolico) • ESV : End Systole Volume (Volume telesistolico) • SV : Stroke Volume • LV mass : Left ventricular Mass La massa ventricolare sinistra è stata ottenuta tramite la formula Penn Convention:

Massa VS(g) =1.04×[(diametro tele diastolico VS + spessore tele diastolico del setto interventricolare e della parete posteriore del VS)³ - diametro tele diastolico VS³]-13.6

La massa viene poi indicizzata sia in funzione della superficie corporea (LVMI:g/m2) che dell’altezza (LVMI/h2,7).

Poiché l’habitus, le dimensioni corporee e il sesso dell’individuo influenzano le dimensioni ventricolari, con le indicizzazioni si cerca di eliminare l’impatto di queste variabili fisiologiche sui valori della massa ventricolare.

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Facendo riferimento alla massa ventricolare sinistra indicizzata per la superficie corporea si parla di ipertrofia ventricolare quando: - LVMI≥ 115 g/m2 per l’uomo - LVMI≥ 95 g/m2 per la donna. I cut-off di riferimento considerati sono quelli riportati nelle linee guida della Società Europea di Ipertensione e Cardiologia del 2013. • Spessore relativo di parete (RWT)

Un altro indice che può essere agevolmente derivato sulla base delle misurazioni M-mode e che è in grado di fornire utili informazioni di tipo fisiopatologico e prognostico è dato dallo spessore relativo di parete, il quale si calcola nel seguente modo: Spessore relativo di parete = 2 LVPW/EDV

Dove 2LVPW è il doppio del valore dello spessore parietale ed EDV è il diametro telediastolico ventricolare sinistro.

Questo rapporto consente di differenziare l’ipertrofia ventricolare (LVH) in concentrica ed eccentrica. A parità di incremento della massa ventricolare sinistra, l’ipertrofia ventricolare sinistra si definisce concentrica quando RWT >0,42. L’ipertrofia ventricolare sinistra è, invece, eccentrica quando il valore di RWT ≤0,42. L’esclusivo incremento del valore di RWT >0,42 definisce, invece, il rimodellamento concentrico del ventricolo sinistro.

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2. Funzione sistolica globale

• Frazione di accorciamento endocardica (FS)

Essa consiste nella variazione percentuale delle dimensioni dell’asse minore del ventricolo sinistro in sistole rispetto alla sua dimensione in diastole secondo la formula: FS = (DTD - DTS)/DTD 100 DTD: diametro telediastolico LV DTS: diametro telesistolico LV • Frazione di eiezione (FE)

Utilizzando i volumi calcolati dall’ecografo tramite la formula di Teicholtz è possibile, anche partendo da semplici misure monodimensionali, determinare la frazione di eiezione (FE) percentuale del ventricolo sinistro tramite la formula di Simpson: FE = (EDV- ESV)/EDV x 100 • Portata cardiaca Per la valutazione della portata cardiaca è necessario calcolare la gittata sistolica come differenza tra il volume telediastolico (EDV) e quello telesistolico (ESV) del ventricolo sinistro (misurati sia con metodica M-mode che bidimensionale), e rapportarla alla frequenza cardiaca (HR) secondo la formula: PC = (EDV - ESV) x HR

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3. Funzione diastolica

La funzione diastolica del ventricolo sinistro è stata valutata misurando i picchi di velocità del flusso transmitralico durate la fase di riempimento ventricolare (Doppler pulsato) e le escursioni dell’anello mitralico (Tissue Doppler). • Flusso diastolico transmitralico - Onda E - Onda A • TDI dell’anello mitralico - E’ (laterale, settale) VENTRICOLO DESTRO

Per quanto riguarda il ventricolo destro, essendo il suo ruolo nell’adattamento emodinamico alla gravidanza di minore rilievo, ci siamo limitati all’analisi di uno specifico parametro relativo alla funzione sistolica globale e cioè l’escursione sistolica dell’anello tricuspidalico o TAPSE (Tricuspid Annular Plane Systolic Excursion). Esso consiste nella valutazione del meccanismo di accorciamento longitudinale delle fibre cardiache che trascinano l’anello tricuspidale verso l’apice ventricolare durante la sistole.

L’escursione sistolica dell’anello è tanto maggiore quanto più vigorosa la sistole, e viene valutata in finestra apicale 4 camere, misurando l’escursione sisto diastolica dell’anello tricuspidale in M-Mode.

Il valore normale del TAPSE è ≥ a 18 mm.

