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appunti rapidi e indolori di introduzione alle funzioni e alle derivate

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Academic year: 2021

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APPUNTI DI MATEMATICA (RAPIDI E INDOLORI)

Marco Monaci

1MAIL: monaci93@gmail.com TEL: +39 392 1269888

In questa breve nota andiamo ad analizzare i prin-cipali punti dell’Analisi Matematica, che fondamen-talmente si occupa di studiare le funzioni, ovvero vedere come si comportano. Questi studi di funzio-ne sono essenziali per risparmiare tempo, in quan-to non possiamo calcolare tutquan-to punquan-to per punquan-to, sostituendo i valori.

Sommario: Tratteremo quindi i seguenti argomenti: • Concetto di funzione;

• Limiti; • Derivate;

• Problemi di massimizzazione e minimizzazione; • Studio di una funzione.

Concetto di funzione: Il concetto di una funzione di soli-to viene presentasoli-to in un modo molsoli-to complicasoli-to, nono-stante esprima una cosa molto semplice. Una funzione è una legge (o una relazione, è uguale) che lega ad ogni valore uno e un solo altro valore. In altre parole non c’è ambiguità nella "scelta" del secondo elemento, ovvero se io prendo un determinato valore X e ci applico sopra una funzione, ottengo come risultato un valore Y , che è sicuramente unico. In parole ancora più povere una funzione non ci fa scegliere: una volta preso un certo valore X ci restituisce un solo valore Y , senza che noi dobbiamo fare altro.

La funzione, ovvero la legge, per comodità si indica con la lettera minuscola f : tuttavia se dobbiamo lavorare con più funzioni possiamo utilizzare anche altre lettere, come la g o la h, per esempio.

La funzione deve "mangiare" qualcosa: ovvero a destra deve esserci un valore. Quando la funzione, per così dire, "funziona", scriviamo:

f (x)

Ovvero la funzione f sta "mangiando" la variabile x (perché possiamo sceglierla noi, e possiamo scegliere solo questa!) e quindi ci restituirà indubbiamente un valore, che di solito si indica con y. Possiamo quindi scrivere:

y = f (x)

Quindi la funzione ci ha restituito un valore unico, che per l’appunto indichiamo con y.

2.1 Dominio e Codominio

Adesso che abbiamo introdotto il concetto di funzione, possiamo dire due parole sugli oggetti che diamo in pasto alla funzione. Abbiamo detto che la variabile x la possiamo scegliere: ovvero possiamo scegliere cosa far "mangiare" alla funzione.

Se abbiamo molta fantasia possiamo prendere tantis-simi valori diversi di x: per esempio potremmo prendere i numeri naturali, ovvero 1,2,3 e così via. Potremmo prendere i numeri razionali, oppure quelli irrazionali. Insomma, la nostra funzione potrebbe mangiare di tutto, oppure alcuni numeri potrebbero rimanergli "indigesti":

giusto per fissare le idee, alla funzione f (x) =√xnon vanno giù i numeri negativi.

L’insieme da cui prendiamo i numeri da far mangiare alla funzione si chiama Dominio.

Funzioni diverse hanno domini diversi, di solito (ma non sempre!).

Adesso che abbiamo il nostro dominio, glielo facciamo macinare alla nostra funzione: ovvero la facciamo "fun-zionare" con tutti i valori del dominio. Cosa ci risputa fuori? Beh, ci risputerà fuori un altro e diverso insieme di numeri, che magari non contiene lo stesso numero di elementi.

Comunque in generale l’insieme in cui si trova-no gli elementi ottenuti con l’applicazione di una funzione si chiama Codominio.

In generale la funzione "trasforma" i numeri che ci met-tiamo dentro: l’unica che non lo fa si chiama funzione identità ma è piuttosto stupida e triviale.

In Figura 1 possiamo vedere una schematizzazione del concetto di funzione, di dominio e di codominio.

Figura 1:Schematizzazione del concetto di funzione, dominio e codominio.

Per comodità elenchiamo i principali insiemi utilizzati come dominio e come codominio:

• Insieme N: è l’insieme dei numeri naturali, ovvero 0,1,2,3 eccetera;

• Insieme Z: insieme dei numeri relativi, ovvero i numeri naturali anche con il segno;

• Insieme Q: è l’insieme dei numeri razionali, ovvero tutti quelli ottenuti con le frazioni;

• Insieme R: è l’insieme di tutti i numeri reali, com-presi quelli irrazionali che non si possono trovare in nessun altro insieme (esempi di numeri irrazionali: π,√2e in generale tutte le radici).

Gli insiemi gli abbiamo elencati in ordine di gran-dezza, ovvero quello successivo contiene totalmente il precedente.

