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Recupero della risorsa idrica da impianti idrovori di bonifica

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Academic year: 2021

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Sommario

Introduzione ... 6

1 Problema della risorsa idrica e cuneo salino ... 7

1.1 Acque sotterranee ... 7

1.2 Cuneo salino ... 8

1.2.1 Schema dell’interfaccia ... 9

1.2.2 Intrusione del cuneo salino ... 10

1.3 Recupero della risorsa idrica superficiale ... 13

2 Impianto idrovoro Pisa Sud ... 14

2.1 Gestione delle acque prima della realizzazione dell’impianto ... 14

2.2 Gestione delle acque dopo la realizzazione dell’impianto ... 18

2.3 Approfondimento Canale dei Navicelli ... 22

2.4 Analisi pluviometrica del bacino ... 23

2.4.1 Metodo di Gumbel ... 23

2.4.2 Stima dei parametri a e n ... 25

2.4.3 Ragguaglio ... 26

2.5 Caratteristiche impianto ... 28

3 Elaborazione dati impianto ... 37

3.1 Calcolo del volume d’acqua sollevato dall’impianto ... 37

3.2 Coefficiente di deflusso ... 43

3.3 Volume di pioggia netta ... 44

4 Inquadramento geografico ... 48

4.1 Caratteri del paesaggio ... 51

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5 Progettazione della vasca ... 55 5.1 Osservazioni preliminari ... 55 5.2 Dimensionamento ... 56 5.3 Sfioratore di superficie ... 59 5.4 Canale di scarico ... 62 6 Verifiche ... 65

6.1 Verifica alla filtrazione ... 65

6.1.1 Metodo di Shaffernak e Van Iterson ... 66

6.1.2 Metodo di Pavlosky ... 67

6.2 Verifica di stabilità ... 69

6.2.1 Metodo di calcolo ... 70

6.2.2 Stati Limite ... 74

6.2.3 Azioni ... 75

6.2.4 Valutazione azione sismica ... 76

6.2.5 Situazioni progettuali e combinazioni di carico ... 85

6.2.6 Modello geotecnico ... 87

6.2.7 Sezione di verifica ... 91

6.2.8 Risultati ... 93

6.3 Verifica al sifonamento ... 100

7 Collegamento impianto idrovoro – vasca ... 101

7.1 Modello di calcolo... 101

7.2 Calcolo delle perdite nella condotta ... 105

7.2.1 Perdite di carico distribuite ... 105

7.2.2 Perdite di carico concentrare ... 106

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7.3.1 Idrovalvola di regolazione a membrana... 108

7.3.2 Valvola di intercettazione ... 110

7.3.3 Giunto di dilatazione ... 111

7.3.4 Giunto dielettrico ... 112

7.4 Scavo per la posa della condotta ... 114

8 Qualità delle acque ... 115

8.1 Autodepurazione dei corsi d’acqua ... 115

8.2 Caratteristiche dei canali in arrivo all’impianto ... 118

9 Conclusioni ... 119

10 Bibliografia ... 120

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Introduzione

Le falde acquifere, in Italia, sono sempre più soggette a depauperamento e sovrasfruttamento a causa di fattori che comportano la diminuzione dell’infiltrazione e il rallentamento della ricarica come: il forte prelievo idrico, l’aumento delle superfici impermeabili e il disboscamento.

Un eccessivo sfruttamento delle falde porta a gravi conseguenze come l’abbassamento del livello di falda, la subsidenza e, nelle zone costiere, la sostituzione delle acque dolci con acque marine. Quest’ultimo fenomeno è noto come intrusione del cuneo salino che, comporta danni alla vegetazione per salinizzazione del suolo, ed è difficilmente reversibile.

Per i suddetti motivi è necessario fare un utilizzo sostenibile della risorsa, contenendo gli sprechi idrici e promuovendo l’impiego di sistemi che permettono di recuperare e utilizzare le acque superficiali al posto delle acque sotterranee. Oggetto di questo studio è la proposta di una soluzione per il recupero della risorsa idrica nel comune di Pisa; questa consiste nella progettazione di invasi nei pressi di impianti idrovori, dislocati in varie aree del comune, nei quali convogliare parte delle acque sollevate e scaricate dai sistemi di pompaggio.

In questo lavoro di tesi è stato considerato il caso dell’impianto idrovoro di Pisa Sud, di recente installazione, dove attualmente l’acqua sollevata dal sistema di pompaggio viene recapita nel canale dei Navicelli, e quindi ha come recapito finale il mare.

Si progetta, dunque, un sistema che permette di convogliare parte dell’acqua sollevata dalle pompe in una vasca di accumulo, per poi essere riutilizzate con fine irriguo e antincendio.

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1 Problema della risorsa idrica e cuneo salino

1.1 Acque sotterranee

Per acque sotterranee si intendono le acque che si trovano al di sotto della superficie terrestre. Queste acque si trovano immagazzinate in corpi rocciosi permeabili definiti rocce serbatoio, limitati inferiormente da rocce impermeabili (argille, marne, limi, ecc.) con funzione di substrato.

Le rocce costituenti il serbatoio possono essere permeabili per porosità (sabbie, ghiaie, ecc.) e/o per fratturazione (calcari, arenarie, basalti, ecc.).

Le acque sotterranee immagazzinate all’interno delle rocce serbatoio costituiscono le falde idriche sotterranee.

Le rocce serbatoio che permettono un deflusso significativo delle falde idriche danno luogo agli acquiferi. Esistono acquiferi a falda libera quando il livello dell’acqua può avere fluttuazioni libere all’interno della roccia serbatoio, e acquiferi a falda imprigionata quando il limite superiore dell’acquifero è costituito da rocce impermeabili che condizionano la pressione dell’acqua al suo interno. Le acque sotterranee sono di fondamentale importanza in quanto rappresentano per l’uomo la più grande riserva di acqua potabile, poiché rispetto alle acque superficiali tendono ad essere meno contaminate dagli scarichi e dai microrganismi patogeni.

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Le acque sotterranee possono raggiungere la superficie terrestre attraverso le sorgenti o essere raggiunte attraverso pozzi e, se presenti ad elevate profondità, possono rimanere indisturbate da effetti antropici per migliaia di anni.

Le acque sotterranee possono essere sottoposte essenzialmente a due tipi di problematiche:

- inquinamento delle falde, che può avvenire sia attraverso scarichi sia attraverso percolazione di acque contaminate.

- sovrasfruttamento delle falde, con conseguente abbassamento del livello dell’acqua e possibilità di intrusione salina nelle aree costiere. Infatti, quando i prelievi delle acque mediante pozzi, captazioni, ecc. sono superiori alla ricarica naturale delle falde acquifere, il livello dell’acqua può scendere drasticamente fino a compromettere la riserva idrica.

Uno dei mezzi per lo sfruttamento delle acque sotterranee è la costruzione di pozzi, che deve essere preventivamente autorizzata dagli enti locali. In particolare per pozzi e perforazioni che superano i 30 metri di profondità è prevista anche la comunicazione e l’invio dei dati tecnici al Servizio Geologico Nazionale, ora ISPRA, in ottemperanza alla legge 464/84.

1.2 Cuneo salino

Negli acquiferi litoranei l’acqua di origine continentale defluisce verso il mare sulle acque salate che per la maggiore densità, stazionano ai livelli più profondi. Per questo motivo gli acquiferi litoranei sono occupati solo parzialmente da acque dolci, ed il loro volume sfruttabile è conseguentemente inferiore.

Oltre al minor volume di risorsa sfruttabile, l’attenzione deve dirigersi anche verso la protezione dalla salinizzazione progressiva dell’acquifero.

Il fenomeno del cuneo salino, idraulicamente inquadrato nell’ambito delle cosiddette correnti di densità, consiste nella risalita dell’acqua marina nell’acquifero costiero; questo fenomeno ha assunto negli ultimi decenni proporzioni sempre più preoccupanti.

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1.2.1 Schema dell’interfaccia

A causa della presenza di acqua salata all’interno dell’acquifero sotto al livello del mare, si viene a creare una zona di contatto tra l’acqua dolce più leggera che scorre verso il mare (di peso specifico γf) e l’acqua salata più pesante che si incunea dal

mare incunea dal mare (di peso specifico γs > γf).

Figura 1-2: Interfaccia tra acqua dolce e salata

In realtà l’acqua dolce e l’acqua salata sono fluidi miscibili e pertanto la zona di contatto tra i due assume la forma di una zona di transizione generata dalla dispersione idrodinamica.

In tale zona la densità dell’acqua passa da quella dell’acqua dolce a quella dell’acqua salata.

Tuttavia, in certe condizioni, l’ampiezza della zona di transizione è piccola rispetto allo spessore dell’acquifero, e la zona di passaggio graduale dall’acqua dolce a quella salata può essere approssimata con un fronte netto di interfaccia.

