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Caratterizzazione della gamma-glutammiltransferasi circolante e delle relative frazioni durante il follow-up post-trapianto di fegato

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA

Corso di Laurea Magistrale in

Biologia Applicata alla Biomedicina

Tesi di Laurea

Caratterizzazione della γ-glutammiltransferasi circolante

e delle relative frazioni durante il follow-up

post trapianto di fegato

RELATORI

Dott.ssa Maria Franzini

Prof. Aldo Paolicchi

CANDIDATO

Mario Fantini

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INDICE

Riassunto 5

Abstract 9

Capitolo 1: Introduzione 1.1 Biochimica della γ-glutamiltransferasi 1.1.1 Generalità, struttura e localizzazione 13

1.1.2 Espressione genica, biosintesi e processamento della GGT 15

1.1.3 Ruolo della glicosilazione nel processo autocatalitico della GGT umana 16

1.2 Meccanismo d’azione e principali substrati 18

1.3 Funzioni fisiologiche della GGT 1.3.1 Ruolo antiossidante: sintesi del glutatione 20

1.3.2 Ruolo pro-ossidante 22

1.3.3 Metabolismo del nitrosoglutatione 24

1.3.4 Ruolo detossificante: formazione acidi mercapturici 24

1.3.5 Metabolismo dei leucotrieni 25

1.3.6 Escrezione degli acidi biliari 26

1.3.7 GGT e funzione simil-citochina 26

1.4 GGT plasmatica: caratteristiche strutturali e analitiche 1.4.1 Variabili pre-analitiche 28

1.4.2 Dosaggio enzimatico per la GGT plasmatica 28

1.4.3 Valori di riferimento per la GGT plasmatica 29

1.4.4 Origine e caratteristiche chimico-fisiche della GGT sierica e delle relative frazioni 30

1.4.5 Metodo per lo studio delle frazioni della GGT sierica 33

1.5 Attività della GGT totale plasmatica e fegato 1.5.1 Espressione della GGT epatica e attività della GGT plasmatica 38

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1.5.2 Pathways molecolari di induzione della GGT 40

1.5.3 Effetti della deficienza della GGT 41

1.6 Associazioni epidemiologiche 1.6.1 GGT totale e frazioni nel danno epatico 43

1.6.2 GGT totale e frazioni in alcolisti e astemi 44

1.6.3 GGT ed epatocarcinoma 45

1.6.4 GGT e cirrosi 46

1.6.5 Ruolo predittivo della GGT nel post trapianto di fegato 47

1.7 La GGT e la bile 49

Capitolo 2: Obiettivo della tesi 51

Capitolo 3: Materiali e metodi 3.1 Reagenti 52

3.2 Raccolta campioni 52

3.3 Determinazione delle frazioni plasmatiche della GGT 52

3.4 Quantificazione dell’attività di GGT associata alle frazioni 55

Capitolo 4: Risultati 4.1 Analisi dei cromatogrammi delle varie frazioni della GGT 57

4.2 Andamento della GGT nel follow up post trapianto di fegato 61

4.3 Correlazione tra frazioni di GGT biliare e plasmatica 66

4.4 Correlazione tra frazioni di GGT plasmatica e variabili cliniche 66

4.5 Correlazione tra frazioni di GGT biliare e variabili cliniche 67

Capitolo 5: Discussione dei risultati ottenuti 69

Capitolo 6: Conclusioni 74

Bibliografia 75

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Riassunto

La γ-glutammiltransferasi (GGT) è un enzima evolutivamente conservato, in grado di catalizzare specificamente la scissione del legame γ-glutamilico del glutatione (GSH) ed, inoltre, il trasferimento del gruppo γ-glutamile all’acqua ad amminoacidi o a peptidi (transpeptidazione). La GGT ha un ruolo centrale nel metabolismo del glutatione e nel ciclo del γ-glutamile, che comprende la sintesi e la degradazione del glutatione. L’enzima è localizzato sulla superficie esterna della membrana plasmatica e per tale motivo si ritiene che esso abbia un ruolo chiave nella captazione, da parte delle cellule, dei precursori per la sintesi del glutatione intracellulare. Il dosaggio della GGT, spesso richiesto negli esami di laboratorio di routine, è utilizzato nello screening e nel trattamento delle patologie del fegato e delle vie biliari, in quanto un suo innalzamento è stato osservato in vari disturbi, quali cirrosi, colestasi, steatosi, ma anche in epatopatie virali e in tumori primari e secondari. Le concentrazioni di GGT nel plasma sembrano dipendere principalmente dalla funzionalità del sistema epatobiliare, pur essendo l’enzima riscontrabile nelle membrane cellulari di moltissimi tessuti (tra cui rene, pancreas, milza, cuore); per tal motivo alti livelli di GGT nel sangue sono comunemente associati a tutte le malattie a carico del fegato e delle vie biliari. Nel 1981 Huseby e collaboratori hanno fornito una prova sull’origine prevalentemente epatica della GGT sierica, dimostrando nei loro studi l’identità di caratteristiche chimico-fisiche tra la GGT estratta dal fegato e la GGT sierica. Per quanto nessuno neghi l’importanza del dosaggio sierico della GGT, la sua rilevanza viene attenuata dal fatto che, pur essendo un test particolarmente sensibile, esso è scarsamente specifico, poiché diversi fattori sia genetici, sia ambientali, come ad esempio genere, età, ipertensione, colesterolemia, trigliceridemia, glicemia, impiego di contraccettivi orali, abitudini al fumo ed attività fisica, ne influenzano i valori.

In diversi studi è stata messa in evidenza l’eterogeneità della GGT sierica, difatti sono presenti diverse forme di GGT con caratteristiche chimico-fisiche diverse, non ancora ben definite. Nel laboratorio in cui sono state elaborate le procedure per ottenere i risultati utilizzati nella presente tesi, è stata messa a punto una tecnica che, tramite cromatografia per esclusione molecolare, permette di separare quattro frazioni di GGT plasmatica ed ,in modo sensibile e selettivo, di rilevarne l’attività mediante una reazione enzimatica post-colonna. Sono stati identificati tre complessi ad alto peso molecolare dotati di attività enzimatica e sono stati denominati in base al rispettivo peso molecolare, pertanto si hanno le frazioni: big-GGT (b-GGT; 2000 KDa), medium-GGT (m-GGT; 940 KDa), small-GGT (s-GGT; 140

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KDa); la quarta frazione identificata, free-GGT (f-GGT; 70 KDa), ha un peso molecolare compatibile con l’enzima libero. L’elaborazione della tecnica mira ad approfondire lo studio della natura dei complessi coinvolti nel trasporto della GGT nel plasma e nella bile. I dati ottenuti su plasma, relativi alle caratteristiche chimico-fisiche, alla suscettibilità a detergenti e all’azione proteolitica della papaina, fanno ipotizzare che la b-GGT possa essere inclusa in microvescicole di membrana (dette esosomi), che la m-GGT e la s-GGT presentino, invece, un comportamento compatibile con la presenza in micelle di acidi biliari, ed infine, che la f-GGT sia una forma solubile dell’enzima, priva del peptide idrofobico N-terminale.

Negli ultimi tempi è emerso che la ricerca e l’analisi delle frazioni della GGT costituiscono un utile biomarcatore per la diagnosi della steatosi epatica non-alcol correlata (NAFLD), in cui si riscontra un aumento di GGT sierica dovuta all’aumento della frazioni di b-GGT e in minor misura di s-GGT. La frazione s-GGT, invece, mostra un prominente incremento in soggetti affetti da epatocarcinoma (CHC) ed epatite virale (HCV), in questi ultimi non si registra un concomitante aumento significativo della frazione b-GGT, con conseguente diminuzione del rapporto b-GGT/s-GGT (b/s). La s-GGT sembra pertanto essere un buon biomarcatore di danno epatocellulare e colestatico, difatti è associata positivamente con le transaminasi AST e ALT, la bilirubina e la fosfatasi alcalina; per cui la frazione dell’s-GGT e il rapporto b/s risultano essere altamente specifiche per la diagnosi differenziale tra NAFLD e CHC. In soggetti alcolisti sottoposti ad un periodo di astinenza, il rapporto b/s è stato un sensibile biomarcatore per il danno epatico persistente; in aggiunta, i livelli di m-GGT ed s-GGT sono rimasti costantemente elevati rispetto al valore di GGT totale e delle frazioni b-GGT e f-GGT. Pertanto, l’analisi delle singole frazioni può essere utilizzata per il monitoraggio di soggetti alcolisti in astinenza, rispetto ai valori di GGT totale. Ne consegue che la giusta interpretazione del valore prognostico ed anche del valore diagnostico di ciascuna frazione della GGT, possa migliorare ed anche facilitare la comprensione dei meccanismi patogenetici delle malattie associati all’incremento del suddetto enzima.