In generale le funzioni hanno sia come dominio che come codominio R, ma ci sono altri interessanti casi.

Esiste un’altra scrittura per indicare che una funzio-ne agisce su un insieme e restituisce un altro insieme.

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Per esempio se vogliamo scrivere una funzione che agi-sce sui numeri razionali e ci porta nei numeri reali scriveremo:

f : Q −→ R E così via per tutte le altre funzioni.

2.2 Tipi di funzione

Per ora non abbiamo detto nulla sugli insiemi di dominio e di codominio. Come li utilizziamo? Utilizziamo tutti gli elementi una sola volta? Insomma, come vengono trattati dalle funzioni?

Ebbene, possiamo dividere le funzioni in tre grandi tipologie, che qui elenchiamo:

• Funzione Suriettiva: Non abbiamo detto molto sul Codominio. In generale ci saranno degli elementi del Codominio che non sono ottenuti dall’applica-zione della fundall’applica-zione considerata. In altre parole ci possono essere degli elementi del Codominio che sono irraggiungibili dalla funzione. Se questo non accade, ovvero se il Codominio è completamente "mappato" dalla funzione, allora la funzione si dice suriettiva. In altre parole, preso il Dominio e ap-plicata la funzione, riusciamo ad ottenere tutti gli elementi del Codominio. Questo per una funzione qualsiasi di solito non accade.

• Funzione Iniettiva: Nessuno impedisce ad una funzione, presi due elementi diversi del Dominio, di cadere sullo stesso elemento del Codominio. Pre-stiamo bene attenzione, perché la situazione inver-sa implica che la nostra relazione non è più una funzione. In termini tecnici, una funzione può far corrispondere uno stesso elemento del Codominio a diversi elementi del Dominio, ma non il vicever-sa, ovvero diversi elementi del Codominio ad uno stesso elemento del Dominio. Se però una funzione rispetta la legge che ad un elemento del Dominio, qualunque esso sia, fa corrispondere uno e un so-lo elemento del Codominio, also-lora tale funzione si chiama iniettiva. In parole povere, dagli elementi del Dominio parte una e una sola freccia che va a finire su un solo elemento del Codominio.

• Funzione biiettiva: Questa è la versione powerful delle funzioni: una funzione si dice biiettiva quan-do è sia iniettiva che suriettiva. In parole povere una funzione biiettiva fa corrispondere a ciascun elemento del Dominio uno e un solo elemento del Codominio.

In Figura 2 possiamo vedere rappresentate le diverse tipologie di funzioni. Come si vede non è molto difficile capire la suddivisione: è cruciale (come del resto in generale in matematica e fisica) saper schematizzare, quindi saper passare dalle parole alle rappresentazioni schematiche.

NOTA. Questa è una sottigliezza che per ora può in-teressarci relativamente ma che è bene citare: una fun-zione può essere iniettiva (o suriettiva) in un determi-nato insieme, ma può non essere iniettiva (o surietti-va) su un altro insieme. Questa proprietà ci interessa relativamente perché normalmente noi lavoriamo in R. Come vedremo, riconoscere la tipologia di funzione è molto facile dal grafico: ciò significa che un grafico fatto bene è cruciale.

Giusto per citare un paio di esempi:

Figura 2:Diverse tipologie di funzioni.

• f (x) = x2 non è né suriettiva, né iniettiva;

• f (x) = exè iniettiva;

• f (x) = x3− 3x è suriettiva;

• f (x) = x + 2 è biiettiva.

Limiti delle funzioni in una variabile: Abbiamo detto pre-cedentemente che il grafico della funzione è cruciale: tuttavia è impensabile studiare una funzione in TUTTO l’insieme in cui è definita, in quanto di solito tali insiemi sono infiniti, e quindi potrebbe essere molto spiacevole per la nostra salute mentale studiare punto per punto il comportamento.

Solitamente le funzioni hanno un comportamento strano solo in pochi e determinati punti, mentre da altre parti dell’insieme si comportano in modo "normale" e di solito non cambiano rapidamente atteggiamento.

Studiare la funzione in queste parti più tranquille si-gnifica studiarne i limiti: in altre parole il limite ci dice l’andamento della funzione, senza entrare troppo nel dettaglio. Per esempio dire che una funzione "va all’infi-nito" significa dire che dopo un certo punto la funzione tende a crescere sempre di più, e per numeri via via sempre più grandi (o sempre più piccoli, oppure sempre più vicini ad un punto limite) la funzione crescerà fino a tendere, per l’appunto, all’infinito.