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1.2.2 Intrusione del cuneo salino

In condizioni naturali indisturbate, in un acquifero costiero si instaura una condizione di equilibrio caratterizzato da un’interfaccia stazionaria, al di sopra della quale l’acqua dolce scorre verso il mare.

In ogni punto dell’interfaccia la profondità e la pendenza sono determinate dalla velocità del flusso, e la continua variazione di pendenza deriva dal fatto che, avvicinandosi al mare, la portata specifica di acqua dolce tangente all’interfaccia aumenta.

Se l’emungimento dai pozzi di un acquifero costiero supera la ricarica, la superficie freatica (o la superficie piezometrica in caso di acquifero confinato) si abbassa in vicinanza della costa fino al punto che il carico piezometrico nella porzione di acqua dolce diviene inferiore a quello della porzione contigua di acqua salata.

L’interfaccia inizia ad avanzare verso l’interno fino al raggiungimento di una nuova condizione di equilibrio. Questo fenomeno è detto, appunto, intrusione del cuneo salino.

Man mano che il cuneo salino avanza verso l’interno, la zona di transizione si allarga, ma verrà comunque considerata un fronte netto in qualsiasi posizione. Se l’interfaccia interfaccia che avanza raggiunge i pozzi di emungimento, si verifica l’inquinamento dei pozzi da parte del cuneo salino.

Il problema del cuneo salino può essere affrontato mediante le equazioni complete della dispersione-diffusione, in base alla variazione concentrazione salina e quindi di densità dell’acqua nell’acquifero. Tuttavia, in molti casi di interesse pratico, l’approssimazione del fronte netto di interfaccia, specialmente in combinazione con le approssimazioni di flusso essenzialmente orizzontale, consente di semplificare notevolmente la modellazione.

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Figura 1-3: Schema dell'evoluzione del cuneo salino

Cause:

- Aumento del livello del mare, eustatismo: la questione è ancora controversa, non tanto che sia un fenomeno rilevante a livello mondiale, ma sul reale incremento del livello del Mediterraneo in generale per la sua conformazione di mare chiuso, ad alta evaporazione ed evapotraspirazione e con una probabile riduzione degli apporti di acque dolci. E’ pur vero che anche pochi centimetri possono essere particolarmente influenti a seconda della morfologia del territorio.

- Subsidenza dovuta all’estrazione di acqua o gas dal sottosuolo.

- Variazione del regime delle piogge con precipitazioni concentrate che determinano piene rapide e prolungati periodi di portate modeste.

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Figura 1-4: Intrusione salina a causa dell'attingimento da falde costiere

Effetti:

- Salinizzazione delle falde, fenomeno in progressivo aumento e difficilmente reversibile.

- Salinizzazione del suolo con conseguenti danni alla vegetazione e al settore agricolo.

- Interruzione delle derivazioni irrigue, con gravi inconvenienti per l’attività agricola.

- Interruzione degli approvvigionamenti acquedottistici, le centrali di potabilizzazione non sono, infatti, in grado di desalinizzare l’acqua.

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1.3 Recupero della risorsa idrica superficiale

L’impiego delle risorse idriche superficiali, soprattutto per l’uso irriguo, comporta molti vantaggi ambientali.

Per primo si ha una riduzione degli attingimenti dalle falde che, come suddetto, è causa di salinizzazione delle acque costiere soprattutto in estate. Di conseguenza si ha la riattivazione dei processi naturali di autodepurazione e di ricarica indiretta della falda.

Inoltre, le acque superficiali sono più ricche di sostanza nutritive, quindi il loro utilizzo a fini irrigui rende superflua la distribuzione di fertilizzanti minerali nelle colture. L’acqua superficiale, opportunatamente invasata, è disponibile anche in periodi di crisi idrica, assicurando l’irrigazione anche nei periodi estivi più siccitosi.

Gli interventi di recupero delle acque devono essere, necessariamente, affiancati da una buona gestione e un uso sostenibile della risorsa idrica; è, dunque, indispensabile l’adozione di un piano di tutela delle acque che contiene l'insieme delle misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa dei sistemi idrici, a scala regionale e di bacino idrografico.

Alla base del piano di tutela vi è la conoscenza degli aspetti quantitativi naturali che caratterizzano i corpi idrici (andamenti temporali delle portate nei corsi d'acqua, delle portate e dei livelli piezometrici negli acquiferi sotterranei, dei livelli idrici nei laghi, serbatoi, stagni). Da tale conoscenza, scaturisce la possibilità di conseguire i due principali obiettivi del Piano:

- il mantenimento o il riequilibrio del bilancio idrico tra disponibilità e prelievi, indispensabile per definire gli usi compatibili delle risorse idriche al fine della loro salvaguardia nel futuro;

- la stima delle caratteristiche di qualità dei corpi idrici attraverso l'intensificazione del monitoraggio e la conseguente definizione degli interventi per il conseguimento degli obiettivi di qualità.

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2 Impianto idrovoro Pisa Sud

L’impianto idrovoro da cui viene derivata l’acqua è quello di Pisa Sud. Questo impianto è stato installato dove prima era lo sbocco dello Scolo di Pisa, a seguito dei lavori di minimizzazione del livello di rischio idraulico nella parte sud della città.

Per capire meglio la collocazione e la funzionalità dell’impianto preso in esame si analizza la situazione dell’area di Pisa Sud prima e dopo i lavori che hanno interessato l’area.

2.1 Gestione delle acque prima della realizzazione dell’impianto

I bacini idrografici presi in esame sono quelli relativi al canale Scolo di Pisa, al canale delle venticinque o Carraria D’Orlando e al canale San Giusto.

Bacino Scolo di Pisa

Lo Scolo Sud di Pisa sottopassava rivestito, la via Aurelia e la nuova viabilità realizzata per l’accesso alla FI‐PI‐LI, correva a cielo aperto parallelamente alla Darsena Pisana fino a 35 m dalla confluenza dell’Arginone di Porta a Mare, ed intubato per 150 m in corrispondenza del Cantiere Navale, proseguiva poi a cielo aperto per 1335 m circa e sboccava infine nel canale dei Navicelli.

Nel tratto terminale era anche presente una paratoia mobile dismessa, che in passato permetteva, in condizioni favorevoli, lo scolo naturale del canale Delle Venticinque nei Navicelli.

Lo Scolo di Pisa a monte della confluenza del canale di San Giusto nei pressi dello sbocco, aveva un bacino di circa 220 ha che raccoglieva le acque della rete dell’area Saint Gobain, della rete fognaria dei quartieri di Porta a Mare, della Stazione Centrale di Pisa e del centro storico a nord della ferrovia fino al fiume Arno.

Il bacino presentava una netta prevalenza della frazione urbanizzata (90 % circa) rispetto alla superficie agricola o a verde.

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Bacino del Canale delle venticinque/Carraia d’Orlando

Il canale delle venticinque/Carraia d’Orlando si sviluppava da nord a sud attraversando longitudinalmente tutta l’area che poi è stata oggetto dello sviluppo della cantieristica e dell’insediamento di IKEA, per sfociare nel canale Circondariale Nord, canale delle acque basse della bonifica dell’aeroporto.

Raccoglieva, attraverso una rete di scoline e fossetti, le acque di ruscellamento della quasi totalità dell’area agricola oggetto della variante, oltre ad una porzione di territorio urbano a sud‐est rispetto alla ferrovia Pisa ‐ Roma.

Questi fossi, che costituivano la bonifica delle venticinque, scaricavano nei Navicelli a sollevamento meccanico attraverso l’idrovoro dell’aeroporto, sono stati poi dismessi per consentire il previsto insediamento dell’industria da diporto. Bacino del Canale di S. Giusto

Il canale S. Giusto sboccava nello Scolo di Pisa, circa 500 m a monte dell’ingresso nel Navicelli.

Il relativo bacino, esteso circa 168,0 ha, era in parte urbanizzato (55%) e in parte ancora a destinazione agricola (45%).

La quota media del bacino si attestava attorno a +3 m s.l.m. ma non mancavano zone in cui le quote scendono al di sotto di +2 m fino a +1 m s.l.m. in aree circoscritte.

Durante eventi alluvionali di forte e media intensità, registratisi di frequente negli scorsi anni nel periodo autunno‐invernale, a causa della bassa giacitura dei terreni si registrarono spesso fenomeni di rigurgito nelle fognature meteoriche dal collettore con relativo ristagno delle acque e non infrequenti allagamenti che interessano talvolta la locale viabilità.

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Di seguito viene fornita una illustrazione dei bacini sopra descritti e del reticolo idrografico, prima delle modifiche:

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Prima della realizzazione dell’impianto la zona si presentava come nelle seguenti foto:

Figura 2-1: Area di Pisa Sud prima della realizzazione dell’impianto – scala 1:15000

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2.2 Gestione delle acque dopo la realizzazione dell’impianto

La finalità generale del progetto consisteva nella minimizzazione del livello di rischio idraulico nella parte sud della città che è legato, oltre che al riordino del sistema fognario meteorico, alle quote non favorevoli dei punti di recapito delle fognature stesse e all’insufficiente capacità ricettiva dei canali di drenaggio urbano uscenti dalla città.