Il proposito di tale elaborato è lo studio delle frazioni di GGT in campioni di plasma, prelevato da pazienti sottoposti a trapianto ortotopico di fegato (OLT). I risultati ottenuti dall’analisi delle frazioni di GGT nei campioni di plasma, sono stati confrontati con i risultati dell’analisi delle frazioni di GGT in campioni di bile, appartenenti, sia i campioni di bile che di plasma, agli stessi pazienti sottoposti ad OLT. Nello stesso laboratorio, in tempi precedenti, sono state effettuate le analisi sui campioni di bile, prelevati dai pazienti nel post trapianto grazie ad un drenaggio (Tubo di Kehr) posizionato nel coledoco, con lo scopo di

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facilitare contemporaneamente il deflusso della bile ed un’ottima cicatrizzazione del coledoco stesso in questi pazienti, pertanto, la raccolta dei campioni di bile è una procedura totalmente non invasiva. I campioni di bile e di plasma del nostro gruppo di pazienti sottoposti a OLT, sono stati prelevati, in corso di ricovero, nelle prime due settimane post operatorie, durante il follow-up precoce nel post trapianto di fegato.

Il periodo peri-operatorio nel trapianto di fegato è senza dubbio il momento più critico per la buona riuscita dell’intervento stesso. Le variabili che possono influire positivamente o negativamente sono molteplici e possono interagire tra loro in maniera non facilmente prevedibile. Dall’1 al 5% degli organi trapiantati sono soggetti a disfunzione primaria (Primary Non Function, PNF) e sino al 20% hanno una ripresa ritardata (Delayed Graft Function, GDF). Nel primo caso il decesso del ricevente è inevitabile in assenza di un ritrapianto, nel secondo il rischio di morbidità e mortalità è estremamente più elevato. Questi fenomeni sono frequentemente riconducibili a danni da ischemia e riperfusione dell’organo, processi inevitabili che avvengono durante le procedure di prelievo dell’organo dal donatore e nel successivo trapianto. Un monitoraggio attento della funzione d’organo nel periodo intra-, peri-, e post-operatorio è fondamentale per ottimizzare la ripresa del trapianto, permettendo di intervenire con tempestività e appropriatezza nelle diverse situazioni cliniche. L’analisi dei biomarcatori come indici di funzione epatica e delle frazioni di GGT si può ipotizzare possa contribuire a valutare il danno subito dall’organo trapiantato.

Le analisi effettuate mediante cromatografia per esclusione molecolare hanno dimostrato che il profilo di eluizione della GGT sierica risulta costante per le frazioni b-GGT ed f-GGT, mentre risulta variabile per le frazioni f-GGT ed s-GGT.

In questo elaborato sono stati utilizzati i campioni di plasma raccolti da pazienti sottoposti a OLT, i prelievi sono stati effettuati durante i primi 15 giorni post trapianto. I valori medi di GGT plasmatica totale nei primi 15 giorni presentano un’alta variabilità interindividuale con un picco al settimo giorno con un valore medio maggiore di 230U/L e successivamente tali valori tendono lentamente a diminuire. Anche per le frazioni b-GGT ed m-GGT possiamo notare un picco al settimo giorno, con successiva tendenza a diminuire nei giorni seguenti. Per le frazioni s-GGT ed f-GGT non è stato possibile delineare uno schema temporale che possa dare una visione d’insieme dell’andamento dell’attività media delle suddette frazioni nei primi 15 giorni post trapianto.

I risultati, derivanti dall’analisi dei suddetti campioni, sono stati confrontati con i risultati ottenuti dall’analisi di campioni di bile prelevati anch’essi nello stesso arco temporale ed anch’essi aventi come oggetto l’indagine delle varie frazioni di GGT,

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dapprima osservando l’andamento di entrambe le forme, biliare e plasmatica, e dopo analizzando i valori medi mediante programma informatico. Non è presente correlazione tra gli andamenti della GGT biliare e plasmatica.

In conclusione, i dati raccolti dall’analisi delle frazioni plasmatiche di GGT, confrontati con i dati forniti dall’analisi delle frazioni biliari dell’enzima, in pazienti sottoposti a trapianto di fegato, sono stati incrociati con i dati emato-chimici di ogni paziente. L’analisi di correlazione ha mostrato correlazione significativa tra l’attività della GGT totale plasmatica e delle relativa frazioni plasmatiche con la bilirubina totale, le frazioni b-GGT ed m-GGT con valore positivo, mentre per le frazioni s-GGT ed f-GGT con valore negativo. L’analisi ha mostrato ulteriore correlazione significativa con i valori di ALP per tutte le frazioni di GGT e con i valori relativi a monociti, eosinofili e basofili per le frazioni b-GGT ed m-GGT.

Non è emersa alcuna correlazione tra i valori di GGT totale biliare e i valori emato-chimici dei pazienti; tale risultato è stato ottenuto anche per l’analisi di correlazione tra i valori della frazione b-GGT e i valori emato-chimici dei pazienti.

Il lavoro svolto nella seguente tesi indica come il significato della GGT circolante non possa essere circoscritto solamente ad un ruolo di indicatore di danno epatico, ma i dati raccolti suggeriscono che lo studio sul suo significato diagnostico debba essere ampliato e l’analisi delle sue frazioni potrebbe essere un valido strumento per raggiungere tale obiettivo.

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Abstract

The γ-glutamyltransferase (GGT) is an evolutionary conserved enzyme that specifically catalyses the cleavage of the glutamyl bond of glutathione (GSH) and the transfer of the γ-glutamyl group to water (hydrolysis), amino acids, or peptides (transpeptidation). GGT has a central role in GSH metabolism and in the γ-glutamyl cycle, which includes synthesis and degradation of GSH. The enzyme is localized on the external surface of the plasma membrane and for this reason it is believed that it has a key-role in the uptake of precursors of intracellular glutathione synthesis. The determination of GGT activity is used in screening and treatment of diseases of the liver and biliary tract, as its elevation is observed in various disorders, such as cirrhosis, cholestasis, steatosis, but also in viral hepatitis and hepatocellular carcinoma. Concentrations of GGT in plasma seem to depend primarily on the functionality of hepatobiliary system, although the enzyme found in the cell membranes of many tissues (including kidney, pancreas, spleen, heart); for this reason, high levels of GGT in the blood are commonly associated with all diseases of liver and biliary tract. Seric GGT is reported to have a mainly hepatic origin, as suggested by Huseby and coworkers’ studies, curried out since 1981, in which it has been demonstrated that seric GGT shows the same chemical-physical features of that extracted from liver. As no one denies the importance of dosing serum GGT, its relevance is decreased by the fact that, despite being a very sensitive test, it is poorly specific, since various factors including genetic, and environmental, such as gender, age, hypertension, cholesterol, triglycerides, glucose, use of oral contraceptives, smoking habits and physical activity, influence values.

In different studies has been paid attention on the heterogeneity of the GGT serum, in fact there are several forms of GGT with different physico-chemical characteristics, not yet well defined. In the laboratory where this thesis was conducted, a new technique was performed, in order to separate four fractions of plasma GGT through molecular size exclusion chromatography, and to register a selective and sensitive activity through a post-columm enzymatic reaction. Thus, three complexes have been identified – named big-GGT (b-GGT; PM=2000 kDa), medium-GGT (m-GGT; PM=940 kDa), small-GGT (s-GGT; PM=140 kDa) – with a molecular weight compatible with the free enzyme. The aim of this technique is to deepen the study of the nature of complexes which are responsible of the GGT transport in the plasma. Data reached up to now (chemical-physical features, susceptibility to detergents and papain proteolytic action) sustain three hypothesis: first, in b-GGT the protein could be included within micro-vesicles (esosomas); second, m-GGT and s-GGT should show a

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behavior compatible with the presence of bile acids and GGT micelles; third, f-GGT should be made by a form of soluble GGT, without N-terminal hydrophobic peptide of heavy chain. Recently showed that the research and analysis of the fractions of GGT is a good biomarker for the diagnosis of non-alcoholic fatty liver disease (NAFLD), which is characterized by an increase of total serum GGT, caused by the proportional increase of the fractions b and s-GGT. Unlike b-GGT, the s-GGT fraction shows a prominent increase in patients with hepatocellular carcinoma (HCC) and chronis viral hepatitis C (CHC); in the latter, however, a significant increase of the fraction b-GGT in not recorded. Thus, s-GGT seems to be a good biomarker of hepatocellular damage. For this reason, s-GGT and b/s ratio result to be highly specific for the differential diagnosis of both NAFLD and CHC. In alcoholis subjects, after a period of abstinence, the b/s ratio seemed to be a sensible biomarker of persistent hepatic damage; moreover, m-GGT and s-GGT levels always remained high, compared to both the total value of GGT and the b-GGT and f-GGT fractions. Thus, the analysis of the single fractions could be better than the total GGT, as a marker of alcohol abstinence monitoring. A right interpretation of both diagnostic and prognostic values in each GGT fraction could improve its use and help the pathogenesis of diseases connected to its increase.