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ATRIO SINISTRO

L’atrio sinistro è stato valutato dal punto di vista morfovolumetrico tramite la misurazione del diametro con metodica monodimensionale in proiezione parasternale sinistra asse lungo, mentre area e volume sono state misurate tramite metodica bidimensionale in finestra apicale 4 camere.

VALVOLE E AORTA

La velocità di flusso sistolico aortico e quella massima di rigurgito tricuspidale sono state misurate mediante Doppler continuo in proiezione 4 camere. Il diametro anulare aortico (o bulbo) è stato misurato mediante campionamento perpendicolare all’asse lungo del vaso in corrispondenza del punto di unione tra le cuspidi, con metodica monodimensionale in proiezione parasternale asse lungo. Per quanto riguarda l’aorta toracica sono stati valutati anche i diametri dell’arco aortico in proiezione soprasternale asse lungo e il diametro dell’aorta ascendente in parasternale asse lungo.

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Analisi statistica

I dati raccolti sono stati inizialmente inseriti nel database di Excel 2011. Per ogni visita e per ogni gruppo di pazienti sono stati poi calcolati la media, la deviazione e l’errore standard di tutti i parametri anatomici e funzionali presi in considerazione. Gli stessi parametri sono stati confrontati tra i gruppi e all’interno dei gruppi messi in relazione con il tempo tramite Test t di Student di tipo accoppiato, con distribuzione a 2 code, che esprime la probabilità che le popolazioni abbiano la stessa media. Per questo test abbiamo considerato come valori statisticamente significativi i risultati a partire da una p < 0,05 e come molto significativi quelli con valori di p < 0,005. Sempre tramite Excel abbiamo costruito dei grafici relativi ai parametri più importanti e/o che risultavano variare nel tempo in modo statisticamente significativo, riportando i valori medi e l’errore standard. Per quei parametri che non arrivavano a raggiungere una significatività statistica, ma che comunque si modificavano in modo importante nell’ambito delle 3 visite, e con discrete differenze nei due gruppi, abbiamo scelto di utilizzare anche l’analisi della varianza per misure ripetute utilizzando il software statistico JMP. Lo stesso software è stato utilizzato per l’analisi di regressione lineare semplice e per creare i grafici scatter che mettessero in relazione i valori di PAPPA-A con i parametri di maggior rilevanza statistica quali: - Le resistenze periferiche (RVP) - La portata cardiaca

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RISULTATI

In termini di caratteristiche cliniche (Tabella 1) i due gruppi erano simili per: - età, altezza, peso, IMC, valori pressori (PAS, PAD, PAM) e frequenza cardiaca (HR) Gli stessi gruppi si differenziavano invece per: - parità (Chi2, p<0.05) e PAPP-A (t test, p<0.005)

CASIMEDIA±DEV.ST CONTROLLIMEDIA± DEV.ST

n 10 8 Età (anni) 33±5,4 35±2,9 Altezza (cm) 163±5 168±4,9 Peso (kg) 60±9,4 63±8,8 IMC (kg/m2) 22,5±2,9 22,2±2,1 Parità (0/1/2) 8/1/1 5/3/0 PAPP-A (MoM) 0,345±0,1 1,380±0,6** PAS (mmHg) 118±12,3 114±15,6 PAD (mmHg) 73±7 68±6 PAM (mmHg) 88±7 84±9 HR (bpm) 75 ± 9,8 74 ± 8,4 Tabella 1 - Caratteristiche cliniche della popolazione (*) P < 0,05 tra s 13 e 24, (**) P < 0,005 tra s 13 e 24, (°) P < 0,05 tra s 13 e 32, (°°) P < 0,005 tra s 13 e 32

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Da un punto di vista cardiaco anatomico-strutturale (Tabella 1) non abbiamo osservato differenze significative tra i gruppi nei parametri principali alla prima ecografia. Questi stessi parametri non mostravano variazioni nelle due valutazioni successive, fatta eccezione per il diametro dell'atrio sinistro (Atrio sx D) che incrementava lievemente (+ 10%) in entrambi i gruppi, senza associarsi tuttavia a variazioni significative dell’area e del volume atriali nel tempo né a differenze sostanziali tra i due gruppi.