Gli interventi oggetto della progettazione, hanno prodotto diretti benefici in termini di messa in sicurezza idraulica sia sull’area destinata alla cantieristica, sia sui bacini urbani, grazie ad una migliore capacità ricettiva dei nuovi canali, a quote di recapito più favorevoli, e al passaggio da scolo misto a scolo meccanico. Ad oggi, dunque i bacini dello Scolo di Pisa, Carraia d’Orlando e canale San giusto si presentano come descritto di seguito:

Bacino dello Scolo di Pisa

Lo Scolo di Pisa nasce in corrispondenza del Bastione San Gallo, attraversa tombato il centro storico con un’ampia sezione in mattoni che prosegue sotto via C. Battisti per poi deviare verso la St. Gobain all’altezza di Porta a Mare. Prosegue in via Quarantola e attraversa, oltrepassata la ferrovia, l’area industriale St. Gobain fino alla S.S. Aurelia, che sottopassa in direzione Navicelli dove si immette circa 2,4 Km a valle.

Il tracciato del Nuovo Scolo di Pisa si raccorda a quello precedente in corrispondenza dell’attraversamento della S.S. Aurelia subito a valle del perimetro St. Gobain.

A monte di tale sezione il collettore ha una lunghezza, pari a circa 2,6 km con un bacino di 215 ha che comprende tutto il centro storico tra l’Arno e la ferrovia, il quartiere di Porta a Mare, e l’area industriale St. Gobain.

A monte della sezione relativa al sottopasso della S.S. Aurelia sono stati individuati 4 sottobacini, che erano sono a scolo naturale, ma in seguito al progetto

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è stata prevista sia la possibilità di scolo meccanico sia quella di scolo naturale grazie alla realizzazione di un sistema di paratoie.

Bacino della Carraia d’Orlando

Il tracciato attuale della Carraia d’Orlando si sviluppa da nord verso sud attraversando longitudinalmente tutta l’area che è stata oggetto dello sviluppo della cantieristica, per sfociare nel canale Circondariale Nord, canale delle acque basse della bonifica dell’aeroporto.

Lo scolo di tipo meccanico è stato mantenuto; mentre le caratteristiche geometriche ed il percorso del fosso sono stati modificati sostanzialmente: il vecchio tracciato è stato interrotto all’altezza dell’attraversamento della S.S. Aurelia e dunque si sono stati creati due rami distinti (a sud e a nord della statale). I sottobacini relativi al ramo sud, corrispondenti all’area destinata allo sviluppo cantieristico (più avanti denominati Carraia 8 e Carraia 9) sono estesi circa 65 ha, mentre i sottobacini urbani (più avanti denominati Carraia 6 e Carraia 7) recapitano nel ramo nord e hanno un’estensione di 53 ha circa, calcolati rispetto alla sezione di chiusura posta all’altezza del sottopasso alla ferrovia in via Colombaie.

Bacino di San Giusto

Il canale S. Giusto è un canale di bonifica che ha una lunghezza di circa 3 km ed un bacino imbrifero di circa 180 ha, che sono stati suddivisi in due sottobacini (San Giusto 10 e 11). La frazione urbanizzata dei bacini rappresenta il 55 % circa di quella totale.

Prima il canale sboccava, con una pendenza media dello 0,075 per mille, nello Scolo di Pisa 500 m circa a monte dell’ingresso nel Navicelli; mentre con il nuovo progetto è stato previsto il passaggio da scolo naturale a scolo meccanico, tramite deviazione del canale nel Nuovo Scolo di Pisa poco a valle dell’attraversamento della S.S. Aurelia, 650 m a monte del previsto impianto idrovoro

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Ad oggi la zona appare come illustrato nelle seguenti immagini:

Figura 2-3: Area di Pisa Sud dopo la realizzazione dell’impianto – scala 1:15000

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Grazie al progetto realizzato, è stato possibile il conseguimento dei seguenti risultati:

- aumento della portata in uscita dalla città, sia come valore totale, sia come valore nei singoli punti di recapito (Scolo di Pisa, Carraia d’Orlando, San Giusto);

- abbattimento dei livelli di piena dei canali che tendono a rigurgitare i sistemi fognari;

- creazione delle premesse per un adeguamento e riordino dei sistemi fognari meteorici, che da tempo evidenziano malfunzionamenti, grazie ai nuovi recapiti della bonifica in termini di portata e livelli;

- aumento della sicurezza dell’area dell’aeroporto con la presenza di un nuovo impianto idrovoro, a questo mantenuto collegato tramite il proprio collettore ed il canale delle Venticinque;

- creazione di una cassa d’espansione a supporto dell’impianto di sollevamento ed in parziale sostituzione della vasta area depressa destinata alla cantieristica, invaso naturale delle acque in uscita dal centro urbano in occasione di eventi meteorici intensi, e quindi utile per la sicurezza idraulica della città stessa;

- migliore captazione delle acque di scolo provenienti dalle fognature miste della città in corrispondenza delle opere di presa dell’impianto di depurazione di Pisa sud, evitando i fenomeni di rigurgito dal Navicelli, oggi presenti a causa dello scolo di tipo naturale.

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2.3 Approfondimento Canale dei Navicelli

Oggi il Canale dei Navicelli misura 17 km di lunghezza, 33 mt. di larghezza e 3 m di profondità: viene utilizzato dai cantieri navali, situati sulle sue sponde, per l’uscita in mare delle imbarcazioni prodotte e per l’entrata delle imbarcazioni che necessitano di opere di manutenzione e refitting.

Oltre una certa dimensione e peso, le imbarcazioni vengono trainate lungo il canale dai rimorchiatori fino al mare, oppure vengono utilizzate delle chiatte, trainate anch’esse dai rimorchiatori, per ovviare al problema del limitato pescaggio di 3 m. Il sistema composto dal Porto, il Canale e la vicinanza del mare, offre enormi possibilità sia per la lavorazione e la movimentazione delle imbarcazioni di grandi dimensioni, sia per la manutenzione e il rimessaggio delle stesse.

Il livello dell’acqua del canale dei Navicelli può subire oscillazioni (± 40 cm) a causa delle variazioni della marea.

Per quanto riguarda le modifiche descritte nei paragrafi precedenti, uno studio, che è stato effettuato dal Comune di Pisa a supporto della formazione del Piano Attuativo di sviluppo dell’area Cantieristica (il Navicelli è compreso nell’elenco dei corsi d’acqua di cui alla D.C.R.T. 230/94 - Ambito “B”), ha dimostrato che una piena con tempo di ritorno duecentennale può essere contenuta dal canale con un franco di sicurezza sufficiente ad impedirne la tracimazione dagli argini nel tratto corrispondente all’area della variante.

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2.4 Analisi pluviometrica del bacino

Lo studio idrologico in oggetto è finalizzato all’analisi idrologica degli eventi di piena con tempi di ritorno di 5, 10, 20, 50, 100, 200 e 500 anni.

Le altezze di pioggia relative ai diversi tempi critici dei bacini idrografici vengono determinate in base allo studio di regionalizzazione delle curve di possibilità pluviometrica.

Al fine di determinare l’equazione della curva di possibilità climatica ℎ = 𝑎𝑎𝑡𝑡𝑛𝑛 avente i prefissati tempi di ritorno, sono state calcolate, con metodo statistico di Gumbel, i valori di pioggia delle diverse durate in funzione del tempo di ritorno stesso.

I valori delle altezze di pioggia sono stati ricavati dalle serie storiche di dati di piogge massime annuali, relative alle durate 1h, 3h, 6h, 12h, 24h, registrate dal pluviografo della stazione pluviometrica di Pisa (facoltà di agraria) dal 1960 al 2015.

2.4.1 Metodo di Gumbel

Le elaborazioni statistiche dei dati pluviometrici consistono nel presumere che tali dati seguano determinate distribuzioni statistiche di equazione nota e nel determinare i parametri di tali distribuzioni in base ai valori del campione disponibile per la grandezza idrologica, che è costituito dalle osservazioni effettuate in passato in un certo periodo.

Detto tr il tempo di ritorno (in anni) del valore x di una della grandezza idrologica,

la probabilità P(x) di superamento, in un anno, del suddetto valore x, è data dalla seguente equazione:

𝑃𝑃(𝑥𝑥) =𝑡𝑡1

𝑟𝑟

mentre, la probabilità di non superamento Φ(x), del valore di x, in un anno, è: 𝛷𝛷(𝑥𝑥) = 1 − 𝑃𝑃(𝑥𝑥) = 1 −𝑡𝑡1

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La Φ(x) è detta anche durata probabile del valore x e rappresenta quindi la percentuale dei casi in cui probabilisticamente si verifica un valore della grandezza idrologica minore o uguale a x.