The purpose of this laboratory is the study of fractions of GGT in plasma samples collected from patients undergoing liver transplantation. The results obtained from the analysis of the fractions of GGT in plasma samples, were compared with the results of the analysis of the fractions of GGT in samples of bile, belonging, both the samples of bile that of plasma, the same patients subjected to OLT. In the same laboratory, in earlier times, the analyzes were performed on the samples of bile, in patients subjected to liver transplant: during transplant, a drainage (Kehr Tube) is set in the patient’s choledochus, for an easier bile flow and for a good haling of the bile duct. As a consequence, the collection of bile samples results as a totally non-invasive test. Samples of bile and plasma of our group of patients undergoing OLT were taken, in the course of hospitalization, the first two weeks post-operative, during follow-up in the early post-liver transplant.

The perioperative period in liver transplantation is undoubtedly the most critical for the success of the intervention. The variables that can affect positively or negatively are many and can interact with each other in a non-predictable. 1 to 5% of transplanted organs are subject to primary non-function, and up to 20% have a delayed function graphs. In the first case the death of the recipient is inevitable in the absence of a retransplantation, in accordance with the risk of morbidity and mortality is extremely higher. These phenomena

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are frequently attributable to damage from ischemia and reperfusion of the organ, inevitable processes that occur during the sampling procedures and subsequent transplantation. Careful monitoring of organ function during intra-, peri- and post-operative is critical to optimize the recovery of the transplant, allowing to intervene promptly and appropriateness in different clinical situations. Analysis of biomarker as indices of liver function and the fractions of GGT can be expected to contribute to assessed the damage of the transplanted organ.

The analysis, based on molecular exclusion chromatography, showed that the elution profile of GGT is constant for the fractions b-GGT and f-GGT, while it is variable for the fractions s-GGT and f-GGT.

In this paper we used the plasma samples collected from patients undergoing OLT, withdrawals were made during the first 15 days post-transplant. The average values of GGT total plasma in the first 15 days have a high inter-individual variability winth a peak an the seventh day with an average value grater then 230 U/L and subsequently these values tend to decline slowly. Even for the fractions m-GGT and b-GGT we see a peak on the seventh day, with a subsequent tendency to decrease in the following days. For fractions f-GGT and s-GGT was not possible to outline a timing pattern that would give an overview of the activity trend of these fractions in the first 15 days post-transplant.

The results, derived from the analysis of these samples were compared with the results obtained from the analysis of samples of bile also taken in the same period of time and also having as object the investigation of the virus fractions of GGT, first observing the performance of both forms, bile and plasma, and after analyzing the mean values averaged computer program. There is no correlation between the trends of GGT bile and plasma.

In the end, the data collected from the analysis of the fractions on plasma GGT, compared with the data provided by the analysis of the fractions biliary enzyme, in patients undergoing liver transplantation, were crossed with haematological data of each patient.

Correlation analysis showed significant correlation between the activity of GGT total plasma and plasma fractions relative to the total bilirubin, fractions b-GGT and m-GGT with a positive value, while for th fractions f-GGT and s-GGT with a negative value. The analysis further showed significant correlation with the values of ALP for all the fractions of GGT and with the values relating to monocytes, eosinophils and basophils for the fractions b-GGT and m-b-GGT.

There was no correlation between the values of GGT total biliary and values in haematological patients; this result was also obtained for analysis of correlation between the values of the fraction b-GGT and values in haematological patients.

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The work carried out in the following scriptshows how the significance of circulating GGT can not be limited only to a role of indicator of liver damage, but the data suggest that the study on its diagnostic significance must be expanded and the analysis of its fractions could be a valuable tool to achieve this objective.

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Capitolo 1:Introduzione

1.1 Biochimica della γ-glutamiltransferasi

1.1.1 Generalità, struttura e localizzazione

La γ-glutamiltransferasi (GGT) è un enzima largamente diffuso e conservato nel mondo vivente, difatti lo ritroviamo nei batteri (Suzuki et al., 1986; Okada et al., 2006), nelle piante (Martin et al., 2000) ed in tutto il Regno Animale. Conservato anche nei mammiferi, la GGT è una glicoproteina di membrana di tipo II, con struttura dimerica e sintetizzata da un unico propeptide (Curthoys et al., 1979) prima di raggiungere la membrana plasmatica (Barouki et al., 1984; Finidori et al., 1984). Il propeptide viene scisso in 2 subunità, una pesante (HSU 55-62 KDa, 380 amminoacidi) ed una leggera (LSU 20-30 KDa, 189 amminoacidi) tenute insieme da legami non covalenti. La subunità leggera presenta un dominio carbossi-terminale con attività catalitica, tale subunità è unita alla porzione pesante mediante interazioni elettrostatiche (Tate et al., 1981). La porzione ammino-terminale della catena pesante, invece, presenta un dominio idrofobico che consente l’inserzione dell’enzima sul lato esterno della membrana cellulare, in tal modo sia la subunità leggera che quella pesante risultano esposte nell’ambiente extracellulare (Finidori et al., 1984).

Figura 1.1 Rappresentazione schematica della GGT umana inserita nella membrana plasmatica.

L’enzima ha un ruolo centrale nel metabolismo del GSH e nel ciclo del γ-glutamile, che include la sintesi e la degradazione del glutatione (Meister et al., 1995). In questo tripeptide, l’acido glutammico e la cisteina sono legati da un particolare legame peptidico nel quale il gruppo carbossilico sul carbonio γ dell’acido glutammico lega il gruppo amminico sul

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carbonio α della cisteina. Il legame γ-glutamilico rende il glutatione resistente alla peptidasi, ma non alla GGT, che è in grado di idrolizzare tale legame e di trasferire l’acido glutammico ad un altro accettore (amminoacido o dipeptide). Il GSH è il più abbondante substrato per la GGT, ma non è il solo: attualmente tutti i composti γ-glutamilici sono substrati per l’enzima,

per esempio: GSH coniugato a xenobiotici, leucotriene C4 (Withfield et al., 2001), S-nitrosoglutatione (Hogg et al., 1997).

L’enzima agisce su substrati extracellulari ed in condizioni denaturanti è stato dimostrato che la catena leggera può avere attività proteasica, acquisendo la capacità di digerire la catena pesante (Gardell et al., 1979). In vivo, comunque, tale attività proteasica pare essere mascherata dalla catena pesante.

Nei mammiferi, inoltre, è stata dimostrata la presenza della GGT sulla membrana di tutte le cellule, con localizzazione preferenziale nei tessuti correlati con attività secretorie e di assorbimento (Hanigan et al., 1996). Nel rene, in particolare, è stata osservata la più alta attività di GGT, con localizzazione sulla superficie luminale delle cellule del tubulo contorto prossimale, al contrario, le cellule del tubulo distale e dei glomeruli risultano essere prive dell’enzima.

Nel fegato, l’attività della GGT è presente a livello delle cellule epiteliali delle vie biliari extraepatiche e dei canalicoli epatici. Nel pancreas, invece, sono le cellule acinose a presentare la maggiore attività di GGT. Inoltre, anche altri tipi di cellule presentano attività di GGT, difatti possiamo trovarla nelle cellule delle ghiandole sudoripare, delle ghiandole sottomandibolari, dei dotti galattofori, dell’epitelio bronchiale, dell’epididimo, delle vescicole seminali ed anche della prostata.

L’attività della GGT è stata individuata anche sulla membrana e nei granuli intracitoplasmatici delle piastrine, sulla membrana dei granulociti e dei linfociti, il cui aumento di attività è considerato un marcatore di differenziazione e trasformazione neoplastica (Khalaf et al., 1987; Grisk et al., 1993; Sener et al., 2005). A livello celebrale, l’attività della GGT sembrerebbe contribuire alla funzionalità della barriera emato-encefalica, favorendo il metabolismo dei leucotrieni e la detossificazione degli xenobiotici (Zhang et al., 1997; Garcion et al., 1999).