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Un esempio è dato dalla Figura 3: per valori via via sempre più grandi di x (ovvero spostandosi verso destra sull’asse orizzontale) la funzione cresce sempre di più. Chiaramente non ci interessa sapere che valore avrà la funzione per x = 10000, tanto sappiamo che sicuramente sarà molto alta. In particolare questa funzione ha un limite, che possiamo scrivere come:

lim

x→∞f (x) = ∞

Che leggiamo come "limite per x che tende all’infinito di f(x) è uguale a infinito". Quindi ci sta dicendo che se aumentiamo la x automaticamente aumenterà la funzione.

Esercizio. Provare a disegnare qualitativamente una funzione che ha il seguente limite: limx→∞f (x) = 0.

Tuttavia a volte la nostra funzione si comporta "male" anche in punti ben precisi. Prendiamo per esempio la funzione:

f (x) = 1 x

E proviamoci a sostituire valori di x sempre più vicini allo zero: sostituiamo per esempio 1, poi 0.1, poi 0.01 e così via. La calcolatrice ci restituirà 1, 10, 100 e via via numeri sempre poù grandi. Quindi in questo caso la funzione tenderà all’infinito quanto più ci avviciniamo a zero:

lim

x→0f (x) = ∞

I limiti possono anche essere definiti, quindi per esempio una funzione può tendere ad un numero fisso, come per esempio la seguente: lim x→∞  1 x+ 2  = 2

Questa funzione, per x sempre più grandi, tenderà a 2. Provare per credere con la calcolatrice.

I limiti si riconoscono facilmente in un grafico di una funzio-ne: infatti la funzione tenderà ad avvicinarsi sempre di più ad una retta, che si chiama asintoto: gli asintoti possono essere verticali, orizzontali o obliqui. Per ora a noi ci interessano solo quelli orizzontali o verticali.

Figura 4:Funzioni con asintoti verticali e orizzontali. La funzione, in generale, non "sorpassa" mai il limite. Se lo fa, lo fa poche volte e poi si stabilizza da una parte dell’asintoto.

In Figura 4 si possono osservare due esempi di asintoti verticali e orizzontali, rispettivamente.

In linea generale per calcolare il limite si sostituiscono i valori "proibiti" nella funzione e si vede come si comporta. Non tutti i limiti però possono essere risolti con questa facilità, ma occorreranno tecniche più sofisticate.

Derivate: Le derivate sono uno strumento potentissimo del-l’analisi matematica. Mettono in relazione fenomeni apparen-temente scorrelati, come per esempio la velocità e lo spazio percorso da un corpo in movimento (la velocità è la derivata dello spazio percorso).

Le derivate possono essere di diversi ordini : derivando una volta la funzione otterremo quella che viene chiamata derivata prima, se deriviamo nuovamente la derivata prima otteniamo la derivata seconda e così via.

A noi ci interessano solo le derivate prime e le derivate seconde.

La derivata prima di una funzione ci dice dove è cre-scente e dove è decrecre-scente. In altre parole se la derivata prima di una funzione è in una certa zona positiva, allora vuol dire che la funzione di partenza sta crescendo, ovvero per valori crescenti di x crescerà anch’essa. Se la derivata prima è negativa, allora vuol dire che la funzione è decrescente.

La derivata seconda di una funzione ci dice come è ri-volta la concavità. Le funzioni di solito sono curvilinee, e la derivata seconda ci dice se la funzione ha "campane" rivolte verso il basso o rivolte verso l’alto. Per usare un esempio paesaggistico, la derivata seconda ci dice dove ci sono delle

vallio dove ci sono delle colline.

Figura 5:Derivate prime e derivate seconde.

Analizziamo ora la Figura 5. Partiamo da quella di sinistra, ovvero dalla derivata prima di una funzione. La derivata pri-ma ci restituirà valori negativi se la x che consideriamo (che è la stessa sia per la funzione di partenza che per la derivata) è

minoredella linea tratteggiata blu, mentre ci restituirà valori positivi se siamo oltre la linea blu tratteggiata. Effettivamen-te la funzione, prima della linea blu è decrescenEffettivamen-te, mentre dopo diventa crescente, coerentemente con quanto ci dice la derivata prima.

Se invece analizziamo la figura di destra, notiamo che la derivata seconda ci restituisce valori negativi prima della linea blu, mentre ci restituisce valori positivi dopo la linea blu. Ciò significa che prima della linea blu la funzione ha una concavità verso il basso, ovvero "guarda in giù", mentre dopo ha la concavità rivolta verso l’alto, sempre coerentemente con quanto ci dice la derivata seconda.

NOTA. Le linee blu si chiamano flessi.

Esercizio.Disegnare una funzione che abbia la derivata prima crescente fino ad un certo punto e poi decrescente, ma che abbia derivata seconda sempre negativa.