Secondo la distribuzione di Gumbel, detta anche del valore estremo, la durata probabile del generico valore x della grandezza idrologica è legata alla variabile ridotta y della distribuzione secondo l’equazione:

𝛷𝛷(𝑥𝑥) = 𝑒𝑒−𝑒𝑒−𝑦𝑦

da cui:

𝑦𝑦 = −𝑙𝑙𝑙𝑙[−𝑙𝑙𝑙𝑙𝛷𝛷(𝑥𝑥)] − 𝑙𝑙𝑙𝑙 �−𝑙𝑙𝑙𝑙 �1 −𝑡𝑡1

𝑟𝑟��

Secondo Gumbel, il valore x della grandezza idrologica, avente tempo di ritorno tr

e durata probabile Φ(x), è legato alla y tramite la seguente equazione: 𝑥𝑥(𝑡𝑡𝑟𝑟) = 𝑁𝑁 +𝛼𝛼 𝑦𝑦1

Essendo N e 1/α i parametri della distribuzione, che possono essere determinati elaborando i dati del campione disponibile per la grandezza idrologica in esame, che in questo caso è l’altezza di pioggia.

𝑁𝑁 = 𝑀𝑀 − 0.45𝜎𝜎 1

𝛼𝛼 = 0.7797𝜎𝜎 dove:

M = media dei massimi valori annuali σ = scarto quadratico medio

Determinati N e 1/α tramite l’elaborazione dei dati disponibili, si fissa il tempo di ritorno tr, si ricava Φ(x), da cui è possibile calcolare y.

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2.4.2 Stima dei parametri a e n

I parametri a e n sono stati ricavati con il metodo dei minimi quadrati dopo aver linearizzato l’equazione ℎ = 𝑎𝑎𝑡𝑡𝑛𝑛, passando alla rappresentazione logaritmica:

ln(ℎ) = ln(𝑎𝑎) + 𝑙𝑙 ∙ ln (𝑡𝑡)

Questa equazione nel piano logaritmico (ln(h); ln(t)) è una retta con coefficiente angolare pari a n e che intercetta l’asse delle ordinate nel punto (0; ln(a)).

Note le m = 5 coppie di valori (t, htr(t)) riferite ad un determinato tempo di ritorno tr, i termini della retta (log a, n) sono stati calcolati approssimando la suddetta retta con la retta di interpolazione dei minimi quadrati:

𝑙𝑙 = 𝑚𝑚 ∑(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑡𝑡 ∙ 𝑙𝑙𝑙𝑙ℎ) − ∑(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑡𝑡) ∑(𝑙𝑙𝑙𝑙ℎ) 𝑚𝑚 ∑(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑡𝑡)2− (∑(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑡𝑡))2

𝑙𝑙𝑙𝑙𝑎𝑎 = ∑(𝑙𝑙𝑙𝑙ℎ) ∙ ∑(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑡𝑡)2− ∑(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑡𝑡) ∙ ∑(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑡𝑡) ∙ (𝑙𝑙𝑙𝑙ℎ) 𝑚𝑚 ∑(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑡𝑡)2− (∑(𝑙𝑙𝑙𝑙𝑡𝑡))2𝑚𝑚

I valori di a e n ricavati per i vari tempi di ritorno sono riportati nella seguente tabella:

T

r

a

n

5 49,54 0,25 10 60,18 0,24 20 70,40 0,24 50 83,63 0,23 100 93,54 0,23 200 103,42 0,23 500 116,46 0,23 Tabella 1-1: Parametri a e n

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Di seguito si riporta la rappresentazione grafica delle curve di possibilità pluviometrica per i diversi tempi di ritorno:

Figura 2-6: Curve di possibilità pluviometrica per diversi tempi di ritorno

2.4.3 Ragguaglio

Le curve di possibilità pluviometrica ricavate sopra sono relative alla località di osservazione; però è noto che l’altezza e l’intensità media di pioggia di una certa durata diminuiscono man mano che ci si allontana da tale punto. Di conseguenza è opportuno trovare una curva di possibilità climatica valida per superfici di una certa estensione, tramite il coefficiente di ragguaglio dell’altezza di pioggia all’area.

Il coefficiente di ragguaglio r è definito come rapporto tra l’altezza media hr di

pioggia caduta sull’area e l’altezza di pioggia h caduta nel centro di scroscio. 𝑟𝑟 = ℎ𝑟𝑟 1,000 10,000 100,000 1000,000 1 3 6 12 24 A lt ez z a d el la p io g g ia ( m m )

Durata della pioggia (h)

Pluviometro di Pisa Tr = 5 anni Tr = 10 anni Tr = 20 anni Tr = 50 anni Tr = 100 anni Tr = 200 anni Tr = 500 anni

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27

Il coefficiente di ragguaglio, a parità di area, varia con la durata della pioggia e più precisamente diminuisce al diminuire di tale durata; quindi è necessario che nell’equazione della curva di possibilità pluviometrica ragguagliata all’area variano sia il coefficiente a che l’esponente n della durata t di pioggia.

L’equazione diviene quindi:

ℎ = 𝑎𝑎′𝑡𝑡𝑛𝑛′

in cui i coefficienti a’ e n’ variano, rispetto agli analoghi a e n, in funzione dell’area.

In questo studio i coefficienti a’ e n’ sono stati ricavati mediante due metodi: 1) Formule di Marchetti:

𝑎𝑎′ = 𝑎𝑎 �1 − 0.06( 𝐴𝐴

100)0.4� 𝑙𝑙′ = 𝑙𝑙 + 0.003( 𝐴𝐴

100)0.6 con l’area A espressa in ettari.

2) Formula di Milano e Pagliara (2006), ricavata in base all’analisi di molti eventi pluviometrici intensi che hanno interessato il Bacino dell’Arno, valida per l’intero territorio nazionale:

𝑟𝑟 = 1 − 0.0109𝑆𝑆0.23ln(𝑆𝑆 + 1) 𝑡𝑡−0.12

Con l’area S in km2 e durata t in ore, valida per t compresa tra 1 e 48 ore e S fra 1

e 4000 km2.

Noto r quindi hr, è possibile ricavare a’ e n’ per i vari tempi di ritorno, sempre con

il metodo dei minimi quadrati.

Nel seguente studio è stato scelto di adottare il metodo di calcolo proposto da Milano e Pagliara, ottenendo i valori di a’ e n’ riportati nella sottostante tabella.

(26)

28

Tr

a’

n’

5 48,11 0,25 10 58,43 0,24 20 68,35 0,24 50 81,19 0,23 100 90,82 0,23 200 100,41 0,23 500 113,06 0,23 Tabella 1-2: Parametri a' e n'

2.5 Caratteristiche impianto

L’impianto è a servizio di una superficie scolante ampia 520 ha; è dotato di 7 elettropompe sommergibili installate nell’ anno 2007.

Le pompe prelevano acqua dalla vasca a monte per poi scaricare a valle nel Canale dei Navicelli; la pianta dell’impianto idrovoro è riportata nell’allegato n.4 e le sezioni nell’allegato n.5.

(27)

29

Figura 2-8: Vista impianto lato valle

Le pompe installate sono del tipo Amacan P – KSB, ovvero pompe sommergibili a elica con ingresso e uscita per il flusso assiali.

(28)

30

Figura 2-10: Sezione pompa AMACAN P - KBS

Il liquido convogliato entra nella pompa attraverso la bocca aspirante (campana di aspirazione) (1) in senso assiale e viene accelerato dalla girante (2) con un movimento rotatorio.

L'energia necessaria viene trasmessa dal motore elettrico (4) alla girante (2) tramite l'albero (5). Nel corpo diffusore (3) l'energia cinetica del liquido convogliato viene convertita in energia di compressione e deviata in un flusso assiale dal movimento rotativo.

La tenuta dell'alesaggio dell'albero verso il corpo rispetto al liquido convogliato viene assicurata con una tenuta albero (10). L'albero (5) è alloggiato su due cuscinetti volventi (6 e 8), sostenuti dai rispettivi alloggiamenti (7 e 9).

La tenuta della pompa è garantita dalle due tenute meccaniche indipendenti dal senso di rotazione disposte una dietro l'altra. La presenza di camera del liquido lubrificante tra le tenute serve per il raffreddamento e la lubrificazione delle tenute meccaniche.

(29)

31 Precisamente ci sono:

• n. = 2 elettropompe KSB modello AMACAN PA4 700‐470 - Diametro nominale del tubo contenitore = 700 mm - Diametro nominale della girante = 470 mm

- Portata d’esercizio = 1.000 l/s - Potenza = 60 KW

- Assorbimento = 104 A

Di seguito si riporta i grafici delle curve caratteristiche e della potenza assorbita fornite dal manuale, dai quali si deduce che le pompe da 1 m3/s in uso nell’impianto

hanno prevalenza pari a 5.5 m.

Figura 2-11: Curve caratteristiche della prevalenza per modello 700-470

(30)

32

• n. = 5 elettropompe KSB modello AMACAN PA4 1200‐870 - Diametro nominale del tubo contenitore = 1200 mm - Diametro nominale della girante = 870 mm

- Portata d’esercizio = 2.000 l/s - Potenza = 100 KW

- Assorbimento = 220 A.