L’attività della GGT è presente anche nel siero, probabilmente rilasciata dalle membrane cellulari dei parenchimi dei vari organi, riflettendo le modificazioni quantitative della produzione, del rilascio e della rimozione dell’enzima circolante (Huseby et al., 1993).

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1.1.2 Espressione genica, biosintesi e processamento della GGT

La γ-glutamiltransferasi (GGT) risulta essere distribuita sia nel regno vegetale, sia nei batteri, sia in tutti i membri del regno animale, partendo dal nematode Ascaris Suum sino a giungere all’uomo: l’espressione genica riflette la complessa organizzazione tra le diverse specie ed in particolare nell’uomo, la variabilità fenotipica è funzione dell’organo d’origine e/o del tipo cellulare preso in considerazione (Chikhi et al., 1999)

Nel genoma umano si può ricondurre alla GGT una famiglia multigenica che include almeno sette geni (Courtay et al., 1994) mappati sul cromosoma 22 nella regione 22q11.1-q11.2 vicino ai loci BCR (breakpoint cluster region) e IG-λ (Bulle et al., 1987; Collins et al., 1997). Sequenze correlate, probabilmente pseudogeni, sono state identificate sui cromosomi 18, 19, 20 (Figlewicz et al., 1993). I cloni, rappresentanti tutti e sette i possibili geni, sono stati identificati in una libreria genomica umana costruita con DNA estratto da una linea cellulare di linfoblasti cariotipicamente normali. Questo ha escluso la possibilità che questi sette tipi di cloni genomici siano alleli di un singolo gene altamente polimorfico (Courtay et al., 1994). È molto probabile che i multipli geni umani per la GGT siano il prodotto di duplicazioni verificatisi nella regione 22q11 del DNA, regione instabile associata a difetti alla nascita (Scambler, 1993). Tra i geni della GGT duplicati, solo il gene di tipo I (ggt1) ha espressione ubiquitaria, dando origine ad una proteina completa e funzionale. Degli altri sei geni, almeno quattro sono trascritti in mRNA codificanti eventualmente per peptidi, in gran parte costituiti da subunità grandi o piccole, ma non è stata ancora identificata la relativa proteina (Courtay et al., 1994). Ad esclusione del gene di tipo I, sul quale è riposta la maggiore attenzione, i restanti geni non sono stati sino ad ora ben caratterizzati nella struttura e soprattutto nell’espressione.

Il gene ggt1 comprende una sequenza di 32Kb e include venti esoni. Tra di essi, dodici codificano per la sequenza amminoacidica della GGT, con i primi sette codificanti per la subunità pesante, l’ottavo esone codificante per l’estremità carbossilica della subunità pesante e per l’estremità amminica della subunità leggera, mentre i rimanenti quattro esoni codificanti per la restante parte della subunità leggera. L’mRNA della GGT è trascritto in un unico polipeptide di 560 amminoacidi, la sequenza idrofobica all’estremità amminica consente alla proteina di essere traslocata nel lume del reticolo endoplasmatico, dove per un processo di autoidrolisi vengono generate le due subunità della GGT (Kinlough et al., 2005). Il processo autocatalitico è catalizzato dall’amminoacido treonina (Thr) che forma la nuova estremità N-terminale della subunità leggera e rappresenta l’amminoacido che favorisce la

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scissione del legame ammidico situato tra il gruppo carbossile, in posizione γ dell’acido glutamminico, e un’ammina (Inoue et al., 2000; Kinlough et al., 2005).

Una nuova super famiglia di proteine, raggruppate sotto il nome di “idrolasi nucleofilo N-terminale” (idrolasi-nNt), sono state individuate nel 1995 da Branningan e dai suoi collaboratori (Branningan et al., 1995). I membri di questa famiglia sono caratterizzati da una struttura αββα del core nel sito catalitico e tutte le idrolasi nucleofilo N-terminale sono trascritte e tradotte in un unico propeptide convertito ad enzima attivo per proteolisi autocatalitica senza perdita di amminoacidi. Questo processo autocatalitico rende disponibile l’amminoacido nucleofilo N-terminale, tronina (Thr) o serina (Ser), che catalizza l’idrolisi del legame amminico. Appartengono a questa superfamiglia la penicillina G amilasi, il proteosoma, la glutammina PRPP amidotransferasi (GAT), l’aspartilglucosamidasi e l’L-amminopeptidasi-D-Ala-esterasi/amidasi (Oinonen et al., 2000).

La GGT appartiene anch’essa a questa superfamiglia per le sue diverse caratteristiche: dapprima, l’mRNA completo trascritto dal gene ggt1 è tradotto in un unico propeptide, traslocato nel reticolo endoplasmatico dove per proteolisi si generano due subunità (Kinlough et al., 2005); il processo è autocatalitico e catalizzato dall’amminoacido Thr che costituisce la nuova estremità N-terminale. Tale amminoacido, così come quelli coinvolti nel legame enzima-substrato sono conservati nella sequenza della GGT in tutta la filogenesi (Okada et al., 2006; Kinlough et al., 2005; Boanca et al., 2006). Il processo di autocatalisi e il ruolo della Thr N-terminale della subunità leggera sono stati confermati per l’enzima di

Escherichia coli (Inoue et al., 2000; Suzuki et al., 2002), del ratto (Kinlough et al., 2005), di Helicobacter pylori (Boanca et al., 2006) e dell’uomo (Inoue et al., 2000).

Inoltre, l’enzima GGT catalizza la scissione del legame ammidico presente tra il gruppo carbossile in posizione γ dell’acido glutammico e un’ammina (le caratteristiche catalitiche e le principali funzioni fisiologiche della GGT saranno discusse nei paragrafi successivi). Un’ulteriore caratteristica, che pone la GGT nella superfamiglia delle “idrolasi nucleofilo N-terminale” (idrolasi-nNt), è stata la scoperta, attraverso l’analisi strutturale del cristallo della proteina GGT purificata da E.coli, da H.pylori e dall’uomo, della composizione del suo core catalitico avente struttura αββα (Okada et al., 2006; Boanca et al., 2006; West et al., 2013).

1.1.3 Ruolo della glicosilazione nel processo autocatalitico della GGT umana

La GGT presenta un pattern eterogeneo di glicosilazione che varia in modo tessuto-specifico, tuttavia il ruolo che l’N-glicosilazione svolge nel modulare la maturazione

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funzionale e il comportamento cinetico dell’enzima deve essere tuttora pienamente accertato. Seguendo la sequenza primaria, la GGT umana possiede sette potenziali siti di glicosilazione (sequenza consenso Asn-X-Ser/Thr, X≠Pro): sei nella subunità pesante (Asn95, Asn120, Asn230, Asn266, Asn266, Asn297, Asn344) e uno nella subunità piccola (Asn511) (Sakamuro et al., 1988; Castonguay et al., 2007). È stato confermato che tutti questi siti siano glicosilati nel rene umano e nel tessuto epatico, ed è stata definita la struttura dei glicani per le GGT specifiche per questi due tessuti. È interessante notare che il fegato sintetizza una serie di N-glicani sul polipeptide GGT che sono completamente distinti da quelli sintetizzati dal rene (West et al., 2011).

Figura 1.2 Rappresentazione schematica del propeptide della GGT umana e i suoi sette siti di

N-glicosilazione. Sono indicati le posizioni del dominio transmembrana (TM),i siti consenso di N-glisosilazione (N) e il sito di clivaggio del propeptide.

Sebbene le variazioni delle caratteristiche compositive degli stessi glicani abbiano dimostrato una modulazione nella cinetica di reazione dell’eterodimero maturo, poco è noto per quanto riguarda l’impatto della glicosilazione sull’integrità strutturale e sul clivaggio autocatalitico dell’enzima nascente (Meredith 1991). Una prima intuizione si ha negli studi di West e collaboratori (2011) eseguiti su wild-type o sul gene umano mutato della GGT espresso nella linea cellulare HEK293 (human embryonic kidney). Gli Autori degli studi hanno dimostrato che la perdita di un singolo sito di N-glicosilazione è funzionalmente tollerata, anche se la mutazione Asn95Gln determina una marcata diminuzione dell’efficienza autoproteolitica del propeptide. Tuttavia, ciascuno dei singoli siti mutanti ha presentato una ridotta stabilità termica rispetto al wild-type GGT. Una mutagenesi combinata di tutti i siti di N-glicosilazione ha mostrato l’accumulo della forma inattiva del propeptide dell’enzima. Inoltre, è stato dimostrato che la glicosilazione co-traduzionale è l’evento critico che regola il corretto ripiegamento e la successiva scissione del propeptide nascente in enzima attivo. Infatti, la deglicosilazione enzimatica della forma matura del wild-type GGT non influisce sostanzialmente sia sul comportamento cinetico che sulla stabilità termica dell’enzima umano completamente processato (West et al., 2011).