Esistono metodi algebrici per calcolare facilmente le derivate prime e le derivate seconde di una funzione. A titolo di esempio vediamo come calcolare la derivata prima di un polinomio.

Prendiamo il seguente polinomio: f (x) = x3− 4x2

E calcoliamone la derivata prima. Innanzitutto è bene sot-tolineare che le derivate sono lineari, ovvero possiamo fare la derivata dei singoli termini (in questo caso x3e separatamente

−4x2) e poi metterle assieme successivamente.

In generale per una potenza la derivata è semplice: si pren-de l’esponente e si mette davanti alla x, e poi l’esponente si abbassa di una unità.

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Prendiamo per esempio x3: portiamo il 3 giù, e all’esponente

togliamo 1. Quindi abbiamo: 3x3−1= 3x2

Procediamo allo stesso modo per il secondo termine: −4 · 2x2−1

= −8x Ovviamente 1 all’esponente si omette.

• La derivata di una costante è 0, quindi la derivata di 2, per esempio, è uguale a 0.

• La derivata di x è 1.

Le derivate si indicano con un apice. Quindi se vogliamo indicare la derivata prima di f (x) scriveremo f0(x), se vogliamo indicare la derivata seconda scriveremo f ”(x).

In definitiva la derivata prima della nostra funzione sarà: f0(x) = 3x2− 8x

Esercizio. Quale è la derivata prima e la derivata seconda di f (x) = 3x3− 4x?

Ritorniamo momentaneamente alla Figura 5. Ci chiediamo: quali valori assumono le derivate prime e le derivate seconde

esattamente sulle linee blu? La risposta è 0: nei flessi le derivate si annullano. Prendiamo come esempio la figura di sinistra, ovvero la derivata prima: dove la funzione si annulla è anche il punto più basso della funzione, ovvero un minimo! Questo risultato è sorprendente, perché ci permette di capire dove una funzione raggiunge il minimo (oppure il massimo). Questa proprietà è davvero cruciale, e per questo facciamo un esempio.

Ricerca dei massimi e dei minimi: Immaginiamo di essere a capo di una azienda che costruisce scatolette di tonno. Le no-stre scatolette avranno forma cilindrica, e dovranno contenere una certa quantità di tonno, che è fissata. Tuttavia l’alluminio di cui sono fatte le scatolette costa, e quindi vogliamo ridurre al minimo l’utilizzo di alluminio senza intaccare la quantità di tonno nella scatoletta.

In termini matematici abbiamo un certo volume V fisso (per esempio 10), mentre possiamo variare a piacimento la superficie totale S, che però deve essere la minima possibile. Prima di tutto calcoliamo il volume V del nostro cilindro:

V = πr2h Dove r è il raggio e h è l’altezza.

Invertendo la formula esprimiamo l’altezza in funzione del volume (infatti l’altezza cambia, il volume no):

h = V πr2

Calcoliamo ora la superficie totale del cilindro, considerando le due basi e la superficie laterale:

S = 2πrh + 2πr2

Sostituiamoci quindi h trovata in precedenza: S = 2πr V πr2 + 2πr 2 E semplificando: S = 2V r + 2πr 2 E derivando: S0= −2V r2 + 4πr

Imponiamo il minimo, ovvero S0= 0:

S0= −2V r2 + 4πr = 0 E da qui ci ricaviamo r: −V r2 + 2πr = 0 V r2 = 2πr r = 3 r V 2π

Figura 6:Funzione della superficie del barattolo. Si vede bene che c’è un minimo.

Analizzando la Figura 6, che rappresenta l’andamento del-l’area totale in funzione del raggio, notiamo che ha un minimo. Ovvero a parità di volume abbiamo una superficie minima. Calcolando il valore per r, otteniamo per un volume V = 10, r ' 1.16, in ottimo accordo con il grafico.

Studio di una funzione: In questo paragrafo ci limiteremo sem-plicemente a descrivere brevemente cosa intendiamo per

stu-dio di una funzione. Per studio di una funzione intendiamo la ricerca di tutte le caratteristiche fondamentali della funzione stessa, come per esempio:

• Dominio e Codominio;

• Intersezioni con gli assi, ovvero dove la funzione attraversa (o se attraversa) gli assi delle ascisse e delle ordinate; • Segno della funzione, ovvero dove essa è positiva o

negativa;

• Comportamento ai limiti del Dominio, ovvero calcolo dei limiti per i punti "proibiti" della funzione;

• Studio della derivata prima, per capire dove la funzione è crescente o decrescente;

• Studio della derivata seconda, per capire dove la funzione è concava o convessa, ovvero se ha la concavità rivolta verso l’alto o verso il basso.

Di solito la derivata seconda diventa lunga da calcolare, quindi di solito si esegue solo per le funzioni più facili.

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