Di seguito si riporta i grafici delle curve caratteristiche della prevalenza e della potenza assorbita fornite dal manuale, dai quali si deduce che le pompe da 2 m3/s

in uso nell’impianto hanno prevalenza pari a 4.5 m.

Figura 2-13: Curve caratteristiche della prevalenza per modello 1200-870

(31)

33

La portata massima dell’impianto idrovoro è di 12.000 l/s e l’alimentazione totale è di 380 V.

La cabina di trasformazione è composta da 4 trasformatori in resina per un totale da 1.660 KVA (n.3 da 500 KVA e n.1 da 160 KVA), inoltre l’impianto è dotato di gruppo elettrogeno da 500 KVA (circa 400 Kw) in esercizio continuo che in assenza di alimentazione da parte dell'Enel può garantire l'avvio e la gestione di 4 elettropompe (n.1 da 1.000 l/sec. e n. 3 da 2.000 l/sec.) e gestire tutti i servizi ausiliari come luci, prese, cancello automatico e impianto di sgrigliatura.

Figura 2-15: Griglia metallica con pettine

L’impianto è gestito in automatico da un plc (programmable logic controller) che regola le partenze delle macchine: come prime macchine partono sempre le macchine più piccole P3 e P5 da 1000 l/s ciascuna, si avvia sempre una sola macchina e plc gestisce le partenze in base al numero delle ore di lavoro minore in modo da avere un lavoro costante su entrambe le macchine.

(32)

34

Le restanti cinque macchine vengono avviate solo nel caso di eventi significativi, sono gestite dal plc sempre in base al numero di ore minore di lavoro.

All’interno del vano macchine è presente un dispositivo digitale che permette di gestire manualmente l’impianto idrovoro; è possibile cambiare i livelli di attacco e stacco di ciascuna pompa, permette di monitorare le ore di lavoro di ogni macchina, permette di avviare le macchine manualmente ecc.

Figura 2-16: Schermata iniziale del dispositivo di controllo dell'impianto

(33)

35

I valori di settaggio marcia/arresto elettropompe in riferimento acqua presente, misurata dal fondo della vasca di carico dell’impianto, sono:

P1: - Portata = 2000 l/sec. - Partenza a 4500 mm - Arresto a 3900 mm P2: - Portata di 2000 l/sec. - Partenza a 4100 mm - Arresto a 3800 mm P3: - Portata di 1000 l/sec. - Partenza a 4000 mm - Arresto a 3800 mm P4: - Portata di 2000 l/sec. - Partenza a 4650 mm - Arresto a 4000 mm P5: - Portata di 1000 l/sec. - Partenza a 4000 mm - Arresto a 3800 mm P6: - Portata di 2000 l/sec. - Partenza a 4300 mm - Arresto a 3900 mm P7: - Portata di 2000 l/sec. - Partenza a 4800 mm - Arresto a 4000 mm

(34)

36

(35)

37

3 Elaborazione dati impianto

3.1 Calcolo del volume d’acqua sollevato dall’impianto

Presso l’ufficio del Consorzio 4 Basso Valdarno è stato possibile reperire i dati riguardanti l’attacco-stacco, e quindi le ore di funzionamento delle varie pompe dell’impianto idrovoro Pisa Sud.

Il software che elabora e restituisce i dati riguardanti il funzionamento delle pompe è stato istallato solo da pochi mesi, e dunque è stato possibile avere informazioni relativamente a dieci mesi, da Giugno 2017 a Marzo 2018.

È stato possibile ricavare le ore di funzionamento di ciascuna pompa durante il suddetto periodo, inoltre si conosce la data e l’orario in cui ogni ora di funzionamento è scattata.

Si riporta nella seguente tabella il numero di ore di funzionamento di ciascuna pompa per ogni mese di cui sono disponibili i dati:

P1 P2 P3 P4 P5 P6 P7 Giugno 2017 0 2 0 1 0 0 0 Luglio 2017 0 0 0 0 0 0 0 Agosto 2017 0 0 0 0 0 0 0 Settembre 2017 13 26 6 18 9 0 1 Ottobre 2017 0 0 1 0 0 0 0 Novembre 2017 0 0 37 0 12 4 1 Dicembre 2017 1 0 40 0 44 10 11 Gennaio 2018 1 0 10 0 20 0 0 Febbraio 2018 8 0 4 0 63 1 0 Marzo 2018 1 0 51 6 77 8 20

(36)

38

Noto il tempo di funzionamento e la portata di ciascuna pompa è stato possibile calcolare il volume di acqua sollevato dall’impianto mensilmente, tramite la seguente operazione:

𝑉𝑉𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑒𝑒𝑠𝑠𝑎𝑎𝑎𝑎𝑠𝑠 = (𝑄𝑄𝑃𝑃1∙ 𝑡𝑡𝑃𝑃1) + (𝑄𝑄𝑃𝑃2∙ 𝑡𝑡𝑃𝑃2) + (𝑄𝑄𝑃𝑃3∙ 𝑡𝑡𝑃𝑃3) + (𝑄𝑄𝑃𝑃4∙ 𝑡𝑡𝑃𝑃4) +

+(𝑄𝑄𝑃𝑃5∙ 𝑡𝑡𝑃𝑃5) + (𝑄𝑄𝑃𝑃6∙ 𝑡𝑡𝑃𝑃6) + (𝑄𝑄𝑃𝑃7∙ 𝑡𝑡𝑃𝑃7)

Da questo calcolo si sono ottenuti i seguenti risultati:

Volume sollevato [m3] Giugno 2017 21600 Luglio 2017 0 Agosto 2017 0 Settembre 2017 504000 Ottobre 2017 28080 Novembre 2017 212400 Dicembre 2017 457200 Gennaio 2018 122400 Febbraio 2018 313200 Marzo 2018 723600

Tabella 2-2: Volume sollevato mensilmente

Dal volume totale, inoltre, è stata ricavata l’aliquota sollevata dalle pompe con capacità da 2 m3/s:

𝑉𝑉𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑠𝑒𝑒𝑠𝑠𝑎𝑎𝑎𝑎𝑠𝑠 = (𝑄𝑄𝑃𝑃1∙ 𝑡𝑡𝑃𝑃1) + (𝑄𝑄𝑃𝑃2∙ 𝑡𝑡𝑃𝑃2) + (𝑄𝑄𝑃𝑃4∙ 𝑡𝑡𝑃𝑃4) +

(37)

39

Questa operazione è utile per capire quanta acqua è possibile recapitare alla vasca di accumulo progettata; infatti è stato deciso di collegarsi a una pompa da 2 m3/s

per avere acque più pulite, evitando il picco degli inquinati tipico delle acque di prima pioggia che vengono invece captate dalle pompe da 1 m3/s che entrano in

funzione per altezze di pioggia minori.

Volume sollevato dalle pompe da 2 m3/s [m3] Giugno 2017 0 Luglio 2017 0 Agosto 2017 0 Settembre 2017 504000 Ottobre 2017 0 Novembre 2017 36000 Dicembre 2017 151200 Gennaio 2018 7200 Febbraio 2018 57600 Marzo 2018 252000

Tabella 2-3: Volume sollevato mensilmente dalle pompe da 2000 l/s

Il volume sollevato dall’impianto idrovoro è stato confrontato con il volume di pioggia caduta sull’intero bacino ogni mese:

𝑉𝑉𝑝𝑝 = ℎ𝑝𝑝 ∙ 𝐴𝐴

dove:

hp = altezza di pioggia mensile registrata dal pluviometro di Pisa (facoltà di agraria)

(38)

40 Volume di pioggia [m3] Giugno 2017 149760 Luglio 2017 24960 Agosto 2017 11400 Settembre 2017 1190800 Ottobre 2017 28080 Novembre 2017 704080 Dicembre 2017 700960 Gennaio 2018 271440 Febbraio 2018 468000 Marzo 2018 1086800

Tabella 2-4: Volume di pioggia mensile

Informazioni attendibili si ottengono per i mesi di Novembre, Dicembre, Gennaio, Febbraio e Marzo; in quanto la stagione estiva 2017 è stata molto siccitosa e a Settembre 2017 si è verificato un evento pluviometrico particolarmente intenso. Dal confronto tra volume sollevato e volume di pioggia dei mesi significativi si ottengono i seguenti grafici:

• Novembre 2017 0 100000 200000 300000 400000 500000 600000 700000 800000 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30

NOVEMBRE

(39)

41 • Dicembre 2017 • Gennaio 2018 0 100000 200000 300000 400000 500000 600000 700000 800000 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

DICEMBRE

volume cumulato sollevato volume cumulato pioggia

0 100000 200000 300000 400000 500000 600000 700000 800000 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

GENNAIO

(40)

42 • Febbraio 2018 • Marzo 2018 0 50000 100000 150000 200000 250000 300000 350000 400000 450000 500000 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

FEBBRAIO

volume cumulato sollevato volume cumulato pioggia

0 200000 400000 600000 800000 1000000 1200000 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

MARZO

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43

3.2 Coefficiente di deflusso

Il coefficiente di deflusso φ è definito come rapporto tra il volume d’acqua defluito alla sezione di chiusura di un bacino e gli afflussi per precipitazioni.