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1.2 Meccanismo d’azione della GGT e principali substrati fisiologici

La GGT, in particolare, catalizza la scissione del legame γ-glutamilico tra il gruppo carbossile in posizione γ dell’acido glutammico e un’ammina, ed il successivo trasferimento dell’acido glutammico su un accettore. La reazione catalizzata dalla GGT segue un meccanismo definito “a ping-pong” (Keillor et al., 2005): nello stadio di acilazione il gruppo γ-glutamilico della molecola substrato è trasferito sul gruppo OH della Thr N-terminale della catena leggera e così viene liberata l’ammina. L’intermedio acil-enzima lega una molecola accettore ed in seguito, nel successivo stadio di deacilazione, l’acido glutammico viene trasferito sul gruppo amminico dell’accettore con la formazione di un nuovo legame γ-glutamilico. Tale processo rappresenta una reazione di transpeptidazione.

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In mancanza di un accettore l’acil-enzima può reagire anche con una molecola di acqua con la liberazione di acido glutammico con una reazione di idrolisi. In questo genere di reazione la GGT è altamente specifica per il tipo di legame, mentre è aspecifica per il substrato, questo perché solo la posizione γ-glutamilica è critica per il legame con l’enzima GGT; pertanto, tutti i γ-glutamilcomposti sono possibili substrati per la GGT. I principali substrati fisiologici della GGT sono il glutatione o γ-glutamil-cisteinglicina (GSH), il leucotriene C4 (coniugato del GSH), i coniugati del glutatione prodotti dalla GSH-transferasi e il nitrosoglutatione. La GGT riconosce solo gli L-amminoacidi (Cis, Met, Gln, Glu) o i dipeptidi amminoacilglicina (CisGly, MetGly, GlnGly, CysGly, GlyGly) come molecola accettore.

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1.3 Funzioni fisiologiche della GGT

Le funzioni fisiologiche, che vedono il coinvolgimento dell’enzima GGT, sono molteplici, come si vedrà nei paragrafi successivi.

1.3.1 Ruolo antiossidante: sintesi del glutatione

Il glutatione è profondamente coinvolto nel mantenimento del normale stato redox della cellula (Pompella et al., 2003). La stabilità della concentrazione intracellulare del glutatione è fondamentale per la sopravvivenza della cellula (Meister, 1995), poiché il GSH ha importanti funzioni biologiche, tra cui la coniugazione di composti elettrofili, le reazioni di interscambio tiolico e l’azione scavenger di radicali liberi. È inoltre cofattore di enzimi con funzione antiossidante, come la GSH-perossidasi, la deiscorbato reduttasi GSH-dipendente. Il glutatione è un tripeptide ubiquitario presente in piante, microrganismi ed in tutti i tessuti dei mammiferi. È composto da acido glutammico, cisteina e glicina (γ-glutamil-cistenilglicina); presenta tra i residui di acido glutamminico e di cisteina un particolare tipo di legame, non si tratta di un normale legame peptidico, ma di un legame γ-glutaminico: difatti il gruppo carbossilico (-COOH) sul carbonio γ dell’acido glutammico è legato al gruppo amminico (-NH2) sul carbonio α della cisteina.

Figura 1.4 Rappresentazione della struttura del glutatione. Il GSH rappresenta circa l’80% dei tioli

non proteici a basso peso molecolare presenti nella cellula ed è distribuito in tre compartimenti: il 90% circa è dislocato nel citosol, il 10% nei mitocondri ed una residua percentuale nel reticolo endoplasmatico (Lu 1999).

Il livello intracellulare di GSH dipende dall’equilibrio esistente tra il suo consumo e la sua sintesi, quest’ultima regolata dalla disponibilità dei tre amminoacidi precursori (Glu, Cys, Gly). La GGT catalizza la prima reazione della degradazione del GSH extracellulare, rendendo così possibile l’assorbimento separato dei tre amminoacidi costituenti da parte della cellula (ciclo del γ-glutamile).

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L’enzima GGT trasporta il gruppo glutamminico del glutatione su accettori amminoacidici o dipeptidi. In questa fase, i γ-glutamil-amminoacidi e i γ-glutamil-dipeptidi sono trasportati all’interno della cellula, dove diventano substrato dell’enzima γ-glutamil-ciclotransferasi che li divide nei corrispondenti amminoacidi e in 5-oxoprolina, che può essere trasformata in glutammato e utilizzata per la sintesi del glutatione intracellulare.

Figura 1.5 Ciclo γ-glutamile: degradazione del GSH extracellulare e sua re-sintesi intracellulare.

La GGT promuove anche il recupero di Cys sia degradando GSH che usando L-Cis come accettore della reazione di transpeptidazione.

La reazione catalizzata dall’enzima GGT permette la liberazione del dipeptide cistenilglicina (Cys-Gly) che viene idrolizzato dalle di peptidasi di membrana a cisteina (Cys) e glicina (Gly), le quali possono essere usate per la sintesi del glutatione dopo essere state trasportate all’interno delle cellule (Griffith et al., 1979; Tate et al., 1981). L’enzima γ-glutammiltransferasi avrebbe un ruolo protettivo nei confronti del danno ossidativo intracellulare (Hanigan et al., 1985; Hanigan 1998) poiché è considerato un enzima ancillare dei sistemi antiossidanti basati sul glutatione.

Un’altra fondamentale funzione del glutatione è rappresentata dallo stoccaggio e trasporto della cisteina (Cys), che sarebbe altamente instabile nell’ambiente extracellulare poiché si auto-ossiderebbe a cistina (Cis), favorendo la formazione di specie reattive

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dell’ossigeno (Lu, 1999). La GGT permette quindi il recupero della cisteina degradando il glutatione a CysGly. La cistina, inoltre, è l’accettore migliore per la reazione di transpeptidazione, ma anche il tripeptide γ-GluCis contribuisce al recupero della cisteina (Lu 1999; Zhang et al., 2005).

La GGT agisce insieme ad altri enzimi di membrana capaci di idrolizzare il legame peptidico della CysGly nella funzione di recupero degli amminoacidi che costituiscono il glutatione o nella funzione di utilizzo dello stesso come sorgente di cisteina. Probabilmente le di peptidasi coinvolte sono l’amminopeptidasi-N (ApN, CD13) e la “membrane bound dipeptidase” (MBD). L’enzima ApN è specifico per la forma ridotta di CysGly, a sua volta inibitore della MBD, per la quale risulta essere un ottimo substrato la forma ossidata cistinil-bis-glicina (Kozak et al., 1982). Il tiolo appartenente alla CysGly ha un’alta reattività, pertanto è possibile che si ossidi velocemente a livello extracellulare, ragion per cui la MBD potrebbe avere un ruolo importante nel metabolismo del glutatione.

Sono stati effettuati degli studi sul topo (Habib et al., 1996) riguardanti la co-espressione tissutale della MDB e della GGT; sono stati individuati alti livelli di attività per entrambi gli enzimi nell’epitelio del tubulo renale e dell’intestino tenue, mentre in altri tessuti (polmone, vescicole seminali, fegato fetale) l’espressione risulta discordante. Nel rene e nell’intestino è possibile che la GGT e la MBD siano coinvolte nel metabolismo del glutatione extracellulare, mentre in altri tessuti potrebbero essere coinvolti in processi metabolici indipendenti.