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CASI

MEDIA ± ERRORE ST CONTROLLI MEDIA ± ERRORE ST

Sett 13 Sett 24 Sett 32 Sett 13 Sett 24 Sett 32

Peso (kg) 60,1±3 64,9±3,2** 67,2±2,9*°° 63,1±2,8 68,3±2,7** 71,7±2,8**°° Arco (cm) 2,03±0,04 2,06±0,06 2,08±0,07 2,18±0,10 2,15±0,08 2,14±0,06 Ascendente (cm) 2,51±0,05 2,53±0,06 2,67±0,07 2,56±0,07 2,63±0,05 2,69±0,06 Bulbo (cm) 2,68±0,06 2,64±0,06 2,71±0,04 2,68±0,07 2,71±0,07 2,83±0,08 Atrio sx D (cm) 2,85±0,11 2,98±0,13* 3,17±0,11**°° 2,99±0,12 3,25±0,12** 3,23±0,10°° Atrio sx A (cm2) 11,4±0,9 11,5±0,8 12,1±0,7 12,6±0,9 13,7±0,9 13,2±0,7 Atrio sx V (cm3) 27,5±3,1 28,5±3,1 29,7±2,4 31,4±3,0 35,1±3,8 33,1±2,8 IVSd (cm) 0,81±0,03 0,82±0,03 0,86±0,03 0,85±0,03 0,86±0,03 0,89±0,02 LVIDd (cm) 4,58±0,13 4,58±0,16 4,61±0,14 4,55±0,17 4,56±0,18 4,69±0,15 LVPWd (cm) 0,83±0,03 0,77±0,03 0,75±0,02 0,80±0,03 0,84±0,04 0,84±0,05 IVSs (cm) 1,41±0,04 1,38±0,06 1,41±0,03 1,53±0,06 1,46±0,09 1,55±0,04 LVIDs (cm) 2,54±0,09 2,65±0,12 2,67±0,14 2,54±0,13 2,53±0,16 2,79±0,15 LVPWs (cm) 1,39±0,05 1,39±0,07 1,40±0,06 1,41±0,04 1,48±0,09 1,48±0,05 LVd Mass (g) 137±10 133±11 136±8 140±12 146±15 156±17 RWT 0,17±0,01 0,17±0,02 0,16±0,01 0,18±0,01 0,18±0,01 0,17±0,01 Tabella 2 - Parametri anatomico strutturali cardiaci

(50)

Anche i parametri emodinamici sistemici e di funzione sistolica del

ventricolo sinistro (Tabella 3) rilevati nelle prime due visite nelle

pazienti con bassi valori di PAPP-A non erano diversi rispetto ai

controlli. Alla terza visita si osservava invece un lieve incremento della frequenza cardiaca (HR,+ 12%, test t, p < 0.05) solo nelle donne appartenenti al gruppo di controllo mentre non si registrava alcuna variazione nel gruppo con bassi livelli di PAPP-A. CASI

MEDIA±ERRORE ST. CONTROLLI MEDIA ± ERRORE ST.

Sett 13 Sett 24 Sett 32 Sett 13 Sett 24 Sett 32

PAM (mmHg) 88±2 85±2 86±2 84±3 84±4 83±3 HR (bpm) 82±4 85±2 83±2 74±3 76±3 83±3° SV (ml) 74±6 71±6 72±4 72±6 74±7 72±5 RVP 15,5±1,4 15,2±1,6 15,1±1,0 16,8±1,4 15,7±1,0 14,6±1,3 Portata (l/min) 6,0±0,6 6,1±0,6 5,9±0,3 5,2±0,4 5,5±0,3 6,0±0,5 FE (%) 76±2 73±2 73±2 75±2 75±3 71±2 FS (%) 45±2 42±2 42±2 44±1 45±2 41±2* TAPSE (mm) 26,6±0,7 26,5±1,0 26,0±0,8 28,0±0,9 26,1±0,9* 25,4±0,6° Tabella 3 - Parametri emodinamici basali e di funzione sistolica cardiaca (*) P < 0,05 tra s 13 e 24, (**) P < 0,005 tra s 13 e 24, (°) P < 0,05 tra s 13 e 32 , (°°) P < 0,005 tra s 13 e 32

(51)

Sebbene al test t le variazioni temporali non risultassero significative, anche la portata cardiaca e le resistenze vascolari periferiche (RVP) si modificavano, in modo coerente con quanto atteso, solo nel gruppo con PAPP-A alta, mentre rimanevano invariate nel gruppo con PAPP-A bassa (figura 1 e 2). 12,0 13,0 14,0 15,0 16,0 17,0 18,0 19,0

Sett. 13 Sett. 24 Sett. 32

"Casi" "Controlli" 4,0 4,5 5,0 5,5 6,0 6,5 7,0

Sett. 13 Sett. 24 Sett. 32

Figura 1 - Andamento delle RVP dei due gruppi nel tempo RV P ( mmH g x mi n /l ) Figura 2 - Andamento della portata cardiaca nel tempo Po rt at a Ca rd ia ca ( l/ m in ) )

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