Le acque meteoriche, infatti, non raggiungono mai interamente la sezione di chiusura del bacino ad esse sotteso perché una parte viene dispersa o trattenuta per evapotraspirazione, per infiltrazione nel terreno, per adsorbimento da parte delle superfici porose, per ristagno, etc.; la percentuale di acqua trattenuta dipende da numerosi fattori, quali, ad esempio, la natura del terreno, la tipologia delle superfici scolanti e il tipo di copertura.

Nel caso in esame è noto sia il volume d’acqua defluito alla sezione di chiusura, ovvero il volume totale sollevato dalle pompe, e il volume di pioggia caduta sul bacino; quindi è stato possibile ricavare il coefficiente di deflusso relativo ai mesi di Settembre, Novembre, Dicembre, Gennaio, Febbraio e Marzo.

Coefficiente di deflusso ϕ

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

0,45 0,67 0,66 0,42 0,3 0,61

Tabella 2-5: Coefficiente di deflusso

Per i mesi mancanti si è ipotizzato un coefficiente di deflusso medio pari a 0,4. Inoltre, è stato possibile ricavare un altro coefficiente di deflusso dal rapporto tra il volume di acqua sollevato dalle pompe da 2m3/s e il volume di pioggia; sempre

per i mesi di Settembre, Novembre, Dicembre, Gennaio, Febbraio e Marzo. Coefficiente di deflusso ϕ2

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

0,03 0,12 0,23 0,37 0,05 0,21

Tabella 2-6: Coefficiente di deflusso per pompe da 2000 l/s

(42)

44

3.3 Volume di pioggia netta

Dal sito del Centro Funzionale di monitoraggio idrologico – idraulico sono stati scaricati i dati riguardanti le precipitazioni giornaliere della stazione pluviometrica di Pisa (facoltà di agraria).

Sono stati analizzati i dati di pioggia degli ultimi 20 anni, per ricavare l’altezza media di pioggia mensile.

Altezza di pioggia media (mm)

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

88,9 97,1 74,1 55,3 60,7 30,7 28,6 48,0 99,0 105,2 139,1 97,3

Tabella 2-7: Altezza di pioggia media mensile

Tramite il coefficiente di deflusso e l’altezza di pioggia media è stato possibile stimare il volume medio di pioggia in arrivo all’impianto idrovoro, con la seguente formula:

𝑉𝑉𝑝𝑝 = 𝜑𝜑 ∙ 𝐻𝐻𝑚𝑚∙ 𝑆𝑆

Dove S è la superficie del bacino, pari a 520 ettari.

Volume di pioggia netta mensile

Gennaio 208012 Febbraio 339136 Marzo 254371 Aprile 115109 Maggio 126219 Giugno 63966 Luglio 59659 Agosto 99864 Settembre 246267 Ottobre 218791 Novembre 216986 Dicembre 308579

(43)

45

Il volume di invaso della vasca che si intende progettare è pari a circa 52000 m3;

rapportando questo volume con quello di pioggia mensile di ottiene il seguente grafico con dati valori:

Figura 3-1: Confronto tra volume di pioggia e volume sollevato mensilmente

V vasca / V pioggia

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic 0,25 0,15 0,21 0,46 0,42 0,82 0,88 0,53 0,24 0,24 0,24 0,17

Tabella 2-9: Rapporto tra volume dell'invaso e volume di pioggia

Il rapporto tra il volume della vasca e il volume medio annuo di pioggia è pari a 0.025.

La stessa elaborazione è stata effettuata considerando il volume di pioggia netta pari a: 𝑉𝑉𝑝𝑝 = 𝜑𝜑2∙ 𝐻𝐻𝑚𝑚∙ 𝑆𝑆 0 50000 100000 150000 200000 250000 300000 350000 400000

gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic

(44)

46 si ottiene, dunque, i seguenti risultati:

Volume di pioggia netta mensile

Gennaio 92450 Febbraio 101235 Marzo 77082 Aprile - Maggio - Giugno - Luglio - Agosto - Settembre 102985 Ottobre 109395 Novembre 144658 Dicembre 101173

Tabella 2-10: Volume di pioggia mensile

Figura 3-2: Confronto tra volume di pioggia e volume di pioggia ricavato con ϕ2 mensilmente

0 20000 40000 60000 80000 100000 120000 140000 160000

gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic

(45)

47

V vasca / V pioggia

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

0,57 0,52 0,68 0,51 0,48 0,36 0,52

Tabella 2-11: Rapporto tra volume di pioggia e volume di pioggia ricavato con ϕ2

Dai risultati ottenuti è possibile dedurre che la quantità d’acqua disponibile alla sezione di chiusura del bacino, ovvero in arrivo all’impianto idrovoro, è più che sufficiente a garantire il riempimento della vasca che verrà progettata.

(46)

48

4 Inquadramento geografico

L’area oggetto dello studio è ubicata a sud ovest di Pisa ed è delimitata a nord dall’impianto fotovoltaico “Sol Maggiore”, a sud da una proprietà privata, ad est dalla strada statale Aurelia e dalla ferrovia PI-LI e ad ovest dal canale dei Navicelli. La destinazione d’uso è quella di agricolo ordinario.

Una strada sterrata divide la zona con l’impianto da un’area privata con un’abitazione e degli annessi agricoli (podere Verdea), in più è presente un casale abbandonato/area dismessa collocato tra la proprietà privata e la strada statale Aurelia.

Inoltre, lungo la strada statale, a circa 200 m dall’ingresso della strada sterrata che porta all’impianto, è presente un distributore di carburante.

Figura 4-1: Inquadramento dell'area di studio

Dal punto di vista economico e progettuale è ottimale collocare la vasca di accumulo non molto distante dall’impianto, ovvero nell’area a destinazione d’uso agricola adiacente.

(47)

49

Per decidere con precisione dove ubicare la vasca di accumulo dell’acqua proveniente dall’impianto idrovoro è necessario tenere conto delle distanze minime, dagli argini e dalle abitazioni, imposte dalla legge.

Si riportano dunque gli estratti degli articoli che impongono il rispetto di precise distanze:

art. 96 lett. f del Regio Decreto 523/1904

f) le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento del terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi;

art.889 del Codice Civile: Distanze per pozzi, cisterne, fosse e tubi

Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare la distanza di almeno due metri tra il confine e il punto più vicino del perimetro interno delle opere predette. Per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine. Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali.

Con il termine "cisterna" si intendono i manufatti destinati a raccogliere acqua piovana o di altra provenienza.

Dunque, nel caso in esame la vasca dovrà essere collocata a distanza minima di 10 metri dagli argini del canale dei Navicelli e di 2 metri dal confine con la proprietà privata.

(48)

50

Figura 4-2: Collocazione dell’invaso

(49)

51

4.1 Caratteri del paesaggio

La zona dove sarà ubicata la vasca è identificata come pianura agricola fortemente connotata dal reticolo di canali artificiali per gli interventi di bonifica.

(50)

52

In seguito ad indagini in loco, il tipo di semina presente nell’area è quella del girasole.

Il girasole è una pianta annuale di grande sviluppo, con lunga radice fittonante su cui sono inserite le radici laterali.

Nel ciclo (che può durare da un minimo di 85-95 giorni per le nuove varietà o i nuovi ibridi a 130-140 giorni, fino a un massimo di 180, per le vecchie popolazioni) si possono distinguere le seguenti fasi: germinazione, emergenza, formazione delle foglie, differenziazione dei bottoni fiorali, crescita attiva, fioritura, formazione e riempimento del seme e maturazione.

La pianta è caratterizzata da un consumo idrico elevato, anche se, in caso di carenza idrica, riesce a sfruttare l'umidità degli strati profondi grazie al notevole sviluppo capillare dell'apparato radicale (fino a 1,5-2 metri). Il girasole è tipica pianta da rinnovo adatta alla coltura asciutta, nei terreni dotati di una buona capacità idrica e lavorati profondamente delle regioni centrali dove la piovosità estiva è irregolare ma ha una certa consistenza.

Come suddetto, il girasole necessita di una quantità d’acqua piuttosto elevata; l’acqua disponibile nell’invaso progettato può sopperire a carenze idriche estive, garantendo una buona crescita della pianta.

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53

4.2 Indagini geologiche

Sulla Carta Geologica Regionale, l’area di interesse è indentificata come “depositi palustri”. Il substrato dell’area è costituito prevalentemente da argille, e argille limose fino a profondità comprese tra 3.6 m dal p.c., nella parte centro settentrionale dell’area, e 5.0 m dal p.c. nella parte meridionale.