1.3.2 Ruolo pro-ossidante

La GGT, in presenza di metalli di transizione, come ferro (Fe3+) e rame (Cu2+), favorisce la formazione di specie reattive per l’ossigeno (ROS) nell’ambiente extracellulare. L’equilibrio tra l’azione antiossidante e quella pro-ossidante dipende dalla disponibilità degli ioni metallici e in particolare dello ione ferrico (Fe3+). Gli effetti pro-ossidanti dell’azione della GGT sono dovuti all’elevata reattività del gruppo tiolico (-SH) della CysGly, presente come anione tiolato (-Sˉ) a pH fisiologico. L’anione tiolato è in grado di ridurre lo ione ferrico (Fe3+) in ione ferroso (Fe2+) formando il radicale tiile (S•) della CysGly. Lo ione ferroso (Fe2+) riduce l’ossigeno molecolare a ione superossido (O2ˉ•),

convertito successivamente dall’enzima superossido dismutasi a perossido di idrogeno (H2O2). Quest’ultimo e l’anione superossido possono generare radicali ossidrili in presenza

dello ione ferrico (Fe3+) libero (reazione di Fenton) o chelato all’ADP (reazione di Haber Weiss). Tali radicali ossidrili possono innescare reazioni a catena dando origine al fenomeno

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della perossidazione lipidica (Zalit et al., 1996). Tali fenomeni si verificano all’esterno della cellula, fuori dall’azione dei sistemi di difesa antiossidanti situati all’interno della cellula, ma, naturalmente, le conseguenze di quest’azione pro-ossidante si ripercuotono sulla cellula stessa.

Figura 1.6 Reazioni pro-ossidanti GGT-dipendenti in presenza di FeIII. I principali obiettivi del

radicale tiolo Cys-Gly e delle specie reattive dell’ossigeno sono le molecole sulla superficie di membrana (proteine e lipidi di membrana) e proteine intracellulari sensibili allo stato redox della cellula (ad esempio NF-kB, AP1) (Franzini et al.,2009).

Le reazioni pro-ossidanti dipendenti dall’attività della GGT, sono state osservate anche in presenza di sorgenti fisiologiche di ferro, come transferrina e ferritina, ed il potere riducente della CysGly è tale da promuovere il rilascio dello ione ferrico (Fe3+) dalle proteine di accumulo, sostenendo così la formazione di ROS (Stark et al., 1993; Drozdz et al., 1998). Lo ione rameico (Cu2+) e la cerulo plasmina possono partecipare a questi eventi mediando il trasferimento degli elettroni dal gruppo tiolico allo ione ferrico (Fe3+) (Glass et al., 1997). La produzione di una quantità eccessiva di ROS, nel catabolismo del glutatione, può causare mutazioni genetiche (Stark et al., 1987) o dare inizio al fenomeno della perossidazione

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lipidica. In aggiunta, occorre ricordare che i ROS possono svolgere la funzione di secondi messaggeri a basse concentrazioni (Genestra, 2007) e possono modulare molti aspetti del metabolismo cellulare. A tal proposito, è stato dimostrato che le reazioni pro-ossidanti conseguenti all’attività di GGT sono responsabili dell’ossidazione dei tioli esposti sulla superficie della membrana cellulare per azione del perossido d’idrogeno (Dominici et al., 2003) o a causa della formazione di ponti disolfuro con il radicale tiile della CysGly (Corti et al., 2005). Le reazioni pro-ossidanti rappresentano uno stimolo pro-apoptotico per la linea cellulare dell’ovaio A2780, ma anche anti-apoptotico per la linea cellulare di linfoma istiocitario U937 (Dominici et al., 2003); inoltre le suddette reazioni promuovono il legame con il DNA dei fattori di trascrizione NF-kB e AP1 (Dominici et al., 2003) ed attivano le Tyr-fosfatasi, mentre inibiscono l’attività delle Ser/Thr-fosfatasi (Dominici et al., 2003; Pieri et al., 2003).

1.3.3 Metabolismo del nitrosoglutatione

Un importante mediatore di diverse funzioni biologiche è il monossido di azoto (NO), in grado di regolare il tono vascolare agendo come vasodilatatore, di inibire l’aggregazione piastrinica, di agire come neurotrasmettitore ed in quanto radicale può svolgere la funzione di pro-ossidante con relativa azione citotossica o di anti-ossidante. L’emivita del monossido di azoto è di pochi millisecondi, pertanto i suoi effetti diretti si osservano nel sito di formazione della molecola. Tuttavia, il monossido di azoto può essere stabilizzato e trasportato reagendo con gruppi tiolici di proteine, come albumina ed emoglobina, o con tioli a basso peso molecolare, come CysGly, Cys ed omocisteina, in modo da formare con essi i nistrotioli (RSNO) (Giustarini et al., 2003). In particolare, il nitrosoglutatione (GSNO) ha numerose attività farmacologiche simili a quelle del monossido di azoto libero (Zeng et al., 2001; Rassaf et al., 2002).

Il nitrosoglutatione è substrato dell’enzima GGT, infatti è stato dimostrato in vitro che in presenza di GlyGly come accettore della reazione di transpeptidazione, la GGT catalizza la trasformazione del nitrosoglutatione in nitrosocistenil-glicina (CCG-SNO), che in presenza di ioni metallici di transizione si dissocia spontaneamente in Cys-Gly e NO (Hogg et al., 1997). Essendo il nitrosoglutatione un trasportatore del monossido di azoto, l’azione dell’enzima GGT potrebbe permetterne l’utilizzo favorendo la dissociazione del nitrosoglutatione stesso ed i vasi sanguini potrebbero esserne i probabili bersagli poiché la GGT è espressa dalle cellule endoteliali.

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1.3.4 Ruolo detossificante: formazione di acidi mercapturici

La GGT è uno degli enzimi coinvolti nella sintesi degli acidi mercapturici a partire da coniugati del glutatione, intervenendo anche nei processi di detossificazione. Gli xenobiotici elettrofili vengono coniugati, grazie all’azione della glutatione-S-transferasi (enzima citosolico), con il gruppo sulfidrilico del GSH. I coniugati vengono successivamente escreti mediante trasportatori specifici.

Nell’ambiente extracellulare la GGT rimuove l’acido glutammico dal coniugato glutammico, che viene indirizzato nella via di formazione degli acidi mercapturici. Questi ultimi vengono in seguito escreti dal sistema tubulare del rene e dal sistema duttale del fegato. Tali sistemi presentano un’elevata attività di GGT, che permette di eliminare gli acidi mercapturici nelle urine e nella bile durante i normali processi digestivi (Hinchman et al., 1998; Kearns et al., 1998).

1.3.5 Metabolismo dei leucotrieni

I leucotrieni (LTs) appartengono ad una classe di mediatori lipidici attivi nel processo infiammatorio, derivanti dal turnover dell’acido arachidonico per azione dell’enzima lipossigenasi. I leucotrieni sono sintetizzati e rilasciati dalle cellule dei tessuti sottoposti a stimolo infiammatorio. Tale classe di molecole comprende il diidrossieicosatetranolato (LTB4) e i cistinil-leucotrieni (LTC4, LTD4, LTE4) che rappresentano composti biologicamente attivi, conosciuti come “sostanze della risposta lenta all’anafilassi”. Il leucotriene A4 (LTA4) è il precursore del LTB4 e dei cisteinil-leucotrieni. Il leucotriene C4 (LTC4) è coniugato con una molecola di GSH e viene convertito in leucotriene D4 (LTD4) (glicilcisteinil-LT) per attività enzimatica della GGT. La successiva idrolisi del residuo di Gly porta alla formazione del leucotriene E4 (LTE4) (cisteinil-LT) (Lewis et al. 1990). I leucotrieni C4 e D4 si legano a specifici recettori presenti sulle cellule muscolari lisce causando prolungata broncocostrizione (Anderson et al., 1982; Bernstrom e Hammarstrom 1982).

Recentemente è stato posto sotto osservazione il metabolismo del cisteinil-LT in tre pazienti con deficit di GGT (Mayatepek et al., 2004). I pazienti mostravano un profilo anormale di LT nelle urine e nel plasma, con un aumento delle concentrazioni di LTC4 e l’assenza di LTD4 e di LTE4, mentre la sintesi di LTB4 non mostrava alterazioni. La carenza di GGT pertanto può essere considerata come un errore congenito della sintesi del cisteinil-LT. Il deficit di sintesi del LTC4 si è scoperto essere associato ad una sindrome dello sviluppo fetale, che include grave ipotonia muscolare, ritardo psicomotorio, ritardo

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della crescita e microcefalia (Mayatepek et al., 1998). Diversi disturbi neurologici sono anche associati a deficit di GGT; pertanto Mayatepek et al. (2004) ha proposto che il difetto metabolico relativo al LT sia l’eccessiva concentrazione del LTC4 o più probabilmente il deficit del LTD4 e del LTE4, che possono contribuire ad alcuni o anche a tutti i sintomi osservati.

1.3.6 Escrezione degli acidi biliari

L’attività epatica di GGT è regolata dagli acidi biliari liberi e coniugati. Gli acidi biliari liberi (colato, chenodesossicolato, desossicolato) favoriscono l’attività enzimatica della GGT con conseguente aumento delle reazioni di idrolisi e di transpeptidazione del GSH, fondamentali per il rifornimento di amminoacidi utili per i processi di coniugazione.