Al di sotto sono presenti argille plastiche con intercalazioni limo-sabbiose fino alla profondità di circa -11/-12 m dal p.c. cui seguono sabbie e sabbie limose.

Questo tipo di composizione granulometrica dà origine a terreni che hanno caratteristiche di scarsa compressibilità e media resistenza meccanica.

Tramite una ricerca sul database geologico messo a disposizione dalla Regione Toscana, è stato possibile scaricare le elaborazioni derivanti da indagini geomatiche puntuali effettuate nei pressi dell’area di studio.

Questi dati riproducono la litologia del terreno con la descrizione di ogni strato, in più danno informazioni riguardo la quota della superficie piezometrica.

La quota di falda è individuata a -1.30 m s.l.m

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Nell’area di interesse la successione stratigrafica, a partire dal piano campagna, è la seguente:

Quota Descrizione

0 m – 1.1 m Terreno naturale costituito da limo color marrone chiaro scarsamente addensato

1.1 m – 4 m Argilla limosa grigia plastica

4 m – 9 m Argilla grigio azzurra plastica con intercalazioni limo sabbiose 9 m – 10 m Sabbia limosa mediamente addensata

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55

5 Progettazione della vasca

5.1 Osservazioni preliminari

L’acqua disponibile nella vasca è destinata all’uso irriguo e antincendio, in genere si assegna a vasche di questo tipo un volume compreso tra i 40.000 e i 60.000 metri cubi.

Data la presenza della falda a livello -1.30 m dal piano campagna si può procedere al dimensionamento della vasca a superficie libera affidando a questa una profondità tale da non intaccare la falda, oppure assegnare una profondità maggiore e di conseguenza prevedere dei sistemi di drenaggio necessari per abbassare il livello della falda fino a quello di progetto.

In prima analisi si è pensato di dimensionare un serbatoio seminterrato; questo tipo di soluzione prevede la presenza di una fondazione e una parte della struttura portante più in basso del terreno circostante, mentre la massima quota liquida risulta essere più in alto, una volta ultimato viene completamente ricoperto da uno strato di terreno da riporto.

Generalmente è costruito in calcestruzzo armato di resistenza abbastanza elevata, in modo da risultare economico ed avere buone garanzie di impermeabilità. Questo tipo di soluzione offre un maggior volume di invaso a parità di superficie rispetto a una vasca a cielo aperto, in più il volume di progetto è tutto disponibile per invasare acqua proveniente dall’impianto idrovoro; di contro però necessita di opere più complesse e costose, come lo scavo, i drenaggi, la posa in opera e anche la manutenzione è meno facilitata dalla collocazione interrata.

(54)

56

5.2 Dimensionamento

La destinazione d’uso dell’area rende idonea la disposizione di una vasca a cielo aperto, più economica e facilmente eseguibile rispetto a un serbatoio seminterrato. Si prevede uno scavo di area 150x100 m di -1.20 dal piano campagna, in modo tale da eliminare completamente lo strato di terreno naturale e raggiungere l’orizzonte di argilla grigia; il fondo della vasca risulta quindi impermeabilizzato. Per aumentare il volume d’invaso si posa un rilevato arginale costituito da terreno classificato nelle HRB-AASHTO (CNR-UNI 10006) come A2-4, ovvero sabbia limosa con buone caratteristiche meccaniche e di resistenza.

(55)

57

Le sabbie limose a bassa plasticità di questo sottogruppo sono convenientemente adoperate per la costruzione dei rilevati, peraltro senza difficoltà di esecuzione: la bassa plasticità (IP< 10) e la frazione fine non eccessiva (< 35%) permettono, infatti, di modificare facilmente il loro contenuto d’acqua. Generalmente presentano bassa permeabilità e modesta risalita capillare.

Nella parte centrale del paramento, si prevede la presenza di un nucleo di materiale argilloso che permette di eliminare i rischi di rottura dovuti al sifonamento, impermeabilizzando la vasca.

Le scarpate del rilevato hanno la stessa inclinazione a monte e a valle pari a 1:2.5, la berma superiore è di 4 m con pendenza verso l’esterno per favorire l’allontanamento dell’acqua piovana

Il volume della vasca è destinato ad invasare le acque provenienti dall’impianto idrovoro fino al livello di massimo invaso, quando questo livello viene raggiunto si chiude la condotta tramite una valvola automatica.

Le acque in eccesso sono sfiorate e convogliate tramite canale a superficie libera in un piccolo canale limitrofo.

Dal database geologico della regione toscana è stato possibile ricavare la stratigrafia del terreno in sito, ma non sono presenti dati riguardanti indagini fatte il loco per poter ricavare le caratteristiche geotecniche precise del terreno.

In genere i terreni definiti come poco o mediamente consistenti sono normalconsolidati o lievemente sovraconsolidati e, essendo l’incremento di carico ad esso applicato ridotto, anche una debole sovraconsolidazione può avere notevole influenza pratica. Infatti, dal confronto dei valori tipici degli indici di compressibilità Cc e di ricompressione Cs, con i quali si calcolano le deformazioni dei terreni normalmente consolidati o sovraconsolidati, appare chiaro che il fattore che maggiormente influenza i risultati di tale analisi è la valutazione dello stato di consolidazione dei depositi naturali, cioè del carico di preconsolidazione rispetto alla pressione litostatica attuale.

(56)

58

In questo studio non è stato possibile conoscere il carico di preconsolidazione, quindi si rimanda il calcolo reale dei cedimenti a quando saranno disponibili i dati geotecnici ricavati dalle prove in sito.

Si prevede, comunque, un aumento dell’altezza del rilevato del 15-20%; nella fase si costruzione, si posa più strati di terreno in modo tale da raggiungere una quota del rilevato maggiore di quella di progetto, ovvero maggiore del livello di massimo invaso.

Figura 5-2: Modellazione 3D dell’invaso

(57)

59

5.3 Sfioratore di superficie

Lo sfioratore è a sezione rettangolare di larghezza pari a 3 m, ha quota massima pari a 1.9 m s.l.m., ovvero pari al livello di massima regolazione, mentre il fondo è a quota -0.60 s.l.m.

Lo sfioratore è realizzato con profilo tipo Creager, che ha lo scopo di evitare il verificarsi di depressioni al disotto della vena effluente, questo è definito dall’equazione:

𝑦𝑦 = 0.47 �𝑥𝑥ℎ�1.80

Figura 5-3: Sfioratore di tipo Creager

Lo sfioratore di superficie viene dimensionato considerando l’effetto di laminazione che viene svolto dall’invaso nei confronti dell’afflusso derivante dalle precipitazioni meteoriche sullo specchio d’acqua al livello di massima ritenuta pari a 19000 m2.

Per calcolare la portata idrica entrante è stato calcolato lo ietogramma rettangolare di pioggia per un tempo di ritorno di 50 anni; a tentativi è stato trovato che il tempo critico è pari a 1.5 ore.

Noti questi dati, l’altezza che si raggiunge nello sfioratore si determina applicando la relazione valida per i serbatoi:

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60

∆𝑉𝑉 = (𝑄𝑄𝑖𝑖 − 𝑄𝑄𝑢𝑢) ∙ ∆𝑡𝑡

con:

ΔV = differenza di volume nell’intervallo di tempo considerato; Qi = portata media in ingresso nell’intervallo di tempo considerato;

Qu = portata media in uscita nell’intervallo di tempo considerato;

Δt = intervallo di tempo considerato.

La portata in uscita deriva dalla normale formula di efflusso da uno stramazzo a sezione rettangolare si ricava dalla seguente formula:

𝑄𝑄𝑢𝑢 = 𝜇𝜇 ∙ 𝐵𝐵 ∙ ℎ ∙ �2 ∙ 𝑔𝑔 ∙ ℎ

con:

h = altezza del battente idrico sullo sfioratore per eventi con tempo di ritorno pari

a 50 anni e tempo critico pari a 1.5 ore;

B = 3.00 m = larghezza minima della sezione di deflusso sullo sfioratore;

μ = 0.48 =coefficiente di efflusso; g = 9.81 m/s2 accelerazione di gravità.

Nel seguente grafico si riporta l’andamento della portata uscente e entrante in funzione dell’evento critico considerato e l’andamento del livello idrico dell’invaso:

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61

Figura 5-4: Variazione della portata entrante e uscente dall'invaso

Figura 5-5: Variazione dell'altezza del livello idrico dell'invaso

Si raggiunge un livello massimo di 0.08 m

Inoltre, lo sfioratore deve essere in grado di smaltire la portata proveniente dalla condotta dell’impianto idrovoro qualora avvenisse la rottura della valvola che chiude il collegamento nel caso del raggiungimento di livello massimo all’interno della vasca. 0,000 0,050 0,100 0,150 0,200 0,250 0,300 0,350 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 180 190 200 210 220 230 240 250 260 270 Po rt at a ( mc /s ) Tempo (s) Qi Qu ,000 ,010 ,020 ,030 ,040 ,050 ,060 ,070 ,080 ,090 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 180 190 200 210 220 230 240 250 260 270 Alt ez za liq uid a (m ) Tempo (s)

(60)

62

In questo caso a Qi è costante e pari a 0.5 m3/s e deve essere uguale alla Qu, si

applica quindi la formula inversa:

ℎ = � 𝑄𝑄𝑢𝑢

𝜇𝜇 ∙ 𝐵𝐵 ∙ �2 ∙ 𝑔𝑔�

23

da cui si ricava che è necessaria un’altezza liquida sopra la soglia sfiorante pari a 0.2 m.

La pianta e la sezione dello sfioratore sono riportati nell’allegato n.7, mentre il particolare del profilo Creager è rappresentato nell’allegato n.8.

5.4 Canale di scarico

L’acqua che fuoriesce dalla vasca tramite lo sfioratore confluisce in un canale, opportunatamente dimensionato, che convoglia in un fosso presente nell’area di studio chiamato Fosso del Manzino.

Il dimensionamento della sezione del canale è stato effettuato considerando la situazione più critica, ovvero scarico dell’intera portata in arrivo dalla condotta (0.5 m3/s) in caso di rottura della valvola di regolazione.

Il canale di scarico è a sezione trasversale trapezia, la quale è identificate dalle seguenti caratteristiche geometriche:

𝐴𝐴𝑟𝑟𝑒𝑒𝑎𝑎 = 𝐴𝐴 = (𝑏𝑏 + 𝑙𝑙 ∙ ℎ) ∙ ℎ

𝐶𝐶𝐶𝐶𝑙𝑙𝑡𝑡𝐶𝐶𝑟𝑟𝑙𝑙𝐶𝐶 𝑏𝑏𝑎𝑎𝑔𝑔𝑙𝑙𝑎𝑎𝑡𝑡𝐶𝐶 = 𝐶𝐶 = 𝑏𝑏 + 2 ∙ ℎ ∙ �1 + 𝑙𝑙2

𝑅𝑅𝑎𝑎𝑔𝑔𝑔𝑔𝑅𝑅𝐶𝐶 𝑅𝑅𝑖𝑖𝑟𝑟𝑎𝑎𝑖𝑖𝑙𝑙𝑅𝑅𝑖𝑖𝐶𝐶 = 𝑅𝑅 =𝐴𝐴𝐶𝐶 = (𝑏𝑏 + 𝑙𝑙 ∙ ℎ) ∙ ℎ 𝑏𝑏 + 2 ∙ ℎ ∙ √1 + 𝑙𝑙2

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63

Figura 5-6: Sezione tipo trapezoidale

L’equazione di Gauckler – Strickler per le correnti a pelo libero a moto uniforme, permette di legare la portata media alle caratteristiche del canale:

𝑄𝑄 = 𝐴𝐴 ∙ 𝐾𝐾 ∙ 𝑅𝑅2�3∙ 𝑅𝑅1�2

Nel caso in esame si ha:

b = 1 m

n = Valore della scarpa = 2

K = Scabrezza = 0.40 m1/3/s

i = Pendenza di fondo = 0.0005

Q = Portata = 0.5 m3/s

L’unica incognita dell’equazione di Gauckler – Strickler è l’altezza di deflusso che può essere ricavata a tentativi e risulta pari a h = 0.57 m.

Nota l’altezza di deflusso è possibile assegnare un’altezza alla sezione trapezia tale da poter contenere la portata liquida per la quale è stata progettata.

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64

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65

6 Verifiche

6.1 Verifica alla filtrazione

Una delle verifiche da effettuare riguarda la forma della superficie libera relativa al moto di filtrazione attraverso l’arginatura della vasca; infatti si instaura un moto di filtrazione in regime permanente che determina il passaggio di una certa portata dall’interno del paramento verso il lato campagna.

Nel caso in esame il paramento lato monte è più lungo di quello a valle, poiché il fondo della vasca è a quota inferiore del piano campagna. Per poter effettuare le verifiche con i metodi noti in letteratura si semplifica la sezione del paramento considerando solo la parte arginale superiore al piano campagna e quindi un carico motore ridotto.

Il rilevato è costituito da terreno omogeneo con una corretta percentuale di sabbia e limo e una conduttività K di 10-5 m/s.

La sezione avrà le seguenti dimensioni:

Lf = larghezza lato vasca = 7 m

b = larghezza della sommità = 4 m

Lc = larghezza lato campagna = 7 m

Lt = larghezza totale = 18 m

(64)

66

6.1.1 Metodo di Shaffernak e Van Iterson

Questo metodo è valido per rilevati con angolo lato campagna inferiore a 30° e si avvale delle seguenti formule:

𝑎𝑎 =𝑖𝑖𝐶𝐶𝑐𝑐𝛼𝛼 −𝑖𝑖 �� 𝑖𝑖𝑖𝑖𝐶𝐶𝑐𝑐𝛼𝛼�2− �𝑐𝑐𝑅𝑅𝑙𝑙𝛼𝛼�ℎ 2 𝑞𝑞 = 𝑘𝑘 ∙ 𝑎𝑎 ∙ 𝑐𝑐𝑅𝑅𝑙𝑙𝛼𝛼 ∙ 𝑡𝑡𝑎𝑎𝑙𝑙𝛼𝛼 Dove i simboli hanno il significato mostrato in figura:

Figura 6-2: Modello grafico per il metodo di Shaffernak e Van Iterson

Dalle suddette relazioni di ottiene a = 0.83 m

(65)

67

6.1.2 Metodo di Pavlosky

Questo metodo divide la regione di flusso all’interno dell’argine in tre parti: - I: è quella in cui la linea di saturazione, partendo dal paramento interno,

raggiunge il punto di flesso.

- II: è quella in cui la linea di saturazione, partendo dal punto di flesso, raggiunge il paramento esterno.

- III: è quella in cui la falda affiora completamente dal paramento esterno.

Figura 6-3: Modello grafico per il metodo di Pavlosky

Nel caso in esame h0 = 0, ovvero non vi è affioramento di falda in campagna,

quindi si ha un sistema di due equazioni nelle due incognite a0 e h:

�𝑎𝑎0 = (ℎ𝑑𝑑 + 𝑏𝑏 ∙ 𝑡𝑡𝑎𝑎𝑙𝑙𝛼𝛼) − �(ℎ𝑑𝑑+ 𝑏𝑏 ∙ 𝑡𝑡𝑎𝑎𝑙𝑙𝛼𝛼)

2− ℎ2

𝑎𝑎0 =𝑡𝑡𝑎𝑎𝑙𝑙𝑡𝑡𝑡𝑡𝑎𝑎𝑙𝑙𝛼𝛼 ∙ (ℎ1− ℎ) ∙ 𝑙𝑙𝑙𝑙 � ℎ𝑑𝑑 𝑑𝑑− ℎ�

La soluzione del sistema è:

� ℎ = 1.56 𝑚𝑚𝑎𝑎

0 = 0.28 𝑚𝑚

La lunghezza l della II parte è pari a 10.22 m, in base alla seguente relazione: 𝑙𝑙 = 𝑏𝑏 +(ℎ𝑡𝑡𝑎𝑎𝑙𝑙𝛼𝛼𝑑𝑑− 𝑎𝑎0)

Nel II tratto la piezometrica è descritta da una parabola ad asse orizzontale che, nel sistema di rifermento (x;z) di figura 6-3 passa per i punti (0;h) e (l;a0).

(66)

68 La sua espressione è la seguente:

𝑧𝑧 =𝑎𝑎0𝑙𝑙− ℎ2 ∙ 𝑥𝑥2+ ℎ

Nello stesso piano la scarpata lato campagna, che passa per i punti (b;hd) e (Lc + b;0), è identificata dalla relazione:

𝑧𝑧 = −ℎ𝐿𝐿𝑑𝑑

𝑐𝑐 ∙ 𝑥𝑥 + ℎ𝑑𝑑∙ �1 +

𝑏𝑏 𝐿𝐿𝑐𝑐�

Si cerca l’intersezione della superficie della con la scarpata, ottenendo un’equazione di secondo grado:

𝑎𝑎0 − ℎ 𝑙𝑙2 ∙ 𝑥𝑥2+ ℎ𝑑𝑑 𝐿𝐿𝑐𝑐 ∙ 𝑥𝑥 + ℎ − ℎ𝑑𝑑∙ �1 + 𝑏𝑏 𝐿𝐿𝑐𝑐� = 0

Da questa equazione di ottengono due soluzioni, ma quella che indica la posizione dell’affioramento di falda è la minore; il punto di affioramento risultante in questo caso ha coordinate:

�𝑥𝑥 = 10.4 𝑧𝑧 = 0.24

Il tratto di scarpata lato campagna interessato dall’affioramento della falda è compreso tra x1 e b+Lc e la sua lunghezza è pari a 0.67, ricavato dalla seguente

formula:

𝐿𝐿∗= �𝑎𝑎 0

2+ (𝑏𝑏 + 𝐿𝐿

𝑐𝑐− 𝑥𝑥1)

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