Gli acidi biliari coniugati con la glicina e la taurina favoriscono la reazione di idrolisi a livello dei dotti biliari, ma inibiscono quella di transpeptidazione con un meccanismo a feedback negativo, in tal modo si riduce la disponibilità degli amminoacidi necessari per la sintesi dei coniugati (Abbot et al., 1983).

1.3.7 GGT e funzione simil-citochina

Recentemente è stata proposta una nuova ed importante funzione per la GGT. Niida e collaboratori (2004) hanno dimostrato che l’aggiunta di proteine GGT a colture di midollo osseo di topo, è in grado di indurre efficacemente la formazione degli osteoclasti. Lo stesso risultato è stato ottenuto dopo inibizione dell’attività enzimatica attraverso acivicin, ma non in presenta di un anticorpo specifico per la GGT che non influenza la sua attività enzimatica. Inoltre, è stato dimostrato che sia la forma nativa che inattiva di GGT stimolano l’espressione dell’mRNA e della proteina del recettore attivatore di NF-kB ligando (RANKL) da parte di cellule stromali del midollo osseo. Pertanto la GGT sembra possedere una funzione biologica simil-citochina indipendentemente dalla sua attività enzimatica.

Un successivo studio ha mostrato che l’escrezione urinaria di GGT varia in parallelo con appurati marcatori biochimici del riassorbimento osseo (come deossipiridinolina e collagene di tipo I N-telopeptide), sia in modelli animali che in soggetti umani (Asaba et al., 2006).

Lo studio della struttura del cristallo della GGT umana ha mostrato la presenza di due ponti disolfuro intramolecolari, tra la Cys-50 e la Cys-74 e tra la Cys-192 e la Cys-196. Il ponte disolfuro Cys-50/Cys-74 è inaccessibile al solvente poiché è sepolto 10 Å sotto la superficie della subunità pesante. Il ponte disolfuro Cys-192/Cys-196, invece, risulta in parte esposto sulla superficie molecolare (West et al., 2013).

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È interessante notare come la Cys-192 e 196 siano disposte in un motivo CX3C che risulta essere associato a diversi significati biologici: dapprima, si tratta di un motivo identificativo per una classe di chemochine (Bazan et al., 1997), di cui l’unico membro conosciuto è la fractalchina/neuroactina (Stievano et al., 2004); inoltre, è un elemento essenziale nel coordinare il ripiegamento di diverse proteine nel lievito (Balatri et al., 2003); infine, è essenziale per il funzionamento della proteina A2.5L del virus Vaccinia, una tiolo ossidoreduttasi che controlla la formazione di disolfuri in proteine di membrana virale (Senkevich et al., 2002). Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per comprendere la funzione connessa alla proteina GGT.

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1.4 GGT plasmatica: caratteristiche strutturali e analitiche

1.4.1 Variabili pre-analitiche

L’enzima può essere determinato quasi indifferentemente nel plasma con litio-eparina e siero (Arbeitsgruppe et al., 2002). Tuttavia, il tipo di campione preferito, anche per l’esecuzione della procedura di riferimento, è il siero. L’analisi comparativa di siero e plasma con litio-eparina in 77 pazienti ha mostrato un valore medio del rapporto plasma/siero vicino a 0,9 e una distribuzione non simmetrica dei valori di tale rapporto (Dominici R et al., 2004). Nella pratica, l’attività di GGT viene misurata su plasma con litio-eparina. Non è raccomandato l’uso di altri anticoagulanti (EDTA, citrato).

Mentre nel sangue a temperatura ambiente l’enzima non è molto stabile e si osserva un abbassamento significativo della sua attività in 24 ore, nel plasma e nel siero l’enzima risulta stabile per molti anni a -20°C, e per sette giorni a 4-8°C o a 20-25°C (Heins et al., 1995). Numerose variabili biologiche pre-analitiche possono influenzare i livelli d’attività della GGT nel sangue (Whitfield, 2001). Tra queste si annoverano la gravidanza, l’etnia, il fumo di tabacco, l’uso di contraccettivi orali. Anche età e sesso hanno un marcato effetto sui livelli di attività di GGT nel sangue.

1.4.2 Dosaggio enzimatico per la GGT plasmatica

Rispetto alla misurazione dell’attività di altri enzimi nel sangue per scopi medici, la GGT occupa una posizione favorevole, poiché è stato allestito per la sua misurazione in solo tipo di dosaggio, che è quello attualmente utilizzato in ciascuna piattaforma automatizzata.

In termini generali, la reazione catalizzata dalla GGT è data da:

γ-glutamile-x + accettore → γ-glutamile-accettore + x

Come “donatore” di γ-glutamile (γ-glutamile-x) sono stati impiegati diversi substrati sintetici (Fossati et al., 1986), tra i quali la γ-glutamil-p-nitroanilide ha incontrato parere favorevole, comportandosi da substrato cromogenico e permettendo così una misurazione spettrofotometrica diretta e continua dell’andamento della reazione. Nel dosaggio automatizzato viene preferenzialmente utilizzata una sua forma carbossilata, L- γ-glutamil-3-carbossi-4-nitroanilide, che risulta essere più solubile, consentendo di lavorare a concentrazioni vicine alla saturazione. Come “accettore” di gamma-glutamile, tra i diversi

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amminoacidi e peptidi, è stato scelto la glicilglicina, che ha una buona capacità tampone per l’attività enzimatica a valori di pH ottimali.

La Federazione Internazionale di Chimica Clinica (IFCC) ha definito le procedure di riferimento per l’analisi della GGT sierica, prima nel 1983 (Shaw et al., 1983) e successivamente nel 2002; i riferimenti sono riportati in tabella 1.1. Questo metodo può essere applicato a diversi modelli di analizzatore automatico, in tal modo i valori misurati possono essere facilmente riconducibili al metodo di riferimento.

Tabella 1.1 Caratteristiche del metodo (standard) di riferimento per la determinazione della GGT

sierica in accordo con l’IFCC (Shumann et al., 2002)

Componenti Concentrazioni* Condizioni dosaggio

GlyGly 150 mmol/L T:37.0 ± 0.1. λ: 410 ± 1nm

pH 7.70 ± 0.05 Δλ: 2nm

L-glutamil-3-carbossi-4-nitroanilide 6 mmol/L Cammino ottico: 1cm Volume campione/miscela di reazione 0.0909 (1/11) Tempo di incubazione: 180s

Tempo d’attesa: 60s Range di misurazione: 180s N° di letture: 6

*Nella miscela di reazione finale

1.4.3 Valori di riferimento per la GGT plasmatica

I valori di riferimento per la GGT sierica sono modulati da diverse variabili pre-analitiche, tra cui età e sesso, pertanto dovrebbero essere formulati separatamente per i due sessi e per classi di età, tuttavia nei laboratori comunemente si utilizza un unico range di riferimento. I valori di riferimento per numerosi analiti plasmatici sono stati ricavati dall’analisi retrospettiva di un grande database (n = 61.246), quelli per la GGT risultano essere: 1-34 U/L per le donne e 1-45 U/L per gli uomini (Grossi et al., 2005). Da questo database è stata calcolata la variazione del limite superiore di riferimento (URL) per la GGT secondo i gruppi di età (da 2 a 87 anni di età, ampiezza delle classi 5 anni) e il sesso (figura 1.6), che è molto simile a quella già riportata (Whitfield, 2001).

A livello pratico, le variazioni dipendenti dall’età, come quelle osservate per la GGT, non sono facilmente gestibili. Inoltre, la divisione di tutto il range di età in classi di ampiezza uniforme non è considerato il metodo migliore per calcolare i valori di riferimento, piuttosto dovrebbero essere identificate suddivisioni sulla base delle rilevazioni statistiche di

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popolazioni sub-gaussiane all’interno della popolazione complessiva (Gellerstedt, 2006; Gellerstedt, 2007). In alternativa, l’età può essere considerata una variabile continua (come è) e l’equazione della curva di regressione che meglio si adatta ai punti sperimentali (URL/età) può essere utilizzata per calcolare l’URL di ogni età.

I livelli nei neonati superano di 6-7 volte il limite superiore del range di riferimento per gli adulti, il livello nei neonati declina al livello negli adulti intorno ai sette mesi di vita (Cabrera-Abreu, Green, 2002).

Figura 1.6 Variazione in base all’età del limite superiore di riferimento per la GGT sierica. L’URL

per la GGT sierica negli uomini (rombi neri) e le donne (cerchi bianchi). Le curve di interpolazione hanno le seguenti equazioni: donne y = 0.5248x + 11.564; r2 = 0.9646

uomini y = -0.01x2 + 1.6712x + 6.149; r2 = 0.8533

1.4.4 Origine e caratteristiche chimico-fisiche della GGT sierica e delle relative frazioni

Come per le concentrazioni di tutte le componenti del sangue, anche la concentrazione omeostatica della GGT nel sangue è il risultato di un equilibrio dinamico tra il suo rilascio e al sua rimozione dal plasma. Nonostante il suo uso clinico e diagnostico frequente, le conoscenze sull’origine tissutale, sui meccanismi di secrezione e la rimozione dalla circolazione della GGT plasmatica sono frammentarie.

Huseby e collaboratori nel 1981 hanno condotto studi per capire quale fosse l’origine della GGT sierica, suggerendo che quest’ultima pare essere di origine epatica (la GGT è espressa a livello dei canalicoli e dei dotti biliari, figura 1.7 e figura 1.8). Inoltre in tali studi è emerso che la GGT presente nel siero mostra stesse caratteristiche della GGT estratta dal fegato per quel che riguarda il PM, il contenuto di residui di acido sialico ed il grado di

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glicosilazione. Tali parametri risultano essere diversi rispetto a quelli della GGT purificata dalle urine, dal rene e dal pancreas (Huseby et al., 1981).

La GGT plasmatica può essere suddivisa in due frazioni, una idrofila ed una idrofoba, che differiscono per carica, dimensioni e densità (Huseby, 1978; Huseby, 1982; Selvaraj et al., 1984). La frazione idrofoba è costituita dall’enzima GGT associato a complessi molecolari, la cui struttura deve ancora essere definita in dettaglio. La componente idrofilia comprende una forma solubile dell’enzima GGT mancante del peptide N-terminale lipofilo. La frazione idrofilica della GGT plasmatica rappresenta il 60-70% circa dell’attività totale in soggetti normali, ma solo il 15-30% in pazienti con malattia epatica, a causa dell’aumento della componente idrofobica (Huseby, 1982; Selvaraj et al., 1984).

Figura 1.7 Immunolocalizzazione della GGT (colorazione rosso-bruno) a livello dei canalicoli

biliari (Paolicchi et al., 2005)

Figura 1.8 Immunolocalizzazione della GGT (colorazione rosso-bruno) a livello dei dotti biliari

(Paolicchi et al., 2005)

In uno studio condotto da Franzini e collaboratori nel 2012, è stata valutata l’associazione delle lipoproteine plasmatiche con le frazioni di GGT, evidenziando un’inaspettata complessità per le frazioni della GGT sierica. Sebbene ognuna delle procedure di

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separazione utilizzate (cromatografia, ultracentrifugazione, precipitazione selettiva con polianioni) abbia mostrato un discreto grado di analogia tra il comportamento delle tre forme di GGT con maggiore peso molecolare (b-GGT, m-GGT, s-GGT) e le lipoproteine circolanti VLDL, LDL, HDL, nessuna delle precedenti tre frazioni ha rivelato un comportamento esattamente identico a quello delle lipoproteine corrispondenti per peso molecolare. Pertanto, tali risultati mettono in dubbio il concetto, sino ad ora accettato, secondo il quale le lipoproteine circolanti siano il veicolo per la GGT.

Mediante l’analisi delle proprietà fisiche (dimensione, densità, condizioni di sedimentazione mediante centrifugazione) e della sensibilità delle frazioni plasmatiche di GGT alla proteasi papaina e al detergente acido desossicolico, è stato possibile approfondire lo studio sulla caratterizzazione delle frazioni. Da tale studio è emersa una diversa struttura e una possibile diversa origine per le varie frazioni.

La frazione b-GGT ha mostrato avere un peso molecolare corrispondente alle VLDL, ma densità corrispondente alle HDL, caratteristiche analoghe rispettivamente alla dimensione e alla densità degli esosomi. La b-GGT si comporta come l’enzima inserito nella membrana plasmatica, poiché risulta sensibile all’azione della papaina solo dopo trattamento con detergenti ed è recuperata con gli esosomi dal plasma. L’osservazione al microscopio elettronico della preparazioni di esosomi ottenuti dal plasma, ha permesso di verificare l’effettiva presenza di microvescicole di membrana con dimensione compresa tra 20 e 50 nm, tipica degli esosomi. La presenza della proteina GGT su parte di essi è stata confermata mediante immunogold. Tali risultati hanno confermato l’ipotesi che la frazione b-GGT potesse essere parte integrante degli esosomi o di microparticelle, ossia vescicole di membrana secrete nell’ambiente extracellulare mediante meccanismi attivi e regolati. Le vescicole di membrana rilasciate nell’ambiente extracellulare sono particolarmente arricchite in raft di colesterolo in associazione con la tetraspanina CD81, una proteina normalmente presente anche negli esosomi o nelle microparticelle. Studi recenti hanno mostrato un possibile rilascio di esosomi nella bile da parte degli epatociti e dei colangiociti (Masyuk et al., 2010) ed inoltre che gli esosomi rilasciati dagli epatociti interagiscono con le ciglia primarie dei colangiociti regolandone i meccanismi intracellulari e la proliferazione. Questo conferma l’importanza degli esosomi come meccanismo di segnalazione intercellulare. È stato osservato, inoltre, che la frazione b-GGT viene rilasciata nel mezzo di coltura da cellule umane di origine non epatica, come cellule di melanoma, di carcinoma della prostata e del normale epitelio bronchiale, con conseguente ipotesi che la GGT possa derivare in parte da membrane cellulari di origine epatica.

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In taluni pazienti affetti da tumore è stato rilevato un profilo di eluizione delle frazioni di GGT anomalo, caratterizzato dalla presenza di una pre-b-GGT con PM maggiore della frazione b-GGT. Le caratteristiche del complesso macromolecolare relativo alla pre-b-GGT sembrano essere compatibili con l’ipotesi che sia costituito da microparticelle. A tale ipotesi occorre aggiungere che le cellule tumorali rilasciano esosomi e microparticelle nell’ambiente extracellulare e che i pathways oncogenetici sono in grado di guidare la produzione di microvescicole oppure di stimolarne la sintesi da parte delle cellule tumorali.

Pertanto, la b-GGT potrebbe originare da membrane ricche in GGT sia di origine epatica che extraepatica. Avrebbe così un’origine tissutale diversa rispetto alle altre frazioni ed il meccanismo di secrezione della GGT tessuto-specifico spiegherebbe le diversità strutturali e di carica superficiale di b-GGT rispetto a m-GGT e s-GGT.

Le frazioni m-GGT ed s-GGT riguardano la proteina completa del peptide idrofobico N-terminale che ne rende possibile l’associazione con i trasportatori plasmatici. Entrambe le frazioni hanno mostrato un comportamento compatibile con la presenza in esse di micelle costituite da acidi biliari e GGT. Al contrario di quanto osservato per la b-GGT, non è stato possibile individuare una sorgente di m-GGT e s-GGT, anche se quest’ultima è stata ricavata in seguito ad una serie di modifiche della frazione b-GGT in diverse condizioni sperimentali (mediante trattamento del plasma con acido desossicolico).

Infine, la frazione f-GGT corrisponde alla forma libera dell’enzima priva del peptide idrofobico N-terminale ed è la frazione più rappresentata nel plasma dei soggetti sani.

È emerso che le forme di GGT ad alto peso molecolare presentano una diversa carica superficiale ed affinità per il substrato γ-glutammil-7-amido-4-metilcumarina (GluAMC) (substrato fluorescente specifico per la GGT) rispetto alla forma libera f-GGT, questo potrebbe esser dovuto ai trasportatori plasmatici dell’enzima GGT in grado di influenzarne la cinetica enzimatica e/o ai meccanismi di rilascio e rimozione dal circolo.

La GGT sierica, pertanto, è un insieme eterogeneo di complessi o frazioni solo in parte caratterizzati nella struttura e nella composizione, per i quali è ancora sconosciuto il meccanismo di rilascio in circolo.

1.4.5 Metodo per lo studio delle frazioni della GGT sierica

La GGT è presente nel siero come parte integrante di diversi complessi molecolari, con specifiche e distinte caratteristiche chimico-fisiche; alcune di esse sono state associate a patologie specifiche come ittero intra ed extraepatico, carcinoma epatocellulare, cirrosi ed epatopatie di origine alcolica. Sfortunatamente, la bassa specificità e sensibilità delle diverse

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